[Nonviolenza] Telegrammi. 4406



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4406 del 12 marzo 2022
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Intervenga l'Onu a fermare le stragi
2. Angela Dogliotti: Per un'Europa di pace
3. Stefania Falasca intervista Edith Bruck
4. Mariangela Mianiti: Galina, un po' ucraina, un po' russa, e contro la guerra
5. Ida Dominijanni: Il nuovo scontro di civilta'
6. Tre tesi
7. Ripetiamo ancora una volta...
8. Carol Gokee: Alcuni materiali per la mobilitazione per la liberazione di Leonard Peltier
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. REPETITA IUVANT. INTERVENGA L'ONU A FERMARE LE STRAGI

I. Fermare le stragi, la guerra e' un crimine contro l'umanita'
La folle e scellerata guerra scatenata dal governo russo contro il popolo ucraino prosegue, ed ogni giorno aumentano e si estendono le stragi e le devastazioni.
Sono esseri umani quelli che muoiono.
E sono esseri umani coloro che azionano le armi assassine.
A tutte le vittime vada la solidarieta' dell'umanita' intera.
A tutti gli assassini giunga il monito dell'umanita' intera: cessate di uccidere, state uccidendo le vostre sorelle e i vostri fratelli.
*
II. Quid agendum
Occorre un'azione corale dell'umanita' intera per imporre:
1. il "cessate il fuoco" immediato e definitivo;
2. un negoziato vero sotto l'egida dell'Onu;
3. l'invio da parte dell'Onu di forze di interposizione non armata e nonviolenta;
4. immediati soccorsi umanitari per tutte le vittime della guerra;
5. soccorrere, accogliere ed assistere tutte le persone in fuga dalla guerra;
6. iniziare subito la ricostruzione delle case, delle scuole, degli ospedali, di tutte le strutture della vita civile.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
III. Intervenga immediatamente l'Onu
Tutto cio' richiede l'intervento immediato dell'Onu, solo soggetto istituzionale in grado di esercitare un'azione efficace.
L'Onu deve imporre il passaggio dalla guerra alla pace, dal conflitto al negoziato, dalle uccisioni al salvare le vite umane.
L'Onu deve imporre il passaggio dalla politica della violenza alla politica della nonviolenza: siamo una sola umanita', e l'Onu deve rappresentare tutti i popoli del mondo.
L'umanita' deve affrontare oggi sia la pandemia che perdura sia il disastro ambientale globale che mettono in pericolo l'intera famiglia umana: la guerra e' ormai una totale follia, la guerra deve essere abolita, e devono essere aboliti gli strumenti delle guerre: gli eserciti e le armi.
Intervenga l'Onu a fermare le stragi.
Intervenga l'Onu ad imporre la pace.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
IV. Il governo russo cessi la guerra
Al governo russo occorre chiedere l'immediata cessazione dell'invasione e delle stragi, l'immediato ritiro delle truppe, l'immediata accettazione di un negoziato vero sotto la direzione e la garanzia dell'Onu.
La Russia fa parte dell'Europa, il popolo russo fa parte dell'umanita', nessuna persona pensante odia il popolo russo o qualunque altro popolo.
Il governo russo scatenando la guerra non solo non tutela, ma mette in pericolo lo stesso popolo russo.
Se la Russia chiede garanzie di non essere aggredita, l'Onu le dia queste garanzie, e tutti i governi europei sottoscrivano un impegno in tal senso.
Tutte le controversie territoriali (e nel mondo ve ne sono innumerevoli) possono e devono essere risolte con il negoziato; la guerra non e' mai una soluzione.
Il governo russo faccia subito l'unica cosa saggia che puo' fare: l'immediata cessazione dell'invasione e delle stragi, l'immediato ritiro delle truppe, l'immediata accettazione di un negoziato vero sotto la direzione e la garanzia dell'Onu.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
V. L'Unione Europea cessi di essere bellicista, razzista e schiavista, ed aiuti finalmente tutte le vittime
Ma anche altre richieste occorre aggiungere.
Ai governi dell'Unione Europea occorre chiedere di sciogliere immediatamente la Nato, che e' il braccio armato della politica americana contro i popoli europei, che gia' da molti anni ha commesso e promosso crimini di guerra e crimini contro l'umanita', che negli anni e nei mesi scorsi ha svolto un'incessante azione bellicista e golpista - di criminale provocazione e delittuosa alimentazione della violenza palese ed occulta - nell'Europa centrale ed orientale, azione che e' all'origine della guerra in corso.
Ai governi dell'Unione Europea occorre chiedere di recedere dalla politica razzista e schiavista che li caratterizza e che ogni giorno miete vittime nel silenzio quasi totale dei mezzi d'informazione.
Ai governi dell'Unione Europea occorre chiedere di dismettere la politica militarista, riarmista e neocolonialista che sta spargendo sangue in tante parti del mondo.
Ai governi dell'Unione Europea occorre chiedere di soccorrere, accogliere, assistere tutte le persone in fuga dalla guerra e della fame.
Ai governi dell'Unione Europea occorre chiedere di inviare immediati aiuti umanitari in Ucraina, cosi' come negli altri paesi devastati dalle guerre e dalla violenza.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
VI. Il governo degli Stati Uniti d'America cessi di essere nemico dell'umanita'
E una richiesta ancora occorre aggiungere.
Al governo dell'entita' politica piu' assassina del mondo, quegli Stati Uniti d'America sorti con il genocidio delle popolazioni native americane, quegli Stati Uniti d'America che tuttora sono il principale criminale promotore di guerre e di stragi, di terrorismo e di dittature nel mondo, chiediamo di cessare di condurre una politica che in Europa ha come fine sia la strage dei popoli di interi paesi, sia la riduzione all'indigenza di gran parte della popolazione europea.
Al governo degli Stati Uniti d'America chiediamo di cessare di promuovere guerre ed imporre dittature in tutto il mondo.
Al governo degli Stati Uniti d'America chiediamo di cessare di essere nemico dell'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
VII. Ogni vittima ha il volto di Abele
Ogni persona, ogni popolo, ogni umano istituto puo' e deve contribuire al bene comune dell'umanita'.
Occorre la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
Occorre soccorrere, accogliere, assistere ogni popolazione ed ogni persona bisognosa d'aiuto.
Occorre contrastare il male facendo il bene.
Occorre opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente, concreta e coerente, necessaria ed urgente della nonviolenza.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
VIII. Repetita iuvant
Diciamolo una volta ancora, ripetiamolo una volta ancora.
Occorre un'azione corale dell'umanita' intera per imporre:
1. il "cessate il fuoco" immediato e definitivo;
2. un negoziato vero sotto l'egida dell'Onu;
3. l'invio da parte dell'Onu di forze di interposizione non armata e nonviolenta;
4. immediati soccorsi umanitari per tutte le vittime della guerra;
5. soccorrere, accogliere ed assistere tutte le persone in fuga dalla guerra;
6. iniziare subito la ricostruzione delle case, delle scuole, degli ospedali, di tutte le strutture della vita civile.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
IX. Il popolo ucraino e' l'umanita'
Con il popolo ucraino vittima della guerra c'e' l'umanita' intera.
Il popolo ucraino vittima della guerra e' l'umanita' intera.
La guerra e' nemica dell'umanita' intera.
Cessi immediatamente la guerra.
Salvare le vite e' il primo dovere.

2. RIFLESSIONE. ANGELA DOGLIOTTI: PER UN'EUROPA DI PACE
[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis" di Torino riprendiamo questo intervento dell'8 marzo 2022]

Sabato 5 marzo si e' svolta a Roma una grande manifestazione per far sentire la voce del movimento pacifista sulla guerra in corso in Ucraina: "Cessate il fuoco. Per un'Europa di pace". Iniziative e presidi si sono svolti nello stesso giorno anche in altre citta', tra cui Milano e Torino.
Chi da Torino non ha potuto raggiungere Roma si e' ritrovato in piazza Castello su invito del Coordinamento A.Gi.Te., per ribadire, insieme alla Rete Italiana Pace e Disarmo (RIPD) la condanna dell'azione militare in Ucraina da parte della Federazione Russa e per esprimere massima solidarieta' alle popolazioni coinvolte e sostenere tutti gli sforzi della societa' civile pacifista e dei lavoratori e lavoratrici in Ucraina e Russia che si oppongono alla guerra con la nonviolenza.
Nel comunicato diffuso dalla RIPD il giorno precedente si legge: "Chiediamo si arrivi a una cessazione degli scontri con tutti i mezzi della diplomazia e della pressione internazionale, con principi di neutralita' attiva ed evitando qualsiasi pensiero di avventure militari insensate e fermando le forniture di armamenti che non possono certo portare la pace ma solo acuire il conflitto.
La Pace e' possibile solo costruendola con il disarmo, la neutralita' attiva, la riduzione delle spese militari, il sostegno a forme di trasformazione nonviolenta dei conflitti, il superamento delle alleanze militari, l'opposizione alla militarizzazione e soprattutto proteggendo le persone".
Neutralita' attiva non significa essere equidistanti tra aggressore ed aggredito, ma rifiutare la logica binaria amico/nemico, tutti i buoni da una parte e tutti i cattivi dall'altra, e saper riconoscere anche le proprie responsabilita' nel conflitto, dall'allargamento della Nato a Est, all'accettazione della situazione di stallo rispetto alla realizzazione degli accordi di Minsk...
Non c'e' dubbio che una maggiore sicurezza e stabilita' in Europa e' stata raggiunta, ad esempio, quando, con l'accordo Reagan-Gorbaciov del 1987 (Intermediate Range Nuclear Forces Treaty – INF) si sono fatti coraggiosi passi di disarmo, che hanno portato allo smantellamento dei missili sovietici SS-20 e dei Pershing 2 e Cruise statunitensi, ponendo fine di fatto alla guerra fredda, non quando sono aumentati gli investimenti militari e sono riprese le guerre.
Questo e' anche il sentimento prevalente nell'opinione pubblica italiana, dalla quale sale un chiaro No alla guerra, come si evince dai dati dell'indagine IPSOS riportata su Domani del 4 marzo, secondo la quale l'87% degli italiani auspica trattative per un sistema reciproco di sicurezza che garantisca sia l'UE, sia la Federazione Russa; l'83% vuole un nuovo trattato per la smilitarizzazione dell'UE; il 91% auspica un accordo tra le grandi potenze affinche' non si schierino armi nucleari in Europa e nella Russia occidentale; il 75% teme che si possa arrivare alla terza guerra mondiale e ben il 76% e' contro il sostegno militare alla guerra; mentre l'88% vorrebbe garantire un passaggio sicuro alle agenzie non governative per garantire assistenza alle popolazioni colpite.
Sul palco di Roma si sono alternate voci e testimonianze anche dalle altre guerre. Sono state ricordate le madri di soldati russi, bielorussi e ucraini contro l'arruolamento. Tutti abbiamo negli occhi, forse, l'immagine di alcune donne ucraine che rifocillano un soldato russo e gli danno il telefono perche' possa chiamare la madre. E' anche questo un esempio di resistenza civile contro la disùmanizzazione del nemico prodotta dalla guerra. Cosi' come le migliaia di ucraini che cercano di fermare a mani nude l'avanzata dei camion russi; come avvenne a Praga nel '68 con i carri armati sovietici.
Un popolo determinato a resistere, anche senza armi, non puo' essere controllato a lungo.
E' questa la direzione da seguire, non l'invio di armi agli Ucraini (che, tra l'altro, non si sa bene in quali mani potrebbero finire), insieme al sostegno a quanti si oppongono coraggiosamente alla guerra anche nella Russia di Putin e alla richiesta di una trattativa urgente e autorevole che consenta una via di uscita onorevole all'avversario.
Intervenire per la pace e non per alimentare la guerra; fermare le azioni belliche, aprire corridoi umanitari  e canali diplomatici, subito! La Comunita' Papa Giovanni XXIII si e' dichiarata disponibile a organizzare e accompagnare una delegazione di politici europei in Ucraina:
"L'Europa non puo' alimentare una escalation militare che rischierebbe di sfociare in un conflitto nucleare. Pertanto la sola possibilità e' un forte e coraggioso intervento civile. Proponiamo che ogni paese europeo mandi in una missione coordinata in Ucraina i suoi migliori rappresentanti dei cittadini: parlamentari, europarlamentari".
"E' necessario essere rapidi e noi possiamo offrire la nostra trentennale esperienza in zone di conflitto. Stiamo riscontrando un altissimo desiderio di intervento. La gente non vuole rimanere inerme e impotente. Per questa ragione chiediamo ai rappresentanti dei cittadini di impegnarsi in prima persona in un intervento politico, non armato e civile.
Non indossiamo l'elmetto, scrive Domenico Gallo su Volere la luna del 4 marzo, e gridiamo, con Bertold Brecht: "Ecco gli elmi dei vinti/ e quando un colpo/ ce li ha sbalzati dalla testa/ non fu allora la disfatta/ fu quando obbedimmo/ e li mettemmo in testa". Non c'e' alternativa alla ricerca di strade diverse dalla guerra, perche' nell'era atomica non e' piu' possibile parlare di "guerra giusta": il rischio e' l'autodistruzione.

3. TESTIMONIANZE. STEFANIA FALASCA INTERVISTA EDITH BRUCK
[Dal quotidiano "Avvenire" dell'8 marzo 2022 riprendiamo questa intervista]

"E' possibile che l'uomo non abbia imparato niente? Ripete gli stessi errori, sempre gli stessi, e' desolante, un dolore enorme per me che ho vissuto la guerra peggiore". Edith Bruck ha raccontato ancora una volta la sua storia di donna deportata e sopravvissuta alla guerra, al fumo acre della carne bruciata dei suoi fratelli, delle sue sorelle nei forni crematori, in quelle fosse comuni dove inesorabile si e' inabissata l'umanita'. L'ha fatto guardando a piu' di novant'anni al nuovo agghiacciante scenario di guerra che si e' spalancato come una voragine dietro casa, in Europa. E ha voluto ancora portarsi, come ha fatto di recente ad Assisi davanti a migliaia di studenti per la prossima Giornata europea dei giusti che si celebra il 6 marzo, perche' "testimoniare per me e' una missione". "Io – ha detto rispondendo a quei ragazzi – anche allora volevo parlare subito dell'immane tragedia vissuta, ma nessuno voleva ascoltare. E per questo ho scelto di scrivere perche' anche se l'orecchio umano non vuole sentire, la carta sopporta tutto".
*
- Stefania Falasca: Ma come si puo' raccontare tutto questo senza odio?
- Edith Bruck: Ringrazio Dio di non conoscere il sentimento dell'odio, e non capisco chi oggi definisce chi fugge dalle guerre e dalla fame "zecche di cane", che dovrebbero affogare. E soprattutto non capisco come si possa, ancora oggi, usare armi e uccidere pensando di stare dalla parte di Dio. Sono esausta – riprende mentre appoggia ora i piedi stanchi sui cuscini, e Olga, ucraina, che l'accompagna da anni, piange in silenzio la separazione da sua figlia, rimasta nei sotterranei al confino ucraino insieme ai suoi bambini di cinque e otto anni -. Hai visto le immagini trasmesse? Le ultime...
*
- Stefania Falasca: Quali?
- Edith Bruck: Quelle di un giovanissimo soldato russo che scende dal mezzo blindato per chiedere piangendo un bicchiere d'acqua a una donna ucraina... Lei gli da mangiare e gli presta il telefono per parlare con la mamma... Poveri anche questi ragazzi russi buttati come carne da cannone dentro una guerra sporca, come lo sono tutte le guerre, come bambini armati che non sanno neanche dove si trovano... E questo dice tutta la mostruosita' e l'insensatezza di quello che sta accadendo e ci travolge tutti.
*
- Stefania Falasca: Ci sono tante madri che scappano con i loro bambini...
- Edith Bruck: Le donne sono doppiamente vittime. Sempre vivono la parte peggiore delle guerre.
*
- Stefania Falasca: Lei ha scritto nella sua Lettera alla madre cosa avrebbe fatto con i suoi figli.
- Edith Bruck: Non avrei mai detto che ci sono uomini tutto cattivi o tutto buoni, non gli avrei parlato di guerre sante, di terre sante, solo di popoli e terre e popoli senza terra, che la guerra e' il fallimento dell'uomo.
*
- Stefania Falasca: Ma ci sono anche donne, vediamo in Ucraina, che imbracciano e preparano armi e combattono...
- Edith Bruck: Si difendono, ma noi dobbiamo lottare per la pace. Perche' non c'e' una guerra giusta. E non ci puo' essere una guerra giusta. Inviare armi e' giusto?
*
- Stefania Falasca: Cinquantadue paesi stanno mandando armi in Ucraina.
- Edith Bruck: Mandare armi per fermare armi non ha senso. E' una contraddizione. Tutto e' una contraddizione. La contraddizione e' all'origine. Come si divide una patria con giustizia dopo averla conquistata morendo e uccidendo? Piu' si uccide piu' si muore, dentro. C'e' troppo sangue in mezzo, troppa differenza, troppa poca buona volonta', e ancora meno umilta'. Chi e' stato troppo umiliato e' poco incline a concedere a chi non c'entra niente con la sua umiliazione?
*
- Stefania Falasca: E' l'otto marzo. Quale messaggio possono dare le donne?
- Edith Bruck: Di non coltivare l'odio, la vendetta, di non trasmettere mai questo. Nel '45 dopo la liberazione io e mia sorella Golde, uniche sopravvissute alla Shoah di tutta la nostra numerosa famiglia, riuscimmo a ritornare a casa. Ricordo gli americani e i soldati nazisti ungheresi che scappavano, braccati, si nascondevano... Ricordo cinque di questi soldati che ci implorarono di aiutarli, potevamo denunciarli, io e mia sorella ci guardammo negli occhi, li nascondemmo. Noi abbiamo dato loro rifugio.
*
- Stefania Falasca: Per lei che ha visto negli occhi Mengele quale puo' essere la pace?
- Edith Bruck: La pace ha un suo segreto: non odiare mai nessuno. Se si vuole vivere non si deve mai odiare.

4. TESTIMONIANZE. MARIANGELA MIANITI: GALINA, UN PO' UCRAINA, UN PO' RUSSA, E CONTRO LA GUERRA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del primo marzo 2022 riprendiamo questa intervista]

Conosco Galina da circa vent'anni. E' talmente femminile e a proprio agio in questa sua natura profonda che la chiamo, scherzando, la Marilyn Monroe dei paesi dell'est. Laureata in ingegneria, nata a Mariupol' da padre russo e madre ucraina, trasferitasi in Svizzera nel 1999, Galina ha mantenuto legami fortissimi con l'Ucraina e la Russia. Sia di qua che di la' ha parenti e amici che sente quasi ogni giorno, quindi sa che cosa prova e vorrebbe la gente, sia di qua che di la'. "Hanno paura, hanno paura di stare male, hanno paura della guerra, hanno paura di vedere i figli, i padri e i fratelli combattere, hanno paura di mandarli a morire. Nessuno, ne' in Russia ne' in Ucraina, vuole questa guerra. Siamo tutti una famiglia, eravamo tutti sovietici".
Galina ha 55 anni, quindi e' cresciuta e ha studiato nell'Urss, ha iniziato a lavorare quando l'Ucraina e' diventata indipendente. "Quando c'era l'Urss, all'universita' gli studenti bravi prendevano uno stipendio, e quando ti laureavi non dovevi ridare nulla allo stato. Le paghe erano basse, ma tutto costava poco, la sanita' era gratis e avevi delle sicurezze. Poi, dopo l'indipendenza gli stipendi di insegnanti e laureati sono scesi cosi' tanto che siamo diventati tutti piccoli imprenditori, chi si inventava commerciante, chi vendeva case, chi produceva abiti, o vendeva auto. A volte andava bene, a volte andava male". La trasformazione non e' stata solo economica.
"Con l'unione sovietica ci sentivamo una stessa famiglia. Non importava se venivi da Bielorussia, Georgia, Kazakistan, Crimea, Uzbekistan, Azerbaigian non mi sono mai sentita superiore o diversa da chi veniva da un'altra regione. A scuola tutti studiavano il russo e la lingua della repubblica in cui si viveva. Non e' vero che la lingua ucraina non e' mai stata accettata, non e' vero che gli ucraini sono stati sfruttati. Finche' c'e' stata l'Unione Sovietica eravamo tutti uguali, le differenze erano rispettate. Se andavi a Mosca con il costume tipico della tua regione facevano festa, erano contenti di accoglierti". E adesso? "Adesso, le mie amiche in Ucraina sono arrabbiatissime con i russi, ma i russi dicono "Noi non c'entriamo nulla. Noi non vogliamo questa guerra". Le divisioni sono cominciate con la rivoluzione arancione, nel 2014, e sono arrivate dentro le famiglie, fra gli amici, perche' li' e' tutto intrecciato, siamo tutti mischiati, tutti hanno parenti di qua e di la'. A un certo punto le persone non si capivano piu', e si sono rotte tante relazioni.
Ma c'e' un'altra cosa di cui la gente in Ucraina adesso ha paura. Hanno dato le armi ai civili. Ma come le useranno? Che cosa faranno se mancano il cibo e l'acqua? Come si comporteranno con le case abbandonate da chi e' fuggito? Siamo sicuri che tutti saranno leali?". Sul potere, e il modo in cui e' esercitato, Galina ha le idee chiare. "Io non voglio prendere la parte di Zelensky o di Putin, anche perche' adesso vivo lontano, e quando vivi lontano e' facile parlare, e fare tanti bla, bla. Pero' di una cosa sono sicura, quando si arriva a questo punto vuol dire che tutti e due hanno sbagliato qualcosa. A me non importa il colore della bandiera che hai sulla testa, mi importa la vita, la vita conta molto di piu' di una bandiera. Il mio compagno mi dice "Ah ma allora non sei patriottica". Se essere patriottica vuol dire prendere in mano un fucile e ammazzare qualcuno, allora dico No, io non voglio questa patria, questa per me non e' patria. Le vittime in questa guerra sono due, da una parte gli ucraini, dall'altra i russi che devono andare a combattere contro amici e parenti".

5. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: IL NUOVO SCONTRO DI CIVILTA'
[Dal sito centroriformadellostato.it riprendiamo questo intervento del 4 marzo 2022]

All'alba del nono giorno di guerra l'attacco delle truppe russe alla centrale nucleare di Zaporizja rende meglio di qualunque altro dettaglio quale sia la posta della partita globale, biopolitica prima che geopolitica, che si sta giocando in Ucraina. E il peggio deve ancora venire, ha comunicato Macron cui Putin ha fatto presente che non intende fermarsi finche' non avra' conquistato l'intero paese. Le regioni russe dell'est e del sud con gli accessi al mare sono ormai in mano ai russi, a Mariupol mezzo milione di abitanti sono intrappolati senza acqua e senza cibo, a nord-ovest Leopoli e' piena di profughi in fuga, piu' donne e bambini che uomini perche' gli uomini restano a combattere una battaglia di resistenza gia' persa. L'esile negoziato in corso a Brest ha deciso l'apertura di corridoi umanitari per favorire l'esodo dei civili, mentre la colonna di 60 kilometri di carri russi continua la sua lenta ma inesorabile avanzata su Kiev lungo il corso del Dnepr che in futuro potrebbe dividere l'Ucraina fra un est russo e un ovest occidentale, com'era un tempo la Germania: le stesse cose ritornano sempre, nella storia, come il rimosso nell'inconscio. Dev'essere per questo che tutti definiscono questa in Ucraina "la prima guerra nel cuore dell'Europa dopo piu' di settant'anni", dimenticando clamorosamente che in Europa la guerra era gia' tornata negli anni Novanta, in quella ex Jugoslavia che ha anticipato e prefigurato tutte le guerre successive a base etnico-nazionalista sparse per il mondo. Forse che la Jugoslavia non era il cuore ma la periferia dell'Europa? O non sara' piuttosto che nell'immaginario europeo, il cuore dell'Europa resta sempre li', al confine fra l'ex impero sovietico e l'Occidente democratico? Li', dove secondo gli stessi che nell'89 decretavano "la fine della storia" oggi la storia riprenderebbe in grande, quasi che in mezzo non ci fosse stato niente. Li', dove si sono convocati tutti i fantasmi che fino a ieri l'altro vagavano per l'est e per l'ovest, e che ora muovono questa terribile resa dei conti di un trentennio cominciato male e finito peggio. Che e' la vera posta in gioco, reale e simbolica, della tragedia che si sta consumando.
Hanno suscitato indignazione e scandalo i due discorsi del 21 e del 24 febbraio con cui Putin ha annunciato prima il riconoscimento ufficiale delle repubbliche separatiste del Donbass e poi la sua "operazione militare speciale", come l'ha chiamata lui, in Ucraina. Ne consiglierei tuttavia la lettura integrale (il testo e' facilmente reperibile in rete), ammesso che sia ancora lecito cercare di capire perche' accade quello che accade senza essere tacciati di connivenza con il nemico. Liquidati dai piu' come una litania del risentimento, o come il delirio paranoico da sindrome di accerchiamento di un uomo solo al comando provato dalla fobia del Covid, i due discorsi inanellano alcuni dati di fatto incontrovertibili sull'estensione a est della Nato, sulle guerre di aggressione perpetrate dall'Occidente dagli anni novanta in poi (Kosovo, Iraq, Siria, Libia), e, piu' in generale, sullo "stato di euforia da superiorita' assoluta, una sorta di assolutismo di tipo moderno, per di piu' sullo sfondo di un basso livello di cultura generale" che si e' impossessato del campo dei vincitori della Guerra fredda. Ma al di la' di questo merito, nonche' della ricostruzione delle cause di lungo periodo della rinascita dei nazionalismi, a Est dopo la fine dell'Urss, cio' che colpisce nelle parole di Putin e' la rivendicazione della dimensione storica come sfondo ineludibile del discorso politico. Precisamente lo sfondo che manca al discorso politico occidentale, che di spessore storico sarebbe supposto essere il piu' dotato. E che invece risponde all'aggressione di Putin usando – mirabile sintesi di un cinquantennio di ideologia neoliberale – solo il linguaggio dell'economia e della sicurezza: sanzioni e riarmo, nell'oblio – perfino teorizzato, come nel discorso alle camere di Mario Draghi – del passato che ha costruito, mattone dopo mattone, il presente.
Sia chiaro: lo sfondo e l'uso della storia non giustificano in alcun modo la mossa di Putin. L'invasione di uno Stato sovrano e confinante viola le basi del diritto internazionale, resuscita, a proposito di storia lunga, tutti i mostri del passato europeo, e si configura per di piu', nelle stesse motivazioni che Putin ne da', come una sorta di preemptive war, una guerra preventiva contro il pericolo eventuale di un'aggressione alla Russia da parte della Nato (i nemici assoluti sono spesso segretamente gemelli, e Putin evidentemente ha imparato qualcosa da George W. Bush). Nessuna ragione di lungo periodo esenta di un grammo di responsabilita' la decisione con cui il presidente russo ha portato il mondo sull'orlo del precipizio. Ma pare assai improbabile che dal precipizio le democrazie occidentali possano uscire senza aprire al proprio interno tre linee di ripensamento autocritico di un passato prossimo che invece tendono solo a rimuovere o a riconfermare.
La prima linea riguarda l'atroce sequenza di guerre con cui l'Occidente ha insanguinato l'epoca di pace che aveva annunciato alla fine della Guerra fredda, e che rischiano di costituire i precedenti formali, non solo le concause politiche, dello scenario che si va prefigurando in Europa. Dovrebbe balzare agli occhi l'analogia agghiacciante fra le motivazioni addotte da Putin a sostegno della minoranza russa in Ucraina e quelle che mossero il cosiddetto intervento umanitario della Nato a sostegno della minoranza kosovara in Serbia, con relativo bombardamento di Belgrado: e invece non un cenno se ne sente in specie nel Pd, erede del partito che fu il principale regista italiano di quella guerra, oggi abitato da una classe dirigente che sembra del tutto ignara della drammaticita' di quella stagione e del tutto conforme alla narrativa trionfale del dopo-'89. Dovrebbe risuonare come un monito sullo stato delle democrazie occidentali la madre di tutte le fake news e di tutte le post-truth politics, ovvero la gigantesca menzogna sulle presunte armi di distruzione di massa possedute da Saddam Hussein che giustifico' la "guerra preventiva" in Iraq. Soprattutto, dovrebbe portare un grammo di senno, questo si' preventivo, sullo scenario europeo prossimo venturo la scia di guerre civili, regimi instabili ed esodi migratori biblici lasciata dietro di se' dall'intera sequenza delle guerre post-89, tutte caratterizzate dall'intreccio micidiale di rivendicazioni nazional-sovraniste e rivendicazioni etnico-regionali che si ripropone oggi in Ucraina e rischia di riproporsi in un teatro europeo piu' vasto di quello ucraino. E invece e' proprio nella ripetizione nevrotica di quella dinamica che ci stiamo infilando, con il corredo sinistro di un soccorso armato alla resistenza ucraina fatto di contractors, appalti, privatizzazione dell'uso della forza – un film, anche questo, gia' visto in Iraq e in Siria, con le conseguenze che sappiamo.
La seconda linea di riflessione autocritica riguarda lo stato delle democrazie occidentali e quello connesso della costruzione europea. Oggi siamo tutti dalla parte dell'Ucraina, vittima di un'aggressione inammissibile, e da questa parte bisogna restare finche' i carri armati russi resteranno in campo. Ma nella retorica monotonale occidentale l'Ucraina e' diventata in pochi attimi la trincea della difesa della democrazia tout court, anzi, per dirla con le parole di Joe Biden nel suo discorso sullo stato dell'Unione, la trincea del conflitto fondamentale del nostro tempo, che sarebbe quello fra democrazia e autocrazia. Le elite democratiche americane sono impegnate da tempo a costruire questo frame narrativo, opposto e speculare all'attacco alla liberaldemocrazia occidentale portato avanti dalla concezione putiniana della cosiddetta "democrazia sovrana". E se nella politica interna americana questo frame e' servito a sconfiggere Trump, in politica estera e' destinato a prendere il posto di quello sullo "scontro di civilta'" fra Occidente e Islam che ha tenuto banco per tutto il ventennio della war on terror successivo all'11 settembre. Ma dopo Trump, gli americani non possono non sapere che la linea di confine fra democrazie e autocrazie e' diventata molto esile, e puo' essere scavalcata dagli autocrati che crescono all'interno delle democrazie occidentali, non soltanto al di fuori di esse. E noi europei non possiamo non sapere che le tentazioni autocratiche e sovran-populiste sono cresciute, soprattutto ma non solo nei paesi ex-sovietici dell'est, parallelamente ai processi di crisi e de-democratizzazione dei paesi dell'ovest, e sovente per reazione alla delusione di un allargamento a est dell'Unione rivelatosi piu' un'annessione alla religione del mercato che un'integrazione del mosaico di culture e tradizioni del vecchio continente. Anche da questa parte dell'oceano, il pericolo autocratico non viene solo dall'esterno, e la democrazia non puo' essere impugnata come una bandiera senza macchia e senza peccato.
Questo nodo lega il trentennio che abbiamo alle spalle al presente e al futuro dell'Unione europea e della sua collocazione nello scacchiere globale. Il rilancio dell'atlantismo da parte di Joe Biden appariva molto ambivalente gia' all'indomani della sua elezione: mentre riavvicinava le due sponde dell'Atlantico che Trump aveva allontanato, innalzava un nuovo muro fra l'Europa e le autocrazie orientali, chiamando la Ue a posizionarsi nettamente contro di esse. Gia' allora le voci piu' consapevoli spinsero infatti per un'Unione atlantista ma aperta verso Est e capace di porsi come ponte fra gli Stati Uniti, la Russia e la Cina. Complice la fine del cancellierato di Angela Merkel, nonche' verosimilmente l'insediamento del governo Draghi in Italia, le cose hanno preso purtroppo un'altra piega. E oggi e' piu' che inquietante il coro mainstream di soddisfazione che si leva per un compattamento europeo che fa propria la parola d'ordine americana del nuovo scontro di civilta' fra Occidente e Oriente, e avviene tutto sotto l'insegna della Nato, di sanzioni durissime che colpiranno Putin ma affosseranno la transizione energetica europea, di una politica di pura potenza, di un riarmo di cui la Germania si fa protagonista e che travolge persino la neutralita' storica di paesi come la Finlandia.
Se si rafforza in questo modo, dopo aver clamorosamente mancato tutte le possibilita' preventive di disinnescare politicamente la miccia che Putin stava accendendo, l'Unione europea finira' col fare le spese del ridisegno dell'ordine globale che si sta giocando nella guerra fra l'imperialismo russo e il nazionalismo ucraino. Se in Ucraina non cessa il fuoco e l'Europa non inverte la rotta imboccando la strada della smilitarizzazione, il conflitto si estendera' in modo imprevedibile e i tempi si faranno durissimi per la specie umana. Se le democrazie si compatteranno al loro interno sulla base dell'ennesima proclamazione dello stato d'emergenza, come gia' sta avvenendo in Italia, la credibilita' della democrazia subira' un ennesimo e fatale colpo. Come sempre e mai come oggi, per incidere sullo scacchiere geopolitico il pacifismo deve alimentarsi di un conflitto politico aspro dentro casa, in primo luogo contro la militarizzazione del dibattito pubblico.

6. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

7. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

8. MATERIALI. CAROL GOKEE: ALCUNI MATERIALI PER LA MOBILITAZIONE PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER
[Da Carol Gokee riceviamo e diffondiamo questi materiali.
Carol Gokee coordina il comitato internazionale di solidarieta' con Leonard Peltier, per contatti: Carol Gokee, National Co-Director "International Leonard Peltier Defense Committee", 428-A8 Farnham St. Marshall, WI. 53559, 715.209.4453, Contact at whoisleonardpeltier.info]

We urge President Biden to immediately grant clemency to Leonard Peltier
Points in Support of the Release of Leonard Peltier
Commutation/Pardon
Pres. Biden's powers of executive clemency give him the option of granting a pardon or commuting a sentence.
Other remedies:
Parole
The  U.S. Parole Commission has denied parole multiple times. Mr. Peltier has consistently maintained his innocence, and it is unlikely parole will be granted.
Compassionate release
Leonard Peltier is eligible for compassionate release under BOP rules, but he has been denied multiple times and he has no right to appeal these denials to a federal district court because he was convicted before 11/1/1987.
Release to home confinement due to the pandemic
A temporary release to home confinement is not freedom for Mr. Peltier.
Recent Letters/Actions:
2021 July: James Reynolds Letter to President Biden "Enough is Enough".
James Reynolds is the former U.S. Attorney whose office handled the prosecution and appeal of Leonard Peltier in 1977.
2021 November: Letter from 11 Members of Congress led by Cong. Raul Grijalva (D-AZ).
2022 February: Sen. Brian Schatz (D-HI) Letter to President Biden.
2022 February: Sen. Patrick Leahy (D-VT) Letter to President Biden.
2022 February: Letter from 11 Members of Congress led by Cong. Raul Grijalva (D-AZ)
2022 February: The National Congress of American Indians (NCAI) renews the call for the release of Leonard Peltier.
Supporting Background Points:
Leonard Peltier is now 77 years old and Saturday, February 6, 2022, marked the completion of his 46th year in prison.
Leonard Peltier tested positive for the coronavirus on 1/28/22.
Due to the ongoing COVID-19 pandemic and Leonard's already fragile health status, including diabetes and an abdominal aortic aneurysm, there is renewed urgency behind the effort to gain his release.
Our request for clemency is centered on the injustice of his continued incarceration based on the constitutional violations and prosecutorial misconduct that have been unveiled in recent years.
Examples:
The government withheld exculpatory evidence: a ballistics report showed the shell casings collected from the scene didn't come from his weapon.
The prosecution of Leonard Peltier relied on testimony from supposed witnesses who later recanted their statements, asserting that FBI agents threatened and coerced them into lying.
Also see: Former Federal Judge Kevin Sharp CBS News Interview 2/6/22
Counterpoint to assertion that his conviction has been upheld by the U.S. District Court, the 8th Circuit Court of Appeals, and the Supreme Court:
No denial of the prosecution's misconduct.
Conviction was upheld despite the prosecution's misconduct.
See United States v. Peltier, 553 F. Supp. 890 (D.N.D. 1982) (denying motion to vacate judgment and for a new trial); United States v. Peltier, 731 F.2d 550 (8th Cir. 1984) (remanding for an evidentiary hearing); United States v. Peltier, 609 F. Supp. 1143 (D.N.D. 1985) (denying motions to disqualify judge and to vacate judgment and for a new trial), aff'd, 800 F.2d 772 (8th Cir. 1986), cert. denied, 484 U.S. 822 (1987); Peltier v. Henman, 997 F.2d 461 (8th Cir. 1993) (affirming the denial of 28 U.S.C. - 2255 motion); Peltier v. Booker, 348 F.3d 888 (10th Cir. 2003) (affirming the denial of habeas relief and request for parole), cert. denied, 541 U.S. 1003 (2004).
The Eight Circuit stated that "[t]he use of the affidavits of Myrtle Poor Bear in the extradition proceedings was, to say the least, a clear abuse of the investigative process of the F.B.I." See United States v. Peltier, 585 F.2d 314, 335 n.18 (8th Cir. 1978).
The Eighth Circuit later acknowledged the "improper conduct" by the FBI and noted that the explanation for the initial ballistics report authored four months prior to the one used at trial - showing that "[n]one of the other ammunition components recovered at the [shoot-out] scene could be associated with [the Wichita AR–15]" - was "facially inconsistent with the newly-discovered evidence." See United States v. Peltier, 800 F.2d 772, 776, 778 (8th Cir. 1986) (some alterations in original, some added).
Despite this, the Court relied on an interpretation that Supreme Court precedent at the time required a finding "that it is reasonably probable the jury would have acquitted Peltier had it been aware of [the concealed] evidence," a misunderstanding of the standard which the Supreme Court subsequently clarified. See id. at 777.
Leonard Peltier's unjust imprisonment has been recognized as such by national and international human rights organizations, leading voices on criminal justice issues, dignitaries from around the world, and nearly 100 current and former members of Congress.
To mainstream America, these actions by the FBI in the mid-1970's in Indian country seem hardly believable. To Native Americans, their actions resonated deeply and represent a time of open oppression and aggression by federal law enforcement on Indian reservations throughout America.
Our efforts to gain the release of Leonard Peltier have repeatedly been stymied by the opposition of the FBI. It has been over four decades. The time for healing is now - both for American Indians and the FBI.
For additional information, please contact Judge Kevin Sharp, former Chief Judge of the U.S. District Court - TN and voluntary pro bono lawyer for Leonard Peltier.
Judge Kevin Sharp: ksharp at sanfordheisler.com / (615) 434-7701.

9. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Simone Oggionni, Lucio Magri, Edizioni Efesto, Roma 2021, pp. 360, euro 15.
*
Riletture
- Lucio Magri, Considerazioni sui fatti di maggio, De Donato, Bari 1968, Manifestolibri, Roma 2018, pp. 176.
- Lucio Magri, Il sarto di Ulm. Una possibile storia del Pci, Il Saggiatore, Milano 2009, pp. 456.
- Lucio Magri, Alla ricerca di un altro comunismo. Saggi sulla sinistra italiana, Il Saggiatore, Milano 2012, pp. 288 (+ 16 pp. di repertorio fotografico).

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4406 del 12 marzo 2022
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
*
Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
Per non ricevere piu' il notiziario e' sufficiente recarsi in questa pagina: https://lists.peacelink.it/sympa/signoff/nonviolenza
Per iscriversi al notiziario, invece, l'indirizzo e' https://lists.peacelink.it/sympa/subscribe/nonviolenza
*
L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e' centropacevt at gmail.com