[Nonviolenza] Telegrammi. 4133



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4133 del 12 giugno 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Per il sesto anniversario della scomparsa di Mario Onofri
2. "Alcuni strumenti per contrastare la presente barbarie". Un incontro di studio a Viterbo con Paolo Arena
3. "Dizionario biografico degli italiani": Cesare Luporini
4. Segnalazioni librarie
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'

1. AMICIZIE. PER IL SESTO ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DI MARIO ONOFRI

Questo 13 giugno 2021 saranno sei anni che Mario Onofri ci ha lasciato.
Molte persone a Viterbo ne ricordano la generosita' che era tutt'uno con la sua fragilita', la sua tenerezza, la sua autoironia, la sua creativita' e il suo impegno morale e civile.
Perche' Mario Onofri non e' stato soltanto l'artista visivo che a Viterbo e a Roma ha lasciato buona memoria di se' nei circoli delle avanguardie artistiche, ma anche e soprattutto la persona che in tutti i luoghi e in tutte le persone trovava la bellezza e s'adoperava per trarla alla luce e preservarla dalla violenza onnidistruggitrice dei barbari poteri dominanti; l'amico franco e lieve, e tenace il compagno di lotte necessarie, che nei luoghi del dolore e della solidarieta' sapeva non solo non chiudere gli occhi dinanzi alla sofferenza finanche la piu' scarificata e la piu' abissale, ma anche sempre cercava di recare conforto e aiuto, di lenire il dolore, di ritrovare e condividere le tante briciole e le tante scintille di bene che ogni persona porta sempre con se', di cavare dal pozzo del cuore l'acqua che refrigera e lava e disseta. Era un uomo buono e un amico gentile.
Era anche una natura contemplativa: chi gli e' stato piu' vicino sapeva che amava il silenzio e la solitudine. La vena melanconica e quella barricadera in lui si fondevano in un profondo sentire nonviolento che lo portava a contrastare tutte le violenze e le menzogne, proprio per amore della favola e del sogno, per amore dell'umanita' e del mondo.
Si accendeva di subitanei entusiasmi, e per questo forse subiva frequenti disillusioni: ma sapeva stemperarle ed accoglierle con lo squisito suo umorismo e la vivace sua cordialita'. Sapeva che lotta per la giustizia e pratica della misericordia sono tutt'uno.
Insieme, e con altri indimenticabili amici - primo fra tutti Alfio Pannega - abbiamo condotto esperienze e riflessioni nonviolente, insieme ci siamo impegnati in iniziative di resistenza e di solidarieta' e di difesa dei diritti umani e del mondo vivente che metterebbe conto salvare dall'oblio che tutto divora.
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Anche nel suo ricordo ancora una volta vorrei riaffermare una persuasione e un appello che sovente rimedito e ripropongo: che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
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Anche nel ricordo di Mario Onofri la nonviolenza e' in cammino.
Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.
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Allego in calce una breve notizia su Mario, una lettera con cui nel 2016 si proponeva al Comune di Viterbo di adoperarsi per valorizzare il suo lascito artistico e documentario, la sintesi di un discorso in suo ricordo tenuto lo scorso anno.
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Allegato primo: una breve notizia su Mario Onofri
Mario Onofri e' deceduto a Viterbo, la sua citta', il 13 giugno 2015, aveva 64 anni. Era un uomo dolce e mite, sapiente e generoso. Fotografo, artista, viandante e ricercatore, studioso e testimone, militante per i diritti umani, amico della nonviolenza, sollecito sempre nel recare aiuto alle persone sofferenti, alle persone oppresse. E' stato uno dei migliori compagni di lotte di quanti a Viterbo si sono battuti e ogni giorno si battono contro i poteri criminali e contro il regime della corruzione, contro la devastazione della natura e della cultura, contro la guerra e contro la violenza, contro il razzismo e contro il maschilismo, contro lo sfruttamento e l'oppressione; per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani; per la liberazione dell'umanita' intera; in difesa di quest'unico mondo vivente. Anche grazie all'azione di Mario Onofri la nonviolenza e' in cammino. All'indomani della sua scomparsa scrissero di lui alcuni degli amici e compagni di lotte che piu' gli furono vicini: "Grande artista, fotografo e visionario, dagli anni '60-'70 Mario ci ha donato luminose visioni di persone e luoghi con i suoi scatti - di grande perizia tecnica - intrisi di bellezza e malinconia, dolcezza e saggezza, espressione di un cuore e di un occhio sapientemente sensibili e sempre alla ricerca di quei caratteri e paesaggi autentici ed evocativi che sapeva cogliere esprimendo la profonda essenza della vita, dell'umanita', della storia e della natura. Grande viaggiatore, profondo conoscitore dell'India, Mario Onofri lascia un grande patrimonio artistico e documentario, storico ed umano, che - dal bianco e nero al colore - ci permettera' di rivedere, senza mai banalita', la metamorfosi socio-culturale e paesaggistica di Viterbo impressa in cinquant'anni di fotografie. Oltre all'altra sua grande passione, quella dell'India, di questo meraviglioso paese di cui era innamorato e del quale ha magistralmente colto e restituito la poesia, i colori e la magia". Ricordandolo nel primo anniversario della scomparsa di lui e' stato scritto: "artista e ricercatore, militante nonviolento per la pace, i diritti umani, la difesa dell'ambiente e della civilta'. Era un uomo buono, mite, gentile, di garbo levissimo e finissima ironia, di profondi elevati pensieri, di immensa generosita'. Intellettuale dai molti interessi e di molte esperienze, infaticabile viaggiatore e natura contemplativa, acutamente consapevole della fragilita' di ogni persona e della volatilita' di ogni esistenza - e per questo vieppiu' soccorrevole e accudente -, attivista costantemente impegnato per la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano, per la liberazione delle oppresse e degli oppressi, per l'amoroso rispetto del mondo vivente tutto. Ne ricordiamo le qualita' di artista visivo, di antropologo del presente, di testimone del tempo e dei luoghi, delle relazioni e dei mutamenti, dei movimenti collettivi e delle esperienze culturali che con intensa partecipazione visse e documento'; lo ricordiamo fedele alle amicizie fino all'abnegazione, tenero e luminoso confortatore nelle distrette, saggio gioioso e meditabondo nel convivio; lo ricordiamo compagno di lotte e di ragionamenti necessari, strenuo ricercatore della verita', la verita' che libera, la verita' che ama, la verita' che e' prendersi cura delle altre persone e del mondo vivente, compassione operosa e universale fraternita'. A chi ha avuto il privilegio grande di essergli stato amico lascia un tesoro di ricordi iridescenti, e un'esortazione a perseverare nell'impegno per la liberazione di ogni essere umano, affinche' tutti possano godere di una condivisa felicita', in una solidarieta' che ripudia e contrasta e sconfigge ogni violenza, e l'intero mondo vivente abbraccia in un rivolgimento amoroso che e' insieme comprensione di se' e del tutto. Lascia anche un'opera vasta e preziosa, in massima misura tuttora dispersa e inedita, un regesto di immagini salvate dalla fuga del tempo il cui pregio artistico e documentario - ed ermeneutico, e morale quindi - e' cospicuo, e che occorre dunque finalmente raccogliere, pubblicare e valorizzare a beneficio dei presenti e dei venturi, dono estremo di un uomo giusto all'umanita'". Trascrivo anche queste righe con cui lo ricordammo nel quarto anniversario nel 2019: "Quattro anni fa ci lasciava Mario Onofri, persona generosa, amico della nonviolenza, compagno di lotte per la dignita' e la liberazione dell'umanita' intera e per la difesa di quest'unico mondo vivente. Sapeva coniugare vita contemplativa e vita attiva, con pazienza e ironia, gentilezza e franchezza, umilta' e accudimento, ed era l'amico che chiunque vorrebbe avere per amico nell'ora in cui di un amico hai piu' bisogno. Per me, e credo anche per molte altre persone che lo hanno conosciuto, e' stato piu' che un amico, un fratello. So che se fosse ancora vivo oggi sarebbe sulle barricate - o sulle navi dei soccorritori volontari che salvano vite umane nel Mediterraneo - a combattere contro il razzismo e lo schiavismo, a lottare per salvare tutte le vite, a difendere la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani, a contrastare il governo razzista e golpista che sta commettendo mostruosi crimini contro l'umanita', a resistere contro il fascismo che torna. Ricordarlo e' proseguire la lotta comune".
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Allegato secondo: una lettera al Sindaco del Comune di Viterbo dell'8 maggio 2016
Al Sindaco del Comune di Viterbo
e per opportuna conoscenza: ai consiglieri comunali di Viterbo, ai mezzi d'informazione
Oggetto: Approssimandosi il primo anniversario della scomparsa, il Comune di Viterbo realizzi una mostra delle opere di Mario Onofri
Egregio Sindaco,
fra un mese circa, il 13 giugno, ricorre il primo anniversario della scomparsa di Mario Onofri, che e' stato un grande fotografo viterbese e una persona mite e generosa di forte impegno culturale, morale, civile.
L'opera fotografica di Mario Onofri costituisce un lascito artistico e documentario di enorme valore, e sarebbe bene che il Comune di Viterbo si adoperasse affinche' fosse messa a disposizione di tutti i viterbesi - oltre che della comunita' degli studiosi - la conoscenza almeno della sezione relativa alla citta', ai suoi paesaggi, alla sua popolazione, ai mutamenti antropologici ed ecologici che Mario Onofri ha registrato con i suoi scatti fin dagli anni Sessanta del secolo scorso.
Credo che i familiari e gli amici dell'artista sarebbero lieti di contribuire - mettendo a disposizione le sue opere - all'allestimento di una mostra retrospettiva dell'opera di Mario Onofri qualora il Comune di Viterbo volesse impegnarsi a realizzarla, ed a tal fine mi permetto di formulare questa proposta.
Un cordiale saluto,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo
Viterbo, 8 maggio 2016
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Allegato terzo: un ricordo di un anno fa
Il 13 giugno ricorre il quinto anniversario della scomparsa di Mario Onofri, artista e militante per i diritti umani di tutti gli esseri umani, esploratore del cuore delle persone e del mondo; un amico generoso, e coraggioso un compagno di lotte. Chi lo ha conosciuto non ne ha dimenticato la gentilezza e la bonta', il tratto garbato e la fine ironia, la tenace opposizione a tutte le ingiustizie, la pazienza non rassegnata e il disincanto mai sconfortato, la mitezza e la levita', la tensione morale e civile, l'impegno nella solidarieta' e nella condivisione del bene e dei beni.
Era un uomo innamorato Mario: della vita e delle persone cui voleva un bene dell'anima; dell'India in cui aveva a lungo soggiornato e di quella che sognava e raccontava con fervore e abbandono; dell'arte della fotografia in cui eccelleva; della convivialita' in cui si donava senza riserve.
La contemplazione mai inerte della bellezza si accompagnava in lui all'indignazione per ogni nequizia; la disposizione all'ascolto e all'autocritica, l'attitudine meditativa, l'atteggiamento schivo e modesto, si accompagnava all'urgenza di contrastare le menzogne e le violenze, di fare il bene. Era un persuaso della nonviolenza.
Sapeva essere insieme entusiasta e parco, aveva scelto la semplicita' volontaria, aveva vissuto una vita ad un tempo sobria e avventurosa, la sua conversazione e la sua compagnia era preziosa e iridescente; sapeva ascoltare e prendersi cura.
Non si vantava mai delle cose buone fatte, inverava nel suo agire la massima secondo cui quando fai una buona azione non devi esibirla.
Aveva conosciuto mondi diversi: i fiammeggianti e decadenti ambienti artistici romani, l'India urbana frenetica e lacerata e quella rurale remota e gandhiana, la provincia italiana sonnolenta e gorgogliante; si nutriva di buone letture, di un'informazione internazionale aggiornata e approfondita dedotta da riviste prestigiose, di conversazioni attente e fluviali.
E vorrei ricordare particolarmente la sua viva partecipazione all'esperienza del Centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" e la comune amicizia con Alfio Pannega (che molte volte fotografo'; ed e' sempre di Mario una meravigliosa fotografia della madre di Alfio - scomparsa nel '74 - scattata sul finire degli anni Sessanta).
Nel suo carattere vi era anche un tratto giocoso, festevole, ma velato di malinconia e di quella nostalgia di cui scrisse Ernst Bloch.
Nella ricorrenza del quinto anniversario della sua scomparsa le persone che lo conobbero lo ricordano ancora vividamente, con gratitudine che non si estingue.
Sarebbe bene che il Comune di Viterbo (eventualmente d'intesa con altri soggetti istituzionali - l'Universita' in primis - compresi della necessita' di conservare, tramandare e rendere accessibili i beni culturali come autentici beni comuni) promuovesse la preservazione e la valorizzazione del suo lascito artistico e documentario, della vasta sua opera fotografica, un tesoro di immagini in gran parte inedito, e disperso, che ancora attende adeguato ordinamento, curatela e pubblicazione.

2. INCONTRI. "ALCUNI STRUMENTI PER CONTRASTARE LA PRESENTE BARBARIE". UN INCONTRO DI STUDIO A VITERBO CON PAOLO ARENA

La sera di giovedi' 10 giugno 2021 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" si e' tenuto un incontro di studio sul tema: "Alcuni strumenti per contrastare la presente barbarie".
L'incontro si e' svolto nel piu' assoluto rispetto delle misure di sicurezza previste dalla normativa vigente per prevenire e contrastare la diffusione del coronavirus.
All'incontro ha preso parte Paolo Arena.
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Una minima notizia su Paolo Arena
Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica, di storia linguistica dell'Italia contemporanea. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta. Cura il sito www.letterestrane.it

3. MAESTRI. "DIZIONARIO BIOGRAFICO DEGLI ITALIANI": CESARE LUPORINI
[Dal Dizionario biografico degli italiani, Vol. 66 (2006), nel sito www.treccani.it]

Cesare Luporini nacque a Ferrara il 20 agosto 1909 da Luigi e Rosa Mongini. Rimasto in tenera eta' orfano del padre, un ufficiale di carriera morto durante la prima guerra mondiale, compi' i suoi studi a Firenze, dove si laureo' in lettere con E.P. Lamanna con una tesi su I. Kant (cfr. Critica e metafisica nella filosofia kantiana, in Atti della R. Acc. nazionale dei Lincei. Rendiconti, s. 6, XI [1935], pp. 87-115).
Durante la preparazione della tesi, tra il 1930 e il 1933, era stato in Germania, dove aveva seguito a Friburgo le lezioni di M. Heidegger e aveva conosciuto N. Hartmann. Si segnalo' nel mondo degli studiosi dapprima con una serie di saggi apparsi tra il 1938 e il 1942 nel Giornale critico della filosofia italiana in polemica con G. Bontadini, autore del Saggio di una metafisica dell'esperienza (Milano 1937). Fu, comunque, il contesto filosofico tedesco a influenzare i suoi primi scritti, che prendono in esame la fenomenologia e l'esistenzialismo (cfr. Esistenza, in Argomenti, I [1941], 1, pp. 34-44; 2, pp. 23-37; 5-6, pp. 59-72; L'etica di Max Scheler, in Studi germanici, I [1935], pp. 320-345, rielaborato e ripreso in Filosofi vecchi e nuovi: Scheler, Hegel, Kant, Fichte, Leopardi, Firenze 1947).
Questi filoni della filosofia erano assorbiti dal L. in modi originali, che ne depotenziavano il quadro teorico complessivo, come accadeva nel saggio sull'etica di M. Scheler, dove il L. si preoccupava di liberare l'intuizionismo etico dall'ontologia per recuperare la tesi che sentimenti e concetti sono intessuti nell'esperienza morale. Con cio', tuttavia, egli usciva del tutto dal quadro aprioristico e metastorico di Scheler e sosteneva che l'etica ha un carattere formale che si cristallizza di volta in volta, storicamente, in diverse visioni della vita.
Anche l'esistenzialismo fu rielaborato dal L. in modi personali e originali; ma in questo era in compagnia di molti altri filosofi italiani in quel momento storico (come N. Abbagnano, La struttura dell'esistenza, Torino 1939, e N. Bobbio, La filosofia dell'esistenza in Italia, in Rivista di filosofia, XXXII [1941], pp. 111-122), per i quali l'esistenzialismo e la filosofia di Heidegger in Sein und Zeit (1927) non rappresentarono tanto l'incontro con un preciso quadro filosofico quanto un momento di rottura con la filosofia nazionale, dominata dall'attualismo gentiliano e dallo storicismo crociano, e l'apertura alle filosofie europee. Inoltre, nell'esistenzialismo si potevano recuperare i temi della liberta' e della centralita' e irriducibilita' dell'individuo e della soggettivita' umana. Come scriveva il L. nel suo volume esistenzialista Situazione e liberta' nell'esistenza umana (Firenze 1942, ed. rivista, 1945, p. VII): "l'esistenzialismo si oppone a ogni sorta di provvidenzialismo, storicismo e automatismo spirituale e materiale, e si presenta come rivendicazione dell'incarnato individuo e, nell'individuo, della persona come incondizionata iniziativa". L'esistenzialismo era letto, cioe', come una filosofia della liberta' delle persone concrete anziche' dello "spirito" astratto e, come tale, in funzione critica non solo contro l'idealismo ma contro le ideologie oppressive e tra esse innanzitutto il regime fascista.
Il L. inizio' la carriera di docente nei licei a Firenze. Nel 1939 fu chiamato da G. Gentile alla Scuola normale superiore di Pisa, come lettore di lingua tedesca in sostituzione di P.O. Kristeller, emigrato negli Stati Uniti dopo la promulgazione delle leggi razziali. Alla Scuola tenne di fatto anche lezioni di filosofia, privilegiando quella tedesca contemporanea. A Pisa conobbe e sposo' Maria Bianca Gallinaro.
Sul terreno politico, il L., gia' divenuto antifascista nel 1930, aderi' dal 1936 al 1943 alle posizioni liberalsocialiste e contribui' al movimento (embrione del futuro Partito d'azione) collaborando, tra gli altri, con Bobbio e A. Capitini. Tra il 1940 e il '43, come molti altri giovani antifascisti, pubblico' alcuni articoli nella rivista Primato, lettere ed arti d'Italia di G. Bottai.
La stagione esistenzialista si concluse nei primi anni di guerra, quando il L. ando' maturando la sua adesione, filosofica e politica, al marxismo. Nell'agosto 1943, infatti, si iscrisse al Partito comunista italiano (PCI), in cui milito' fino al 1991, animato dalla convinzione che "l'umanita' che pensa deve coimplicarsi in modo diretto con l'umanita' che soffre" (Zanardo, p. 49).
Nel 1945, insieme con R. Bilenchi e R. Bianchi Bandinelli, fondo' a Firenze la rivista Societa' (il primo numero, relativo al semestre gennaio-giugno 1945, vide la luce ai primi di luglio), dapprima diretta da Bianchi Bandinelli, poi anche dal Luporini.
A differenza di Rinascita, Societa' non era strettamente organica al PCI. Gli obiettivi della rivista trascendevano spesso l'ambito politico, riflettendo il pensiero di studiosi di provenienza prevalentemente idealistica, formatisi in ambito accademico e non nel partito. Scarso vi appare l'interesse nei confronti della discussione presente nel PCI circa l'organicita' degli intellettuali, la linea culturale nazionalpopolare, il rapporto con la tradizione. Circa la diffidenza di P. Togliatti nei confronti della rivista fiorentina ricordava lo stesso L.: "Togliatti non apprezzava il nostro proposito di fare i conti con certi nodi della cultura nazionale, di valutare alcuni aspetti rilevanti della moderna cultura europea (da esistenzialismo a neopositivismo) e di aprirci verso la cultura classica russa, [...] insisteva perche' trattassimo temi italiani" (cit. in Ajello, p. 69). Nel 1948 Societa' fu posta sotto il controllo diretto della commissione cultura del PCI e la redazione trasferita a Roma: fu nominato direttore Gastone Manacorda, ma di fatto un ruolo fondamentale ebbero E. Sereni e G. Berti.
Dall'affermazione della liberta' dell'individuo contro ogni possibile ancoramento esterno, provvidenzialistico o naturalistico, il L. cominciava a riporre fiducia nella storia e nella possibilita' di un progresso umano. Nel 1946, nel saggio Rigore della cultura (in Societa', II, pp. 5-17) prendeva le distanze in modo netto dall'esistenzialismo, che non possedeva categorie critiche adeguate per l'analisi della societa'. Ma lo sviluppo di analisi teoriche di impianto marxista fu lento.
Dapprima il L. si dedico' a studi storici: sull'asse tedesco della filosofia - I. Kant, J.G. Fichte, G.W.F. Hegel - raccolti nel citato Filosofi vecchi e nuovi, un volume che ebbe un notevole impatto sulla cultura italiana; sull'illuminismo (Voltaire e le Lettres philosophiques. Il concetto della storia e l'illuminismo, Firenze 1955); sulla scienza e le forme della conoscenza (La mente di Leonardo, ibid. 1953; Il criticismo di Kant, ibid. 1955, rielaborato e ripreso nel suo Spazio e materia in Kant. Con una introduzione al problema del criticismo, ibid. 1961).
Tra i vari temi che emergevano vi era la connessione tra la filosofia moderna, e in particolare la filosofia kantiana, e la scienza, contro le interpretazioni idealistiche che raccontavano Kant alla luce della vicenda filosofica successiva. Ma il L. era interessato anche a mettere in luce, come elemento caratteristico dell'illuminismo e della nuova filosofia, il rifiuto delle narrazioni storiche come strumenti conoscitivi e l'assunzione di una prospettiva teoretica e sistematica. Un autore centrale, in questa luce, diventa per il L. Giacomo Leopardi.
A Leopardi aveva dedicato un saggio gia' nel 1938 (Il pensiero di Leopardi, in Studi su Leopardi, Livorno, pp. 41-69), ma fu con lo scritto Leopardi progressivo (incluso in Filosofi vecchi e nuovi, del 1947, ma riedito piu' volte in forma autonoma e accresciuta fino al 1996) che elaboro' compiutamente la sua interpretazione.
Contro la svalutazione crociana di Leopardi, la critica del L. costitui' un momento fondamentale (insieme con i contributi che arrivarono in seguito da W. Binni e S. Timpanaro) nella revisione della critica sul poeta, di cui metteva in luce la radicalita' innanzitutto teoretica, i motivi democratici e progressivi, l'analisi acuta delle forme vitali dell'esistenza, come il senso del nulla. Nella critica leopardiana tornavano i temi etici del L. e la critica alla morale concepita come legata a un mondo interiore in comunicazione con realta' assolute. Contro Kant, Leopardi mostra che agisce bene non chi segue la propria privata intenzione ma chi crea migliori condizioni di vita per la collettivita'. In Leopardi il L. trovava cioe' i temi settecenteschi e illuministi, la moralita' come una questione pubblica, contro l'inclinazione romantica successiva, gia' presente in Kant, di ricondurre la morale alla privatezza della propria interiorita'. Vi e' una tensione tra natura e ragione, ma Leopardi la risolve nutrendo fiducia nel progresso delle conoscenze e dell'incivilimento umano. Sul tema del carattere sociale della morale il L. torno' in seguito, con un linguaggio divenuto nel frattempo marxista, nello scritto Le "radici" della vita morale (in Belfagor, XIX [1964], pp. 669-687).
Risale al 1954 il suo primo intervento teorico frutto della nuova impostazione marxista: Marxismo e sociologia: il concetto di formazione economico-sociale (in Filosofia e sociologia, Bologna, pp. 195-203). Seguirono numerosi saggi che furono raccolti nel volume Dialettica e materialismo (Roma 1974). Con l'attenzione alle filosofie straniere, l'enfasi data alla scienza e al materialismo illuministico e la critica severa allo storicismo, le scelte culturali del L. finivano pero' con il situarsi al di fuori della linea culturale ufficiale del PCI, che P. Togliatti impose soprattutto a partire dal 1947, e che si incentrava sulla promozione di una linea filosofica italiana, rappresentata dalla continuita' tra A. Labriola e A. Gramsci. Cio' emerse nel I Convegno di studi gramsciani del 1958, le cui relazioni iniziali furono tenute da E. Garin, Togliatti e dal L. stesso.
Nel suo intervento il L. prendeva cautamente le distanze dallo storicismo gramsciano: la centralita' attribuita al carattere solo storico della vicenda umana non consentiva infatti di mettere nella giusta luce la tensione tra storia e natura (La metodologia filosofica del marxismo nel pensiero di A. Gramsci, in Studi gramsciani, a cura dell'Istituto Gramsci, Roma 1958, pp. 445-468). Il carattere distintivo della sua proposta veniva fatto emergere pero' con chiarezza nell'introduzione al citato volume del 1974 Dialettica e materialismo, dove il L. ripercorreva le tappe della sua biografia intellettuale all'interno del marxismo.
Nel frattempo, dopo l'insegnamento nell'Universita' di Pisa, dal 1945 come incaricato (tenne corsi di filosofia morale, filosofia della storia e pedagogia) e dal 1956 come ordinario di filosofia morale, il L. era stato chiamato nel 1959 alla facolta' di lettere e filosofia a Firenze, dove ricopri' ancora la cattedra di filosofia morale. L'impegno politico nel PCI (dal 1956 fu anche membro del Comitato centrale) fu coronato dall'elezione il 25 maggio 1958 a senatore della Repubblica per la III legislatura (collegio di Volterra).
Partecipo' attivamente ai lavori della commissione permanente Istruzione pubblica e belle arti, occupandosi in particolare delle politiche della scuola. Critico' l'istituzione dell'educazione civica voluta dal ministro A. Moro nel 1958, presentata come avulsa dalla realta' vivente della storia civile moderna e della Costituzione repubblicana (cfr. Educazione civica alla rovescia, in Rinascita, XV [1958], 10, pp. 663-665). Nel 1959 con A. Donini fu il primo firmatario di un disegno di legge per l'istituzione della scuola media dell'obbligo fino ai quattordici anni (la legge fu approvata solo nel 1962, dopo la svolta di centro-sinistra).
Intorno al 1966 cominciava a maturare pero' un nuovo orizzonte teorico, giocato sempre dentro il marxismo. Il L. ora aveva interesse a liberare Marx dai vari marxismi. In parziale sintonia con altre proposte, come quella di L. Althusser in Francia (di cui si veda Per Marx, con una nota introduttiva del L., Roma 1967), il L. sosteneva che in Marx andava trovata una teoria scientifica della trasformazione sociale e non gia' una filosofia umanistica (cfr. Realta' e storicita': economia e dialettica nel marxismo; Marx secondo Marx; Marx: problemi filosofici ed epistemologici, tutti riediti in Dialettica e materialismo). Gia' G. Della Volpe aveva proposto una lettura galileiana e antiumanistica di Marx, che individuava nella filosofia marxiana una scienza materialistica della storia (Rousseau e Marx, Roma 1957). Nel 1962 il L. aveva aperto una polemica su Rinascita, proprio per contrastare l'influsso sempre maggiore che la scuola dellavolpiana stava assumendo nel marxismo italiano, soprattutto a opera degli allievi, quali L. Colletti e M. Rossi (cfr. Appunti per una discussione tra filosofi marxisti in Italia. A proposito dello storicismo, in Rinascita, XIX [1962], 8, p. 27; Il circolo concreto-astratto-concreto, ibid., 24, pp. 26-28).
In questa sede il L. aveva criticato l'idea che quello galileiano costituisse l'unico metodo scientifico e aveva riproposto il tema, a cui teneva molto, della soggettivita' umana, che non e' possibile rappresentare in modo esaustivo attraverso le categorie della necessita' e della possibilita' caratteristiche delle scienze della natura; al contempo, tuttavia, rifiutava la lettura storicista di Marx, contro la quale muovevano gli stessi dellavolpiani. Nel confronto successivo con Althusser, e piu' in generale con lo strutturalismo, il L. riproponeva questi temi. Egli combatteva cioe' su due fronti: da una parte contro l'interpretazione antiumanistica di Marx, che ne faceva l'antesignano della morte del soggetto, e dall'altra, ancora una volta, contro lo storicismo, che non lasciava spazio a uno studio sistematico e scientifico della vicenda umana (cfr. Introduzione a Dialettica e materialismo).
A questo approccio marxiano il L. rimase sempre legato anche se a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta sposto' di nuovo la sua attenzione, questa volta verso il pensiero politico di Marx e le difficolta' interne al pensiero marxiano a proposito della distinzione tra momento economico e politico (cfr. Critica della politica e critica dell'economia politica in Marx, in Critica marxista, XVI [1978], pp. 17-50; e vari saggi comparsi su Rinascita negli anni Ottanta).
Il L. lascio' l'universita' nel 1984: negli anni di insegnamento aveva formato una nutrita schiera di studiosi.
In seno al PCI, di cui il L. fu membro del comitato centrale per molti anni, le sue posizioni furono spesso caratterizzate da indipendenza critica nei confronti della linea prevalente. Nel 1966 nel corso dell'XI congresso del PCI (il primo celebrato dopo la morte di Togliatti), il L. si schiero' con la minoranza del partito che sosteneva una politica di attenzione verso i movimenti (cfr. Landucci, 1993, p. 45). Cosi' anche nel 1969, quando tra il 15 e il 17 ottobre il comitato centrale del PCI affronto' il caso del Manifesto, la posizione del L. fu critica: insieme con L. Lombardo Radice e S. Garavini egli si astenne sull'ordine del giorno conclusivo che preludeva alla condanna.
Un altro intervento fortemente critico fu da lui svolto al comitato centrale del PCI del 14-16 marzo 1977 ("I comunisti e la questione giovanile"), successivo alla contestazione degli studenti dell'Universita' di Roma contro il segretario della CGIL Luciano Lama (17 febbraio). Il L. fu molto severo con la politica del partito: "e' un pezzo di societa' che ci e' venuto addosso [...]. Questo fatto denota una mancanza di presa della nostra politica sulle nuove generazioni [...]. Il fatto e' che noi non veniamo identificati come portatori di una nuova societa' [...] coi quali convenga lottare. Piuttosto veniamo identificati come cogestori dell'attuale gestione delle istituzioni, della societa', della politica, dello stato".
Dopo la trasformazione del PCI in Partito democratico della sinistra nel 1991 (PDS), il L. aderi' alle posizioni del gruppo che diede vita a Rifondazione comunista con una dichiarazione di voto apparsa alla vigilia delle elezioni politiche del 1992 nel quotidiano Liberazione (4 aprile). Gli ultimi anni del L. furono segnati dal disincanto nei confronti dell'evoluzione delle vicende culturali e politiche italiane, a cui corrispose l'abbandono degli studi su Marx. Torno' invece a occuparsi di Leopardi: il volume postumo, edito a cura di S. Landucci, Decifrare Leopardi (Napoli 1998), rimasto incompleto, torna sul carattere pienamente filosofico dell'opera leopardiana.
Il L. mori' a Firenze il 25 aprile 1993.
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Fonti e bibliografia: A. Massolo, Logica hegeliana e filosofia contemporanea, Firenze 1967, pp. 115-134; D. Cantimori, Studi di storia, Torino 1959, pp. 399-407; A. Santucci, Esistenzialismo e filosofia italiana, Bologna 1959, pp. 127-136; S. Timpanaro, Classicismo e illuminismo nell'Ottocento italiano, Pisa 1965, pp. 133-143; N. Ajello, Intellettuali e Pci 1944-1958, Roma-Bari 1979, ad ind.; B. Baczko et al., Filosofia e politica. Scritti dedicati a C. L., Firenze 1981 (alle pp. 422-424 la bibliografia degli scritti del L. curata da P. Guarnieri); Quarant'anni di filosofia in Italia. La ricerca di C. L., in Critica marxista, XXIV (1986), 6 (numero monografico dedicato al L.); Ma grideranno le pietre. Conversazioni con U. Colombo, C. L., A. Silvestrini, a cura di V. Silvestrini - L. Amodio, Napoli 1993; Critica marxista, n.s., II (1993), 6, numero monografico dedicato al L. (comprende: A. Tortorella, Una lezione ancora viva, pp. 2-4; C. Luporini, Da "Societa'" alla polemica sullo storicismo, pp. 5-35 [appunti inediti del L.]; S. Landucci, Ricordo di C. L., pp. 37-46; A. Zanardo, Filosofia e societa' in C. L., pp. 47-56; N. Badaloni, Esistenzialismo, liberta' e marxismo in C. L., pp. 57-64; G. Mele, L. e la filosofia italiana prima di "Situazione e liberta'", pp. 65-71; A. Cecchi, L. e il Pci di Firenze, pp. 73-78); N. Badaloni, Le radici del marxismo di C. L., ibid., n.s., III (1994), 6, pp. 57-67; B. Accarino et al., Il pensiero di C. L., Milano 1996; Enc. filosofica, V, pp. 276 s. (S. Landucci); Storia della filosofia fondata da N. Abbagnano, X, G. Fornero - F. Restaino, La filosofia contemporanea, IV, Torino 1994, pp. 275-278, 317-326.

4. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Vicenzo Orsomarso, Marx e Gramsci. La formazione dell'individuo sociale, Sette Citta', Viterbo 2018, pp. 216, euro 12.
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Riedizioni
- Maria Serena Mazzi, In viaggio nel Medioevo, Il Mulino, Bologna 2016, Rcs, Milano 2021, pp. 300, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

6. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4133 del 12 giugno 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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