[Nonviolenza] Telegrammi. 4151



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4151 del 30 giugno 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Anche Enrico Peyretti, una delle figure piu' prestigiose della cultura della pace, e l'illustre antropologa Annamaria Rivera, scrivono al Presidente del Parlamento Europeo per un'iniziativa europea per la liberazione di Leonard Peltier
2. Jean Giono: L'uomo che piantava gli alberi
3. Vandana Shiva: Principi costitutivi di una democrazia della comunita' terrena
4. Ripetiamo ancora una volta...
5. Franco Berlanda
6. Paolo e Bruno Brancondi
7. Mario Fubini
8. Ettore Gallo
9. Margherita Hack
10. Paul Klee
11. Henri Lefebvre
12. Marcello Pagnini
13. Ernesto Ragionieri
14. Italo Rossi
15. Modesta Rossi
16. Mario Todesco
17. Segnalazioni librarie
18. La "Carta" del Movimento Nonviolento
19. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. ANCHE ENRICO PEYRETTI, UNA DELLE FIGURE PIU' PRESTIGIOSE DELLA CULTURA DELLA PACE, E L'ILLUSTRE ANTROPOLOGA ANNAMARIA RIVERA, SCRIVONO AL PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO PER UN'INIZIATIVA EUROPEA PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER

Cresce il numero delle personalita' della cultura, delle istituzioni, dell'impegno morale e civile, della solidarieta', che in questi giorni stanno scrivendo al Presidente del Parlamento Europeo, on. David Sassoli, per chiedere un'iniziativa europea per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista per i diritti umani dei nativi americani, vittima di una spietata persecuzione politica, dal 1977 ingiustamente detenuto dopo un processo-farsa in cui gli sono stati attribuiti delitti che non ha commesso.
Tra le piu' recenti adesioni anche quelle di Enrico Peyretti, una delle figure piu' prestigiose della cultura della pace, e l'illustre antropologa Annamaria Rivera.
*
Tra le altre adesioni all'iniziativa segnaliamo anche quelle di personalita' che hanno avuto importati incarichi istituzionali, come Luisa Morgantini, gia' vicepresidente del Parlamento Europeo; Giancarla Codrignani, gia' deputata nel Parlamento italiano; Giovanni Russo Spena, gia' deputato e senatore.
Tra le personalita' della cultura e dell'impegno civile segnaliamo in particolare: Daniele Barbieri, giornalista e saggista; Francesco Domenico Capizzi, presidente dell'organizzazione di volontariato "Scienza Medicina Istituzioni Politica Societa'"; Pilar Castel, autrice e attrice No War; Raimondo Chiricozzi, presidente del comitato provinciale Aics di Viterbo; Mario Di Marco, referente Servizio Civile della Caritas diocesana di Viterbo; Luigi Fasce, presidente del Circolo Giustizia e liberta' "Guido Calogero e Aldo Capitini" di Genova; Antonella Litta, dell'Associazione italiana medici per l'ambiente; Alfonso Marzocchi; Gianfranco Monaca, scrittore, sociologo e animatore sociale; Amalia Navoni, educatrice e attivista per i diritti umani e i beni comuni; Carlo Sansonetti, presidente dell'associazione "Sulla strada" che ha progetti di promozione per popolazioni native in Guatemala; Alfredo Scardina, docente; Olivier Turquet, educatore ed editore, coordinatore di "Pressenza".
Tra le esperienze informative ed associative segnaliamo: la redazione di "Pressenza"; l'associazione "Respirare" di Viterbo.
*
Invitiamo ogni persona di volonta' buona ed ogni associazione democratica a scrivere al Presidente del Parlamento Europeo.
Qui di seguito un possibile canovaccio di lettera, con alcuni indirizzi di posta elettronica utili per l'invio:
Al Presidente del Parlamento Europeo, on. David Sassoli
e-mail personale: president at ep.europa.eu
e-mail della segreteria: lorenzo.mannelli at ep.europa.eu; armelle.douaud at ep.europa.eu; barbara.assi at ep.europa.eu; helene.aubeneau at ep.europa.eu; marco.canaparo at ep.europa.eu; fabrizia.panzetti at ep.europa.eu; michael.weiss at ep.europa.eu; luca.nitiffi at ep.europa.eu; matea.juretic at ep.europa.eu; francesco.miatto at ep.europa.eu; barbara.hostens at ep.europa.eu; monica.rawlinson at ep.europa.eu; beate.rambow at ep.europa.eu; laetitia.paquet at ep.europa.eu; nicola.censini at ep.europa.eu; arnaud.rehm at europarl.europa.eu; julien.rohaert at europarl.europa.eu; jose.roza at ep.europa.eu; roberto.cuillo at ep.europa.eu; silvia.cagnazzo at ep.europa.eu; eulalia.martinezdealosmoner at ep.europa.eu; iva.palmieri at europarl.europa.eu; tim.allan at ep.europa.eu; andrea.maceirascastro at ep.europa.eu; angelika.pentsi at ep.europa.eu;
Egregio Presidente del Parlamento Europeo,
vorremmo sollecitare Lei, e tramite Lei il Parlamento Europeo e con esso l'intera Unione Europea, ad una iniziativa umanitaria per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista per i diritti umani dei nativi americani, vittima di una spietata persecuzione politica, dal 1977 ingiustamente detenuto dopo un processo-farsa in cui gli sono stati attribuiti delitti che non ha commesso.
Confidando in un sollecito riscontro, distinti saluti,
firma, luogo e data, indirizzo del mittente
Naturalmente vi saremmo grati se inviaste in copia le vostre lettere o dichiarazioni di solidarieta' per Leonard Peltier anche al nostro indirizzo di posta elettronica: centropacevt at gmail.com , cosi' come ai mezzi d'informazione ed alle altre interlocutrici ed agli altri interlocutori che riterrete opportuno informare o esortare a partecipare.
*
Di seguito una minima notizia su Leonard Peltier e l'indicazione del sito internet di riferimento per la solidarieta' a livello internazionale
Leonard Peltier e' nato a Grand Forks, nel North Dakota, il 12 settembre 1944; attivista dell'American Indian Movement che si batte per i diritti umani dei nativi americani, nel 1977 fu condannato a due ergastoli in un processo-farsa sulla base di presunte prove e presunte testimonianze successivamente dimostratesi artefatte, inattendibili, revocate e ritrattate dagli stessi ostensori. Da allora e' ancora detenuto, sebbene la sua innocenza sia ormai palesemente riconosciuta. Di seguito riportiamo una breve nota di presentazione di un suo libro edito in Italia nel 2005: "Accusato ingiustamente dal governo americano – ricorrendo a strumenti legali, paralegali e illegali – dell'omicidio di due agenti dell'FBI nel 1975 (un breve resoconto tecnico della farsa giudiziaria e' affidato all'ex ministro della giustizia degli Stati Uniti Ramsley Clark, autore della prefazione), Peltier, al tempo uno dei leader di spicco dell'American Indian Movement (AIM), marcisce in condizioni disumane in una prigione di massima sicurezza da quasi trent'anni. Nonostante la sua innocenza sia ormai unanimemente sostenuta dall'opinione pubblica mondiale, nonostante una campagna internazionale in suo favore che ha coinvolto il Dalai Lama, Nelson Mandela, il subcomandante Marcos, Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Robert Redford (che sulla vicenda di Peltier ha prodotto il documentario Incident at Oglala), Oliver Stone, Howard Zinn, Peter Matthiessen, il Parlamento europeo e Amnesty International, per il governo americano il caso del prigioniero 89637-132 e' chiuso. Non sorprende dunque che Peltier sia divenuto un simbolo dell'oppressione di tutti i popoli indigeni del mondo e che la sua vicenda abbia ispirato libri (Nello spirito di Cavallo Pazzo di Peter Matthiessen), film (Cuore di tuono di Michael Apted, per esempio) e canzoni (i Rage Against the Machine hanno dedicato a lui la canzone Freedom). In parte lucidissimo manifesto politico, in parte toccante memoir, questa e' la straordinaria storia della sua vita, raccontata per la prima volta da Peltier in persona. Una meravigliosa testimonianza spirituale e filosofica che rivela un modo di concepire la vita, ma soprattutto la politica, che trascende la dialettica tradizionale occidentale e i suoi schemi (amico-nemico, destra-sinistra e cosi' via): i nativi la chiamano la danza del sole" (dalla scheda di presentazione del libro di Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, 2005, nel sito della casa editrice: fazieditore.it).
Opere di Leonard Peltier: La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, 2005.
Opere su Leonard Peltier: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, 1994; Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano, Erre Emme, 1996.
Il sito dell'"International Leonard Peltier Defense Committee": www.whoisleonardpeltier.info
Alcuni altri libri utili per approfondire: Alce Nero, La sacra pipa, Rusconi, Milano 1986, 1993; Bruno Bouchet (a cura di), Wovoka. Il messaggio rivoluzionario dei nativi americani, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1982; Dee Brown, Seppellite il mio cuore a Wounded Knee, Mondadori, Milano 1972, 1977; Vine Deloria jr., Custer e' morto per i vostri peccati, Jaca Book, Milano 1972, 1977; Raymond J. DeMaille (a cura di), Il sesto antenato. I testi originali egli insegnamenti di Alce Nero, Xenia, Milano 1996; Charles Hamilton (a cura di), Sul sentiero di guerra. Scritti e testimonianza degli indiani d'America, Feltrinelli, Milano 1956, 1960; Diana Hansen (a cura di), Indiani d'America. Identita' e memoria collettiva nei documenti della nuova resistenza indiana, Savelli, Roma 1977; Philippe Jacquin, Storia degli indiani d'America, Mondadori, Milano 1977; Franco Meli (a cura di), Parole nel sangue. Poesia indiana americana contemporanea, Mondadori, Milano 1991; Messaggio degli Irochesi al mondo occidentale. Per un risveglio della coscienza, la Fiaccola, Ragusa 1986, 1989; Nando Minnella, Pascoli d'asfalto. Poesia & cultura degli indiani d'America, Rossi e Spera Editori, Roma 1987; Nando Minnella, Michele Morieri, Indiani oggi. La Resistenza indiana oggi: documenti e testimonianze, Gammalibri, Milano 1981; John G. Neihardt, Alce Nero parla, Adelphi, Milano 1968, Mondadori, Milano 1973, 1977; William W. Newcomb jr., Gli indiani del Nord-America, Il Bagatto, Roma 1985; Scritti e racconti degli indiani americani, raccolti da Shirley Hill Witt e Stan Steiner, Jaca Book, Milano 1974, 1992; Stan Steiner, Uomo bianco scomparirai, Jaca Book, Milano 1977, 1994.

2. TESTI. JEAN GIONO: L'UOMO CHE PIANTAVA GLI ALBERI
[Riproponiamo ancora una volta il seguente testo che abbiamo ripreso dal sito www.minerva.unito.it E' il testo integrale di Jean Giono, L'uomo che piantava gli alberi, nella traduzione di Luigi Spagnol, Salani, Milano 1996, 2010.
Jean Giono (1895-1970) e' stato un grande scrittore francese, e una persona saggia]

Una quarantina circa di anni fa, stavo facendo una lunga camminata, tra cime assolutamente sconosciute ai turisti, in quella antica regione delle Alpi che penetra in Provenza.
Questa regione e' delimitata a sud-est e a sud dal corso medio della Durance, tra Sisteron e Mirabeau; a nord dal corso superiore della Drome, dalla sorgente sino a Die; a ovest dalle pianure del Comtat Venaissin e i contrafforti del Monte Ventoux. Essa comprende tutta la parte settentrionale del dipartimento delle Basse Alpi, il sud della Drome e una piccola enclave della Valchiusa.
Si trattava, quando intrapresi la mia lunga passeggiata in quel deserto, di lande nude e monotone, tra i milledue e i milletrecento metri di altitudine. L'unica vegetazione che vi cresceva era la lavanda selvatica.
Attraversavo la regione per la sua massima larghezza e, dopo tre giorni di marcia, mi ritrovavo in mezzo a una desolazione senza pari. Mi accampai di fianco allo scheletro di un villaggio abbandonato. Non avevo piu' acqua dal giorno prima e avevo necessita' di trovarne. Quell'agglomerato di case, benche' in rovina, simile a un vecchio alveare, mi fece pensare che dovevano esserci stati, una volta, una fonte o un pozzo. C'era difatti una fonte, ma secca. Le cinque o sei case, senza tetto, corrose dal vento e dalla pioggia, e la piccola cappella col campanile crollato erano disposte come le case e le cappelle dei villaggi abitati, ma la vita era scomparsa.
Era una bella giornata di giugno, molto assolata ma, su quelle terre senza riparo e alte nel cielo, il vento soffiava con brutalita' insopportabile. I suoi ruggiti nelle carcasse delle case erano quelli d'una belva molestata durante il pasto.
Dovetti riprendere la marcia. Cinque ore piu' tardi non avevo ancora trovato acqua e nulla mi dava speranza di trovarne. Dappertutto la stessa aridita', le stesse erbacce legnose. Mi parve di scorgere in lontananza una piccola sagoma nera, in piedi. La presi per il tronco d'un albero solitario. A ogni modo mi avvicinai. Era un pastore. Una trentina di pecore sdraiate sulla terra cocente si riposavano accanto a lui.
Mi fece bere dalla sua borraccia e, poco piu' tardi, mi porto' nel suo ovile, in una ondulazione del pianoro. Tirava su l'acqua, ottima, da un foro naturale, molto profondo, al di sopra del quale aveva installato un rudimentale verricello.
L'uomo parlava poco, com'e' nella natura dei solitari, ma lo si sentiva sicuro di se' e confidente in quella sicurezza. Era una presenza insolita in quella regione spogliata di tutto. Non abitava in una capanna ma in una vera casa di pietra, ed era evidente come il suo lavoro personale avesse rappezzato la rovina che aveva trovato al suo arrivo. Il tetto era solido e stagno. Il vento che lo batteva faceva sulle tegole il rumore del mare sulla spiaggia.
La casa era in ordine, i piatti lavati, il pavimento di legno spazzato, il fucile ingrassato; la minestra bolliva sul fuoco. Notai che l'uomo era rasato di fresco, che tutti i suoi bottoni erano solidamente cuciti, che i suoi vestiti erano rammendati con la cura minuziosa che rende i rammendi invisibili.
Divise con me la minestra e, quando gli offrii la borsa del tabacco, mi rispose che non fumava. Il suo cane, silenzioso come lui, era affettuoso senza bassezza.
Era rimasto subito inteso che avrei passato la notte da lui; il villaggio piu' vicino era a piu' di un giorno e mezzo di cammino. E, oltretutto, conoscevo perfettamente il carattere dei rari villaggi di quella regione. Ce ne sono quattro o cinque sparsi lontani gli uni dagli altri sulle pendici di quelle cime, nei boschi di querce al fondo estremo delle strade carrozzabili.
Sono abitati da boscaioli che producono carbone di legno. Sono posti dove si vive male. Le famiglie, serrate l'una contro l'altra in quel clima di una rudezza eccessiva, d'estate come d'inverno, esasperano il proprio egoismo sotto vuoto. L'ambizione irragionevole si sviluppa senza misura, nel desiderio di sfuggire a quei luoghi.
Gli uomini portano il carbone in citta' con i camion, poi tornano. Le piu' solide qualita' scricchiolano sotto questa perpetua doccia scozzese. Le donne covano rancori. C'e' concorrenza su tutto, per la vendita del carbone come per il banco di chiesa, per le virtu' che lottano tra di loro, per i vizi che lottano tra di loro e per il miscuglio dei vizi e delle virtu', senza posa. Per sovrappiu', il vento altrettanto senza posa irrita i nervi. Ci sono epidemie di suicidi e numerosi casi di follia, quasi sempre assassina.
Il pastore che non fumava prese un sacco e rovescio' sul tavolo un mucchio di ghiande. Si mise a esaminarle l'una dopo l'altra con grande attenzione, separando le buone dalle guaste. Io fumavo la pipa. Gli proposi di aiutarlo. Mi rispose che era affar suo. In effetti, vista la cura che metteva in quel lavoro, non insistetti. Fu tutta la nostra conversazione. Quando ebbe messo dalla parte delle buone un mucchio abbastanza grosso di ghiande, le divise in mucchietti da dieci. Cosi' facendo elimino' ancora i frutti piccoli o quelli leggermente screpolati, poiche' li esaminava molto da vicino. Quando infine ebbe davanti a se' cento ghiande perfette, si fermo' e andammo a dormire.
La societa' di quell'uomo dava pace. Gli domandai l'indomani il permesso di riposarmi per l'intera giornata da lui. Lo trovo' del tutto naturale o, piu' esattamente, mi diede l'impressione che nulla potesse disturbarlo. Quel riposo non mi era affatto necessario, ma ero intrigato e ne volevo sapere di piu'. Il pastore fece uscire il suo gregge e lo porto' al pascolo. Prima di uscire, bagno' in un secchio d'acqua il sacco in cui aveva messo le ghiande meticolosamente scelte e contate.
Notai che in guisa di bastone portava un'asta di ferro della grossezza di un pollice e lunga un metro e mezzo. Feci mostra di voler fare una passeggiata di riposo e seguii una strada parallela alla sua. Il pascolo delle bestie era in un avvallamento. Lascio' il piccolo gregge in guardia al cane e sali' verso di me. Temetti che venisse per rimproverarmi della mia indiscrezione ma niente affatto, quella era la strada che doveva fare e m'invito' ad accompagnarlo se non avevo di meglio. Andava a duecento metri da li', piu' a monte. Arrivato dove desiderava, comincio' a piantare la sua asta di ferro in terra. Faceva cosi' un buco nel quale depositava una ghianda, dopo di che turava di nuovo il buco. Piantava querce. Gli domandai se quella terra gli apparteneva. Mi rispose di no. Sapeva di chi era? Non lo sapeva. Supponeva che fosse una terra comunale, o forse proprieta' di gente che non se ne curava? Non gli interessava conoscerne i proprietari. Pianto' cosi' le cento ghiande con estrema cura.
Dopo il pranzo di mezzogiorno ricomincio' a scegliere le ghiande. Misi, credo, sufficiente insistenza nelle mie domande, perche' mi rispose. Da tre anni piantava alberi in quella solitudine. Ne aveva piantati centomila. Di centomila, ne erano spuntati ventimila. Di quei ventimila, contava di perderne ancora la meta', a causa dei roditori o di tutto quel che c'e' di imprevedibile nei disegni della Provvidenza. Restavano diecimila querce che sarebbero cresciute in quel posto dove prima non c'era nulla.
Fu a quel momento che mi interessai dell'eta' di quell'uomo. Aveva evidentemente piu' di cinquant'anni. Cinquantacinque, mi disse lui. Si chiamava Elzeard Bouffier. Aveva posseduto una fattoria in pianura. Aveva vissuto la sua vita.
Aveva perso il figlio unico, poi la moglie. S'era ritirato nella solitudine dove trovava piacere a vivere lentamente, con le pecore e il cane. Aveva pensato che quel paese sarebbe morto per mancanza d'alberi. Aggiunse che, non avendo altre occupazioni piu' importanti, s'era risolto a rimediare a quello stato di cose.
Poiche' conducevo anch'io in quel momento, malgrado la giovane eta', una vita solitaria, sapevo toccare con delicatezza l'anima dei solitari. Tuttavia, commisi un errore. La mia giovane eta', appunto, mi portava a immaginare l'avvenire in funzione di me stesso e di una qual certa ricerca di felicita'. Dissi che nel giro di trent'anni quelle diecimila querce sarebbero state magnifiche. Mi rispose con gran semplicita' che, se Dio gli avesse prestato la vita, nel giro di trent'anni ne avrebbe piantate tante altre che quelle diecimila sarebbero state come una goccia nel mare.
Stava gia' studiando, d'altra parte, la riproduzione dei faggi e aveva accanto alla casa un vivaio generato dalle faggine. I soggetti, che aveva protetto dalle pecore con una barriera di rete metallica, erano di grande bellezza. Pensava inoltre alle betulle per i terreni dove, mi diceva, una certa umidita' dormiva a qualche metro dalla superficie del suolo.
Ci separammo il giorno dopo.
*
L'anno seguente ci fu la guerra del '14, che mi impegno' per cinque anni. Un soldato di fanteria non poteva pensare agli alberi. A dir la verita', la cosa non mi era nemmeno rimasta impressa; l'avevo considerata come un passatempo, una collezione di francobolli, e dimenticata.
Finita la guerra mi trovai con un'indennita' di congedo minuscola ma con il grande desiderio di respirare un poco d'aria pura. Senza idee preconcette, quindi, tranne quella, ripresi la strada di quelle contrade deserte.
Il paese non era cambiato. Tuttavia, oltre il villaggio abbandonato, scorsi in lontananza una specie di nebbia grigia che ricopriva le cime come un tappeto. Dalla vigilia m'ero rimesso a pensare a quel pastore che piantava gli alberi. Diecimila querce, mi dicevo, occupano davvero un grande spazio.
Avevo visto morire troppa gente in cinque anni per non immaginarmi facilmente anche la morte di Elzeard Bouffier, tanto piu' che, quando si ha vent'anni, si considerano le persone di cinquanta come dei vecchi a cui resta soltanto da morire. Non era morto. Gli erano rimaste solo quattro pecore ma, in cambio, possedeva un centinaio di alveari. Si era sbarazzato delle bestie che mettevano in pericolo i suoi alberi. Perche', mi disse (e lo constatai), non s'era per nulla curato della guerra. Aveva continuato imperturbabilmente a piantare.
Le querce del 1910 avevano adesso dieci anni ed erano piu' alte di me e di lui. Lo spettacolo era impressionante. Ero letteralmente ammutolito e, poiche' lui non parlava, passammo l'intera giornata a passeggiare in silenzio per la sua foresta. Misurava, in tre tronconi, undici chilometri nella sua lunghezza massima. Se si teneva a mente che era tutto scaturito dalle mani e dall'anima di quell'uomo, senza mezzi tecnici, si comprendeva come gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi oltre alla distruzione.
Aveva seguito la sua idea, e i faggi che mi arrivavano alle spalle, sparsi a perdita d'occhio, ne erano la prova. Le querce erano fitte e avevano passato l'eta' in cui potevano essere alla merce' dei roditori; quanto ai disegni della Provvidenza stessa per distruggere l'opera creata, avrebbe dovuto ormai ricorrere ai cicloni. Bouffier mi mostro' dei mirabili boschetti di betulle che datavano a cinque anni prima, cioe' al 1915, l'epoca in cui io combattevo a Verdun. Le aveva piantate in tutti i terreni dove sospettava, a ragione, che ci fosse umidita' quasi a fior di terra. Erano tenere come delle adolescenti e molto decise.
Il processo aveva l'aria, d'altra parte, di funzionare a catena. Lui non se ne curava; perseguiva ostinatamente il proprio compito, molto semplice. Ma, ridiscendendo al villaggio, vidi scorrere dell'acqua in ruscelli che, a memoria d'uomo, erano sempre stati secchi. Era la piu' straordinaria forma di reazione che abbia mai avuto modo di vedere. Quei ruscelli avevano gia' portato dell'acqua, in tempi molto antichi.
Alcuni dei tristi villaggi di cui ho parlato all'inizio del mio racconto sorgevano su siti di antichi villaggi gallo-romani di cui restavano ancora vestigia nelle quali gli archeologi avevano scavato trovando ami in posti dove nel ventesimo secolo si doveva far ricorso alle cisterne per avere un po' d'acqua.
Anche il vento disperdeva certi semi. Con l'acqua erano riapparsi anche i salici, i giunchi, i prati, i giardini i fiori e una certa ragione di vivere.
Ma la trasformazione avveniva cosi' lentamente che entrava nell'abitudine senza provocare stupore. I cacciatori che salivano in quelle solitudini seguendo le lepri o i cinghiali s'erano accorti del rigoglio di alberelli, ma l'avevano messo in conto alle malizie naturali della terra. Percio' nessuno disturbava l'opera di quell'uomo. Se l'avessero sospettato, l'avrebbero ostacolato. Era insospettabile. Chi avrebbe potuto immaginare, nei villaggi e nelle amministrazioni, una tale ostinazione nella piu' magnifica generosita'?
A partire dal 1920 non ho mai passato piu' d'un anno senza andare trovare Elzeard Bouffier. Non l'ho mai visto cedere ne' dubitare. Eppure, Dio solo sa di averlo messo alla prova! Non ho fatto il conto delle sue delusioni. E' facile immaginarsi tuttavia che, per una simile riuscita, sia stato necessario vincere le avversita'; che, per assicurare la vittoria di tanta passione, sia stato necessario lottare contro lo sconforto. Bouffier aveva piantato, un anno, piu' di diecimila aceri. Morirono tutti. L'anno dopo abbandono' gli aceri per riprendere i faggi che riuscirono ancora meglio delle querce.
Per farsi un'idea piu' precisa di quell'eccezionale carattere, non bisogna dimenticare che operava in una solitudine totale; al punto che, verso la fine della vita, aveva perso del tutto l'abitudine a parlare. O, forse, non ne vedeva la necessita'.
Nel 1933 ricevette la visita di una guardia forestale sbalordita. Il funzionario gli intimo' l'ordine di non accendere fuochi all'aperto, per non mettere in pericolo la crescita di quella foresta naturale. Era la prima volta, gli spiego' quell'uomo ingenuo, che si vedeva una foresta spuntare da sola. A quell'epoca Bouffier andava a piantare faggi a dodici chilometri da casa. Per evitare il viaggio di andata e ritorno, poiche' aveva ormai settantacinque anni, stava considerando la possibilita' di costruirsi una casupola di pietra sul luogo stesso dove piantava. Cio' che fece l'anno seguente.
Nel 1935 una vera e propria delegazione governativa venne a esaminare la foresta naturale. C'erano un pezzo grosso delle Acque e Foreste, un deputato, dei tecnici. Fu deciso di fare qualcosa e, fortunatamente, non si fece nulla, tranne l'unica cosa utile: mettere la foresta sotto la tutela dello Stato e proibire che si venisse a farne carbone. Perche' era impossibile non restare soggiogati dalla bellezza di quei giovani alberi in piena salute. Esercito' il proprio potere di seduzione persino sul deputato.
Un capitano forestale mio amico faceva parte della delegazione. Gli spiegai il mistero. Un giorno della settimana seguente andammo insieme a cercare Elzeard Bouffier. Lo trovammo in pieno lavoro, a venti chilometri da dove aveva avuto luogo l'ispezione.
Quel capitano forestale non era mio amico per nulla. Conosceva il valore delle cose. Seppe restare in silenzio. Offrii le uova che avevo portato in regalo. Dividemmo il nostro spuntino in tre e restammo qualche ora nella muta contemplazione del paesaggio.
La costa che avevamo percorso era coperta d'alberi che andavano da sei a otto metri di altezza. Mi ricordavo l'aspetto di quelle terre nel 1913, il deserto... Il lavoro calmo e regolare, l'aria viva d'altura, la frugalita' e soprattutto la serenita' dell'anima avevano conferito a quel vecchio una salute quasi solenne. Era un atleta di Dio. Mi domandavo quanti altri ettari avrebbe coperto d'alberi.
Prima di partire il mio amico azzardo' soltanto qualche suggerimento a proposito di certe essenze alle quali il terreno sembrava adattarsi. Non insistette. "Per la semplice ragione", mi spiego' poi, "che quel signore ne sa piu' di me". Dopo un'ora di cammino, dopo che l'idea aveva progredito in lui, aggiunse: "Ne sa piu' di tutti. Ha trovato un bel modo di essere felice!".
E' grazie a quel capitano che, non solo la foresta, ma anche la felicita' di quell'uomo, furono protette. Fece nominare tre guardie forestali per quella protezione e le terrorizzo' a tal punto che rimasero insensibili alle mazzette offerte dai boscaioli.
L'opera corse un grave rischio solo durante la guerra del 1939. Poiche' le automobili andavano allora col gasogeno, non c'era mai abbastanza legna. Cominciarono a tagliare le querce del 1910, ma l'area era talmente lontana da tutte le reti stradali che l'impresa si rivelo' fallimentare dal punto di vista finanziario. Fu abbandonata. Il pastore non aveva visto nulla. Era a trenta chilometri di distanza, e continuava pacificamente il proprio lavoro, ignorando la guerra del '39 come aveva ignorato quella del '14.
*
Ho visto Elzeard Bouffier per l'ultima volta nel giugno del 1945. Aveva ottantasette anni. Avevo ripreso la strada del deserto ma adesso, nonostante la rovina in cui la guerra aveva lasciato il paese, c'era una corriera che faceva servizio tra la valle della Durance e la montagna. Misi sul conto di quel mezzo di trasporto relativamente rapido il fatto che non riconoscessi piu' i luoghi delle mie prime passeggiate. Mi parve anche che l'itinerario mi facesse passare in posti nuovi. Ebbi bisogno del nome di un villaggio per concludere che invece mi trovavo proprio in quella zona un tempo in rovina e desolata. La corriera mi porto' a Vergons.
Nel 1913 quella frazione di una dozzina di case contava tre abitanti. Erano dei selvaggi, si odiavano, vivevano di caccia con le trappole; piu' o meno erano nello stato fisico e morale degli uomini preistorici. Le ortiche divoravano attorno a loro le case abbandonate.
La loro condizione era senza speranza. Non avevano altro da fare che attendere la morte: situazione che non dispone alla virtu'.
Ora tutto era cambiato. L'aria stessa. Invece delle bufere secche e brutali che mi avevano accolto un tempo, soffiava una brezza docile carica di odori. Un rumore simile a quello dell'acqua veniva dalla cima delle montagne: era il vento nella foresta. Infine, cosa piu' sorprendente, udii il vero rumore dell'acqua scrosciante in una vasca. Vidi che avevano costruito una fontana; l'acqua vi era abbondante e, cio' che soprattutto mi commosse, vidi che vicino ad essa avevano piantato un tiglio di forse quattro anni, gia' rigoglioso, simbolo incontestabile di una resurrezione.
In generale Vergons portava i segni di un lavoro per la cui impresa era necessaria la speranza. La speranza era dunque tornata. Avevano sgomberato le rovine, abbattuto i muri crollati e ricostruito cinque case. La frazione contava ormai diciotto abitanti, tra cui quattro giovani famiglie. Le case nuove, intonacate di fresco, erano circondate da orti in cui crescevano, mescolati ma allineati, verdure e fiori, cavoli e rose, porri e bocche di leone, sedani e anemoni. Era ormai un posto dove si aveva voglia di abitare.
Da li', proseguii a piedi. La guerra da cui eravamo appena usciti non aveva consentito il rifiorire completo della vita, ma Lazzaro era ormai uscito dalla tomba. Sulle pendici piu' basse della montagna, vedevo i campicelli di orzo e segale in erba; in fondo alle strette vallate, qualche prateria verdeggiava.
Sono bastati gli otto anni che ci separano da quell'epoca perche' tutta la zona risplenda di salute e felicita'. Dove nel 1913 avevo visto solo rovine sorgono ora fattorie pulite, ben intonacate, che denotano una vita lieta e comoda. Le vecchie fonti, alimentate dalle piogge e le nevi che la foresta ritiene, hanno ripreso a scorrere. Le acque sono state canalizzate. A lato di ogni fattoria, in mezzo a boschetti di aceri, le vasche delle fontane lasciano debordare l'acqua su tappeti di menta. I villaggi si sono ricostruiti a poco a poco. Una popolazione venuta dalle pianure, dove la terra costa cara, si e' stabilita qui, portando gioventu', movimento, spirito d'avventura. S'incontrano per le strade uomini e donne ben nutriti, ragazzi e ragazze che sanno ridere e hanno ripreso il gusto per le feste campestri.
Se si conta la vecchia popolazione, irriconoscibile da quando vive nell'armonia, e i nuovi venuti, piu' di diecimila persone devono la loro felicita' a Elzeard Bouffier.
Quando penso che un uomo solo, ridotto alle proprie semplici risorse fisiche e morali, e' bastato a far uscire dal deserto quel paese di Canaan, trovo che, malgrado tutto, la condizione umana sia ammirevole. Ma, se metto in conto quanto c'e' voluto di costanza nella grandezza d'animo e d'accanimento nella generosita' per ottenere questo risultato, l'anima mi si riempie d'un enorme rispetto per quel vecchio contadino senza cultura che ha saputo portare a buon fine un'opera degna di Dio.
Elzeard Bouffier e' morto serenamente nel 1947, all'ospizio di Banon.

3. MAESTRE. VANDANA SHIVA: PRINCIPI COSTITUTIVI DI UNA DEMOCRAZIA DELLA COMUNITA' TERRENA
[Riproponiamo una volta ancora il seguente testo estratto dall'introduzione del libro di Vandana Shiva, Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006, alle pp. 16-19.
Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, nonviolenti, di liberazione dei popoli, di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti pericolosissimi. Tra le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002; Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003; Le nuove guerre della globalizzazione, Utet, Torino 2005; Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006; India spezzata, Il Saggiatore, Milano 2008; Dalla parte degli ultimi, Slow Food, 2008; Ritorno alla terra, Fazi, Roma 2009; Campi di battaglia, Edizioni Ambiente, Milano 2009; Semi del suicidio, Odradek, Roma 2009; Fare pace con la Terra, Feltrinelli, Milano 2012; Storia dei semi, Feltrinelli, Milano 2013; Chi nutrira' il mondo? Manifesto per il cibo del terzo millennio, Feltrinelli, Milano 2015; Il mondo del cibo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2015; La terra ha i suoi diritti, Emi, Bologna 2016, Rcs, Milano 2020; Il pianeta di tutti, Feltrinelli 2020]

1. Tutte le specie, tutti gli esseri umani e tutte le culture possiedono un valore intrinseco.
Tutti gli esseri viventi sono soggetti dotati di intelligenza, integrita' e di un'identita' individuale. Non possono essere ridotti al ruolo di proprieta' privata, di oggetti manipolabili, di materie prime da sfruttare o di rifiuti eliminabili. Nessun essere umano ha il diritto di possedere altre specie, altri individui, o di impadronirsi dei saperi di altre culture attraverso brevetti o altri diritti sulla proprieta' intellettuale.
*
2. La comunita' terrena promuove la convivenza democratica di tutte le forme di vita.
Siamo membri di un'unica famiglia terrena, uniti gli uni agli altri dalla fragile ragnatela della vita del pianeta. Pertanto e' nostro dovere assumere dei comportamenti che non compromettano l'equilibrio ecologico della Terra, nonche' i diritti fondamentali e la sopravvivenza delle altre specie e di tutta l'umanita'. Nessun essere umano ha il diritto di invadere lo spazio ecologico di altre specie o di altri individui, ne' di trattarli con crudelta' e violenza.
*
3. Le diversita' biologiche e culturali devono essere difese.
Le diversita' biologiche e culturali hanno un valore intrinseco che deve essere riconosciuto. Le diversita' biologiche sono fonti di ricchezza materiale e culturale che pongono le basi per la sostenibilita'. Le differenze culturali sono portatrici di pace. Tutti gli esseri umani hanno il dovere di difendere tali diversita'.
*
4. Tutti gli esseri viventi hanno il diritto naturale di provvedere al loro sostentamento.
Tutti i membri della comunita' terrena, inclusi gli esseri umani, hanno il diritto di provvedere al loro sostentamento: hanno diritto al cibo e all'acqua, a un ambiente sicuro e pulito, alla conservazione del loro spazio ecologico. Le risorse vitali necessarie per il sostentamento non possono essere privatizzate. Il diritto al sostentamento e' un diritto naturale perche' equivale al diritto alla vita. E' un diritto che non puo' essere accordato o negato da una nazione o da una multinazionale. Nessun paese e nessuna multinazionale ha il diritto di vanificare o compromettere questo genere di diritto, o di privatizzare le risorse comuni necessarie alla vita.
*
5. La democrazia della comunita' terrena si fonda su economie che apportano la vita e su modelli di sviluppo democratici.
La realizzazione di una democrazia della comunita' terrena presuppone una gestione democratica dell'economia, dei piani di sviluppo che proteggano gli ecosistemi e la loro integrita', provvedano alle esigenze di base di tutti gli esseri umani e assicurino loro un ambiente di vita sostenibile. Una concezione democratica dell'economia non prevede l'esistenza di individui, specie o culture eliminabili. L'economia della comunita' terrena e' un'economia che apporta nutrimento alla vita. I suoi modelli sono sempre sostenibili, differenziati, pluralistici, elaborati dai membri della comunita' stessa al fine di proteggere la natura e gli esseri umani e operare per il bene comune.
*
6. Le economie che apportano la vita si fondano sulle economie locali.
Il miglior modo di provvedere con efficienza, attenzione e creativita' alla conservazione delle risorse terrene e alla creazione di condizioni di vita soddisfacenti e sostenibili e' quello di operare all'interno delle realta' locali. Localizzare l'economia deve diventare un imperativo ecologico e sociale. Si dovrebbero importare ed esportare soltanto i beni e i servizi che non possono essere prodotti localmente, adoperando le risorse e le conoscenze del luogo. Una democrazia della comunita' terrena si fonda su delle economie locali estremamente vitali, che sostengono le economie nazionali e globali. Un'economia globale democratica non distrugge e non danneggia le economie locali, non trasforma le persone in rifiuti eliminabili. Le economie che sostengono la vita rispettano la creativita' di tutti gli esseri umani e producono contesti in grado di valorizzare al massimo le diverse competenze e capacita'. Le economie che apportano la vita sono differenziate e decentralizzate.
*
7. La democrazia della comunita' terrena e' una democrazia che tutela la vita.
Una democrazia che tutela la vita si fonda sul rispetto democratico di ogni forma vivente e su un comportamento democratico da adottare gia' a partire dalla quotidianita'. Ogni soggetto coinvolto ha il diritto di partecipare alle decisioni da prendere in merito al cibo, all'acqua, alla sanita' e all'istruzione. Una democrazia che tutela la vita cresce dal basso verso l'alto, al pari di un albero. La democrazia della comunita' terrena si fonda sulle democrazie locali, lasciando che le singole comunita' costituite nel rispetto delle differenze e delle responsabilita' ecologiche e sociali abbiano pieni poteri decisionali riguardo all'ambiente, alle risorse naturali, al sostentamento e al benessere dei loro membri. Il potere viene delegato ai livelli esecutivi piu' alti applicando il principio della sussidiarieta'. La democrazia della comunita' terrena si fonda sull'autoregolamentazione e sull'autogoverno.
*
8. La democrazia della comunita' terrena si fonda su culture che valorizzano la vita.
Le culture che valorizzano la vita promuovono la pace e creano degli spazi di liberta' per consentire il culto di religioni diverse e l'espressione di diverse fedi e identita'. Tali culture lasciano che le differenze culturali si sviluppino proprio a partire dalla nostra umanita' e dai nostri comuni diritti in quanto membri della comunita' terrena.
*
9. Le culture che valorizzano la vita promuovono lo sviluppo della vita stessa.
Le culture che valorizzano la vita si fondano sul riconoscimento della dignita' e sul rispetto di ogni forma di vita, degli uomini e delle donne di ogni provenienza e cultura, delle generazioni presenti e di quelle future.
Sono culture ecologiche che non producono stili di vita distruttivi o improntati al consumismo, basati sulla sovrapproduzione, sullo spreco o sullo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Le culture che valorizzano la vita sono molteplici, ma ispirate da un comune rispetto per il vivente. Riconoscono la compresenza di identita' diverse che condividono lo spazio comune della comunita' locale e danno voce a un sentimento di appartenenza che correla i singoli individui alla terra e a tutte le forme di vita.
*
10. La democrazia della comunita' terrena promuove un sentimento di pace e solidarieta' universale.
La democrazia della comunita' terrena unisce tutti i popoli e i singoli individui sostenendo valori quali la cooperazione e l'impegno disinteressato, anziche' separarli attraverso la competizione, il conflitto, l'odio e il terrore. In alternativa a un mondo fondato sull'avidita', sulla diseguaglianza e sul consumismo sfrenato, questa democrazia si propone di globalizzare la solidarieta', la giustizia e la sostenibilita'.

4. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

5. MEMORIA. FRANCO BERLANDA

Il 29 giugno 2019 moriva Franco Berlanda, partigiano, architetto, urbanista.
Con gratitudine lo ricordiamo.

6. MEMORIA. PAOLO E BRUNO BRANCONDI

Il 29 giugno 1944 morivano assassinati i fratelli Paolo e Bruno Brancondi, martiri della Resistenza.
Con gratitudine li ricordiamo.

7. MEMORIA. MARIO FUBINI

Il 29 giugno 1977 moriva Mario Fubini, illustre critico letterario.
Con gratitudine lo ricordiamo.

8. MEMORIA. ETTORE GALLO

Il 29 giugno 2001 moriva Ettore Gallo, partigiano e giurista.
Con gratitudine lo ricordiamo.

9. MEMORIA. MARGHERITA HACK

Il 29 giugno 2013 moriva Margherita Hack, astrofisica.
Con gratitudine la ricordiamo.

10. MEMORIA. PAUL KLEE

Il 29 giugno 1940 moriva Paul Klee, pittore.
Con gratitudine lo ricordiamo.

11. MEMORIA. HENRI LEFEBVRE

Il 29 giugno 1991 moriva Henri Lefebvre, partigiano e filosofo.
Con gratitudine lo ricordiamo.

12. MEMORIA. MARCELLO PAGNINI

Il 29 giugno 2010 moriva Marcello Pagnini, teorico, critico e storico della letteratura.
Con gratitudine lo ricordiamo.

13. MEMORIA. ERNESTO RAGIONIERI

Il 29 giugno 1975 moriva Ernesto Ragionieri, storico e militante del movimento operaio.
Con gratitudine lo ricordiamo.

14. MEMORIA. ITALO ROSSI

Il 29 giugno 1944 combattendo contro i nazifascisti moriva Italo Rossi, martire della Resistenza.
Con gratitudine lo ricordiamo.

15. MEMORIA. MODESTA ROSSI

Il 29 giugno 1944 moriva assassinata Modesta Rossi, martire della Resistenza.
Con gratitudine la ricordiamo.

16. MEMORIA. MARIO TODESCO

Il 29 giugno 1944 moriva assassinato Mario Todesco, martire della Resistenza.
Con gratitudine lo ricordiamo.

17. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Theodor W. Adorno, Note per la letteratura 1943-1961, Einaudi, Torino 1979, pp. VI + 324.
- Max Horkheimer, Teoria critica. Scritti 1932-1941 (I), Einaudi, Torino 1974, pp. XII + 380.
*
Riedizioni
- Manlio Pastore Stocchi, Il lume d'esta stella. Ricerche dantesche, Salerno, Roma 2013, Rcs, Milano 2021, pp. 272, euro 7,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

18. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

19. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4151 del 30 giugno 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
*
Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
Per non ricevere piu' il notiziario e' sufficiente recarsi in questa pagina: https://lists.peacelink.it/sympa/signoff/nonviolenza
Per iscriversi al notiziario, invece, l'indirizzo e' https://lists.peacelink.it/sympa/subscribe/nonviolenza
*
L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e' centropacevt at gmail.com