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[Nonviolenza] Telegrammi. 4145
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 4145
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Wed, 23 Jun 2021 18:03:15 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4145 del 24 giugno 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Una proposta ad alcune persone ed associazioni impegnate per i diritti umani di tutti gli esseri umani
2. Ripetiamo ancora una volta...
3. Ricordando Stefano Rodota'
4. Stefano Rodota': Piero Calamandrei
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'
1. INIZIATIVE. UNA PROPOSTA AD ALCUNE PERSONE ED ASSOCIAZIONI IMPEGNATE PER I DIRITTI UMANI DI TUTTI GLI ESSERI UMANI
Carissime e carissimi,
vorremmo pregarvi di scrivere al Presidente del Parlamento Europeo per sollecitare un'iniziativa dell'istituzione da lui presieduta per la liberazione di Leonard Peltier, attivista per i diritti umani dei nativi americani, perseguitato politico, dal 1977 detenuto nelle carceri statunitensi dopo un processo-farsa che lo ha condannato per crimini che non ha commesso.
*
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti:
a) indirizzo diretto del Presidente del Parlamento Europeo: president at ep.europa.eu;
b) alcuni indirizzi della segreteria del Presidente del Parlamento Europeo: lorenzo.mannelli at ep.europa.eu; armelle.douaud at ep.europa.eu; barbara.assi at ep.europa.eu; helene.aubeneau at ep.europa.eu; marco.canaparo at ep.europa.eu; fabrizia.panzetti at ep.europa.eu; michael.weiss at ep.europa.eu; luca.nitiffi at ep.europa.eu; matea.juretic at ep.europa.eu; francesco.miatto at ep.europa.eu; barbara.hostens at ep.europa.eu; monica.rawlinson at ep.europa.eu; beate.rambow at ep.europa.eu; laetitia.paquet at ep.europa.eu; nicola.censini at ep.europa.eu; arnaud.rehm at europarl.europa.eu; julien.rohaert at europarl.europa.eu; jose.roza at ep.europa.eu; roberto.cuillo at ep.europa.eu; silvia.cagnazzo at ep.europa.eu; eulalia.martinezdealosmoner at ep.europa.eu; iva.palmieri at europarl.europa.eu; tim.allan at ep.europa.eu; andrea.maceirascastro at ep.europa.eu; angelika.pentsi at ep.europa.eu;
Naturalmente sarebbe opportuno inviare copia della lettera anche ai mezzi d'informazione e alle altre persone, associazioni ed istituzioni che riterrete utile informare o invitare a prender parte all'iniziativa.
*
Ovviamente e' bene che le lettere siano brevi e cortesi.
Un minimo canovaccio potrebbe essere il seguente:
"Egregio Presidente del Parlamento Europeo,
vorremmo sollecitare Lei, e tramite Lei il Parlamento Europeo e con esso l'intera Unione Europea, ad una iniziativa umanitaria per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista per i diritti umani dei nativi americani, vittima di una spietata persecuzione politica, dal 1977 ingiustamente detenuto dopo un processo-farsa in cui gli sono stati attribuiti delitti che non ha commesso.
Confidando in un sollecito riscontro, distinti saluti,
firma, luogo e data, indirizzo del mittente"
*
Non c'e' bisogno di aggiungere che ogni altra iniziativa nonviolenta per la liberazione di Leonard Peltier (come di ogni altra persona ingiustamente detenuta) e' opportuna e meritoria.
Alleghiamo in calce alcuni minimi riferimenti per approfondire la conoscenza e collegarsi ai comitati esistenti e alle altre iniziative pregresse ed in corso.
*
Carissime e carissimi,
scusandoci se questa lettera non fosse gradita, e ringraziandovi fin d'ora per quanto vorrete eventualmente fare, a tutte e tutti un cordiale saluto dal
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 23 giugno 2021
Mittente: "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile ricevere gratuitamente abbonandosi attraverso il sito www.peacelink.it
* * *
Una minima notizia su Leonard Peltier
Leonard Peltier e' nato a Grand Forks, nel North Dakota, il 12 settembre 1944; attivista dell'American Indian Movement che si batte per i diritti umani dei nativi americani, nel 1977 fu condannato a due ergastoli in un processo-farsa sulla base di presunte prove e presunte testimonianze successivamente dimostratesi artefatte, inattendibili, revocate e ritrattate dagli stessi ostensori. Da allora e' ancora detenuto, sebbene la sua innocenza sia ormai palesemente riconosciuta. Di seguito riportiamo una breve nota di presentazione di un suo libro edito in Italia nel 2005: "Accusato ingiustamente dal governo americano – ricorrendo a strumenti legali, paralegali e illegali – dell'omicidio di due agenti dell'FBI nel 1975 (un breve resoconto tecnico della farsa giudiziaria e' affidato all'ex ministro della giustizia degli Stati Uniti Ramsley Clark, autore della prefazione), Peltier, al tempo uno dei leader di spicco dell'American Indian Movement (AIM), marcisce in condizioni disumane in una prigione di massima sicurezza da quasi trent'anni. Nonostante la sua innocenza sia ormai unanimemente sostenuta dall'opinione pubblica mondiale, nonostante una campagna internazionale in suo favore che ha coinvolto il Dalai Lama, Nelson Mandela, il subcomandante Marcos, Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Robert Redford (che sulla vicenda di Peltier ha prodotto il documentario Incident at Oglala), Oliver Stone, Howard Zinn, Peter Matthiessen, il Parlamento europeo e Amnesty International, per il governo americano il caso del prigioniero 89637-132 e' chiuso. Non sorprende dunque che Peltier sia divenuto un simbolo dell'oppressione di tutti i popoli indigeni del mondo e che la sua vicenda abbia ispirato libri (Nello spirito di Cavallo Pazzo di Peter Matthiessen), film (Cuore di tuono di Michael Apted, per esempio) e canzoni (i Rage Against the Machine hanno dedicato a lui la canzone Freedom). In parte lucidissimo manifesto politico, in parte toccante memoir, questa e' la straordinaria storia della sua vita, raccontata per la prima volta da Peltier in persona. Una meravigliosa testimonianza spirituale e filosofica che rivela un modo di concepire la vita, ma soprattutto la politica, che trascende la dialettica tradizionale occidentale e i suoi schemi (amico-nemico, destra-sinistra e cosi' via): i nativi la chiamano la danza del sole" (dalla scheda di presentazione del libro di Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, 2005, nel sito della casa editrice: fazieditore.it).
Opere di Leonard Peltier: La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, 2005.
Opere su Leonard Peltier: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, 1994; Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano, Erre Emme, 1996.
Il sito dell'"International Leonard Peltier Defense Committee": www.whoisleonardpeltier.info
Alcuni altri libri utili per approfondire: Alce Nero, La sacra pipa, Rusconi, Milano 1986, 1993; Bruno Bouchet (a cura di), Wovoka. Il messaggio rivoluzionario dei nativi americani, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1982; Dee Brown, Seppellite il mio cuore a Wounded Knee, Mondadori, Milano 1972, 1977; Vine Deloria jr., Custer e' morto per i vostri peccati, Jaca Book, Milano 1972, 1977; Raymond J. DeMaille (a cura di), Il sesto antenato. I testi originali egli insegnamenti di Alce Nero, Xenia, Milano 1996; Charles Hamilton (a cura di), Sul sentiero di guerra. Scritti e testimonianza degli indiani d'America, Feltrinelli, Milano 1956, 1960; Diana Hansen (a cura di), Indiani d'America. Identita' e memoria collettiva nei documenti della nuova resistenza indiana, Savelli, Roma 1977; Philippe Jacquin, Storia degli indiani d'America, Mondadori, Milano 1977; Franco Meli (a cura di), Parole nel sangue. Poesia indiana americana contemporanea, Mondadori, Milano 1991; Messaggio degli Irochesi al mondo occidentale. Per un risveglio della coscienza, la Fiaccola, Ragusa 1986, 1989; Nando Minnella, Pascoli d'asfalto. Poesia & cultura degli indiani d'America, Rossi e Spera Editori, Roma 1987; Nando Minnella, Michele Morieri, Indiani oggi. La Resistenza indiana oggi: documenti e testimonianze, Gammalibri, Milano 1981; John G. Neihardt, Alce Nero parla, Adelphi, Milano 1968, Mondadori, Milano 1973, 1977; William W. Newcomb jr., Gli indiani del Nord-America, Il Bagatto, Roma 1985; Scritti e racconti degli indiani americani, raccolti da Shirley Hill Witt e Stan Steiner, Jaca Book, Milano 1974, 1992; Stan Steiner, Uomo bianco scomparirai, Jaca Book, Milano 1977, 1994.
2. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
3. MAESTRI. RICORDANDO STEFANO RODOTA'
Ricorrendo il quarto anniversario della scomparsa di Stefano Rodota', riproponiamo di seguito il ricordo che pubblicammo un anno fa.
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Il 23 giugno 2017 moriva Stefano Rodota'. Un maestro di sapienza e saggezza, d'impegno politico, di umanita'.
Anche per noi, ultimi tra gli ultimi, e' stato un punto di riferimento.
Ricordandone ancora una volta il magistero intellettuale, morale e civile, ricordiamo anche - con commozione e gratitudine - le occasioni in cui l'illustre giurista contribui' ad iniziative promosse dal nostro centro nonviolento: il suo autorevole sostegno resta un dono indimenticabile e una ragione in piu' per proseguire nell'impegno in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
Anche nel ricordo di Stefano Rodota' continuiamo nell'impegno nonviolento per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera.
Anche nel ricordo di Stefano Rodota' continuiamo nell'impegno contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
*
Continuiamo qui e adesso nell'impegno per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani, semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro.
Continuiamo qui e adesso nell'impegno per abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia.
Continuiamo qui e adesso nell'impegno per abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
Continuiamo qui e adesso nell'impegno per formare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Continuiamo qui e adesso nell'impegno per la pace, il disarmo e la smilitarizzazione.
Continuiamo qui e adesso nell'impegno per soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Continuiamo qui e adesso nell'impegno per la condivisione del bene e dei beni fra tutti gli esseri umani: siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
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Una minima notizia su Stefano Rodota'
Stefano Rodota' e' nato a Cosenza nel 1933 ed e' deceduto a Roma nel 2017; giurista, docente all'Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza" (ha inoltre tenuto corsi e seminari nelle Universita' di Parigi, Francoforte, Strasburgo, Edimburgo, Barcellona, Lima, Caracas, Rio de Janeiro, Citta' del Messico, ed e' stato Visiting fellow, presso l'All Souls College dell'Universita' di Oxford e Professor alla Stanford School of Law, California), direttore delle riviste "Politica del diritto" e "Rivista critica del diritto privato", deputato al Parlamento dal 1979 al 1994, autorevole membro di prestigiosi comitati internazionali sulla bioetica e la societa' dell'informazione, dal 1997 al 2005 e' stato presidente dell'Autorita' garante per la protezione dei dati personali.
Tra le opere di Stefano Rodota': Il problema della responsabilita' civile, Giuffre', Milano 1964; Il diritto privato nella societa' moderna, Il Mulino, Bologna 1971; Elaboratori elettronici e controllo sociale, Il Mulino, Bologna 1973; (a cura di), Il controllo sociale delle attivita' private, Il Mulino, Bologna 1977; Il terribile diritto. Studi sulla proprieta' privata, Il Mulino, Bologna 1981; Repertorio di fine secolo, Laterza, Roma-Bari, 1992; (a cura di), Questioni di Bioetica, Laterza, Roma-Bari, 1993, 1997; Quale Stato, Sisifo, Roma 1994; Tecnologie e diritti, Il Mulino, Bologna 1995; Tecnopolitica. La democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, Laterza, Roma-Bari, 1997; Liberta' e diritti in Italia, Donzelli, Roma 1997. Alle origini della Costituzione, Il Mulino, Bologna, Il Mulino, 1998; Intervista su privacy e liberta', Laterza, Roma-Bari 2005; La vita e le regole, Feltrinelli, Milano 2006, 2009; Ideologie e tecniche della riforma del diritto civile, Editoriale scientifica, Napoli 2007; Dal soggetto alla persona, Editoriale scientifica, Napoli 2007; Perche' laico, Laterza, Roma-Bari 2009; Elogio del moralismo, Laterza, Roma-Bari 2011; Il diritto di avere diritti, Laterza, Roma-Bari 2012; La rivoluzione della dignita', La scuola di Pitagora, 2013; Il mondo nella rete. Quali i diritti, quali i vincoli, Laterza, Roma-Bari 2014; Diritto d'amore, Laterza, Roma-Bari 2014; Solidarieta'. Un'utopia necessaria, Laterza, Roma-Bari 2014; Democrazia e Costituzione, Castelvecchi, Roma 2016; Diritto e giustizia. Interroghiamo la Costituzione, La scuola di Pitagora, 2016; Vivere la democrazia, Laterza, Roma-Bari 2018.
4. MAESTRI. STEFANO RODOTA': PIERO CALAMANDREI
[Riproponiamo dal Dizionario biografico degli italiani, Vol. 16 (1973), nel sito www.treccani.it]
Piero Calamandrei nacque a Firenze il 21 aprile 1889 da Rodolfo e Laudomia Pimpinelli. La sua educazione si svolse quieta e severa, in un ambiente in cui le idealita' mazziniane del padre, professore di diritto commerciale e deputato repubblicano dal 1906 al 1908, non solo contribuirono alla formazione di un rigoroso costume morale, ma sollecitarono probabilmente quella inclinazione alla "bonta'" che quanti lo avvicinarono hanno sempre voluto mettere in evidenza. E i primi scritti del C. sono di letteratura infantile, versi e favole pubblicati tra il 1910 e il 1912 su Il giornalino della domenica, il Corriere dei piccoli, Primavera, e piu' tardi raccolti in due volumi, La burla di primavera (Firenze 1920), I poemetti della bonta' (ibid. 1925).
Il tempo degli "svaghi poetici" passo' presto. Seguendo la tradizione familiare, il giovane C. intraprese gli studi giuridici e vi si dedico' con impegno esclusivo nell'universita' di Pisa, sotto la guida di Carlo Lessona, con il quale discusse nel 1912 una tesi di laurea sulla chiamata in garanzia. Questo sara' il tema dei suoi primi lavori giuridici: una nota, pubblicata nel 1912 su Il Foro italiano, dal titolo Chiamata in garantia e giurisdizione arbitrale; e il volume La chiamata in garantia (Milano 1913), un'opera di grande impegno e serieta', ma abbastanza lontana dai caratteri che saranno ben presto tipici del lavoro scientifico del Calamandrei. In quegli anni, infatti, matura la svolta determinante per tutta la successiva attivita' dello studioso. Recatosi a Roma per perfezionarsi negli studi di diritto processuale civile sotto la guida di G. Chiovenda, che gia' aveva intrapreso la sua grande opera di rifondazione scientifica di quella disciplina, il C. fu ben presto conquistato dall'insegnamento del maestro, di cui, da allora in poi, volle professarsi e fu discepolo. I segni del nuovo orientamento sono ben presto evidenti nell'importante saggio su La genesi logica della sentenza civile (Firenze 1914). E, l'anno successivo, il C. divenne professore titolare della cattedra di diritto processuale civile nell'universita' di Messina.
Sopravvenuta la guerra, il C. si arruolo' volontario, da null'altro spinto che da un generico interventismo. Negli anni del conflitto, tuttavia, cominciarono a manifestarsi concretamente quegli atteggiamenti che avrebbero piu' tardi dato il tono alla sua attivita' pubblica. Egli, infatti, non fu soltanto il valoroso combattente, che aveva iniziato il conflitto con il grado di sottotenente e l'aveva terminato con il grado di capitano e la decorazione della croce di guerra, uno dei primi soldati italiani a entrare a Trento il 3 novembre 1919: e' anche l'ufficiale che, in uno dei tanti terribili processi di guerra, volle prendere le difese di otto soldati accusati di aver abbandonato il loro posto e riusci' ad evitar loro le pesanti conseguenze di quell'accusa.
Dopo la fine della guerra il C. torna all'insegnamento universitario, passando all'universita' di Modena nel 1918, e riprende il lavoro scientifico, che dara' un frutto tanto significativo con i due volumi su La Cassazione civile (Torino 1920). L'opera, monumentale nell'impianto e nello svolgimento, ha un dichiarato fine di politica del diritto: contribuire al superamento del sistema delle cinque corti di cassazione regionali, sostituendo loro una corte unica, capace di vegliare effettivamente sull'uniforme applicazione della legge. Il disegno politico avra' ben presto successo, ed e' rivelatore tanto della ispirazione del C., quanto delle vie che egli sceglie per concretarla. Appare chiara la sua predilezione per le imprese di riforma, rispetto a quelle di applicazione e commento; cosi' come sono evidenti la costante ricerca di strumenti capaci di assicurare la supremazia ai valori della legalita' e della certezza del diritto, la preoccupazione continua di costruire un quadro istituzionale nel quale sia possibile salvaguardare un "diritto perpetuamente in pericolo".
Negli scritti del C. il diritto processuale civile, una delle tante discipline in cui il trionfante formalismo celebrava ormai i suoi fasti, ritrova i suoi nessi con i problemi reali, le piu' ardue costruzioni teoriche vengono puntualmente ricondotte alle loro reali matrici ideologiche. Cio' corrisponde al programma scientifico del C.: "spiegare qual e' la funzione utile del diritto nella societa'", senza mai ritenere che "le teorie abbiano un valore per se'": che e', d'altra parte, la via per ritrovare quale sia il reale interlocutore del processualista, cioe' il cittadino con i suoi diritti.
In questo quadro deve essere spiegata l'adesione convinta e totale alle teorie chiovendiane, che segnavano una rottura netta con la visione liberale del processo, considerato un luogo dove trovavano realizzazione unicamente i diritti delle parti interessate, alle quali doveva conseguentemente essere riservata la disponibilita' assoluta degli strumenti processuali.
Al sistema del codice del 1865, individualista e liberale, Chiovenda tendeva a sostituire "un sistema nettamente orientato su principi pubblicistici e in un certo senso autoritari" (come ha scritto lo stesso C.), con l'attribuzione di larghi poteri al giudice volti anche a realizzare interessi generali. Di questo autoritarismo, implicito nella teoria da lui stesso accolta, il C. era dunque ben consapevole: e tuttavia egli nego' sempre che cio' potesse portare a una assimilazione con teoriche radicalmente stataliste, rappresentando la linea chiovendiana piuttosto una terza via tra queste ultime e il sistema liberale. Giustificata o no, che fosse questa interpretazione, e' certo che il processo liberale non puo' essere riguardato come un astratto luogo in cui pacificamente trovavano componimento i conflitti di parti egualmente capaci di utilizzare gli strumenti posti a loro disposizione: la reale disparita' di forze dei litiganti, dalla quale da tempo muovevano le critiche socialiste a quel sistema, richiedeva che al giudice fosse attribuita anche una funzione riequilibratrice, proprio nell'interesse di una decisione "giusta". Alla rottura degli schemi liberali, allora, deve guardarsi proprio come ad un tentativo di porre rimedio ai difetti di un sistema che aveva largamente mostrato di non saper rispondere alle reali domande provenienti dall'organizzazione sociale.
Questa piu' diretta e convinta attenzione per la "funzione utile" del diritto e' ben visibile in tutta l'opera del C. e puo' dar l'impressione, unita com'e' con una minore compiacenza per i formalismi, che questa abbia uno spessore teorico minore di quella di altri contemporanei. Senza voler qui discutere che cosa sia buona o cattiva "teoria", il vero problema e' quello del contributo del C. alla scienza del processo civile, una volta accertato il suo operare nel solco tracciato dal Chiovenda. Ma qui vale l'avvertenza data all'inizio: l'essere, cioe', il significato piu' profondo del lavoro del C. nella sua capacita' di arricchire e recuperare a una dimensione culturale un discorso che, altrimenti, rischia di inaridirsi e di perdere ogni senso in ingannevoli labirinti tecnici.
Una volta imboccata questa strada, era quasi naturale che il C. considerasse in modo particolare il ruolo e gli atteggiamenti concreti degli "operatori" processuali, giudici e avvocati, e si avvicinasse alla politica senza aggettivi. I primi segni sono l'incontro, nel 1919, con Gaetano Salvemini e la collaborazione a L'Unita' con due articoli; e, nel 1920, la partecipazione alla fondazione del fiorentino Circolo di cultura. Intanto si era sposato con Ada Cocchi, da cui ebbe un figlio, Franco, per il quale egli torno' alla consuetudine degli scritti per l'infanzia, che apparvero tra il 1918 e il 1922 su vari giornali e riviste e vennero poi raccolti nel volume Colloqui con Franco (Firenze 1923). Quest'ultimo appare nelle edizioni della Voce, a cui il C. aveva gia' affidato nel 1921 la pubblicazione di Troppi avvocati! Lo studio teorico del processo si intreccia cosi' con l'attenzione per i problemi dell'organizzazione professionale degli avvocati e della preparazione giuridica nelle universita': in collaborazione con Giorgio Pasquali appare L'universita' di domani (Foligno 1923), in cui il C. formula appunto tutta una serie di proposte per la riforma delle facolta' di giurisprudenza.
Ma il problema dell'amministrazione della giustizia non e' solo nell'organizzazione corporativa e nella preparazione professionale. E il nodo politico viene affrontato con il discorso su Governo e magistratura, letto il 13 novembre 1921 nell'universita' di Siena, alla quale era passato come professore ordinario nel 1920.
In questo discorso, la denuncia delle indebite ingerenze dell'esecutivo nell'attivita' giudiziaria e' netta e il quadro del reale funzionamento dell'amministrazione della giustizia e' assai piu' rigoroso e convincente di quello che risulta da scritti successivi, assistiti da una vena letteraria e aneddotica fin troppo ricca (primo tra tutti, il celebratissimo Elogio dei giudici scritto da un avvocato, pubblicato per la prima volta a Firenze nel 1935 e poi ampliato e accresciuto fino alla terza edizione del 1955; nello stesso filone sono i "due dialoghi", pubblicati nel 1941, Delle buone relazioni tra i giudici e gli avvocati nel nuovo processo civile).
Il progressivo ampliarsi della sfera di interessi e' ben visibile in altri scritti di quegli anni: dal bel saggio sul Significato costituzionale delle giurisdizioni di equita' (Modena 1921) all'analisi de Il programma di politica giudiziaria dei socialisti tedeschi, ai due scritti per la Rheinische Zeitschrift fur Zivil- und Prozessrecht sulle Zivilprozessreformen in Italien (1922, 1923).
Sono ormai gli anni del fascismo, che impone agli studiosi "appartati nelle biblioteche" di "alzare la testa dai libri" e di "affacciarsi alle finestre". La scoperta della politica da parte del C. e' ormai completa, e i fatti lo spingono ogni giorno di piu' in primo piano. Il 31 dicembre 1924 il Circolo di cultura e molti studi di avvocati vengono devastati dai fascisti: il C. interviene, protesta, firma manifesti. Assume la difesa di G. Salvemini, e' uno dei componenti del consiglio direttivo dell'Unione nazionale di G. Amendola, firma il Manifesto degli intellettuali antifascisti di B. Croce. Dopo il delitto Matteotti aderisce alla societa' "Italia libera", ed e' in stretti rapporti con il gruppo antifascista fiorentino del Non mollare, al quale appartenevano, tra gli altri, G. Salvemini, E. Rossi, i fratelli Rosselli, N. Traquandi.
Questa breve e intensa stagione politica e' presto spenta dal consolidarsi del regime. Si apre cosi' per il C. un lungo periodo tutto dedicato agli studi, all'esercizio dell'avvocatura, all'insegnamento universitario in quell'ateneo fiorentino al quale era giunto nel 1924, collaborando alla sua fondazione. Gli scritti giuridici sono sempre piu' numerosi: dal 1930 comincia a raccoglierli nei volumi degli Studi sul processo civile, di cui appaiono immediatamente i primi due (Padova 1930) e ai quali seguono il terzo (ibid. 1934) ed il quarto (ibid. 1939); il quinto sara' pubblicato nel 1947 e il sesto apparira' postumo nel 1957. Ai corsi litografati delle lezioni universitarie si affiancano diversi studi specifici: Il procedimento monitorio nella legislazione italiana (Milano 1926), Linee fondamentali del processo civile inquisitorio (Padova 1927), Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari (Padova 11936); e, nel 1939 (Padova), i due importanti saggi su La relativita' del concetto di azione e Il giudice e lo storico.
Riprendono vigore i mai sopiti interessi letterari: al gia' citato Elogio segue, nel 1941, l'Inventario della casa di campagna (II ediz. ampliata, Roma 1945), forse la sua opera letteraria piu' profonda e sorvegliata. A far da ponte, su un crinale dove il diritto si fa pretesto letterario, stanno le esercitazioni eleganti sulla Crisi degli avvocati a Venezia dopo la scoperta dell'America (Padova 1938) e la prefazione a una operetta cinquecentesca di F. Sansovino, L'avvocato e il segretario (1942). Non fu il C. il solo giurista a trovare in quegli anni qualche consolazione in ozi letterari; ma per lui si apri' anche, con la pubblicazione di uno studio su Un contratto di edizione di Benvenuto Cellini (Roma 1930), un nuovo campo di interessi, che lo porto' ad aggiungere alle sue tante facce di studioso anche quella di indagatore celliniano (i vari contributi sono ora raccolti in Scritti e inediti celliniani, Firenze 1971).
Nel settore giuridico, poi, il C. svolse una benemerita opera di organizzatore culturale, fondando nel 1924 la Rivista di diritto processuale civile (di cui sara' prima redattore-capo e poi direttore, insieme con G. Chiovenda e F. Carnelutti), nel 1926 Il Foro toscano (con E. Finzi, S. Lessona, G. Paoli) e nel 1932 la collana di "Studi sul processo civile", che dirigera' fino al 1942.
Al pari di molti altri giuristi, l'unica attivita' pubblica del C. fu in quegli anni la partecipazione ai lavori di riforma della codificazione: e puo' certo dirsi che il suo contributo al nuovo codice di procedura civile del 1942 fu notevole.
Sulle ragioni di questa partecipazione, per lui e per gli altri, si discute ancora con molta cautela. Certamente, per il C. non puo' valere la spiegazione puramente "tecnica" avanzata per giustificare il lavoro di molti altri: sappiamo che egli era stato sempre ben consapevole delle implicazioni politiche del lavoro "tecnico" del giurista. Dovrebbe, quindi, valere un'altra spiegazione: la partecipazione di alcuni giuristi fu il modo attraverso il quale si riusci' a spuntare (o a limare) gli aculei ideologici della piu' ambiziosa opera legislativa concepita dal regime fascista. Il C. considero' appunto il lavoro di codificazione come un compimento, sia pure parziale, del disegno chiovendiano: e si sforzo' di dimostrarlo nel primo volume delle Istituzioni di diritto processuale civile secondo il nuovo codice (Padova 1941), anche con una copia di riferimenti alla dottrina corporativa che oggi riescono, a dir poco, fastidiosi. Ad ogni modo, se allo stato attuale delle ricerche la spiegazione fondata sulla volonta' di resistenza all'interno del "sistema" puo' ancora apparire plausibile, non lo e' invece quella che, attribuendo alla partecipazione del C. un significato diverso da quella di altri accademici, la intende come una sorta di resa della scienza "ufficiale" del fascismo, incapace di portare da sola a compimento l'impresa di riforma del codice e quindi costretta a ricorrere agli uffici di chi aveva fino ad allora ignorato o isolato.
Il precipitare degli avvenimenti in Europa aveva assai acuito la gia' vivissima sensibilita' del C. per i problemi della legalita' e della certezza del diritto. E cio' appare chiaramente non tanto dallo scritto ben noto su La certezza del diritto e le responsabilita' della dottrina (1942; in Studi, V, pp. 91-111), recensione entusiasta di uno scritto di Flavio Lopez de Onate; quanto piuttosto dalle rassegne sulle tendenze del diritto processuale tedesco, pubblicate a partire dal 1938 sulla Rivista di diritto processuale civile.
Questo guardare polemicamente alle vicende della Germania nazista non fu solo del C.: romanisti, civilisti, penalisti denunciarono la progressiva perversione di quell'ordinamento, con toni tanto piu' vivaci quanto piu' cresceva il disagio di dover accettare meno violente, ma non meno insidiose, rotture della legalita' in casa nostra. A rileggerli oggi, quegli scritti sono un po' lo specchio della cattiva coscienza di molti tra i migliori giuristi italiani di quegli anni (oppure estreme e ingenue "lettere persiane"?). Comunque, il C. seppe cogliere in modo netto, a differenza di altri, le ragioni vere e reali del disfacimento della giustizia nella Germania nazista: non le debolezze di un ceto di giuristi traviato da cattive dottrine, ma la brutale trasformazione della magistratura in una polizia politica al servizio del regime.
Nel 1941 il C. aderi' al movimento di "Giustizia e liberta'" e nel 1942 fu tra i fondatori del Partito d'azione. All'indomani della caduta del fascismo, il 26 luglio 1943, divenne rettore dell'universita' di Firenze e lo fu fino all'8 settembre, quando, colpito da mandato di cattura, fu costretto a rifugiarsi in Umbria. Liberata Firenze, riassunse le funzioni di rettore, che mantenne fino al 1947.
Si apre cosi' il periodo piu' intenso e appassionato della sua vita, al quale si era spiritualmente preparato rimeditando Beccaria e Ruffini, per le cui riedizioni (rispettivamente del 1945 e del 1946) dettera' ispirate introduzioni. La pubblicazione, nel 1944, della seconda parte delle Istituzioni segna il congedo dal genere letterario accademico, mentre nasce lo "scrittore politico". In questa nuova attivita', che copre gli anni dal 1944 al 1956 e i cui contributi sono ora raccolti nei tre volumi degli Scritti e discorsi politici (Firenze 1966), Norberto Bobbio ha lucidamente distinto "quattro tempi che corrispondono a quattro momenti diversi, abbastanza bene caratterizzati, di una battaglia politica senza soste".
Il primo tempo va dalla liberazione di Firenze (agosto 1944) alla proclamazione della Repubblica (giugno 1946). Il C. lo vive come consultore nazionale, battendosi per la tesi della continuita' costituzionale dello Stato italiano e per il primato del governo dei Comitati di liberazione nazionale, prima; e poi sostenendo la tesi della piena sovranita' dell'Assemblea costituente. Quando si profilo' l'intenzione di Umberto di Savoia di ricorrere al referendum istituzionale, il C. pronuncio' l'8 marzo 1946, a nome del Partito d'azione, un vivacissimo discorso di opposizione. Nel 1945, intanto, aveva fondato la rivista Il Ponte, che rappresentera' lo strumento piu' incisivo della sua battaglia civile.
Eletto alla Costituente in rappresentanza del Partito d'azione, il C. vive il secondo, febbrile tempo della sua nuova esperienza politica, partecipando attivamente ai lavori di preparazione della Costituzione come membro della Commissione dei 75 e come relatore sull'ordinamento della magistratura e sulla Corte costituzionale.
Nella sua attivita' di costituente si intrecciano motivi diversi: dalla speranza in un nuovo ordinamento dei "diritti sociali", che riprendeva motivi gia' ben presenti nella sua opera e che era stata rafforzata proprio curando l'introduzione della ristampa dei Diritti di liberta' di F. Ruffini; alla preoccupazione per la stabilita' dell'esecutivo; all'azione decisa per l'indipendenza della magistratura e per l'introduzione della Corte costituzionale (l'istituzione a cui piu' si sarebbe riferito negli ultimi anni della sua vita, ma che in sede costituente volle circoscritta da una rigida disciplina, come dimostra la sua opposizione a norme che prevedessero la possibilita' di un ricorso diretto dei cittadini alla Corte); alla opposizione per la inclusione dei Patti lateranensi nella Costituzione, manifestata con un duro discorso in Assemblea il 20 marzo 1947.
Sciolto il Partito d'azione, entro' a far parte del gruppo Azione socialista Giustizia e Liberta', poi confluito nell'Unione dei socialisti insieme con un gruppo guidato da I. Silone. Per le elezioni del 1948 venne formato con il P.S.L.I. un raggruppamento elettorale, Unita' socialista, nelle cui liste il C. fu eletto alla Camera dei deputati. In questo terzo tempo cadono le speranze del C., che denuncia la nascita di un nuovo regime e propone il tema della "Costituzione inattuata".
I momenti piu' significativi della sua azione parlamentare sono il voto contro il Patto atlantico e la battaglia contro la legge elettorale maggioritaria del 1953, posizioni assunte anche in contrasto con gli orientamenti del proprio partito. Reagendo a prassi ritenute intollerabili dell'azione di governo, accentua la sua visione morale della lotta politica, che lo induce a considerare con insofferenza sempre maggiore le regole del gioco proposte dai partiti ufficiali.
E' prima nel P.S.U., nato dalla confluenza della Unione dei socialisti e dei gruppi di Romita e Mondolfo; poi, nel 1951, e' nel P.S.D.I., il nuovo partito sorto dalla fusione del P.S.L.I. e del P.S.U. In contrasto con il P.S.D.I., per la legge elettorale, esce dal partito e costituisce il raggruppamento di Unita' popolare insieme con Parri, Jemolo e altri. Alle elezioni del 7 giugno 1953, nessuno dei candidati di Unita' popolare fu eletto, ma il numero di voti raccolti dalla lista contribui' a impedire il funzionamento del meccanismo elettorale della legge maggioritaria.
Questo successo restitui' una certa fiducia al C., che, proseguendo nella sua battaglia per l'attuazione della Costituzione, vide un buon auspicio nella realizzazione, nel 1955, della Corte costituzionale.
E il C. partecipo', come avvocato, alla prima udienza della Corte, sostenendo la tesi, poi accolta, della sindacabilita' delle leggi anteriori alla entrata in vigore della Costituzione: uno degli ultimi atti di un'attivita' forense che aveva sposato le ragioni della difesa in tutti i maggiori processi in cui erano state in questione le liberta' civili, da quello contro D. Dolci a quello ai giornalisti Renzi e Aristarco.
L'attivita' di politico e di avvocato fu sempre sostenuta da una intensissima attivita' di scrittore. Tra le varie imprese per tal via portate a compimento debbono essere ricordate almeno il Commentario sistematico della Costituzione (2 voll., Firenze 1950), realizzato assieme ad Alessandro Levi e a una nutrita schiera di collaboratori, opera che rimane anche come una curiosa testimonianza dell'arretratezza della cultura giuridica italiana, visibile nel contrasto tra le aperture contenute nell'introduzione del C. e le ottuse resistenze di alcuni commentatori; e la raccolta di conferenze pubbliche con il titolo Processo e democrazia (Firenze 1954). La fede nella Costituzione, di cui pure aveva cosi' lucidamente visto i limiti quando lavorava per essa nell'Assemblea costituente, gli fece forse talvolta velo, e lo indusse a guardare all'attuazione costituzionale come a un rimedio che avrebbe guarito tutti i mali d'Italia. Egli pero' ben sapeva che non bastavano le leggi ad attuare la Costituzione, perche' era necessario ritrovare il diverso spirito che, nel 1944, lo aveva convinto che l'Italia fosse entrata in un periodo rivoluzionario. A celebrare quel diverso spirito, perche' non si smarrisse il ricordo della lotta contro nazisti e fascisti in cui era nato, il C. si dedico' con rievocazioni di fatti ed epigrafi, poi raccolte nel volume Uomini e citta' della Resistenza (Bari 1955), nel quale con alta retorica vuole essere il vate della nuova Italia nata dalle lotte per la Liberazione.
Il C. mori' a Firenze il 27 settembre 1956.
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Opere: presso la casa editrice La Nuova Italia sono in corso di pubblicazione le Opere politiche e letterarie del C.; sono invece gia' apparsi due dei tre volumi degli Scritti e discorsi politici, a cura di N. Bobbio, Firenze 1966, e gli Scritti inediti celliniani a cura di C. Cordie', ibid. 1971; le Opere giuridiche sono invece pubblicate dall'editore Morano di Napoli (gia' usciti i primi quattro volumi, 1966, 1968, 1970).
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Fonti e bibliografia: Lettere a due amici torinesi, a cura di C. Galante Garrone, in Il Ponte, XXIII (1967), pp. 1099-1140; Addio a P. C., ibid., XII (1956), pp. 1640-1662; M. Cappelletti, In mem. di P. C. (1906-1956), Padova 1957; numero speciale dedicato al C., de Il Ponte, XIV (1958), suppl. al n. 11; A. Mondolfo - M. Cappelletti, Bibliografia degli scritti di P. C., Firenze 1960; B. Rizzi, Il centro di collegamento presso il XXIX Corpo d'Armata sul fronte trentino e l'opera di P. C., in Boll. del Museo trentino del Risorgimento, 1960, 4, pp. 4-13; N. Bobbio, introd. al I volume degli Scritti e discorsi politici di P.C., Firenze 1966, pp. I-LX; M. Cappelletti, introduzione al I volume delle Opere giuridiche, Napoli 1966; E. Enriques Agnoletti, C.: la Riforma d'Italia, in Il Ponte, XXII (1966), pp. 1036-1147; P. Caleffi, C., in Critica sociale, LVIII (1966), pp. 646 s.; A. Seroni, P. C.: una voce viva nella cultura del primo ventennio repubblicano, in Critica marxista, XXIII (1967), pp. 117-138; M. Cappelletti, C. giurista, in Il Ponte, XXIII (1967), pp. 1141-1116; C. Mortati, introd. al II vol. delle Opere giuridiche, Napoli 1968; E. T. Liebmann, introd. al III vol., ibid. 1970; Enc. Ital., App. II, 1, p. 478; III, 1, p. 281.
5. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Zygmunt Bauman, A tutto campo. L'amore, il destino, la memoria e altre umanita'. Conversazioni con Peter Haffner, Laterza, Roma-Bari 2021, pp. XII + 156, euro 18.
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Riletture
- Danilo Dolci, Il potere e l'acqua. Scritti inediti, Melampo, Milano 2010, pp. 102.
6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
7. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4145 del 24 giugno 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
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Numero 4145 del 24 giugno 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Una proposta ad alcune persone ed associazioni impegnate per i diritti umani di tutti gli esseri umani
2. Ripetiamo ancora una volta...
3. Ricordando Stefano Rodota'
4. Stefano Rodota': Piero Calamandrei
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'
1. INIZIATIVE. UNA PROPOSTA AD ALCUNE PERSONE ED ASSOCIAZIONI IMPEGNATE PER I DIRITTI UMANI DI TUTTI GLI ESSERI UMANI
Carissime e carissimi,
vorremmo pregarvi di scrivere al Presidente del Parlamento Europeo per sollecitare un'iniziativa dell'istituzione da lui presieduta per la liberazione di Leonard Peltier, attivista per i diritti umani dei nativi americani, perseguitato politico, dal 1977 detenuto nelle carceri statunitensi dopo un processo-farsa che lo ha condannato per crimini che non ha commesso.
*
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti:
a) indirizzo diretto del Presidente del Parlamento Europeo: president at ep.europa.eu;
b) alcuni indirizzi della segreteria del Presidente del Parlamento Europeo: lorenzo.mannelli at ep.europa.eu; armelle.douaud at ep.europa.eu; barbara.assi at ep.europa.eu; helene.aubeneau at ep.europa.eu; marco.canaparo at ep.europa.eu; fabrizia.panzetti at ep.europa.eu; michael.weiss at ep.europa.eu; luca.nitiffi at ep.europa.eu; matea.juretic at ep.europa.eu; francesco.miatto at ep.europa.eu; barbara.hostens at ep.europa.eu; monica.rawlinson at ep.europa.eu; beate.rambow at ep.europa.eu; laetitia.paquet at ep.europa.eu; nicola.censini at ep.europa.eu; arnaud.rehm at europarl.europa.eu; julien.rohaert at europarl.europa.eu; jose.roza at ep.europa.eu; roberto.cuillo at ep.europa.eu; silvia.cagnazzo at ep.europa.eu; eulalia.martinezdealosmoner at ep.europa.eu; iva.palmieri at europarl.europa.eu; tim.allan at ep.europa.eu; andrea.maceirascastro at ep.europa.eu; angelika.pentsi at ep.europa.eu;
Naturalmente sarebbe opportuno inviare copia della lettera anche ai mezzi d'informazione e alle altre persone, associazioni ed istituzioni che riterrete utile informare o invitare a prender parte all'iniziativa.
*
Ovviamente e' bene che le lettere siano brevi e cortesi.
Un minimo canovaccio potrebbe essere il seguente:
"Egregio Presidente del Parlamento Europeo,
vorremmo sollecitare Lei, e tramite Lei il Parlamento Europeo e con esso l'intera Unione Europea, ad una iniziativa umanitaria per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista per i diritti umani dei nativi americani, vittima di una spietata persecuzione politica, dal 1977 ingiustamente detenuto dopo un processo-farsa in cui gli sono stati attribuiti delitti che non ha commesso.
Confidando in un sollecito riscontro, distinti saluti,
firma, luogo e data, indirizzo del mittente"
*
Non c'e' bisogno di aggiungere che ogni altra iniziativa nonviolenta per la liberazione di Leonard Peltier (come di ogni altra persona ingiustamente detenuta) e' opportuna e meritoria.
Alleghiamo in calce alcuni minimi riferimenti per approfondire la conoscenza e collegarsi ai comitati esistenti e alle altre iniziative pregresse ed in corso.
*
Carissime e carissimi,
scusandoci se questa lettera non fosse gradita, e ringraziandovi fin d'ora per quanto vorrete eventualmente fare, a tutte e tutti un cordiale saluto dal
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 23 giugno 2021
Mittente: "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile ricevere gratuitamente abbonandosi attraverso il sito www.peacelink.it
* * *
Una minima notizia su Leonard Peltier
Leonard Peltier e' nato a Grand Forks, nel North Dakota, il 12 settembre 1944; attivista dell'American Indian Movement che si batte per i diritti umani dei nativi americani, nel 1977 fu condannato a due ergastoli in un processo-farsa sulla base di presunte prove e presunte testimonianze successivamente dimostratesi artefatte, inattendibili, revocate e ritrattate dagli stessi ostensori. Da allora e' ancora detenuto, sebbene la sua innocenza sia ormai palesemente riconosciuta. Di seguito riportiamo una breve nota di presentazione di un suo libro edito in Italia nel 2005: "Accusato ingiustamente dal governo americano – ricorrendo a strumenti legali, paralegali e illegali – dell'omicidio di due agenti dell'FBI nel 1975 (un breve resoconto tecnico della farsa giudiziaria e' affidato all'ex ministro della giustizia degli Stati Uniti Ramsley Clark, autore della prefazione), Peltier, al tempo uno dei leader di spicco dell'American Indian Movement (AIM), marcisce in condizioni disumane in una prigione di massima sicurezza da quasi trent'anni. Nonostante la sua innocenza sia ormai unanimemente sostenuta dall'opinione pubblica mondiale, nonostante una campagna internazionale in suo favore che ha coinvolto il Dalai Lama, Nelson Mandela, il subcomandante Marcos, Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Robert Redford (che sulla vicenda di Peltier ha prodotto il documentario Incident at Oglala), Oliver Stone, Howard Zinn, Peter Matthiessen, il Parlamento europeo e Amnesty International, per il governo americano il caso del prigioniero 89637-132 e' chiuso. Non sorprende dunque che Peltier sia divenuto un simbolo dell'oppressione di tutti i popoli indigeni del mondo e che la sua vicenda abbia ispirato libri (Nello spirito di Cavallo Pazzo di Peter Matthiessen), film (Cuore di tuono di Michael Apted, per esempio) e canzoni (i Rage Against the Machine hanno dedicato a lui la canzone Freedom). In parte lucidissimo manifesto politico, in parte toccante memoir, questa e' la straordinaria storia della sua vita, raccontata per la prima volta da Peltier in persona. Una meravigliosa testimonianza spirituale e filosofica che rivela un modo di concepire la vita, ma soprattutto la politica, che trascende la dialettica tradizionale occidentale e i suoi schemi (amico-nemico, destra-sinistra e cosi' via): i nativi la chiamano la danza del sole" (dalla scheda di presentazione del libro di Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, 2005, nel sito della casa editrice: fazieditore.it).
Opere di Leonard Peltier: La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, 2005.
Opere su Leonard Peltier: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, 1994; Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano, Erre Emme, 1996.
Il sito dell'"International Leonard Peltier Defense Committee": www.whoisleonardpeltier.info
Alcuni altri libri utili per approfondire: Alce Nero, La sacra pipa, Rusconi, Milano 1986, 1993; Bruno Bouchet (a cura di), Wovoka. Il messaggio rivoluzionario dei nativi americani, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1982; Dee Brown, Seppellite il mio cuore a Wounded Knee, Mondadori, Milano 1972, 1977; Vine Deloria jr., Custer e' morto per i vostri peccati, Jaca Book, Milano 1972, 1977; Raymond J. DeMaille (a cura di), Il sesto antenato. I testi originali egli insegnamenti di Alce Nero, Xenia, Milano 1996; Charles Hamilton (a cura di), Sul sentiero di guerra. Scritti e testimonianza degli indiani d'America, Feltrinelli, Milano 1956, 1960; Diana Hansen (a cura di), Indiani d'America. Identita' e memoria collettiva nei documenti della nuova resistenza indiana, Savelli, Roma 1977; Philippe Jacquin, Storia degli indiani d'America, Mondadori, Milano 1977; Franco Meli (a cura di), Parole nel sangue. Poesia indiana americana contemporanea, Mondadori, Milano 1991; Messaggio degli Irochesi al mondo occidentale. Per un risveglio della coscienza, la Fiaccola, Ragusa 1986, 1989; Nando Minnella, Pascoli d'asfalto. Poesia & cultura degli indiani d'America, Rossi e Spera Editori, Roma 1987; Nando Minnella, Michele Morieri, Indiani oggi. La Resistenza indiana oggi: documenti e testimonianze, Gammalibri, Milano 1981; John G. Neihardt, Alce Nero parla, Adelphi, Milano 1968, Mondadori, Milano 1973, 1977; William W. Newcomb jr., Gli indiani del Nord-America, Il Bagatto, Roma 1985; Scritti e racconti degli indiani americani, raccolti da Shirley Hill Witt e Stan Steiner, Jaca Book, Milano 1974, 1992; Stan Steiner, Uomo bianco scomparirai, Jaca Book, Milano 1977, 1994.
2. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
3. MAESTRI. RICORDANDO STEFANO RODOTA'
Ricorrendo il quarto anniversario della scomparsa di Stefano Rodota', riproponiamo di seguito il ricordo che pubblicammo un anno fa.
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Il 23 giugno 2017 moriva Stefano Rodota'. Un maestro di sapienza e saggezza, d'impegno politico, di umanita'.
Anche per noi, ultimi tra gli ultimi, e' stato un punto di riferimento.
Ricordandone ancora una volta il magistero intellettuale, morale e civile, ricordiamo anche - con commozione e gratitudine - le occasioni in cui l'illustre giurista contribui' ad iniziative promosse dal nostro centro nonviolento: il suo autorevole sostegno resta un dono indimenticabile e una ragione in piu' per proseguire nell'impegno in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
Anche nel ricordo di Stefano Rodota' continuiamo nell'impegno nonviolento per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera.
Anche nel ricordo di Stefano Rodota' continuiamo nell'impegno contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
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Continuiamo qui e adesso nell'impegno per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani, semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro.
Continuiamo qui e adesso nell'impegno per abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia.
Continuiamo qui e adesso nell'impegno per abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
Continuiamo qui e adesso nell'impegno per formare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Continuiamo qui e adesso nell'impegno per la pace, il disarmo e la smilitarizzazione.
Continuiamo qui e adesso nell'impegno per soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Continuiamo qui e adesso nell'impegno per la condivisione del bene e dei beni fra tutti gli esseri umani: siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
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Una minima notizia su Stefano Rodota'
Stefano Rodota' e' nato a Cosenza nel 1933 ed e' deceduto a Roma nel 2017; giurista, docente all'Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza" (ha inoltre tenuto corsi e seminari nelle Universita' di Parigi, Francoforte, Strasburgo, Edimburgo, Barcellona, Lima, Caracas, Rio de Janeiro, Citta' del Messico, ed e' stato Visiting fellow, presso l'All Souls College dell'Universita' di Oxford e Professor alla Stanford School of Law, California), direttore delle riviste "Politica del diritto" e "Rivista critica del diritto privato", deputato al Parlamento dal 1979 al 1994, autorevole membro di prestigiosi comitati internazionali sulla bioetica e la societa' dell'informazione, dal 1997 al 2005 e' stato presidente dell'Autorita' garante per la protezione dei dati personali.
Tra le opere di Stefano Rodota': Il problema della responsabilita' civile, Giuffre', Milano 1964; Il diritto privato nella societa' moderna, Il Mulino, Bologna 1971; Elaboratori elettronici e controllo sociale, Il Mulino, Bologna 1973; (a cura di), Il controllo sociale delle attivita' private, Il Mulino, Bologna 1977; Il terribile diritto. Studi sulla proprieta' privata, Il Mulino, Bologna 1981; Repertorio di fine secolo, Laterza, Roma-Bari, 1992; (a cura di), Questioni di Bioetica, Laterza, Roma-Bari, 1993, 1997; Quale Stato, Sisifo, Roma 1994; Tecnologie e diritti, Il Mulino, Bologna 1995; Tecnopolitica. La democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, Laterza, Roma-Bari, 1997; Liberta' e diritti in Italia, Donzelli, Roma 1997. Alle origini della Costituzione, Il Mulino, Bologna, Il Mulino, 1998; Intervista su privacy e liberta', Laterza, Roma-Bari 2005; La vita e le regole, Feltrinelli, Milano 2006, 2009; Ideologie e tecniche della riforma del diritto civile, Editoriale scientifica, Napoli 2007; Dal soggetto alla persona, Editoriale scientifica, Napoli 2007; Perche' laico, Laterza, Roma-Bari 2009; Elogio del moralismo, Laterza, Roma-Bari 2011; Il diritto di avere diritti, Laterza, Roma-Bari 2012; La rivoluzione della dignita', La scuola di Pitagora, 2013; Il mondo nella rete. Quali i diritti, quali i vincoli, Laterza, Roma-Bari 2014; Diritto d'amore, Laterza, Roma-Bari 2014; Solidarieta'. Un'utopia necessaria, Laterza, Roma-Bari 2014; Democrazia e Costituzione, Castelvecchi, Roma 2016; Diritto e giustizia. Interroghiamo la Costituzione, La scuola di Pitagora, 2016; Vivere la democrazia, Laterza, Roma-Bari 2018.
4. MAESTRI. STEFANO RODOTA': PIERO CALAMANDREI
[Riproponiamo dal Dizionario biografico degli italiani, Vol. 16 (1973), nel sito www.treccani.it]
Piero Calamandrei nacque a Firenze il 21 aprile 1889 da Rodolfo e Laudomia Pimpinelli. La sua educazione si svolse quieta e severa, in un ambiente in cui le idealita' mazziniane del padre, professore di diritto commerciale e deputato repubblicano dal 1906 al 1908, non solo contribuirono alla formazione di un rigoroso costume morale, ma sollecitarono probabilmente quella inclinazione alla "bonta'" che quanti lo avvicinarono hanno sempre voluto mettere in evidenza. E i primi scritti del C. sono di letteratura infantile, versi e favole pubblicati tra il 1910 e il 1912 su Il giornalino della domenica, il Corriere dei piccoli, Primavera, e piu' tardi raccolti in due volumi, La burla di primavera (Firenze 1920), I poemetti della bonta' (ibid. 1925).
Il tempo degli "svaghi poetici" passo' presto. Seguendo la tradizione familiare, il giovane C. intraprese gli studi giuridici e vi si dedico' con impegno esclusivo nell'universita' di Pisa, sotto la guida di Carlo Lessona, con il quale discusse nel 1912 una tesi di laurea sulla chiamata in garanzia. Questo sara' il tema dei suoi primi lavori giuridici: una nota, pubblicata nel 1912 su Il Foro italiano, dal titolo Chiamata in garantia e giurisdizione arbitrale; e il volume La chiamata in garantia (Milano 1913), un'opera di grande impegno e serieta', ma abbastanza lontana dai caratteri che saranno ben presto tipici del lavoro scientifico del Calamandrei. In quegli anni, infatti, matura la svolta determinante per tutta la successiva attivita' dello studioso. Recatosi a Roma per perfezionarsi negli studi di diritto processuale civile sotto la guida di G. Chiovenda, che gia' aveva intrapreso la sua grande opera di rifondazione scientifica di quella disciplina, il C. fu ben presto conquistato dall'insegnamento del maestro, di cui, da allora in poi, volle professarsi e fu discepolo. I segni del nuovo orientamento sono ben presto evidenti nell'importante saggio su La genesi logica della sentenza civile (Firenze 1914). E, l'anno successivo, il C. divenne professore titolare della cattedra di diritto processuale civile nell'universita' di Messina.
Sopravvenuta la guerra, il C. si arruolo' volontario, da null'altro spinto che da un generico interventismo. Negli anni del conflitto, tuttavia, cominciarono a manifestarsi concretamente quegli atteggiamenti che avrebbero piu' tardi dato il tono alla sua attivita' pubblica. Egli, infatti, non fu soltanto il valoroso combattente, che aveva iniziato il conflitto con il grado di sottotenente e l'aveva terminato con il grado di capitano e la decorazione della croce di guerra, uno dei primi soldati italiani a entrare a Trento il 3 novembre 1919: e' anche l'ufficiale che, in uno dei tanti terribili processi di guerra, volle prendere le difese di otto soldati accusati di aver abbandonato il loro posto e riusci' ad evitar loro le pesanti conseguenze di quell'accusa.
Dopo la fine della guerra il C. torna all'insegnamento universitario, passando all'universita' di Modena nel 1918, e riprende il lavoro scientifico, che dara' un frutto tanto significativo con i due volumi su La Cassazione civile (Torino 1920). L'opera, monumentale nell'impianto e nello svolgimento, ha un dichiarato fine di politica del diritto: contribuire al superamento del sistema delle cinque corti di cassazione regionali, sostituendo loro una corte unica, capace di vegliare effettivamente sull'uniforme applicazione della legge. Il disegno politico avra' ben presto successo, ed e' rivelatore tanto della ispirazione del C., quanto delle vie che egli sceglie per concretarla. Appare chiara la sua predilezione per le imprese di riforma, rispetto a quelle di applicazione e commento; cosi' come sono evidenti la costante ricerca di strumenti capaci di assicurare la supremazia ai valori della legalita' e della certezza del diritto, la preoccupazione continua di costruire un quadro istituzionale nel quale sia possibile salvaguardare un "diritto perpetuamente in pericolo".
Negli scritti del C. il diritto processuale civile, una delle tante discipline in cui il trionfante formalismo celebrava ormai i suoi fasti, ritrova i suoi nessi con i problemi reali, le piu' ardue costruzioni teoriche vengono puntualmente ricondotte alle loro reali matrici ideologiche. Cio' corrisponde al programma scientifico del C.: "spiegare qual e' la funzione utile del diritto nella societa'", senza mai ritenere che "le teorie abbiano un valore per se'": che e', d'altra parte, la via per ritrovare quale sia il reale interlocutore del processualista, cioe' il cittadino con i suoi diritti.
In questo quadro deve essere spiegata l'adesione convinta e totale alle teorie chiovendiane, che segnavano una rottura netta con la visione liberale del processo, considerato un luogo dove trovavano realizzazione unicamente i diritti delle parti interessate, alle quali doveva conseguentemente essere riservata la disponibilita' assoluta degli strumenti processuali.
Al sistema del codice del 1865, individualista e liberale, Chiovenda tendeva a sostituire "un sistema nettamente orientato su principi pubblicistici e in un certo senso autoritari" (come ha scritto lo stesso C.), con l'attribuzione di larghi poteri al giudice volti anche a realizzare interessi generali. Di questo autoritarismo, implicito nella teoria da lui stesso accolta, il C. era dunque ben consapevole: e tuttavia egli nego' sempre che cio' potesse portare a una assimilazione con teoriche radicalmente stataliste, rappresentando la linea chiovendiana piuttosto una terza via tra queste ultime e il sistema liberale. Giustificata o no, che fosse questa interpretazione, e' certo che il processo liberale non puo' essere riguardato come un astratto luogo in cui pacificamente trovavano componimento i conflitti di parti egualmente capaci di utilizzare gli strumenti posti a loro disposizione: la reale disparita' di forze dei litiganti, dalla quale da tempo muovevano le critiche socialiste a quel sistema, richiedeva che al giudice fosse attribuita anche una funzione riequilibratrice, proprio nell'interesse di una decisione "giusta". Alla rottura degli schemi liberali, allora, deve guardarsi proprio come ad un tentativo di porre rimedio ai difetti di un sistema che aveva largamente mostrato di non saper rispondere alle reali domande provenienti dall'organizzazione sociale.
Questa piu' diretta e convinta attenzione per la "funzione utile" del diritto e' ben visibile in tutta l'opera del C. e puo' dar l'impressione, unita com'e' con una minore compiacenza per i formalismi, che questa abbia uno spessore teorico minore di quella di altri contemporanei. Senza voler qui discutere che cosa sia buona o cattiva "teoria", il vero problema e' quello del contributo del C. alla scienza del processo civile, una volta accertato il suo operare nel solco tracciato dal Chiovenda. Ma qui vale l'avvertenza data all'inizio: l'essere, cioe', il significato piu' profondo del lavoro del C. nella sua capacita' di arricchire e recuperare a una dimensione culturale un discorso che, altrimenti, rischia di inaridirsi e di perdere ogni senso in ingannevoli labirinti tecnici.
Una volta imboccata questa strada, era quasi naturale che il C. considerasse in modo particolare il ruolo e gli atteggiamenti concreti degli "operatori" processuali, giudici e avvocati, e si avvicinasse alla politica senza aggettivi. I primi segni sono l'incontro, nel 1919, con Gaetano Salvemini e la collaborazione a L'Unita' con due articoli; e, nel 1920, la partecipazione alla fondazione del fiorentino Circolo di cultura. Intanto si era sposato con Ada Cocchi, da cui ebbe un figlio, Franco, per il quale egli torno' alla consuetudine degli scritti per l'infanzia, che apparvero tra il 1918 e il 1922 su vari giornali e riviste e vennero poi raccolti nel volume Colloqui con Franco (Firenze 1923). Quest'ultimo appare nelle edizioni della Voce, a cui il C. aveva gia' affidato nel 1921 la pubblicazione di Troppi avvocati! Lo studio teorico del processo si intreccia cosi' con l'attenzione per i problemi dell'organizzazione professionale degli avvocati e della preparazione giuridica nelle universita': in collaborazione con Giorgio Pasquali appare L'universita' di domani (Foligno 1923), in cui il C. formula appunto tutta una serie di proposte per la riforma delle facolta' di giurisprudenza.
Ma il problema dell'amministrazione della giustizia non e' solo nell'organizzazione corporativa e nella preparazione professionale. E il nodo politico viene affrontato con il discorso su Governo e magistratura, letto il 13 novembre 1921 nell'universita' di Siena, alla quale era passato come professore ordinario nel 1920.
In questo discorso, la denuncia delle indebite ingerenze dell'esecutivo nell'attivita' giudiziaria e' netta e il quadro del reale funzionamento dell'amministrazione della giustizia e' assai piu' rigoroso e convincente di quello che risulta da scritti successivi, assistiti da una vena letteraria e aneddotica fin troppo ricca (primo tra tutti, il celebratissimo Elogio dei giudici scritto da un avvocato, pubblicato per la prima volta a Firenze nel 1935 e poi ampliato e accresciuto fino alla terza edizione del 1955; nello stesso filone sono i "due dialoghi", pubblicati nel 1941, Delle buone relazioni tra i giudici e gli avvocati nel nuovo processo civile).
Il progressivo ampliarsi della sfera di interessi e' ben visibile in altri scritti di quegli anni: dal bel saggio sul Significato costituzionale delle giurisdizioni di equita' (Modena 1921) all'analisi de Il programma di politica giudiziaria dei socialisti tedeschi, ai due scritti per la Rheinische Zeitschrift fur Zivil- und Prozessrecht sulle Zivilprozessreformen in Italien (1922, 1923).
Sono ormai gli anni del fascismo, che impone agli studiosi "appartati nelle biblioteche" di "alzare la testa dai libri" e di "affacciarsi alle finestre". La scoperta della politica da parte del C. e' ormai completa, e i fatti lo spingono ogni giorno di piu' in primo piano. Il 31 dicembre 1924 il Circolo di cultura e molti studi di avvocati vengono devastati dai fascisti: il C. interviene, protesta, firma manifesti. Assume la difesa di G. Salvemini, e' uno dei componenti del consiglio direttivo dell'Unione nazionale di G. Amendola, firma il Manifesto degli intellettuali antifascisti di B. Croce. Dopo il delitto Matteotti aderisce alla societa' "Italia libera", ed e' in stretti rapporti con il gruppo antifascista fiorentino del Non mollare, al quale appartenevano, tra gli altri, G. Salvemini, E. Rossi, i fratelli Rosselli, N. Traquandi.
Questa breve e intensa stagione politica e' presto spenta dal consolidarsi del regime. Si apre cosi' per il C. un lungo periodo tutto dedicato agli studi, all'esercizio dell'avvocatura, all'insegnamento universitario in quell'ateneo fiorentino al quale era giunto nel 1924, collaborando alla sua fondazione. Gli scritti giuridici sono sempre piu' numerosi: dal 1930 comincia a raccoglierli nei volumi degli Studi sul processo civile, di cui appaiono immediatamente i primi due (Padova 1930) e ai quali seguono il terzo (ibid. 1934) ed il quarto (ibid. 1939); il quinto sara' pubblicato nel 1947 e il sesto apparira' postumo nel 1957. Ai corsi litografati delle lezioni universitarie si affiancano diversi studi specifici: Il procedimento monitorio nella legislazione italiana (Milano 1926), Linee fondamentali del processo civile inquisitorio (Padova 1927), Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari (Padova 11936); e, nel 1939 (Padova), i due importanti saggi su La relativita' del concetto di azione e Il giudice e lo storico.
Riprendono vigore i mai sopiti interessi letterari: al gia' citato Elogio segue, nel 1941, l'Inventario della casa di campagna (II ediz. ampliata, Roma 1945), forse la sua opera letteraria piu' profonda e sorvegliata. A far da ponte, su un crinale dove il diritto si fa pretesto letterario, stanno le esercitazioni eleganti sulla Crisi degli avvocati a Venezia dopo la scoperta dell'America (Padova 1938) e la prefazione a una operetta cinquecentesca di F. Sansovino, L'avvocato e il segretario (1942). Non fu il C. il solo giurista a trovare in quegli anni qualche consolazione in ozi letterari; ma per lui si apri' anche, con la pubblicazione di uno studio su Un contratto di edizione di Benvenuto Cellini (Roma 1930), un nuovo campo di interessi, che lo porto' ad aggiungere alle sue tante facce di studioso anche quella di indagatore celliniano (i vari contributi sono ora raccolti in Scritti e inediti celliniani, Firenze 1971).
Nel settore giuridico, poi, il C. svolse una benemerita opera di organizzatore culturale, fondando nel 1924 la Rivista di diritto processuale civile (di cui sara' prima redattore-capo e poi direttore, insieme con G. Chiovenda e F. Carnelutti), nel 1926 Il Foro toscano (con E. Finzi, S. Lessona, G. Paoli) e nel 1932 la collana di "Studi sul processo civile", che dirigera' fino al 1942.
Al pari di molti altri giuristi, l'unica attivita' pubblica del C. fu in quegli anni la partecipazione ai lavori di riforma della codificazione: e puo' certo dirsi che il suo contributo al nuovo codice di procedura civile del 1942 fu notevole.
Sulle ragioni di questa partecipazione, per lui e per gli altri, si discute ancora con molta cautela. Certamente, per il C. non puo' valere la spiegazione puramente "tecnica" avanzata per giustificare il lavoro di molti altri: sappiamo che egli era stato sempre ben consapevole delle implicazioni politiche del lavoro "tecnico" del giurista. Dovrebbe, quindi, valere un'altra spiegazione: la partecipazione di alcuni giuristi fu il modo attraverso il quale si riusci' a spuntare (o a limare) gli aculei ideologici della piu' ambiziosa opera legislativa concepita dal regime fascista. Il C. considero' appunto il lavoro di codificazione come un compimento, sia pure parziale, del disegno chiovendiano: e si sforzo' di dimostrarlo nel primo volume delle Istituzioni di diritto processuale civile secondo il nuovo codice (Padova 1941), anche con una copia di riferimenti alla dottrina corporativa che oggi riescono, a dir poco, fastidiosi. Ad ogni modo, se allo stato attuale delle ricerche la spiegazione fondata sulla volonta' di resistenza all'interno del "sistema" puo' ancora apparire plausibile, non lo e' invece quella che, attribuendo alla partecipazione del C. un significato diverso da quella di altri accademici, la intende come una sorta di resa della scienza "ufficiale" del fascismo, incapace di portare da sola a compimento l'impresa di riforma del codice e quindi costretta a ricorrere agli uffici di chi aveva fino ad allora ignorato o isolato.
Il precipitare degli avvenimenti in Europa aveva assai acuito la gia' vivissima sensibilita' del C. per i problemi della legalita' e della certezza del diritto. E cio' appare chiaramente non tanto dallo scritto ben noto su La certezza del diritto e le responsabilita' della dottrina (1942; in Studi, V, pp. 91-111), recensione entusiasta di uno scritto di Flavio Lopez de Onate; quanto piuttosto dalle rassegne sulle tendenze del diritto processuale tedesco, pubblicate a partire dal 1938 sulla Rivista di diritto processuale civile.
Questo guardare polemicamente alle vicende della Germania nazista non fu solo del C.: romanisti, civilisti, penalisti denunciarono la progressiva perversione di quell'ordinamento, con toni tanto piu' vivaci quanto piu' cresceva il disagio di dover accettare meno violente, ma non meno insidiose, rotture della legalita' in casa nostra. A rileggerli oggi, quegli scritti sono un po' lo specchio della cattiva coscienza di molti tra i migliori giuristi italiani di quegli anni (oppure estreme e ingenue "lettere persiane"?). Comunque, il C. seppe cogliere in modo netto, a differenza di altri, le ragioni vere e reali del disfacimento della giustizia nella Germania nazista: non le debolezze di un ceto di giuristi traviato da cattive dottrine, ma la brutale trasformazione della magistratura in una polizia politica al servizio del regime.
Nel 1941 il C. aderi' al movimento di "Giustizia e liberta'" e nel 1942 fu tra i fondatori del Partito d'azione. All'indomani della caduta del fascismo, il 26 luglio 1943, divenne rettore dell'universita' di Firenze e lo fu fino all'8 settembre, quando, colpito da mandato di cattura, fu costretto a rifugiarsi in Umbria. Liberata Firenze, riassunse le funzioni di rettore, che mantenne fino al 1947.
Si apre cosi' il periodo piu' intenso e appassionato della sua vita, al quale si era spiritualmente preparato rimeditando Beccaria e Ruffini, per le cui riedizioni (rispettivamente del 1945 e del 1946) dettera' ispirate introduzioni. La pubblicazione, nel 1944, della seconda parte delle Istituzioni segna il congedo dal genere letterario accademico, mentre nasce lo "scrittore politico". In questa nuova attivita', che copre gli anni dal 1944 al 1956 e i cui contributi sono ora raccolti nei tre volumi degli Scritti e discorsi politici (Firenze 1966), Norberto Bobbio ha lucidamente distinto "quattro tempi che corrispondono a quattro momenti diversi, abbastanza bene caratterizzati, di una battaglia politica senza soste".
Il primo tempo va dalla liberazione di Firenze (agosto 1944) alla proclamazione della Repubblica (giugno 1946). Il C. lo vive come consultore nazionale, battendosi per la tesi della continuita' costituzionale dello Stato italiano e per il primato del governo dei Comitati di liberazione nazionale, prima; e poi sostenendo la tesi della piena sovranita' dell'Assemblea costituente. Quando si profilo' l'intenzione di Umberto di Savoia di ricorrere al referendum istituzionale, il C. pronuncio' l'8 marzo 1946, a nome del Partito d'azione, un vivacissimo discorso di opposizione. Nel 1945, intanto, aveva fondato la rivista Il Ponte, che rappresentera' lo strumento piu' incisivo della sua battaglia civile.
Eletto alla Costituente in rappresentanza del Partito d'azione, il C. vive il secondo, febbrile tempo della sua nuova esperienza politica, partecipando attivamente ai lavori di preparazione della Costituzione come membro della Commissione dei 75 e come relatore sull'ordinamento della magistratura e sulla Corte costituzionale.
Nella sua attivita' di costituente si intrecciano motivi diversi: dalla speranza in un nuovo ordinamento dei "diritti sociali", che riprendeva motivi gia' ben presenti nella sua opera e che era stata rafforzata proprio curando l'introduzione della ristampa dei Diritti di liberta' di F. Ruffini; alla preoccupazione per la stabilita' dell'esecutivo; all'azione decisa per l'indipendenza della magistratura e per l'introduzione della Corte costituzionale (l'istituzione a cui piu' si sarebbe riferito negli ultimi anni della sua vita, ma che in sede costituente volle circoscritta da una rigida disciplina, come dimostra la sua opposizione a norme che prevedessero la possibilita' di un ricorso diretto dei cittadini alla Corte); alla opposizione per la inclusione dei Patti lateranensi nella Costituzione, manifestata con un duro discorso in Assemblea il 20 marzo 1947.
Sciolto il Partito d'azione, entro' a far parte del gruppo Azione socialista Giustizia e Liberta', poi confluito nell'Unione dei socialisti insieme con un gruppo guidato da I. Silone. Per le elezioni del 1948 venne formato con il P.S.L.I. un raggruppamento elettorale, Unita' socialista, nelle cui liste il C. fu eletto alla Camera dei deputati. In questo terzo tempo cadono le speranze del C., che denuncia la nascita di un nuovo regime e propone il tema della "Costituzione inattuata".
I momenti piu' significativi della sua azione parlamentare sono il voto contro il Patto atlantico e la battaglia contro la legge elettorale maggioritaria del 1953, posizioni assunte anche in contrasto con gli orientamenti del proprio partito. Reagendo a prassi ritenute intollerabili dell'azione di governo, accentua la sua visione morale della lotta politica, che lo induce a considerare con insofferenza sempre maggiore le regole del gioco proposte dai partiti ufficiali.
E' prima nel P.S.U., nato dalla confluenza della Unione dei socialisti e dei gruppi di Romita e Mondolfo; poi, nel 1951, e' nel P.S.D.I., il nuovo partito sorto dalla fusione del P.S.L.I. e del P.S.U. In contrasto con il P.S.D.I., per la legge elettorale, esce dal partito e costituisce il raggruppamento di Unita' popolare insieme con Parri, Jemolo e altri. Alle elezioni del 7 giugno 1953, nessuno dei candidati di Unita' popolare fu eletto, ma il numero di voti raccolti dalla lista contribui' a impedire il funzionamento del meccanismo elettorale della legge maggioritaria.
Questo successo restitui' una certa fiducia al C., che, proseguendo nella sua battaglia per l'attuazione della Costituzione, vide un buon auspicio nella realizzazione, nel 1955, della Corte costituzionale.
E il C. partecipo', come avvocato, alla prima udienza della Corte, sostenendo la tesi, poi accolta, della sindacabilita' delle leggi anteriori alla entrata in vigore della Costituzione: uno degli ultimi atti di un'attivita' forense che aveva sposato le ragioni della difesa in tutti i maggiori processi in cui erano state in questione le liberta' civili, da quello contro D. Dolci a quello ai giornalisti Renzi e Aristarco.
L'attivita' di politico e di avvocato fu sempre sostenuta da una intensissima attivita' di scrittore. Tra le varie imprese per tal via portate a compimento debbono essere ricordate almeno il Commentario sistematico della Costituzione (2 voll., Firenze 1950), realizzato assieme ad Alessandro Levi e a una nutrita schiera di collaboratori, opera che rimane anche come una curiosa testimonianza dell'arretratezza della cultura giuridica italiana, visibile nel contrasto tra le aperture contenute nell'introduzione del C. e le ottuse resistenze di alcuni commentatori; e la raccolta di conferenze pubbliche con il titolo Processo e democrazia (Firenze 1954). La fede nella Costituzione, di cui pure aveva cosi' lucidamente visto i limiti quando lavorava per essa nell'Assemblea costituente, gli fece forse talvolta velo, e lo indusse a guardare all'attuazione costituzionale come a un rimedio che avrebbe guarito tutti i mali d'Italia. Egli pero' ben sapeva che non bastavano le leggi ad attuare la Costituzione, perche' era necessario ritrovare il diverso spirito che, nel 1944, lo aveva convinto che l'Italia fosse entrata in un periodo rivoluzionario. A celebrare quel diverso spirito, perche' non si smarrisse il ricordo della lotta contro nazisti e fascisti in cui era nato, il C. si dedico' con rievocazioni di fatti ed epigrafi, poi raccolte nel volume Uomini e citta' della Resistenza (Bari 1955), nel quale con alta retorica vuole essere il vate della nuova Italia nata dalle lotte per la Liberazione.
Il C. mori' a Firenze il 27 settembre 1956.
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Opere: presso la casa editrice La Nuova Italia sono in corso di pubblicazione le Opere politiche e letterarie del C.; sono invece gia' apparsi due dei tre volumi degli Scritti e discorsi politici, a cura di N. Bobbio, Firenze 1966, e gli Scritti inediti celliniani a cura di C. Cordie', ibid. 1971; le Opere giuridiche sono invece pubblicate dall'editore Morano di Napoli (gia' usciti i primi quattro volumi, 1966, 1968, 1970).
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Fonti e bibliografia: Lettere a due amici torinesi, a cura di C. Galante Garrone, in Il Ponte, XXIII (1967), pp. 1099-1140; Addio a P. C., ibid., XII (1956), pp. 1640-1662; M. Cappelletti, In mem. di P. C. (1906-1956), Padova 1957; numero speciale dedicato al C., de Il Ponte, XIV (1958), suppl. al n. 11; A. Mondolfo - M. Cappelletti, Bibliografia degli scritti di P. C., Firenze 1960; B. Rizzi, Il centro di collegamento presso il XXIX Corpo d'Armata sul fronte trentino e l'opera di P. C., in Boll. del Museo trentino del Risorgimento, 1960, 4, pp. 4-13; N. Bobbio, introd. al I volume degli Scritti e discorsi politici di P.C., Firenze 1966, pp. I-LX; M. Cappelletti, introduzione al I volume delle Opere giuridiche, Napoli 1966; E. Enriques Agnoletti, C.: la Riforma d'Italia, in Il Ponte, XXII (1966), pp. 1036-1147; P. Caleffi, C., in Critica sociale, LVIII (1966), pp. 646 s.; A. Seroni, P. C.: una voce viva nella cultura del primo ventennio repubblicano, in Critica marxista, XXIII (1967), pp. 117-138; M. Cappelletti, C. giurista, in Il Ponte, XXIII (1967), pp. 1141-1116; C. Mortati, introd. al II vol. delle Opere giuridiche, Napoli 1968; E. T. Liebmann, introd. al III vol., ibid. 1970; Enc. Ital., App. II, 1, p. 478; III, 1, p. 281.
5. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Zygmunt Bauman, A tutto campo. L'amore, il destino, la memoria e altre umanita'. Conversazioni con Peter Haffner, Laterza, Roma-Bari 2021, pp. XII + 156, euro 18.
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Riletture
- Danilo Dolci, Il potere e l'acqua. Scritti inediti, Melampo, Milano 2010, pp. 102.
6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
7. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4145 del 24 giugno 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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