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[Nonviolenza] Telegrammi. 4637
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 4637
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Fri, 28 Oct 2022 18:15:30 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4637 del 29 ottobre 2022
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. "Fermare la guerra con la forza della nonviolenza". Un incontro di riflessione a Viterbo con Paolo Arena
2. PeaceLink, "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, Movimento Nonviolento: 4 novembre: non festa ma lutto
3. Appello di convocazione della manifestazione nazionale per la pace del 5 novembre a Roma
4. Undici tesi sulla guerra in Europa, e undici cose che dobbiamo fare
5. Aurelio Musi: Antonio Gramsci
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'
1. INCONTRI. "FERMARE LA GUERRA CON LA FORZA DELLA NONVIOLENZA". UN INCONTRO DI RIFLESSIONE A VITERBO CON PAOLO ARENA
La sera di giovedi' 27 ottobre 2022 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera", si e' tenuto un incontro di riflessione sul tema: "Fermare la guerra con la forza della nonviolenza".
L'incontro si e' svolto nel piu' assoluto rispetto delle misure di sicurezza per prevenire e contrastare la diffusione del coronavirus.
All'incontro ha preso parte Paolo Arena.
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Una minima notizia su Paolo Arena
Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica, di storia linguistica dell'Italia contemporanea. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta. Cura il sito www.letterestrane.it
2. INIZIATIVE. PEACELINK, "CENTRO DI RICERCA PER LA PACE" DI VITERBO, MOVIMENTO NONVIOLENTO: 4 NOVEMBRE: NON FESTA MA LUTTO
4 novembre: non festa ma lutto
Proponiamo che il 4 novembre si svolgano commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, di ieri e di oggi.
Le commemorazioni devono essere un solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze:
per ridurre drasticamente le spese militari, per abolire le testate nucleari, per fermare le fabbriche di armi.
18 ottobre 2022
PeaceLink - "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo - Movimento Nonviolento
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Vogliamo prevenire le guerre di domani. Siamo contro le guerre di oggi. Non dimentichiamo le guerre di ieri.
Le guerre di oggi sono combattute con le armi costruite ieri. Le armi costruite oggi alimenteranno le guerre di domani.
Il disarmo, a partire da noi stessi (disarmo unilaterale), e' la strategia per costruire la pace.
Fare memoria delle guerre del passato e' doveroso per non ripetere gli stessi tragici errori.
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Sabato 5 novembre si terra' a Roma una grande manifestazione per la pace, promossa dal cartello "Europe for Peace", alla quale parteciperemo. Sara' una manifestazione popolare e di popolo che chiede: "Cessate il fuoco subito - Negoziato per la pace - Mettiamo al bando le armi nuclari - Solidarietà con le vittime di tutte le guerre".
Il giorno precedente, 4 novembre, ricorre l'anniversario della fine della Prima guerra mondiale, una "inutile strage" come disse il Pontefice di allora.
Tante altre "inutili stragi" seguirono, fino alla odierna strage in Ucraina. E' la guerra nel cuore dell'Europa, che prosegue da allora.
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La data del 4 novembre viene celebrata con continuita' dal fascismo fino ad oggi, per richiamare l'unita' dell'Italia sotto il segno della guerra e dell'esercito. "Giornata dell'Unita' Nazionale e delle Forze Armate" nell'anniversario della fine di un tragico conflitto che costò al nostro paese un milione e duecentomila morti (600.000 civili e 600.000 militari): per la prima volta nella storia a morire a causa della guerra non furono solo i militari al fronte, ma in pari numero i civili vittime di bombardamenti o di stenti, malattie, epidemie causate dalla guerra stessa.
Vogliamo ricordare e onorare quei morti rinnovando l'impegno contro ogni guerra e la sua preparazione, dunque contro le guerre di oggi, contro le armi costruite per le guerre di domani. Solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise.
Meno armi piu' difesa della vita, ridurre drasticamente le spese militari e devolvere i fondi per abolire la fame, la poverta', l'inquinamento del pianeta.
Per questo chiediamo una drastica riduzione delle spese militari che gravano sul bilancio dello stato italiano.
Per questo sosteniamo la richiesta che l'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la messa al bando delle armi nucleari.
Per questo sosteniamo la Campagna "Un'altra difesa e' possibile", che prevede l'istituzione di un Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta.
Pace, disarmo, smilitarizzazione. Tutela della vita degli umani e della Terra.
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Proponiamo che il 4 novembre si svolgano commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze. Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente.
Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.
Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.
Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perché convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.
Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.
Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
Solo la pace salva le vite. Salvare le vite e' il primo dovere.
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Movimento Nonviolento
per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. e fax: 0458009803, e-mail: an at nonviolenti.org, siti: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it
PeaceLink
per contatti: e-mail: info at peacelink.it, abruzzo at peacelink.it, sito: www.peacelink.it
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
per contatti: e-mail: centropacevt at gmail.com, web: mailing list nonviolenza at peacelink.it
3. DOCUMENTAZIONE. APPELLO DI CONVOCAZIONE DELLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE PER LA PACE DEL 5 NOVEMBRE A ROMA
[Riceviamo e diffondiamo]
Cessate il fuoco subito - negoziato per la pace
Mettiamo al bando tutte le armi nucleari
Solidarieta' con il popolo ucraino e con le vittime di tutte le guerre
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Manifestazione nazionale
Roma - sabato 5 novembre 2022 concentramento ore 12
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L'ombra della guerra atomica si stende sul mondo
La minaccia nucleare incombe sul mondo. E' responsabilita'̀ e dovere degli stati e dei popoli fermare questa follia. L'umanita' ed il pianeta non possono accettare che le contese si risolvano con i conflitti armati. La guerra ha conseguenze globali: e' la principale causa delle crisi alimentari mondiali, ancor piu' disastrose in Africa e Oriente, incide sul caro-vita, sulle fasce sociali piu' povere e deboli, determina scelte nefaste per il clima e la vita del pianeta. La guerra ingoia tutto e blocca la speranza di un avvenire piu' equo e sostenibile per le generazioni future.
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Questa guerra va fermata subito
Condanniamo l'aggressore, rispettiamo la resistenza ucraina, ci impegniamo ad aiutare, sostenere, soccorrere il popolo ucraino, siamo a fianco delle vittime. Siamo con chi rifiuta la logica della guerra e sceglie la nonviolenza.
L'inaccettabile invasione dell'Ucraina da parte della Russia ha riportato nel cuore dell'Europa la guerra che si avvia a diventare un conflitto globale tra blocchi militari con drammatiche conseguenze per la vita e il futuro dei popoli ucraino, russo e dell'Europa intera. Siamo vicini e solidali con la popolazione colpita, con i profughi, con i rifugiati costretti a fuggire, ad abbandonare le proprie case, il proprio lavoro, vittime di bombardamenti, violenze, discriminazioni, stupri, torture.
Questa guerra va fermata subito. Basta sofferenze. L'Italia, l'Unione Europea e gli stati membri, le Nazioni Unite devono assumersi la responsabilita' del negoziato per fermare l'escalation e raggiungere l'immediato cessate il fuoco. E' urgente lavorare ad una soluzione politica del conflitto, mettendo in campo tutte le risorse e i mezzi della diplomazia al fine di far prevalere il rispetto del diritto internazionale, portando al tavolo del negoziato i rappresentanti dei governi di Kiev e di Mosca, assieme a tutti gli attori necessari per trovare una pace giusta. Insieme con Papa Francesco diciamo: "Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili".
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L'umanita' ed il pianeta devono liberarsi dalla guerra
Chiediamo al Segretario Generale delle Nazioni Unite di convocare urgentemente una Conferenza Internazionale per la pace, per ristabilire il rispetto del diritto internazionale, per garantire la sicurezza reciproca e impegnare tutti gli Stati ad eliminare le armi nucleari, ridurre la spesa militare in favore di investimenti per combattere le poverta' e di finanziamenti per l'economia disarmata, per la transizione ecologica, per il lavoro dignitoso.
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Occorre garantire la sicurezza condivisa
Le guerre e le armi puntano alla vittoria sul nemico ma non portano alla pace: tendono a diventare permanenti ed a causare solo nuove sofferenze per le popolazioni. Bisogna invece far vincere la pace, ripristinare il diritto violato, garantire la sicurezza condivisa. Non esiste guerra giusta, solo la pace e' giusta. La guerra la fanno gli eserciti, la pace la fanno i popoli.
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L'Italia, la Costituzione, la societa' civile ripudiano la guerra. Insieme esigiamo che le nostre istituzioni assumano questa agenda di pace e si adoperino in ogni sede europea ed internazionale per la sua piena affermazione.
Cessate il fuoco subito, negoziato per la pace!
L'ONU convochi una Conferenza internazionale di pace
Mettiamo al bando tutte le armi nucleari
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Per adesioni: segreteria at retepacedisarmo.org
Per informazioni: www.sbilanciamoci.info/europe-for-peace/ - www.retepacedisarmo.org
4. REPETITA IUVANT. UNDICI TESI SULLA GUERRA IN EUROPA, E UNDICI COSE CHE DOBBIAMO FARE
1. La guerra scatenata dal folle e criminale governo russo contro la popolazione ucraina e' divenuta una guerra fra Stati Uniti e Russia in cui non solo la popolazione ucraina ma l'intera popolazione europea e' considerata da entrambe le parti vittima sacrificabile.
2. Il governo autocratico russo, un passo dopo l'altro, si inabissa sempre piu' in una spirale di follia che impedisce soluzioni concordate adeguate, che mentre all'inizio del conflitto erano agevolmente negoziabili, ora, dopo tanti mesi di guerra di sterminio della popolazione civile, tante stragi, tante devastazioni, tanti fatti compiuti irreversibili, diventano sempre piu' difficili.
3. Questa condotta tendenzialmente genocidaria che nell'agire della dirigenza russa e' apocalittica follia, nella dirigenza americana e' consapevole volonta' di distruzione dell'Europa.
4. L'Unione Europea e' ormai una colonia americana, e la Nato e' l'esercito di occupazione americano in Europa.
5. Il che significa che in Europa gli Stati Uniti d'America stanno adottando una politica di dominazione coloniale con la complicita', supina fino alla prostituzione, della quasi totalita' dei vertici governativi europei (e paradossalmente i soli che si oppongono sono a loro volta degli autocrati a capo di democrature).
6. Sic stantibus rebus si sta procedendo a tappe forzate verso una guerra totale, quindi nucleare, che puo' distruggere il continente e forse anche l'intera umanita'.
7. Il sabotaggio dei gasdotti, chiunque lo abbia commesso, recide uno degli ultimi legami tra Unione Europea e Federazione Russa: sulla base di quell'interesse economico comune si poteva cominciare a ricostruire un'azione politica e diplomatica di pace; i sabotaggi hanno distrutto questa residua possibilita'.
8. I cosiddetti "referendum" e la conseguente "annessione" di alcune regioni ucraine alla Federazione Russa sottraggono alla negoziazione possibile la materia su cui discutere; ergo: impediscono anch'essi l'avvio di un'azione politica e diplomatica di pace.
9. A questo punto giunti non ha piu' importanza stabilire se la guerra e' cominciata nel 2022 o nel 2014; la via prefigurata dagli accordi di Minsk e' definitivamente ostruita.
10. E non conta piu' stabilire se e quanto la leadership autocratica russa sia stata indotta all'attuale follia dalla politica aggressiva degli Usa e della Nato, se e quanto la dissoluzione della Confederazione di Stati Indipendenti succeduta all'URSS sia dipesa prevalentemente da interne spinte centrifughe o da pesanti condizionamenti esterni.
11. L'unica cosa che conta e' fermare la guerra, prima che la guerra distrugga altre vite, prima che la guerra distrugga l'Europa, prima che la guerra distrugga l'umanita'.
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E per fermare la guerra occorre che noi, persone sollecite del bene comune dell'umanita' che viviamo nei paesi europei, ci adoperiamo per:
I. l'immediata cessazione della fornitura di armi alla guerra;
II. l'immediata cessazione delle sanzioni che stanno favoreggiando la guerra e devastando l'economia e le condizioni di vita delle classi lavoratrici e popolari di tutti i paesi europei;
III. sostenere gli obiettori di coscienza, i renitenti alla leva, i disertori di tutte le parti in conflitto; sostenere tutte le persone che si rifiutano di uccidere;
IV. fornire adeguati aiuti umanitari a tutte le vittime della guerra sopravvissute;
V. sostituire immediatamente alla logica delle armi la difesa popolare nonviolenta;
VI. creare canali di dialogo e solidarieta' tra i popoli;
VII. contrastare la delirante retorica razzista promossa dalla propaganda guerrafondaia: i popoli non sono responsabili della criminale follia dei loro governi;
VIII. smascherare, denunciare e contrastare le menzogne di ogni propaganda guerriera;
IX. imporre ai governi europei di promuovere negoziati di pace guidati dall'Onu sulla base del ripristino dello status quo ante il 24 febbraio 2022;
X. imporre ai governi europei di porre il veto a qualunque ulteriore iniziativa della Nato e predisporre un percorso di scioglimento della Nato;
XI. proporre la nonviolenza come unica politica razionale, realistica e adeguata alla tragica situazione presente dell'umanita'.
5. MAESTRI. AURELIO MUSI: ANTONIO GRAMSCI
[Da Il Contributo italiano alla storia del pensiero – Storia e Politica (2013) nel sito www.treccani.it]
Tra i maggiori intellettuali italiani della prima meta' del Novecento, Antonio Gramsci fu uno dei fondatori del Partito comunista d'Italia (1921). Per le sue idee, all'avvento del fascismo, venne condannato a piu' di venti anni di carcere. Durante la reclusione, che lo porto' infine alla morte, scrisse un'assidua e amplissima serie di appunti e note, occasionali o programmate, piu' sparse o piu' unitarie, brevi e non brevi, notevoli per l'impegno e la portata della riflessione teorica e storica, in una prospettiva marxistica non scolastica, presentata, e non solo per ragioni di mascheramento imposto dal carcere, soprattutto come "filosofia della prassi". L'eredità intellettuale che egli pote' cosi' lasciare nei suoi 'quaderni carcerari' apparve in tutto il suo rilievo quando nel dopoguerra quei testi furono pubblicati e divennero un punto di riferimento del pensiero del tempo, facendo di lui uno dei massimi rinnovatori della cultura italiana postfascista, non senza una notevole importanza anche sul piano internazionale. In particolare, ebbero un'immediata e rilevante influenza le sue riflessioni sulla storia italiana del Risorgimento e dell'Unita'.
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La vita
Nato ad Ales (Cagliari) il 22 gennaio 1891, Antonio Gramsci dopo il liceo classico frequento' la facolta' di Lettere dell'Universita' di Torino. Iscritto al Partito socialista dal 1913, lavoro' come redattore al "Grido del popolo" e all'"Avanti!", prima di fondare, insieme a Palmiro Togliatti, Umberto Terracini e Angelo Tasca, il settimanale "L'Ordine nuovo", nel 1919; due anni dopo, partecipo' alla fondazione del Partito comunista d'Italia (PCd'I).
Nel 1922, entrato a far parte dell'Esecutivo del Komintern, Gramsci si trasferi' a Mosca, dove conobbe Julija Schucht, che sarebbe divenuta sua moglie. Nel 1924, fondato il quotidiano "L'Unita'", torno' in Italia come deputato e, nell'agosto dello stesso anno, divenne segretario del PCd'I. Arrestato nel 1926, nel 1928 fu condannato a piu' di venti anni di reclusione, che sconto' prevalentemente nel carcere di Turi (Bari), dove ebbe inizio la stesura dei suoi Quaderni, cui si dedico' fino alla meta' del 1935. Durante il carcere fini' per trovarsi in discussioni e dissensi con il suo stesso partito, allora del tutto condizionato dalla sua obbedienza stalinista. Nel 1934, a causa delle cattive condizioni di salute, era stato trasferito in una clinica di Formia, ottenendo in seguito la liberta' condizionata. Mori' a Roma, nella clinica Quisisana, il 27 aprile 1937.
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Storico europeo e italiano
La biografia intellettuale di Gramsci presenta, fra gli altri, un carattere che, generalmente, viene scarsamente considerato nella vastissima letteratura gramsciana: egli e' stato, infatti, uno storico europeo e italiano al tempo stesso, perche' ha saputo collocarsi in un orizzonte e una sensibilita' internazionali, comuni a molti intellettuali dei primi decenni del XX sec., riflettendo con originalita' sui problemi della storia nazionale. Ci si riferisce qui a un orizzonte in cui il nesso fra storia e vita, tra passato e presente e' stato al centro dell'attenzione e dell'interesse di molti studiosi: basti pensare alla cultura storicistica, a intellettuali come Max Weber ed Ernst Troeltsch, al rinnovamento storiografico prodotto dalla rivista "Annales" in Francia (penso in particolare a Marc Bloch), a Benedetto Croce. Il concetto di vita non e' stato naturalisticamente inteso, ben s'intende, ma profondamente calato nella realta' storica, rivelandosi solo cosi' capace di restituire i suoi molteplici significati, tutti declinati nella sua dimensione spazio-temporale in grado di assumere il posto centrale in una considerazione integrale, priva di steccati disciplinari, della conoscenza umana. Il concetto di storia contemporanea in Croce appartiene precisamente a questo contesto, a questo spirito del tempo in cui il rapporto passato-presente e' trasfigurato dal pensiero dell'attualita' della vita nell'atto in cui riflette su un fatto, un problema, un processo storico. E le categorie, i modelli, le concettualizzazioni non sono astrazioni, ma intimamente calati nella realta' storica che vogliono rappresentare.
Gramsci ha dato un contributo di grande rilievo in questa direzione: la filosofia della prassi e' stato il suo modo di tradurre e interpretare il rapporto tra vita e storia; la formulazione di categorie quali blocco storico, egemonia, rivoluzione passiva, moderno principe e cosi' via ha trovato la sua legittimazione solo nella considerazione storica, a sua volta funzionale all'azione politica.
Gramsci europeo, dunque, ma a partire dalla considerazione della storia italiana, unitariamente intesa dal Medioevo all'Ottocento, che assorbe quasi integralmente la sua attivita' di storico. Il problema politico del Risorgimento e' allora centrale nella prospettiva gramsciana. Il dirigente comunista individua "il blocco storico delle forze conservatrici, cogliendone la chiusura economico-corporativa come prosecuzione di un'antica stratificazione che aveva posto limiti precisi alla funzione svolta da esse nel Risorgimento"; identifica altresi' "gli elementi costitutivi di un nuovo blocco storico che le circostanze della vita italiana nel periodo post-risorgimentale avevano gia' variamente mobilitato sulla scena politica nazionale e che si trattava ora di coordinare in stretta unita' e di rendere consapevoli del loro compito" (Galasso 1978, p. 168).
Se questa e' la caratterizzazione storico-politica del discorso di Gramsci, non appaiono condivisibili quelle interpretazioni che ne prescindono completamente. Un esempio in tale direzione e' l'opera di Alberto Burgio (2003). Egli ritiene che Gramsci si dedicherebbe all'analisi storica solo per capire il funzionamento delle singole formazioni sociali, in particolare di quella capitalistica. L'approccio strutturalista, che considera i concetti gramsciani astrazioni decontestualizzate, induce l'autore a una critica radicale dell'interpretazione storicista. Nei Quaderni sarebbe allora contenuta per Burgio una teoria critica della modernita'.
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Il problema del Risorgimento
Il Quaderno 19, scritto da Gramsci tra il 1934 e il 1935, e' pressoche' interamente dedicato al Risorgimento. A dimostrazione del fatto che egli e' dotato di una robusta coscienza storica, di una straordinaria lucidita' nella progettazione intellettuale e che considera la prospettiva unitaria di lungo periodo fondamentale nella vicenda italiana, e' il punto di partenza dell'analisi: un progetto di ricerca e una proposta di periodizzazione.
Una doppia serie di ricerche. Una sull'eta' del Risorgimento e una seconda sulla precedente storia che ha avuto luogo nella penisola italiana, in quanto ha creato elementi culturali che hanno avuto una ripercussione nell'Eta' del Risorgimento (ripercussione positiva e negativa) e continuano a operare (sia pure come dati ideologici di propaganda) anche nella vita nazionale italiana cosi' come e' stata formata dal Risorgimento. Questa seconda serie dovrebbe essere una raccolta di saggi su quelle epoche della storia europea e mondiale che hanno avuto un riflesso sulla penisola (A. Gramsci, Quaderni del carcere, ed. critica a cura di V. Gerratana, 1975, p. 1959).
Gli esempi a questo riguardo non sono saggi separati, ma formano un itinerario periodizzante: dai significati della parola Italia nei tempi diversi; al passaggio dalla Repubblica all'impero romano che modifica radicalmente "la posizione relativa di Roma e della penisola nell'equilibrio del mondo classico, togliendo all'Italia l'egemonia territoriale e trasferendo la funzione egemonica a una classe imperiale cioe' supernazionale" (p. 1959); al Medioevo o eta' dei Comuni "in cui si costituiscono molecolarmente i nuovi gruppi sociali cittadini, senza che il processo raggiunga la fase piu' alta di maturazione come in Francia, in Ispagna, ecc." (p. 1960); all'eta' del mercantilismo e delle monarchie assolute, che per l'Italia ha una scarsa portata nazionale perche' essa e' soggetta a potenze straniere, "mentre nelle grandi nazioni europee i nuovi gruppi sociali cittadini, inserendosi potentemente nella struttura statale a tendenza unitaria, rinvigoriscono la struttura stessa e l'unitarismo, introducono un nuovo equilibrio nelle forze sociali e si creano le condizioni di uno sviluppo rapidamente progressivo" (p. 1960).
Tutte le questioni trattate – e si ribadisce cosi' la premessa di queste note sul nesso vita-storia – "saranno presentate come viventi e operanti anche nel presente, come forze in movimento, sempre attuali" (p. 1960).
Dopo aver discusso la letteratura sulle origini, Gramsci passa alle interpretazioni del Risorgimento. Una prima serie e' di carattere politico immediato, ideologico e non storico. Gramsci distingue "un gruppo di interpretazioni in senso stretto", da Alfredo Oriani a Mario Missiroli, Piero Gobetti e Guido Dorso, un "gruppo di carattere piu' sostanziale e serio" come quelle di Croce, Arrigo Solmi, Luigi Salvatorelli, le interpretazioni di Curzio Malaparte e Carlo Curcio. Un altro gruppo importante e' costituito dai libri di Gaetano Mosca, Pasquale Turiello, Luigi Zini, Giorgio Arcoleo e gli articoli apparsi sulla "Nuova antologia": e' una letteratura conseguenza della caduta della Destra storica, dell'avvento al potere della Sinistra e delle innovazioni 'di fatto' introdotte nel regime costituzionale per avviarlo a una forma di regime parlamentare.
I caratteri comuni a tutta questa letteratura secondo Gramsci sono i seguenti: la pretesa di trovare un'unita' nazionale, almeno di fatto, da Roma al periodo contemporaneo, riflesso di una "torbida volonta' di credere, un elemento di fanatismo ideologico che deve risanare le debolezze di struttura e impedire un temuto tracollo"; l'eccessiva importanza attribuita agli intellettuali "piccoli borghesi in confronto delle classi economiche arretrate e politicamente incapaci"; la "storia feticistica", per cui "diventano protagonisti della storia personaggi astratti e mitologici" (Quaderni del carcere, cit., pp. 1979-80).
Il problema di ricercare le origini storiche di un evento concreto e circostanziato, la formazione dello Stato moderno italiano nel secolo XIX, viene trasformato in quello di vedere questo Stato, come Unita' o come Nazione o genericamente come Italia, in tutta la storia precedente cosi' come il pollo deve esistere nell'uovo fecondato (p. 1981).
In un altro luogo dello stesso Quaderno, Gramsci stigmatizza la storia come biografia nazionale. Essa scambia il desiderio con la realta', pensa l'Italia come qualcosa di astratto e concreto allo stesso tempo "come la bella matrona delle oleografie popolari, che influiscono piu' che non si creda nella psicologia di certi strati del popolo positivamente e negativamente (ma sempre in modo irrazionale), come la madre di cui gli italiani sono i figli. Con un passaggio che sembra brusco e irrazionale, ma ha indubbiamente efficacia, la biografia della madre si trasforma nella biografia collettiva dei figli buoni, contrapposti ai figli degeneri, deviati, ecc." (p. 2069).
Presentazione doppiamente antistorica: perche' contraddice la realta' e perche' sminuisce la figura e l'originalita' degli uomini del Risorgimento. Ma la critica di Gramsci si abbatte pure su L'Eta' del Risorgimento italiano (1931) di Adolfo Omodeo: un'untuosa santificazione del periodo liberale. Il difetto maggiore di tutte queste interpretazioni e' il loro carattere ideologico: non suscitano forze politiche attuali, non aiutano "le forze in isviluppo a divenire piu' consapevoli di se stesse e quindi piu' concretamente attive e fattive" (pp. 1983-84). Come ha notato Galasso, Gramsci non accetta qui l'interpretazione del Risorgimento in termini di "conquista regia": "egli coglie perfettamente il significato di ammodernamento e di liberazione delle energie nazionali connesso intimamente alla grande pagina di storia vissuta dall'Italia nel secolo XIX" (Galasso 1978, p. 127).
E valuta adeguatamente lo sforzo compiuto dagli uomini del Risorgimento sia verso i nemici esterni sia verso quelli interni che si opponevano all'unificazione.
Non e' possibile vedere in Gramsci sic et simpliciter uno dei tanti revisionisti del Risorgimento, uno degli episodi di quel processo al Risorgimento di cui si e' tanto parlato. Il processo ci sembra, invece, che Gramsci lo faccia non al Risorgimento, e neppure alla soluzione risorgimentale, della cui necessita' e positivita' storica nelle condizioni date egli si rende pienamente conto, bensi' al partito d'azione, da un lato, e alla politica dello Stato italiano unitario, post-risorgimentale, dall'altro lato (Galasso 1978, p. 129).
E' questa posizione che spiega anche l'oscillazione esistente fra la critica all'interpretazione del Risorgimento inteso come "conquista regia" in alcuni luoghi, quelli nei quali viene discussa la letteratura risorgimentale, e la sua sostanziale accettazione in altri. Diventa allora centrale nell'intera riflessione storica di Gramsci "il problema della direzione politica nella formazione e nello sviluppo della nazione e dello Stato moderno in Italia. Tutto il problema della connessione tra le varie correnti politiche del Risorgimento, cioe' dei loro rapporti reciproci e dei loro rapporti con i gruppi sociali omogenei o subordinati esistenti nelle varie sezioni (o settori) storiche del territorio nazionale, si riduce a questo dato di fatto fondamentale: i moderati rappresentavano un gruppo sociale relativamente omogeneo, per cui la loro direzione subi' oscillazioni relativamente limitate (e in ogni caso secondo una linea di sviluppo organicamente progressivo), mentre il cosi' detto Partito d'Azione non si appoggiava specificamente a nessuna classe storica e le oscillazioni subite dai suoi organi dirigenti in ultima analisi si componevano secondo gli interessi dei moderati: cioe' storicamente il Partito d'Azione fu guidato dai moderati" (Quaderni del carcere, cit., p. 2010).
E' questo il punto centrale dell'analisi di Gramsci non solo per il merito e per il contenuto, ma anche per il metodo. Egli infatti, proprio in relazione al rapporto tra moderati e Partito d'azione, precisa il significato di due concetti che usera' largamente nelle sue argomentazioni: gruppo sociale dominante e gruppo sociale dirigente. Il dominio e' esercitato sui gruppi avversari anche con la forza armata, la direzione intellettuale e morale sui gruppi affini e alleati. Ma "un gruppo sociale puo' e anzi deve essere dirigente gia' prima di conquistare il potere governativo (e' questa una delle condizioni principali per la stessa conquista del potere); dopo, quando esercita il potere e anche se lo tiene fortemente in pugno, diventa dominante, ma deve continuare ad essere anche dirigente. I moderati continuarono a dirigere il Partito d'Azione anche dopo il 1870 e il 1876 e il cosi' detto trasformismo non e' stato che l'espressione parlamentare di questa azione egemonica intellettuale, morale e politica" (pp. 2010-11).
Altro concetto, utilizzato non in astratto, ma per comprendere l'egemonia moderata, e' quello di apparato: cioe' il meccanismo, l'insieme di strumenti di esercizio dell'egemonia che, nel caso dei moderati, furono liberali, cioe' individuali e privati, non mediati da un programma di partito, ma perfettamente adeguati ai gruppi sociali rappresentati "di cui i moderati erano il ceto dirigente, gli intellettuali in senso organico" (p. 2011). I moderati esercitarono un potere di attrazione che il Partito d'azione non poteva avere. Esso sarebbe potuto diventare una forza autonoma solo se fosse riuscito a contrapporsi con "un programma organico di governo che riflettesse le rivendicazioni essenziali delle masse popolari, in primo luogo dei contadini: all'attrazione spontanea esercitata dai moderati avrebbe dovuto contrapporre una resistenza e una controffensiva organizzate secondo un piano" (p. 2013).
Giuseppe Galasso si e' posto la domanda su che cosa rimanga della critica di Gramsci al Partito d'azione. Egli ha individuato una tensione non risolta nel pensiero storico di Gramsci "tra i due poli di un ragionamento strettamente storiografico, da un lato, e di una petizione di principio su una possibilita' non sfruttata dai protagonisti, dall'altro lato" (Galasso 1978, p. 144). Al primo polo c'e' la valutazione positiva, storicistica, del moto risorgimentale, in particolare dell'azione svolta dai moderati soggettivamente e nelle condizioni date. Al secondo polo Gramsci denuncia per principio e condanna l'azione svolta dalla sinistra risorgimentale per "un motivo profondo ed essenziale di insoddisfazione e di ripulsa per tutto il corso preso dalla storia nazionale nel punto che costituisce il centro degli interessi storiografici di Gramsci" (Galasso 1978, p. 144).
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Storia/filosofia, storia/politica
I motivi di questa tensione bipolare si comprendono alla luce della considerazione dei rapporti fra storia e filosofia, filosofia e politica. Gramsci va oltre Croce: egli accetta la sua idea della contemporaneita' della storia, ma prospetta una piu' radicale identita' tra storia e politica realizzata, non fallita. Se il politico e' uno storico che opera nel presente interpretando il passato, allora lo storico e' un politico. Gramsci allarga quindi la portata della formula crociana. Ma bisogna rendersi conto che "quando il Croce parla degli elementi che determinano la contemporaneita' della storia, parla di interessi della vita morale (in cui la politica e' assorbita e risolta) o culturale; quando, invece, ne parla Gramsci, parla di interessi immediati della vita politica e sociale in senso stretto" (Galasso 1978, pp. 147-48).
Se nel discorso storico di Gramsci l'interesse per la politica determina un'innegabile tensione, che spesso resta irrisolta e provoca contraddizioni, oscillazioni, incertezze, va comunque riaffermata, al di la' di essa, "una profonda unita' metodologica e culturale del pensiero di Gramsci, se si tengono presenti i suoi concetti di fondazione scientifica dell'azione politica e di rapporto tra politica e storia. In ultima analisi, quindi, l'intero discorso storico-politico di Gramsci non esce fuori dal quadro del discorso storico e le implicazioni di teoria politica e gli schemi di azione politica che Gramsci ne trae non pretendono e non sono riducibili ad un significato o valore concettuali diversi da quelli dei canoni di ricerca storica che Gramsci pure evince dallo stesso discorso" (Galasso 1978, p. 219).
E' qui dunque il carattere autenticamente rivoluzionario dello storicismo gramsciano e del suo progetto filosofico come "gnoseologia della politica" (Buci-Glucksmann 1975; trad. it. 1976, p. 172). Anche la critica del concetto di ideologia sia come "illusione" nel senso crociano, sia come "sistema di idee" che riproduce la struttura economico-sociale secondo l'interpretazione deterministica, soprattutto di Nikolaj I. Bucharin, si collega al discorso storico-politico che approda al valore attivo delle ideologie. La rifondazione di Gramsci parte dalla critica al positivismo e al meccanicismo nella doppia versione del revisionismo idealistico (Georges Sorel e Croce) e del revisionismo del marxismo ufficiale. Il suo obiettivo e' quello di colmare il vuoto di una reale tradizione ideologica e culturale di massa a partire da una ricognizione puntuale del terreno nazionale, del Risorgimento e della formazione dello Stato unitario. Questa ricognizione e' propedeutica alla lotta contro il blocco storico dominante che ha proseguito l'azione dei moderati vittoriosi nel confronto risorgimentale. Ecco perche' Croce, in quanto chiave intellettuale di volta di questo blocco, diventa l'interlocutore privilegiato di Gramsci.
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Nord e Sud
L'insoddisfazione della linea del meridionalismo classico, che giunge, pur con profonde novita', fino a Francesco Saverio Nitti, e che puo' essere sintetizzata nel mito del buon governo e dell'industrializzazione promossa dall'intervento statale, fu fortemente messa in discussione dai partigiani della 'rivoluzione meridionale': Gaetano Salvemini, Dorso, Gramsci. Pur da posizioni di partenza diverse, – il primo socialista sui generis, il secondo erede e originale interprete del pensiero democratico, il terzo cofondatore del Partito comunista italiano nel 1921 e maggiore esponente del marxismo teorico italiano – essi rivendicarono l'esigenza di una piu' attiva partecipazione delle elites e delle masse per portare a soluzione la questione meridionale.
Per Salvemini solo con una politicizzazione generale delle masse, e cioe' dei contadini meridionali, e con l'identificazione di una strategia di alleanza di classe nel resto del Paese si poteva aggredire la questione meridionale considerata soprattutto una questione di potere. L'analisi piu' originale riguardava proprio quest'ultimo punto. Una grande proprieta' latifondistica, generalmente in mano alla vecchia aristocrazia feudale e alla grande borghesia agraria fusasi con essa, deteneva tanto la maggiore ricchezza quanto l'effettivo potere. Questa classe si era strettamente alleata con il capitalismo settentrionale, garantendo a esso l'appoggio incondizionato della rappresentanza parlamentare meridionale alla sua politica, soprattutto in materia finanziaria e doganale, a cui l'industria settentrionale era legata da un interesse vitale. In cambio i latifondisti meridionali ricevevano carta bianca per la loro azione oppressiva nel Mezzogiorno e pieno sostegno per i loro interessi, che si trattasse sia di contratti agrari sia di dazio sul grano. Dunque, il proletariato rurale meridionale, alleato con il proletariato industriale del Nord, doveva essere il protagonista della sua emancipazione.
Dorso affidava invece alla "borghesia umanistica", al ceto intellettuale, al decentramento e al self government il compito di disfare il blocco agrario meridionale e liberare le masse contadine dal suo potere.
Gramsci, dopo aver criticato il Risorgimento e le modalita' di realizzazione dell'Unita' italiana, identificando entrambi con una "rivoluzione agraria mancata", riprendeva l'indicazione di Salvemini, relativa all'alleanza tra contadini del Sud e operai del Nord, ma con finalita' strategiche completamente diverse. Per Salvemini quell'alleanza doveva servire a fondare una democrazia rurale di piccoli proprietari nel Sud e a liberare la classe operaia settentrionale da una struttura industriale fondata sui monopoli e sul protezionismo: dunque democrazia rurale e spazio alla libera concorrenza interna e internazionale. Per Gramsci quell'alleanza doveva invece servire a distruggere l'intero sistema per costruire il socialismo. Secondo Gramsci il proletariato avrebbe distrutto il blocco agrario meridionale nella misura in cui fosse riuscito, attraverso il suo partito, a organizzare in formazioni autonome e indipendenti masse di contadini poveri. E sarebbe riuscito in tale compito anche in relazione alla sua capacita' di disgregare il blocco intellettuale, armatura flessibile, ma resistentissima del blocco agrario.
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Passato e presente
Qual e' il significato complessivo della meditazione storica di Gramsci?
La meditazione di Gramsci sul Risorgimento e' e vuole essere politica, impostazione cioe' di un discorso sulle forze dominanti nella societa' italiana e su quelle che ad esse si oppongono; una politica costruita scientificamente, ossia sulla critica scientifica di tutto il passato (Galasso 1978, p. 153).
Il presente e' allora critica del passato e suo superamento: decide cio' che e' vivo e cio' che e' morto. L'esaurimento storico si riconosce non da fattori contingenti, "ma deve corrispondere alle componenti di fondo della storia e della tradizione nazionale che sono attive nel momento in cui ci si volge al passato. A questo punto il circolo dei pensieri di Gramsci appare completo. Egli si volge alla storia del Risorgimento perche' non crede in un'azione politica che non scaturisca dalla intelligenza storica; e critica il Risorgimento, non nella prospettiva del processo al Risorgimento alla Missiroli o alla Gobetti, bensi' nella prospettiva di cio' che il presente dimostra non piu' attuale, e quindi da poter essere gettato via, dell'opera delle generazioni precedenti" (Galasso 1978, p. 134).
Il cinquantennio unitario e', da questo punto di vista, la cartina di tornasole del pensiero storico di Gramsci. Il trasformismo e' considerato dal dirigente sardo la continuazione, ma anche il deterioramento dell'azione egemonica dei moderati, che hanno trasformato l'egemonia in dominio, decapitando le elites nemiche. Francesco Crispi e' il vero uomo della nuova borghesia, non l'anticipatore del nazionalfascismo, ma un esponente del Risorgimento che spinge in avanti la societa' italiana. Lucido e' anche il giudizio sul giolittismo: continuita' con Crispi, da un lato, ma piu' larga partecipazione alla vita statale attraverso il parlamento, con un approfondimento del solco tra Nord e Sud del Paese. A cinquant'anni di distanza dall'Unita', l'esaurimento storico per Gramsci e' pienamente evidente: "il mantenimento del blocco industriale-agrario attraverso cinquant'anni di storia italiana unitaria e' esso ad inficiare la soluzione risorgimentale, non gia' una insufficienza intrinseca della soluzione stessa [...] E' il presente a dar luce al passato, ma questa luce va proiettata sull'intero arco storico delle forze in campo, e non soltanto sull'arco della loro funzione di forze dominanti" (Galasso 1978, p. 155).
Alla luce delle precedenti considerazioni appare ancor piu' chiara l'unitarieta' della storia italiana nel senso a essa attribuito da Gramsci. A partire dal comune medievale come fase economico-corporativa dello Stato, la funzione storica della prima borghesia italiana, la funzione direttiva della citta' in epoca comunale, la critica serrata alla retorica degli storici e all'esaltazione della 'liberta'' cittadina. Il cosmopolitismo degli intellettuali si accentua poi nell'epoca della Controriforma, caratterizzata dall'assenza di un moderno Stato-nazione in Italia, anche per il dominio di potenze straniere, a differenza di altre realta' europee. Con queste premesse, il Risorgimento, positivo come soluzione unitaria, mostra tuttavia i limiti di una rivoluzione mancata per le responsabilita' del Partito d'azione, per non aver affrontato la questione agraria, per aver approfondito le distorsioni fra citta' e campagna nel cinquantennio unitario.
"Il programma di Giolitti e dei liberali democratici tendeva a creare nel Nord un blocco urbano di industriali e operai che fosse la base di un sistema protezionistico e rafforzasse l'economia e l'egemonia settentrionale. Il Mezzogiorno era ridotto a un mercato di vendita semicoloniale, a una fonte di risparmio e di imposte ed era tenuto disciplinato con due serie di misure: misure poliziesche di repressione spietata di ogni movimento di massa con gli eccidi periodici di contadini [...]; misure poliziesche-politiche: favori personali al ceto degli intellettuali o paglietta, sotto forma di impieghi nelle pubbliche amministrazioni, di permessi di saccheggio impunito delle amministrazioni locali, di una legislazione ecclesiastica applicata meno rigidamente che altrove" (Quaderni del carcere, cit., pp. 2038-39).
Un ragionamento dunque che va dal presente al passato, perche' la storia e' politica attuale in nuce: "una storia non di ipotesi, ma di realta' che scaturiscono dal conoscere cio' che del passato e' vivo e cio' che e' morto, cio' che puo' essere gettato via e cio' che deve essere conservato" (Galasso 1978, pp. 156-57).
Aver concentrato l'attenzione sui problemi della storia italiana non puo' indurre a dimenticare che Gramsci ci ha lasciato pagine illuminanti su tanti altri temi di storia europea ed extraeuropea, con spunti che meriterebbero oggi ulteriori riprese e approfondimenti. Non si tratta di osservazioni che scaturiscono dall'erudizione, pur straordinaria se si tien conto delle condizioni in cui svolse attivita' intellettuale il dirigente politico. Colpisce soprattutto la formidabile capacita' di intuizione e la sensibilita' a utilizzare la prospettiva comparativa nell'analisi dei processi storici. Basta scorrere l'indice analitico dell'edizione critica dei Quaderni per averne significative conferme.
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Opere
Lettere dal carcere, a cura di S. Caprioglio, E. Fubini, Torino 1965.
Socialismo e fascismo. L’Ordine nuovo 1921-1922, Torino 1966.
La costruzione del Partito comunista 1923-1926, Torino 1971.
Quaderni del carcere, Edizione critica dell'Istituto Gramsci a cura di V. Gerratana, 4 voll., Torino 1975.
Cronache torinesi 1913-1917, a cura di S. Caprioglio, Torino 1980.
La citta' futura 1917-1918, a cura di S. Caprioglio, Torino 1982.
Il nostro Marx 1918-1919, a cura di S. Caprioglio, Torino 1984.
L'Ordine Nuovo 1919-1920, a cura di V. Gerratana, A.A. Santucci, Torino 1987.
Lettere 1908-1926, a cura di A.A. Santucci, Torino 1992.
A. Gramsci, T. Schucht, Lettere 1926-1935, a cura di A. Natoli, C. Daniele, Torino 1997.
Quaderni di traduzioni (1929-1932), a cura di G. Cospito, G. Francioni, Edizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci, 2 voll., Roma 2007.
Epistolario, 1, gennaio 1906-dicembre 1922, a cura di D. Bidussa, F. Giasi, G. Luzzatto Voghera et al., Edizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci, Roma 2009.
Quaderni del carcere, Edizione anastatica dei manoscritti, a cura di G. Francioni, 18 voll., Roma 2009.
Epistolario, 2, gennaio-novembre 1923, a cura di D. Bidussa, F. Giasi, M.L. Righi, Edizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci, Roma 2011.
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Bibliografia
E. Garin, Intellettuali italiani del XX secolo, Roma 1974.
Ch. Buci-Glucksmann, Gramsci et l'Etat: pour une theorie materialiste de la philosophie, Paris 1975 (trad. it. Roma 1976).
P. Spriano, Gramsci e Gobetti. Introduzione alla vita e alle opere, Torino 1977.
A. Baldan, Gramsci come storico. Studio sulle fonti dei "Quaderni del carcere", Bari 1978.
G. Galasso, Croce, Gramsci e altri storici, Milano 1978, pp. 116-248.
L. Mangoni, La genesi delle categorie storico-politiche nei "Quaderni del carcere", "Studi storici", 1987, 28, pp. 565-79.
E. Garin, Gramsci nella cultura italiana, in Id., La filosofia come sapere storico, Roma-Bari 1990.
A. Burgio, Gramsci storico. Una lettura dei "Quaderni del carcere", Roma-Bari 2003.
M. Filippini, Gramsci storico. Una lettura dei "Quaderni del carcere", "Historical materialism", 2009, 17, pp. 261-71.
6. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- AA. VV., L'era della disinformazione, Le Scienze, Roma 2022, pp. 144, in supplemento a "Le Scienze".
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Riletture
- Paul Roazen, Freud e i suoi seguaci, Einaudi, Torino 1998, pp. XLVI + 658.
- Silvia Vegetti Finzi, Storia della psicoanalisi, Mondadori, Milano 1986, 1994, pp. XIV + 454.
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Riedizioni
- Alan Booth, Sata, Vallardi, Milano 2020, Rcs, Milano 2022, pp. 360, euro 7,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
8. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4637 del 29 ottobre 2022
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Numero 4637 del 29 ottobre 2022
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. "Fermare la guerra con la forza della nonviolenza". Un incontro di riflessione a Viterbo con Paolo Arena
2. PeaceLink, "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, Movimento Nonviolento: 4 novembre: non festa ma lutto
3. Appello di convocazione della manifestazione nazionale per la pace del 5 novembre a Roma
4. Undici tesi sulla guerra in Europa, e undici cose che dobbiamo fare
5. Aurelio Musi: Antonio Gramsci
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'
1. INCONTRI. "FERMARE LA GUERRA CON LA FORZA DELLA NONVIOLENZA". UN INCONTRO DI RIFLESSIONE A VITERBO CON PAOLO ARENA
La sera di giovedi' 27 ottobre 2022 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera", si e' tenuto un incontro di riflessione sul tema: "Fermare la guerra con la forza della nonviolenza".
L'incontro si e' svolto nel piu' assoluto rispetto delle misure di sicurezza per prevenire e contrastare la diffusione del coronavirus.
All'incontro ha preso parte Paolo Arena.
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Una minima notizia su Paolo Arena
Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica, di storia linguistica dell'Italia contemporanea. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta. Cura il sito www.letterestrane.it
2. INIZIATIVE. PEACELINK, "CENTRO DI RICERCA PER LA PACE" DI VITERBO, MOVIMENTO NONVIOLENTO: 4 NOVEMBRE: NON FESTA MA LUTTO
4 novembre: non festa ma lutto
Proponiamo che il 4 novembre si svolgano commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, di ieri e di oggi.
Le commemorazioni devono essere un solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze:
per ridurre drasticamente le spese militari, per abolire le testate nucleari, per fermare le fabbriche di armi.
18 ottobre 2022
PeaceLink - "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo - Movimento Nonviolento
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Vogliamo prevenire le guerre di domani. Siamo contro le guerre di oggi. Non dimentichiamo le guerre di ieri.
Le guerre di oggi sono combattute con le armi costruite ieri. Le armi costruite oggi alimenteranno le guerre di domani.
Il disarmo, a partire da noi stessi (disarmo unilaterale), e' la strategia per costruire la pace.
Fare memoria delle guerre del passato e' doveroso per non ripetere gli stessi tragici errori.
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Sabato 5 novembre si terra' a Roma una grande manifestazione per la pace, promossa dal cartello "Europe for Peace", alla quale parteciperemo. Sara' una manifestazione popolare e di popolo che chiede: "Cessate il fuoco subito - Negoziato per la pace - Mettiamo al bando le armi nuclari - Solidarietà con le vittime di tutte le guerre".
Il giorno precedente, 4 novembre, ricorre l'anniversario della fine della Prima guerra mondiale, una "inutile strage" come disse il Pontefice di allora.
Tante altre "inutili stragi" seguirono, fino alla odierna strage in Ucraina. E' la guerra nel cuore dell'Europa, che prosegue da allora.
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La data del 4 novembre viene celebrata con continuita' dal fascismo fino ad oggi, per richiamare l'unita' dell'Italia sotto il segno della guerra e dell'esercito. "Giornata dell'Unita' Nazionale e delle Forze Armate" nell'anniversario della fine di un tragico conflitto che costò al nostro paese un milione e duecentomila morti (600.000 civili e 600.000 militari): per la prima volta nella storia a morire a causa della guerra non furono solo i militari al fronte, ma in pari numero i civili vittime di bombardamenti o di stenti, malattie, epidemie causate dalla guerra stessa.
Vogliamo ricordare e onorare quei morti rinnovando l'impegno contro ogni guerra e la sua preparazione, dunque contro le guerre di oggi, contro le armi costruite per le guerre di domani. Solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise.
Meno armi piu' difesa della vita, ridurre drasticamente le spese militari e devolvere i fondi per abolire la fame, la poverta', l'inquinamento del pianeta.
Per questo chiediamo una drastica riduzione delle spese militari che gravano sul bilancio dello stato italiano.
Per questo sosteniamo la richiesta che l'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la messa al bando delle armi nucleari.
Per questo sosteniamo la Campagna "Un'altra difesa e' possibile", che prevede l'istituzione di un Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta.
Pace, disarmo, smilitarizzazione. Tutela della vita degli umani e della Terra.
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Proponiamo che il 4 novembre si svolgano commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze. Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente.
Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.
Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.
Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perché convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.
Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.
Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
Solo la pace salva le vite. Salvare le vite e' il primo dovere.
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Movimento Nonviolento
per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. e fax: 0458009803, e-mail: an at nonviolenti.org, siti: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it
PeaceLink
per contatti: e-mail: info at peacelink.it, abruzzo at peacelink.it, sito: www.peacelink.it
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
per contatti: e-mail: centropacevt at gmail.com, web: mailing list nonviolenza at peacelink.it
3. DOCUMENTAZIONE. APPELLO DI CONVOCAZIONE DELLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE PER LA PACE DEL 5 NOVEMBRE A ROMA
[Riceviamo e diffondiamo]
Cessate il fuoco subito - negoziato per la pace
Mettiamo al bando tutte le armi nucleari
Solidarieta' con il popolo ucraino e con le vittime di tutte le guerre
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Manifestazione nazionale
Roma - sabato 5 novembre 2022 concentramento ore 12
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L'ombra della guerra atomica si stende sul mondo
La minaccia nucleare incombe sul mondo. E' responsabilita'̀ e dovere degli stati e dei popoli fermare questa follia. L'umanita' ed il pianeta non possono accettare che le contese si risolvano con i conflitti armati. La guerra ha conseguenze globali: e' la principale causa delle crisi alimentari mondiali, ancor piu' disastrose in Africa e Oriente, incide sul caro-vita, sulle fasce sociali piu' povere e deboli, determina scelte nefaste per il clima e la vita del pianeta. La guerra ingoia tutto e blocca la speranza di un avvenire piu' equo e sostenibile per le generazioni future.
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Questa guerra va fermata subito
Condanniamo l'aggressore, rispettiamo la resistenza ucraina, ci impegniamo ad aiutare, sostenere, soccorrere il popolo ucraino, siamo a fianco delle vittime. Siamo con chi rifiuta la logica della guerra e sceglie la nonviolenza.
L'inaccettabile invasione dell'Ucraina da parte della Russia ha riportato nel cuore dell'Europa la guerra che si avvia a diventare un conflitto globale tra blocchi militari con drammatiche conseguenze per la vita e il futuro dei popoli ucraino, russo e dell'Europa intera. Siamo vicini e solidali con la popolazione colpita, con i profughi, con i rifugiati costretti a fuggire, ad abbandonare le proprie case, il proprio lavoro, vittime di bombardamenti, violenze, discriminazioni, stupri, torture.
Questa guerra va fermata subito. Basta sofferenze. L'Italia, l'Unione Europea e gli stati membri, le Nazioni Unite devono assumersi la responsabilita' del negoziato per fermare l'escalation e raggiungere l'immediato cessate il fuoco. E' urgente lavorare ad una soluzione politica del conflitto, mettendo in campo tutte le risorse e i mezzi della diplomazia al fine di far prevalere il rispetto del diritto internazionale, portando al tavolo del negoziato i rappresentanti dei governi di Kiev e di Mosca, assieme a tutti gli attori necessari per trovare una pace giusta. Insieme con Papa Francesco diciamo: "Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili".
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L'umanita' ed il pianeta devono liberarsi dalla guerra
Chiediamo al Segretario Generale delle Nazioni Unite di convocare urgentemente una Conferenza Internazionale per la pace, per ristabilire il rispetto del diritto internazionale, per garantire la sicurezza reciproca e impegnare tutti gli Stati ad eliminare le armi nucleari, ridurre la spesa militare in favore di investimenti per combattere le poverta' e di finanziamenti per l'economia disarmata, per la transizione ecologica, per il lavoro dignitoso.
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Occorre garantire la sicurezza condivisa
Le guerre e le armi puntano alla vittoria sul nemico ma non portano alla pace: tendono a diventare permanenti ed a causare solo nuove sofferenze per le popolazioni. Bisogna invece far vincere la pace, ripristinare il diritto violato, garantire la sicurezza condivisa. Non esiste guerra giusta, solo la pace e' giusta. La guerra la fanno gli eserciti, la pace la fanno i popoli.
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L'Italia, la Costituzione, la societa' civile ripudiano la guerra. Insieme esigiamo che le nostre istituzioni assumano questa agenda di pace e si adoperino in ogni sede europea ed internazionale per la sua piena affermazione.
Cessate il fuoco subito, negoziato per la pace!
L'ONU convochi una Conferenza internazionale di pace
Mettiamo al bando tutte le armi nucleari
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Per adesioni: segreteria at retepacedisarmo.org
Per informazioni: www.sbilanciamoci.info/europe-for-peace/ - www.retepacedisarmo.org
4. REPETITA IUVANT. UNDICI TESI SULLA GUERRA IN EUROPA, E UNDICI COSE CHE DOBBIAMO FARE
1. La guerra scatenata dal folle e criminale governo russo contro la popolazione ucraina e' divenuta una guerra fra Stati Uniti e Russia in cui non solo la popolazione ucraina ma l'intera popolazione europea e' considerata da entrambe le parti vittima sacrificabile.
2. Il governo autocratico russo, un passo dopo l'altro, si inabissa sempre piu' in una spirale di follia che impedisce soluzioni concordate adeguate, che mentre all'inizio del conflitto erano agevolmente negoziabili, ora, dopo tanti mesi di guerra di sterminio della popolazione civile, tante stragi, tante devastazioni, tanti fatti compiuti irreversibili, diventano sempre piu' difficili.
3. Questa condotta tendenzialmente genocidaria che nell'agire della dirigenza russa e' apocalittica follia, nella dirigenza americana e' consapevole volonta' di distruzione dell'Europa.
4. L'Unione Europea e' ormai una colonia americana, e la Nato e' l'esercito di occupazione americano in Europa.
5. Il che significa che in Europa gli Stati Uniti d'America stanno adottando una politica di dominazione coloniale con la complicita', supina fino alla prostituzione, della quasi totalita' dei vertici governativi europei (e paradossalmente i soli che si oppongono sono a loro volta degli autocrati a capo di democrature).
6. Sic stantibus rebus si sta procedendo a tappe forzate verso una guerra totale, quindi nucleare, che puo' distruggere il continente e forse anche l'intera umanita'.
7. Il sabotaggio dei gasdotti, chiunque lo abbia commesso, recide uno degli ultimi legami tra Unione Europea e Federazione Russa: sulla base di quell'interesse economico comune si poteva cominciare a ricostruire un'azione politica e diplomatica di pace; i sabotaggi hanno distrutto questa residua possibilita'.
8. I cosiddetti "referendum" e la conseguente "annessione" di alcune regioni ucraine alla Federazione Russa sottraggono alla negoziazione possibile la materia su cui discutere; ergo: impediscono anch'essi l'avvio di un'azione politica e diplomatica di pace.
9. A questo punto giunti non ha piu' importanza stabilire se la guerra e' cominciata nel 2022 o nel 2014; la via prefigurata dagli accordi di Minsk e' definitivamente ostruita.
10. E non conta piu' stabilire se e quanto la leadership autocratica russa sia stata indotta all'attuale follia dalla politica aggressiva degli Usa e della Nato, se e quanto la dissoluzione della Confederazione di Stati Indipendenti succeduta all'URSS sia dipesa prevalentemente da interne spinte centrifughe o da pesanti condizionamenti esterni.
11. L'unica cosa che conta e' fermare la guerra, prima che la guerra distrugga altre vite, prima che la guerra distrugga l'Europa, prima che la guerra distrugga l'umanita'.
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E per fermare la guerra occorre che noi, persone sollecite del bene comune dell'umanita' che viviamo nei paesi europei, ci adoperiamo per:
I. l'immediata cessazione della fornitura di armi alla guerra;
II. l'immediata cessazione delle sanzioni che stanno favoreggiando la guerra e devastando l'economia e le condizioni di vita delle classi lavoratrici e popolari di tutti i paesi europei;
III. sostenere gli obiettori di coscienza, i renitenti alla leva, i disertori di tutte le parti in conflitto; sostenere tutte le persone che si rifiutano di uccidere;
IV. fornire adeguati aiuti umanitari a tutte le vittime della guerra sopravvissute;
V. sostituire immediatamente alla logica delle armi la difesa popolare nonviolenta;
VI. creare canali di dialogo e solidarieta' tra i popoli;
VII. contrastare la delirante retorica razzista promossa dalla propaganda guerrafondaia: i popoli non sono responsabili della criminale follia dei loro governi;
VIII. smascherare, denunciare e contrastare le menzogne di ogni propaganda guerriera;
IX. imporre ai governi europei di promuovere negoziati di pace guidati dall'Onu sulla base del ripristino dello status quo ante il 24 febbraio 2022;
X. imporre ai governi europei di porre il veto a qualunque ulteriore iniziativa della Nato e predisporre un percorso di scioglimento della Nato;
XI. proporre la nonviolenza come unica politica razionale, realistica e adeguata alla tragica situazione presente dell'umanita'.
5. MAESTRI. AURELIO MUSI: ANTONIO GRAMSCI
[Da Il Contributo italiano alla storia del pensiero – Storia e Politica (2013) nel sito www.treccani.it]
Tra i maggiori intellettuali italiani della prima meta' del Novecento, Antonio Gramsci fu uno dei fondatori del Partito comunista d'Italia (1921). Per le sue idee, all'avvento del fascismo, venne condannato a piu' di venti anni di carcere. Durante la reclusione, che lo porto' infine alla morte, scrisse un'assidua e amplissima serie di appunti e note, occasionali o programmate, piu' sparse o piu' unitarie, brevi e non brevi, notevoli per l'impegno e la portata della riflessione teorica e storica, in una prospettiva marxistica non scolastica, presentata, e non solo per ragioni di mascheramento imposto dal carcere, soprattutto come "filosofia della prassi". L'eredità intellettuale che egli pote' cosi' lasciare nei suoi 'quaderni carcerari' apparve in tutto il suo rilievo quando nel dopoguerra quei testi furono pubblicati e divennero un punto di riferimento del pensiero del tempo, facendo di lui uno dei massimi rinnovatori della cultura italiana postfascista, non senza una notevole importanza anche sul piano internazionale. In particolare, ebbero un'immediata e rilevante influenza le sue riflessioni sulla storia italiana del Risorgimento e dell'Unita'.
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La vita
Nato ad Ales (Cagliari) il 22 gennaio 1891, Antonio Gramsci dopo il liceo classico frequento' la facolta' di Lettere dell'Universita' di Torino. Iscritto al Partito socialista dal 1913, lavoro' come redattore al "Grido del popolo" e all'"Avanti!", prima di fondare, insieme a Palmiro Togliatti, Umberto Terracini e Angelo Tasca, il settimanale "L'Ordine nuovo", nel 1919; due anni dopo, partecipo' alla fondazione del Partito comunista d'Italia (PCd'I).
Nel 1922, entrato a far parte dell'Esecutivo del Komintern, Gramsci si trasferi' a Mosca, dove conobbe Julija Schucht, che sarebbe divenuta sua moglie. Nel 1924, fondato il quotidiano "L'Unita'", torno' in Italia come deputato e, nell'agosto dello stesso anno, divenne segretario del PCd'I. Arrestato nel 1926, nel 1928 fu condannato a piu' di venti anni di reclusione, che sconto' prevalentemente nel carcere di Turi (Bari), dove ebbe inizio la stesura dei suoi Quaderni, cui si dedico' fino alla meta' del 1935. Durante il carcere fini' per trovarsi in discussioni e dissensi con il suo stesso partito, allora del tutto condizionato dalla sua obbedienza stalinista. Nel 1934, a causa delle cattive condizioni di salute, era stato trasferito in una clinica di Formia, ottenendo in seguito la liberta' condizionata. Mori' a Roma, nella clinica Quisisana, il 27 aprile 1937.
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Storico europeo e italiano
La biografia intellettuale di Gramsci presenta, fra gli altri, un carattere che, generalmente, viene scarsamente considerato nella vastissima letteratura gramsciana: egli e' stato, infatti, uno storico europeo e italiano al tempo stesso, perche' ha saputo collocarsi in un orizzonte e una sensibilita' internazionali, comuni a molti intellettuali dei primi decenni del XX sec., riflettendo con originalita' sui problemi della storia nazionale. Ci si riferisce qui a un orizzonte in cui il nesso fra storia e vita, tra passato e presente e' stato al centro dell'attenzione e dell'interesse di molti studiosi: basti pensare alla cultura storicistica, a intellettuali come Max Weber ed Ernst Troeltsch, al rinnovamento storiografico prodotto dalla rivista "Annales" in Francia (penso in particolare a Marc Bloch), a Benedetto Croce. Il concetto di vita non e' stato naturalisticamente inteso, ben s'intende, ma profondamente calato nella realta' storica, rivelandosi solo cosi' capace di restituire i suoi molteplici significati, tutti declinati nella sua dimensione spazio-temporale in grado di assumere il posto centrale in una considerazione integrale, priva di steccati disciplinari, della conoscenza umana. Il concetto di storia contemporanea in Croce appartiene precisamente a questo contesto, a questo spirito del tempo in cui il rapporto passato-presente e' trasfigurato dal pensiero dell'attualita' della vita nell'atto in cui riflette su un fatto, un problema, un processo storico. E le categorie, i modelli, le concettualizzazioni non sono astrazioni, ma intimamente calati nella realta' storica che vogliono rappresentare.
Gramsci ha dato un contributo di grande rilievo in questa direzione: la filosofia della prassi e' stato il suo modo di tradurre e interpretare il rapporto tra vita e storia; la formulazione di categorie quali blocco storico, egemonia, rivoluzione passiva, moderno principe e cosi' via ha trovato la sua legittimazione solo nella considerazione storica, a sua volta funzionale all'azione politica.
Gramsci europeo, dunque, ma a partire dalla considerazione della storia italiana, unitariamente intesa dal Medioevo all'Ottocento, che assorbe quasi integralmente la sua attivita' di storico. Il problema politico del Risorgimento e' allora centrale nella prospettiva gramsciana. Il dirigente comunista individua "il blocco storico delle forze conservatrici, cogliendone la chiusura economico-corporativa come prosecuzione di un'antica stratificazione che aveva posto limiti precisi alla funzione svolta da esse nel Risorgimento"; identifica altresi' "gli elementi costitutivi di un nuovo blocco storico che le circostanze della vita italiana nel periodo post-risorgimentale avevano gia' variamente mobilitato sulla scena politica nazionale e che si trattava ora di coordinare in stretta unita' e di rendere consapevoli del loro compito" (Galasso 1978, p. 168).
Se questa e' la caratterizzazione storico-politica del discorso di Gramsci, non appaiono condivisibili quelle interpretazioni che ne prescindono completamente. Un esempio in tale direzione e' l'opera di Alberto Burgio (2003). Egli ritiene che Gramsci si dedicherebbe all'analisi storica solo per capire il funzionamento delle singole formazioni sociali, in particolare di quella capitalistica. L'approccio strutturalista, che considera i concetti gramsciani astrazioni decontestualizzate, induce l'autore a una critica radicale dell'interpretazione storicista. Nei Quaderni sarebbe allora contenuta per Burgio una teoria critica della modernita'.
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Il problema del Risorgimento
Il Quaderno 19, scritto da Gramsci tra il 1934 e il 1935, e' pressoche' interamente dedicato al Risorgimento. A dimostrazione del fatto che egli e' dotato di una robusta coscienza storica, di una straordinaria lucidita' nella progettazione intellettuale e che considera la prospettiva unitaria di lungo periodo fondamentale nella vicenda italiana, e' il punto di partenza dell'analisi: un progetto di ricerca e una proposta di periodizzazione.
Una doppia serie di ricerche. Una sull'eta' del Risorgimento e una seconda sulla precedente storia che ha avuto luogo nella penisola italiana, in quanto ha creato elementi culturali che hanno avuto una ripercussione nell'Eta' del Risorgimento (ripercussione positiva e negativa) e continuano a operare (sia pure come dati ideologici di propaganda) anche nella vita nazionale italiana cosi' come e' stata formata dal Risorgimento. Questa seconda serie dovrebbe essere una raccolta di saggi su quelle epoche della storia europea e mondiale che hanno avuto un riflesso sulla penisola (A. Gramsci, Quaderni del carcere, ed. critica a cura di V. Gerratana, 1975, p. 1959).
Gli esempi a questo riguardo non sono saggi separati, ma formano un itinerario periodizzante: dai significati della parola Italia nei tempi diversi; al passaggio dalla Repubblica all'impero romano che modifica radicalmente "la posizione relativa di Roma e della penisola nell'equilibrio del mondo classico, togliendo all'Italia l'egemonia territoriale e trasferendo la funzione egemonica a una classe imperiale cioe' supernazionale" (p. 1959); al Medioevo o eta' dei Comuni "in cui si costituiscono molecolarmente i nuovi gruppi sociali cittadini, senza che il processo raggiunga la fase piu' alta di maturazione come in Francia, in Ispagna, ecc." (p. 1960); all'eta' del mercantilismo e delle monarchie assolute, che per l'Italia ha una scarsa portata nazionale perche' essa e' soggetta a potenze straniere, "mentre nelle grandi nazioni europee i nuovi gruppi sociali cittadini, inserendosi potentemente nella struttura statale a tendenza unitaria, rinvigoriscono la struttura stessa e l'unitarismo, introducono un nuovo equilibrio nelle forze sociali e si creano le condizioni di uno sviluppo rapidamente progressivo" (p. 1960).
Tutte le questioni trattate – e si ribadisce cosi' la premessa di queste note sul nesso vita-storia – "saranno presentate come viventi e operanti anche nel presente, come forze in movimento, sempre attuali" (p. 1960).
Dopo aver discusso la letteratura sulle origini, Gramsci passa alle interpretazioni del Risorgimento. Una prima serie e' di carattere politico immediato, ideologico e non storico. Gramsci distingue "un gruppo di interpretazioni in senso stretto", da Alfredo Oriani a Mario Missiroli, Piero Gobetti e Guido Dorso, un "gruppo di carattere piu' sostanziale e serio" come quelle di Croce, Arrigo Solmi, Luigi Salvatorelli, le interpretazioni di Curzio Malaparte e Carlo Curcio. Un altro gruppo importante e' costituito dai libri di Gaetano Mosca, Pasquale Turiello, Luigi Zini, Giorgio Arcoleo e gli articoli apparsi sulla "Nuova antologia": e' una letteratura conseguenza della caduta della Destra storica, dell'avvento al potere della Sinistra e delle innovazioni 'di fatto' introdotte nel regime costituzionale per avviarlo a una forma di regime parlamentare.
I caratteri comuni a tutta questa letteratura secondo Gramsci sono i seguenti: la pretesa di trovare un'unita' nazionale, almeno di fatto, da Roma al periodo contemporaneo, riflesso di una "torbida volonta' di credere, un elemento di fanatismo ideologico che deve risanare le debolezze di struttura e impedire un temuto tracollo"; l'eccessiva importanza attribuita agli intellettuali "piccoli borghesi in confronto delle classi economiche arretrate e politicamente incapaci"; la "storia feticistica", per cui "diventano protagonisti della storia personaggi astratti e mitologici" (Quaderni del carcere, cit., pp. 1979-80).
Il problema di ricercare le origini storiche di un evento concreto e circostanziato, la formazione dello Stato moderno italiano nel secolo XIX, viene trasformato in quello di vedere questo Stato, come Unita' o come Nazione o genericamente come Italia, in tutta la storia precedente cosi' come il pollo deve esistere nell'uovo fecondato (p. 1981).
In un altro luogo dello stesso Quaderno, Gramsci stigmatizza la storia come biografia nazionale. Essa scambia il desiderio con la realta', pensa l'Italia come qualcosa di astratto e concreto allo stesso tempo "come la bella matrona delle oleografie popolari, che influiscono piu' che non si creda nella psicologia di certi strati del popolo positivamente e negativamente (ma sempre in modo irrazionale), come la madre di cui gli italiani sono i figli. Con un passaggio che sembra brusco e irrazionale, ma ha indubbiamente efficacia, la biografia della madre si trasforma nella biografia collettiva dei figli buoni, contrapposti ai figli degeneri, deviati, ecc." (p. 2069).
Presentazione doppiamente antistorica: perche' contraddice la realta' e perche' sminuisce la figura e l'originalita' degli uomini del Risorgimento. Ma la critica di Gramsci si abbatte pure su L'Eta' del Risorgimento italiano (1931) di Adolfo Omodeo: un'untuosa santificazione del periodo liberale. Il difetto maggiore di tutte queste interpretazioni e' il loro carattere ideologico: non suscitano forze politiche attuali, non aiutano "le forze in isviluppo a divenire piu' consapevoli di se stesse e quindi piu' concretamente attive e fattive" (pp. 1983-84). Come ha notato Galasso, Gramsci non accetta qui l'interpretazione del Risorgimento in termini di "conquista regia": "egli coglie perfettamente il significato di ammodernamento e di liberazione delle energie nazionali connesso intimamente alla grande pagina di storia vissuta dall'Italia nel secolo XIX" (Galasso 1978, p. 127).
E valuta adeguatamente lo sforzo compiuto dagli uomini del Risorgimento sia verso i nemici esterni sia verso quelli interni che si opponevano all'unificazione.
Non e' possibile vedere in Gramsci sic et simpliciter uno dei tanti revisionisti del Risorgimento, uno degli episodi di quel processo al Risorgimento di cui si e' tanto parlato. Il processo ci sembra, invece, che Gramsci lo faccia non al Risorgimento, e neppure alla soluzione risorgimentale, della cui necessita' e positivita' storica nelle condizioni date egli si rende pienamente conto, bensi' al partito d'azione, da un lato, e alla politica dello Stato italiano unitario, post-risorgimentale, dall'altro lato (Galasso 1978, p. 129).
E' questa posizione che spiega anche l'oscillazione esistente fra la critica all'interpretazione del Risorgimento inteso come "conquista regia" in alcuni luoghi, quelli nei quali viene discussa la letteratura risorgimentale, e la sua sostanziale accettazione in altri. Diventa allora centrale nell'intera riflessione storica di Gramsci "il problema della direzione politica nella formazione e nello sviluppo della nazione e dello Stato moderno in Italia. Tutto il problema della connessione tra le varie correnti politiche del Risorgimento, cioe' dei loro rapporti reciproci e dei loro rapporti con i gruppi sociali omogenei o subordinati esistenti nelle varie sezioni (o settori) storiche del territorio nazionale, si riduce a questo dato di fatto fondamentale: i moderati rappresentavano un gruppo sociale relativamente omogeneo, per cui la loro direzione subi' oscillazioni relativamente limitate (e in ogni caso secondo una linea di sviluppo organicamente progressivo), mentre il cosi' detto Partito d'Azione non si appoggiava specificamente a nessuna classe storica e le oscillazioni subite dai suoi organi dirigenti in ultima analisi si componevano secondo gli interessi dei moderati: cioe' storicamente il Partito d'Azione fu guidato dai moderati" (Quaderni del carcere, cit., p. 2010).
E' questo il punto centrale dell'analisi di Gramsci non solo per il merito e per il contenuto, ma anche per il metodo. Egli infatti, proprio in relazione al rapporto tra moderati e Partito d'azione, precisa il significato di due concetti che usera' largamente nelle sue argomentazioni: gruppo sociale dominante e gruppo sociale dirigente. Il dominio e' esercitato sui gruppi avversari anche con la forza armata, la direzione intellettuale e morale sui gruppi affini e alleati. Ma "un gruppo sociale puo' e anzi deve essere dirigente gia' prima di conquistare il potere governativo (e' questa una delle condizioni principali per la stessa conquista del potere); dopo, quando esercita il potere e anche se lo tiene fortemente in pugno, diventa dominante, ma deve continuare ad essere anche dirigente. I moderati continuarono a dirigere il Partito d'Azione anche dopo il 1870 e il 1876 e il cosi' detto trasformismo non e' stato che l'espressione parlamentare di questa azione egemonica intellettuale, morale e politica" (pp. 2010-11).
Altro concetto, utilizzato non in astratto, ma per comprendere l'egemonia moderata, e' quello di apparato: cioe' il meccanismo, l'insieme di strumenti di esercizio dell'egemonia che, nel caso dei moderati, furono liberali, cioe' individuali e privati, non mediati da un programma di partito, ma perfettamente adeguati ai gruppi sociali rappresentati "di cui i moderati erano il ceto dirigente, gli intellettuali in senso organico" (p. 2011). I moderati esercitarono un potere di attrazione che il Partito d'azione non poteva avere. Esso sarebbe potuto diventare una forza autonoma solo se fosse riuscito a contrapporsi con "un programma organico di governo che riflettesse le rivendicazioni essenziali delle masse popolari, in primo luogo dei contadini: all'attrazione spontanea esercitata dai moderati avrebbe dovuto contrapporre una resistenza e una controffensiva organizzate secondo un piano" (p. 2013).
Giuseppe Galasso si e' posto la domanda su che cosa rimanga della critica di Gramsci al Partito d'azione. Egli ha individuato una tensione non risolta nel pensiero storico di Gramsci "tra i due poli di un ragionamento strettamente storiografico, da un lato, e di una petizione di principio su una possibilita' non sfruttata dai protagonisti, dall'altro lato" (Galasso 1978, p. 144). Al primo polo c'e' la valutazione positiva, storicistica, del moto risorgimentale, in particolare dell'azione svolta dai moderati soggettivamente e nelle condizioni date. Al secondo polo Gramsci denuncia per principio e condanna l'azione svolta dalla sinistra risorgimentale per "un motivo profondo ed essenziale di insoddisfazione e di ripulsa per tutto il corso preso dalla storia nazionale nel punto che costituisce il centro degli interessi storiografici di Gramsci" (Galasso 1978, p. 144).
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Storia/filosofia, storia/politica
I motivi di questa tensione bipolare si comprendono alla luce della considerazione dei rapporti fra storia e filosofia, filosofia e politica. Gramsci va oltre Croce: egli accetta la sua idea della contemporaneita' della storia, ma prospetta una piu' radicale identita' tra storia e politica realizzata, non fallita. Se il politico e' uno storico che opera nel presente interpretando il passato, allora lo storico e' un politico. Gramsci allarga quindi la portata della formula crociana. Ma bisogna rendersi conto che "quando il Croce parla degli elementi che determinano la contemporaneita' della storia, parla di interessi della vita morale (in cui la politica e' assorbita e risolta) o culturale; quando, invece, ne parla Gramsci, parla di interessi immediati della vita politica e sociale in senso stretto" (Galasso 1978, pp. 147-48).
Se nel discorso storico di Gramsci l'interesse per la politica determina un'innegabile tensione, che spesso resta irrisolta e provoca contraddizioni, oscillazioni, incertezze, va comunque riaffermata, al di la' di essa, "una profonda unita' metodologica e culturale del pensiero di Gramsci, se si tengono presenti i suoi concetti di fondazione scientifica dell'azione politica e di rapporto tra politica e storia. In ultima analisi, quindi, l'intero discorso storico-politico di Gramsci non esce fuori dal quadro del discorso storico e le implicazioni di teoria politica e gli schemi di azione politica che Gramsci ne trae non pretendono e non sono riducibili ad un significato o valore concettuali diversi da quelli dei canoni di ricerca storica che Gramsci pure evince dallo stesso discorso" (Galasso 1978, p. 219).
E' qui dunque il carattere autenticamente rivoluzionario dello storicismo gramsciano e del suo progetto filosofico come "gnoseologia della politica" (Buci-Glucksmann 1975; trad. it. 1976, p. 172). Anche la critica del concetto di ideologia sia come "illusione" nel senso crociano, sia come "sistema di idee" che riproduce la struttura economico-sociale secondo l'interpretazione deterministica, soprattutto di Nikolaj I. Bucharin, si collega al discorso storico-politico che approda al valore attivo delle ideologie. La rifondazione di Gramsci parte dalla critica al positivismo e al meccanicismo nella doppia versione del revisionismo idealistico (Georges Sorel e Croce) e del revisionismo del marxismo ufficiale. Il suo obiettivo e' quello di colmare il vuoto di una reale tradizione ideologica e culturale di massa a partire da una ricognizione puntuale del terreno nazionale, del Risorgimento e della formazione dello Stato unitario. Questa ricognizione e' propedeutica alla lotta contro il blocco storico dominante che ha proseguito l'azione dei moderati vittoriosi nel confronto risorgimentale. Ecco perche' Croce, in quanto chiave intellettuale di volta di questo blocco, diventa l'interlocutore privilegiato di Gramsci.
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Nord e Sud
L'insoddisfazione della linea del meridionalismo classico, che giunge, pur con profonde novita', fino a Francesco Saverio Nitti, e che puo' essere sintetizzata nel mito del buon governo e dell'industrializzazione promossa dall'intervento statale, fu fortemente messa in discussione dai partigiani della 'rivoluzione meridionale': Gaetano Salvemini, Dorso, Gramsci. Pur da posizioni di partenza diverse, – il primo socialista sui generis, il secondo erede e originale interprete del pensiero democratico, il terzo cofondatore del Partito comunista italiano nel 1921 e maggiore esponente del marxismo teorico italiano – essi rivendicarono l'esigenza di una piu' attiva partecipazione delle elites e delle masse per portare a soluzione la questione meridionale.
Per Salvemini solo con una politicizzazione generale delle masse, e cioe' dei contadini meridionali, e con l'identificazione di una strategia di alleanza di classe nel resto del Paese si poteva aggredire la questione meridionale considerata soprattutto una questione di potere. L'analisi piu' originale riguardava proprio quest'ultimo punto. Una grande proprieta' latifondistica, generalmente in mano alla vecchia aristocrazia feudale e alla grande borghesia agraria fusasi con essa, deteneva tanto la maggiore ricchezza quanto l'effettivo potere. Questa classe si era strettamente alleata con il capitalismo settentrionale, garantendo a esso l'appoggio incondizionato della rappresentanza parlamentare meridionale alla sua politica, soprattutto in materia finanziaria e doganale, a cui l'industria settentrionale era legata da un interesse vitale. In cambio i latifondisti meridionali ricevevano carta bianca per la loro azione oppressiva nel Mezzogiorno e pieno sostegno per i loro interessi, che si trattasse sia di contratti agrari sia di dazio sul grano. Dunque, il proletariato rurale meridionale, alleato con il proletariato industriale del Nord, doveva essere il protagonista della sua emancipazione.
Dorso affidava invece alla "borghesia umanistica", al ceto intellettuale, al decentramento e al self government il compito di disfare il blocco agrario meridionale e liberare le masse contadine dal suo potere.
Gramsci, dopo aver criticato il Risorgimento e le modalita' di realizzazione dell'Unita' italiana, identificando entrambi con una "rivoluzione agraria mancata", riprendeva l'indicazione di Salvemini, relativa all'alleanza tra contadini del Sud e operai del Nord, ma con finalita' strategiche completamente diverse. Per Salvemini quell'alleanza doveva servire a fondare una democrazia rurale di piccoli proprietari nel Sud e a liberare la classe operaia settentrionale da una struttura industriale fondata sui monopoli e sul protezionismo: dunque democrazia rurale e spazio alla libera concorrenza interna e internazionale. Per Gramsci quell'alleanza doveva invece servire a distruggere l'intero sistema per costruire il socialismo. Secondo Gramsci il proletariato avrebbe distrutto il blocco agrario meridionale nella misura in cui fosse riuscito, attraverso il suo partito, a organizzare in formazioni autonome e indipendenti masse di contadini poveri. E sarebbe riuscito in tale compito anche in relazione alla sua capacita' di disgregare il blocco intellettuale, armatura flessibile, ma resistentissima del blocco agrario.
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Passato e presente
Qual e' il significato complessivo della meditazione storica di Gramsci?
La meditazione di Gramsci sul Risorgimento e' e vuole essere politica, impostazione cioe' di un discorso sulle forze dominanti nella societa' italiana e su quelle che ad esse si oppongono; una politica costruita scientificamente, ossia sulla critica scientifica di tutto il passato (Galasso 1978, p. 153).
Il presente e' allora critica del passato e suo superamento: decide cio' che e' vivo e cio' che e' morto. L'esaurimento storico si riconosce non da fattori contingenti, "ma deve corrispondere alle componenti di fondo della storia e della tradizione nazionale che sono attive nel momento in cui ci si volge al passato. A questo punto il circolo dei pensieri di Gramsci appare completo. Egli si volge alla storia del Risorgimento perche' non crede in un'azione politica che non scaturisca dalla intelligenza storica; e critica il Risorgimento, non nella prospettiva del processo al Risorgimento alla Missiroli o alla Gobetti, bensi' nella prospettiva di cio' che il presente dimostra non piu' attuale, e quindi da poter essere gettato via, dell'opera delle generazioni precedenti" (Galasso 1978, p. 134).
Il cinquantennio unitario e', da questo punto di vista, la cartina di tornasole del pensiero storico di Gramsci. Il trasformismo e' considerato dal dirigente sardo la continuazione, ma anche il deterioramento dell'azione egemonica dei moderati, che hanno trasformato l'egemonia in dominio, decapitando le elites nemiche. Francesco Crispi e' il vero uomo della nuova borghesia, non l'anticipatore del nazionalfascismo, ma un esponente del Risorgimento che spinge in avanti la societa' italiana. Lucido e' anche il giudizio sul giolittismo: continuita' con Crispi, da un lato, ma piu' larga partecipazione alla vita statale attraverso il parlamento, con un approfondimento del solco tra Nord e Sud del Paese. A cinquant'anni di distanza dall'Unita', l'esaurimento storico per Gramsci e' pienamente evidente: "il mantenimento del blocco industriale-agrario attraverso cinquant'anni di storia italiana unitaria e' esso ad inficiare la soluzione risorgimentale, non gia' una insufficienza intrinseca della soluzione stessa [...] E' il presente a dar luce al passato, ma questa luce va proiettata sull'intero arco storico delle forze in campo, e non soltanto sull'arco della loro funzione di forze dominanti" (Galasso 1978, p. 155).
Alla luce delle precedenti considerazioni appare ancor piu' chiara l'unitarieta' della storia italiana nel senso a essa attribuito da Gramsci. A partire dal comune medievale come fase economico-corporativa dello Stato, la funzione storica della prima borghesia italiana, la funzione direttiva della citta' in epoca comunale, la critica serrata alla retorica degli storici e all'esaltazione della 'liberta'' cittadina. Il cosmopolitismo degli intellettuali si accentua poi nell'epoca della Controriforma, caratterizzata dall'assenza di un moderno Stato-nazione in Italia, anche per il dominio di potenze straniere, a differenza di altre realta' europee. Con queste premesse, il Risorgimento, positivo come soluzione unitaria, mostra tuttavia i limiti di una rivoluzione mancata per le responsabilita' del Partito d'azione, per non aver affrontato la questione agraria, per aver approfondito le distorsioni fra citta' e campagna nel cinquantennio unitario.
"Il programma di Giolitti e dei liberali democratici tendeva a creare nel Nord un blocco urbano di industriali e operai che fosse la base di un sistema protezionistico e rafforzasse l'economia e l'egemonia settentrionale. Il Mezzogiorno era ridotto a un mercato di vendita semicoloniale, a una fonte di risparmio e di imposte ed era tenuto disciplinato con due serie di misure: misure poliziesche di repressione spietata di ogni movimento di massa con gli eccidi periodici di contadini [...]; misure poliziesche-politiche: favori personali al ceto degli intellettuali o paglietta, sotto forma di impieghi nelle pubbliche amministrazioni, di permessi di saccheggio impunito delle amministrazioni locali, di una legislazione ecclesiastica applicata meno rigidamente che altrove" (Quaderni del carcere, cit., pp. 2038-39).
Un ragionamento dunque che va dal presente al passato, perche' la storia e' politica attuale in nuce: "una storia non di ipotesi, ma di realta' che scaturiscono dal conoscere cio' che del passato e' vivo e cio' che e' morto, cio' che puo' essere gettato via e cio' che deve essere conservato" (Galasso 1978, pp. 156-57).
Aver concentrato l'attenzione sui problemi della storia italiana non puo' indurre a dimenticare che Gramsci ci ha lasciato pagine illuminanti su tanti altri temi di storia europea ed extraeuropea, con spunti che meriterebbero oggi ulteriori riprese e approfondimenti. Non si tratta di osservazioni che scaturiscono dall'erudizione, pur straordinaria se si tien conto delle condizioni in cui svolse attivita' intellettuale il dirigente politico. Colpisce soprattutto la formidabile capacita' di intuizione e la sensibilita' a utilizzare la prospettiva comparativa nell'analisi dei processi storici. Basta scorrere l'indice analitico dell'edizione critica dei Quaderni per averne significative conferme.
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Opere
Lettere dal carcere, a cura di S. Caprioglio, E. Fubini, Torino 1965.
Socialismo e fascismo. L’Ordine nuovo 1921-1922, Torino 1966.
La costruzione del Partito comunista 1923-1926, Torino 1971.
Quaderni del carcere, Edizione critica dell'Istituto Gramsci a cura di V. Gerratana, 4 voll., Torino 1975.
Cronache torinesi 1913-1917, a cura di S. Caprioglio, Torino 1980.
La citta' futura 1917-1918, a cura di S. Caprioglio, Torino 1982.
Il nostro Marx 1918-1919, a cura di S. Caprioglio, Torino 1984.
L'Ordine Nuovo 1919-1920, a cura di V. Gerratana, A.A. Santucci, Torino 1987.
Lettere 1908-1926, a cura di A.A. Santucci, Torino 1992.
A. Gramsci, T. Schucht, Lettere 1926-1935, a cura di A. Natoli, C. Daniele, Torino 1997.
Quaderni di traduzioni (1929-1932), a cura di G. Cospito, G. Francioni, Edizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci, 2 voll., Roma 2007.
Epistolario, 1, gennaio 1906-dicembre 1922, a cura di D. Bidussa, F. Giasi, G. Luzzatto Voghera et al., Edizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci, Roma 2009.
Quaderni del carcere, Edizione anastatica dei manoscritti, a cura di G. Francioni, 18 voll., Roma 2009.
Epistolario, 2, gennaio-novembre 1923, a cura di D. Bidussa, F. Giasi, M.L. Righi, Edizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci, Roma 2011.
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Bibliografia
E. Garin, Intellettuali italiani del XX secolo, Roma 1974.
Ch. Buci-Glucksmann, Gramsci et l'Etat: pour une theorie materialiste de la philosophie, Paris 1975 (trad. it. Roma 1976).
P. Spriano, Gramsci e Gobetti. Introduzione alla vita e alle opere, Torino 1977.
A. Baldan, Gramsci come storico. Studio sulle fonti dei "Quaderni del carcere", Bari 1978.
G. Galasso, Croce, Gramsci e altri storici, Milano 1978, pp. 116-248.
L. Mangoni, La genesi delle categorie storico-politiche nei "Quaderni del carcere", "Studi storici", 1987, 28, pp. 565-79.
E. Garin, Gramsci nella cultura italiana, in Id., La filosofia come sapere storico, Roma-Bari 1990.
A. Burgio, Gramsci storico. Una lettura dei "Quaderni del carcere", Roma-Bari 2003.
M. Filippini, Gramsci storico. Una lettura dei "Quaderni del carcere", "Historical materialism", 2009, 17, pp. 261-71.
6. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- AA. VV., L'era della disinformazione, Le Scienze, Roma 2022, pp. 144, in supplemento a "Le Scienze".
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Riletture
- Paul Roazen, Freud e i suoi seguaci, Einaudi, Torino 1998, pp. XLVI + 658.
- Silvia Vegetti Finzi, Storia della psicoanalisi, Mondadori, Milano 1986, 1994, pp. XIV + 454.
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Riedizioni
- Alan Booth, Sata, Vallardi, Milano 2020, Rcs, Milano 2022, pp. 360, euro 7,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
8. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4637 del 29 ottobre 2022
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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