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[Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 353
- Subject: [Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 353
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Fri, 11 Feb 2022 07:20:57 +0100
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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 353 dell'11 febbraio 2022
In questo numero:
1. L'appello urgente di Amnesty International al Presidente Biden per la liberazione immediata di Leonard Peltier, ora anche malato di covid
2. Leonard Peltier rischia di morire in carcere di covid. Un appello per la sua liberazione
3. Una minima notizia sull'iniziativa in corso per la liberazione di Leonard Peltier
4. Chi e' Leonard Peltier? (Una scheda informativa essenziale dei primi anni duemila dal sito www.whoisleonardpeltier.info)
5. Il caso Leonard Peltier (Una scheda informativa essenziale dell'inizio del 2016 dal sito www.whoisleonardpeltier.info)
6. Salvatore Quasimodo: Ed e' subito sera
7. Salvatore Quasimodo: Rifugio d'uccelli notturni
8. Salvatore Quasimodo: Dove morti stanno ad occhi aperti
9. Salvatore Quasimodo: Isola di Ulisse
10. Salvatore Quasimodo: Alle fronde dei salici
11. Salvatore Quasimodo: Giorno dopo giorno
12. Salvatore Quasimodo: Milano, agosto 1943
13. Salvatore Quasimodo: Uomo del mio tempo
14. Salvatore Quasimodo: Anno Domini MCMXLVII
15. Salvatore Quasimodo: Il mio paese e' l'Italia
16. Salvatore Quasimodo: Ai quindici di Piazzale Loreto
17. Salvatore Quasimodo: Auschwitz
18. Salvatore Quasimodo: Ai fratelli Cervi, alla loro Italia
19. Salvatore Quasimodo: Il muro
20. Salvatore Quasimodo: In questa citta'
21. Salvatore Quasimodo: Ancora dell'inferno
22. Salvatore Quasimodo: Epigrafe per i caduti di Marzabotto
23. Salvatore Quasimodo: Epigrafe per i partigiani di Valenza
1. REPETITA IUVANT. L'APPELLO URGENTE DI AMNESTY INTERNATIONAL AL PRESIDENTE BIDEN PER LA LIBERAZIONE IMMEDIATA DI LEONARD PELTIER, ORA ANCHE MALATO DI COVID
[Dal sito di Amnesty International USA: www.amnestyusa.org]
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500, USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform: https://www.whitehouse.gov/contact/
Dear Mr. President,
The news that 77-year-old Native American activist Leonard Peltier has contracted COVID-19 in federal prison has greatly heightened concern for his well-being given his age and his serious medical conditions, including diabetes, kidney disease and a heart ailment.
Pending before you is Leonard Peltier's clemency petition in which he seeks commutation of his sentence. Many have called for his release over the years on humanitarian grounds, including the National Congress of American Indians and several Nobel laureates, including the late Archbishop Desmond Tutu. Most recently, the Chairperson of the Senate Indian Affairs Committee, Senator Brian Schatz, has urged you to grant clemency, in line with your administration's commitment to "righting past wrongs" in the criminal justice system.
Leonard Peltier has always maintained his innocence of the murder of two FBI agents during a confrontation with members of the American Indian Movement on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota in 1975. There are serious concerns about the fairness and reliability of proceedings leading to his trial and conviction in 1977. These concerns have led the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial to call for clemency.
Even without the serious additional serious factor of COVID-19, there remain deep concerns about Leonard Peltier's deteriorating health.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
2. REPETITA IUVANT. LEONARD PELTIER RISCHIA DI MORIRE IN CARCERE DI COVID. UN APPELLO PER LA SUA LIBERAZIONE
Leonard Peltier rischia di morire in carcere di covid.
Leonard Peltier e' detenuto da 46 anni pur essendo del tutto innocente dei delitti che gli sono stati attribuiti sulla base di "prove" false e di "testimonianze" altrettanto false.
Leonard Peltier e' un nativo americano perseguitato per aver sempre lottato per i diritti umani di tutti gli esseri umani e in difesa della Madre Terra.
Leonard Peltier e' un testimone della dignita' umana la cui liberazione e' stata chiesta da Nelson Mandela, da Madre Teresa di Calcutta, da Desmond Tutu, da Rigoberta Menchu', dal Dalai Lama, da innumerevoli donne e uomini di volonta' buona.
Leonard Peltier alcuni giorni fa ha contratto il covid, e nel carcere di massima sicurezza in cui si trova non puo' ricevere cure adeguate.
Facciamo sentire la voce dell'umanita' per la liberazione di Leonard Peltier.
Chiediamo al Presidente degli Stati Uniti d'America che attraverso l'istituto della grazia presidenziale gli restituisca la liberta' e gli consenta cure adeguate.
Non muoia in carcere Leonard Peltier.
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Invitiamo ogni persona di volonta' buona a diffondere questo appello.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Non muoia in carcere Leonard Peltier.
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Le persone partecipanti all'incontro di Viterbo del 7 febbraio 2022 (a quarantasei anni e un giorno dall'arresto di Leonard Peltier il 6 febbraio 1976)
3. REPETITA IUVANT. UNA MINIMA NOTIZIA SULL'INIZIATIVA IN CORSO PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER
I. Una minima notizia su Leonard Peltier
La vicenda di Leonard Peltier puo' essere riassunta brevemente: nato a Grand Forks, nel North Dakota, il 12 settembre 1944, attivista dell'American Indian Movement per i diritti umani dei nativi americani e in difesa della Madre Terra, nel 1977 fu condannato a due ergastoli in un processo-farsa sulla base di presunte prove e presunte testimonianze dimostratesi false; da allora e' ancora detenuto, sebbene la sua innocenza sia ormai universalmente riconosciuta (gli stessi suoi accusatori e giudici responsabili della sua scandalosa ed assurda condanna hanno in prosieguo di tempo ammesso che le cosiddette "prove" e le cosiddette "testimonianze" erano false). Anche dal carcere ha continuato ad impegnarsi per i diritti umani di tutti gli esseri umani e in difesa della Madre Terra, sostenendo e promuovendo molte iniziative educative ed umanitarie, a cui ha affiancato un'apprezzata attivita' di pittore, poeta, scrittore.
Di seguito riportiamo una breve nota di presentazione dal suo libro autobiografico edito in Italia nel 2005: "Accusato ingiustamente dal governo americano – ricorrendo a strumenti legali, paralegali e illegali – dell'omicidio di due agenti dell'FBI nel 1975 (un breve resoconto tecnico della farsa giudiziaria e' affidato all'ex ministro della giustizia degli Stati Uniti Ramsley Clark, autore della prefazione), Peltier, al tempo uno dei leader di spicco dell'American Indian Movement (AIM), marcisce in condizioni disumane in una prigione di massima sicurezza da quasi trent'anni. Nonostante la sua innocenza sia ormai unanimemente sostenuta dall'opinione pubblica mondiale, nonostante una campagna internazionale in suo favore che ha coinvolto il Dalai Lama, Nelson Mandela, il subcomandante Marcos, Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Robert Redford (che sulla vicenda di Peltier ha prodotto il documentario Incident at Oglala), Oliver Stone, Howard Zinn, Peter Matthiessen, il Parlamento europeo e Amnesty International, per il governo americano il caso del prigioniero 89637-132 e' chiuso. Non sorprende dunque che Peltier sia divenuto un simbolo dell'oppressione di tutti i popoli indigeni del mondo e che la sua vicenda abbia ispirato libri (Nello spirito di Cavallo Pazzo di Peter Matthiessen), film (Cuore di tuono di Michael Apted, per esempio) e canzoni (i Rage Against the Machine hanno dedicato a lui la canzone Freedom). In parte lucidissimo manifesto politico, in parte toccante memoir, questa e' la straordinaria storia della sua vita, raccontata per la prima volta da Peltier in persona. Una meravigliosa testimonianza spirituale e filosofica che rivela un modo di concepire la vita, ma soprattutto la politica, che trascende la dialettica tradizionale occidentale e i suoi schemi (amico-nemico, destra-sinistra e cosi' via): i nativi la chiamano la danza del sole" (dalla scheda di presentazione del libro di Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, 2005, nel sito della casa editrice: fazieditore.it).
Per ulteriori informazioni si veda di Leonard Peltier, Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999 (in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005); e tra le opere su Leonard Peltier: Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 (in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994); Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano, Erre Emme, Pomezia 1996; Michael Koch, Michael Schiffmann, Ein leben fur Freiheit. Leonard Peltier und der indianische Widerstand, TraumFaenger Verlag, Hohenthann 2016. Particolarmente utile anche l'opera di Bruce E. Johansen, Encyclopedia of the American Indian Movement, Greenwood, Santa Barbara - Denver - Oxford, 2013, piu' volte ristampata.
Si puo' utilmente consultare anche il sito dell'"International Leonard Peltier Defense Committee": www.whoisleonardpeltier.info (sito nel quale e' disponibile anche il testo integrale del libro di Jim Messerschmidt, The Trial of Leonard Peltier).
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II. Due estratti dall'autobiografia di Leonard Peltier
"Tutti facciamo parte dell'unica famiglia dell'umanita'.
Noi condividiamo la responsabilita' per la nostra Madre Terra e per tutti quelli che ci vivono e respirano.
Credo che il nostro compito non sara' terminato fin quando anche un solo essere umano sara' affamato o maltrattato, una sola persona sara' costretta a morire in guerra, un solo innocente languira' in prigione e un solo individuo sara' perseguitato per le sue opinioni.
Credo nel bene dell'umanita'.
Credo che il bene possa prevalere, ma soltanto se vi sara' un grande impegno. Impegno da parte nostra, di ognuno di noi, tuo e mio".
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"Non ho scuse da porgere, solo tristezza. Non posso scusarmi per quello che non ho fatto. Ma posso provare dolore, e lo faccio. Ogni giorno, ogni ora, soffro per quelli che sono morti nello scontro di Oglala del 1975 e per le loro famiglie - per le famiglie degli agenti dell'Fbi Jack Coler e Ronald Williams e, si', per la famiglia di Joe Killsright Stuntz, la cui morte per una pallottola a Oglala quello stesso giorno, cosi' come le morti di centinaia di altri indiani a Pine Ridge in quel terribile periodo, non e' mai stata oggetto di inchiesta. Mi piange il cuore nel ricordare la sofferenza e la paura nella quale molta della mia gente fu costretta a vivere a quel tempo, la stessa sofferenza e paura che quel giorno spinse me e gli altri a Oglala per difendere chi era indifeso.
Provo pena e tristezza anche per la perdita subita dalla mia famiglia perche', in qualche misura, quel giorno sono morto io stesso. Sono morto per la mia famiglia, per i miei bambini, per i miei nipoti, per me stesso. Sopravvivo alla mia morte da oltre due decenni.
Quelli che mi hanno messo qui e che mi tengono qui sapendo della mia innocenza avranno una magra consolazione dalla loro indubbia rivincita, che esprime chi essi sono e cio' che sono. Ed e la piu' terribile rivincita che potessi immaginare.
Io so chi sono e quello che sono. Sono un indiano, un indiano che ha osato lottare per difendere il suo popolo. Io sono un uomo innocente che non ha mai assassinato nessuno, ne' inteso farlo. E, si', sono uno che pratica la Danza del Sole. Anche questa e' la mia identita'. Se devo soffrire in quanto simbolo del mio popolo, allora soffro con orgoglio.
Non cedero' mai.
Se voi, parenti e amici degli agenti che morirono nella proprieta' degli Jumping Bull, ricaverete qualche tipo di soddisfazione dal mio essere qui, allora posso almeno darvi questo, nonostante non mi sia mai macchiato del loro sangue. Sento la vostra perdita come mia. Come voi soffro per quella perdita ogni giorno, ogni ora. E cosi' la mia famiglia. Anche noi conosciamo quella pena inconsolabile. Noi indiani siamo nati, viviamo, e moriamo con quell'inconsolabile dolore. Sono ventitre' anni oggi che condividiamo, le vostre famiglie e la mia, questo dolore; come possiamo essere nemici? Forse e' con voi e con noi che il processo di guarigione puo' iniziare. Voi, famiglie degli agenti, certamente non avevate colpa quel giorno del 1975, come non l'aveva la mia famiglia, eppure voi avete sofferto tanto quanto, anche piu' di chiunque era li'. Sembra sia sempre l'innocente a pagare il prezzo piu' alto dell'ingiustizia. E' sempre stato cosi' nella mia vita.
Alle famiglie di Coler e Williams che ancora soffrono mando le mie preghiere, se vorrete accettarle. Spero lo farete. Sono le preghiere di un intero popolo, non solo le mie. Abbiamo molti dei nostri morti per cui pregare e uniamo la nostra amarezza alla vostra. Possa il nostro comune dolore essere il nostro legame.
Lasciate che siano quelle preghiere il balsamo per la vostra pena, non la prolungata prigionia di un uomo innocente.
Vi assicuro che se avessi potuto evitare quello che avvenne quel giorno, la vostra gente non sarebbe morta. Avrei preferito morire piuttosto che permettere consapevolmente che accadesse cio' che accadde. E certamente non sono stato io a premere il grilletto che l'ha fatto accadere. Che il Creatore mi fulmini ora se sto mentendo. Io non riesco a vedere come il mio stare qui, separato dai miei nipoti, possa riparare alla vostra perdita.
Vi giuro, sono colpevole solo di essere un indiano. E' questo il motivo per cui sono qui".
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III. Una considerazione sul significato della solidarieta' con Leonard Peltier
La solidarieta' con Leonard Peltier e' la solidarieta' con la Resistenza degli indiani d'America vittime di un genocidio, di un etnocidio e di un ecocidio che tuttora continuano e che occorre contrastare.
La solidarieta' con Leonard Peltier e' la solidarieta' con la lotta di tutti i popoli e di tutti gli esseri umani oppressi e denegati dalla violenza dei poteri dominanti.
La solidarieta' con Leonard Peltier e' la solidarieta' con la lotta dell'umanita' cosciente in difesa del mondo vivente dalla minaccia di distruzione da parte di un sistema di potere, di un modo di produzione e di un modello di sviluppo che schiavizzano, divorano e distruggono gli esseri umani, gli altri animali, l'intero mondo vivente.
La lotta di Leonard Peltier e la lotta per la sua liberazione sono quindi parte di un impegno in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani, di un impegno per la salvezza dell'intero mondo vivente.
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IV. Un appello del Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli
Il Presidente David Sassoli, recentemente scomparso, il 23 agosto 2021 espresse pubblicamente - con una conferenza stampa, un video e un tweet - la richiesta al Presidente degli Stati Uniti d'America di concedere la grazia a Leonard Peltier.
Nel suo tweet del 23 agosto 2021 il Presidente Sassoli scrisse, in italiano e in inglese:
"Inviero' una lettera alle autorita' statunitensi chiedendo clemenza per Leonard Peltier, attivista per i diritti umani dell'American Indian Movement, in carcere da 45 anni.
Spero che le autorita' accolgano il mio invito. I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
"I will send a letter to the US authorities asking for clemency for Leonard Peltier. A human rights activist of the American Indian Movement, he has been imprisoned for 45 years.
I hope the authorities will take up my invitation. Human rights must be defended always, everywhere".
A sostegno di questa iniziativa del Presidente del Parlamento Europeo Sassoli si sono espresse innumerevoli personalita', associazioni, istituzioni. Tra esse prestigiosissime personalita' dell'impegno religioso ed istituzionale, morale e civile, culturale ed artistico.
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V. Alcuni riferimenti utili
Per contattare le associazioni promotrici della campagna italiana in corso per la liberazione di Leonard Peltier: e-mail: bigoni.gastone at gmail.com, naila.clerici at soconasincomindios.it, nepi1.anpi at gmail.com, centropacevt at gmail.com, tel. 3490931155 (risponde Andrea De Lotto, del "Comitato di solidarieta' con Leonard Peltier" di Milano), tel. 3478207381 (risponde Naila Clerici, direttrice della rivista "Tepee" e presidente italiana di Soconas-Incomindios).
Per contattare l'"International Leonard Peltier Defense Committee": sito: wwww.whoisleonardpeltier.info, e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
Alcuni siti utili: Centro studi americanistici "Circolo Amerindiano": www.amerindiano.org ; Il Cerchio, coordinamento di sostegno ai/dai nativi americani: www.associazioneilcerchio.it ; Soconas Incomindios, comitato di solidarieta' con i nativi americani: https://it-it.facebook.com/soconasincomindios/
4. REPETITA IUVANT. CHI E' LEONARD PELTIER? (UNA SCHEDA INFORMATIVA ESSENZIALE DEI PRIMI ANNI DUEMILA DAL SITO WWW.WHOISLEONARDPELTIER.INFO)
[Dal sito www.whoisleonardpeltier.info riprendiamo la seguente sintetica scheda (la traduzione e' di Paolo Arena)]
Leonard Peltier e' un cittadino delle nazioni Anishinabe e Dakota/Lakota che e' stato imprigionato ingiustamente per oltre 40 anni.
Per la comunita' internazionale il caso Peltier e' una macchia nella questione dei diritti umani in America.
Amnesty International considera Peltier un "prigioniero politico" che dovrebbe essere "rilasciato immediatamente e senza condizioni".
Per molti popoli indigeni Peltier e' un simbolo degli abusi e della repressione che essi hanno subito tanto a lungo.
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Cosa ha portato alla detenzione di Peltier?
Si inizia nei primi anni Settanta, nella Riserva Indiana di Pine Ridge, in South Dakota, quando le tensioni tra l'amministratore delle tribu' Dick Wilson e i tradizionalisti iniziarono un'escalation. Wilson era favorevole all'assimilazione, nel senso che credeva che i Popoli Nativi dovessero abbandonare le proprie tradizioni per unirsi alla societa' americana mainstream. I tradizionalisti, d'altro canto, sentivano importante mantenere la propria cultura e la propria base territoriale. Wilson avvantaggio' chi era favorevole all'assimilazione dando loro impieghi e altre risorse, tralasciando invece le necessita' dei tradizionalisti che spesso vivevano nella peggior indigenza.
Il conflitto in crescita spinse i tradizionalisti ad unirsi con il Movimento degli Indiani Americani (AIM), un'organizzazione per i diritti civili votata ad unire i Popoli Nativi nello sforzo di far risorgere le loro comunita' e promuovere orgoglio culturale e sovranita'.
In reazione Wilson si uni' all'FBI (Federal Bureau of Investigation) per distruggere il movimento percepito dall'agenzia come una minaccia all'"American way of life". L'esito fu disastroso.
Nel 1973 i tradizionalisti locali e l'AIM occuparono Wounded Knee, un piccolo centro di Pine Ridge, per protestare contro i numerosi abusi che stavano subendo. Era lo stesso luogo dove, meno di cento anni prima, fu commesso l'orribile massacro di Wounded Knee contro oltre 300 Lakota, per lo piu' donne e bambini. Invece di ascoltare le proteste dei Nativi, all'occupazione il governo rispose militarmente, esplodendo oltre 250.000 colpi nell'area e uccidendone due occupanti, sulle cui morti non furono mai aperti dei procedimenti giudiziari.
L’occupazione prosegui' per 71 giorni e termino' solo quando il governo promise indagini a seguito delle denunce. Le indagini non furono mai realizzate e le condizioni nella riserva peggiorarono.
Dopo Wounded Knee, Wilson mise fuorilegge le attivita' dell'AIM nella riserva. I tradizionalisti non erano autorizzati a riunirsi o a partecipare a cerimonie tradizionali. Wilson assunse vigilanti che si facevano chiamare Guardiani della Nazione Oglala – GOONS ("Scagnozzi" - ndt).
I tre anni successivi ai fatti di Wounded Knee sono spesso definiti come "il regno del terrore di Pine Ridge", perche' tutte le persone considerate sostenitrici dell'AIM erano bersaglio di violenze. Le loro case venivano bruciate e le loro auto spinte fuori strada. Erano investiti da veicoli, colpiti da spari dalle auto, picchiati.
Tra il 1973 e il 1976 oltre 60 tradizionalisti furono assassinati – Pine Ridge aveva il piu' alto tasso di omicidi negli Stati Uniti – e molti altri furono aggrediti. In quasi tutti i casi le dichiarazioni di testimoni indicarono la responsabilita' dei GOON, ma nulla e' stato fatto per fermare la violenza. Al contrario, l'FBI riforni' i GOON di armi ed informazioni riservate sull'AIM e si volto' dall'altra parte ogni volta che i GOON commettevano crimini.
Col peggiorare della situazione i tradizionalisti chiesero all'AIM di tornare nella riserva per fornire protezione alla popolazione. Leonard Peltier era tra coloro che risposero alla chiamata. Lui e una dozzina di altri allestirono un campo al ranch Jumping Bull, presso Pine Ridge, casa di un certo numero di famiglie tradizionaliste.
Il 26 giugno 1976 due agenti dell'FBI in veicoli non ufficiali inseguirono un furgone rosso fino al ranch Jumping Bull. Apparentemente cercavano Jimmy Eagle, che era finito in una rissa e aveva rubato un paio di stivali da cow-boy. Furono sparati dei colpi. Mentre le madri abbandonavano la zona con i loro figli, altri residenti iniziarono a rispondere al fuoco. Inizio' una sparatoria tra gli agenti dell'FBI ed i residenti.
Le forze dell'ordine si mobilitarono immediatamente. In un paio d'ore oltre 150 agenti della squadra SWAT dell'FBI, la polizia del Bureau of Indian Affairs (BIA) e i GOON circondarono il ranch.
Peltier aiuto' a condurre un gruppetto di ragazzi fuori dall'area, scampando a malapena alla grandine di proiettili.
Quando la sparatoria cesso', il militante dell'AIM Joseph Killsright Stuntz giaceva morto, colpito alla testa da un cecchino. Sulla sua morte non e' mai stata aperto un procedimento giudiziario. Anche i due agenti dell'FBI giacevano morti – feriti nella sparatoria, poi colpiti a bruciapelo.
Anni dopo, grazie ad un ricorso tramite il Freedom of Information Act (FOIA) fu documentato che:
- l'FBI aveva sorvegliato strettamente le attivita' dell'AIM dentro e fuori la riserva e si stava preparando per "operazioni paramilitari di polizia" gia' un mese prima della sparatoria.
- i due agenti dell'FBI possedevano una mappa che evidenziava il ranch Jumping Bull in cui i magazzini delle provviste delle famiglie residenti erano definiti come "bunker".
Nota bene: oltre 70.000 pagine dei documenti dell'FBI sula vicenda rimangono ancora oggi secretate.
Secondo i documenti dell'FBI, oltre quaranta persone tra i Nativi hanno partecipato alla sparatoria, sia militanti dell'AIM che non. Eppure solo quattro persone furono indiziate per le morti degli agenti: tre leader dell'AIM – Dino Butler, Bob Robideau e Leonard Peltier – e Jimmy Eagle.
Butler e Robideau furono i primi ad essere arrestati e processati. La giuria ritenne che Butler e Robideau fossero giustificati a rispondere al fuoco vista l'atmosfera di terrore che c'era a Pine Ridge in quel periodo. Inoltre non furono collegati alle uccisioni con i colpi sparati a bruciapelo. Butler e Robideau furono dichiarati "non colpevoli" per legittima difesa.
L'FBI fu irritato dal verdetto. Lasciarono quindi cadere le accuse contro Jimmy Eagle cosicche' – come attesta un memoriale dell'FBI - "... tutta la forza accusatoria del governo federale potesse essere diretta contro Leonard Peltier".
Frattanto Peltier era riparato in Canada, ritenendo che non avrebbe mai avuto un processo equo. Il 6 febbraio 1976 fu catturato.
L'FBI presento' al tribunale canadese un affidavit di una donna chiamata Myrtle Poor Bear, che dichiarava di essere stata la fidanzata di Peltier e di averlo visto sparare agli agenti. Peltier fu estradato negli Stati Uniti.
Di fatto Myrtle Poor Bear non aveva mai incontrato Peltier, ne' era presente al momento della sparatoria – fatto in seguito confermato dal Procuratore degli Stati Uniti.
Nonostante la successiva dichiarazione di Myrtle Poor Bear di aver rilasciato una falsa testimonianza sotto coercizione, terrorizzata dagli agenti dell'FBI, l'estradizione di Peltier non fu revocata.
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In cosa fu ingiusto il processo di Peltier?
Leonard Peltier fu rimpatriato negli Stati Uniti, dove il suo caso fu misteriosamente trasferito dal giudice che aveva presieduto il processo dei suoi coimputati ad un differente giudice, che emise decisioni che penalizzarono gravemente la difesa. Inoltre l'FBI aveva analizzato attentamente il caso Butler-Robideau e questa volta era determinato ad assicurarsi una condanna. Le carte erano state truccate contro Peltier ed un processo equo era fuori discussione.
- Myrtle Poor Bear e altri testimoni chiave furono esclusi dal testimoniare sulla cattiva condotta dell'FBI.
- Le testimonianze sul "regno del terrore a Pine Ridge" furono rigidamente escluse.
- Prove importanti come rapporti balistici in contrasto furono giudicate inammissibili.
- Il furgone rosso che era stato seguito fin dentro il ranch fu successivamente descritto come "il van rosso e bianco di Peltier" (gli agenti che avevano descritto il veicolo come "pick-up rosso" nel processo Butler-Robideau non ricordavano piu' la loro precedente testimonianza).
- La giuria fu isolata e circondata in ogni momento da U.S. Marshals, cercando di farle credere che l'AIM fosse una minaccia per la loro sicurezza.
- Tre giovani testimoni Nativi furono costretti a testimoniare il falso contro Peltier, dopo essere stati trattenuti e terrorizzati da agenti dell'FBI.
Il Procuratore non riusci' a produrre un solo testimone che potesse identificare Peltier come lo sparatore, ma il governo collego' un bossolo trovato vicino ai corpi alla presunta arma del delitto, sostenendo che quell'arma fosse l'unica del suo tipo ad essere stata usata durante la sparatoria e che appartenesse a Peltier.
La successiva azione giudiziaria promossa in base al Freedom of Information Act ha scoperto documenti dell'FBI che dimostravano:
- che piu' di un'arma del tipo attribuito a Peltier era presente sulla scena del conflitto a fuoco.
- Che l'FBI aveva intenzionalmente nascosto un rapporto balistico che mostrava come il bossolo non potesse provenire dalla presunta arma del delitto.
- Che gli agenti senza alcun dubbio seguirono un pick-up rosso sul terreno, non il furgone rosso e bianco guidato da Peltier.
- Che esistevano prove inconfutabili contro diversi altri sospetti ma furono nascoste.
Ignara di tutto cio', la giuria condanno' Peltier. Fu condannato a due ergastoli consecutivi.
*
Cosa e' accaduto in seguito al processo?
Dopo che sono emersi gli abusi sopra descritti, la difesa di Peltier ha richiesto un nuovo processo.
Durante la conseguente esposizione delle istanze, il Procuratore degli Stati Uniti ha ammesso due volte: "...noi non possiamo provare chi ha sparato a quegli agenti".
Per il tribunale Peltier avrebbe potuto essere assolto se le autentiche prove non fossero state occultate dall'FBI.
Tuttavia un nuovo processo fu negato in base a tecnicismi legali.
Nel 1993 Peltier richiese la Grazia Esecutiva al presidente Clinton. Fu lanciata un'intensa campagna – supportata dai Nativi e dalle organizzazioni umanitarie, da membri del Congresso, da gruppi comunitari e gruppi religiosi, organizzazioni sindacali, da intellettuali e celebrita'. Anche il giudice Heaney, responsabile della citata affermazione del tribunale, ha espresso un risoluto sostegno al rilascio di Peltier. Il caso Peltier divenne una questione nazionale.
Il 7 novembre 2000 durante una intervista alla radio, Clinton dichiaro' che avrebbe seriamente preso in considerazione la richiesta di grazia di Peltier ed avrebbe preso una decisione prima di lasciare l'incarico il 20 gennaio 2001.
In risposta l'FBI lancio' una vasta campagna di disinformazione sia sui media che tra i rappresentanti delle istituzioni; il 15 dicembre oltre 500 agenti dell'FBI marciarono davanti alla Casa Bianca per opporsi alla grazia.
Il 20 gennaio la lista dei provvedimenti di grazia emessi da Clinton fu diffusa ai media. Senza spiegazioni il nome di Peltier era stato espunto.
Dal 2001 le azioni legali per la revisione della sentenza o per il rilascio sulla parola non sono riuscite ad ottenere il rilascio di Peltier.
5. REPETITA IUVANT. IL CASO LEONARD PELTIER (UNA SCHEDA INFORMATIVA ESSENZIALE DELL'INIZIO DEL 2016 DAL SITO WWW.WHOISLEONARDPELTIER.INFO)
[Dal sito www.whoisleonardpeltier.info riprendiamo la seguente sintetica scheda (la traduzione e' di Paolo Arena)]
Un innocente: Leonard Peltier e' un attivista Nativo Americano accusato in relazione alla morte di due agenti del Federal Bureau of Investigation (FBI) nel conflitto a fuoco che ha avuto luogo presso la Riserva indiana di Pine Ridge, South Dakota, il 26 giugno 1975.
Documenti del Governo mostrano che, senza alcuna prova, l'FBI ha deciso fin dall'inizio della sua investigazione di "incatenare Peltier al caso".
Il Trattato Jay (Trattato di Amicizia, Commercio e Navigazione, tra Sua Maesta' Britannica e gli Stati Uniti d'America), ratificato da Stati Uniti e Canada, prevede che gli Indiani Americani siano autorizzati ad attraversare il confine Stati Uniti-Canada liberamente.
Diverso tempo dopo la sparatoria, come era abituato a fare, Peltier ha attraversato legalmente il confine verso il Canada. Su richiesta del Governo americano, e' stato arrestato nella British Columbia nel febbraio 1976. Temendo che non avrebbe avuto un processo equo negli Stati Uniti, Peltier fece richiesta di asilo in Canada.
I magistrati americani hanno presentato consapevolmente dichiarazioni false ad una corte canadese per far estradare Peltier negli Stati Uniti. Le dichiarazioni erano firmate da una donna che fu costretta dagli agenti dell'FBI a dichiararsi testimone oculare. Il governo ha in seguito ammesso che la donna non era presente durante la sparatoria.
Frattanto a Cedar Rapids, in Iowa, la giuria del processo dei coimputati di Leonard ha sancito che gli attivisti Indiani avevano il diritto di trovarsi nella Riserva indiana di Pine Ridge e non erano coinvolti in alcuna attivita' illegale. Non c'era alcuna prova che essi avessero provocato un assalto o vi fossero coinvolti come aggressori.
Alla luce del regime di terrore imposto nella Riserva di Pine Ridge durante i tre anni precedenti, dei precedenti di condotta persecutoria da parte dell'FBI in casi riguardanti attivisti Indiani, e del comportamento violento degli agenti il 26 giugno 1975, la giuria decise che i coimputati di Peltier non erano colpevoli perche' si tratto' di legittima difesa.
Se Leonard fosse stato processato coi suoi coimputati, sarebbe stato prosciolto anche lui.
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Insoddisfatti per l'esito del processo, gli accusatori prepararono la messinscena per l'incarcerazione di Peltier. Il suo processo fu spostato in una zona ben nota per i sentimenti anti-Indiani: Fargo, in North Dakota. Il giudice del processo aveva reputazione di sentenziare contro gli Indiani, e un giurato e' noto per aver espresso commenti razzisti durante il processo di Peltier.
Documenti dell'FBI dimostrano che l'accusa si spinse fino al punto di "fabbricare" la cosiddetta "arma del delitto". Una perizia ha mostrato che l'arma e il bossolo introdotti come prova non corrispondevano, ma gli accusatori dell'FBI hanno nascosto questo fatto alla giuria.
Il giudice del processo si era spesso espresso a favore dell'accusa e la giuria di Peltier non ha mai visto la maggior parte delle prove che erano stato presentate al processo di Cedar Rapids. Privato della possibilita' di difendersi adeguatamente, Peltier e' stato condannato a due ergastoli consecutivi.
In base agli atti giudiziari, il Procuratore degli Stati Uniti che ha diretto il caso ha ammesso due volte da allora che nessuno sa chi fu a sparare i colpi letali.
Nonostante i Tribunali abbiano riconosciuto le prove della cattiva condotta del governo - incluso l'aver costretto testimoni a mentire e aver nascosto prove balistiche che dimostravano la sua innocenza - a Peltier e' stato negato un nuovo processo. Ed e' ormai anche fuori dai termini per la liberta' su parola.
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Nelson Mandela, Madre Teresa di Calcutta, 55 membri del Congresso e molte altre persone - compreso un giudice gia' membro della Corte in due degli appelli di Peltier - si sono pronunciati per il suo immediato rilascio.
Peltier ormai ha scontato oltre 40 ani in prigione. E' un uomo anziano e la sua salute e' deteriorata. Ha avuto un ictus che lo ha lasciato parzialmente cieco da un occhio. Peltier continua a soffrire di diabete, pressione sanguigna alta, problemi cardiaci. Recentemente gli e' stato diagnosticato un aneurisma dell'aorta addominale.
Secondo un rappresentante di "Physicians for Human Rights" (Medici per i diritti umani), Peltier rischia cecita', collasso renale e ictus - anche per via della sua dieta inadeguata, delle condizioni di vita carcerarie e della carente assistenza sanitaria.
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Nonostante queste problematiche estreme, Peltier ha dato notevoli contributi a cause umanitarie e caritatevoli durante i suoi molti anni in prigione:
- Peltier ha avuto un ruolo chiave nel portare genti di tribu' diverse, con una storia di conflitti, ad unirsi in pace. Sostiene la risoluzione pacifica di tutte le istanze che hanno a che fare con Nativi Americani e il rispetto per i diritti degli altri.
- Peltier ha lavorato col dottor Steward Selkin ad un programma pilota nella Riserva Rosebud, il "Piano di Riforma delle Cure Sanitarie Leonard Peltier", per documentare necessita' e bisogni della somministrazione di cure. Scopo ultimo del programma e' la radicale modifica della somministrazione dell'assistenza sanitaria nelle Riserve in tutti gli Stati Uniti.
- Ha collaborato col professor Jeffrey Timmons ad un programma per stimolare l'economia delle riserve e gli investimenti in imprese dei Nativi Americani, compresa una sezione per insegnare amministrazione e operazioni di impresa ai giovani delle Prime Nazioni.
- Nel 1992 Leonard Peltier ha fondato una borsa di studio all'Universita' di New York per studenti Nativi Americani interessati a lauree giuridiche. E' anche stato fondamentale nella fondazione e nel finanziamento di un giornale dei Nativi Americani, fatto da giovani Nativi e diretto a loro, nello stato di Washington. Oltre ad aver cresciuto due dei suoi nipoti dalla prigione, Peltier e' stato genitore-sponsor di due bambini attraverso "ChildReach", uno in El Salvador e l'altro in Guatemala. Ogni anno sponsorizza una raccolta natalizia di cibo e doni per i bambini di Pine Ridge. Peltier inoltre siede nel Board della "Fondazione Rosenberg per l'infanzia".
- Peltier ha inoltre organizzato una colletta alimentare di emergenza per la gente di Pohlo, in Messico, come risposta al Massacro di Acteal. Contribuisce di frequente ai programmi "Head Start" e ai rifugi da violenze domestiche in stato di necessita' finanziaria.
- Peltier ha aiutato diversi prigionieri Indiani a riabilitarsi, promuovendo uno stile di vita libero da droghe ed alcol, incoraggiando l'orgoglio e la consapevolezza della propria cultura e delle proprie tradizioni. Ha anche contribuito allo sviluppo di programmi artistici carcerari, incrementando in tal modo la fiducia in se stessi dei detenuti.
- Leonard Peltier dona le sue opere d'arte a numerose organizzazioni per i diritti umani e per lo sviluppo sociale, per sostenerle nella raccolta di fondi. Recentemente tra i beneficiari si includono la American Civil Liberties Union, Trail of Hope (una conferenza Nativo-Americana che si occupa di dipendenza da droghe ed alcol); la World Peace and Prayer Day; l'associazione degli studenti First Nation e il Buffalo Trust Fund.
- Ad oggi Peltier e' stato proposto per il Premio Nobel sette volte. E' ampiamente riconosciuto per il suo operato umanitario ed ha ricevuto numerosi riconoscimenti nell'ambito dei diritti umani. Di recente, Peltier ha ricevuto il riconoscimento "2015 Defender of Pachamama" (Madre Terra) conferito dal presidente della Bolivia Evo Morales; nel 2016 il "Premio Frantz Fanon" conferito dalla Fondazione Frantz Fanon in Francia.
*
Il 17 febbraio 2016 Peltier ha formalmente inoltrato domanda al Presidente degli Stati Uniti d'America per la concessione della Grazia Esecutiva, ovvero per la commutazione delle sentenze.
La sua vita e' ora nelle mani del presidente Barack Obama.
6. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: ED E' SUBITO SERA
[Riproponiamo ancora una volta i seguenti versi di Salvatore Quasimodo.
Salvatore Quasimodo (Modica, 20 agosto 1901 - Napoli, 14 giugno 1968) e' tra i maggiori poeti del Novecento; lo ricordiamo con gratitudine per la sua opera di poeta, di testimone e di lottatore per la dignita' umana e la liberazione di tutte le oppresse e tutti gli oppressi. Tra le opere di Salvatore Quasimodo: Poesie e discorsi sulla poesia, Mondadori, Milano 1971, 2012; oltre l'opera in versi si legga almeno anche Il poeta e il politico e altri saggi, Mondadori, Milano 1967. Tra le opere su Salvatore Quasimodo, per una prima introduzione: Giuseppe Zagarrio, Salvatore Quasimodo, La Nuova Italia, Firenze 1969, 1974; Gilberto Finzi, Invito alla lettura di Salvatore Quasimodo, Mursia, Milano 1972, 1976; Mirko Bevilacqua (a cura di), La critica e Quasimodo, Cappelli, Bologna 1976]
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed e' subito sera.
7. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: RIFUGIO D'UCCELLI NOTTURNI
In alto c'e' un pino distorto;
sta intento ed ascolta l'abisso
col fusto piegato a balestra.
Rifugio d'uccelli notturni,
nell'ora piu' alta risuona
d'un battere d'ali veloce.
Ha pure un suo nido il mio cuore
sospeso nel buio, una voce;
sta pure in ascolto, la notte.
8. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: DOVE MORTI STANNO AD OCCHI APERTI
Seguiremo case silenziose
dove morti stanno ad occhi aperti
e bambini gia' adulti
nel riso che li attrista,
e fronde battono a vetri taciti
a mezzo delle notti.
Avremo voci di morti anche noi,
se pure fummo vivi talvolta
o il cuore delle selve e la montagna,
che ci sospinse ai fiumi,
non ci volle altro che sogni.
9. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: ISOLA DI ULISSE
Ferma e' l'antica voce.
Odo risonanze effimere,
oblio di piena notte
nell'acqua stellata.
Dal fuoco celeste
nasce l'isola di Ulisse.
Fiumi lenti portano alberi e cieli
nel rombo di rive lunari.
Le api, amata, ci recano l'oro:
tempo delle mutazioni, segreto.
10. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: ALLE FRONDE DEI SALICI
E come potevano noi cantare
Con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
11. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: GIORNO DOPO GIORNO
Giorno dopo giorno: parole maledette e il sangue
e l'oro. Vi riconosco, miei simili, mostri
della terra. Al vostro morso e' caduta la pieta'
e la croce gentile ci ha lasciati.
E piu' non posso tornare nel mio eliso.
Alzeremo tombe in riva al mare, sui campi dilaniati,
ma non uno dei sarcofaghi che segnano gli eroi.
Con noi la morte ha piu' volte giocato:
s'udiva nell'aria un battere monotono di foglie
come nella brughiera se al vento di scirocco
la folaga palustre sale sulla nube.
12. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: MILANO, AGOSTO 1943
Invano cerchi tra la polvere,
povera mano, la citta' e' morta.
E' morta: s'e' udito l'ultimo rombo
sul cuore del Naviglio. E l'usignolo
e' caduto dall'antenna, alta sul convento,
dove cantava prima del tramonto.
Non scavate pozzi nei cortili:
i vivi non hanno piu' sete.
Non toccate i morti, cosi' rossi, cosi' gonfi:
lasciateli nella terra delle loro case:
la citta' e' morta, e' morta.
13. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: UOMO DEL MIO TEMPO
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
- t'ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all'altro fratello:
"Andiamo ai campi". E quell'eco fredda, tenace,
e' giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
14. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: ANNO DOMINI MCMXLVII
Avete finito di battere i tamburi
a cadenza di morte su tutti gli orizzonti
dietro le bare strette alle bandiere,
di rendere piaghe e lacrime a pieta'
nelle citta' distrutte, rovina su rovina.
E piu' nessuno grida: "Mio Dio
perche' m'hai lasciato?". E non scorre piu' latte
ne' sangue dal petto forato. E ora
che avete nascosto i cannoni fra le magnolie,
lasciateci un giorno senz'armi sopra l'erba
al rumore dell'acqua in movimento,
delle foglie di canna fresche tra i capelli
mentre abbracciamo la donna che ci ama.
Che non suoni di colpo avanti notte
l'ora del coprifuoco. Un giorno, un solo
giorno per noi, padroni della terra,
prima che rulli ancora l'aria e il ferro
e una scheggia ci bruci in piena fronte.
15. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: IL MIO PAESE E' L'ITALIA
Piu' i giorni s'allontanano dispersi
e piu' ritornano nel cuore dei poeti.
La' i campi di Polonia, la piana di Kutno
con le colline di cadaveri che bruciano
in nuvole di nafta, la' i reticolati
per la quarantena d'Israele,
il sangue tra i rifiuti, l'esantema torrido,
le catene di poveri gia' morti da gran tempo
e fulminati sulle fosse aperte dalle loro mani,
la' Buchenwald, la mite selva di faggi,
i suoi forni maledetti; la' Stalingrado,
e Minsk sugli acquitrini e la neve putrefatta.
I poeti non dimenticano. Oh la folla dei vili,
dei vinti, dei perdonati dalla misericordia!
Tutto si travolge, ma i morti non si vendono.
Il mio paese e' l'Italia, o nemico piu' straniero,
e io canto il suo popolo e anche il pianto
coperto dal rumore del suo mare,
il limpido lutto delle madri, canto la sua vita.
16. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: AI QUINDICI DI PIAZZALE LORETO
Esposito, Fiorani, Fogagnolo,
Casiraghi, chi siete? Voi nomi, ombre?
Soncini, Principato, spente epigrafi,
voi, Del Riccio, Temolo, Vertemati,
Gasparini? Foglie d'un albero
di sangue, Galimberti, Ragni, voi,
Bravin, Mastrodomenico, Poletti?
O caro sangue nostro che non sporca
la terra, sangue che inizia la terra
nell'ora dei moschetti. Sulle spalle
le vostre piaghe di piombo ci umiliano:
troppo tempo passo'. Ricade morte
da bocche funebri, chiedono morte
le bandiere straniere sulle porte
ancora delle vostre case. Temono
da voi la morte, credendosi vivi.
La nostra non e' guardia di tristezza,
non e' veglia di lacrime alle tombe;
la morte non da' ombra quando e' vita.
17. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: AUSCHWITZ
Laggiu', ad Auschwitz, lontano dalla Vistola,
amore, lungo la pianura nordica,
in un campo di morte: fredda, funebre,
la pioggia sulla ruggine dei pali
e i grovigli di ferro dei recinti:
e non albero o uccelli nell'aria grigia
o su dal nostro pensiero, ma inerzia
e dolore che la memoria lascia
al suo silenzio senza ironia o ira.
Tu non vuoi elegie, idilli: solo
ragioni della nostra sorte, qui,
tu, tenera ai contrasti della mente,
incerta a una presenza
chiara della vita. E la vita e' qui,
in ogni no che pare una certezza:
qui udremo piangere l'angelo il mostro
le nostre ore future
battere l'al di la', che e' qui, in eterno
e in movimento, non in un'immagine
di sogni, di possibile pieta'.
E qui le metamorfosi, qui i miti.
Senza nome di simboli o d'un dio,
sono cronaca, luoghi della terra,
sono Auschwitz, amore. Come subito
si muto' in fumo d'ombra
il caro corpo d'Alfeo e d'Aretusa!
Da quell'inferno aperto da una scritta
bianca: "Il lavoro vi rendera' liberi"
usci' continuo il fumo
di migliaia di donne spinte fuori
all'alba dai canili contro il muro
del tiro a segno o soffocate urlando
misericordia all'acqua con la bocca
di scheletro sotto le docce a gas.
Le troverai tu, soldato, nella tua
storia in forme di fiumi, d'animali,
o sei tu pure cenere d'Auschwitz,
medaglia di silenzio?
Restano lunghe trecce chiuse in urne
di vetro ancora strette da amuleti
e ombre infinite di piccole scarpe
e di sciarpe d'ebrei: sono reliquie
d'un tempo di saggezza, di sapienza
dell'uomo che si fa misura d'armi,
sono i miti, le nostre metamorfosi.
Sulle distese dove amore e pianto
marcirono e pieta', sotto la pioggia,
laggiu', batteva un no dentro di noi,
un no alla morte, morta ad Auschwitz,
per non ripetere, da quella buca
di cenere, la morte.
18. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: AI FRATELLI CERVI, ALLA LORO ITALIA
In tutta la terra ridono uomini vili,
principi, poeti, che ripetono il mondo
in sogni, saggi di malizia e ladri
di sapienza. Anche nella mia patria ridono
sulla pieta', sul cuore paziente, la solitaria
malinconia dei poveri. E la mia terra e' bella
d'uomini e d'alberi, di martirio, di figure
di pietra e di colore, d'antiche meditazioni.
Gli stranieri vi battono con dita di mercanti
il petto dei santi, le reliquie d'amore,
bevono vino e incenso alla forte luna
delle rive, su chitarre di re accordano
canti di vulcani. Da anni e anni
vi entrano in armi, scivolano dalle valli
lungo le pianure con gli animali e i fiumi.
Nella notte dolcissima Polifemo piange
qui ancora il suo occhio spento dal navigante
dell'isola lontana. E il ramo d'ulivo e' sempre ardente.
Anche qui dividono in sogni la natura,
vestono la morte e ridono i nemici
familiari. Alcuni erano con me nel tempo
dei versi d'amore e solitudine, nei confusi
dolori di lente macine e di lacrime.
Nel mio cuore fini' la loro storia
quando caddero gli alberi e le mura
tra furie e lamenti fraterni nella citta' lombarda.
Ma io scrivo ancora parole d'amore,
e anche questa e' una lettera d'amore
alla mia terra. Scrivo ai fratelli Cervi
non alle sette stelle dell'Orsa: ai sette emiliani
dei campi. Avevano nel cuore pochi libri,
morirono tirando dadi d'amore nel silenzio.
Non sapevano soldati filosofi poeti
di questo umanesimo di razza contadina.
L'amore, la morte, in una fossa di nebbia appena fonda.
Ogni terra vorrebbe i vostri nomi di forza, di pudore,
non per memoria, ma per i giorni che strisciano
tardi di storia, rapidi di macchine di sangue.
19. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: IL MURO
Contro di te alzano un muro
in silenzio, pietra e calce pietra e odio,
ogni giorno da zone piu' elevate
calano il filo a piombo. I muratori
sono tutti uguali, piccoli, scuri
in faccia, maliziosi. Sopra il muro
segnano giudizi sui doveri
del mondo, e se la pioggia li cancella
li riscrivono, ancora con geometrie
piu' ampie. Ogni tanto qualcuno precipita
dall'impalcatura e subito un altro
corre al suo posto. Non vestono tute
azzurre e parlano un gergo allusivo.
Alto e' il muro di roccia,
nei buchi delle travi ora s'infilano
gechi e scorpioni, pendono erbe nere.
L'oscura difesa verticale evita
da un orizzonte solo i meridiani
della terra, e il cielo non lo copre.
Di la' da questo schermo
tu non chiedi grazia ne' confusione.
20. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: IN QUESTA CITTA'
In questa citta' c'e' pure la macchina
che stritola i sogni: con un gettone
vivo, un piccolo disco di dolore
sei subito di la', su questa terra,
ignoto in mezzo ad ombre deliranti
su alghe di fosforo funghi di fumo:
una giostra di mostri
che gira su conchiglie
che si spezzano putride sonando.
E' in un bar d'angolo laggiu' alla svolta
dei platani, qui nella metropoli
o altrove. Su, gia' scatta la manopola.
21. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: ANCORA DELL'INFERNO
Non ci direte una notte gridando
dai megafoni, una notte
di zagare, di nascite, d'amori
appena cominciati, che l'idrogeno
in nome del diritto brucia
la terra. Gli animali i boschi fondono
nell'Arca della distruzione, il fuoco
e' un vischio sui crani dei cavalli,
negli occhi umani. Poi a noi morti
voi morti direte nuove tavole
della legge. Nell'antico linguaggio
altri segni, profili di pugnali.
Balbettera' qualcuno sulle scorie,
inventera' tutto ancora
o nulla nella sorte uniforme,
il mormorio delle correnti, il crepitare
della luce. Non la speranza
direte voi morti alla nostra morte
negli imbuti di fanghiglia bollente,
qui nell'inferno.
22. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: EPIGRAFE PER I CADUTI DI MARZABOTTO
Questa e' memoria di sangue
di fuoco, di martirio,
del piu' vile sterminio di popolo
voluto dai nazisti di von Kesserling
e dai loro soldati di ventura
dell'ultima servitu' di Salo'
per ritorcere azioni di guerra partigiana.
I milleottocentotrenta dell'altipiano
fucilati e arsi
da oscura cronaca contadina e operaia
entrano nella storia del mondo
col nome di Marzabotto.
Terribile e giusta la loro gloria:
indica ai potenti le leggi del diritto
il civile consenso
per governare anche il cuore dell'uomo,
non chiede compianto o ira
onore invece di libere armi
davanti alle montagne e alle selve
dove il Lupo e la sua brigata
piegarono piu' volte
i nemici della liberta'.
La loro morte copre uno spazio immenso,
in esso uomini d'ogni terra
non dimenticano Marzabotto
il suo feroce evo
di barbarie contemporanea.
23. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: EPIGRAFE PER I PARTIGIANI DI VALENZA
Questa pietra
ricorda i Partigiani di Valenza
e quelli che lottarono nella sua terra,
caduti in combattimento, fucilati, assassinati
da tedeschi e gregari di provvisorie milizie italiane.
Il loro numero e' grande.
Qui li contiamo uno per uno teneramente
chiamandoli con nomi giovani
per ogni tempo.
Non maledire, eterno straniero nella tua patria,
e tu saluta, amico della liberta'.
Il loro sangue e' ancora fresco, silenzioso
il suo frutto.
Gli eroi sono diventati uomini: fortuna
per la civilta'. Di questi uomini
non resti mai povera l'Italia.
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Numero 353 dell'11 febbraio 2022
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