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[Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 610
- Subject: [Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 610
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Thu, 27 Oct 2022 06:07:09 +0200
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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 610 del 27 ottobre 2022
In questo numero:
1. Pace subito
2. PeaceLink, "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, Movimento Nonviolento: 4 novembre: non festa ma lutto
3. Appello di convocazione della manifestazione nazionale per la pace del 5 novembre a Roma
4. Ripetiamo ancora una volta...
5. Vera Politkovskaja: La lezione di Anna Politkovskaja: chiamare le cose con il loro nome
6. Mariantonietta Antelli presenta "Che c'entriamo noi" a cura di Alessandra Dino e Gisella Modica
7. Liliana Moro presenta "La storia nell'ombra" di Brunella Campea
8. Maria Luisa Boccia: Carla Lonzi
1. L'ORA. PACE SUBITO
Cessare di uccidere.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Pace subito.
Salvare le vite e' il primo dovere.
2. INIZIATIVE. PEACELINK, "CENTRO DI RICERCA PER LA PACE" DI VITERBO, MOVIMENTO NONVIOLENTO: 4 NOVEMBRE: NON FESTA MA LUTTO
4 novembre: non festa ma lutto
Proponiamo che il 4 novembre si svolgano commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, di ieri e di oggi.
Le commemorazioni devono essere un solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze:
per ridurre drasticamente le spese militari, per abolire le testate nucleari, per fermare le fabbriche di armi.
18 ottobre 2022
PeaceLink - "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo - Movimento Nonviolento
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Vogliamo prevenire le guerre di domani. Siamo contro le guerre di oggi. Non dimentichiamo le guerre di ieri.
Le guerre di oggi sono combattute con le armi costruite ieri. Le armi costruite oggi alimenteranno le guerre di domani.
Il disarmo, a partire da noi stessi (disarmo unilaterale), e' la strategia per costruire la pace.
Fare memoria delle guerre del passato e' doveroso per non ripetere gli stessi tragici errori.
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Sabato 5 novembre si terra' a Roma una grande manifestazione per la pace, promossa dal cartello "Europe for Peace", alla quale parteciperemo. Sara' una manifestazione popolare e di popolo che chiede: "Cessate il fuoco subito - Negoziato per la pace - Mettiamo al bando le armi nuclari - Solidarietà con le vittime di tutte le guerre".
Il giorno precedente, 4 novembre, ricorre l'anniversario della fine della Prima guerra mondiale, una "inutile strage" come disse il Pontefice di allora.
Tante altre "inutili stragi" seguirono, fino alla odierna strage in Ucraina. E' la guerra nel cuore dell'Europa, che prosegue da allora.
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La data del 4 novembre viene celebrata con continuita' dal fascismo fino ad oggi, per richiamare l'unita' dell'Italia sotto il segno della guerra e dell'esercito. "Giornata dell'Unita' Nazionale e delle Forze Armate" nell'anniversario della fine di un tragico conflitto che costò al nostro paese un milione e duecentomila morti (600.000 civili e 600.000 militari): per la prima volta nella storia a morire a causa della guerra non furono solo i militari al fronte, ma in pari numero i civili vittime di bombardamenti o di stenti, malattie, epidemie causate dalla guerra stessa.
Vogliamo ricordare e onorare quei morti rinnovando l'impegno contro ogni guerra e la sua preparazione, dunque contro le guerre di oggi, contro le armi costruite per le guerre di domani. Solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise.
Meno armi piu' difesa della vita, ridurre drasticamente le spese militari e devolvere i fondi per abolire la fame, la poverta', l'inquinamento del pianeta.
Per questo chiediamo una drastica riduzione delle spese militari che gravano sul bilancio dello stato italiano.
Per questo sosteniamo la richiesta che l'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la messa al bando delle armi nucleari.
Per questo sosteniamo la Campagna "Un'altra difesa e' possibile", che prevede l'istituzione di un Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta.
Pace, disarmo, smilitarizzazione. Tutela della vita degli umani e della Terra.
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Proponiamo che il 4 novembre si svolgano commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze. Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente.
Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.
Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.
Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perché convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.
Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.
Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
Solo la pace salva le vite. Salvare le vite e' il primo dovere.
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Movimento Nonviolento
per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. e fax: 0458009803, e-mail: an at nonviolenti.org, siti: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it
PeaceLink
per contatti: e-mail: info at peacelink.it, abruzzo at peacelink.it, sito: www.peacelink.it
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
per contatti: e-mail: centropacevt at gmail.com, web: mailing list nonviolenza at peacelink.it
3. DOCUMENTAZIONE. APPELLO DI CONVOCAZIONE DELLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE PER LA PACE DEL 5 NOVEMBRE A ROMA
[Riceviamo e diffondiamo]
Cessate il fuoco subito - negoziato per la pace
Mettiamo al bando tutte le armi nucleari
Solidarieta' con il popolo ucraino e con le vittime di tutte le guerre
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Manifestazione nazionale
Roma - sabato 5 novembre 2022 concentramento ore 12
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L'ombra della guerra atomica si stende sul mondo
La minaccia nucleare incombe sul mondo. E' responsabilita'̀ e dovere degli stati e dei popoli fermare questa follia. L'umanita' ed il pianeta non possono accettare che le contese si risolvano con i conflitti armati. La guerra ha conseguenze globali: e' la principale causa delle crisi alimentari mondiali, ancor piu' disastrose in Africa e Oriente, incide sul caro-vita, sulle fasce sociali piu' povere e deboli, determina scelte nefaste per il clima e la vita del pianeta. La guerra ingoia tutto e blocca la speranza di un avvenire piu' equo e sostenibile per le generazioni future.
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Questa guerra va fermata subito
Condanniamo l'aggressore, rispettiamo la resistenza ucraina, ci impegniamo ad aiutare, sostenere, soccorrere il popolo ucraino, siamo a fianco delle vittime. Siamo con chi rifiuta la logica della guerra e sceglie la nonviolenza.
L'inaccettabile invasione dell'Ucraina da parte della Russia ha riportato nel cuore dell'Europa la guerra che si avvia a diventare un conflitto globale tra blocchi militari con drammatiche conseguenze per la vita e il futuro dei popoli ucraino, russo e dell'Europa intera. Siamo vicini e solidali con la popolazione colpita, con i profughi, con i rifugiati costretti a fuggire, ad abbandonare le proprie case, il proprio lavoro, vittime di bombardamenti, violenze, discriminazioni, stupri, torture.
Questa guerra va fermata subito. Basta sofferenze. L'Italia, l'Unione Europea e gli stati membri, le Nazioni Unite devono assumersi la responsabilita' del negoziato per fermare l'escalation e raggiungere l'immediato cessate il fuoco. E' urgente lavorare ad una soluzione politica del conflitto, mettendo in campo tutte le risorse e i mezzi della diplomazia al fine di far prevalere il rispetto del diritto internazionale, portando al tavolo del negoziato i rappresentanti dei governi di Kiev e di Mosca, assieme a tutti gli attori necessari per trovare una pace giusta. Insieme con Papa Francesco diciamo: "Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili".
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L'umanita' ed il pianeta devono liberarsi dalla guerra
Chiediamo al Segretario Generale delle Nazioni Unite di convocare urgentemente una Conferenza Internazionale per la pace, per ristabilire il rispetto del diritto internazionale, per garantire la sicurezza reciproca e impegnare tutti gli Stati ad eliminare le armi nucleari, ridurre la spesa militare in favore di investimenti per combattere le poverta' e di finanziamenti per l'economia disarmata, per la transizione ecologica, per il lavoro dignitoso.
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Occorre garantire la sicurezza condivisa
Le guerre e le armi puntano alla vittoria sul nemico ma non portano alla pace: tendono a diventare permanenti ed a causare solo nuove sofferenze per le popolazioni. Bisogna invece far vincere la pace, ripristinare il diritto violato, garantire la sicurezza condivisa. Non esiste guerra giusta, solo la pace e' giusta. La guerra la fanno gli eserciti, la pace la fanno i popoli.
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L'Italia, la Costituzione, la societa' civile ripudiano la guerra. Insieme esigiamo che le nostre istituzioni assumano questa agenda di pace e si adoperino in ogni sede europea ed internazionale per la sua piena affermazione.
Cessate il fuoco subito, negoziato per la pace!
L'ONU convochi una Conferenza internazionale di pace
Mettiamo al bando tutte le armi nucleari
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Per adesioni: segreteria at retepacedisarmo.org
Per informazioni: www.sbilanciamoci.info/europe-for-peace/ - www.retepacedisarmo.org
4. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
5. MAESTRE. VERA POLITKOVSKAJA: LA LEZIONE DI ANNA POLITKOVSKAJA: CHIAMARE LE COSE CON IL LORO NOME
[Dal "Corriere della Sera" del 20 ottobre 2022 (traduzione di Marco Clementi).
"Vera Politkovskaja, oggi 42enne; aveva 26 anni quando sua madre Anna, giornalista della "Novaja Gazeta", nota per il suo dissenso nei confronti di Vladimir Putin, venne uccisa sulle scale della sua casa di Mosca. Il libro Mia madre l'avrebbe chiamata guerra, di Vera Politkovskaja (in collaborazione con Sara Giudice), uscira' per Rizzoli a gennaio 2023. Raccontera' la vita e le battaglie della giornalista assassinata alla Fiera di Francoforte.
"La giornalista Anna Politkovskaja (1958-2006) su "Novaja Gazeta" e nei libri espresse critiche riguardo alla politica di Putin e alla guerra cecena. Fu assassinata nel 2006 a Mosca"]
Sono passati sedici anni dall'omicidio di mia madre, la giornalista Anna Politkovskaja. Mia madre e' sempre stata vista come una persona scomoda non soltanto dalle autorita' russe ma anche da quanti, tra le persone comuni, semplicemente aprono i giornali e leggono gli articoli. Perche' la maggioranza della popolazione russa crede purtroppo a tutto quello che viene diffuso dagli schermi dei canali di Stato, un mondo virtuale creato dalla propaganda dove, tutto sommato, ogni cosa pare andare bene. Mentre i problemi che vengono segnalati periodicamente alla popolazione sono soltanto i problemi imputabili invece per gran parte ai Paesi occidentali o, come si usa dire in Russia con un sorrisetto, "all'Occidente in decomposizione".
Nei suoi articoli mia mamma non parlava mai di cose piacevoli; quasi sempre, il suo ruolo era quello di portatrice di cattive notizie. Diceva la verita', nuda e cruda, sui soldati, sui banditi, sulla gente comune finita nel tritacarne della guerra. Parlava di dolore, sangue, morte, corpi lacerati e destini infranti.
Ho cominciato a vivere con il pensiero che un giorno, prima o poi, mia madre avrebbe potuto non esserci piu', molto tempo prima che venisse uccisa. "Vivere con il pensiero" non e' pero' l'espressione piu' corretta. Meglio forse dire che, semplicemente, vivevo, come se la nostra famiglia fosse la piu' ordinaria del mondo, come se la vita che conducevamo fosse tra le piu' normali. E, in effetti, fino a un certo punto lo era, sebbene mia madre abbia sempre saputo che la sua sarebbe stata una fine violenta. Tuttavia, la guardava da una prospettiva puramente pratica, addirittura ci scherzava su e, comunque, ne parlava sempre con calma. Era una donna pragmatica, ed era spaventata dalla morte solo nella misura in cui l'avrebbe potuta cogliere all'improvviso, troppo presto, in un momento magari in cui noi, i suoi figli, non ci eravamo ancora "alzati in piedi", non ci eravamo ancora stabilizzati e sistemati nella vita. Con lei pero' non abbiamo mai parlato della sofferenza che puo' provocare la perdita dei propri cari, o del suo stesso possibile destino. Nessun discorso pomposo e lacrimoso, nessune mani torte, anche perche' con lei sarebbe stato inutile: con lei, l'unica possibile linea d'azione era guardare a testa alta e dritto in faccia il proprio destino.
Eppure, nonostante tutto, non abbiamo potuto evitare l'effetto sorpresa, quando e' successo: e' stata uccisa nel momento in cui meno me l'aspettavo. Il fatto e' che mia madre non si e' mai nascosta da nessuno, non ha mai smesso di lavorare, di aiutare le persone; ha sempre considerato la sua morte possibile come il prezzo da pagare per la scelta di vita che aveva fatto e per il percorso professionale che stava percorrendo.
Il 7 ottobre 2006, il giorno in cui mia madre e' stata uccisa, avevo ventisei anni e mi stavo preparando a diventare madre a mia volta. Fino a quel momento avevo voluto credere che la popolarita' di Anna Politkovskaja in Occidente potesse in qualche modo proteggerla dagli eventuali rischi, da una morte violenta. Mi sbagliavo.
I dittatori hanno bisogno di sacrificare persone per consolidare il proprio potere. L'unico modo per proteggere la liberta' e' combattere la menzogna e dire la verita'. In Russia la liberta' manca. Ho deciso di scrivere questo libro per ricordare la lezione che mia madre ci ha lasciato: chiamare sempre tutti con il proprio nome, compresi i dittatori.
6. LIBRI. MARIANTONIETTA ANTELLI PRESENTA "CHE C'ENTRIAMO NOI" A CURA DI ALESSANDRA DINO E GISELLA MODICA
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano]
Alessandra Dino e Gisella Modica (a cura di), Che c'entriamo noi. Racconti di donne, mafie, contaminazioni, Mimesis, 2022, pp. 278, euro 24.
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E' difficile rendere, in una semplice recensione, la complessita' di questo libro che vuole parlarci ancora di mafia, in ottica femminista, perche' i contributi sono molteplici e si occupano delle svariate sfaccettature del problema. A cosa serve un altro volume che parla di mafia e di donne? Questa domanda che sorge quasi spontanea nella testa di chi vede la copertina, se la sono posta per prime le coordinatrici Alessandra Dino e Gisella Modica le quali si sono anche risposte in modo deciso: serve a combattere il negazionismo e il riduzionismo che sembrano caratterizzare questo periodo.
La risposta e' condivisa da tutte le autrici che hanno voluto collaborare nonostante la diversa provenienza geografica, professionale e generazionale il cui lavoro ha preso forma anche grazie alle relazioni che sono nate e consolidate durante il percorso collettivo di scrittura.
La genesi viene da lontano, dagli anni '90 in cui queste donne coraggiose, sulla scorta della lotta alla stagione delle stragi, si sono impegnate in modi molto differenti e la bellezza del testo e' proprio nella varieta' anche formale delle narrazioni. Non c'e' una storia uguale alle altre pur accumunate dallo stesso forte sentire democratico e femminista. In un certo qual modo si puo' dire che tutto e' iniziato con le collaborazioni con la rivista "Mezzocielo", fondata a Palermo nel 1991 con la presenza attiva anche di Letizia Battaglia e i suoi dossier che portano titoli significativi come "Contro la mafia perche' donne" n.2/2012 o "Che c'entro io con la mafia" n. 161/2019. Ma anche con altre riviste come "Le Siciliane" di Graziella Proto nata dal giornalismo di Giuseppe Fava, e con lo stesso impegno per tenere viva l'attenzione nei riguardi del fenomeno mafioso. Si puo' tranquillamente dire che tutte le donne che hanno collaborato a quest'opera di narrazione e scrittura hanno recepito il messaggio di Pina Maisano (vedova di Libero Grassi) che sostiene che "dall'ascolto delle storie di vita e' possibile tracciare percorsi di liberazione".
Nando dalla Chiesa scrive che l'antimafia e' donna e qui ne abbiamo una prova vedendo come i vari contribuiti si esplichino nell'aderenza al quotidiano, nell'importanza della sfera della corporeita', e della dimensione biografica. Purtroppo le donne che lottano spesso devono subire il doppio sguardo quello della mafia e quello dell'antimafia maschile che le subordina e allora la fatica raddoppia.
Gli aspetti che vengono presi in considerazione vanno dalla lotta contro la pseudoemancipazione delle donne all'interno della struttura mafiosa come si puo' vedere anche in alcune serie televisive, al bisogno di integrare quotidianamente nel lavoro di insegnante i figli dei mafiosi e quelli delle vittime.
Alcuni contributi si assumono il compito di sollecitare la memoria e raccontare diventa un atto di resistenza come nel "Leonesse di Vergine Maria". C'e' poi l'aspetto che riguarda le collaboratrici di giustizia dove si coglie con maggior evidenza la tremenda combinazione di violenza di genere e violenza mafiosa.
Queste scrittrici si sentono contaminate dalla mafia anche se non hanno avuto episodi personali perche' come diceva Giovanni Falcone "la mafia ci rassomiglia".
Sono presenti anche fatti esemplari come quello di Evelina Costa che da' il suo contributo tenendo aperta tutti i pomeriggi la casa della Memoria Felicia e Peppino Impastato di Cinisi e che scrive a pag. 49 "Siamo intere, con la nostra mente, con il nostro corpo, con la nostra emotivita'" rivendicando l'ottica femminista del suo agire.
Per descrivere un fenomeno cosi' complesso ci voleva uno sguardo a 360 gradi come quello di questo libro che non semplifica e non porge al lettore una definizione preconfezionata, anzi lascia che tutta la complessita' appaia agli occhi di chi legge che deve appropriarsi con fatica e soddisfazione della comprensione della mafia.
Queste donne narrano, ognuna con il suo stile, storie che rappresentano le scelte che nel corso della vita hanno fatto come le infinite difficolta' di essere donna, e femminista al Sud, in lotta contro la mafia e il sistema patriarcale mafioso.
Le curatrici Alessandra Dino e Gisella Modica hanno senz'altro avuto il merito di lasciare alle autrici la liberta' di scegliere l'ottica e la forma in cui raccontare storie vere e tutte profondamente sentite.
Si va dal testo teatrale alle biografie. E della mafia si raccontano anche gli aspetti presenti nel mondo della burocrazia di cui tutte abbiamo esperienza. Si narra, con un uso della lingua connotata da una specificita' di genere, o anche piu' semplicemente liberata dai legami con la falsa neutralita' del linguaggio maschile, delle difficolta' dei centri antiviolenza costretti a battersi contro il patriarcato mafioso.
Non manca una riflessione sulla letteratura al femminile che negli ultimi anni si e' occupata del problema con un utile elenco ragionato che va da "L'amica geniale", a Dacia Maraini, alla drammaturgia di Emma Dante, a Maria Rosa Cufrutelli e altre meno note.
7. LIBRI. LILIANA MORO PRESENTA "LA STORIA NELL'OMBRA" DI BRUNELLA CAMPEA
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano]
Brunella Campea, La storia nell'ombra, Galzerano editore, 2022, pp. 193, euro 12.
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Brunella Campea e' una donna coraggiosa: tempo fa affronto' nel suo libro "La farfalla sulla nuca" il tema spinoso e rimosso del tumore al seno con sincerita' profonda e lucida.
Ora nella sua ultima fatica "La storia nell'ombra" affronta il tema dell'emigrazione nei suoi risvolti piu' intimi e duraturi.
"Torno a pensare che noi siamo il risultato di una storia che ci precede, non solo quindi le conseguenze delle nostre scelte, ma anche delle scelte di coloro venuti prima di noi".
Brunella trova nella storia della sua famiglia la vicenda di uomini emigrati negli Stati Uniti nei primi anni del Novecento, il periodo della grande fuga dalla poverta', iniziata alla fine dell'Ottocento quando dalla recente nazione italiana milioni di contadini, ma non solo, se ne andarono nel mondo, specialmente nelle Americhe (si calcolano quasi 30 milioni complessivi).
L'interesse particolare di questo libro e' la ricostruzione precisa e graduale dell'evento traumatico che porto' alla divisione della famiglia, per cui la nonna Betta rimase in Italia sola allevando i figli, custodendo le proprieta', attraversando ogni genere di problemi tra cui anche due guerre e terremoti. Mentre suo marito Guerino si costrui' una nuova vita e un'altra famiglia negli Stati Uniti.
Ma il percorso per arrivare a questa consapevolezza non fu agevole per Campea.
"Ho sempre pensato che questa storia rivendicasse la sua narrazione, a dispetto del tempo, delle sofferenze che ha generato... ma come riannodare i fili abbandonati da decenni, appesi al secolo scorso e ciondolanti nel vuoto di conoscenze e coscienze mancate, sospese su un oceano ancora troppo grande?".
E in effetti ci e' riuscita a riannodare quei fili, arrivando infine perfino a conoscere le discendenti di suo nonno e degli zii emigrati, ed anche a ricostruire in modo efficace la storia della sua famiglia e della forte antenata, la nonna Betta, in particolare. L'ha fatto inserendo anche la propria storia personale di bambina e di donna, senza tralasciare di inserire il tutto nel contesto storico e culturale.
Dunque una narrazione che toglie dall'ombra un pezzo di storia ricostruendola dall'interno e ci fornisce molti elementi di riflessione su un fenomeno, la migrazione, l'abbandono delle proprie origini, che continua a coinvolgere milioni di persone e a provocare sofferenze durature, non solo nei diretti protagonisti ma anche nei loro discendenti.
La storia nell'ombra e' una storia prevalentemente al femminile, conservata, narrata - o anche taciuta - da nonne, madri, figlie, zie... Molto opportunamente in copertina campeggia il volto assorto e curioso della madre bambina di Brunella, con uno sguardo che ancora ci interroga.
8. MAESTRE. MARIA LUISA BOCCIA: CARLA LONZI
[Riproponiamo dal Dizionario biografico degli italiani (2015), nel sito www.treccani.it]
Carla Lonzi nacque a Firenze il 6 marzo 1931 da Agostino, artigiano, e Giulia Matteini, diplomata maestra, entrambi orfani. Era la prima figlia, accolta come "la creatura piu' attesa" (Lonzi, 1978, p. 18). Alla nascita di Lidia, seguita in pochi anni da Marta, Vittorio e Alfredo, Carla soffri' immensamente della perdita del privilegio di prima e unica figlia. Reagi' con una precoce ricerca di autonomia, scegliendo, a soli nove anni, il distacco dalla famiglia, andando a studiare al collegio di Badia di Rivoli, dove rimase fino al 1943. Fu un'esperienza formativa che rimase un riferimento significativo per tutta la vita. Nelle vite di sante, in particolare quelle di Therese Martin e Teresa d'Avila, avrebbe trovato rispecchiata quella esperienza. Nell'autunno del 1943 per decisione del padre lascio' il collegio, ma il ritorno a casa fu drammatico dal momento che non si accordava con l'autonomia a cui si era abituata.
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Gli studi, il matrimonio, la scrittura
Conclusi gli studi al liceo Michelangelo, nel 1950 si iscrisse alla facolta' di lettere. Nell'autunno 1952, a causa del riacuirsi del conflitto con la sorella Lidia, si trasferi' a Parigi, ma un'infiammazione polmonare la costrinse ad anticipare il ritorno a Firenze. Alle lezioni di Roberto Longhi conobbe Marisa Volpi, con la quale stabili' un rapporto intellettuale e umano, segnato dal fervore di fare e pensare insieme. Nel 1955 pubblicarono su Paragone un articolo su Ben Shan (n. 69, pp. 38-61). E' il primo scritto di Carla Lonzi sull'arte. Nel 1956 discusse la tesi I rapporti tra la scena e le arti figurative dalla fine dell'Ottocento. Un lavoro, molto apprezzato da Longhi, edito postumo da Olschki (Firenze 1996), avendo Lonzi rifiutato l'offerta di pubblicarlo e dare cosi' inizio alla professione accademica. Preferi' tornare a Roma, dove aveva soggiornato per la ricerca sulla tesi. Qui incontro' Mario Lena, chimico industriale, impegnato nel sindacato e nel Partito comunista (PCI). Dopo una breve convivenza nella capitale, si trasferirono in Toscana, e il 28 novembre 1958 si sposarono a Carrara. Carla era in attesa del figlio Battista che nacque a Viareggio l'8 giugno 1959.
Furono anni di grande isolamento, segnati da inquietudini e preoccupazioni economiche e professionali. Trovo' sostegno nella scrittura, come le era gia' accaduto da bambina. Dal 1958 al 1963 dedico' la maggior parte del suo tempo a scrivere poesie. Per Lonzi la scrittura fu sempre scavo nel vissuto e nell'animo, volto a cogliere "l'autenticita'" dell’io. "[...] all'interno di me una sconosciuta agonizzava. Tendevo l'orecchio per cercare di cogliere nella sua agonia la chiave di una verita' di cui mi accorgevo all'improvviso di essere priva. Mi fidavo solo di lei" (Lonzi, 1978, p. 1109).
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Lonzi critica d'arte: dagli esordi al rifiuto
Nell'autunno del 1959 si trasferi' a Milano, che divenne la sua citta' elettiva. Ma e' a Torino, presso la galleria Notizie che allesti' la prima mostra: La Gibigianna di Pinot Gallizio, nel giugno 1960. Da allora la professione di critica inizio' a rafforzarsi, mentre il matrimonio con Lena si deteriorava. A determinarne la conclusione fu l'incontro con Pietro Consagra nella primavera 1961. Il loro rapporto, destinato a durare, nonostante crisi e conflitti, fino alla morte di Lonzi, si consolido' nel 1964.
Tra il 1962 e il 1967 Lonzi curo' mostre dei piu' importanti artisti italiani e stranieri, principalmente alla galleria Notizie, ma anche a Milano, Firenze, Venezia. Tra le piu' significative la presentazione di Carla Accardi, alla XXXII Biennale di Venezia; le mostre di Jannis Kounellis e di Consagra, rispettivamente nel maggio e nel giugno 1967, alla galleria Ariete di Milano. Lonzi era una firma abituale di L'Approdo letterario, periodico della Rai, e di Marcatre', sulla quale pubblicava i Discorsi, dialoghi con artisti. Sempre in questi anni scrisse la monografia di Henri Rousseau (n. 148), e di George Seurat (n. 178), nella collana "Maestri del colore", dei Fratelli Fabbri Editori.
Nel dicembre 1967 ando' a vivere per sei mesi a Minneapolis con Consagra. Il soggiorno negli Stati Uniti fu dedicato al montaggio dei colloqui con 13 dei maggiori artisti attivi in Italia: Carla Accardi, Getulio Alviani, Enrico Castellani, Consagra, Luciano Fabro, Lucio Fontana, Jannis Kounellis, Mario Nigro, Giulio Paolini, Pino Pascali, Mimmo Rotella, Salvatore Scarpitta, Giulio Turcato, Cy Twombly. Prima di rientrare in Italia Lonzi fu operata a Boston per un tumore alla tiroide.
Autoritratto fu pubblicato da Di Donato nell'autunno 1969. E' il testo piu' importante di Lonzi critica, uno dei piu' belli ed originali sull'arte degli anni Sessanta. L'uso del registratore, all'epoca una assoluta novita', le consenti' di restituire la voce autentica dell'artista, senza il filtro linguistico del critico. L'attenzione alla soggettivita' femminile connota con forza il dialogo tra Lonzi e Accardi nel libro.
Dell'arte le interessava non l'opera, il prodotto, ma il manifestarsi dell'autenticita' dell'artista. E' questo il filo comune al suo lavoro di critica, alla scrittura poetica, al femminismo. Con la presa di coscienza femminista, Lonzi maturo' la convinzione che tra autenticita' e creativita' vi fosse una distinzione. L'affermazione della creativita' di alcuni, tramite un sistema culturale, produce, secondo Lonzi, proiezione e passivizzazione in chi ne fruisce come spettatore, spettatrice. Per questo mettere in discussione il ruolo del critico e' il passaggio necessario per sottrarre l'arte al "mito culturale" nel quale e' imbrigliata, e per permettere alla creativita' di ognuno/a di entrare in rapporto con il nucleo di autenticita' che vi e' nell'esperienza artistica.
Anche se l'ultimo articolo, La critica e' potere, e' del dicembre 1970 (in NAC. Notiziario d'arte contemporanea, n. 3, pp. 5-6), con Autoritratto Lonzi di fatto concluse la sua attività di critica, con un giudizio radicale: "L'atto critico completo e verificabile e' quello che fa parte della creazione artistica" (Lonzi, 1969, p. 3); per questo e' necessario negare il ruolo del critico, in quanto potere ed ideologia sull'arte e sugli artisti.
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L'incontro con il femminismo e la nascita di Rivolta femminile
Nello stesso periodo Lonzi diede forma ad una nuova, intensa, esperienza.
Nella primavera del 1970 si incontro' a Roma, per piu' giorni, con Accardi ed Elvira Banotti, per condividere l'emozione suscitata dall'insorgere del femminismo nel mondo. Ne scaturi' il Manifesto di Rivolta femminile, pubblicato a luglio, che sanciva la nascita dei primi gruppi femministi italiani. Lo scrisse Lonzi, e nello stesso anno scrisse Sputiamo su Hegel, un invito a prendere congedo dalla cultura patriarcale, rivolto innanzitutto alle donne, femministe e militanti politiche, che davano piu' credito alle teorie e alle forme di lotta degli uomini che non all'esperienza e alla storia del proprio sesso.
Per Lonzi il congedo fu una scelta di vita radicale. Interruppe la professione e rifiuto' ogni altra forma di attivita' e di vita pubblica, per dedicarsi interamente ai gruppi di Rivolta femminile, nati in molte citta', alla scrittura e alla cura della collana "Scritti di Rivolta femminile". Il segno di questa scelta fu il rifiuto dell'emancipazione, tratto comune alla generazione femminista degli anni Settanta che in essa vedeva una promessa mancata, perche' non liberava dall'identita' di genere tradizionale e non dava risposte alla ricerca di un differente modo di essere donna, non uomo.
Cio' che distinse Rivolta femminile da altri gruppi che si formarono in quegli anni fu l'estraneita' ai movimenti politici della sinistra. Nessuna di loro apparteneva alla generazione del Sessantotto, che costituiva l'area principale del femminismo e sui rapporti tra movimenti giovanili e femminismo Lonzi si espresse esplicitamente dieci anni dopo, in una lettera a L'Espresso del 5 febbraio 1978: "Si continua a dare per scontato che esista un rapporto diretto tra '68 e femminismo, questo sulla linea di far apparire sempre il femminismo come il reparto-donne di ideologie, rivoluzioni e rivolte degli uomini. [...] Ma il femminismo non e' un movimento giovanile, in particolare Rivolta femminile [...] che e' nata come gruppo nel luglio del '70, all'inizio ha espresso donne dai trenta ai trentacinque anni in avanti che con il ’68 non avevano niente a che vedere. D’altra parte per entrare in uno spirito femminista le giovani hanno dovuto scardinare non poco le parole d'ordine, i modi e i miti sessantotteschi. E' stato malgrado il '68 e non grazie al '68 che hanno potuto farlo" (Lonzi, 1985, p. 50).
Rivolta femminile fu il primo gruppo a praticare il separatismo. "Comunichiamo solo con donne", con questo annuncio si chiude il Manifesto. L'invenzione della pratica dell'autocoscienza, centrata sui rapporti tra donne, sulla presa di parola a partire dal vissuto, sulla costruzione di autonomia, nel privato e nel pubblico e' il contributo essenziale di Lonzi e Rivolta femminile al femminismo contemporaneo. Diversamente da altri gruppi, Rivolta non abbandono' questa pratica in rapporto alle circostanze. Piuttosto l'affino' ed approfondi', ad esempio attraverso la scrittura e la circolazione di testi. Fu anche il primo gruppo a cimentarsi con la necessita' di fare impresa, per garantirsi autonomia economica, creando una casa editrice.
Nella prima meta' degli anni Settanta l'espansione del femminismo si intreccio' con importanti mutamenti: la vittoria del No al referendum sul divorzio, i processi e le manifestazioni sull'aborto, la riforma del diritto di famiglia. Contemporaneamente, la sua espansione produsse un mutamento significativo nel femminismo, rappresentato dal passaggio dalla prolificazione dei gruppi e delle pratiche originali al recupero di modalita' piu' tradizionali della politica: la manifestazione, la rivendicazione della legge, il rapporto con le istituzioni, sia pure conflittuale. Rivolta femminile non si riconobbe nel movimento femminista di massa, anzi prese esplicitamente distanza, nei contenuti come nelle forme politiche.
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Gli scritti sulla sessualita' e l'autocoscienza
Nel luglio 1971 Lonzi scrisse un secondo testo, firmato dal gruppo, Sessualita' femminile e aborto (in Lonzi, 1974, pp. 67-75). Dopo un esplicito rifiuto di richiedere agli uomini di potere, ai legislatori, la decadenza del reato, sanzionata di fatto dagli aborti clandestini, nel testo Lonzi metteva in questione il nesso procreazione-sessualita', costruito dalla cultura patriarcale. "Libera maternita' e libera sessualita' devono trovare i loro significati all'interno della nostra presa di coscienza". In assenza di questo lavoro politico, anche la "libera scelta" di abortire non ha un contenuto liberatorio. (Lonzi, 1974, p. 69).
In La donna clitoridea e la donna vaginale (in Lonzi, 1974, pp. 77-140), a cui stava lavorando quell'estate, Lonzi elaboro', a partire dal suo vissuto, una lettura originale della sessualita' femminile, quella del piacere clitorideo. Nella Premessa esplicita le domande di fondo. "Perche' la donna non ha la risoluzione nell'orgasmo assicurata come l'uomo? Qual e' il suo funzionamento fisico-sessuale? E quello pschico-sessuale? Qual e' infine il suo sesso? Esistono donne clitoridee e donne vaginali. Chi sono? Chi siamo?" (Ivi, p. 9).
Come il Manifesto, questo scritto suscito' discussioni e polemiche, anche nei gruppi di Rivolta femminile. E apri' al confronto sulle differenze tra donne nel femminismo. In Rivolta femminile porto', in particolare, ad un approfondimento sull'autocoscienza (Significato dell'autocoscienza nei gruppi femministi (1972) in Lonzi, 1974, pp. 141-147): l'esigenza di mettere in questione il sistema patriarcale aveva fatto emergere "il senso di se'", il desiderio e la possibilita' di essere soggetto, senza identificarsi nella "Donna", ma senza dover negare la differenza dall'uomo.
In questo passaggio cruciale cambiarono anche i rapporti di Carla Lonzi dentro Rivolta femminile. Dal gennaio al giugno 1973 lascio' il gruppo, nel quale si sentiva troppo investita di un ruolo. Con l'acquisto di Turicchi, un podere nel Chianti, Carla trovo' un luogo che senti' "casa propria", dove trovare anche la "dimora per sempre» (Lonzi, 1978, p. 439).
Nel maggio del 1974 usci', nella collana "libretti verdi", la ristampa dei suoi scritti, inclusi i testi firmati da Rivolta femminile (Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale e altri scritti). L'anno dopo il libro fu tradotto in Argentina (Escupamos sobre Hegel) e in Germania (Die lust Frau zu sein). Nel giugno 1976 Michele Causse dell'Editions des femmes chiese un'intervista a Carla Lonzi sull'esperienza di Rivolta femminile, mostrando come essa fosse considerata un punto di riferimento, non solo in Italia, soprattutto in ragione degli scritti di Lonzi. Nel 1981 usci' l'edizione spagnola di Escupamos sobre Hegel presso Anagrama (Barcellona 1981). Questo riconoscimento all'estero contrasta con quanto avveniva in Italia. Il femminismo faceva notizia, ma l'interesse si fermava agli slogan e l'immagine che ne veniva restituita era quella dei cortei in gonne a fiori e zoccoli. Nei casi migliori era rappresentato come ideologia, volta all'affermazione di un sesso contro l'altro, riconducendolo nello schema della lotta politica centrata sul potere. Come denuncio' Lonzi, questo "conferma, e non mette in crisi cio' che noi vogliamo sovvertire" (in Chianese et al., 1977, p. 104).
Rivolta femminile presto' grande attenzione al discorso pubblico sul femminismo e in piu' occasioni provo' ad interloquire, senza riuscirvi. Nel gennaio 1975 Pier Paolo Pasolini su Il corriere della sera critico' il movimento per non aver affrontato il nodo della sessualita' e la correlazione coito-aborto. Lonzi invio' al giornale lo scritto Sessualita' femminile e aborto, con una lettera a Pasolini. Il giornale non pubblico' e Pasolini non rispose.
L'esigenza di far conoscere il pensiero e l'esperienza femminista porto' ad intensificare l'attivita' della casa editrice. Tra il 1977 e 1979 pubblico' oltre a testi individuali, due volumi di scritti collettivi, E' gia' politica e La presenza dell'uomo nel femminismo; nel 1980 inauguro' la nuova collana "Prototipi" con Vai pure, dialogo tra Lonzi e Consagra sul loro rapporto. Lonzi ne fu non solo autrice, ma anche curatrice editoriale.
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Il personale e' politico: da Diario di una femminista a Vai pure
Taci anzi parla. Diario di una femminista (Milano 1978) raccoglie in 1300 pagine le annotazioni di fatti, letture, pensieri, emozioni, dal 1972 al 1977, l'arco temporale in cui si svilupparono l'autocoscienza e l'esperienza di Rivolta femminile. La decisione di pubblicarlo fu difficile, per la consapevolezza che "pubblicare un diario e' svelare se stessi al di fuori delle convenzioni e trascinare altri in questa operazione. [...] Da qualche parte bisogna pur cominciare a demolire le false identita' che stanno appiccicate alle donne come un sudario" (in Lonzi, 1985, p. 51). Per Lonzi scrivere e' arricchire l'esistenza di possibilita', e la scrittura di un diario le fu particolarmente congeniale: "e' un libro che ho scritto senza pause come ho vissuto senza pause e che si e' concluso solo quando il periplo attorno alla mia identita' mi e' parso esaurito" (Ivi, p. 53).
Quando usci' il diario il rapporto con Consagra attraversava una crisi profonda, che si acui' quando Consagra le propose di accettare la presenza di un'altra donna nella sua vita, disposta a prendersi cura di lui e del suo studio. Carla non oppose un rifiuto immediato, per affrontare la nuova situazione si affido', come sempre, alla scrittura. Del diario che tenne in quel periodo si conosce solo il titolo, Gelosia. Nella sua situazione vide riproporsi una costante del rapporto uomo donna: l'impossibilita' di andare a fondo, perché l'uomo trova appoggio in un'altra donna.
Per comprenderla inizio' una ricerca storico-letteraria, trovando un antecedente nelle commedie di Moliere. A colpirla in Les femmes savantes fu la messa in ridicolo delle donne intellettuali – les precieuses ridicules – che non si affidano all'uomo per pensare. Questa rappresentazione le risulto' vera ed attuale: "Il mondo delle Precieuses mi interessa e mi riguarda [...] aver espresso pubblicamente il desiderio di rifiutare o ritardare l'amore fisico, quindi una sospensione del gradimento del pene, e dall'aver preteso di giudicare le opere degli autori, quindi una intromissione nel mondo del fallo. Queste sono state due mosse autentiche e strategiche [...]. In fondo i miei scritti teorici toccano gli stessi due punti, con Sputiamo su Hegel e La donna clitoridea e la donna vaginale" (Lonzi, 1992, p. 14).
Nel maggio del 1980 Carla e Pietro si incontrarono per chiarire la loro situazione di coppia. Carla registro' i colloqui, come faceva sempre per le persone a cui teneva. L'intesa si rivelo' impossibile e Carla chiuse l'incontro con l'invito a Pietro: Vai pure. Ai primi di giugno parti' per Parigi, per continuare la sua ricerca sulle preziose. Poi trascorse l'estate a Turicchi. "Per me era proprio una rottura desiderata [...]. Ero veramente felice" (Lonzi, 1981, pp. 18-19). A fine estate su proposta di Consagra il loro rapporto riprese. Per Lonzi tuttavia la separazione non era stata una parentesi, non solo aveva messo a nudo le ragioni, insolute, di un contrasto, ma l'aveva caricata di nuove energie, mettendo fine all'antagonismo con l'uomo. Per questo decise di pubblicare il dialogo, con il consenso di Consagra.
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Epilogo
Poco dopo la pubblicazione del libro cominciarono forti dolori al viso. Non vi presto' molta attenzione, perche' era immersa nel lavoro. Alla ricerca sulle preziose si era infatti aggiunta la richiesta di scrivere un testo per il catalogo della mostra Identite' italienne, prevista al Centre Georges Pompidou di Parigi, a giugno. Lonzi esito' ad accettare, a tornare su un argomento che considerava per lei concluso. Decise di farlo, per il riconoscimento della qualita' del suo lavoro di critica e per riprendere, al presente, la questione di fondo: il processo autentico tra se' e l'opera che connota la creativita'. Nelle righe finali defini' la sua presenza in quel mondo: "una futura coscienza e non una complice negli anni '60 faceva il suo ingresso come critica d'arte nel campo della creativita'" (Lonzi, 1981, p. 31). Ne era uscita, avendo trovato nel femminismo l'espressione della sua creativita'; poteva riprendere parola sull'arte, forte di questo.
Per tutta l'estate la malattia non miglioro', ed in autunno accetto' di sottoporsi ai controlli. Fu operata di cancro al Canton hospital di Zurigo il 15 dicembre 1981. Torno' a Milano nel febbraio, ma non si riprese. A giugno le sue condizioni peggiorarono e venne ricoverata alla clinica Capitanio di Milano.
Mori' il 2 agosto 1982. Il suo corpo e' sepolto nel cimitero di Turicchi.
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Opere
Oltre a quelle citate si segnalano La solitudine del critico, in L'Avanti!, 13 dicembre 1963; C. Lonzi - T. Trini - M. Volpi, Tecniche e materiali, in Marcatre', 1968, n. 37-40, pp. 165-185; Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale e altri scritti, Scritti di Rivolta femminile, Milano 1974; M.G. Chianesi et al, E' gia' politica, Scritti di Rivolta femminile, Milano 1977 (in partic. Intervista di Michelle Causse a Carla Lonzi, pp. 101-109; Itinerario di riflessioni, pp. 13-51); Mito della proposta culturale, in M. Lonzi - A. Jaquinta - C. Lonzi, La presenza dell'uomo nel femminismo, Scritti di Rivolta femminile, Milano 1978, pp. 137-154; Altro che riflusso! Il tifone femminista soffia da secoli, in Quotidiano donna, 30 settembre 1979; Con il problema dell'uomo alle spalle, in Ivi, 15 maggio 1981; Identite' italienne. L'art en Italie depuis 1959, a cura di Germano Celant, Centre Pompidou, Paris 1981, p. 31; Scacco ragionato. Poesie dal '58 al '63, Scritti di Rivolta femminile (postumo 1985); Armande sono io!, Scritti di Rivolta femminile (postumo 1992); I rapporti tra la scena e le arti figurative dalla fine dell'Ottocento, (postumo 1996).
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Fonti e bibliografia
I movimenti femministi in Italia, a cura di R. Spagnoletti, Roma 1971; Femminismo e lotta di classe in Italia (1970-1973), a cura di B. Frabotta, Roma 1975; J. Kristeva, Donne cinesi, Milano 1975; L. Melandri, L'infamia originaria, Milano 1977; La politica del femminismo, a cura di B. Frabotta, Roma 1978; A. Calabro' - L. Grasso, Dal movimento femminista al femminismo diffuso, Milano 1985; M. Lonzi - A. Jaquinta, Biografia, in C. Lonzi, 1985, pp. 9-73; M.L. Boccia, Per una teoria dell'autenticità, in Memoria, 1987, n.19-20, pp. 85-108; Diotima, Il pensiero della differenza sessuale, Milano 1987; Libreria delle donne di Milano, Non credere di avere dei diritti, Torino 1987, pp. 29-35; M. L. Boccia, L'io in rivolta. Vissuto e pensiero di C. L., Milano 1990; Ead., Carla e Pietro, in Tuttestorie, 1996, n. 5, pp. 31-33; M. Bucci, C. L.: un ribaltamento di scena, in C. Lonzi, 1996, pp. V-XX; A. Piccirillo, La presenza di coscienza, in Femminismi a Torino, a cura di P. Zumaglino, Milano 1996; F. Lussana, Le donne e la modernizzazione: il neofemminismo degli anni Settanta, in Storia dell'Italia repubblicana, III, 2, Torino 1997, pp. 471-565; F. Restaino - A. Cavarero, Le filosofie femministe, Torino 1999, pp. 101-110; D. Spadaccini, Scrittura politica e scrittura mistica, in Dwf, 1999, n. 2-3, pp. 56-75; Centro studi e documentazione pensiero femminile, 100 titoli. Guida ragionata al femminismo degli anni Settanta, Ferrara 1998 (in partic. M.L. Boccia, Manifesto, pp. 58-64; E. Baeri, Sputiamo su Hegel, pp. 64-70); Lessico politico delle donne. Teorie del femminismo, a cura di M. Fraire, Milano 2002; A. Bravo - G. Fiume, Genesis, III (2004), n. 1: monografico: Anni Settanta, 2004; Il femminismo degli anni Settanta, a cura di T. Bertilotti - A. Scattigno, Roma 2005; A. Buttarelli, Me stessa non io. C. L. scrive il suo Diario, in Mancarsi. Assenza e rappresentazione del se' nella letteratura del Novecento, a cura di L. Graziano, Verona 2005, pp. 152-162; L. Jamurri, Un "mestiere fasullo": note su Autoritratto di C. L., in Donne d'arte. Storie e generazioni, a cura di M.A. Trasforini, Roma 2006, pp. 113-132; G. Providenti, Passaggi di esperienza. Autenticita' e liberazione in Carla Lonzi, 2006, http://host.uniroma3.it/dipartimenti/filosofia/culturali/simposio.htm (20 giugno 2015); M. Baldini, Le arti figurative all'"Approdo". C. L. un'allieva dissidente di Roberto Longhi, in Italianistica, XXXVIII (2009), 3, pp. 115-130; G. Zanchetti, Premessa e profezia. Crisi della creativita', crisi della critica e relazione secondo C. L., in Anni '70: l'arte dell'impegno, a cura di C. Casero - E. Di Raddo, Milano 2009, pp. 33-48; L. Conti - V. Fiorini - V. Martini, C. L. la duplice radicalita'. Dalla critica militante al femminismo di Rivolta, Pisa 2011; Ti darei un bacio. C. L., il pensiero dell'esperienza, a cura di M. Farneti, Ferrara 2011; Collettivo femminista Benazir, Frammenti di autocoscienza. Il percorso politico sulla sessualita' di un gruppo di giovani femministe, Roma 2012; A. Buttarelli, Sovrane. L'autorita' femminile al governo, Milano 2013, pp. 168-174; M. L. Boccia, Con C. L.. La mia opera e' la mia vita, Roma 2014.
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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 610 del 27 ottobre 2022
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Numero 610 del 27 ottobre 2022
In questo numero:
1. Pace subito
2. PeaceLink, "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, Movimento Nonviolento: 4 novembre: non festa ma lutto
3. Appello di convocazione della manifestazione nazionale per la pace del 5 novembre a Roma
4. Ripetiamo ancora una volta...
5. Vera Politkovskaja: La lezione di Anna Politkovskaja: chiamare le cose con il loro nome
6. Mariantonietta Antelli presenta "Che c'entriamo noi" a cura di Alessandra Dino e Gisella Modica
7. Liliana Moro presenta "La storia nell'ombra" di Brunella Campea
8. Maria Luisa Boccia: Carla Lonzi
1. L'ORA. PACE SUBITO
Cessare di uccidere.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Pace subito.
Salvare le vite e' il primo dovere.
2. INIZIATIVE. PEACELINK, "CENTRO DI RICERCA PER LA PACE" DI VITERBO, MOVIMENTO NONVIOLENTO: 4 NOVEMBRE: NON FESTA MA LUTTO
4 novembre: non festa ma lutto
Proponiamo che il 4 novembre si svolgano commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, di ieri e di oggi.
Le commemorazioni devono essere un solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze:
per ridurre drasticamente le spese militari, per abolire le testate nucleari, per fermare le fabbriche di armi.
18 ottobre 2022
PeaceLink - "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo - Movimento Nonviolento
*
Vogliamo prevenire le guerre di domani. Siamo contro le guerre di oggi. Non dimentichiamo le guerre di ieri.
Le guerre di oggi sono combattute con le armi costruite ieri. Le armi costruite oggi alimenteranno le guerre di domani.
Il disarmo, a partire da noi stessi (disarmo unilaterale), e' la strategia per costruire la pace.
Fare memoria delle guerre del passato e' doveroso per non ripetere gli stessi tragici errori.
*
Sabato 5 novembre si terra' a Roma una grande manifestazione per la pace, promossa dal cartello "Europe for Peace", alla quale parteciperemo. Sara' una manifestazione popolare e di popolo che chiede: "Cessate il fuoco subito - Negoziato per la pace - Mettiamo al bando le armi nuclari - Solidarietà con le vittime di tutte le guerre".
Il giorno precedente, 4 novembre, ricorre l'anniversario della fine della Prima guerra mondiale, una "inutile strage" come disse il Pontefice di allora.
Tante altre "inutili stragi" seguirono, fino alla odierna strage in Ucraina. E' la guerra nel cuore dell'Europa, che prosegue da allora.
*
La data del 4 novembre viene celebrata con continuita' dal fascismo fino ad oggi, per richiamare l'unita' dell'Italia sotto il segno della guerra e dell'esercito. "Giornata dell'Unita' Nazionale e delle Forze Armate" nell'anniversario della fine di un tragico conflitto che costò al nostro paese un milione e duecentomila morti (600.000 civili e 600.000 militari): per la prima volta nella storia a morire a causa della guerra non furono solo i militari al fronte, ma in pari numero i civili vittime di bombardamenti o di stenti, malattie, epidemie causate dalla guerra stessa.
Vogliamo ricordare e onorare quei morti rinnovando l'impegno contro ogni guerra e la sua preparazione, dunque contro le guerre di oggi, contro le armi costruite per le guerre di domani. Solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise.
Meno armi piu' difesa della vita, ridurre drasticamente le spese militari e devolvere i fondi per abolire la fame, la poverta', l'inquinamento del pianeta.
Per questo chiediamo una drastica riduzione delle spese militari che gravano sul bilancio dello stato italiano.
Per questo sosteniamo la richiesta che l'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la messa al bando delle armi nucleari.
Per questo sosteniamo la Campagna "Un'altra difesa e' possibile", che prevede l'istituzione di un Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta.
Pace, disarmo, smilitarizzazione. Tutela della vita degli umani e della Terra.
*
Proponiamo che il 4 novembre si svolgano commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze. Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente.
Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.
Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.
Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perché convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.
Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.
Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
Solo la pace salva le vite. Salvare le vite e' il primo dovere.
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Movimento Nonviolento
per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. e fax: 0458009803, e-mail: an at nonviolenti.org, siti: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it
PeaceLink
per contatti: e-mail: info at peacelink.it, abruzzo at peacelink.it, sito: www.peacelink.it
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
per contatti: e-mail: centropacevt at gmail.com, web: mailing list nonviolenza at peacelink.it
3. DOCUMENTAZIONE. APPELLO DI CONVOCAZIONE DELLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE PER LA PACE DEL 5 NOVEMBRE A ROMA
[Riceviamo e diffondiamo]
Cessate il fuoco subito - negoziato per la pace
Mettiamo al bando tutte le armi nucleari
Solidarieta' con il popolo ucraino e con le vittime di tutte le guerre
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Manifestazione nazionale
Roma - sabato 5 novembre 2022 concentramento ore 12
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L'ombra della guerra atomica si stende sul mondo
La minaccia nucleare incombe sul mondo. E' responsabilita'̀ e dovere degli stati e dei popoli fermare questa follia. L'umanita' ed il pianeta non possono accettare che le contese si risolvano con i conflitti armati. La guerra ha conseguenze globali: e' la principale causa delle crisi alimentari mondiali, ancor piu' disastrose in Africa e Oriente, incide sul caro-vita, sulle fasce sociali piu' povere e deboli, determina scelte nefaste per il clima e la vita del pianeta. La guerra ingoia tutto e blocca la speranza di un avvenire piu' equo e sostenibile per le generazioni future.
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Questa guerra va fermata subito
Condanniamo l'aggressore, rispettiamo la resistenza ucraina, ci impegniamo ad aiutare, sostenere, soccorrere il popolo ucraino, siamo a fianco delle vittime. Siamo con chi rifiuta la logica della guerra e sceglie la nonviolenza.
L'inaccettabile invasione dell'Ucraina da parte della Russia ha riportato nel cuore dell'Europa la guerra che si avvia a diventare un conflitto globale tra blocchi militari con drammatiche conseguenze per la vita e il futuro dei popoli ucraino, russo e dell'Europa intera. Siamo vicini e solidali con la popolazione colpita, con i profughi, con i rifugiati costretti a fuggire, ad abbandonare le proprie case, il proprio lavoro, vittime di bombardamenti, violenze, discriminazioni, stupri, torture.
Questa guerra va fermata subito. Basta sofferenze. L'Italia, l'Unione Europea e gli stati membri, le Nazioni Unite devono assumersi la responsabilita' del negoziato per fermare l'escalation e raggiungere l'immediato cessate il fuoco. E' urgente lavorare ad una soluzione politica del conflitto, mettendo in campo tutte le risorse e i mezzi della diplomazia al fine di far prevalere il rispetto del diritto internazionale, portando al tavolo del negoziato i rappresentanti dei governi di Kiev e di Mosca, assieme a tutti gli attori necessari per trovare una pace giusta. Insieme con Papa Francesco diciamo: "Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili".
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L'umanita' ed il pianeta devono liberarsi dalla guerra
Chiediamo al Segretario Generale delle Nazioni Unite di convocare urgentemente una Conferenza Internazionale per la pace, per ristabilire il rispetto del diritto internazionale, per garantire la sicurezza reciproca e impegnare tutti gli Stati ad eliminare le armi nucleari, ridurre la spesa militare in favore di investimenti per combattere le poverta' e di finanziamenti per l'economia disarmata, per la transizione ecologica, per il lavoro dignitoso.
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Occorre garantire la sicurezza condivisa
Le guerre e le armi puntano alla vittoria sul nemico ma non portano alla pace: tendono a diventare permanenti ed a causare solo nuove sofferenze per le popolazioni. Bisogna invece far vincere la pace, ripristinare il diritto violato, garantire la sicurezza condivisa. Non esiste guerra giusta, solo la pace e' giusta. La guerra la fanno gli eserciti, la pace la fanno i popoli.
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L'Italia, la Costituzione, la societa' civile ripudiano la guerra. Insieme esigiamo che le nostre istituzioni assumano questa agenda di pace e si adoperino in ogni sede europea ed internazionale per la sua piena affermazione.
Cessate il fuoco subito, negoziato per la pace!
L'ONU convochi una Conferenza internazionale di pace
Mettiamo al bando tutte le armi nucleari
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Per adesioni: segreteria at retepacedisarmo.org
Per informazioni: www.sbilanciamoci.info/europe-for-peace/ - www.retepacedisarmo.org
4. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
5. MAESTRE. VERA POLITKOVSKAJA: LA LEZIONE DI ANNA POLITKOVSKAJA: CHIAMARE LE COSE CON IL LORO NOME
[Dal "Corriere della Sera" del 20 ottobre 2022 (traduzione di Marco Clementi).
"Vera Politkovskaja, oggi 42enne; aveva 26 anni quando sua madre Anna, giornalista della "Novaja Gazeta", nota per il suo dissenso nei confronti di Vladimir Putin, venne uccisa sulle scale della sua casa di Mosca. Il libro Mia madre l'avrebbe chiamata guerra, di Vera Politkovskaja (in collaborazione con Sara Giudice), uscira' per Rizzoli a gennaio 2023. Raccontera' la vita e le battaglie della giornalista assassinata alla Fiera di Francoforte.
"La giornalista Anna Politkovskaja (1958-2006) su "Novaja Gazeta" e nei libri espresse critiche riguardo alla politica di Putin e alla guerra cecena. Fu assassinata nel 2006 a Mosca"]
Sono passati sedici anni dall'omicidio di mia madre, la giornalista Anna Politkovskaja. Mia madre e' sempre stata vista come una persona scomoda non soltanto dalle autorita' russe ma anche da quanti, tra le persone comuni, semplicemente aprono i giornali e leggono gli articoli. Perche' la maggioranza della popolazione russa crede purtroppo a tutto quello che viene diffuso dagli schermi dei canali di Stato, un mondo virtuale creato dalla propaganda dove, tutto sommato, ogni cosa pare andare bene. Mentre i problemi che vengono segnalati periodicamente alla popolazione sono soltanto i problemi imputabili invece per gran parte ai Paesi occidentali o, come si usa dire in Russia con un sorrisetto, "all'Occidente in decomposizione".
Nei suoi articoli mia mamma non parlava mai di cose piacevoli; quasi sempre, il suo ruolo era quello di portatrice di cattive notizie. Diceva la verita', nuda e cruda, sui soldati, sui banditi, sulla gente comune finita nel tritacarne della guerra. Parlava di dolore, sangue, morte, corpi lacerati e destini infranti.
Ho cominciato a vivere con il pensiero che un giorno, prima o poi, mia madre avrebbe potuto non esserci piu', molto tempo prima che venisse uccisa. "Vivere con il pensiero" non e' pero' l'espressione piu' corretta. Meglio forse dire che, semplicemente, vivevo, come se la nostra famiglia fosse la piu' ordinaria del mondo, come se la vita che conducevamo fosse tra le piu' normali. E, in effetti, fino a un certo punto lo era, sebbene mia madre abbia sempre saputo che la sua sarebbe stata una fine violenta. Tuttavia, la guardava da una prospettiva puramente pratica, addirittura ci scherzava su e, comunque, ne parlava sempre con calma. Era una donna pragmatica, ed era spaventata dalla morte solo nella misura in cui l'avrebbe potuta cogliere all'improvviso, troppo presto, in un momento magari in cui noi, i suoi figli, non ci eravamo ancora "alzati in piedi", non ci eravamo ancora stabilizzati e sistemati nella vita. Con lei pero' non abbiamo mai parlato della sofferenza che puo' provocare la perdita dei propri cari, o del suo stesso possibile destino. Nessun discorso pomposo e lacrimoso, nessune mani torte, anche perche' con lei sarebbe stato inutile: con lei, l'unica possibile linea d'azione era guardare a testa alta e dritto in faccia il proprio destino.
Eppure, nonostante tutto, non abbiamo potuto evitare l'effetto sorpresa, quando e' successo: e' stata uccisa nel momento in cui meno me l'aspettavo. Il fatto e' che mia madre non si e' mai nascosta da nessuno, non ha mai smesso di lavorare, di aiutare le persone; ha sempre considerato la sua morte possibile come il prezzo da pagare per la scelta di vita che aveva fatto e per il percorso professionale che stava percorrendo.
Il 7 ottobre 2006, il giorno in cui mia madre e' stata uccisa, avevo ventisei anni e mi stavo preparando a diventare madre a mia volta. Fino a quel momento avevo voluto credere che la popolarita' di Anna Politkovskaja in Occidente potesse in qualche modo proteggerla dagli eventuali rischi, da una morte violenta. Mi sbagliavo.
I dittatori hanno bisogno di sacrificare persone per consolidare il proprio potere. L'unico modo per proteggere la liberta' e' combattere la menzogna e dire la verita'. In Russia la liberta' manca. Ho deciso di scrivere questo libro per ricordare la lezione che mia madre ci ha lasciato: chiamare sempre tutti con il proprio nome, compresi i dittatori.
6. LIBRI. MARIANTONIETTA ANTELLI PRESENTA "CHE C'ENTRIAMO NOI" A CURA DI ALESSANDRA DINO E GISELLA MODICA
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano]
Alessandra Dino e Gisella Modica (a cura di), Che c'entriamo noi. Racconti di donne, mafie, contaminazioni, Mimesis, 2022, pp. 278, euro 24.
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E' difficile rendere, in una semplice recensione, la complessita' di questo libro che vuole parlarci ancora di mafia, in ottica femminista, perche' i contributi sono molteplici e si occupano delle svariate sfaccettature del problema. A cosa serve un altro volume che parla di mafia e di donne? Questa domanda che sorge quasi spontanea nella testa di chi vede la copertina, se la sono posta per prime le coordinatrici Alessandra Dino e Gisella Modica le quali si sono anche risposte in modo deciso: serve a combattere il negazionismo e il riduzionismo che sembrano caratterizzare questo periodo.
La risposta e' condivisa da tutte le autrici che hanno voluto collaborare nonostante la diversa provenienza geografica, professionale e generazionale il cui lavoro ha preso forma anche grazie alle relazioni che sono nate e consolidate durante il percorso collettivo di scrittura.
La genesi viene da lontano, dagli anni '90 in cui queste donne coraggiose, sulla scorta della lotta alla stagione delle stragi, si sono impegnate in modi molto differenti e la bellezza del testo e' proprio nella varieta' anche formale delle narrazioni. Non c'e' una storia uguale alle altre pur accumunate dallo stesso forte sentire democratico e femminista. In un certo qual modo si puo' dire che tutto e' iniziato con le collaborazioni con la rivista "Mezzocielo", fondata a Palermo nel 1991 con la presenza attiva anche di Letizia Battaglia e i suoi dossier che portano titoli significativi come "Contro la mafia perche' donne" n.2/2012 o "Che c'entro io con la mafia" n. 161/2019. Ma anche con altre riviste come "Le Siciliane" di Graziella Proto nata dal giornalismo di Giuseppe Fava, e con lo stesso impegno per tenere viva l'attenzione nei riguardi del fenomeno mafioso. Si puo' tranquillamente dire che tutte le donne che hanno collaborato a quest'opera di narrazione e scrittura hanno recepito il messaggio di Pina Maisano (vedova di Libero Grassi) che sostiene che "dall'ascolto delle storie di vita e' possibile tracciare percorsi di liberazione".
Nando dalla Chiesa scrive che l'antimafia e' donna e qui ne abbiamo una prova vedendo come i vari contribuiti si esplichino nell'aderenza al quotidiano, nell'importanza della sfera della corporeita', e della dimensione biografica. Purtroppo le donne che lottano spesso devono subire il doppio sguardo quello della mafia e quello dell'antimafia maschile che le subordina e allora la fatica raddoppia.
Gli aspetti che vengono presi in considerazione vanno dalla lotta contro la pseudoemancipazione delle donne all'interno della struttura mafiosa come si puo' vedere anche in alcune serie televisive, al bisogno di integrare quotidianamente nel lavoro di insegnante i figli dei mafiosi e quelli delle vittime.
Alcuni contributi si assumono il compito di sollecitare la memoria e raccontare diventa un atto di resistenza come nel "Leonesse di Vergine Maria". C'e' poi l'aspetto che riguarda le collaboratrici di giustizia dove si coglie con maggior evidenza la tremenda combinazione di violenza di genere e violenza mafiosa.
Queste scrittrici si sentono contaminate dalla mafia anche se non hanno avuto episodi personali perche' come diceva Giovanni Falcone "la mafia ci rassomiglia".
Sono presenti anche fatti esemplari come quello di Evelina Costa che da' il suo contributo tenendo aperta tutti i pomeriggi la casa della Memoria Felicia e Peppino Impastato di Cinisi e che scrive a pag. 49 "Siamo intere, con la nostra mente, con il nostro corpo, con la nostra emotivita'" rivendicando l'ottica femminista del suo agire.
Per descrivere un fenomeno cosi' complesso ci voleva uno sguardo a 360 gradi come quello di questo libro che non semplifica e non porge al lettore una definizione preconfezionata, anzi lascia che tutta la complessita' appaia agli occhi di chi legge che deve appropriarsi con fatica e soddisfazione della comprensione della mafia.
Queste donne narrano, ognuna con il suo stile, storie che rappresentano le scelte che nel corso della vita hanno fatto come le infinite difficolta' di essere donna, e femminista al Sud, in lotta contro la mafia e il sistema patriarcale mafioso.
Le curatrici Alessandra Dino e Gisella Modica hanno senz'altro avuto il merito di lasciare alle autrici la liberta' di scegliere l'ottica e la forma in cui raccontare storie vere e tutte profondamente sentite.
Si va dal testo teatrale alle biografie. E della mafia si raccontano anche gli aspetti presenti nel mondo della burocrazia di cui tutte abbiamo esperienza. Si narra, con un uso della lingua connotata da una specificita' di genere, o anche piu' semplicemente liberata dai legami con la falsa neutralita' del linguaggio maschile, delle difficolta' dei centri antiviolenza costretti a battersi contro il patriarcato mafioso.
Non manca una riflessione sulla letteratura al femminile che negli ultimi anni si e' occupata del problema con un utile elenco ragionato che va da "L'amica geniale", a Dacia Maraini, alla drammaturgia di Emma Dante, a Maria Rosa Cufrutelli e altre meno note.
7. LIBRI. LILIANA MORO PRESENTA "LA STORIA NELL'OMBRA" DI BRUNELLA CAMPEA
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano]
Brunella Campea, La storia nell'ombra, Galzerano editore, 2022, pp. 193, euro 12.
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Brunella Campea e' una donna coraggiosa: tempo fa affronto' nel suo libro "La farfalla sulla nuca" il tema spinoso e rimosso del tumore al seno con sincerita' profonda e lucida.
Ora nella sua ultima fatica "La storia nell'ombra" affronta il tema dell'emigrazione nei suoi risvolti piu' intimi e duraturi.
"Torno a pensare che noi siamo il risultato di una storia che ci precede, non solo quindi le conseguenze delle nostre scelte, ma anche delle scelte di coloro venuti prima di noi".
Brunella trova nella storia della sua famiglia la vicenda di uomini emigrati negli Stati Uniti nei primi anni del Novecento, il periodo della grande fuga dalla poverta', iniziata alla fine dell'Ottocento quando dalla recente nazione italiana milioni di contadini, ma non solo, se ne andarono nel mondo, specialmente nelle Americhe (si calcolano quasi 30 milioni complessivi).
L'interesse particolare di questo libro e' la ricostruzione precisa e graduale dell'evento traumatico che porto' alla divisione della famiglia, per cui la nonna Betta rimase in Italia sola allevando i figli, custodendo le proprieta', attraversando ogni genere di problemi tra cui anche due guerre e terremoti. Mentre suo marito Guerino si costrui' una nuova vita e un'altra famiglia negli Stati Uniti.
Ma il percorso per arrivare a questa consapevolezza non fu agevole per Campea.
"Ho sempre pensato che questa storia rivendicasse la sua narrazione, a dispetto del tempo, delle sofferenze che ha generato... ma come riannodare i fili abbandonati da decenni, appesi al secolo scorso e ciondolanti nel vuoto di conoscenze e coscienze mancate, sospese su un oceano ancora troppo grande?".
E in effetti ci e' riuscita a riannodare quei fili, arrivando infine perfino a conoscere le discendenti di suo nonno e degli zii emigrati, ed anche a ricostruire in modo efficace la storia della sua famiglia e della forte antenata, la nonna Betta, in particolare. L'ha fatto inserendo anche la propria storia personale di bambina e di donna, senza tralasciare di inserire il tutto nel contesto storico e culturale.
Dunque una narrazione che toglie dall'ombra un pezzo di storia ricostruendola dall'interno e ci fornisce molti elementi di riflessione su un fenomeno, la migrazione, l'abbandono delle proprie origini, che continua a coinvolgere milioni di persone e a provocare sofferenze durature, non solo nei diretti protagonisti ma anche nei loro discendenti.
La storia nell'ombra e' una storia prevalentemente al femminile, conservata, narrata - o anche taciuta - da nonne, madri, figlie, zie... Molto opportunamente in copertina campeggia il volto assorto e curioso della madre bambina di Brunella, con uno sguardo che ancora ci interroga.
8. MAESTRE. MARIA LUISA BOCCIA: CARLA LONZI
[Riproponiamo dal Dizionario biografico degli italiani (2015), nel sito www.treccani.it]
Carla Lonzi nacque a Firenze il 6 marzo 1931 da Agostino, artigiano, e Giulia Matteini, diplomata maestra, entrambi orfani. Era la prima figlia, accolta come "la creatura piu' attesa" (Lonzi, 1978, p. 18). Alla nascita di Lidia, seguita in pochi anni da Marta, Vittorio e Alfredo, Carla soffri' immensamente della perdita del privilegio di prima e unica figlia. Reagi' con una precoce ricerca di autonomia, scegliendo, a soli nove anni, il distacco dalla famiglia, andando a studiare al collegio di Badia di Rivoli, dove rimase fino al 1943. Fu un'esperienza formativa che rimase un riferimento significativo per tutta la vita. Nelle vite di sante, in particolare quelle di Therese Martin e Teresa d'Avila, avrebbe trovato rispecchiata quella esperienza. Nell'autunno del 1943 per decisione del padre lascio' il collegio, ma il ritorno a casa fu drammatico dal momento che non si accordava con l'autonomia a cui si era abituata.
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Gli studi, il matrimonio, la scrittura
Conclusi gli studi al liceo Michelangelo, nel 1950 si iscrisse alla facolta' di lettere. Nell'autunno 1952, a causa del riacuirsi del conflitto con la sorella Lidia, si trasferi' a Parigi, ma un'infiammazione polmonare la costrinse ad anticipare il ritorno a Firenze. Alle lezioni di Roberto Longhi conobbe Marisa Volpi, con la quale stabili' un rapporto intellettuale e umano, segnato dal fervore di fare e pensare insieme. Nel 1955 pubblicarono su Paragone un articolo su Ben Shan (n. 69, pp. 38-61). E' il primo scritto di Carla Lonzi sull'arte. Nel 1956 discusse la tesi I rapporti tra la scena e le arti figurative dalla fine dell'Ottocento. Un lavoro, molto apprezzato da Longhi, edito postumo da Olschki (Firenze 1996), avendo Lonzi rifiutato l'offerta di pubblicarlo e dare cosi' inizio alla professione accademica. Preferi' tornare a Roma, dove aveva soggiornato per la ricerca sulla tesi. Qui incontro' Mario Lena, chimico industriale, impegnato nel sindacato e nel Partito comunista (PCI). Dopo una breve convivenza nella capitale, si trasferirono in Toscana, e il 28 novembre 1958 si sposarono a Carrara. Carla era in attesa del figlio Battista che nacque a Viareggio l'8 giugno 1959.
Furono anni di grande isolamento, segnati da inquietudini e preoccupazioni economiche e professionali. Trovo' sostegno nella scrittura, come le era gia' accaduto da bambina. Dal 1958 al 1963 dedico' la maggior parte del suo tempo a scrivere poesie. Per Lonzi la scrittura fu sempre scavo nel vissuto e nell'animo, volto a cogliere "l'autenticita'" dell’io. "[...] all'interno di me una sconosciuta agonizzava. Tendevo l'orecchio per cercare di cogliere nella sua agonia la chiave di una verita' di cui mi accorgevo all'improvviso di essere priva. Mi fidavo solo di lei" (Lonzi, 1978, p. 1109).
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Lonzi critica d'arte: dagli esordi al rifiuto
Nell'autunno del 1959 si trasferi' a Milano, che divenne la sua citta' elettiva. Ma e' a Torino, presso la galleria Notizie che allesti' la prima mostra: La Gibigianna di Pinot Gallizio, nel giugno 1960. Da allora la professione di critica inizio' a rafforzarsi, mentre il matrimonio con Lena si deteriorava. A determinarne la conclusione fu l'incontro con Pietro Consagra nella primavera 1961. Il loro rapporto, destinato a durare, nonostante crisi e conflitti, fino alla morte di Lonzi, si consolido' nel 1964.
Tra il 1962 e il 1967 Lonzi curo' mostre dei piu' importanti artisti italiani e stranieri, principalmente alla galleria Notizie, ma anche a Milano, Firenze, Venezia. Tra le piu' significative la presentazione di Carla Accardi, alla XXXII Biennale di Venezia; le mostre di Jannis Kounellis e di Consagra, rispettivamente nel maggio e nel giugno 1967, alla galleria Ariete di Milano. Lonzi era una firma abituale di L'Approdo letterario, periodico della Rai, e di Marcatre', sulla quale pubblicava i Discorsi, dialoghi con artisti. Sempre in questi anni scrisse la monografia di Henri Rousseau (n. 148), e di George Seurat (n. 178), nella collana "Maestri del colore", dei Fratelli Fabbri Editori.
Nel dicembre 1967 ando' a vivere per sei mesi a Minneapolis con Consagra. Il soggiorno negli Stati Uniti fu dedicato al montaggio dei colloqui con 13 dei maggiori artisti attivi in Italia: Carla Accardi, Getulio Alviani, Enrico Castellani, Consagra, Luciano Fabro, Lucio Fontana, Jannis Kounellis, Mario Nigro, Giulio Paolini, Pino Pascali, Mimmo Rotella, Salvatore Scarpitta, Giulio Turcato, Cy Twombly. Prima di rientrare in Italia Lonzi fu operata a Boston per un tumore alla tiroide.
Autoritratto fu pubblicato da Di Donato nell'autunno 1969. E' il testo piu' importante di Lonzi critica, uno dei piu' belli ed originali sull'arte degli anni Sessanta. L'uso del registratore, all'epoca una assoluta novita', le consenti' di restituire la voce autentica dell'artista, senza il filtro linguistico del critico. L'attenzione alla soggettivita' femminile connota con forza il dialogo tra Lonzi e Accardi nel libro.
Dell'arte le interessava non l'opera, il prodotto, ma il manifestarsi dell'autenticita' dell'artista. E' questo il filo comune al suo lavoro di critica, alla scrittura poetica, al femminismo. Con la presa di coscienza femminista, Lonzi maturo' la convinzione che tra autenticita' e creativita' vi fosse una distinzione. L'affermazione della creativita' di alcuni, tramite un sistema culturale, produce, secondo Lonzi, proiezione e passivizzazione in chi ne fruisce come spettatore, spettatrice. Per questo mettere in discussione il ruolo del critico e' il passaggio necessario per sottrarre l'arte al "mito culturale" nel quale e' imbrigliata, e per permettere alla creativita' di ognuno/a di entrare in rapporto con il nucleo di autenticita' che vi e' nell'esperienza artistica.
Anche se l'ultimo articolo, La critica e' potere, e' del dicembre 1970 (in NAC. Notiziario d'arte contemporanea, n. 3, pp. 5-6), con Autoritratto Lonzi di fatto concluse la sua attività di critica, con un giudizio radicale: "L'atto critico completo e verificabile e' quello che fa parte della creazione artistica" (Lonzi, 1969, p. 3); per questo e' necessario negare il ruolo del critico, in quanto potere ed ideologia sull'arte e sugli artisti.
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L'incontro con il femminismo e la nascita di Rivolta femminile
Nello stesso periodo Lonzi diede forma ad una nuova, intensa, esperienza.
Nella primavera del 1970 si incontro' a Roma, per piu' giorni, con Accardi ed Elvira Banotti, per condividere l'emozione suscitata dall'insorgere del femminismo nel mondo. Ne scaturi' il Manifesto di Rivolta femminile, pubblicato a luglio, che sanciva la nascita dei primi gruppi femministi italiani. Lo scrisse Lonzi, e nello stesso anno scrisse Sputiamo su Hegel, un invito a prendere congedo dalla cultura patriarcale, rivolto innanzitutto alle donne, femministe e militanti politiche, che davano piu' credito alle teorie e alle forme di lotta degli uomini che non all'esperienza e alla storia del proprio sesso.
Per Lonzi il congedo fu una scelta di vita radicale. Interruppe la professione e rifiuto' ogni altra forma di attivita' e di vita pubblica, per dedicarsi interamente ai gruppi di Rivolta femminile, nati in molte citta', alla scrittura e alla cura della collana "Scritti di Rivolta femminile". Il segno di questa scelta fu il rifiuto dell'emancipazione, tratto comune alla generazione femminista degli anni Settanta che in essa vedeva una promessa mancata, perche' non liberava dall'identita' di genere tradizionale e non dava risposte alla ricerca di un differente modo di essere donna, non uomo.
Cio' che distinse Rivolta femminile da altri gruppi che si formarono in quegli anni fu l'estraneita' ai movimenti politici della sinistra. Nessuna di loro apparteneva alla generazione del Sessantotto, che costituiva l'area principale del femminismo e sui rapporti tra movimenti giovanili e femminismo Lonzi si espresse esplicitamente dieci anni dopo, in una lettera a L'Espresso del 5 febbraio 1978: "Si continua a dare per scontato che esista un rapporto diretto tra '68 e femminismo, questo sulla linea di far apparire sempre il femminismo come il reparto-donne di ideologie, rivoluzioni e rivolte degli uomini. [...] Ma il femminismo non e' un movimento giovanile, in particolare Rivolta femminile [...] che e' nata come gruppo nel luglio del '70, all'inizio ha espresso donne dai trenta ai trentacinque anni in avanti che con il ’68 non avevano niente a che vedere. D’altra parte per entrare in uno spirito femminista le giovani hanno dovuto scardinare non poco le parole d'ordine, i modi e i miti sessantotteschi. E' stato malgrado il '68 e non grazie al '68 che hanno potuto farlo" (Lonzi, 1985, p. 50).
Rivolta femminile fu il primo gruppo a praticare il separatismo. "Comunichiamo solo con donne", con questo annuncio si chiude il Manifesto. L'invenzione della pratica dell'autocoscienza, centrata sui rapporti tra donne, sulla presa di parola a partire dal vissuto, sulla costruzione di autonomia, nel privato e nel pubblico e' il contributo essenziale di Lonzi e Rivolta femminile al femminismo contemporaneo. Diversamente da altri gruppi, Rivolta non abbandono' questa pratica in rapporto alle circostanze. Piuttosto l'affino' ed approfondi', ad esempio attraverso la scrittura e la circolazione di testi. Fu anche il primo gruppo a cimentarsi con la necessita' di fare impresa, per garantirsi autonomia economica, creando una casa editrice.
Nella prima meta' degli anni Settanta l'espansione del femminismo si intreccio' con importanti mutamenti: la vittoria del No al referendum sul divorzio, i processi e le manifestazioni sull'aborto, la riforma del diritto di famiglia. Contemporaneamente, la sua espansione produsse un mutamento significativo nel femminismo, rappresentato dal passaggio dalla prolificazione dei gruppi e delle pratiche originali al recupero di modalita' piu' tradizionali della politica: la manifestazione, la rivendicazione della legge, il rapporto con le istituzioni, sia pure conflittuale. Rivolta femminile non si riconobbe nel movimento femminista di massa, anzi prese esplicitamente distanza, nei contenuti come nelle forme politiche.
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Gli scritti sulla sessualita' e l'autocoscienza
Nel luglio 1971 Lonzi scrisse un secondo testo, firmato dal gruppo, Sessualita' femminile e aborto (in Lonzi, 1974, pp. 67-75). Dopo un esplicito rifiuto di richiedere agli uomini di potere, ai legislatori, la decadenza del reato, sanzionata di fatto dagli aborti clandestini, nel testo Lonzi metteva in questione il nesso procreazione-sessualita', costruito dalla cultura patriarcale. "Libera maternita' e libera sessualita' devono trovare i loro significati all'interno della nostra presa di coscienza". In assenza di questo lavoro politico, anche la "libera scelta" di abortire non ha un contenuto liberatorio. (Lonzi, 1974, p. 69).
In La donna clitoridea e la donna vaginale (in Lonzi, 1974, pp. 77-140), a cui stava lavorando quell'estate, Lonzi elaboro', a partire dal suo vissuto, una lettura originale della sessualita' femminile, quella del piacere clitorideo. Nella Premessa esplicita le domande di fondo. "Perche' la donna non ha la risoluzione nell'orgasmo assicurata come l'uomo? Qual e' il suo funzionamento fisico-sessuale? E quello pschico-sessuale? Qual e' infine il suo sesso? Esistono donne clitoridee e donne vaginali. Chi sono? Chi siamo?" (Ivi, p. 9).
Come il Manifesto, questo scritto suscito' discussioni e polemiche, anche nei gruppi di Rivolta femminile. E apri' al confronto sulle differenze tra donne nel femminismo. In Rivolta femminile porto', in particolare, ad un approfondimento sull'autocoscienza (Significato dell'autocoscienza nei gruppi femministi (1972) in Lonzi, 1974, pp. 141-147): l'esigenza di mettere in questione il sistema patriarcale aveva fatto emergere "il senso di se'", il desiderio e la possibilita' di essere soggetto, senza identificarsi nella "Donna", ma senza dover negare la differenza dall'uomo.
In questo passaggio cruciale cambiarono anche i rapporti di Carla Lonzi dentro Rivolta femminile. Dal gennaio al giugno 1973 lascio' il gruppo, nel quale si sentiva troppo investita di un ruolo. Con l'acquisto di Turicchi, un podere nel Chianti, Carla trovo' un luogo che senti' "casa propria", dove trovare anche la "dimora per sempre» (Lonzi, 1978, p. 439).
Nel maggio del 1974 usci', nella collana "libretti verdi", la ristampa dei suoi scritti, inclusi i testi firmati da Rivolta femminile (Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale e altri scritti). L'anno dopo il libro fu tradotto in Argentina (Escupamos sobre Hegel) e in Germania (Die lust Frau zu sein). Nel giugno 1976 Michele Causse dell'Editions des femmes chiese un'intervista a Carla Lonzi sull'esperienza di Rivolta femminile, mostrando come essa fosse considerata un punto di riferimento, non solo in Italia, soprattutto in ragione degli scritti di Lonzi. Nel 1981 usci' l'edizione spagnola di Escupamos sobre Hegel presso Anagrama (Barcellona 1981). Questo riconoscimento all'estero contrasta con quanto avveniva in Italia. Il femminismo faceva notizia, ma l'interesse si fermava agli slogan e l'immagine che ne veniva restituita era quella dei cortei in gonne a fiori e zoccoli. Nei casi migliori era rappresentato come ideologia, volta all'affermazione di un sesso contro l'altro, riconducendolo nello schema della lotta politica centrata sul potere. Come denuncio' Lonzi, questo "conferma, e non mette in crisi cio' che noi vogliamo sovvertire" (in Chianese et al., 1977, p. 104).
Rivolta femminile presto' grande attenzione al discorso pubblico sul femminismo e in piu' occasioni provo' ad interloquire, senza riuscirvi. Nel gennaio 1975 Pier Paolo Pasolini su Il corriere della sera critico' il movimento per non aver affrontato il nodo della sessualita' e la correlazione coito-aborto. Lonzi invio' al giornale lo scritto Sessualita' femminile e aborto, con una lettera a Pasolini. Il giornale non pubblico' e Pasolini non rispose.
L'esigenza di far conoscere il pensiero e l'esperienza femminista porto' ad intensificare l'attivita' della casa editrice. Tra il 1977 e 1979 pubblico' oltre a testi individuali, due volumi di scritti collettivi, E' gia' politica e La presenza dell'uomo nel femminismo; nel 1980 inauguro' la nuova collana "Prototipi" con Vai pure, dialogo tra Lonzi e Consagra sul loro rapporto. Lonzi ne fu non solo autrice, ma anche curatrice editoriale.
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Il personale e' politico: da Diario di una femminista a Vai pure
Taci anzi parla. Diario di una femminista (Milano 1978) raccoglie in 1300 pagine le annotazioni di fatti, letture, pensieri, emozioni, dal 1972 al 1977, l'arco temporale in cui si svilupparono l'autocoscienza e l'esperienza di Rivolta femminile. La decisione di pubblicarlo fu difficile, per la consapevolezza che "pubblicare un diario e' svelare se stessi al di fuori delle convenzioni e trascinare altri in questa operazione. [...] Da qualche parte bisogna pur cominciare a demolire le false identita' che stanno appiccicate alle donne come un sudario" (in Lonzi, 1985, p. 51). Per Lonzi scrivere e' arricchire l'esistenza di possibilita', e la scrittura di un diario le fu particolarmente congeniale: "e' un libro che ho scritto senza pause come ho vissuto senza pause e che si e' concluso solo quando il periplo attorno alla mia identita' mi e' parso esaurito" (Ivi, p. 53).
Quando usci' il diario il rapporto con Consagra attraversava una crisi profonda, che si acui' quando Consagra le propose di accettare la presenza di un'altra donna nella sua vita, disposta a prendersi cura di lui e del suo studio. Carla non oppose un rifiuto immediato, per affrontare la nuova situazione si affido', come sempre, alla scrittura. Del diario che tenne in quel periodo si conosce solo il titolo, Gelosia. Nella sua situazione vide riproporsi una costante del rapporto uomo donna: l'impossibilita' di andare a fondo, perché l'uomo trova appoggio in un'altra donna.
Per comprenderla inizio' una ricerca storico-letteraria, trovando un antecedente nelle commedie di Moliere. A colpirla in Les femmes savantes fu la messa in ridicolo delle donne intellettuali – les precieuses ridicules – che non si affidano all'uomo per pensare. Questa rappresentazione le risulto' vera ed attuale: "Il mondo delle Precieuses mi interessa e mi riguarda [...] aver espresso pubblicamente il desiderio di rifiutare o ritardare l'amore fisico, quindi una sospensione del gradimento del pene, e dall'aver preteso di giudicare le opere degli autori, quindi una intromissione nel mondo del fallo. Queste sono state due mosse autentiche e strategiche [...]. In fondo i miei scritti teorici toccano gli stessi due punti, con Sputiamo su Hegel e La donna clitoridea e la donna vaginale" (Lonzi, 1992, p. 14).
Nel maggio del 1980 Carla e Pietro si incontrarono per chiarire la loro situazione di coppia. Carla registro' i colloqui, come faceva sempre per le persone a cui teneva. L'intesa si rivelo' impossibile e Carla chiuse l'incontro con l'invito a Pietro: Vai pure. Ai primi di giugno parti' per Parigi, per continuare la sua ricerca sulle preziose. Poi trascorse l'estate a Turicchi. "Per me era proprio una rottura desiderata [...]. Ero veramente felice" (Lonzi, 1981, pp. 18-19). A fine estate su proposta di Consagra il loro rapporto riprese. Per Lonzi tuttavia la separazione non era stata una parentesi, non solo aveva messo a nudo le ragioni, insolute, di un contrasto, ma l'aveva caricata di nuove energie, mettendo fine all'antagonismo con l'uomo. Per questo decise di pubblicare il dialogo, con il consenso di Consagra.
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Epilogo
Poco dopo la pubblicazione del libro cominciarono forti dolori al viso. Non vi presto' molta attenzione, perche' era immersa nel lavoro. Alla ricerca sulle preziose si era infatti aggiunta la richiesta di scrivere un testo per il catalogo della mostra Identite' italienne, prevista al Centre Georges Pompidou di Parigi, a giugno. Lonzi esito' ad accettare, a tornare su un argomento che considerava per lei concluso. Decise di farlo, per il riconoscimento della qualita' del suo lavoro di critica e per riprendere, al presente, la questione di fondo: il processo autentico tra se' e l'opera che connota la creativita'. Nelle righe finali defini' la sua presenza in quel mondo: "una futura coscienza e non una complice negli anni '60 faceva il suo ingresso come critica d'arte nel campo della creativita'" (Lonzi, 1981, p. 31). Ne era uscita, avendo trovato nel femminismo l'espressione della sua creativita'; poteva riprendere parola sull'arte, forte di questo.
Per tutta l'estate la malattia non miglioro', ed in autunno accetto' di sottoporsi ai controlli. Fu operata di cancro al Canton hospital di Zurigo il 15 dicembre 1981. Torno' a Milano nel febbraio, ma non si riprese. A giugno le sue condizioni peggiorarono e venne ricoverata alla clinica Capitanio di Milano.
Mori' il 2 agosto 1982. Il suo corpo e' sepolto nel cimitero di Turicchi.
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Opere
Oltre a quelle citate si segnalano La solitudine del critico, in L'Avanti!, 13 dicembre 1963; C. Lonzi - T. Trini - M. Volpi, Tecniche e materiali, in Marcatre', 1968, n. 37-40, pp. 165-185; Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale e altri scritti, Scritti di Rivolta femminile, Milano 1974; M.G. Chianesi et al, E' gia' politica, Scritti di Rivolta femminile, Milano 1977 (in partic. Intervista di Michelle Causse a Carla Lonzi, pp. 101-109; Itinerario di riflessioni, pp. 13-51); Mito della proposta culturale, in M. Lonzi - A. Jaquinta - C. Lonzi, La presenza dell'uomo nel femminismo, Scritti di Rivolta femminile, Milano 1978, pp. 137-154; Altro che riflusso! Il tifone femminista soffia da secoli, in Quotidiano donna, 30 settembre 1979; Con il problema dell'uomo alle spalle, in Ivi, 15 maggio 1981; Identite' italienne. L'art en Italie depuis 1959, a cura di Germano Celant, Centre Pompidou, Paris 1981, p. 31; Scacco ragionato. Poesie dal '58 al '63, Scritti di Rivolta femminile (postumo 1985); Armande sono io!, Scritti di Rivolta femminile (postumo 1992); I rapporti tra la scena e le arti figurative dalla fine dell'Ottocento, (postumo 1996).
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Fonti e bibliografia
I movimenti femministi in Italia, a cura di R. Spagnoletti, Roma 1971; Femminismo e lotta di classe in Italia (1970-1973), a cura di B. Frabotta, Roma 1975; J. Kristeva, Donne cinesi, Milano 1975; L. Melandri, L'infamia originaria, Milano 1977; La politica del femminismo, a cura di B. Frabotta, Roma 1978; A. Calabro' - L. Grasso, Dal movimento femminista al femminismo diffuso, Milano 1985; M. Lonzi - A. Jaquinta, Biografia, in C. Lonzi, 1985, pp. 9-73; M.L. Boccia, Per una teoria dell'autenticità, in Memoria, 1987, n.19-20, pp. 85-108; Diotima, Il pensiero della differenza sessuale, Milano 1987; Libreria delle donne di Milano, Non credere di avere dei diritti, Torino 1987, pp. 29-35; M. L. Boccia, L'io in rivolta. Vissuto e pensiero di C. L., Milano 1990; Ead., Carla e Pietro, in Tuttestorie, 1996, n. 5, pp. 31-33; M. Bucci, C. L.: un ribaltamento di scena, in C. Lonzi, 1996, pp. V-XX; A. Piccirillo, La presenza di coscienza, in Femminismi a Torino, a cura di P. Zumaglino, Milano 1996; F. Lussana, Le donne e la modernizzazione: il neofemminismo degli anni Settanta, in Storia dell'Italia repubblicana, III, 2, Torino 1997, pp. 471-565; F. Restaino - A. Cavarero, Le filosofie femministe, Torino 1999, pp. 101-110; D. Spadaccini, Scrittura politica e scrittura mistica, in Dwf, 1999, n. 2-3, pp. 56-75; Centro studi e documentazione pensiero femminile, 100 titoli. Guida ragionata al femminismo degli anni Settanta, Ferrara 1998 (in partic. M.L. Boccia, Manifesto, pp. 58-64; E. Baeri, Sputiamo su Hegel, pp. 64-70); Lessico politico delle donne. Teorie del femminismo, a cura di M. Fraire, Milano 2002; A. Bravo - G. Fiume, Genesis, III (2004), n. 1: monografico: Anni Settanta, 2004; Il femminismo degli anni Settanta, a cura di T. Bertilotti - A. Scattigno, Roma 2005; A. Buttarelli, Me stessa non io. C. L. scrive il suo Diario, in Mancarsi. Assenza e rappresentazione del se' nella letteratura del Novecento, a cura di L. Graziano, Verona 2005, pp. 152-162; L. Jamurri, Un "mestiere fasullo": note su Autoritratto di C. L., in Donne d'arte. Storie e generazioni, a cura di M.A. Trasforini, Roma 2006, pp. 113-132; G. Providenti, Passaggi di esperienza. Autenticita' e liberazione in Carla Lonzi, 2006, http://host.uniroma3.it/dipartimenti/filosofia/culturali/simposio.htm (20 giugno 2015); M. Baldini, Le arti figurative all'"Approdo". C. L. un'allieva dissidente di Roberto Longhi, in Italianistica, XXXVIII (2009), 3, pp. 115-130; G. Zanchetti, Premessa e profezia. Crisi della creativita', crisi della critica e relazione secondo C. L., in Anni '70: l'arte dell'impegno, a cura di C. Casero - E. Di Raddo, Milano 2009, pp. 33-48; L. Conti - V. Fiorini - V. Martini, C. L. la duplice radicalita'. Dalla critica militante al femminismo di Rivolta, Pisa 2011; Ti darei un bacio. C. L., il pensiero dell'esperienza, a cura di M. Farneti, Ferrara 2011; Collettivo femminista Benazir, Frammenti di autocoscienza. Il percorso politico sulla sessualita' di un gruppo di giovani femministe, Roma 2012; A. Buttarelli, Sovrane. L'autorita' femminile al governo, Milano 2013, pp. 168-174; M. L. Boccia, Con C. L.. La mia opera e' la mia vita, Roma 2014.
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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 610 del 27 ottobre 2022
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