[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 28



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 28 del 28 gennaio 2023

In questo numero:
1. A Viterbo le studentesse e gli studenti del liceo "S. Rosa" hanno celebrato il Giorno della memoria
2. One Billion Rising: Iniziative 2023
3. Una lettera all'ambasciata dell'Iran in Italia
4. Tre tesi
5. Ripetiamo ancora una volta...
6. Scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la liberazione di Leonard Peltier
7. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
8. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
9. Alcuni riferimenti utili
10. Farian Sabahi: Rivolta iraniana, uccisi due bambini di 9 e 13 anni
11. Farian Sabahi: Sopra la rivolta iraniana piovono condanne a morte
12. Farian Sabahi: La sfida dei rapper iraniani al regime degli "sciacalli"
13. Farian Sabahi: Alessia Piperno e' libera. Ma il regime reprime ancora

1. MEMORIA. A VITERBO LE STUDENTESSE E GLI STUDENTI DEL LICEO "S. ROSA" HANNO CELEBRATO IL GIORNO DELLA MEMORIA

La mattina del 27 gennaio 2023 presso il teatro S. Leonardo in via Cavour a Viterbo si e' svolta un'assemblea delle studentesse e degli studenti del liceo musicale e delle scienze umane "Santa Rosa da Viterbo" per celebrare il Giorno della memoria.
Nel corso dell'incontro si sono susseguiti interventi e letture di studenti e studentesse, esecuzioni musicali e proiezioni di filmati in memoria delle vittime della Shoah.
Sono anche intervenuti il responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" e il professor Antonello Ricci.
Un ringraziamento particolare e' stato rivolto al professor Ugo Longo ed a tutte le altre persone che hanno contribuito alla realizzazione dell'iniziativa.
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La memoria delle vittime della Shoah convoca tutti gli esseri umani, tutte le esperienze della societa' civile e tutti gli umani istituti all'impegno contro tutte le guerre, contro tutte le stragi, contro tutte le uccisioni.
Ci convoca all'impegno contro il razzismo, contro la segregazione, contro la schiavitu'.
Ci convoca all'impegno contro ogni totalitarismo, contro ogni terrorismo, contro ogni fanatismo.
Ci convoca all'impegno contro ogni menzogna, oppressione, devastazione.
Ci convoca all'impegno contro la distruzione del mondo vivente, quest'unico mondo vivente di cui l'umanita' intera e' essa stessa parte e deve quindi essere amorevole custode.
Ci convoca all'impegno contro il maschilismo che e' la prima radice e il primo paradigma di tutte le violenze.
Ci convoca all'impegno di contrastare la violenza con la scelta nitida e intransigente, concreta e coerente della nonviolenza.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.
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Di seguito il testo della legge istitutiva del Giorno della memoria
Testo della Legge 20 luglio 2000, n. 211: "Istituzione del Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti"
Art. 1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonche' coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Art. 2. In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all'articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto e' accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinche' simili eventi non possano mai piu' accadere.
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Di seguito un fondamentale testo di Primo Levi
Primo Levi: Al visitatore
[Da Primo Levi, testo pubblicato per l'inaugurazione del Memorial in onore degli italiani caduti nei campi di sterminio nazisti, in Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, pp. 1335-1336]
La storia della Deportazione e dei campi di sterminio, la storia di questo luogo, non puo' essere separata dalla storia delle tirannidi fasciste in Europa: dai primi incendi delle Camere del Lavoro nell'Italia del 1921, ai roghi di libri sulle piazze della Germania del 1933, alla fiamma nefanda dei crematori di Birkenau, corre un nesso non interrotto. E' vecchia sapienza, e gia' cosi' aveva ammonito Heine, ebreo e tedesco: chi brucia libri finisce col bruciare uomini, la violenza e' un seme che non si estingue.
E' triste ma doveroso rammentarlo, agli altri ed a noi stessi: il primo esperimento europeo di soffocazione del movimento operaio e di sabotaggio della democrazia e' nato in Italia. E' il fascismo, scatenato dalla crisi del primo dopoguerra, dal mito della "vittoria mutilata", ed alimentato da antiche miserie e colpe; e dal fascismo nasce un delirio che si estendera', il culto dell'uomo provvidenziale, l'entusiasmo organizzato ed imposto, ogni decisione affidata all'arbitrio di un solo.
Ma non tutti gli italiani sono stati fascisti: lo testimoniamo noi, gli italiani che siamo morti qui. Accanto al fascismo, altro filo mai interrotto, e' nato in Italia, prima che altrove, l'antifascismo. Insieme con noi testimoniano tutti coloro che contro il fascismo hanno combattuto e che a causa del fascismo hanno sofferto, i martiri operai di Torino del 1923, i carcerati, i confinati, gli esuli, ed i nostri fratelli di tutte le fedi politiche che sono morti per resistere al fascismo restaurato dall'invasore nazionalsocialista.
E testimoniano insieme a noi altri italiani ancora, quelli che sono caduti su tutti i fronti della II Guerra Mondiale, combattendo malvolentieri e disperatamente contro un nemico che non era il loro nemico, ed accorgendosi troppo tardi dell'inganno. Sono anche loro vittime del fascismo: vittime inconsapevoli.
Noi non siamo stati inconsapevoli. Alcuni fra noi erano partigiani; combattenti politici; sono stati catturati e deportati negli ultimi mesi di guerra, e sono morti qui, mentre il Terzo Reich crollava, straziati dal pensiero della liberazione cosi' vicina.
La maggior parte fra noi erano ebrei: ebrei provenienti da tutte le citta' italiane, ed anche ebrei stranieri, polacchi, ungheresi, jugoslavi, cechi, tedeschi, che nell'Italia fascista, costretta all'antisemitismo dalle leggi di Mussolini, avevano incontrato la benevolenza e la civile ospitalita' del popolo italiano. Erano ricchi e poveri, uomini e donne, sani e malati.
C'erano bambini fra noi, molti, e c'erano vecchi alle soglie della morte, ma tutti siamo stati caricati come merci sui vagoni, e la nostra sorte, la sorte di chi varcava i cancelli di Auschwitz, e' stata la stessa per tutti. Non era mai successo, neppure nei secoli piu' oscuri, che si sterminassero esseri umani a milioni, come insetti dannosi: che si mandassero a morte i bambini e i moribondi. Noi, figli di cristiani ed ebrei (ma non amiamo queste distinzioni) di un paese che e' stato civile, e che civile e' ritornato dopo la notte del fascismo, qui lo testimoniamo.
In questo luogo, dove noi innocenti siamo stati uccisi, si e' toccato il fondo delle barbarie. Visitatore, osserva le vestigia di questo campo e medita: da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo. Fa che il tuo viaggio non sia stato inutile, che non sia stata inutile la nostra morte. Per te e per i tuoi figli, le ceneri di Auschwitz valgano di ammonimento: fa che il frutto orrendo dell'odio, di cui hai visto qui le tracce, non dia nuovo seme, ne' domani ne' mai.

2. INIZIATIVE. ONE BILLION RISING: INIZIATIVE 2023
[Dal Coordinamento Italia One Billion Rising (e-mail: obritalia at gmail.com) riceviamo e diffondiamo]

Carissime amiche e amici di One Billion Rising, ci siamo quasi.
E' straordinario immaginare quest'anno di poter tornare nelle piazze, nelle strade, nei luoghi pubblici delle citta', insieme, per tornare a danzare in sostegno e solidarieta' e ad alta voce rivendicare la fine delle molteplici atrocita' perpetrate sulle donne e sulle bambine nel mondo. Tentano di recidere, annientare la forza vitale del pianeta, non ci riusciranno.
Parlare con ragazzi e ragazze, studenti, professori, leggere, commentare i fatti di violenza, dare i nomi alle cose, questi sono i primi passi della rivoluzione di cui tutte e tutti noi portiamo la bandiera.
Le forme di arte che accompagnano l'evento OBR nel mondo si prestano ad un gioioso coinvolgimento, ma non vogliamo far mancare anche un momento di preparazione e di formazione.
Per questo motivo chiediamo di partecipare ad OBR 2023, coinvolgendo anche i giovani e le scuole, a cui poter proporre:
- un incontro, anche on line, con una o piu' classi sul tema della violenza maschile sulle donne, della durata minima di due ore
- la preparazione della coreografia del brano musicale Break the Chain
- l'esecuzione della coreografia nella settimana dal 12 al 19 febbraio 2023
- la lettura di alcuni pensieri/ componimenti realizzati dalle ragazze e dai ragazzi delle classi coinvolte
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Per facilitare l'organizzazione dell'evento vi inviamo alcune semplici indicazioni che potrete seguire:
Iscrizione al sito per segnalare il vostro evento: cliccate su http://bit.ly/Registra_il_t uo_evento_sulla_pagina_internazionale_OBR e invitate altre associazioni, gruppi, scuole, scuole di danza, amici a partecipare... piu' siamo, meglio e'!
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Attivita' sui social: vi chiediamo di pubblicare tanti contenuti (foto, video, ecc) sui social utilizzando gli hashtag ufficiali e di invitare i propri contatti a fare lo stesso, cosi' da diffondere anche li' il nostro messaggio. Seguite e taggate anche i profili social di One Billion Rising Italia cosi' potremo condividere i vostri post, stories, ecc.
Facebook https://www.facebook. com/obritalia
Instagram https://www.instagram.com/onebillionrisingitalia/
Hashtag ufficiali: #1BillionRising  #RiseForFreedom #CreateTheNewCulture #RiseInSolidarity
A conclusione delle iniziative, vi chiediamo di inviare foto e video a: obritalia at gmail.com
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Loghi ufficiali: vi chiediamo, per le creativita' (locandine, cartelli) che realizzate, di utilizzare i loghi ufficiali che potete scaricare al seguente link
https://www.dropbox.com/scl/fo/lo9r4i06g268ow7x103sc/h?dl=0&rlkey=xfogpv7hpwlaup3vsxw5zsz1u
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Grafiche
In questa cartella abbiamo inserito le grafiche realizzate (cover facebook, grafiche per FB/IG) a cui ne aggiungeremo altre nei prossimi giorni allo stesso link.
Grafiche One Billion Rising
https://www.dropbox.com/scl/fo/mizfc1w1xl0nu1oywiups/h?dl=0&rlkey=c47347xou5ufqupm4jn90mv0w
Grafica t-shirt
https://www.dropbox.com/scl/fo/h2i75sias7o03r033pf25/h?dl=0&rlkey=ynxdi0h5jbjrgf3d20di36x0o
Grafica stickers
https://www.dropbox.com/scl/fo/4gt4ez978gne73gjwvnqx/h?dl=0&rlkey=4kbdd0091mchnaj1krvhzxoar
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Si puo' organizzare un flash mob durante l'evento One Billion Rising, seguendo la canzone Break the chain e il tutorial ufficiale che trovate qui http://youtu.be/_U5C ZfPydVA o creando una nuova coreografia. L'evento One Billion Rising puo' essere caratterizzato da performance artistiche di ogni genere e da momenti di lettura.
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Autorizzazione One Billion Rising
Al seguente link potete scaricare l'autorizzazione copyright per utilizzo materiali e brani musicali OBR
https://www.dropbox.com/s/d7ambb5ml22dvsj/OBR%20Copyright%20Authorization%202023.pdf?dl=0
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Per quanto riguarda le letture, oltre ai brani de I Monologhi della Vagina, di seguito troverete come suggerimento alcuni testi della fondatrice di One Billion Rising, Eve Ensler
"L'Ufficio della schiavitu' sessuale" http://bit.ly/ufficio_della_schiavitu_sessuale
"L'insurrezione" http://bit.ly /insurrezione
"La mia rivoluzione" http://bit.ly/la_mia_rivoluzione
"Preghiera di un uomo" http://bit.ly/preghiera_ di_un_uomo
"Fino a quando" http://bit.ly/fino_a_quando
"E poi saltavamo" http://bit.ly/e_poi_saltavamo
- la traduzione di M.G.Di Rienzo del brano musicale “Break the chain” credits Tena Clark - Musiche Tena Clark/Tim Heintz
http://bit.ly/traduzione_testo _BreakTheChain
- qui se volete potete trovare altre idee:
https://www.onebillionrising.org
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Per condividere con noi i vostri eventi e/o avere informazioni vi chiediamo di  scriverci al seguente indirizzo: obritalia at gmail.com
Ovviamente qualunque aggiunta rispetto a questo "format base" non potra' che essere gradita.
Vi chiediamo se l'idea puo' piacervi e se pensate possa avere un buon riscontro presso le scuole del vostro territorio, le vostre comunita' di riferimento.
Ringraziamo quanti di voi ci hanno anticipato gli eventi in preparazione, la prossima settimana risponderemo singolarmente a chi ci ha scritto con tutti i dettagli. Vi ricordiamo che le magliette saranno pronte non prima del 25 gennaio.
Se avete altre meravigliose idee, noi non potremo Che essere felici!
Grazie per tutto quello che potrete fare! #RiseForFreedom #RiseInSolidarity
Un abbraccio
Nicoletta Billi (333.2432777), Luisa Rizzitelli (345.4767246), Silvia Palermo (339.5028904)
Coordinamento Italia One Billion Rising

3. REPETITA IUVANT. UNA LETTERA ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA

All'ambasciatore dell'Iran in Italia: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir,
Egregio ambasciatore,
le saremmo assai grati se volesse trasmettere al suo governo il seguente appello.
Tutte le tradizioni di pensiero dell'umanita', quali che siano le loro fonti, convengono su queste semplici verita':
- che ogni vita umana deve essere rispettata, onorata e protetta;
- che uccidere e' sempre e solo un male;
- che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta';
- che rispettare e salvare le vite e' il primo dovere.
Certi del fatto che condividiate queste semplici considerazioni siamo quindi a chiedervi di impegnarvi:
- affinche' nel vostro paese, come in ogni parte del mondo, cessino finalmente le uccisioni e le persecuzioni;
- affinche' nel vostro paese, come in ogni parte del mondo, siano finalmente rispettati la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Vi chiediamo quindi:
- di riconoscere la dignita' e i diritti delle donne, che sono gli stessi degli uomini;
- di non piu' perseguitare, ma piuttosto ascoltare ed onorare, le donne che da mesi nel vostro paese stanno chiedendo "vita e liberta'".
Queste donne che non commettono alcuna violenza, e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela e a loro volta non commettono alcuna violenza, sono amiche ed amici dell'umanita' e del bene comune.
E' un crimine ed una follia perseguitare ed uccidere queste donne che non commettono alcuna violenza, e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela e a loro volta non commettono alcuna violenza.
Vi chiediamo pertanto di adempiere al dovere proprio di ogni ordinamento ed istituto giuridico legittimo: rispettare e proteggere le vite, la dignita' e i diritti di tutte le persone.
Vi chiediamo pertanto di adempiere al dovere di far cessare persecuzioni ed uccisioni.
Sia pace, rispetto ed amicizia fra tutte le persone, i popoli, i paesi.
Distinti saluti dal
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 30 dicembre 2022

4. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

5. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

6. REPETITA IUVANT. SCRIVERE AL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA PER CHIEDERE LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER

Proponiamo di scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente..
Di seguito una proposta di testo della lettera da inviare al Presidente degli Stati Uniti d'America recante la richiesta della grazia presidenziale per Leonard Peltier, e le istruzioni per inviarla attraverso il sito della Casa Bianca.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: copiare e incollare il messaggio seguente:
Mr. President,
Although I reside far from your country, I am aware of the injustice that has persisted for 47 years against Leonard Peltier, who was denied a review of his trial even after exculpatory evidence emerged for the events of June 26, 1975 on the Pine Ridge (SD) reservation where two federal agents and a Native American lost their lives.
I therefore appeal to your supreme authority to pardon this man, now elderly and ill, after nearly half a century of imprisonment.
I thank you in advance for your positive decision, with best regards.
Traduzione italiana del testo che precede:
Signor Presidente,
sebbene io risieda lontano dal Suo Paese, sono consapevole dell'ingiustizia che persiste da 47 anni nei confronti di Leonard Peltier, al quale e' stata negata la revisione del processo anche dopo che sono emerse prove a discarico per gli eventi del 26 giugno 1975 nella riserva di Pine Ridge (South Dakota) in cui persero la vita due agenti federali e un nativo americano.
Mi appello quindi alla Sua suprema autorita' affinche' conceda la grazia a questo uomo, ormai anziano e malato, dopo quasi mezzo secolo di detenzione.
La ringrazio fin d'ora per la Sua decisione positiva, con i migliori saluti.

7. L'ORA. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI

Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
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Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
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Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.

8. RIFERIMENTI. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

9. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

10. IRAN. FARIAN SABAHI: RIVOLTA IRANIANA, UCCISI DUE BAMBINI DI 9 E 13 ANNI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 novembre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Rivolta iraniana, uccisi due bambini di 9 e 13 anni" e il sommario "I giorni dell'Iran. Fonti della Bbc sostengono che a sparare sono state le forze di sicurezza. Il regime incolpa dei presunti "terroristi" in motocicletta"]

Sono morti due bimbi di nove e tredici anni negli ultimi giorni in Iran, nell'anniversario delle proteste del novembre 2019, innescate dall'aumento improvviso del prezzo del carburante. Tre anni fa, le autorita' avevano spento internet e centinaia di manifestanti erano stati uccisi. Martedi' e mercoledi' scorso decine di citta' iraniane sono state teatro di proteste e scioperi. I due bambini sono stati uccisi nella localita' di Izeh, nella provincia del Khuzestan (sudovest) ricca di petrolio. Delle fonti vicine alla famiglia del piu' piccolo dei due bimbi hanno riferito a Bbc Persian che a sparare sono state le forze di sicurezza.
Oltre a loro, sono morti cinque adulti e altri nove sono rimasti feriti, di cui due in condizioni critiche. Le autorita' hanno dichiarato che a colpirli sarebbero stati presunti "terroristi": a bordo di una motocicletta, avrebbero sparato sulla folla al mercato con un fucile d'assalto. Il capo della magistratura locale ha reso noto che tre individui sono stati arrestati.
In questi due mesi la Repubblica islamica "ha messo in atto una violenta repressione delle manifestazioni di piazza che sta accrescendo una sempre piu' evidente perdita di legittimita'", osserva Giorgia Perletta, assegnista di ricerca presso l'Universita' di Bologna. "I manifestanti non chiedono riforme, come nelle passate mobilitazioni dal basso, ma un cambiamento ai vertici del sistema politico. Le autorita' sono invece sempre meno inclini al compromesso e sempre piu' arroccate sui fondamenti ideologici, tra cui il velo obbligatorio. Il crescente divario tra i giovani e gli apparati politico-militari potrebbe inasprire lo scontro sia a danno dei primi, oggi fortemente repressi, ma anche dei secondi, che si trovano a governare su una popolazione molto distaccata e disillusa dai paradigmi politico-culturali riproposti da ormai 43 anni".
Quelle di oggi sono proteste che nascono da un malcontento diffuso a piu' livelli della societa', e che uniscono uomini e donne, diverse generazioni e ceti sociali. Secondo Perletta "non siamo pero' ancora davanti a una rivoluzione. In prima linea in questo movimento di protesta, le giovani donne non sono infatti sostenute da certi gruppi socioeconomici e politici, fondamentali affinche' possa verificarsi un capovolgimento rivoluzionario. Mi riferisco soprattutto ai commercianti, ai lavoratori delle industrie e del settore petrolchimico: nonostante modesti e limitati segnali di sostegno alle proteste, non vi hanno aderito in modo trasversale".
Autrice del volume Political Radicalism in Iran and Ahmadinejad's Presidencies (Palgrave 2022), Perletta osserva come allo scoppio delle proteste, l'ex presidente (2005-2013) Mahmud Ahmadinejad abbia "contestato l'uso spropositato della violenza come strumento per contenere il dissenso. Ahmadinejad guida da anni una 'corrente dei devianti' che cerca di minare il potere dell'establishment. Estromesso dal sistema, ha fatto piu' volte ricorso al populismo per raccogliere un modesto gruppo di seguaci critici nei confronti della Guida Suprema e della magistratura, sua longa manus. La sua figura, tuttavia, e' invisa alla popolazione che non lo ritiene un leader credibile, ma anzi contesta i suoi tentativi di riabilitarsi attraverso dubbie prese di posizione strumentali soltanto al suo improbabile ritorno in politica".
In merito agli scenari possibili, Perletta dichiara: "Per quanto resiliente e resistente alla repressione massiccia, alle condizioni attuali il movimento di protesta non sembra essere nelle condizioni di innescare un processo di radicale cambiamento politico. In questa fase, e' la successione dell'anziano Ali Khamenei, la Guida Suprema, a poter predisporre il terreno per un cambiamento istituzionale, non necessariamente verso direzioni piu' libertarie. Potrebbe infatti realizzarsi uno spostamento del potere verso le forze militari e paramilitari alla guida di una repubblica magari non piu' islamica, ma non per questo piu' democratica e inclusiva".
La studiosa si sofferma infine sulle definizioni usate dai media: "Teocrazia e repubblica degli ayatollah sono etichette fuorvianti. Il concetto di teocrazia non descrive il complesso sistema costituzionale iraniano, che vede invece una compresenza di istituzioni elettive e non elettive. Inoltre, da anni il peso specifico del potere politico si sta spostando verso gli apparati di sicurezza delle Guardie rivoluzionarie (pasdaran), mentre l'eta' anagrafica dei religiosi rivoluzionari sembra indicare una loro graduale eclissi dal processo decisionale".
Delle bandiere monarchiche - con al centro il leone armato di spada e il sole sullo sfondo - che sventolano nelle piazze europee, Perletta conclude dicendo: "La monarchia non rappresenta un modello per gli iraniani di oggi. I Pahlavi, in esilio, sono stati troppo a lungo fuori dal paese per poterne comprendere le dinamiche, e soprattutto non sono visti ne' come governanti legittimi, ne' come attori capaci di avere sostegno popolare".

11. IRAN. FARIAN SABAHI: SOPRA LA RIVOLTA IRANIANA PIOVONO CONDANNE A MORTE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 novembre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Sopra la rivolta iraniana piovono condanne a morte" e il sommario "Iran. Gia' sei le pene capitali comminate da Teheran. Sistan e Balucistan, alta tensione nel sud-est sunnita. Altri francesi arrestati: "Spie". Il Canada chiude le frontiere ai membri del regime (e ai figli)"]

"Come ti senti a rappresentare un paese come l'Iran che reprime i diritti delle donne?". A questa domanda, posta da un giornalista inglese durante la conferenza di stampa dei mondiali di calcio a Doha, il ct dell'Iran Carlos Queiroz (portoghese) ha risposto: "Penso che dovresti iniziare a pensare anche a quello che e' successo con gli immigrati in Inghilterra".
I mondiali prenderanno il via domenica 20 novembre e saranno l'occasione per accendere i riflettori sulle violazioni dei diritti umani in Iran.
Sono quattro le persone condannate a morte l'altro ieri dai tribunali rivoluzionari per aver preso parte alle proteste. La loro colpa e' "aver terrorizzato i passanti per strada con armi taglienti, l'aver dato fuoco alla motocicletta di un civile e l'aver attaccato una persona con un coltello".
A riferire i capi di imputazioni e' il sito web della magistratura iraniana. Cinque giorni fa, un tribunale aveva condannato a morte due dimostranti, per la prima volta dalla morte di Mahsa Amini che ha scatenato le proteste.
Sempre sul sito Mizan, si legge che altri individui sono stati condannati tra cinque e dieci anni di carcere per "essersi riuniti e aver cospirato al fine di commettere crimini contro la sicurezza nazionale e aver disturbato l'ordine pubblico".
La settimana scorsa la magistratura aveva assicurato che i tribunali avrebbero agito "con fermezza, con l'obiettivo della deterrenza e nel rispetto della legalita'" contro chi avesse "causato danni o avesse commesso crimini".
Sono almeno 340 i morti, di cui 43 minori, e migliaia gli arrestati in questi due mesi di dimostrazioni contro l'oligarchia di ayatollah e pasdaran. Restano frequenti le interviste mandate in onda dalla tv di Stato, in cui ai familiari delle vittime viene chiesto di negare che i loro cari siano stati uccisi dalle forze dell'ordine.
Per questo, ieri gli Stati Uniti hanno annunciato sanzioni contro due giornalisti e due responsabili della radiotelevisione di Stato della Repubblica islamica, accusati di aver mandato in onda interviste sotto forma di confessioni.
Di pari passo con le proteste, le autorita' di Teheran continuano gli attacchi ai gruppi curdi in Iraq, con il pretesto che "fomenterebbero i disordini in Iran". Resta burrascosa la situazione nel Sistan e Balucistan (sud-est dell'Iran) in cui la minoranza etnica e religiosa dei baluci, musulmani sunniti, ammonta a due milioni di persone.
Nel capoluogo Zahedan il loro leader religioso Molavi Abdolhamid ha dichiarato che, in questa situazione difficile, sarebbe opportuno che i cittadini dell'Iran si esprimessero attraverso referendum.
Nel corso dei decenni, i sunniti sono stati spesso corteggiati dai candidati alle elezioni. Residenti nelle regioni curde, nel Sistan e Balucistan e nel Sahra turkmeno, rappresentano l'8-10% della popolazione dell'Iran ma non godono di pieni diritti. Non possono aspirare alle massime cariche dello Stato, ovvero a Leader supremo e a presidente della Repubblica islamica.
Eppure, il voto dei sunniti funziona come ago della bilancia, in particolare nelle presidenziali: nel 2013 Molavi Abdolhamid aveva invitato a votare per il moderato Hassan Rohani che aveva ottenuto il 73% dei voti nel Sistan e Balucistan. Nel 2021 a vincere, anche in questo caso grazie al loro voto, era stato Ebrahim Raisi.
Tra gli altri diritti negati ai sunniti, vi e' il divieto ai loro leader religiosi di spostarsi liberamente, anche all'estero. Per contrastare le discriminazioni messe in atto dal clero sciita al potere dal 1979, la minoranza sunnita dell'Iran ha cercato di incrementare le nascite: se le iraniane hanno in media uno-due figli, tra i sunniti si arriva a otto nascite con l'obiettivo, nel giro di qualche decennio, di contare di piu' sul piano demografico.
Intanto, continua il braccio di ferro con la comunita' internazionale. Diversi cittadini francesi sarebbero stati arrestati in Iran e, secondo Teheran, si tratterebbe di "agenti segreti". Sale cosi' a sette il numero di francesi nelle prigioni iraniane.
Mentre le sanzioni statunitensi colpiscono ancora esponenti della nomenclatura iraniana che non hanno interessi economici e finanziari negli Usa, a prendere misure forse piu' efficaci e' il governo canadese, che ha vietato a esponenti del regime iraniano di entrare nel paese. Potrebbe essere una misura efficace perche', come scritto dai giornali in Iran, il Canada e' meta di molti figli dell'oligarchia di Teheran.

12. IRAN. FARIAN SABAHI: LA SFIDA DEI RAPPER IRANIANI AL REGIME DEGLI "SCIACALLI"
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 novembre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "La sfida dei rapper iraniani al regime degli 'sciacalli'" e il sommario "I giorni dell'Iran. Toomaj Salehi e' detenuto dal 30 settembre, Saman Yasin rischia l'impiccagione"]

"Il reato di qualcuno e' aver ballato con i capelli al vento. Quanti giovani avete ucciso mentre costruivate una torre per voi stessi? Io sono l'indovino. Il prossimo anno, l'anno dei 44 anni della Repubblica islamica, sara' quello del crollo. La profezia e' piena di sangue e rabbia". Queste sono alcune delle strofe di Omen, l'ultimo brano del rapper iraniano Toomaj Salehi. Di etnia lori, era gia' stato arrestato lo scorso anno per le sue critiche nei confronti delle autorita'. Nel brano Normal metteva l'accento sulla poverta' dicendo "La notte i nostri figli dormono e hanno fame" e chiedeva alle autorita' di Teheran come potessero dormire sonni tranquilli. Nel 2021, nella canzone Rathole accusava giornalisti e artisti - dentro e fuori l'Iran - di essere "alleati del tiranno", ovvero del Leader supremo Khamenei. In un altro brano criticava i buoni rapporti con Russia e Cina dicendo: "Non ci avete gia' derubato a sufficienza? E ora volete dare via meta' delle nostre risorse a Pechino e il resto a Mosca?". Di fronte all'accusa di "propaganda contro lo Stato", la sua famiglia aveva pagato la cauzione e lo aveva fatto uscire dal carcere. La condanna era arrivata a gennaio: sei mesi di prigionia. A febbraio, la sentenza era stata sospesa.
In un nuovo video sui social, il trentaduenne iraniano legge i fondi del caffe' prevedendo l'infausto futuro del regime degli ayatollah se continuera' a reprimere il dissenso. "La forza bruta non avra' la meglio", canta Salehi. Ma il 30 settembre il rapper che sfida gli ayatollah e i pasdaran al potere e' stato arrestato. La sua colpa e' aver espresso, con le sue liriche, il proprio sostegno alle proteste in corso. Negli ultimi anni Salehi e' diventato noto al largo pubblico grazie alla sua musica e ai social media, attraverso i quali solleva questioni che toccano la sensibilita' dei giovani. In un verso afferma: "Nel fondo di caffe' ho visto un leone che dava la caccia a uno sciacallo. Ci alzeremo dal fondo e colpiremo la cima della piramide" perche' nell'epica iraniana a vincere e' la saggezza, non la forza brutale. E ancora, Salehi attacca "coloro che proteggono il regime, ovvero i pasdaran, i paramilitari basiji, il ministero dell'Intelligence e i media di Stato. Un giorno, afferma il rapper, li affronteremo tutti in tribunale".
In un video diffuso sui social media a settembre, Salehi si trova nella provincia di Isfahan. Partecipa alle proteste, canta slogan contro le forze di sicurezza, chiede di essere messo lui in cella in cambio dei giovani arrestati a Shahinshahr, la sua citta' natale. Per anni, il rapper ha continuato a provocare le autorita' della sua provincia, definendole "codarde" e "gentaglia che opprime e arresta gente innocente". Dopodiche', come prevedibile, e' sparito dalla circolazione, non si hanno piu' sue notizie e si teme il peggio. Un'agenzia di stampa vicina ai pasdaran ha diffuso una sua foto, bendato, in auto. Secondo fonti governative, avrebbe provato a lasciare il Paese illegalmente, ma famigliari e amici negano e affermano invece che e' stato prelevato da agenti della sicurezza la mattina del 30 settembre nella sua abitazione a Borujen, nella provincia sudoccidentale di Chaharmahal e Bakhtiari, a centinaia di chilometri dalla frontiera.
Il rapper Salehi e' accusato di "attivita' di propaganda contro il governo e di collaborare con governi ostili, nonche' di aver formato gruppi illegali con l'intenzione di creare insicurezza nel Paese". Come gia' avveniva al tempo dello scia', e' stato costretto a rilasciare una confessione in cui dichiara di aver commesso "un errore". Sapendo di rischiare l'arresto, ha lasciato a un amico le credenziali delle sue pagine social, che quindi continuano a essere attive. L'hashtag per chiedere la sua liberazione e' #FreeToomaj. Oltre a lui, un altro rapper rischia la forca. Originario della provincia di Kermanshah, nell'Iran nordoccidentale dove una parte significativa della popolazione e' curda, Saman Yasin e' accusato di aver agito contro la sicurezza nazionale e rischia di essere impiccato. Insieme a loro, centinaia di attivisti, artisti e atleti sono in carcere per essersi pronunciati contro la repressione di regime. Intanto, i morti sono almeno 305, tra cui 41 minori. E le autorita' britanniche denunciano minacce di morte anche ai giornalisti nel Regno Unito.

13. IRAN. FARIAN SABAHI: ALESSIA PIPERNO E' LIBERA. MA IL REGIME REPRIME ANCORA
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 novembre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Alessia Piperno e' libera. Ma il regime reprime ancora" e il sommario "Iran. La blogger italiana e' rientrata ieri a Roma dopo la prigionia nel famigerato carcere di Evin: 'Sono stati 45 giorni duri'. Pressioni sulle famiglie degli attivisti iraniani: chi partecipa alle proteste, rischia di vedersi portare via la casa"]

"Eravamo sei in cella, sono stati 45 giorni duri", e' stata la prima dichiarazione della blogger romana Alessia Piperno appena dopo l'atterraggio del Falcon 900 sulla pista dell'aeroporto militare di Ciampino.
Ad attenderla i genitori e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Alessia Piperno era stata arrestata lo scorso 28 settembre a Teheran. In un post su Instagram aveva scritto: "Se un giorno l'Iran sara' un Paese libero e' merito di queste persone, di queste ragazze che scendono in piazza e danno fuoco ai loro hijab, e a quegli uomini che stanno combattendo per le loro donne".
Un commento come tanti sui social media. Ma Alessia Piperno era in Iran, dove si finisce in cella anche solo per un like. Detenuta nel carcere di Evin, ha vissuto il dramma dell'incendio la sera del 15 ottobre, in cui sono morti diversi detenuti.
Restano in carcere gli altri otto occidentali arrestati con la trentenne romana. In queste settimane di proteste e disordini, per le autorita' iraniane trattenere ostaggi occidentali serve a esercitare pressione: "E' difficile immaginare che il governo italiano irrigidisca realmente le proprie posizioni nei confronti di Teheran quando cittadini italiani sono detenuti nelle carceri iraniane. La liberazione di un nostro cittadino si ottiene, evidentemente, negoziando e ammorbidendo l'atteggiamento politico", commenta Lorenzo Trombetta, esperto di Medio Oriente.
Intanto in Iran le proteste continuano. Ieri nella cittadina di Rasht le ragazze ballavano, numerose, senza velo. Ma le forze di sicurezza hanno lanciato lacrimogeni e sparato.
Le autorita' esercitano pressione sulle famiglie delle vittime e degli attivisti: se partecipi alle proteste e vieni individuato, rischi che la casa di famiglia venga espropriata. Piperno e' tornata a Roma, sana e salva, ma nelle prigioni iraniane restano migliaia di giovani che rischiano la pena di morte.
"Si tratta di misure eccezionali di controllo e di repressione, tipiche di quei contesti in cui il governo centrale e i suoi rappresentanti locali devono far fronte, spesso in maniera improvvisa, a forme di contestazione e mobilitazione popolare interne massicce e trasgressive, nel senso che mettono in discussione le regole dettate dal potere", osserva Trombetta, autore del saggio Negoziazione e potere in Medio Oriente. Alle radici dei conflitti in Siria e dintorni.
Da vent'anni corrispondente per Ansa e LiMes da Beirut, lo studioso aggiunge: "Nella capitale libanese i media sono fortemente divisi tra quelli che sostengono il fronte filoiraniano e quelli piu' vicini alle posizioni saudite, del Qatar o dei paesi occidentali. Le posizioni si declinano a seconda delle affiliazioni ideologiche e clientelari, il dibattito pubblico risente molto di questa frammentazione. Certi ambienti della societa' civile libanese esprimono solidarieta' nei confronti delle iraniane e degli iraniani che protestano, ma non credono che le proteste di piazza possano portare a un reale cambiamento e temono sia un inasprimento della repressione sia i rischi di influenze straniere nel processo di trasformazione politica".
A proposito della repressione, Trombetta osserva: "Alcuni settori piu' reazionari dell'establishment sono disposti a ricorrere a ogni espediente per mantenere non tanto la sicurezza del paese quanto le rispettive rendite di potere. Il ricorso sproporzionato della violenza poliziesca e militare causa vittime tra i civili e finisce per alimentare il dissenso".
Quando nei regimi autoritari le proteste sfuggono di mano, una delle vie percorribili e' la strategia della tensione: "Si tratta di una tecnica di mantenimento del consenso e del potere a cui sono ricorsi, almeno nel corso del Novecento, anche alcune frange istituzionali e para-istituzionali di sistemi di governo detti democratici, in Europa occidentale. Il principio su cui si basa e' quello del patto sociale moderno per cui lo Stato, formalmente titolare del monopolio della violenza, assicura la protezione dei cittadini da tutte le possibili minacce interne ed esterne alla 'sicurezza' e alla 'stabilita''".
In questo contesto, le autorita' di Teheran accusano "i nemici" esterni di essere responsabili della "destabilizzazione" interna perche' questo "fa parte della retorica del potere".
A proposito dell'aiuto iraniano alla Russia, Trombetta riflette sul fatto che "nei giorni in cui e' scoppiata la guerra in Ucraina si era arrivati quasi a concludere positivamente l'accordo sul nucleare tra Stati Uniti e Iran. Con l'invasione militare russa sono cambiati alcuni equilibri e, nel frattempo, Washington e Teheran non solo non hanno trovato l'intesa, ma sono tornati ad accusarsi reciprocamente di essere responsabili del fallimento dell'accordo e hanno irrigidito le rispettive posizioni. In questo senso, l'Iran ha cercato alleanze con chi in questa fase storica si oppone ai progetti statunitensi, mantenendo pero' sempre il negoziato aperto con Washington. Sostenere la Russia serve a Teheran per alzare la posta con gli Stati Uniti".
"E' uno strumento di pressione come lo sono le sanzioni occidentali all'Iran. Per Teheran, inviare i droni ai russi serve da carta negoziale che potrebbe essere ritirata dal tavolo qualora l'atteggiamento americano nei confronti dell'Iran dovesse cambiare".

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 28 del 28 gennaio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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