[Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 343



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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 343 del primo febbraio 2022

In questo numero:
1. Alle donne e agli uomini di volonta' buona che siedono nel Parlamento italiano e nel Parlamento europeo. Un appello ad impegnarsi per la liberazione immediata di Leonard Peltier ammalato di Covid
2. Quattro incontri a Milano e in Lombardia per la liberazione di Leonard Peltier
3. Laura Fortini: Rossana Rossanda e Christa Wolf, la rivoluzione della felicita'
4. Lea Melandri: "La cura e' affare da donne". Il cliche' abbattuto dal covid
5. Cinzia Picchioni ricorda Thich Nhat Hahn

1. REPETITA IUVANT. ALLE DONNE E AGLI UOMINI DI VOLONTA' BUONA CHE SIEDONO NEL PARLAMENTO ITALIANO E NEL PARLAMENTO EUROPEO. UN APPELLO AD IMPEGNARSI PER LA LIBERAZIONE IMMEDIATA DI LEONARD PELTIER AMMALATO DI COVID

Gentilissime parlamentari italiane e gentilissimi parlamentari italiani,
gentilissime parlamentari europee e gentilissimi parlamentari europei,
come forse gia' saprete, Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano impegnato per i diritti umani di tutti gli esseri umani e nella difesa della Madre Terra, ormai settantasettenne, da 46 anni ingiustamente ed assurdamente detenuto nelle carceri statunitensi dopo essere stato condannato per delitti che non ha mai commesso, ha contratto il covid.
La sua eta' avanzata e le sue gia' precarie condizioni di salute richiedono che riceva cure adeguate: la sua vita e' in grave pericolo.
Nessuna persona senziente e pensante puo' accettare che Leonard Peltier muoia in carcere: la sua iniquissima e scandalosissima prigionia (come e' universalmente noto fu condannato sulla base di "prove" dimostratesi false e di "testimonianze" dimostratesi altrettanto false, ed i suoi stessi accusatori e giudici hanno successivamente riconosciuto che non commise quei delitti ma fu vittima di una persecuzione) deve cessare adesso, la sua doverosa liberazione deve avvenire adesso, prima che sia troppo tardi.
Come e' noto, essendogli stato negato a suo tempo l'accesso a un ulteriore grado di giudizio che ne riconoscesse l'evidente innocenza, ora solo il Presidente degli Stati Uniti d'America puo' restituirgli la liberta', concedendogli la grazia: sarebbe un atto non di mera clemenza (come tecnicamente sarebbe definito), ma di riparazione - sia pur parziale e tardiva - di un torto, un atto di verita' e di giustizia.
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Gentilissime parlamentari italiane e gentilissimi parlamentari italiani,
gentilissime parlamentari europee e gentilissimi parlamentari europei,
vi chiediamo di unire le vostre voci a quelle di tante persone, di tante associazioni, di tante istituzioni democratiche nel chiedere pubblicamente al Presidente Biden di liberare Leonard Peltier, di liberarlo adesso, di liberarlo subito, di liberarlo prima che non sia piu' possibile.
Nelson Mandela chiese la liberazione di Leonard Peltier, Madre Teresa di Calcutta chiese la liberazione di Leonard Peltier, Desmond Tutu chiese la liberazione di Leonard Peltier, e con loro Rigoberta Menchu', Shirin Ebadi, il Dalai Lama, e con loro la chiedono innumerevoli donne ed uomini di tutto il mondo, personalita' prestigiosissime e persone comuni.
Anche in Europa e in Italia in questi ultimi mesi tante persone si sono ancora una volta impegnate per la liberazione di Leonard Peltier, e tra esse il compianto Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli.
E' quindi anche nel ricordo e all'ascolto di David Sassoli che vi chiediamo di unirvi al corale appello affinche' il Presidente statunitense conceda la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
Il momento e' ora.
Grazie per quanto vorrete fare.
Un cordiale saluto,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 31 gennaio 2022
Mittente: "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino".
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Allegati:
1. Una minima notizia su Leonard Peltier
2. Un appello del compianto Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli
3. la Risoluzione del Parlamento Europeo dell'11 febbraio 1999
4. Alcuni riferimenti utili
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1. Una minima notizia su Leonard Peltier
La vicenda di Leonard Peltier puo' essere riassunta brevemente: nato a Grand Forks, nel North Dakota, il 12 settembre 1944, attivista dell'American Indian Movement per i diritti umani dei nativi americani e in difesa della Madre Terra, nel 1977 fu condannato a due ergastoli in un processo-farsa sulla base di presunte prove e presunte testimonianze dimostratesi false; da allora e' ancora detenuto, sebbene la sua innocenza sia ormai universalmente riconosciuta (gli stessi suoi accusatori e giudici responsabili della sua scandalosa ed assurda condanna hanno in prosieguo di tempo ammesso che le cosiddette "prove" e le cosiddette "testimonianze" erano false). Anche dal carcere ha continuato ad impegnarsi per i diritti umani di tutti gli esseri umani e in difesa della Madre Terra, sostenendo e promuovendo molte iniziative educative ed umanitarie, a cui ha affiancato un'apprezzata attivita' di pittore, poeta, scrittore.
Di seguito riportiamo una breve nota di presentazione dal suo libro autobiografico edito in Italia nel 2005: "Accusato ingiustamente dal governo americano – ricorrendo a strumenti legali, paralegali e illegali – dell'omicidio di due agenti dell'FBI nel 1975 (un breve resoconto tecnico della farsa giudiziaria e' affidato all'ex ministro della giustizia degli Stati Uniti Ramsley Clark, autore della prefazione), Peltier, al tempo uno dei leader di spicco dell'American Indian Movement (AIM), marcisce in condizioni disumane in una prigione di massima sicurezza da quasi trent'anni. Nonostante la sua innocenza sia ormai unanimemente sostenuta dall'opinione pubblica mondiale, nonostante una campagna internazionale in suo favore che ha coinvolto il Dalai Lama, Nelson Mandela, il subcomandante Marcos, Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Robert Redford (che sulla vicenda di Peltier ha prodotto il documentario Incident at Oglala), Oliver Stone, Howard Zinn, Peter Matthiessen, il Parlamento europeo e Amnesty International, per il governo americano il caso del prigioniero 89637-132 e' chiuso. Non sorprende dunque che Peltier sia divenuto un simbolo dell'oppressione di tutti i popoli indigeni del mondo e che la sua vicenda abbia ispirato libri (Nello spirito di Cavallo Pazzo di Peter Matthiessen), film (Cuore di tuono di Michael Apted, per esempio) e canzoni (i Rage Against the Machine hanno dedicato a lui la canzone Freedom). In parte lucidissimo manifesto politico, in parte toccante memoir, questa e' la straordinaria storia della sua vita, raccontata per la prima volta da Peltier in persona. Una meravigliosa testimonianza spirituale e filosofica che rivela un modo di concepire la vita, ma soprattutto la politica, che trascende la dialettica tradizionale occidentale e i suoi schemi (amico-nemico, destra-sinistra e cosi' via): i nativi la chiamano la danza del sole" (dalla scheda di presentazione del libro di Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, 2005, nel sito della casa editrice: fazieditore.it).
Per ulteriori informazioni si veda di Leonard Peltier, Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999 (in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005); e tra le opere su Leonard Peltier: Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 (in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994); Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano, Erre Emme, Pomezia 1996; Michael Koch, Michael Schiffmann, Ein leben fur Freiheit. Leonard Peltier und der indianische Widerstand, TraumFaenger Verlag, Hohenthann 2016. Particolarmente utile anche l'opera di Bruce E. Johansen, Encyclopedia of the American Indian Movement, Greenwood, Santa Barbara - Denver - Oxford, 2013, piu' volte ristampata. Si puo' utilmente consultare anche il sito dell'"International Leonard Peltier Defense Committee": www.whoisleonardpeltier.info (sito nel quale e' disponibile anche il testo integrale del libro di Jim Messerschmidt, The Trial of Leonard Peltier).
Nella sua autobiografia Leonard Peltier ha scritto: "Tutti facciamo parte dell'unica famiglia dell'umanita'. Noi condividiamo la responsabilita' per la nostra Madre Terra e per tutti quelli che ci vivono e respirano. Credo che il nostro compito non sara' terminato fin quando anche un solo essere umano sara' affamato o maltrattato, una sola persona sara' costretta a morire in guerra, un solo innocente languira' in prigione e un solo individuo sara' perseguitato per le sue opinioni. Credo nel bene dell'umanita'. Credo che il bene possa prevalere, ma soltanto se vi sara' un grande impegno. Impegno da parte nostra, di ognuno di noi, tuo e mio".
Nella sua autobiografia Leonard Peltier ha scritto anche: "Non ho scuse da porgere, solo tristezza. Non posso scusarmi per quello che non ho fatto. Ma posso provare dolore, e lo faccio. Ogni giorno, ogni ora, soffro per quelli che sono morti nello scontro di Oglala del 1975 e per le loro famiglie - per le famiglie degli agenti dell'Fbi Jack Coler e Ronald Williams e, si', per la famiglia di Joe Killsright Stuntz, la cui morte per una pallottola a Oglala quello stesso giorno, cosi' come le morti di centinaia di altri indiani a Pine Ridge in quel terribile periodo, non e' mai stata oggetto di inchiesta. Mi piange il cuore nel ricordare la sofferenza e la paura nella quale molta della mia gente fu costretta a vivere a quel tempo, la stessa sofferenza e paura che quel giorno spinse me e gli altri a Oglala per difendere chi era indifeso. Provo pena e tristezza anche per la perdita subita dalla mia famiglia perche', in qualche misura, quel giorno sono morto io stesso. Sono morto per la mia famiglia, per i miei bambini, per i miei nipoti, per me stesso. Sopravvivo alla mia morte da oltre due decenni. Quelli che mi hanno messo qui e che mi tengono qui sapendo della mia innocenza avranno una magra consolazione dalla loro indubbia rivincita, che esprime chi essi sono e cio' che sono. Ed e la piu' terribile rivincita che potessi immaginare. Io so chi sono e quello che sono. Sono un indiano, un indiano che ha osato lottare per difendere il suo popolo. Io sono un uomo innocente che non ha mai assassinato nessuno, ne' inteso farlo. E, si', sono uno che pratica la Danza del Sole. Anche questa e' la mia identita'. Se devo soffrire in quanto simbolo del mio popolo, allora soffro con orgoglio. Non cedero' mai. Se voi, parenti e amici degli agenti che morirono nella proprieta' degli Jumping Bull, ricaverete qualche tipo di soddisfazione dal mio essere qui, allora posso almeno darvi questo, nonostante non mi sia mai macchiato del loro sangue. Sento la vostra perdita come mia. Come voi soffro per quella perdita ogni giorno, ogni ora. E cosi' la mia famiglia. Anche noi conosciamo quella pena inconsolabile. Noi indiani siamo nati, viviamo, e moriamo con quell'inconsolabile dolore. Sono ventitre' anni oggi che condividiamo, le vostre famiglie e la mia, questo dolore; come possiamo essere nemici? Forse e' con voi e con noi che il processo di guarigione puo' iniziare. Voi, famiglie degli agenti, certamente non avevate colpa quel giorno del 1975, come non l'aveva la mia famiglia, eppure voi avete sofferto tanto quanto, anche piu' di chiunque era li'. Sembra sia sempre l'innocente a pagare il prezzo piu' alto dell'ingiustizia. E' sempre stato cosi' nella mia vita. Alle famiglie di Coler e Williams che ancora soffrono mando le mie preghiere, se vorrete accettarle. Spero lo farete. Sono le preghiere di un intero popolo, non solo le mie. Abbiamo molti dei nostri morti per cui pregare e uniamo la nostra amarezza alla vostra. Possa il nostro comune dolore essere il nostro legame. Lasciate che siano quelle preghiere il balsamo per la vostra pena, non la prolungata prigionia di un uomo innocente. Vi assicuro che se avessi potuto evitare quello che avvenne quel giorno, la vostra gente non sarebbe morta. Avrei preferito morire piuttosto che permettere consapevolmente che accadesse cio' che accadde. E certamente non sono stato io a premere il grilletto che l'ha fatto accadere. Che il Creatore mi fulmini ora se sto mentendo. Io non riesco a vedere come il mio stare qui, separato dai miei nipoti, possa riparare alla vostra perdita. Vi giuro, sono colpevole solo di essere un indiano. E' questo il motivo per cui sono qui".
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2. Un appello del compianto Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli
Il Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, recentemente scomparso, il 23 agosto 2021 espresse pubblicamente - con una conferenza stampa, un video e un tweet - la richiesta al Presidente degli Stati Uniti d'America di concedere la grazia a Leonard Peltier.
Nel suo tweet del 23 agosto 2021 il Presidente Sassoli scrisse, in italiano e in inglese:
"Inviero' una lettera alle autorita' statunitensi chiedendo clemenza per Leonard Peltier, attivista per i diritti umani dell'American Indian Movement, in carcere da 45 anni.
Spero che le autorita' accolgano il mio invito. I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
"I will send a letter to the US authorities asking for clemency for Leonard Peltier. A human rights activist of the American Indian Movement, he has been imprisoned for 45 years.
I hope the authorities will take up my invitation. Human rights must be defended always, everywhere".
A sostegno di questa iniziativa del Presidente del Parlamento Europeo Sassoli si sono espresse innumerevoli personalita', associazioni, istituzioni. Tra esse prestigiosissime personalita' dell'impegno religioso ed istituzionale, morale e civile, culturale ed artistico, come Alessandra Algostino, Laura Boella, don Luigi Ciotti, Giancarla Codrignani, Marinella Correggia, Nando dalla Chiesa, Gregorio de Falco, Roberta De Monticelli, Paolo Ferrero, Francuccio Gesualdi, Raniero La Valle, Gad Lerner, Sara Michieletto, Luisa Morgantini, Riccardo Orioles, Moni Ovadia, Daniela Padoan, Bianca Pitzorno, Graziella Proto, Anna Puglisi, Annamaria Rivera, Antonia Sani, Mao Valpiana, Guido Viale, padre Alex Zanotelli, e le Sindache ed i Sindaci di vari Comuni d'Italia come Abbadia San Salvatore, Aosta, Baveno, Bologna, Carrara, Chieri, Cuneo, Gorizia, Livorno, Monte San Pietro, Palermo, Pesaro, Pienza, Reggio Calabria, Soriano nel Cimino, Verbania, Vitorchiano.
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3. la Risoluzione del Parlamento Europeo dell'11 febbraio 1999
Risoluzione sul caso di Leonard Peltier
Il Parlamento europeo,
- vista la sua risoluzione del 15 dicembre 1994 sulla grazia per Leonard Peltier (GU C 18 del 23.1.1995, pag. 183),
A. considerando il ruolo svolto da Leonard Peltier nella difesa dei diritti dei popoli indigeni,
B. considerando che Leonard Peltier e' stato condannato nel 1977 a due ergastoli dopo essere stato estradato dal Canada, benche' non vi fosse alcuna prova della sua colpevolezza,
C. considerando che Amnesty International ha ripetutamente espresso le proprie preoccupazioni circa l'equita' del processo che ha condotto alla condanna di Leonard Peltier,
D. considerando che il governo degli Stati Uniti ha ormai ammesso che gli affidavit utilizzati per arrestare e estradare Leonard Peltier dal Canada erano falsi e che il Pubblico ministero statunitense Lynn Crooks ha affermato che il governo degli Stati Uniti non aveva alcuna prova di chi aveva ucciso gli agenti,
E. considerando che dopo 23 anni trascorsi nei penitenziari federali, le condizioni di salute di Leonard Peltier si sono seriamente aggravate e che secondo il giudizio di specialisti la sua vita potrebbe essere in pericolo se non ricevera' adeguate cure mediche,
F. considerando che le autorita' penitenziarie continuano a negargli adeguate cure mediche in violazione del diritto umanitario internazionale e i suoi diritti costituzionali,
G. rilevando che Leonard Peltier ha esaurito tutte le possibilita' di appello concessegli dal diritto statunitense,
1. insiste ancora una volta affinche' venga concessa a Leonard Peltier la grazia presidenziale;
2. insiste affinche' Leonard Peltier sia trasferito in una clinica dove possa ricevere le cure mediche del caso;
3. ribadisce la sua richiesta di un'indagine sulle irregolarita' giudiziarie che hanno portato alla reclusione di Leonard Peltier;
4. incarica la sua delegazione per le relazioni con gli Stati Uniti di sollevare il caso di Leonard Peltier iscrivendolo all'ordine del giorno del prossimo incontro con i parlamentari americani;
5. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Congresso statunitense e al Presidente degli Stati Uniti d'America.
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4. Alcuni riferimenti utili
Per contattare le associazioni promotrici della campagna italiana in corso per la liberazione di Leonard Peltier: e-mail: bigoni.gastone at gmail.com, naila.clerici at soconasincomindios.it, nepi1.anpi at gmail.com, centropacevt at gmail.com, tel. 3490931155 (risponde Andrea De Lotto, del "Comitato di solidarieta' con Leonard Peltier" di Milano).
Per contattare l'"International Leonard Peltier Defense Committee": sito: wwww.whoisleonardpeltier.info, e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
Alcuni siti utili: Centro studi americanistici "Circolo Amerindiano": www.amerindiano.org ; Il Cerchio, coordinamento di sostegno ai/dai nativi americani: www.associazioneilcerchio.it ; Soconas Incomindios, comitato di solidarieta' con i nativi americani: https://it-it.facebook.com/soconasincomindios/

2. REPETITA IUVANT. QUATTRO INCONTRI A MILANO E IN LOMBARDIA PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER

Venerdi' 4 febbraio 2022 a Osnago (provinca di Lecco) presso il circolo Arci "La Loco" in via Trieste 23 con inizio alle ore 18,30.
Sabato 5 febbraio 2022 a Novate Milanese presso il circolo "Sempre avanti" in via Bertola 11 con inizio alle ore 18,30.
Domenica 6 febbraio 2022 a Milano in piazza Duomo presidio musicale con inizio alle ore 17.
Venerdi' 11 febbraio 2022 a MIlano presso il C.O.A. T28 in via dei Transiti 28 con inizio alle ore 19,30.
Partecipa Andrea De Lotto del "Comitato di solidarieta' con Leonard Peltier" di Milano.
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Per contattare le associazioni promotrici della campagna italiana in corso per la liberazione di Leonard Peltier: e-mail: bigoni.gastone at gmail.com, naila.clerici at soconasincomindios.it, nepi1.anpi at gmail.com, centropacevt at gmail.com, tel. 3490931155 (risponde Andrea De Lotto, del "Comitato di solidarieta' con Leonard Peltier" di Milano).
Per contattare l'"International Leonard Peltier Defense Committee": sito: wwww.whoisleonardpeltier.info, e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info

3. MAESTRE. LAURA FORTINI: ROSSANA ROSSANDA E CHRISTA WOLF, LA RIVOLUZIONE DELLA FELICITA'
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo originariamente apparso sul quotidiano "Il manifesto" il 16 gennaio 2022]

E' cosi' difficile scrivere di felicita' in questi tempi tanto complessi e agitati che si puo' solo comprendere Rossana Rossanda quando all'incontro del Seminario Estivo della Societa' italiana delle letterate nel luglio 2006 a Frascati, in cui parlammo insieme de La ragazza del secolo scorso, disse che era felice di essere li', invitata da quelle sorelle pazze del libro Movimenti di felicita', pubblicato da manifestolibri nel 2004.
Il seminario era dedicato a "Eccesso e misura. Al crocevia della scrittura" e molto discutemmo di che cosa significasse per ognuna l'eccesso e la misura della politica e della polis (l'incontro e' stato poi pubblicato nel febbraio 2008 su Leggendaria e ricordato nelle pagine dedicate a Rossana Rossanda sempre da Leggendaria nel 2020). Rossanda vi partecipo' con la consueta schietta e rigorosa generosita', grazie a Doriana Ricci che era con lei e l'accompagno', come sempre. Nonostante si sia in quell'incontro parlato a lungo di molte questioni e al tema avessimo dedicato un seminario e poi un libro, la parola "felicita'" non appare nel corso del dibattito se non in forma antifrastica, troppe altre questioni erano urgenti: il femminismo, il comunismo, il Sessantotto, il corpo, anche nella vecchiaia.
Eppure lei stessa aveva parlato e a lungo di felicita' con Christa Wolf, mescolata pero' al capitalismo e la cosa non era piu' facile, anzi, come non lo e' neanche adesso: chi ha partecipato all'incontro che si svolse a Roma il 21 marzo 1992 promosso dal Centro Culturale Virginia Woolf – Gruppo B con il titolo "Se la felicita'... Per una critica al capitalismo a partire dall'essere donna" (pubblicato l'anno stesso dalle Edizioni del Centro e riproposto da VandA edizioni) ricorda benissimo il silenzio teso e concentrato di un numero imprevisto di donne che riempirono all'inverosimile il teatro Avila e che ascoltarono a lungo dialogare con la franchezza e sincerita' dei pensieri acuminati due donne del calibro e della levatura di Christa Wolf, della quale erano state tradotte in Italia da Anita Raja per e/o Cassandra (1984), Guasto (1987), Recita estiva (1989), mentre Trama d'infanzia, del 1976, era stato appena pubblicato in Italia nel 1992, e ogni opera letta con attenzione, meditata, discussa nei gruppi femministi, e Rossana Rossanda, che gli editoriali fulminanti e le splendide recensioni, insieme alla successiva narrazione autobiografica, consegnano anche alla definizione di scrittrice, pure se molto altro e' stata.
Il tema, lo ricorda Alessandra Bocchetti che coordino' l'incontro e ne ha scritto la premessa all'edizione VandA, e' "la felicita' delle donne come strumento per una rivoluzione contro il capitalismo": "non la lotta di classe ma la felicita' delle donne per cambiare veramente". Tema ardimentoso quant'altri mai, ma che al tempo stesso risuona vicino, vicinissimo ad ogni soggettivita', perche' e' il desiderio a muovere le rivoluzioni: motore il bisogno di giustizia di contro all'ingiustizia sociale, certo, il bisogno di pane e lavoro ma anche delle rose, perche' senza la vita non ha significato. Tutto questo allora agiva e tutt'oggi agisce sottotesto alla vita di ognuna e ognuno, anche se pandemia e capitalismo selvaggio – difficile dire dove inizia l'uno e finisce l'altro, spesso strettamente irrelati – pongono l'eta' presente sotto scacco.
Sullo sfondo allora la caduta del muro di Berlino, e un senso malcelato di malessere per un ideale e un'utopia – il sogno di un mondo migliore, comunista – che si erano mostrati vani e fallaci: se le prospettive erano allora opache, pero', la capacita' di analisi delle due donne non lo era affatto, sia nel confronto tra loro che nelle risposte alle domande nel corso del dibattito, la cui chiarezza risulta a oggi ancora sbalorditiva per la capacita' di analisi e di prefigurazione di quello che e' attualmente il presente.
A partire dalla definizione di Christa Wolf per la quale "essere viva con ogni fibra del mio corpo, della mia anima e della mia mente: questo e' per me felicita'", "agire, sentire, pensare, magari contemporaneamente": quanto di questa definizione potremmo fare nostro oggi? Tutto, direi, tanto piu' in un periodo storico in cui agire, sentire, pensare contemporaneamente sembra quasi impossibile, ottusi come siamo dai dispositivi della fragilita' e della vulnerabilita' che non riescono a divenire forza creatrice tra le nostre mani. Vi e' si', lo riconoscono entrambe, una felicita' nella scrittura, ma come non condividere quanto osserva Rossana Rossanda a proposito della liberta': "Liberta' significa essere in condizioni di realizzare se stessi, di vivere con tutte le proprie fibre, e questo dipende molto, direi quasi esclusivamente, invece, dalle condizioni sociali, dai rapporti sociali che ci sono dati".
E prosegue "Questa e' la ragione per la quale io continuo a fare politica: perche' penso che ci sia un'illiberta' diffusa e che questa illiberta' per le donne sia ancora maggiore. Occorre molto sforzo, molta capacita' di costituirsi in soggetto autonomo per dichiararsi libere, per volersi libere, per sentirsi libere".
Pesava la sconfitta del sogno di rivoluzione comunista allora nel 1992 e ancora nel 2022, a trenta e piu' anni di distanza da quell'incontro. Rossanda torno' poi nel corso del dialogo sulla questione, ponendo la domanda "Si puo' essere felici senza sapere?" a proposito di quando nel 1943 studiava al Castello Sforzesco di Milano e intravide una possibilità di felicita' personale in quello che lei definisce "il luogo della mia quiete". Ma non della liberta', aggiunge, e l'osservazione che l'accompagna e' cio' che meglio rende la motivazione all'impegno politico di tante e di tanti: "io non voglio essere quieta in un mondo di ingiustizie".
Vi e' una politica delle donne e piu' ampiamente di tutte le soggettivita' che non chiede ne' cerca quiete, allora come oggi, che critica il capitalismo e che e' soggetto politico in divenire. Ben chiaro, allora come oggi, che la questione non e' quella della sola emancipazione ma di una critica al sistema capitalistico delle merci, rispetto al quale la subordinazione e' degli uomini come delle donne e di tutte le soggettivita' che vedono nel patriarcato la forma archetipica del capitalismo.
Nel corso del dibattito, assai vivo e vivace, Rossanda osservo' che "le donne, per essere state oggetto piu' di un uomo, merce piu' di un uomo, bene di scambio piu' di un uomo" possono essere piu' di altri ribelli all'idea di mercificazione totale; ma gia' allora notava come le algerine appena uscite di casa rischiavano di dover rimettere il velo e altrettanto lucidamente Christa Wolf si chiedeva se fosse possibile invertire l'andamento per il quale i paesi poveri divenivano sempre piu' poveri e che "certamente le masse affamate verranno a bussare alla porta dell'Europa occidentale! E che faremo? Li rispediremo a casa sulle navi? Li fucileremo? O che altro?". Sullo sfondo, non nominata ma incombente, la nave albanese Vlora che nel 1990 trasporto' in Italia 20.000 albanesi, il piu' grande sbarco di migranti da un'unica nave. Sul tavolo le domande irrimandabili ancora e sempre: sono possibili altre economie di mercato? O occorrera' scardinare l'intera economia mondiale perche' cessi il sistema di sfruttamento capitalistico?
In altre parole: e' possibile l'utopia? Sulla possibilita' di scrivere dell'utopia confidando che cessi di essere utopia e diventi – vogliamo dirlo? – rivoluzione (parola che pero' non si pronuncio'), si chiuse allora l'incontro tra Rossanda Rossanda e Christa Wolf coordinato da Alessandra Bocchetti e le questioni sono e rimangono assai aperte, sia nelle forme delle conseguenze a quanto allora avvenne: la caduta del muro di Berlino e dei paesi del socialismo reale, le guerre su vari fronti del mondo con tutto quello che ne e' venuto poi; la radicalita' selvaggia del capitalismo e del sistema delle merci che certo non sono stati e non sono estranei a quanto sta avvenendo nel mondo.
Vale rileggere percio' quanto allora donne di tanto calibro si dissero – oggi si' utopia la partecipazione cosi' affollata a un dibattito – per continuare a pensare utopia e farla diventare mondo reale: dati i tempi, impossibile morire per troppa felicita' come accade alla protagonista del racconto omonimo di Alice Munro.

4. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: "LA CURA E' AFFARE DA DONNE". IL CLICHE' ABBATTUTO DAL COVID
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo e diffondiamo il segente intervento originariamente apparso su "Il Riformista" il 6 gennaio 2022]

In uno dei suoi saggi piu' noti, "Il disagio della civilta'", Freud indica come "i due fondamenti" della vita in comune, la "coercizione al lavoro" e la "potenza dell'amore", riconoscendo in questo binomio anche la differenziazione tra il ruolo del maschio e della femmina, e il rapporto di potere tra i sessi. In realta', una separazione netta tra amore e lavoro non c'e' mai stata.
Oggi, saltati i confini tra privato e pubblico, a richiedere "competenze" femminili, capacita' relazionale, flessibilita', affetto, e' il sistema produttivo stesso, la nuova economia incentrata sul lavoro cognitivo, immateriale. Per un altro verso, la progressiva monetizzazione della cura – dentro e fuori l'ambito domestico – non sembra aver risolto l'intreccio di lavoro e affetti, e neppure la svalutazione che porta ad assegnare la cura alla parte svantaggiata della popolazione. Conveniente sembra tuttora per il capitalismo avere una riserva indefinita e gratuita di servizi confinati nella sfera privata, contro l'evidenza che li vorrebbe al centro della responsabilita' politica.
A profilare un possibile cambiamento e' stata, in tempi recenti, la pandemia nel momento in cui ha portato in primo piano il "prendersi cura" come una necessita' degli esseri umani, sia come risposta ai bisogni essenziali quando non si e' in condizione di autosufficienza, sia come attenzione, affetto, riconoscimento da parte dei propri simili, di cui ogni individuo ha bisogno per vivere. Di fronte a quello che oggi si pone come un "modo diverso di pensare", non e' piu' solo la divisione sessuale del lavoro ad essere messa in discussione, ma il lavoro stesso, la categoria dell'economico e tutti quei sistemi di sapere "virili" che, oltre ad escludere e marginalizzare le donne, hanno deformato le loro esperienze facendole rientrare negli schemi concettuali in vigore.
Nel libro di Pascale Molinier, "Care: prendersi cura" (Moretti & Vitali 2019), l'uscita dai dualismi che la cultura patriarcale ha "naturalizzato", si spinge fino a definire un'"altra antropologia", capace di mettere in evidenza le nostre vulnerabilita' e le nostre interdipendenze "non come punti di debolezza o forme di devianza, ma come costitutive dell'essere umano, questo essere turbato, angosciato, imperfetto, la cui coesione o equilibrio mentale restano precari nel corso di tutta la vita". Per demolire la "casa del padrone" sono necessari una nuova prospettiva e un nuovo lessico. Tali sono pur nelle loro ambiguita', il "prendersi cura" e l'"etica dell'amore", e cioe' il coraggio di nominare gli aspetti che restano ancora impresentabili dell'essere umano al lavoro.
"Devo dire – scrive Molinier - che all'inizio ero un po' reticente all'idea di un'"etica dell'amore", trovavo fosse un po' troppo. Sono un'intellettuale francese, diffido a priori di tutto cio' che puo' suonare essenzialista, dunque per forza anche dell'associazione tra le donne e l'amore. Ma, attraverso le mie differenti esperienze sul campo, ho cambiato opinione (...) Mi sono rilassata, ho abbassato la guardia, e ho cominciato a parlare d'amore anch'io e ad ascoltare, abbastanza rapidamente in maniera divertita, le obiezioni che mi venivano rivolte da alcuni tra i miei colleghi o amici. In sostanza mi si chiedeva di trovare un'altra parola! Cosi' durante la stesura di questo libro ho sperimentato che e' male parlare d'amore quando si e' una intellettuale femminista di sinistra: troppo cattolico, troppo femminile, non abbastanza ambivalente, troppo semplice".
La conclusione a cui arriva - "Dobbiamo imparare, femministe o meno, a non sputare politicamente sull'amore" - e' il risultato di una accurata ricerca fatta nel luogo dove la presenza delle donne e' massiccia, per non dire esclusiva, una casa di riposo. Pur riconoscendo che il "care" appartiene alle donne "solo perche' gli uomini se ne sono sbarazzati, e quindi non per "naturale" estensione del loro essere madri, per ripensare il lavoro in una prospettiva femminista un passaggio necessario era quello che le vede insieme, accomunate e divise da competenze, gerarchie di potere, appartenenze di classe e di razza. "Analizzare i rapporti sociali tra donne, cosi' come le sofferenze che questi rapporti di classe o questi rapporti basati sul colore della pelle producono, e' un obiettivo ai miei occhi prioritario per far compiere dei progressi alle preoccupazioni del care nella nostra societa' e dunque trasformare radicalmente il lavoro e la societa' (...).
Il linguaggio dell'amore crea malintesi, innanzitutto tra le dipendenti e le loro superiori. Crea disagio nel campo delle scienze del lavoro, all'interno del femminismo e nel pensiero di sinistra, dove e' considerato come un cedimento al ruolo tradizionale delle donne e una debolezza politica". A mostrare con evidenza che il lavoro di cura sfugge al valore di merce, e' il fatto che assomma le incombenze piu' umili, ripetitive e sgradevoli con quel lavoro intangibile che sono gli sguardi, i sorrisi, la tenerezza, le "relazioni spesse", sul modello familiare, l'imitazione, l'autoironia, i tanti modi con cui le assistenti di cura, in una casa di riposo, pur facendo un lavoro sfruttato e sottopagato, cercano di creare per le persone anziane e per se stesse una vita decente.
L'interesse del libro di Pascale Molinier non sta solo nel sottrarre l'etica della cura alla confusione col destino femminile, fatto di abnegazione e sacrificio di se', nel farne una prospettiva inedita per "rovesciare la casa del padrone", ma nell'aver mostrato, dietro l'apparente omogeneita' della femminilizzazione delle cure, il peso che hanno le differenze di posizione e di prestigio.
"I punti di vista delle sottomesse - scrive – non sono superiori ai punti di vista delle dominanti, non sono piu' "veri" o meno "alienanti", devono anche loro essere decodificati, decostruiti, non sono posizioni "innocenti". Pur avendo ristretto la sua analisi a un ambito specifico, quale e' quello dei servizi alla persona, ancora in prevalenza femminile, il riconoscimento di un tratto del lavoro irriducibile alla categoria dell'economico si presta a essere esteso a qualsiasi altra forma di lavoro. La "rivoluzione" che parte dalla cura come responsabilita' politica viene a porsi cosi' come uno dei tasselli di quella "democrazia sovversiva" (Francesco Raparelli) fatta di una pluralita' di lotte che, pur dotate di straordinaria forza, ancora faticano a trovare i nessi necessari a promuovere alternative durature di societa' e di mondo.

5. MEMORIA. CINZIA PICCHIONI RICORDA THICH NHAT HAHN
[Dal sito del Centro Studi "Sereno Regis" (www.serenoregis.org)]

E' talmente famoso che mi vergogno un po' a scrivere qualcosa, qualsiasi cosa, in occasione della morte di Thich Nhat Hahn, Thay come era affettuosamente chiamato. Ma d'altra parte, con qualche notizia in piu', potrebbe nascere l'interesse ad approfondire la vicenda umana, l'insegnamento, l'impegno per la pace di questo piccolo-grande uomo che ha smesso di camminare sulla Terra nella notte del 22 gennaio 2022, al Tempio Tu Hieu a Hue', Vietnam.
Il Vietnam era la sua terra d'origine, dove era nato l'11 ottobre 1926 e dove per fortuna ha potuto tornare per trascorrervi gli ultimi tempi della sua vita terrena. Nel 1969 fu costretto all'esilio, quando rese pubbliche le sue posizioni contro la guerra del Vietnam. In esilio diede vita alla Delegazione di Pace Buddhista, che partecipo' alle trattative di pace di Parigi. Dopo che gli accordi furono firmati, il governo comunista gli rifiuto' il permesso di rientrare nel suo Paese. Thay si stabili' allora in Francia, vicino Bordeaux, dove fondo' il famoso e tuttora attivo Plum Village, una comunita' di monaci e laici dove per tutto l'anno vengono organizzati ritiri, corsi, convegni, settimane di consapevolezza (anche per italiani).
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La campanella
Al Plum Village, ma anche ai ritiri organizzati sulla scia della tradizione del famoso monaco, ogni tanto suona una campanella, molte volte durante il giorno. Serve per fermarsi, interrompendo qualsiasi cosa si stia facendo, respirare in consapevolezza, riappropriarsi del momento presente.
Cosi' e' stato particolarmente toccante ed evocativo suonare la campanella per un intero minuto, al presidio contro le armi atomiche, sabato scorso, a mezzogiorno, di fronte al Municipio di Torino. Thay era morto da qualche ora... ed era li', nella compresenza capitiniana e nell'impermanenza "insegnata" da lui per tutta la vita.
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L'impermanenza
L'impermanenza e' stato forse l'insegnamento piu' importante di Thich Nhat Hahn. Eterno, perche' non basta una vita anche solo per pensarci! E Thay, con la sua morte, ha dato la lezione piu' importante a tutti quanti noi. Anche il suo modo di affrontare la malattia che negli ultimi anni lo ha afflitto e' stata una continua lezione. Soprattutto con il silenzio a cui era costretto alla fine. Ci sono dei filmati meravigliosi su questo. Anche per questo ringraziamo e ci riferiamo all'Associazione Essere Pace (www.esserepace.org) che in questi giorni, per molti giorni, propone di seguire le cerimonie di commiato che si svolgeranno in Vietnam.
L'Associazione propone anche una delle pratiche piu' note, diffuse dalla tradizione di Thich Nhat Hahn, per "essere la'" anche se siamo altrove: "Ovunque ti trovi nel mondo, dedica un po' di tempo (idealmente almeno 20 minuti) a praticare la meditazione camminata. A ogni passo, possiamo respirare con Thay, camminare con Thay e connetterci alla natura di non nascita e di non morte di Thay e alla nostra. A ogni passo, possiamo sentire che i passi consapevoli di Thay trovano continuazione nei nostri passi consapevoli".
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L'omaggio della Biblioteca del Centro Studi Sereno Regis
Da anni la Biblioteca del Centro Studi Sereno Regis raccoglie – e si possono avere in prestito – tutti i testi del maestro vietnamita. E molte volte il sito e la "newsletter" hanno pubblicato recensioni e altro sull'infinita mole di scritti su e di Thich Nhat Hahn. Durante il momento piu' centrale della pandemia abbiamo pubblicato la video-recensione di uno dei libri piu' adatti a quel periodo, Paura.
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L'omaggio di ciascuno/a di noi
Per rendere omaggio alla figura di Thay possiamo leggere i suoi lavori, meditare sui suoi fulminanti messaggi calligrafati, conoscere meglio questa importante figura che per tutta la vita ha continuato a diffondere la pace; come anche noi, nel nostro piccolo, tentiamo quotidianamente di fare.
Puo' essere un aiuto sapere come faceva Thay...

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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 343 del primo febbraio 2022
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