[Nonviolenza] Telegrammi. 4554



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4554 del 6 agosto 2022
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. La memoria di Hiroshima
2. Guenther Anders: Comandamenti dell'era atomica
3. Tre lettere
4. Tre tesi
5. Ripetiamo ancora una volta...
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. L'ORA. LA MEMORIA DI HIROSHIMA

Ci convoca ad abolire la guerra.
Ci convoca ad abolire gli eserciti.
Ci convoca ad abolire le armi.
Ci convoca a salvare le vite, tutte le vite.
Ci convoca alla nonviolenza che sola puo' salvare l'umanita'.

2. TESTI. GUENTHER ANDERS: COMANDAMENTI DELL'ERA ATOMICA
[Nuovamente riproponiamo il seguente testo allegato alla lettera 4 (di Anders a Eatherly, del 2 luglio 1959), precedentemente apparso nella "Frankfurter Allgemeine Zeitung" del 13 luglio 1957, che estraiamo dalla corrispondenza tra Guenther Anders e Claude Eatherly, Il pilota di Hiroshima. Ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, poi Linea d'ombra, Milano 1992, ivi alle pp. 38-50, nella traduzione di Renato Solmi.
Guenther Anders (pseudonimo di Guenther Stern, "anders" significa "altro" e fu lo pseudonimo assunto quando le riviste su cui scriveva gli chiesero di non comparire col suo vero cognome) e' nato a Breslavia nel 1902, figlio dell'illustre psicologo Wilhelm Stern, fu allievo di Husserl e si laureo' in filosofia nel 1925. Costretto all'esilio dall'avvento del nazismo, trasferitosi negli Stati Uniti d'America, visse di disparati mestieri. Tornato in Europa nel 1950, si stabili' a Vienna. E' scomparso nel 1992. Strenuamente impegnato contro la violenza del potere e particolarmente contro il riarmo atomico, e' uno dei maggiori filosofi contemporanei; e' stato il pensatore che con piu' rigore e concentrazione e tenacia ha pensato la condizione dell'umanita' nell'epoca delle armi che mettono in pericolo la sopravvivenza stessa della civilta' umana; insieme a Hannah Arendt (di cui fu coniuge), ad Hans Jonas (e ad altre e altri, certo) e' tra gli ineludibili punti di riferimento del nostro riflettere e del nostro agire. Opere di Guenther Anders: Essere o non essere, Einaudi, Torino 1961; La coscienza al bando. Il carteggio del pilota di Hiroshima Claude Eatherly e di Guenther Anders, Einaudi, Torino 1962, poi Linea d'ombra, Milano 1992 (col titolo: Il pilota di Hiroshima ovvero: la coscienza al bando); L'uomo e' antiquato, vol. I (sottotitolo: Considerazioni sull'anima nell'era della seconda rivoluzione industriale), Il Saggiatore, Milano 1963, poi Bollati Boringhieri, Torino 2003; L'uomo e' antiquato, vol. II (sottotitolo: Sulla distruzione della vita nell'epoca della terza rivoluzione industriale), Bollati Boringhieri, Torino 1992, 2003; Discorso sulle tre guerre mondiali, Linea d'ombra, Milano 1990; Opinioni di un eretico, Theoria, Roma-Napoli 1991; Noi figli di Eichmann, Giuntina, Firenze 1995; Stato di necessita' e legittima difesa, Edizioni Cultura della Pace, San Domenico di Fiesole (Fi) 1997. Si vedano inoltre: Kafka. Pro e contro, Corbo, Ferrara 1989; Uomo senza mondo, Spazio Libri, Ferrara 1991; Patologia della liberta', Palomar, Bari 1993; Amare, ieri, Bollati Boringhieri, Torino 2004; L'odio e' antiquato, Bollati Boringhieri, Torino 2006; Discesa all'Ade, Bollati Boringhieri, Torino 2008. In rivista testi di Anders sono stati pubblicati negli ultimi anni su "Comunita'", "Linea d'ombra", "Micromega". Opere su Guenther Anders: cfr. ora la bella monografia di Pier Paolo Portinaro, Il principio disperazione. Tre studi su Guenther Anders, Bollati Boringhieri, Torino 2003; singoli saggi su Anders hanno scritto, tra altri, Norberto Bobbio, Goffredo Fofi, Umberto Galimberti; tra gli intellettuali italiani che sono stati in corrispondenza con lui ricordiamo Cesare Cases e Renato Solmi.
Claude Eatherly, ufficiale dell'aviazione militare statunitense, il 6 agosto del 1945 prese parte al bombardamento atomico di Hiroshima. Sconvolto dal crimine cui aveva partecipato, afflitto da un senso di colpa insostenibile, considerato pazzo, conobbe il carcere e il manicomio. Si impegno' nella denuncia dell'orrore della guerra atomica e nel movimento pacifista e antinucleare. La corrispondenza che ebbe con Guenther Anders tra il 1959 e il 1961 e' raccolta nel libro Il pilota di Hiroshima. Ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, poi Linea d'ombra, Milano 1992.
Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta, e' deceduto il 25 marzo 2015. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti maggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Th. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007]

Il tuo primo pensiero dopo il risveglio sia: "Atomo". Poiche' non devi cominciare un solo giorno nell'illusione che quello che ti circonda sia un mondo stabile. Quello che ti circonda e' qualcosa che domani potrebbe essere gia' semplicemente "stato"; e noi, tu e io e tutti i nostri contemporanei, siamo piu' "caduchi" di tutti quelli che finora sono stati considerati tali. Poiche' la nostra caducita' non significa solo il nostro essere "mortali"; e neppure che ciascuno di noi puo' essere ucciso. Questo era vero anche in passato. Ma significa che possiamo essere uccisi in blocco, che possiamo essere uccisi come "umanita'". Dove "umanita'" non e' solo l'umanita' attuale, quella che si estende e si distribuisce attraverso le regioni terrestri; ma e' anche quella che si estende attraverso le regioni del tempo: poiche', se l'umanita' attuale sara' uccisa, si estinguera' con lei anche l'umanita' passata, e anche quella futura. La porta davanti alla quale ci troviamo reca quindi la scritta: "Nulla sara' stato", e sull'altro verso le parole: "Il tempo e' stato solo un interludio". Ma, in questo caso, il tempo non sara' stato un interludio fra due eternita' (come speravano i nostri antenati), ma un interludio fra due nulla: fra il nulla di cio' che, nessuno potendolo ricordare, "sara' stato" come se non fosse mai stato, e il nulla di cio' che non potra' mai essere. E poiche' non ci sara' nessuno per distinguere i due nulla, essi si confonderanno in un nulla unico. Ecco quindi la nuova, apocalittica forma di caducita' che e' la nostra, e accanto alla quale tutto cio' che ha avuto finora questo nome e' diventato un'inezia. - E perche' questo non ti sfugga, il tuo primo pensiero dopo il risveglio sia: "Atomo".
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La possibilita' dell'apocalisse
E questo sia il tuo secondo pensiero dopo il risveglio: "La possibilita' dell'apocalisse e' opera nostra. Ma noi non sappiamo quello che facciamo". No, non lo sappiamo; e non lo sanno nemmeno quelli che dispongono e decidono di essa; poiche' anch'essi sono come noi; anch'essi sono noi; anch'essi sono radicalmente incompetenti. E' vero che questa incompetenza non e' colpa loro, ma e' piuttosto l'effetto di una circostanza che non si puo' attribuire a nessuno di loro ne' di noi: la sproporzione continuamente crescente fra la nostra facolta' produttiva e la nostra facolta' immaginativa, fra cio' che possiamo produrre e cio' che possiamo immaginare.
Poiche', nel corso dell'epoca tecnica, il rapporto tradizionale tra fantasia e azione si e' rovesciato. Se era naturale, per i nostri antenati, considerare la fantasia "esorbitante", esuberante, eccessiva, e cioe' tale che superava e trascendeva l'ambito del reale, oggi i poteri della nostra fantasia (e i limiti della nostra sensibilita' e della nostra responsabilita') sono inferiori a quelli della nostra prassi; per cui si puo' dire che oggi la nostra fantasia non e' all'altezza degli effetti che possiamo produrre. Non e' solo la nostra ragione a essere kantianamente limitata e finita, ma anche la nostra immaginazione e - a maggior ragione - la nostra sensibilita'. Possiamo pentirci, tutt'al piu', dell'uccisione di un uomo: e' tutto cio' che si puo' chiedere alla nostra sensibilita'; possiamo rappresentarci, tutt'al piu', l'uccisione di dieci uomini: e' tutto cio' che si puo' chiedere alla nostra immaginazione; ma ammazzare centomila persone non presenta piu' alcuna difficolta'. E cio' non solo per ragioni tecniche; e non solo perche' l'azione si e' ridotta a semplice collaborazione e partecipazione, a un "azionare" che rende invisibile l'effetto, ma anche e proprio per una ragione di ordine morale: e cioe' perche' la strage in massa trascende di gran lunga la sfera di quelle azioni che siamo in grado di rappresentarci concretamente e a cui possiamo reagire sentimentalmente; e la cui esecuzione potrebbe essere inibita dall'immaginazione o dai sentimenti. - Le tue verita' successive dovrebbero quindi essere queste: "L'inibizione diminuisce progressivamente con l'ingrandirsi oltre misura dell'azione"; e "L'uomo e' minore (piu' piccolo) di se stesso". Questa e' la formula della nostra attuale schizofrenia, e cioe' del fatto che le nostre varie facolta' operano separatamente, come entita' isolate e prive di coordinazione che hanno perso il contatto fra loro.
Ma non e' per formulare nozioni definitive e fatalmente disfattistiche su noi stessi che devi formulare queste verita': ma, al contrario, per inorridire della finitezza e per vedere in essa uno scandalo; per sciogliere e allentare quei limiti irrigiditi e trasformarli in barriere da superare; per revocare e abolire la schizofrenia. Naturalmente, finche' ti e' concesso di sopravvivere, puoi anche metterti a sedere, rinunciare ad ogni speranza e rassegnarti alla tua schizofrenia. Ma se non sei disposto a questo, devi cercare di raggiungere te stesso, di portarti alla tua propria altezza. E cio' significa (questo e' il tuo compito) che devi cercare di colmare l'abisso fra le due facolta': la facolta' produttiva e la facolta' riproduttiva; che devi livellare la differenza di altezza che le separa; o, in altri termini, che devi sforzarti di allargare l'ambito limitato della tua immaginazione (e quello ancora piu' ristretto del tuo sentimento), finche' sentimento ed immaginazione arrivino ad apprendere e a concepire l'enormita' che sei stato in grado di produrre; finche' tu possa accettare o respingere cio' che hai inteso. Insomma, il tuo compito consiste nell'allargare la tua fantasia morale.
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Non aver paura di aver paura
Il tuo compito successivo e' quello di allargare il tuo senso del tempo. Poiche' decisivo per la nostra situazione attuale non e' solo (cio' che ormai sanno tutti) che lo spazio terrestre si e' contratto, e che tutti i luoghi che si potevano considerare lontani fino a ieri sono ormai localita' viciniori; ma che anche lo spazio temporale si e' contratto, e che tutti i punti del nostro sistema temporale si sono avvicinati; che i futuri che potevano sembrare fino a ieri a distanza irraggiungibile, confinano ormai direttamente col nostro presente; che li abbiamo trasformati in comunita' attigue. Cio' vale sia per il mondo orientale che per quello occidentale. Per il mondo orientale, poiche' il futuro vi e' pianificato in una misura senza precedenti; e il futuro pianificato non e' piu' un futuro "in grembo agli dei", ma un prodotto in fabbricazione: che, per il fatto di essere previsto, e' gia' visto come parte integrante dello spazio in cui ci si trova. In altri termini: poiche' tutto cio' che si fa, lo si fa per quel prodotto futuro, esso getta gia' la sua ombra sul presente, appartiene gia', in un senso pragmatico, al presente stesso. E cio' vale, in secondo luogo (ed e' il caso che ci riguarda), per gli uomini del mondo occidentale attuale; poiche' questo, anche senza proporselo direttamente, opera gia' sui futuri piu' remoti: decidendo, ad esempio, della salute o della degenerazione, e forse dell'esistenza o dell'inesistenza dei suoi nipoti. E non importa che esso, o, piuttosto, che noi, si miri consapevolmente a questo risultato: poiche' cio' che conta, da un punto di vista morale, e' soltanto il fatto. E dal momento che il fatto - l'"azione a distanza" non pianificata - ci e' noto, continuando ad agire come se non sapessimo quello che facciamo commettiamo un delitto colposo.
E il tuo pensiero successivo dopo il risveglio sia: "Non esser vile, abbi il coraggio di aver paura! Astringiti a fornire quel tanto di paura che corrisponde alla grandezza del pericolo apocalittico!" Anche e proprio la paura fa parte dei sentimenti che siamo incapaci o riluttanti a fornire; e dire che abbiamo gia' paura, che ne abbiamo anche troppa, e che viviamo, anzi, nell'"epoca della paura", e' una frase priva di senso, che, se non e' diffusa ad arte col preciso intento di ingannare, e' pur sempre uno strumento ideale per impedire l'avvento di una paura veramente adeguata all'enormita' del pericolo, e per renderci indolenti e passivi. - E' vero piuttosto il contrario: che viviamo in un'epoca refrattaria all'angoscia e assistiamo quindi passivamente all'evoluzione in corso. Percio' vi e' tutta una serie di ragioni (a prescindere dai limiti della nostra capacita' di sentire), che non e' possibile enumerare qui (1). Ma non possiamo fare a meno di menzionarne una, a cui gli eventi del recente passato conferiscono un'attualita' e un'importanza particolare. Si tratta della mania delle competenze, e cioe' della persuasione, inculcata in noi dalla divisione del lavoro, che ogni problema rientri in un determinato ambito giuridico in cui non abbiamo il diritto di interferire e di dire la nostra. Cosi', per esempio, il problema atomico rientra nella competenza dei politici e dei militari. E questo "non aver diritto" si trasforma subito e automaticamente in "non aver bisogno". In altri termini: non c'e' bisogno che mi occupi dei problemi di cui non sono tenuto e autorizzato ad occuparmi. E posso fare a meno di aver paura, poiche' la paura stessa viene "sbrigata" in un altro ressort. Percio' ripeti dopo il tuo risveglio: "Res nostra agitur". Il che significa due cose: 1) che la cosa ci riguarda perche' ci puo' colpire; e 2) che la pretesa di alcuni a una competenza di carattere esclusivo e' infondata, perche' siamo tutti, in quanto uomini, ugualmente incompetenti. Credere che in puncto "fine del mondo" possa aver luogo una competenza maggiore o minore, e che quelli che (in seguito a una divisione casuale del lavoro, delle responsabilita' e dei compiti) sono diventati politici o militari, e che si occupano della fabbricazione e dell'"impiego" della bomba piu' attivamente o piu' direttamente di noi, siano percio' piu' "competenti" di noi, e' una follia pura e semplice. Chi cerca di farcelo credere (che si tratti di questi pretesi competenti o di altri) dimostra solo la sua incompetenza morale. Ma la nostra situazione morale finisce per diventare intollerabile quando quei pretesi competenti (che sono incapaci di vedere i problemi se non in termini tattici) pretendono di insegnarci che non abbiamo nemmeno il diritto di aver paura, e tanto meno di porci problemi morali: dal momento che la coscienza morale implica una responsabilita', e la responsabilita' e' affar loro, affare dei competenti; con la nostra paura, con la nostra angoscia morale, invaderemmo - secondo loro - un campo di loro competenza. In conclusione: devi rifiutarti di riconoscere un ceto privilegiato, un "clero dell'apocalisse": un gruppo che si arroghi una competenza esclusiva per la catastrofe che sarebbe la catastrofe di tutti. Se ci e' lecito variare il detto rankiano ("ugualmente vicini a Dio"), potremmo dire che "ognuno di noi e' ugualmente vicino alla fine possibile". E percio' ognuno di noi ha lo stesso diritto, e lo stesso dovere, di elevare ad alta voce il suo monito. A cominciare da te.
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Contro la discussione di carattere tattico
Non solo la nostra immaginazione, la nostra sensibilita' e la nostra responsabilita' vengono meno di fronte alla "cosa": ma non siamo neppure in grado di pensarla. Poiche' sotto qualunque categoria cercassimo di sussumerla, la penseremmo in modo sbagliato: per il semplice fatto di ridurla sotto una determinata categoria o classe di concetti, ne faremmo un oggetto fra gli altri e la minimizzeremmo. Anche se puo' esistere in molti esemplari, e' unica nel suo genere, non appartiene a nessuna specie: e', quindi, un monstrum. Disgraziatamente e' proprio questa ("mostruosa") inclassificabilita' a portarci a trascurare la cosa, o a dimenticarla addirittura. Tendiamo a considerare come inesistente tutto cio' che non siamo in grado di classificare. Ma nella misura in cui si parla della cosa (cio' che peraltro non avviene ancora nella conversazione quotidiana fra gli uomini), tendiamo a classificarla (poiche' e' la soluzione piu' comoda e meno inquietante) come un'arma, o piu' in generale come un mezzo. Ma essa non e' un mezzo, poiche' e' essenziale alla natura del mezzo risolversi nello scopo raggiunto e scomparire, come la via nella meta. Il che non accade in questo caso. Poiche' anzi l'effetto inevitabile (e perfino l'effetto consapevolmente ricercato) della cosa e' maggiore di ogni scopo pensabile; poiche' questo, per forza di cose, scompare e si annulla nell'effetto. Scompare e si annulla insieme al mondo in cui c'erano ancora "fini e mezzi". Ed e' chiaro che una cosa che distrugge, con la sua sola esistenza, lo schema "fini e mezzi", non puo' essere un mezzo. Percio' la tua massima successiva sia: "Nessuno mi fara' credere che la bomba sia un mezzo". E dal momento che non e' un mezzo come i milioni di mezzi che compongono il nostro mondo, non puoi tollerare che sia prodotta come se si trattasse di un frigorifero, di un dentifricio e nemmeno di una pistola, per costruire la quale nessuno ci interpella. - E come non devi credere a quelli che la chiamano un "mezzo", non devi credere nemmeno ai persuasori piu' sottili che sostengono che la cosa serve esclusivamente alla "dissuasione", ed e' prodotta, cioe', solo allo scopo di non essere usata. Poiche' non si sono mai visti oggetti il cui impiego si esaurisse nel loro non essere usati; o, tutt'al piu', vi sono stati oggetti che, in determinati casi, non furono usati (e cioe' quando la minaccia del loro uso, spesso gia' avvenuto, si era gia' rivelata sufficiente). Del resto, non dobbiamo mai dimenticare che la cosa e' gia' stata "usata" realmente (e senza giustificazione adeguata) a Hiroshima e Nagasaki. Infine, non dovresti permettere che l'oggetto il cui effetto supera ogni immaginazione sia classificato in modo falso con un'etichetta sciocca e minimizzante. Quando l'esplosione di una bomba H e' definita ufficialmente "azione Opa" o "azione nonnino", non e' solo una manifestazione di cattivo gusto, ma anche un inganno consapevole.
Inoltre devi opporti e ribellarti tutte le volte che la cosa (la cui semplice presenza e' gia' una forma di uso) e' discussa da un punto di vista puramente "tattico". Questo tipo di discussione e' assolutamente inadeguato, poiche' l'idea di potersi servire tatticamente delle armi atomiche presuppone l'esistenza di una situazione politica indipendente dal fatto stesso della loro esistenza. Ma questa e' una supposizione affatto irreale, poiche' la situazione politica (l'espressione "era atomica" e' perfettamente giustificata) e' definita dal fatto delle armi atomiche. Non sono le armi atomiche a presentarsi, fra le altre cose, sulla scena politica, ma sono gli avvenimenti politici a svolgersi all'interno della situazione atomica; e la maggior parte delle azioni politiche sono passi intrapresi all'interno di questa situazione. I tentativi di utilizzare la possibilita' della fine del mondo come una pedina sullo scacchiere della politica internazionale, indipendentemente o meno dalla loro astuzia, sono segni di accecamento. L'epoca delle astuzie e' finita. Percio' devi farti un principio di sabotare tutte le analisi in cui i tuoi contemporanei cercano di esaminare il fatto del pericolo atomico da un punto di vista puramente tattico, e di portare la discussione sul punto essenziale: sulla minaccia che pesa sull'umanita' di un'apocalisse provocata da lei stessa; e fallo anche a costo di essere deriso come persona priva di realismo politico. In realta', ad essere poco realisti, sono proprio i puri tattici, che vedono le armi atomiche solo come mezzi, e che non capiscono che i fini che cercano o pretendono di raggiungere mediante la loro tattica, sono completamente svuotati di significato dall'uso (anzi, dalla semplice possibilita' dell'uso) di questi mezzi.
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La decisione e' gia' stata presa
Non lasciarti ingannare da chi sostiene che ci troveremmo ancora (e ci troveremo forse sempre) nello stadio sperimentale, nello stadio delle esperienze di laboratorio. Poiche' questa e' solo una frase. E non solo perche' abbiamo gia' gettato delle bombe (cio' che molti stranamente dimenticano), e l'epoca "in cui si fa sul serio" e' quindi gia' cominciata da un pezzo; ma anche perche' (ed e' la ragione piu' importante) non e' possibile parlare, in questo caso, di esperimenti. La tua ultima massima sara', quindi, questa: "Per quanto felice possa essere l'esito degli esperimenti, e' lo sperimentare stesso che fallisce". E fallisce perche' si puo' parlare di esperimenti solo dove l'evento sperimentale non esce e non spezza l'ambito isolato e circoscritto del laboratorio; condizione che non si ritrova in questo caso. Poiche' fa proprio parte dell'essenza della cosa, e dell'effetto ricercato della maggior parte degli esperimenti attuali, accrescere il piu' possibile la forza esplosiva e il fall-out radioattivo dell'arma; e cioe', per quanto contraddittoria possa essere la formula, provare fino a che punto si possa superare ogni limite sperimentale. Cio' che e' prodotto dai cosiddetti "esperimenti" non rientra piu', quindi, nella classe degli effetti sperimentali, ma nello spazio reale, nell'ambito della storia (dove si trovano, ad esempio, i pescatori giapponesi contagiati dal fall-out) e perfino della storia futura, poiche' e' il futuro stesso ad essere investito (ad esempio la salute delle prossime generazioni), e si puo' quindi dire che il futuro, secondo la formula filosofica del libro di Jungk, "e' gia' cominciato". E' quindi del tutto illusoria e ingannevole l'affermazione a cui si ricorre cosi' volentieri, che l'impiego della cosa non e' stato ancora deciso. - E' vero, invece, che la decisione e' gia' avvenuta attraverso i cosiddetti esperimenti. Fa quindi parte dei tuoi doveri denunciare e distruggere l'apparenza che noi si viva ancora nella "preistoria" atomica: e chiamare per nome cio' che e'.
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Siamo manipolati dai nostri apparecchi
Ma tutti questi postulati e questi divieti si possono condensare in un solo comandamento: "Abbi solo quelle cose le cui massime potrebbero diventare le tue massime e quindi le massime di una legislazione universale".
E' un postulato che puo' lasciare interdetti: l'espressione "massime delle cose" puo' sembrare, a tutta prima, paradossale. Ma solo perche' strano e paradossale e' il fatto stesso designato dall'espressione. Cio' che vogliamo dire e' solo che, vivendo in un mondo di apparecchi, siamo soggetti al trattamento dei nostri apparecchi (e sempre in un modo determinato dalla natura degli apparecchi). Ma poiche', d'altra parte, siamo gli utenti di questi apparecchi, e trattiamo il nostro prossimo per mezzo di essi, finiamo per trattare il nostro prossimo, anziche' secondo i nostri principi, secondo i modi di operare degli apparecchi, e cioe', in certo qual modo, secondo le loro massime. Il postulato esige che ci rendiamo conto di queste massime come se fossero le nostre (dal momento che lo sono effettivamente e di fatto); che la nostra coscienza morale, anziche' dedicarsi all'esame di se stessa (che e' ormai un lusso privo di conseguenze), si dedichi a quello degli "impulsi nascosti" e dei "principi" dei nostri apparecchi. Esaminando scrupolosamente la propria anima alla maniera tradizionale, un ministro atomico non vi troverebbe, probabilmente, nulla di particolarmente peccaminoso; ma esaminando la "vita intima" dei suoi aggeggi, vi troverebbe niente meno che l'erostratismo, e un erostratismo su scala cosmica; poiche' erostratico e' il modo in cui le armi atomiche trattano l'umanita'. Solo quando ci saremo abituati a questa nuova forma di azione morale ("l'analisi del cuore degli apparecchi"), avremo qualche motivo di sperare che, dovendo decidere del nostro essere o non-essere, sapremo decidere per la conservazione del nostro essere.
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Impossibilita' di non-potere
Il tuo principio successivo sia: "Non credere che quando saremo riusciti a compiere il primo passo, la cessazione dei cosiddetti esperimenti, il pericolo si possa considerare passato, e che noi si possa dormire sugli allori". Poiche' la fine degli esperimenti non significa ancora quella della produzione di bombe e tanto meno la distruzione delle bombe e dei tipi che sono gia' stati sperimentati e che sono pronti per l'uso. Vi possono essere varie ragioni per una cessazione degli esperimenti: uno stato vi si puo' risolvere, ad esempio, perche' ogni ulteriore esperimento sarebbe superfluo, dal momento che la produzione dei tipi sperimentati o la riserva di bombe esistenti bastano gia' per ogni eventualita'; insomma, perche' sarebbe assurdo e antieconomico uccidere l'umanita' piu' di una volta.
Non credere nemmeno che avremmo diritto di stare tranquilli una volta che fossimo riusciti ad eseguire il secondo passo (l'arresto della produzione di bombe A e H), o che potremmo metterci a sedere dopo il terzo passo (la distruzione di tutte le riserve). Anche in un mondo completamente "pulito" (e cioe' in un mondo dove non ci fossero piu' bombe A o H, e dove quindi, apparentemente, non "avremmo" bombe), continueremmo, tuttavia, ad averle, poiche' sapremmo come fare per produrle. Nella nostra epoca contrassegnata dalla riproduzione meccanica non si puo' dire che un oggetto possibile non esista, poiche' cio' che conta non sono gli oggetti fisici reali, ma i loro tipi, i loro "modelli". Anche dopo aver eliminato tutti gli oggetti fisici che hanno a che fare con la produzione delle bombe A o H, l'umanita' potrebbe cadere vittima dei loro disegni. Si potrebbe concludere, allora, che bisogna distruggere questi ultimi. Ma anche questo e' impossibile, poiche' i modelli sono indistruttibili come le idee di Platone; in un certo senso sono addirittura la loro realizzazione diabolica. Insomma, anche se ci riuscisse di distruggere fisicamente i fatali apparecchi e i loro "modelli", e di salvare cosi' la nostra generazione: anche questa sarebbe solo una pausa, sarebbe solo una dilazione. La produzione potrebbe essere ripresa ogni giorno, il terrore rimane, e dovrebbe restare, quindi, anche la tua paura. D'ora in poi l'umanita' dovra' vivere, per tutta l'eternita', sotto l'ombra minacciosa del mostro. Il pericolo apocalittico non si lascia eliminare una volta per tutte, con un atto solo, ma solo con una serie indefinita di atti quotidiani. Dobbiamo comprendere, insomma (e questa comprensione finisce di mostrarci il carattere fatale della nostra situazione), che la nostra lotta contro la permanenza fisica degli ordigni e la loro costruzione, sperimentazione ed accumulazione rimane, in definitiva, insufficiente. Poiche' la meta che dobbiamo raggiungere non puo' consistere nel non-avere la cosa, ma solo nel non adoperarla mai, anche se non possiamo fare in modo di non averla; nel non adoperarla mai, anche se non ci sara' mai un giorno in cui non potremmo adoperarla.
Ecco quindi il tuo compito: far capire all'umanita' che nessuna misura fisica, nessuna distruzione di oggetti materiali potra' mai rappresentare una garanzia assoluta e definitiva, e che dobbiamo, invece, essere fermamente decisi a non compiere mai quel passo, anche se sara', in un certo senso, sempre possibile. Se non riusciamo - si', tu, tu ed io - a infondere questa coscienza e questa convinzione nell'umanita', siamo perduti.
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Note
1. Cfr. Guenther Anders, Die Antiquierheit des Menschen, C. H. Beksche Verlagsbuchhandlung, pp. 264 sgg.

3. REPETITA IUVANT. TRE LETTERE

I. Appello alla Presidente del Parlamento Europeo, on. Roberta Metsola: president at ep.europa.eu
Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
il suo indimenticabile predecessore, il Presidente David Sassoli, si impegno' affinche' il Presidente degli Stati Uniti d'America compisse un atto di clemenza che restituisse la liberta' a Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e della Madre Terra, da 46 anni detenuto innocente nelle carceri statunitensi a seguito di un processo-farsa in cui fu assurdamente condannato per un crimine che non ha mai commesso sulla base di "prove" false e di "testimonianze" altrettante false, come successivamente ammisero i suoi stessi accusatori e giudici. Nonostante la sua innocenza sia ormai da tutti riconosciuta, Leonard Peltier continua ad essere detenuto.
Con un intervento pubblicato su twitter e una dichiarazione alla stampa di cui e' disponibile la registrazione video il Presidente Sassoli il 23 agosto 2021 espresse pubblicamente la richiesta al Presidente degli Stati Uniti d'America di concedere la grazia a Leonard Peltier.
Nel suo tweet del 23 agosto 2021 il Presidente Sassoli scriveva, in italiano e in inglese:
"Inviero' una lettera alle autorita' statunitensi chiedendo clemenza per Leonard Peltier, attivista per i diritti umani dell'American Indian Movement, in carcere da 45 anni.
Spero che le autorita' accolgano il mio invito. I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
"I will send a letter to the US authorities asking for clemency for Leonard Peltier. A human rights activist of the American Indian Movement, he has been imprisoned for 45 years.
I hope the authorities will take up my invitation. Human rights must be defended always, everywhere".
Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
gia' nel 1994 e poi ancora nel 1999 il Parlamento Europeo delibero' risoluzioni per la liberazione di Leonard Peltier.
Qui di seguito si trascrive integralmente la Risoluzione del Parlamento Europeo dell'11 febbraio 1999 (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. C 150 del 28/05/1999 pag. 0384, B4-0169, 0175, 0179 e 0199/99):
"Risoluzione sul caso di Leonard Peltier
Il Parlamento europeo,
- vista la sua risoluzione del 15 dicembre 1994 sulla grazia per Leonard Peltier (GU C 18 del 23.1.1995, pag. 183),
A. considerando il ruolo svolto da Leonard Peltier nella difesa dei diritti dei popoli indigeni,
B. considerando che Leonard Peltier e' stato condannato nel 1977 a due ergastoli dopo essere stato estradato dal Canada, benche' non vi fosse alcuna prova della sua colpevolezza,
C. considerando che Amnesty International ha ripetutamente espresso le proprie preoccupazioni circa l'equita' del processo che ha condotto alla condanna di Leonard Peltier,
D. considerando che il governo degli Stati Uniti ha ormai ammesso che gli affidavit utilizzati per arrestare e estradare Leonard Peltier dal Canada erano falsi e che il Pubblico ministero statunitense Lynn Crooks ha affermato che il governo degli Stati Uniti non aveva alcuna prova di chi aveva ucciso gli agenti,
E. considerando che dopo 23 anni trascorsi nei penitenziari federali, le condizioni di salute di Leonard Peltier si sono seriamente aggravate e che secondo il giudizio di specialisti la sua vita potrebbe essere in pericolo se non ricevera' adeguate cure mediche,
F. considerando che le autorita' penitenziarie continuano a negargli adeguate cure mediche in violazione del diritto umanitario internazionale e i suoi diritti costituzionali,
G. rilevando che Leonard Peltier ha esaurito tutte le possibilita' di appello concessegli dal diritto statunitense,
1. insiste ancora una volta affinche' venga concessa a Leonard Peltier la grazia presidenziale;
2. insiste affinche' Leonard Peltier sia trasferito in una clinica dove possa ricevere le cure mediche del caso;
3. ribadisce la sua richiesta di un'indagine sulle irregolarita' giudiziarie che hanno portato alla reclusione di Leonard Peltier;
4. incarica la sua delegazione per le relazioni con gli Stati Uniti di sollevare il caso di Leonard Peltier iscrivendolo all'ordine del giorno del prossimo incontro con i parlamentari americani;
5. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Congresso statunitense e al Presidente degli Stati Uniti d'America".
Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
la liberazione di Leonard Peltier e' stata chiesta gia' da molti anni da prestigiose istituzioni, innumerevoli associazioni democratiche, milioni di persone di tutto il mondo tra cui illustri personalita' come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, Desmond Tutu e numerosi altri Premi Nobel.
Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
dia seguito all'iniziativa del Parlamento Europeo e del Presidente Sassoli, e chieda al Presidente degli Stati Uniti d'America di compiere finalmente l'atto di clemenza che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
* * *
II. Appello al Segretario Generale delle Nazioni Unite, on. Antonio Guterres: sgcentral at un.org
Egregio Segretario Generale delle Nazioni Unite, on. Antonio Guterres,
uniamo la nostra voce a quella di quanti hanno gia' chiesto un suo intervento presso il Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' compia un atto di clemenza restituendo la liberta' a Leonard Peltier attraverso lo strumento giuridico della grazia presidenziale.
Chiediamo questo suo intervento perche' la vicenda di Leonard Peltier riguarda l'umanita' intera.
Come Lei gia' sapra', Leonard Peltier e' un illustre attivista nativo americano, generoso e coraggioso difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e della Madre Terra, da 46 anni detenuto per delitti che non ha commesso.
Gli stessi suoi accusatori che ne ottennero la condanna al termine di uno scandalosissimo processo-farsa basato su cosiddette "prove" dimostratesi assolutamente false e su cosiddette "testimonianze" dimostratesi anch'esse assolutamente false, hanno successivamente riconosciuto che la condanna e la conseguente detenzione di Leonard Peltier e' ingiusta e persecutoria, insensata e disumana, ed hanno chiesto loro stessi la sua liberazione.
Eppure, nonostante che la sua innocenza sia ormai certezza condivisa dall'umanita' intera, Leonard Peltier - ormai anziano e con gravi problemi di salute - continua ad essere detenuto per delitti che non ha mai commesso.
Sicuramente ricordera' che la liberazione di Leonard Peltier e' stata chiesta da milioni di persone di tutto il mondo, tra le quali figure luminose come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, Desmond Tutu.
Ricordera' sicuramente anche che la liberazione di Leonard Peltier e' stata chiesta da innumerevoli istituzioni, tra le quali il Parlamento Europeo con ben due risoluzioni fin dagli anni '90 del secolo scorso.
Ci e' particolarmente grato ricordare anche l'iniziativa del compianto Presidente del Parlamento Europeo, on. David Sassoli, recentemente deceduto, che il 23 agosto 2021 scriveva, in italiano e in inglese:
"Inviero' una lettera alle autorita' statunitensi chiedendo clemenza per Leonard Peltier, attivista per i diritti umani dell'American Indian Movement, in carcere da 45 anni. Spero che le autorita' accolgano il mio invito. I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
"I will send a letter to the US authorities asking for clemency for Leonard Peltier. A human rights activist of the American Indian Movement, he has been imprisoned for 45 years. I hope the authorities will take up my invitation. Human rights must be defended always, everywhere".
Gli sforzi di milioni di esseri umani, l'impegno di innumerevoli associazioni - tra cui in primo luogo Amnesty International -, il voto di autorevolissime istituzioni, non hanno ottenuto fin qui che Leonard Peltier venisse liberato.
Occorre evidentemente un'iniziativa ulteriore.
Sia Lei, che rappresenta l'Organizzazione delle Nazioni Unite, quindi l'istituzione rappresentativa di tutti i paesi e i popoli del mondo, a promuovere questa iniziativa.
Sia Lei a chiedere al Presidente degli Stati Uniti d'America di restituire la liberta' a Leonard Peltier.
* * *
III. Un invito a tutte le persone di volonta' buona, alle associazioni democratiche, alle istituzioni sollecite del bene comune dell'umanita', affinche' si adoperino per la liberazione di Leonard Peltier
Fratelli e sorelle,
a tutte e tutti chiediamo un impegno, nelle forme che riterrete adeguate, affinche' sia restituita la liberta' a Leonard Peltier.
Vi proponiamo di scrivere lettere sia direttamente al Presidente degli Stati Uniti d'America, nelle cui mani e' il potere di concedere la grazia che restituisca finalmente la liberta' a Leonard Peltier, sia alle istituzioni, alle organizzazioni ed alle personalita' che riterrete possano trovare maggior ascolto da parte della Casa Bianca, sia ai mezzi d'informazione affinche' cessi il silenzio sulla vicenda e sulla testimonianza di Leonard Peltier e sulla lotta sua e dei popoli nativi in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente.
Ma soprattutto vi chiediamo tre cose: di informare e coscientizzare le persone con cui siete in contatto, di voler voi stessi approfondire la conoscenza della vicenda di Leonard Peltier, di mettervi in contatto sia con lui che con il comitato internazionale di solidarieta' che lo sostiene.
L'indirizzo postale di Leonard Peltier e' nel sito dell'International Leonard Peltier Defense Committe (www.whoisleonardpeltier.info). Per contattare il comitato internazionale di solidarieta' inviare una e-mail a: contact at whoisleonardpeltier.info
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.

4. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

5. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

6. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Pietro Citati, La mente colorata, Mondaodri, Milano 2002, Adelphi, Milano 2018, pp. 368.
- Pietro Citati, L'armonia del mondo, Rizzoli, Milano 1998, Adelphi, Milano 2015, pp. 304.
*
Maestre
- Calixthe Beyala, Les honneurs perdus, Albin Michel, Paris 1996, Editions J'ai lu, Paris 1998, pp. 352.
- Andree Chedid, La maison sans racines, Flammarion, Paris 1985, Librio, Paris 2000, pp. 128.
*
Classici
- Ludwig Feuerbach, L'essenza del cristianesimo, Feltrinelli, Milano 1960, 1975, pp. 296.
- Ludwig Feuerbach, L'essenza della religione, Einaudi, Torino 1972, 1976, pp. L + 156.
*
Memoria
- Valentina Pisanty, L'irritante questione delle camere a gas, Bompiani, Milano 1998, pp. 302.
- Anna-Vera Sullam Calimani, I nomi dello sterminio, Einaudi, Torino 2001, pp. 166.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4554 del 6 agosto 2022
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
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