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[Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 86
- Subject: [Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 86
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Wed, 19 May 2021 08:26:33 +0200
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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 86 del 19 maggio 2021
In questo numero:
1. In memoria di Bertrand Russell ricorrendo l'anniversario della nascita
2. L'appello Einstein-Russell per il disarmo atomico (1955)
3. Joseph Rotblat: Discorso di accettazione del Premio Nobel per la Pace 1995
1. MAESTRI. IN MEMORIA DI BERTRAND RUSSELL RICORRENDO L'ANNIVERSARIO DELLA NASCITA
Ricorreva il 18 maggio l'anniversario della nascita di Bertrand Russell.
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo lo ha ricordato questa mattina con un incontro commemorativo, di lettura e commento di alcuni brani estratti dai suoi scritti.
L'incontro, come di consueto, si e' svolto nel piu' assoluto rispetto delle misure di sicurezza previste dalla vigente normativa per prevenire e contrastare la diffusione del coronavirus.
Gia' piu' volte negli anni passati abbiamo ricordato in incontri alla sua figura e alla sua opera dedicati il grande pensatore ed attivista strenuamente impegnato per la pace, il disarmo, i diritti delle persone e dei popoli; il maestro generoso e cordiale, ironico e garbato; il sereno e fermo oppositore di ogni potere oppressivo e di ogni vile menzogna; il coraggioso combattente per la giustizia e la liberta', forte della nonviolenza dei forti nella lotta in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.
Ed ogni volta abbiamo ripetuto l'invito a proseguire, nel ricordo e alla scuola di Bertrand Russell, nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Nella persuasione che ogni vittima ha il volto di Abele; che vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera; che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'; che solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
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Una minima notizia su Bertrand Russell
Bertrand Russell e' una figura pressoche' leggendaria, nato nel 1872 da Lord e Lady Amberley e deceduto quasi un secolo dopo nel 1970 dopo una vita straordinariamente intensa, civilmente impegnata e intellettualmente feconda. Filosofo, scrittore, ha subito la prigione per il suo impegno pacifista ed ha avuto il Premio Nobel per la letteratura; ha promosso iniziative contro la guerra e per il disarmo, per i diritti civili e il progresso sociale; tra tante altre iniziative: quelle per l'obiezione di coscienza, la dichiarazione Einstein-Russell, la lettera "ai potenti della terra", la fondazione del movimento Pugwash, la campagna per il disarmo nucleare, la costituzione del Tribunale internazionale per i crimini di guerra nel Vietnam. Opere di Bertrand Russell: la bibliografia di Russell e' sconfinata, per i temi che maggiormente ci interessano sono particolarmente utili la monumentale Autobiografia, edita da Longanesi, ed i numerosissimi saggi di argomento pacifista, politico ed etico. Una utile antologia essenziale con specifici riferimenti bibliografici e' nel volume di Mario Alcaro, Bertrand Russell, che citiamo di seguito; cfr. anche almeno La mia filosofia, Newton Compton, Roma 1995; l'antologia Pensieri, Newton Compton, Roma 1996; e la vasta raccolta Il mio pensiero, Newton Compton, Roma 1997. Opere su Bertrand Russell: specifico sul Russell pacifista e impegnato per i diritti umani e' il libro di Mario Alcaro, Bertrand Russell, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1990; piu' centrati sugli aspetti filosofici sono i libri di Alfred J. Ayer, Russell, Mondadori, Milano 1992; Michele Di Francesco, Introduzione a Russell, Laterza, Roma-Bari 1990; Alberto Granese, Che cosa ha veramente detto Russell, Ubaldini, Roma 1971; Luigi Perissinotto (a cura di), Russell, Rcs, Milano 2015; cfr. anche due altri agili testi introduttivi divulgativi: Fernando Broncano, Russell. Conoscenza e felicita', Hachette, Milano 2015; Francisco Manuel Sauri' Mercader, Russell. Solo la logica permette all'uomo di pensare con chiarezza, Rba, Milano 2017.
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Una breve commemorazione
Ad apertura dell'incontro uno dei partecipanti impegnato nella struttura nonviolenta viterbese ha tenuto una breve commemorazione di cui di seguito si riassumono alcuni passaggi.
Il 18 maggio del 1872 nasceva Bertrand Russell, scomparso ormai da mezzo secolo (mori' il 2 febbraio 1970 quando ormai in molti pensavamo che fosse immortale).
E' stato un maestro di impegno per la pace e i diritti umani, di dialogo e di comprensione, di opposizione nitida e intransigente a tutti poteri oppressivi, a tutti gli abusi, a tutte le violenze.
Ed anche se mi sembra che oggi il suo luminoso insegnamento sia quasi dimenticato (come quelli di Erich Fromm, di Danilo Dolci, di altre luminose figure dell'impegno intellettuale, morale e civile che hanno non solo dimostrato teoricamente ma testimoniato praticamente la necessita' della nonviolenza), credo resti una delle persone piu' vive e aggettanti del secolo in cui anch'io ho vissuto la maggiore e la miglior parte della mia vita.
So bene che nel trascorrere delle mode filosofiche, i vari e confliggenti marxismi, la fenomenologia e l'esistenzialismo, il pragmatismo e l'ermeneutica, lo strutturalismo e il decostruzionismo, le filosofie della scienza e del linguaggio, Russell puo' apparire pensatore obsoleto o tutto interno a una vicenda che in Wittgenstein ha avuto la sua erma bifronte e il suo monumento funebre; tuttavia a me sembra ancora vitale, vivace e verace il cuore del suo meditare, del suo insegnare, del suo agire.
So bene che nel vorticoso succedersi delle mode letterarie che dal flusso di coscienza e da Simenon giungono fino all'Oulipo e a Pynchon, la scrittura saggistica e conversazionale russelliana "di varia umanita'" e le opere sue che una volta si sarebbero forse dette "di letteratura amena" possono sembrare esercizi e documenti di un tempo e uno stile che fu; e ciononostante quello scrivere nitido e piano che e' inteso a farsi capire e a discutere insieme, mi sembra un modello che massimamente nella scrittura saggistica merita di essere appreso e adottato; il modo di scrivere ragionativo e chiarificatore che nel nostro paese - ma senza il brio volterriano di Russell - e' stato di Benedetto Croce e di Norberto Bobbio; e con quel brio invece - e talora in cadenza di "presto con fuoco" - di Umberto Eco, che per molti versi forse e' stato lo spirito a Russell piu' affine.
Ci fu un tempo in cui nelle edicole delle stazioni ferroviarie i volumetti longanesiani delle sue operette morali e politiche non mancavano mai. Ed era un conforto saperlo.
Aver letto Russell da adolescente mi vaccino' una volta per sempre dalle tentazioni del dogmatismo e del totalitarismo; quando studente entrai nell'impegno politico mi trovai bene in un piccolo eretico gruppo della nuova sinistra che era nato schierandosi con Dubcek e la primavera di Praga e che tutto ma proprio tutto continuamente rimetteva in discussione (e che si dissolse non molti anni dopo, ed ancora ne ho nostalgia).
Negli anni della scuola gustai la sua scettica e divertente Storia della filosofia occidentale, che rispetto ai manuali in uso nei licei era insieme uno sberleffo e una testimonianza di passione - di lettura per diletto, senza timori reverenziali, senza pompa accademica ne' gergo esoterico. Anche dove proprio non potevi essere d'accordo su certe idiosincrasie era una gioia vederle dichiarate senza infingimenti, e dove incontravi giudizi rocamboleschi o funambolici svarioni era un piacere goderne comunque e dissentire di tutto cuore.
Gia' a quel tempo e poi via via negli anni lessi anche alcuni suoi lavori specialistici, ed ho continuato fino ad oggi che sono un vecchio barbogio, avidamente cercando i suoi scritti tra i reperti d'antan trovati sulle bancarelle e le scarse nuove edizioni in libreria (non sempre granche' piu' curate dei vecchi volumetti da edicola e da barricata): e' che gli autori che ami sono come le ciliege, giunti a una certa soglia vorresti poi leggerne tutto.
E adesso che ho in casa un mezzo centinaio di suoi volumi, compresa la monumentale sapidissima autobiografia (che fronteggia e contrappunta ma anche ben s'intreccia e si completa da un lato con la storia di se' e dell'intellettualita' engage' di Simone de Beauvoir, e dall'altro con il vasto affresco egotista di Churchill che forse neppure Churchill riusci' a rileggere integralmente) che mi accade talora di pensare che costituisca quasi una sorta di contraltare pubblico e politico del capolavoro privato e sociale di Proust - e di quelli di Joyce, e di Musil, ebbene, di frequente quegli smilzi pamphlet e quei tomi polverosi torno a prendere in mano, a cercarvi conferme e conforto.
E mentre mi attraggono poco alcune sue opere che approfondiscono questioni di cui riconosco il rilievo ma sulle quali il mio interesse e' tanto labile quanto la mia ignoranza resta piramidale, o altre opere che trovo invece troppo semplificatrici (per non dire mera esibizione di elegante e talvolta salottiera - quantunque intelligente e gradevole sempre - conversazione; ma che in certi momenti, ahime', anch'essa degenera in banale chiacchiericcio senza lo scoppiettare delle punte wildiane), mi sembra che alcuni suoi libri anche di ampio respiro restino ben utili oltreche' appassionanti: come ad esempio la sua "Storia delle idee del secolo XIX" (che non mi pare sia molto al di sotto del classico testo di Croce, e che don Benedetto mi perdoni); o altri libri di vivo impegno intellettuale, morale, civile, educativo e parenetico, che sarebbero troppi per nominarli qui tutti.
Non so se Russell - o Arendt, o Sartre, o Croce - sia stato l'Erasmo o il Voltaire del XX secolo, e credo che il secolo delle due guerre mondiali e dei totalitarismi non abbia avuto l'equivalente dell'umanesimo e dell'illuminismo in cui quelle figure sorsero, ma so che Russell - e Arendt, e Sartre, e Croce - con tutti i loro limiti, ed anche le loro inevitabili contraddizioni, hanno comunque rappresentato la resistenza della civilta' alla barbarie, hanno voluto adempiere al dovere di contrastare il male, la menzogna, l'oppressione, l'orrore.
Rileggendo sovente la sua pubblicistica morale e politica non di rado e' palese che essa e' piu' scintillante che profonda, ma anche tanta parte dell'opera di Voltaire - come ebbe a notare una volta Paolo Serini - e' giornalismo, ma benedetto giornalismo e sacrosanta polemica.
In una linea ideale che da Lucrezio, Cervantes e Diderot giunge a Giacomo Leopardi, a Rosa Luxemburg, ad Antonio Gramsci, a Virginia Woolf, a Simone Weil, ad Hannah Arendt e Guenther Anders, anche Bertrand Russell annovero tra i miei maestri.
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Quid agendum
Nel ricordo di Bertrand Russell ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
2. TESTI. L'APPELLO EINSTEIN-RUSSELL PER IL DISARMO ATOMICO (1955)
Nella tragica situazione che l'umanita' si trova ad affrontare, riteniamo che gli scienziati debbano riunirsi per valutare i pericoli sorti come conseguenza dello sviluppo delle armi di distruzione di massa e per discutere una risoluzione nello spirito del documento che segue.
Non parliamo, in questa occasione, come appartenenti a questa o a quella nazione, continente o credo, bensi' come esseri umani, membri del genere umano, la cui stessa sopravvivenza e' ora in pericolo. Il mondo e' pieno di conflitti, e su tutti i conflitti domina la titanica lotta tra comunismo e anticomunismo. Chiunque sia dotato di una coscienza politica avra' maturato una posizione a riguardo. Tuttavia noi vi chiediamo, se vi riesce, di mettere da parte le vostre opinioni e di ragionare semplicemente in quanto membri di una specie biologica la cui evoluzione e' stata sorprendente e la cui scomparsa nessuno di noi puo' desiderare.
Tenteremo di non utilizzare parole che facciano appello soltanto a una categoria di persone e non ad altre. Gli uomini sono tutti in pericolo, e solo se tale pericolo viene compreso vi e' speranza che, tutti insieme, lo si possa scongiurare.
Dobbiamo imparare a pensare in modo nuovo. Dobbiamo imparare a domandarci non gia' quali misure adottare affinche' il gruppo che preferiamo possa conseguire una vittoria militare, poiche' tali misure ormai non sono piu' contemplabili; la domanda che dobbiamo porci e': "Quali misure occorre adottare per impedire un conflitto armato il cui esito sarebbe catastrofico per tutti?"
La gente comune, cosi' come molti uomini al potere, ancora non ha ben compreso quali potrebbero essere le conseguenze di una guerra combattuta con armi nucleari. Si ragiona ancora in termini di citta' distrutte. Si sa, per esempio, che le nuove bombe sono piu' potenti delle precedenti e che se una bomba atomica e' riuscita a distruggere Hiroshima, una bomba all'idrogeno potrebbe distruggere grandi citta' come Londra, New York e Mosca.
E' fuor di dubbio che in una guerra con bombe all'idrogeno verrebbero distrutte grandi citta'. Ma questa non sarebbe che una delle tante catastrofi che ci troveremmo a fronteggiare, e nemmeno la peggiore. Se le popolazioni di Londra, New York e Mosca venissero sterminate, nel giro di alcuni secoli il mondo potrebbe comunque riuscire a riprendersi dal colpo. Tuttavia ora sappiamo, soprattutto dopo l'esperimento di Bikini, che le bombe atomiche possono portare gradatamente alla distruzione di zone molto piu' vaste di quanto si fosse creduto.
Fonti autorevoli hanno dichiarato che oggi e' possibile costruire una bomba 2500 volte piu' potente di quella che distrusse Hiroshima. Se fatta esplodere a terra o in mare, tale bomba disperde nell'atmosfera particelle radioattive che poi ridiscendono gradualmente sulla superficie sotto forma di pioggia o pulviscolo letale. E' stato questo pulviscolo a contaminare i pescatori giapponesi e il loro pescato.
Nessuno sa con esattezza quanto si possono diffondere le particelle radioattive, ma tutti gli esperti sono concordi nell'affermare che una guerra con bombe all'idrogeno avrebbe un'alta probabilita' di portare alla distruzione della razza umana. Si teme che l'impiego di molte bombe all'idrogeno possa portare alla morte universale - morte che sarebbe immediata solo per una minoranza, mentre alla maggior parte degli uomini toccherebbe una lenta agonia dovuta a malattie e disfacimento.
In piu' occasioni eminenti uomini di scienza ed esperti di strategia militare hanno lanciato l'allarme. Nessuno di loro afferma che il peggio avverra' per certo. Cio' che dicono e' che il peggio puo' accadere e che nessuno puo' escluderlo. Non ci risulta, per ora, che le opinioni degli esperti in questo campo dipendano in alcuna misura dal loro orientamento politico e dai loro preconcetti. Dipendono, a quanto emerso dalle nostre ricerche, dalla misura delle loro competenze. E abbiamo riscontrato che i piu' esperti sono anche i piu' pessimisti.
Questo dunque e' il problema che vi poniamo, un problema grave, terrificante, da cui non si puo' sfuggire: metteremo fine al genere umano, o l'umanita' sapra' rinunciare alla guerra? E' una scelta con la quale la gente non vuole confrontarsi, poiche' abolire la guerra e' oltremodo difficile.
Abolire la guerra richiede sgradite limitazioni alla sovranita' nazionale. Ma forse cio' che maggiormente ci impedisce di comprendere pienamente la situazione e' che la parola "umanita'" suona vaga e astratta. Gli individui faticano a immaginare che a essere in pericolo sono loro stessi, i loro figli e nipoti e non solo una generica umanita'. Faticano a comprendere che per essi stessi e per i loro cari esiste il pericolo immediato di una mortale agonia. E cosi' credono che le guerre potranno continuare a esserci, a patto che vengano vietate le armi moderne. Ma non e' che un'illusione. Gli accordi conclusi in tempo di pace di non utilizzare bombe all'idrogeno non verrebbero piu' considerati vincolanti in tempo di guerra. Con lo scoppio di un conflitto armato entrambe le parti si metterebbero a fabbricare bombe all'idrogeno, poiche' se una parte costruisse bombe e l'altra no, la parte che ha fabbricato le bombe risulterebbe inevitabilmente vittoriosa.
Tuttavia, anche se un accordo alla rinuncia all'armamento nucleare nel quadro di una generale riduzione degli armamenti non costituirebbe la soluzione definitiva del problema, avrebbe nondimeno una sua utilita'. In primo luogo, ogni accordo tra Oriente e Occidente e' comunque positivo poiche' contribuisce a diminuire la tensione internazionale. In secondo luogo, l'abolizione delle armi termonucleari, nel momento in cui ciascuna parte fosse convinta della buona fede dell'altra, diminuirebbe il timore di un attacco improvviso come quello di Pearl Harbour, timore che al momento genera in entrambe le parti uno stato di agitazione. Dunque un tale accordo andrebbe accolto con sollievo, quanto meno come un primo passo.
La maggior parte di noi non e' neutrale, ma in quanto esseri umani dobbiamo tenere ben presente che affinche' i contrasti tra Oriente e Occidente si risolvano in modo da dare una qualche soddisfazione a tutte le parti in causa, comunisti e anticomunisti, asiatici, europei e americani, bianchi e neri, tali contrasti non devono essere risolti mediante una guerra. E' questo che vorremmo far capire, tanto all'Oriente quanto all'Occidente.
Ci attende, se lo vogliamo, un futuro di continuo progresso in termini di felicita', conoscenza e saggezza. Vogliamo invece scegliere la morte solo perche' non siamo capaci di dimenticare le nostre contese? Ci appelliamo, in quanto esseri umani, ad altri esseri umani: ricordate la vostra umanita', e dimenticate il resto. Se ci riuscirete, si aprira' la strada verso un nuovo Paradiso; altrimenti, vi troverete davanti al rischio di un'estinzione totale.
Invitiamo questo congresso, e per suo tramite gli scienziati di tutto il mondo e la gente comune, a sottoscrivere la seguente mozione:
In considerazione del fatto che in una futura guerra mondiale verrebbero certamente impiegate armi nucleari e che tali armi sono una minaccia alla sopravvivenza del genere umano, ci appelliamo con forza a tutti i governi del mondo affinche' prendano atto e riconoscano pubblicamente che i loro obbiettivi non possono essere perseguiti mediante una guerra mondiale e di conseguenza li invitiamo a trovare mezzi pacifici per la risoluzione di tutte le loro controversie.
Albert Einstein, Bertrand Russell, Max Born (Premio Nobel per la fisica), Percy W. Bridgman (Premio Nobel per la fisica), Leopold Infeld (Professore di fisica teorica), Frederic Joliot-Curie (Premio Nobel per la chimica), Herman J. Muller, (Premio Nobel per la fisiologia e medicina), Linus Pauling (Premio Nobel per la chimica), Cecil F. Powell (Premio Nobel per la fisica), Jozef Rotblat (Professore di fisica), Hideki Yukawa (Premio Nobel per la fisica)
(Traduzione italiana di Aurelia Martelli)
3. RIFLESSIONE. JOSEPH ROTBLAT: DISCORSO DI ACCETTAZIONE DEL PREMIO NOBEL PER LA PACE 1995
[Dal sito www.senzatomica.it nuovamente riprendiamo e diffondiamo il testo del discorso pronunciato a Oslo il 10 dicembre del 1995 dal professor Joseph Rotblat al momento dell'accettazione del Premio Nobel per la Pace che gli fu conferito, insieme all'associazione "Pugwash Conferences on Science and World Affairs" della quale fu uno dei fondatori, per la lotta contro le armi nucleari]
Ricordate la vostra umanita'.
In questo solenne momento della mia vita - l'accettazione del Premio Nobel per la Pace - intendo parlare come scienziato, ma anche come essere umano. Fin dai miei giorni piu' lontani, sono stato appassionato di scienza, ma la scienza, esercizio del potere supremo dell'intelletto umano, nella mia mente e' sempre stata collegata ai benefici che doveva portare alle persone. Pensavo che la scienza fosse in armonia con l'umanita', non immaginavo che avrei speso meta' della mia vita nel tentativo di sventare un pericolo mortale per l'umanita', creato proprio dalla scienza.
L'uso concreto dell'energia nucleare era il risultato di anni di ricerca sperimentale e teorica, e presentava un grande potenziale benefico per il bene comune. Ma l'opinione pubblica seppe della scoperta solo nel momento in cui ebbe notizia della distruzione di Hiroshima con la bomba atomica. Uno splendido risultato della scienza e della tecnologia era diventato nefasto. La scienza venne associata alla morte e alla distruzione.
Mi addolora ammettere che questa immagine della scienza e' meritata. La decisione di usare la bomba atomica sulle citta' giapponesi, e la conseguente creazione di enormi arsenali nucleari, venne presa dai governi sulla base di percezioni politiche e militari, ma sono stati gli scienziati di entrambi i lati della cortina di ferro a svolgere una parte molto significativa nel dare continuo incremento alla rincorsa alle armi nucleari per tutti i quaranta anni della guerra fredda.
Il ruolo degli scienziati nella corsa alle armi nucleari venne espresso con schiettezza da lord Zuckerman, per parecchi anni consigliere scientifico del governo inglese: "Per quanto riguarda le armi nucleari [...] e' l'uomo nel laboratorio che fin dal principio suggerisce che, per questa o quell'altra arcana ragione, sarebbe utile migliorare una vecchia testata nucleare o inventarne una nuova. E' lui, il tecnico, non il comandante sul campo, che sta nel cuore della corsa agli armamenti".
Molto prima che il terrificante potenziale della corsa agli armamenti fosse riconosciuto, era largamente diffusa un'istintiva avversione per le armi nucleari e un forte desiderio di eliminarle. A questo proposito, la primissima risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite - adottata all'unanimita' - chiedeva l'eliminazione delle armi nucleari. Tuttavia, il mondo era allora diviso dall'aspra lotta ideologica tra Est e Ovest e questo appello non aveva alcuna possibilita' di essere accolto. Il primo obiettivo era di fermare la corsa agli armamenti prima che portasse a un completo disastro. Tuttavia, dopo la caduta del comunismo e la disintegrazione dell'Unione Sovietica, ogni motivazione per il possesso di armi nucleari e' scomparsa. Si poteva ricominciare la lotta per la loro completa distruzione, ma le potenze nucleari sono tenacemente attaccate alle loro armi.
Lasciate che vi ricordi che il disarmo nucleare non e' solo un ardente desiderio dei popoli, cosi' come e' espresso in numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, ma che si tratta di un impegno che i cinque Paesi che detengono ufficialmente le armi nucleari si sono assunti formalmente, con il Trattato di Non Proliferazione. Solo pochi mesi fa, quando ne e' stata decisa l'estensione a tempo indeterminato, le potenze nucleari si sono nuovamente impegnate al disarmo nucleare completo. Questo e' ancora il loro traguardo ufficiale, ma le dichiarazioni formali non collimano con le loro politiche a livello pratico e la divergenza sembra essere intrinseca.
Dalla fine della guerra fredda, le due principali potenze nucleari hanno iniziato a ridurre significativamente i loro arsenali nucleari. Ognuna sta smantellando circa 2000 testate nucleari all'anno. Se questo programma continuasse, tutte le testate nucleari potrebbero essere smantellate nel giro di poco piu' di dieci anni. Siamo tecnicamente in grado di creare un mondo libero da armi nucleari in dieci anni circa. Purtroppo il programma attuale non fa in modo che cio' accada: quando il trattato Start II e' stato siglato - e ricordiamoci che non e' stato ancora ratificato - esistevano la bellezza di 15.000 armi nucleari, attive e in riserva. Quindicimila armi con una potenza media di 20 bombe di Hiroshima.
Se non interviene subito un cambiamento fondamentale nel modo di pensare, non vedremo ancora per molto tempo, e forse non vedremo mai, l'azzeramento degli arsenali nucleari. E la base di questo modo di pensare attualmente e' rappresentata dalla deterrenza nucleare.
Cio' si legge chiaramente nella Nuclear Posture Review americana che si concludeva con l'affermazione, poi ripresa da altre potenze nucleari, "L'ambiente del dopo-guerra fredda richiede la deterrenza nucleare". Le armi nucleari sono conservate come baluardo contro pericoli non specificati.
Questa politica e' semplicemente la continuazione inerziale dell'era della guerra fredda. La guerra fredda e' finita, ma il modo di pensare della guerra fredda rimane. Allora ci dicevano che la terza guerra mondiale era stata sventata grazie all'esistenza delle armi nucleari. Oggi ci dicono che le armi nucleari servono a impedire qualsiasi tipo di guerra. Questi sono argomenti che hanno la pretesa di fornire delle prove in negativo. Mi torna in mente la storiella che si raccontava quando ero ragazzo, ai tempi dell'introduzione delle comunicazioni via radio.
Due uomini anziani e saggi stano discutendo riguardo al passato splendore della civilta' delle rispettive nazioni. Uno dice: "Il mio paese ha una grande tradizione di sviluppo tecnologico. Abbiamo fatto degli scavi e trovato un cavo; il che dimostra come gia' in tempi remoti avessimo il telegrafo". L'altro uomo ribatte: "Anche noi abbiamo fatto degli scavi e non abbiamo trovato assolutamente niente; il che dimostra che gia' allora avevamo la comunicazione senza fili!".
Non c'e' alcun elemento che provi direttamente che le armi nucleari abbiano impedito una terza guerra mondiale. Al contrario e' risaputo che ne hanno quasi provocata una. Il piu' terrificante periodo della mia vita fu l'ottobre del 1962, durante la crisi dei missili di Cuba. Non ero a conoscenza di tutti i fatti - solo di recente abbiamo appreso quanto siamo andati vicino alla guerra -, ma quello che sapevo era sufficiente a farmi venire i brividi. Milioni di vite all'improvviso potevano finire; milioni di altre sarebbero state condannate a una lenta agonia; gran parte della nostra civilta' sarebbe andata distrutta. Tutto dipendeva dalla decisione di un solo uomo, Nikita Krusciov: si sarebbe piegato all'ultimatum degli Stati Uniti oppure no? Il vero volto delle armi nucleari e' questo: possono dare inizio a una guerra mondiale, una guerra che, a differenza di quelle combattute in precedenza, distrugge l'intera civilta'.
Quanto all'asserzione che le armi nucleari possano servire da deterrente preventivo delle guerre, quante altre guerre sono necessarie per delegittimare questo argomento? Dieci milioni di persone sono morte nei numerosi conflitti che hanno avuto luogo dal 1945 in poi. Alcuni di questi videro coinvolte delle potenze nucleari e, in piu', in due occasioni potenze nucleari coinvolte furono sconfitte e il possesso di armi nucleari non fu loro di alcun aiuto.
Insomma, non c'e' alcune prova che un mondo senza armi nucleari sarebbe pericoloso. Al contrario, sarebbe un mondo piu' sicuro, come illustrero' in seguito.
Si dice che il possesso di armi nucleari, e in alcuni casi persino condurre dei test sui loro effetti, e' indispensabile per la sicurezza nazionale. Ma a questo argomento potrebbero ricorrere anche altre nazioni: se le nazioni piu' potenti, e quindi meno a rischio, dal punto di vista militare hanno bisogno delle armi nucleari per la propria sicurezza, come si puo' negare la stessa sicurezza a quelle che sono davvero in una situazione piu' instabile? L'attuale politica sul nucleare bellico e' una ricetta per la sua proliferazione. Una politica per il disastro.
Per prevenire questo disastro, per il bene dell'umanita', dobbiamo sbarazzarci delle armi nucleari.
Per realizzare questo obiettivo ci vorra' del tempo, ma se non iniziamo a lavorare non ci arriveremo mai. Alcuni passi essenziali possono essere compiuti anche subito. Diversi studi e numerose dichiarazioni rese da importanti esponenti militari e da personalita' della politica testimoniano che, a eccezione delle dispute tra le attuali potenze nucleari, tutti i conflitti bellici, nonche' le situazioni che minacciano di degenerare in guerra aperta, possono essere risolti ricorrendo alle armi convenzionali. Questo significa che l'unica funzione delle armi nucleari e' la dissuasione di aggressioni nucleari.
Sarebbe ora che tutte le potenze nucleari riconoscessero che la situazione e' questa e che dichiarassero, sotto forma di trattato, che non useranno per prime le armi nucleari. Questo sgombrerebbe la via a una riduzione graduale e reciproca degli arsenali nucleari, fino ad arrivare al loro azzeramento. Inoltre si creerebbero le condizioni per una Convenzione sulle Armi Nucleari: una convenzione di applicazione universale che proibirebbe in assoluto il possesso di armi nucleari. A salvaguardia della convenzione, si dovra' elaborare un necessario sistema di controllo. Uno studio dell'organizzazione di Pugwash ha prodotto diverse ipotesi di lavoro su questi argomenti. Il meccanismo per negoziare una convenzione di questo genere esiste gia'. Aderire al negoziato non impegna le parti. Non c'e' ragione per non cominciare subito. Se non ora, quando?
Pertanto chiedo alle potenze nucleari di abbandonare le sorpassate dottrine della guerra fredda e di iniziare a pensare in modo nuovo. Soprattutto, rivolgo loro un appello affinche' tengano bene in mente il pericolo cui, nel lungo periodo, le armi nucleari espongono l'umanita' e agiscano per la loro eliminazione. Un secondo appello va ai miei colleghi scienziati. Ho gia' descritto la parte sciagurata che un esiguo numero di scienziati , alla stregua di altrettanti "dottor Stranamore" ha avuto nella corsa agli armamenti. Costoro hanno inferto un grave danno all'immagine della scienza.
D'altro canto ci sono scienziati, nell'organizzazione di Pugwash come in altre organizzazioni, che dedicano gran parte del proprio tempo e ingegno a scongiurare i pericoli creati dai progressi della scienza e della tecnologia. Tuttavia questo gruppo costituisce solo una piccola parte della comunita' scientifica. Io voglio rivolgermi all'intera comunita'.
Voi svolgete un'opera fondamentale che estende le frontiere della conoscenza, ma spesso lo fate senza preoccuparvi molto dell'impatto del vostro lavoro sulla societa'. Affermazioni dogmatiche come "la scienza e' neutrale" o "la scienza non ha nulla che fare con la politica" sono ancora prevalenti, ma in realta' non sono che la vestigia di una torre d'avorio che e' stata definitivamente demolita dalla bomba di Hiroshima.
Ecco, per esempio, un interrogativo: e' giusto che uno scienziato partecipi allo sviluppo di un'arma di distruzione di massa? Un secco "no" e' stata la risposta data recentemente da Hans Bethe. Il profesor Bethe, un premio Nobel, e' il piu' anziano tra coloro che parteciparono al Progetto Manhattan e sono ancora in vita. In occasione del cinquantesimo anniversario del bombardamento di Hiroshima, ha rilasciato una dichiarazione che citero' per intero:
"Come direttore della divisione teorica di Los Alamos, ho partecipato al piu' alto livello accademico al Progetto Manhattan durante la seconda guerra mondiale che ha prodotto la prima arma nucleare. Oggi, all'eta' di 88 anni, sono uno dei pochi anziani superstiti. Ripensando ai cinquant'anni trascorsi da quel giorno, provo a un tempo un intenso sollievo, perche' queste armi non sono state piu' usate dai tempi della seconda guerra mondiale, che si mescola all'orrore al pensiero che da allora sono state costruite decine di migliaia di altre bombe: centinaia di volte di piu' di quelle che chiunque di noi a Los Alamos avrebbe potuto immaginare.
Oggi giustamente viviamo in un''epoca di disarmo e smantellamento degli armamenti nucleari. Ma in alcuni Paesi lo sviluppo di armi nucleari continua tuttora. Se e quando le varie nazioni del mondo potranno trovare un accordo per fermare questo processo, nessuno lo sa. Ma i singoli scienziati possono comunque incidere su quello che succede, rifiutandosi di prestare il proprio talento in questo processo.
Pertanto rivolgo a tutti gli scienziati di ogni parte del mondo la richiesta di rinunciare a intraprendere o di interrompere qualsiasi lavoro di creazione, sviluppo, miglioramento e fabbricazione di altre armi nucleari e anche di ogni altra possibile arma di distruzione di massa come quelle chimiche o biologiche".
Se gli scienziati prestassero ascolto a questa invocazione, non ci sarebbero nuove testate nucleari; non ci sarebbero scienziati francesi a Mururoa; nessuna nuova arma chimica o biologica. La corsa agli armamenti sarebbe davvero finita.
Ma ci sono anche altri rami della ricerca scientifica che possono direttamente o indirettamente arrecare un danno alla societa'. Per questa ragione la vigilanza deve essere costante. I governi e la ricerca scientifica talvolta possono avere degli scopi occulti e il pubblico puo' essere tratto in inganno da un'informazione tendenziosa. Gli scienziati dovrebbero assumersi il compito di denunciare questi fatti incresciosi. Le "soffiate" di questo tipo dovrebbero diventare parte del codice etico degli scienziati. Potrebbero certamente esserci delle rappresaglie; un prezzo da pagare per seguire le proprio convinzioni. Il prezzo potrebbe essere anche molto alto, come dimostra la sproporzionata severita' della pena inflitta a Mordechai Vanunu.
Personalmente ritengo che Vanunu a questo punto abbia sofferto abbastanza.
E' venuto il momento di formulare delle linee guida per la condotta etica degli scienziati, forse nella forma di un giuramento volontario come quello ippocratico. Cio' potrebbe mostrarsi particolarmente importante per i giovani che intraprendono una carriera scientifica. La sezione statunitense del gruppo studentesco di Pugwash ha scelto di raccogliere questa idea e cio' e' molto confortante.
In un momento storico in cui la scienza ha un ruolo tanto importante nella vita della societa', quando il destino dell'intera umanita' potrebbe dipendere dai risultati della ricerca scientifica, su tutti gli scienziati grava il dovere di essere pienamente consapevoli del proprio ruolo e di comportarsi di conseguenza. Faccio appello ai miei colleghi scienziati perche' si ricordino della loro responsabilita' nei confronti dell'umanita'.
Il terzo appello e' rivolto ai miei concittadini di tutto il mondo: aiutateci a stabilire una pace duratura.
Mi vedo costretto a portare alla vostra attenzione una realta' terrificante: con lo sviluppo delle armi nucleari l'uomo ha acquisito, per la prima volta nella sua storia, gli strumenti per distruggere l'intera civilta' con un singolo atto. Invero l'intera specie umana e' a rischio di estinzione, a causa delle armi nucleari o di altri strumenti di distruzione indiscriminata che i futuri sviluppi scientifici verosimilmente renderanno possibili.
Fin qui ho sostenuto che dobbiamo eliminare le armi nucleari, ma pur rimuovendo la minaccia immediata, cio' non ci garantirebbe una sicurezza permanente. Le armi nucleari non possono essere "disinventate". Non possiamo cancellare la conoscenza di come costruirle. Persino in un mondo libero dalle armi nucleari, se una delle grandi potenze militari dovesse essere coinvolta in un conflitto militare, sarebbe tentata di ricostituire il proprio arsenale nucleare. Si tratterebbe comunque di una situazione migliore di quella attuale, perche' la ricostruzione delle armi richiederebbe un tempo considerevole e nel frattempo i conflitti potrebbero essere risolti. Un mondo senza armi nucleari sarebbe piu' sicuro del mondo attuale, ma il pericolo della catastrofe definitiva continuerebbe a esistere.
L'unico modo di prevenirla alla radice e' di abolire la guerra. La guerra non deve piu' essere considerata un istituto sociale ammissibile. Dobbiamo imparare a risolvere le nostre dispute con strumenti diversi da quelli dello scontro militare.
Questa esigenza e' stata riconosciuta gia' quarant'anni fa, quando nel Manifesto Russell-Einstein dicemmo: "Ecco dunque il problema che vi sottoponiamo, brutale, spaventoso e ineludibile: consegneremo la razza umana alla sua fine, o sapremo rinunciare alla guerra?".
Anche l'abolizione della guerra rientra in un impegno sottoscritto dalle potenze nucleari: l'articolo 6 del Trattato di Non Proliferazione rinvia alla futura conclusione di un trattato di generale e completo disarmo, sottoposto a un puntuale ed effettivo controllo internazionale.
Qualsiasi trattato comporta che in una certa misura venga compromessa la sovranita' nazionale e questo e' generalmente impopolare. Come abbiamo detto nel Manifesto Russell-Einstein: "L'abolizione della guerra comportera' sgradevoli limitazioni della sovranita' nazionale". Qualsiasi sistema di governo venga alla fine adottato, e' importante che abbia il sostegno della gente. Dobbiamo riuscire a trasmettere il messaggio che la salvaguardia del nostro bene comune, l'umanita', esige che in ognuno di noi si sviluppi una nuova lealta': la lealta' verso il genere umano. Bisogna alimentare un sentimento di appartenenza alla razza umana.
Dobbiamo diventare cittadini del mondo.
Nonostante la frammentazione che ha avuto luogo dalla fine della guerra fredda e le numerose guerre per il riconoscimento di identita' nazionali ed etniche, io credo che oggi le condizioni perche' questa nuova lealta' attecchisca siano migliori che non ai tempi del Manifesto Russel-Einstein. Cio' anche in virtu' degli enormi progressi scientifici e tecnologici degli ultimi quarant'anni. I fantastici passi in avanti compiuti nei settori delle comunicazioni e dei trasporti hanno letteralmente rimpicciolito il nostro mondo. Oggi tutte le nazioni del mondo sono diventate vicine di casa.
Le moderne tecnologie dell'informazione ci permettono di venire istantaneamente a conoscenza di tutto quello che succede in qualsiasi parte del mondo. Possiamo parlare tra noi attraverso le diverse reti di comunicazione. Con il tempo queste capacita' miglioreranno ancora enormemente, perche' quello che si e' raggiunto finora intacca appena la superficie del possibile. La tecnologia ci unisce. In piu' di un senso stiamo diventando un'unica grande famiglia.
Nel farmi portavoce della necessita' di una nuova lealta' al genere umano, non voglio dire che dobbiamo sconfessare le rispettive lealta' nazionali. Ognuno di noi e' leale a diversi gruppi, dall'ambito ristretto della famiglia a quello, finora il piu' ampio, della nazione. Molti di questi gruppi garantiscono protezione ai propri membri. Con i rischi globali derivanti dalla scienza e dalla tecnologia, oggi l'intera umanita' ha bisogno di protezione. Dobbiamo estendere la nostra lealta' all'intera umanita'.
Quello di cui noi dell'organizzazione di Pugwash ci facciamo promotori, un mondo senza guerre, sara' certamente considerato da molti un sogno utopistico. Non e' un'utopia. Esiste gia' in ampie regioni del mondo, per esempio nell'Unione Europea, al cui interno e' impensabile una guerra. Bisogna estendere questi ambiti fino a includervi tutte le principali potenze del mondo.
In ogni caso non abbiamo scelta. L'alternativa e' inaccettabile. Permettetemi di citare il passaggio conclusivo del Manifesto Russell-Einstein: "Come esseri umani ci rivolgiamo agli esseri umani: ricordate la vostra umanita' e dimenticate il resto. Se potete farlo, vi si apre davanti la strada verso un nuovo paradiso; se non potete, dinanzi a voi si spalanca il rischio della morte universale". La ricerca di un mondo libero dalla guerra ha uno scopo fondamentale: la sopravvivenza, ma se nel corso dell'impresa impareremo come assicurarci la sopravvivenza per mezzo dell'amore, invece che con la paura, con la gentilezza invece che con la costrizione; se impareremo a combinare l'utile e il dilettevole, l'opportuno e il caritatevole, il pratico e il bello, questo sara' un ulteriore premio per avere intrapreso questa missione.
E soprattutto, ricordate la vostra umanita'.
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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 86 del 19 maggio 2021
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Numero 86 del 19 maggio 2021
In questo numero:
1. In memoria di Bertrand Russell ricorrendo l'anniversario della nascita
2. L'appello Einstein-Russell per il disarmo atomico (1955)
3. Joseph Rotblat: Discorso di accettazione del Premio Nobel per la Pace 1995
1. MAESTRI. IN MEMORIA DI BERTRAND RUSSELL RICORRENDO L'ANNIVERSARIO DELLA NASCITA
Ricorreva il 18 maggio l'anniversario della nascita di Bertrand Russell.
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo lo ha ricordato questa mattina con un incontro commemorativo, di lettura e commento di alcuni brani estratti dai suoi scritti.
L'incontro, come di consueto, si e' svolto nel piu' assoluto rispetto delle misure di sicurezza previste dalla vigente normativa per prevenire e contrastare la diffusione del coronavirus.
Gia' piu' volte negli anni passati abbiamo ricordato in incontri alla sua figura e alla sua opera dedicati il grande pensatore ed attivista strenuamente impegnato per la pace, il disarmo, i diritti delle persone e dei popoli; il maestro generoso e cordiale, ironico e garbato; il sereno e fermo oppositore di ogni potere oppressivo e di ogni vile menzogna; il coraggioso combattente per la giustizia e la liberta', forte della nonviolenza dei forti nella lotta in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.
Ed ogni volta abbiamo ripetuto l'invito a proseguire, nel ricordo e alla scuola di Bertrand Russell, nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Nella persuasione che ogni vittima ha il volto di Abele; che vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera; che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'; che solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
*
Una minima notizia su Bertrand Russell
Bertrand Russell e' una figura pressoche' leggendaria, nato nel 1872 da Lord e Lady Amberley e deceduto quasi un secolo dopo nel 1970 dopo una vita straordinariamente intensa, civilmente impegnata e intellettualmente feconda. Filosofo, scrittore, ha subito la prigione per il suo impegno pacifista ed ha avuto il Premio Nobel per la letteratura; ha promosso iniziative contro la guerra e per il disarmo, per i diritti civili e il progresso sociale; tra tante altre iniziative: quelle per l'obiezione di coscienza, la dichiarazione Einstein-Russell, la lettera "ai potenti della terra", la fondazione del movimento Pugwash, la campagna per il disarmo nucleare, la costituzione del Tribunale internazionale per i crimini di guerra nel Vietnam. Opere di Bertrand Russell: la bibliografia di Russell e' sconfinata, per i temi che maggiormente ci interessano sono particolarmente utili la monumentale Autobiografia, edita da Longanesi, ed i numerosissimi saggi di argomento pacifista, politico ed etico. Una utile antologia essenziale con specifici riferimenti bibliografici e' nel volume di Mario Alcaro, Bertrand Russell, che citiamo di seguito; cfr. anche almeno La mia filosofia, Newton Compton, Roma 1995; l'antologia Pensieri, Newton Compton, Roma 1996; e la vasta raccolta Il mio pensiero, Newton Compton, Roma 1997. Opere su Bertrand Russell: specifico sul Russell pacifista e impegnato per i diritti umani e' il libro di Mario Alcaro, Bertrand Russell, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1990; piu' centrati sugli aspetti filosofici sono i libri di Alfred J. Ayer, Russell, Mondadori, Milano 1992; Michele Di Francesco, Introduzione a Russell, Laterza, Roma-Bari 1990; Alberto Granese, Che cosa ha veramente detto Russell, Ubaldini, Roma 1971; Luigi Perissinotto (a cura di), Russell, Rcs, Milano 2015; cfr. anche due altri agili testi introduttivi divulgativi: Fernando Broncano, Russell. Conoscenza e felicita', Hachette, Milano 2015; Francisco Manuel Sauri' Mercader, Russell. Solo la logica permette all'uomo di pensare con chiarezza, Rba, Milano 2017.
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Una breve commemorazione
Ad apertura dell'incontro uno dei partecipanti impegnato nella struttura nonviolenta viterbese ha tenuto una breve commemorazione di cui di seguito si riassumono alcuni passaggi.
Il 18 maggio del 1872 nasceva Bertrand Russell, scomparso ormai da mezzo secolo (mori' il 2 febbraio 1970 quando ormai in molti pensavamo che fosse immortale).
E' stato un maestro di impegno per la pace e i diritti umani, di dialogo e di comprensione, di opposizione nitida e intransigente a tutti poteri oppressivi, a tutti gli abusi, a tutte le violenze.
Ed anche se mi sembra che oggi il suo luminoso insegnamento sia quasi dimenticato (come quelli di Erich Fromm, di Danilo Dolci, di altre luminose figure dell'impegno intellettuale, morale e civile che hanno non solo dimostrato teoricamente ma testimoniato praticamente la necessita' della nonviolenza), credo resti una delle persone piu' vive e aggettanti del secolo in cui anch'io ho vissuto la maggiore e la miglior parte della mia vita.
So bene che nel trascorrere delle mode filosofiche, i vari e confliggenti marxismi, la fenomenologia e l'esistenzialismo, il pragmatismo e l'ermeneutica, lo strutturalismo e il decostruzionismo, le filosofie della scienza e del linguaggio, Russell puo' apparire pensatore obsoleto o tutto interno a una vicenda che in Wittgenstein ha avuto la sua erma bifronte e il suo monumento funebre; tuttavia a me sembra ancora vitale, vivace e verace il cuore del suo meditare, del suo insegnare, del suo agire.
So bene che nel vorticoso succedersi delle mode letterarie che dal flusso di coscienza e da Simenon giungono fino all'Oulipo e a Pynchon, la scrittura saggistica e conversazionale russelliana "di varia umanita'" e le opere sue che una volta si sarebbero forse dette "di letteratura amena" possono sembrare esercizi e documenti di un tempo e uno stile che fu; e ciononostante quello scrivere nitido e piano che e' inteso a farsi capire e a discutere insieme, mi sembra un modello che massimamente nella scrittura saggistica merita di essere appreso e adottato; il modo di scrivere ragionativo e chiarificatore che nel nostro paese - ma senza il brio volterriano di Russell - e' stato di Benedetto Croce e di Norberto Bobbio; e con quel brio invece - e talora in cadenza di "presto con fuoco" - di Umberto Eco, che per molti versi forse e' stato lo spirito a Russell piu' affine.
Ci fu un tempo in cui nelle edicole delle stazioni ferroviarie i volumetti longanesiani delle sue operette morali e politiche non mancavano mai. Ed era un conforto saperlo.
Aver letto Russell da adolescente mi vaccino' una volta per sempre dalle tentazioni del dogmatismo e del totalitarismo; quando studente entrai nell'impegno politico mi trovai bene in un piccolo eretico gruppo della nuova sinistra che era nato schierandosi con Dubcek e la primavera di Praga e che tutto ma proprio tutto continuamente rimetteva in discussione (e che si dissolse non molti anni dopo, ed ancora ne ho nostalgia).
Negli anni della scuola gustai la sua scettica e divertente Storia della filosofia occidentale, che rispetto ai manuali in uso nei licei era insieme uno sberleffo e una testimonianza di passione - di lettura per diletto, senza timori reverenziali, senza pompa accademica ne' gergo esoterico. Anche dove proprio non potevi essere d'accordo su certe idiosincrasie era una gioia vederle dichiarate senza infingimenti, e dove incontravi giudizi rocamboleschi o funambolici svarioni era un piacere goderne comunque e dissentire di tutto cuore.
Gia' a quel tempo e poi via via negli anni lessi anche alcuni suoi lavori specialistici, ed ho continuato fino ad oggi che sono un vecchio barbogio, avidamente cercando i suoi scritti tra i reperti d'antan trovati sulle bancarelle e le scarse nuove edizioni in libreria (non sempre granche' piu' curate dei vecchi volumetti da edicola e da barricata): e' che gli autori che ami sono come le ciliege, giunti a una certa soglia vorresti poi leggerne tutto.
E adesso che ho in casa un mezzo centinaio di suoi volumi, compresa la monumentale sapidissima autobiografia (che fronteggia e contrappunta ma anche ben s'intreccia e si completa da un lato con la storia di se' e dell'intellettualita' engage' di Simone de Beauvoir, e dall'altro con il vasto affresco egotista di Churchill che forse neppure Churchill riusci' a rileggere integralmente) che mi accade talora di pensare che costituisca quasi una sorta di contraltare pubblico e politico del capolavoro privato e sociale di Proust - e di quelli di Joyce, e di Musil, ebbene, di frequente quegli smilzi pamphlet e quei tomi polverosi torno a prendere in mano, a cercarvi conferme e conforto.
E mentre mi attraggono poco alcune sue opere che approfondiscono questioni di cui riconosco il rilievo ma sulle quali il mio interesse e' tanto labile quanto la mia ignoranza resta piramidale, o altre opere che trovo invece troppo semplificatrici (per non dire mera esibizione di elegante e talvolta salottiera - quantunque intelligente e gradevole sempre - conversazione; ma che in certi momenti, ahime', anch'essa degenera in banale chiacchiericcio senza lo scoppiettare delle punte wildiane), mi sembra che alcuni suoi libri anche di ampio respiro restino ben utili oltreche' appassionanti: come ad esempio la sua "Storia delle idee del secolo XIX" (che non mi pare sia molto al di sotto del classico testo di Croce, e che don Benedetto mi perdoni); o altri libri di vivo impegno intellettuale, morale, civile, educativo e parenetico, che sarebbero troppi per nominarli qui tutti.
Non so se Russell - o Arendt, o Sartre, o Croce - sia stato l'Erasmo o il Voltaire del XX secolo, e credo che il secolo delle due guerre mondiali e dei totalitarismi non abbia avuto l'equivalente dell'umanesimo e dell'illuminismo in cui quelle figure sorsero, ma so che Russell - e Arendt, e Sartre, e Croce - con tutti i loro limiti, ed anche le loro inevitabili contraddizioni, hanno comunque rappresentato la resistenza della civilta' alla barbarie, hanno voluto adempiere al dovere di contrastare il male, la menzogna, l'oppressione, l'orrore.
Rileggendo sovente la sua pubblicistica morale e politica non di rado e' palese che essa e' piu' scintillante che profonda, ma anche tanta parte dell'opera di Voltaire - come ebbe a notare una volta Paolo Serini - e' giornalismo, ma benedetto giornalismo e sacrosanta polemica.
In una linea ideale che da Lucrezio, Cervantes e Diderot giunge a Giacomo Leopardi, a Rosa Luxemburg, ad Antonio Gramsci, a Virginia Woolf, a Simone Weil, ad Hannah Arendt e Guenther Anders, anche Bertrand Russell annovero tra i miei maestri.
*
Quid agendum
Nel ricordo di Bertrand Russell ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
2. TESTI. L'APPELLO EINSTEIN-RUSSELL PER IL DISARMO ATOMICO (1955)
Nella tragica situazione che l'umanita' si trova ad affrontare, riteniamo che gli scienziati debbano riunirsi per valutare i pericoli sorti come conseguenza dello sviluppo delle armi di distruzione di massa e per discutere una risoluzione nello spirito del documento che segue.
Non parliamo, in questa occasione, come appartenenti a questa o a quella nazione, continente o credo, bensi' come esseri umani, membri del genere umano, la cui stessa sopravvivenza e' ora in pericolo. Il mondo e' pieno di conflitti, e su tutti i conflitti domina la titanica lotta tra comunismo e anticomunismo. Chiunque sia dotato di una coscienza politica avra' maturato una posizione a riguardo. Tuttavia noi vi chiediamo, se vi riesce, di mettere da parte le vostre opinioni e di ragionare semplicemente in quanto membri di una specie biologica la cui evoluzione e' stata sorprendente e la cui scomparsa nessuno di noi puo' desiderare.
Tenteremo di non utilizzare parole che facciano appello soltanto a una categoria di persone e non ad altre. Gli uomini sono tutti in pericolo, e solo se tale pericolo viene compreso vi e' speranza che, tutti insieme, lo si possa scongiurare.
Dobbiamo imparare a pensare in modo nuovo. Dobbiamo imparare a domandarci non gia' quali misure adottare affinche' il gruppo che preferiamo possa conseguire una vittoria militare, poiche' tali misure ormai non sono piu' contemplabili; la domanda che dobbiamo porci e': "Quali misure occorre adottare per impedire un conflitto armato il cui esito sarebbe catastrofico per tutti?"
La gente comune, cosi' come molti uomini al potere, ancora non ha ben compreso quali potrebbero essere le conseguenze di una guerra combattuta con armi nucleari. Si ragiona ancora in termini di citta' distrutte. Si sa, per esempio, che le nuove bombe sono piu' potenti delle precedenti e che se una bomba atomica e' riuscita a distruggere Hiroshima, una bomba all'idrogeno potrebbe distruggere grandi citta' come Londra, New York e Mosca.
E' fuor di dubbio che in una guerra con bombe all'idrogeno verrebbero distrutte grandi citta'. Ma questa non sarebbe che una delle tante catastrofi che ci troveremmo a fronteggiare, e nemmeno la peggiore. Se le popolazioni di Londra, New York e Mosca venissero sterminate, nel giro di alcuni secoli il mondo potrebbe comunque riuscire a riprendersi dal colpo. Tuttavia ora sappiamo, soprattutto dopo l'esperimento di Bikini, che le bombe atomiche possono portare gradatamente alla distruzione di zone molto piu' vaste di quanto si fosse creduto.
Fonti autorevoli hanno dichiarato che oggi e' possibile costruire una bomba 2500 volte piu' potente di quella che distrusse Hiroshima. Se fatta esplodere a terra o in mare, tale bomba disperde nell'atmosfera particelle radioattive che poi ridiscendono gradualmente sulla superficie sotto forma di pioggia o pulviscolo letale. E' stato questo pulviscolo a contaminare i pescatori giapponesi e il loro pescato.
Nessuno sa con esattezza quanto si possono diffondere le particelle radioattive, ma tutti gli esperti sono concordi nell'affermare che una guerra con bombe all'idrogeno avrebbe un'alta probabilita' di portare alla distruzione della razza umana. Si teme che l'impiego di molte bombe all'idrogeno possa portare alla morte universale - morte che sarebbe immediata solo per una minoranza, mentre alla maggior parte degli uomini toccherebbe una lenta agonia dovuta a malattie e disfacimento.
In piu' occasioni eminenti uomini di scienza ed esperti di strategia militare hanno lanciato l'allarme. Nessuno di loro afferma che il peggio avverra' per certo. Cio' che dicono e' che il peggio puo' accadere e che nessuno puo' escluderlo. Non ci risulta, per ora, che le opinioni degli esperti in questo campo dipendano in alcuna misura dal loro orientamento politico e dai loro preconcetti. Dipendono, a quanto emerso dalle nostre ricerche, dalla misura delle loro competenze. E abbiamo riscontrato che i piu' esperti sono anche i piu' pessimisti.
Questo dunque e' il problema che vi poniamo, un problema grave, terrificante, da cui non si puo' sfuggire: metteremo fine al genere umano, o l'umanita' sapra' rinunciare alla guerra? E' una scelta con la quale la gente non vuole confrontarsi, poiche' abolire la guerra e' oltremodo difficile.
Abolire la guerra richiede sgradite limitazioni alla sovranita' nazionale. Ma forse cio' che maggiormente ci impedisce di comprendere pienamente la situazione e' che la parola "umanita'" suona vaga e astratta. Gli individui faticano a immaginare che a essere in pericolo sono loro stessi, i loro figli e nipoti e non solo una generica umanita'. Faticano a comprendere che per essi stessi e per i loro cari esiste il pericolo immediato di una mortale agonia. E cosi' credono che le guerre potranno continuare a esserci, a patto che vengano vietate le armi moderne. Ma non e' che un'illusione. Gli accordi conclusi in tempo di pace di non utilizzare bombe all'idrogeno non verrebbero piu' considerati vincolanti in tempo di guerra. Con lo scoppio di un conflitto armato entrambe le parti si metterebbero a fabbricare bombe all'idrogeno, poiche' se una parte costruisse bombe e l'altra no, la parte che ha fabbricato le bombe risulterebbe inevitabilmente vittoriosa.
Tuttavia, anche se un accordo alla rinuncia all'armamento nucleare nel quadro di una generale riduzione degli armamenti non costituirebbe la soluzione definitiva del problema, avrebbe nondimeno una sua utilita'. In primo luogo, ogni accordo tra Oriente e Occidente e' comunque positivo poiche' contribuisce a diminuire la tensione internazionale. In secondo luogo, l'abolizione delle armi termonucleari, nel momento in cui ciascuna parte fosse convinta della buona fede dell'altra, diminuirebbe il timore di un attacco improvviso come quello di Pearl Harbour, timore che al momento genera in entrambe le parti uno stato di agitazione. Dunque un tale accordo andrebbe accolto con sollievo, quanto meno come un primo passo.
La maggior parte di noi non e' neutrale, ma in quanto esseri umani dobbiamo tenere ben presente che affinche' i contrasti tra Oriente e Occidente si risolvano in modo da dare una qualche soddisfazione a tutte le parti in causa, comunisti e anticomunisti, asiatici, europei e americani, bianchi e neri, tali contrasti non devono essere risolti mediante una guerra. E' questo che vorremmo far capire, tanto all'Oriente quanto all'Occidente.
Ci attende, se lo vogliamo, un futuro di continuo progresso in termini di felicita', conoscenza e saggezza. Vogliamo invece scegliere la morte solo perche' non siamo capaci di dimenticare le nostre contese? Ci appelliamo, in quanto esseri umani, ad altri esseri umani: ricordate la vostra umanita', e dimenticate il resto. Se ci riuscirete, si aprira' la strada verso un nuovo Paradiso; altrimenti, vi troverete davanti al rischio di un'estinzione totale.
Invitiamo questo congresso, e per suo tramite gli scienziati di tutto il mondo e la gente comune, a sottoscrivere la seguente mozione:
In considerazione del fatto che in una futura guerra mondiale verrebbero certamente impiegate armi nucleari e che tali armi sono una minaccia alla sopravvivenza del genere umano, ci appelliamo con forza a tutti i governi del mondo affinche' prendano atto e riconoscano pubblicamente che i loro obbiettivi non possono essere perseguiti mediante una guerra mondiale e di conseguenza li invitiamo a trovare mezzi pacifici per la risoluzione di tutte le loro controversie.
Albert Einstein, Bertrand Russell, Max Born (Premio Nobel per la fisica), Percy W. Bridgman (Premio Nobel per la fisica), Leopold Infeld (Professore di fisica teorica), Frederic Joliot-Curie (Premio Nobel per la chimica), Herman J. Muller, (Premio Nobel per la fisiologia e medicina), Linus Pauling (Premio Nobel per la chimica), Cecil F. Powell (Premio Nobel per la fisica), Jozef Rotblat (Professore di fisica), Hideki Yukawa (Premio Nobel per la fisica)
(Traduzione italiana di Aurelia Martelli)
3. RIFLESSIONE. JOSEPH ROTBLAT: DISCORSO DI ACCETTAZIONE DEL PREMIO NOBEL PER LA PACE 1995
[Dal sito www.senzatomica.it nuovamente riprendiamo e diffondiamo il testo del discorso pronunciato a Oslo il 10 dicembre del 1995 dal professor Joseph Rotblat al momento dell'accettazione del Premio Nobel per la Pace che gli fu conferito, insieme all'associazione "Pugwash Conferences on Science and World Affairs" della quale fu uno dei fondatori, per la lotta contro le armi nucleari]
Ricordate la vostra umanita'.
In questo solenne momento della mia vita - l'accettazione del Premio Nobel per la Pace - intendo parlare come scienziato, ma anche come essere umano. Fin dai miei giorni piu' lontani, sono stato appassionato di scienza, ma la scienza, esercizio del potere supremo dell'intelletto umano, nella mia mente e' sempre stata collegata ai benefici che doveva portare alle persone. Pensavo che la scienza fosse in armonia con l'umanita', non immaginavo che avrei speso meta' della mia vita nel tentativo di sventare un pericolo mortale per l'umanita', creato proprio dalla scienza.
L'uso concreto dell'energia nucleare era il risultato di anni di ricerca sperimentale e teorica, e presentava un grande potenziale benefico per il bene comune. Ma l'opinione pubblica seppe della scoperta solo nel momento in cui ebbe notizia della distruzione di Hiroshima con la bomba atomica. Uno splendido risultato della scienza e della tecnologia era diventato nefasto. La scienza venne associata alla morte e alla distruzione.
Mi addolora ammettere che questa immagine della scienza e' meritata. La decisione di usare la bomba atomica sulle citta' giapponesi, e la conseguente creazione di enormi arsenali nucleari, venne presa dai governi sulla base di percezioni politiche e militari, ma sono stati gli scienziati di entrambi i lati della cortina di ferro a svolgere una parte molto significativa nel dare continuo incremento alla rincorsa alle armi nucleari per tutti i quaranta anni della guerra fredda.
Il ruolo degli scienziati nella corsa alle armi nucleari venne espresso con schiettezza da lord Zuckerman, per parecchi anni consigliere scientifico del governo inglese: "Per quanto riguarda le armi nucleari [...] e' l'uomo nel laboratorio che fin dal principio suggerisce che, per questa o quell'altra arcana ragione, sarebbe utile migliorare una vecchia testata nucleare o inventarne una nuova. E' lui, il tecnico, non il comandante sul campo, che sta nel cuore della corsa agli armamenti".
Molto prima che il terrificante potenziale della corsa agli armamenti fosse riconosciuto, era largamente diffusa un'istintiva avversione per le armi nucleari e un forte desiderio di eliminarle. A questo proposito, la primissima risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite - adottata all'unanimita' - chiedeva l'eliminazione delle armi nucleari. Tuttavia, il mondo era allora diviso dall'aspra lotta ideologica tra Est e Ovest e questo appello non aveva alcuna possibilita' di essere accolto. Il primo obiettivo era di fermare la corsa agli armamenti prima che portasse a un completo disastro. Tuttavia, dopo la caduta del comunismo e la disintegrazione dell'Unione Sovietica, ogni motivazione per il possesso di armi nucleari e' scomparsa. Si poteva ricominciare la lotta per la loro completa distruzione, ma le potenze nucleari sono tenacemente attaccate alle loro armi.
Lasciate che vi ricordi che il disarmo nucleare non e' solo un ardente desiderio dei popoli, cosi' come e' espresso in numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, ma che si tratta di un impegno che i cinque Paesi che detengono ufficialmente le armi nucleari si sono assunti formalmente, con il Trattato di Non Proliferazione. Solo pochi mesi fa, quando ne e' stata decisa l'estensione a tempo indeterminato, le potenze nucleari si sono nuovamente impegnate al disarmo nucleare completo. Questo e' ancora il loro traguardo ufficiale, ma le dichiarazioni formali non collimano con le loro politiche a livello pratico e la divergenza sembra essere intrinseca.
Dalla fine della guerra fredda, le due principali potenze nucleari hanno iniziato a ridurre significativamente i loro arsenali nucleari. Ognuna sta smantellando circa 2000 testate nucleari all'anno. Se questo programma continuasse, tutte le testate nucleari potrebbero essere smantellate nel giro di poco piu' di dieci anni. Siamo tecnicamente in grado di creare un mondo libero da armi nucleari in dieci anni circa. Purtroppo il programma attuale non fa in modo che cio' accada: quando il trattato Start II e' stato siglato - e ricordiamoci che non e' stato ancora ratificato - esistevano la bellezza di 15.000 armi nucleari, attive e in riserva. Quindicimila armi con una potenza media di 20 bombe di Hiroshima.
Se non interviene subito un cambiamento fondamentale nel modo di pensare, non vedremo ancora per molto tempo, e forse non vedremo mai, l'azzeramento degli arsenali nucleari. E la base di questo modo di pensare attualmente e' rappresentata dalla deterrenza nucleare.
Cio' si legge chiaramente nella Nuclear Posture Review americana che si concludeva con l'affermazione, poi ripresa da altre potenze nucleari, "L'ambiente del dopo-guerra fredda richiede la deterrenza nucleare". Le armi nucleari sono conservate come baluardo contro pericoli non specificati.
Questa politica e' semplicemente la continuazione inerziale dell'era della guerra fredda. La guerra fredda e' finita, ma il modo di pensare della guerra fredda rimane. Allora ci dicevano che la terza guerra mondiale era stata sventata grazie all'esistenza delle armi nucleari. Oggi ci dicono che le armi nucleari servono a impedire qualsiasi tipo di guerra. Questi sono argomenti che hanno la pretesa di fornire delle prove in negativo. Mi torna in mente la storiella che si raccontava quando ero ragazzo, ai tempi dell'introduzione delle comunicazioni via radio.
Due uomini anziani e saggi stano discutendo riguardo al passato splendore della civilta' delle rispettive nazioni. Uno dice: "Il mio paese ha una grande tradizione di sviluppo tecnologico. Abbiamo fatto degli scavi e trovato un cavo; il che dimostra come gia' in tempi remoti avessimo il telegrafo". L'altro uomo ribatte: "Anche noi abbiamo fatto degli scavi e non abbiamo trovato assolutamente niente; il che dimostra che gia' allora avevamo la comunicazione senza fili!".
Non c'e' alcun elemento che provi direttamente che le armi nucleari abbiano impedito una terza guerra mondiale. Al contrario e' risaputo che ne hanno quasi provocata una. Il piu' terrificante periodo della mia vita fu l'ottobre del 1962, durante la crisi dei missili di Cuba. Non ero a conoscenza di tutti i fatti - solo di recente abbiamo appreso quanto siamo andati vicino alla guerra -, ma quello che sapevo era sufficiente a farmi venire i brividi. Milioni di vite all'improvviso potevano finire; milioni di altre sarebbero state condannate a una lenta agonia; gran parte della nostra civilta' sarebbe andata distrutta. Tutto dipendeva dalla decisione di un solo uomo, Nikita Krusciov: si sarebbe piegato all'ultimatum degli Stati Uniti oppure no? Il vero volto delle armi nucleari e' questo: possono dare inizio a una guerra mondiale, una guerra che, a differenza di quelle combattute in precedenza, distrugge l'intera civilta'.
Quanto all'asserzione che le armi nucleari possano servire da deterrente preventivo delle guerre, quante altre guerre sono necessarie per delegittimare questo argomento? Dieci milioni di persone sono morte nei numerosi conflitti che hanno avuto luogo dal 1945 in poi. Alcuni di questi videro coinvolte delle potenze nucleari e, in piu', in due occasioni potenze nucleari coinvolte furono sconfitte e il possesso di armi nucleari non fu loro di alcun aiuto.
Insomma, non c'e' alcune prova che un mondo senza armi nucleari sarebbe pericoloso. Al contrario, sarebbe un mondo piu' sicuro, come illustrero' in seguito.
Si dice che il possesso di armi nucleari, e in alcuni casi persino condurre dei test sui loro effetti, e' indispensabile per la sicurezza nazionale. Ma a questo argomento potrebbero ricorrere anche altre nazioni: se le nazioni piu' potenti, e quindi meno a rischio, dal punto di vista militare hanno bisogno delle armi nucleari per la propria sicurezza, come si puo' negare la stessa sicurezza a quelle che sono davvero in una situazione piu' instabile? L'attuale politica sul nucleare bellico e' una ricetta per la sua proliferazione. Una politica per il disastro.
Per prevenire questo disastro, per il bene dell'umanita', dobbiamo sbarazzarci delle armi nucleari.
Per realizzare questo obiettivo ci vorra' del tempo, ma se non iniziamo a lavorare non ci arriveremo mai. Alcuni passi essenziali possono essere compiuti anche subito. Diversi studi e numerose dichiarazioni rese da importanti esponenti militari e da personalita' della politica testimoniano che, a eccezione delle dispute tra le attuali potenze nucleari, tutti i conflitti bellici, nonche' le situazioni che minacciano di degenerare in guerra aperta, possono essere risolti ricorrendo alle armi convenzionali. Questo significa che l'unica funzione delle armi nucleari e' la dissuasione di aggressioni nucleari.
Sarebbe ora che tutte le potenze nucleari riconoscessero che la situazione e' questa e che dichiarassero, sotto forma di trattato, che non useranno per prime le armi nucleari. Questo sgombrerebbe la via a una riduzione graduale e reciproca degli arsenali nucleari, fino ad arrivare al loro azzeramento. Inoltre si creerebbero le condizioni per una Convenzione sulle Armi Nucleari: una convenzione di applicazione universale che proibirebbe in assoluto il possesso di armi nucleari. A salvaguardia della convenzione, si dovra' elaborare un necessario sistema di controllo. Uno studio dell'organizzazione di Pugwash ha prodotto diverse ipotesi di lavoro su questi argomenti. Il meccanismo per negoziare una convenzione di questo genere esiste gia'. Aderire al negoziato non impegna le parti. Non c'e' ragione per non cominciare subito. Se non ora, quando?
Pertanto chiedo alle potenze nucleari di abbandonare le sorpassate dottrine della guerra fredda e di iniziare a pensare in modo nuovo. Soprattutto, rivolgo loro un appello affinche' tengano bene in mente il pericolo cui, nel lungo periodo, le armi nucleari espongono l'umanita' e agiscano per la loro eliminazione. Un secondo appello va ai miei colleghi scienziati. Ho gia' descritto la parte sciagurata che un esiguo numero di scienziati , alla stregua di altrettanti "dottor Stranamore" ha avuto nella corsa agli armamenti. Costoro hanno inferto un grave danno all'immagine della scienza.
D'altro canto ci sono scienziati, nell'organizzazione di Pugwash come in altre organizzazioni, che dedicano gran parte del proprio tempo e ingegno a scongiurare i pericoli creati dai progressi della scienza e della tecnologia. Tuttavia questo gruppo costituisce solo una piccola parte della comunita' scientifica. Io voglio rivolgermi all'intera comunita'.
Voi svolgete un'opera fondamentale che estende le frontiere della conoscenza, ma spesso lo fate senza preoccuparvi molto dell'impatto del vostro lavoro sulla societa'. Affermazioni dogmatiche come "la scienza e' neutrale" o "la scienza non ha nulla che fare con la politica" sono ancora prevalenti, ma in realta' non sono che la vestigia di una torre d'avorio che e' stata definitivamente demolita dalla bomba di Hiroshima.
Ecco, per esempio, un interrogativo: e' giusto che uno scienziato partecipi allo sviluppo di un'arma di distruzione di massa? Un secco "no" e' stata la risposta data recentemente da Hans Bethe. Il profesor Bethe, un premio Nobel, e' il piu' anziano tra coloro che parteciparono al Progetto Manhattan e sono ancora in vita. In occasione del cinquantesimo anniversario del bombardamento di Hiroshima, ha rilasciato una dichiarazione che citero' per intero:
"Come direttore della divisione teorica di Los Alamos, ho partecipato al piu' alto livello accademico al Progetto Manhattan durante la seconda guerra mondiale che ha prodotto la prima arma nucleare. Oggi, all'eta' di 88 anni, sono uno dei pochi anziani superstiti. Ripensando ai cinquant'anni trascorsi da quel giorno, provo a un tempo un intenso sollievo, perche' queste armi non sono state piu' usate dai tempi della seconda guerra mondiale, che si mescola all'orrore al pensiero che da allora sono state costruite decine di migliaia di altre bombe: centinaia di volte di piu' di quelle che chiunque di noi a Los Alamos avrebbe potuto immaginare.
Oggi giustamente viviamo in un''epoca di disarmo e smantellamento degli armamenti nucleari. Ma in alcuni Paesi lo sviluppo di armi nucleari continua tuttora. Se e quando le varie nazioni del mondo potranno trovare un accordo per fermare questo processo, nessuno lo sa. Ma i singoli scienziati possono comunque incidere su quello che succede, rifiutandosi di prestare il proprio talento in questo processo.
Pertanto rivolgo a tutti gli scienziati di ogni parte del mondo la richiesta di rinunciare a intraprendere o di interrompere qualsiasi lavoro di creazione, sviluppo, miglioramento e fabbricazione di altre armi nucleari e anche di ogni altra possibile arma di distruzione di massa come quelle chimiche o biologiche".
Se gli scienziati prestassero ascolto a questa invocazione, non ci sarebbero nuove testate nucleari; non ci sarebbero scienziati francesi a Mururoa; nessuna nuova arma chimica o biologica. La corsa agli armamenti sarebbe davvero finita.
Ma ci sono anche altri rami della ricerca scientifica che possono direttamente o indirettamente arrecare un danno alla societa'. Per questa ragione la vigilanza deve essere costante. I governi e la ricerca scientifica talvolta possono avere degli scopi occulti e il pubblico puo' essere tratto in inganno da un'informazione tendenziosa. Gli scienziati dovrebbero assumersi il compito di denunciare questi fatti incresciosi. Le "soffiate" di questo tipo dovrebbero diventare parte del codice etico degli scienziati. Potrebbero certamente esserci delle rappresaglie; un prezzo da pagare per seguire le proprio convinzioni. Il prezzo potrebbe essere anche molto alto, come dimostra la sproporzionata severita' della pena inflitta a Mordechai Vanunu.
Personalmente ritengo che Vanunu a questo punto abbia sofferto abbastanza.
E' venuto il momento di formulare delle linee guida per la condotta etica degli scienziati, forse nella forma di un giuramento volontario come quello ippocratico. Cio' potrebbe mostrarsi particolarmente importante per i giovani che intraprendono una carriera scientifica. La sezione statunitense del gruppo studentesco di Pugwash ha scelto di raccogliere questa idea e cio' e' molto confortante.
In un momento storico in cui la scienza ha un ruolo tanto importante nella vita della societa', quando il destino dell'intera umanita' potrebbe dipendere dai risultati della ricerca scientifica, su tutti gli scienziati grava il dovere di essere pienamente consapevoli del proprio ruolo e di comportarsi di conseguenza. Faccio appello ai miei colleghi scienziati perche' si ricordino della loro responsabilita' nei confronti dell'umanita'.
Il terzo appello e' rivolto ai miei concittadini di tutto il mondo: aiutateci a stabilire una pace duratura.
Mi vedo costretto a portare alla vostra attenzione una realta' terrificante: con lo sviluppo delle armi nucleari l'uomo ha acquisito, per la prima volta nella sua storia, gli strumenti per distruggere l'intera civilta' con un singolo atto. Invero l'intera specie umana e' a rischio di estinzione, a causa delle armi nucleari o di altri strumenti di distruzione indiscriminata che i futuri sviluppi scientifici verosimilmente renderanno possibili.
Fin qui ho sostenuto che dobbiamo eliminare le armi nucleari, ma pur rimuovendo la minaccia immediata, cio' non ci garantirebbe una sicurezza permanente. Le armi nucleari non possono essere "disinventate". Non possiamo cancellare la conoscenza di come costruirle. Persino in un mondo libero dalle armi nucleari, se una delle grandi potenze militari dovesse essere coinvolta in un conflitto militare, sarebbe tentata di ricostituire il proprio arsenale nucleare. Si tratterebbe comunque di una situazione migliore di quella attuale, perche' la ricostruzione delle armi richiederebbe un tempo considerevole e nel frattempo i conflitti potrebbero essere risolti. Un mondo senza armi nucleari sarebbe piu' sicuro del mondo attuale, ma il pericolo della catastrofe definitiva continuerebbe a esistere.
L'unico modo di prevenirla alla radice e' di abolire la guerra. La guerra non deve piu' essere considerata un istituto sociale ammissibile. Dobbiamo imparare a risolvere le nostre dispute con strumenti diversi da quelli dello scontro militare.
Questa esigenza e' stata riconosciuta gia' quarant'anni fa, quando nel Manifesto Russell-Einstein dicemmo: "Ecco dunque il problema che vi sottoponiamo, brutale, spaventoso e ineludibile: consegneremo la razza umana alla sua fine, o sapremo rinunciare alla guerra?".
Anche l'abolizione della guerra rientra in un impegno sottoscritto dalle potenze nucleari: l'articolo 6 del Trattato di Non Proliferazione rinvia alla futura conclusione di un trattato di generale e completo disarmo, sottoposto a un puntuale ed effettivo controllo internazionale.
Qualsiasi trattato comporta che in una certa misura venga compromessa la sovranita' nazionale e questo e' generalmente impopolare. Come abbiamo detto nel Manifesto Russell-Einstein: "L'abolizione della guerra comportera' sgradevoli limitazioni della sovranita' nazionale". Qualsiasi sistema di governo venga alla fine adottato, e' importante che abbia il sostegno della gente. Dobbiamo riuscire a trasmettere il messaggio che la salvaguardia del nostro bene comune, l'umanita', esige che in ognuno di noi si sviluppi una nuova lealta': la lealta' verso il genere umano. Bisogna alimentare un sentimento di appartenenza alla razza umana.
Dobbiamo diventare cittadini del mondo.
Nonostante la frammentazione che ha avuto luogo dalla fine della guerra fredda e le numerose guerre per il riconoscimento di identita' nazionali ed etniche, io credo che oggi le condizioni perche' questa nuova lealta' attecchisca siano migliori che non ai tempi del Manifesto Russel-Einstein. Cio' anche in virtu' degli enormi progressi scientifici e tecnologici degli ultimi quarant'anni. I fantastici passi in avanti compiuti nei settori delle comunicazioni e dei trasporti hanno letteralmente rimpicciolito il nostro mondo. Oggi tutte le nazioni del mondo sono diventate vicine di casa.
Le moderne tecnologie dell'informazione ci permettono di venire istantaneamente a conoscenza di tutto quello che succede in qualsiasi parte del mondo. Possiamo parlare tra noi attraverso le diverse reti di comunicazione. Con il tempo queste capacita' miglioreranno ancora enormemente, perche' quello che si e' raggiunto finora intacca appena la superficie del possibile. La tecnologia ci unisce. In piu' di un senso stiamo diventando un'unica grande famiglia.
Nel farmi portavoce della necessita' di una nuova lealta' al genere umano, non voglio dire che dobbiamo sconfessare le rispettive lealta' nazionali. Ognuno di noi e' leale a diversi gruppi, dall'ambito ristretto della famiglia a quello, finora il piu' ampio, della nazione. Molti di questi gruppi garantiscono protezione ai propri membri. Con i rischi globali derivanti dalla scienza e dalla tecnologia, oggi l'intera umanita' ha bisogno di protezione. Dobbiamo estendere la nostra lealta' all'intera umanita'.
Quello di cui noi dell'organizzazione di Pugwash ci facciamo promotori, un mondo senza guerre, sara' certamente considerato da molti un sogno utopistico. Non e' un'utopia. Esiste gia' in ampie regioni del mondo, per esempio nell'Unione Europea, al cui interno e' impensabile una guerra. Bisogna estendere questi ambiti fino a includervi tutte le principali potenze del mondo.
In ogni caso non abbiamo scelta. L'alternativa e' inaccettabile. Permettetemi di citare il passaggio conclusivo del Manifesto Russell-Einstein: "Come esseri umani ci rivolgiamo agli esseri umani: ricordate la vostra umanita' e dimenticate il resto. Se potete farlo, vi si apre davanti la strada verso un nuovo paradiso; se non potete, dinanzi a voi si spalanca il rischio della morte universale". La ricerca di un mondo libero dalla guerra ha uno scopo fondamentale: la sopravvivenza, ma se nel corso dell'impresa impareremo come assicurarci la sopravvivenza per mezzo dell'amore, invece che con la paura, con la gentilezza invece che con la costrizione; se impareremo a combinare l'utile e il dilettevole, l'opportuno e il caritatevole, il pratico e il bello, questo sara' un ulteriore premio per avere intrapreso questa missione.
E soprattutto, ricordate la vostra umanita'.
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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 86 del 19 maggio 2021
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