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[Nonviolenza] Telegrammi. 4096
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 4096
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Wed, 5 May 2021 18:17:06 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4096 del 6 maggio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. "In memoria di Camillo Berneri". Un incontro di studio e di riflessione a Viterbo
2. Pierfrancesco Biasetti presenta "L'exigence absolue de la liberte'" di Jeanne Hersch
3. Alcuni riferimenti utili
4. Cinque raccolte di racconti di Omero Dellistorti: "Il cugino di Mazzini", "Due dure storie", "Storie nere dall'autobiografia della nazione", "Paesani" e "Lo scrittore di romanzi gialli"
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'
1. ANNIVERSARI. "IN MEMORIA DI CAMILLO BERNERI". UN INCONTRO DI STUDIO E DI RIFLESSIONE A VITERBO
La mattina di mercoledi' 5 maggio si e' svolto a Vitebo un incontro di studio e di riflessione dedicato alla figura di Camillo Berneri, l'illustre intellettuale e militante antifascista anarchico assassinato dagli stalinisti a Barcellona nel 1937.
L'incontro si e' svolto nel piu' assoluto rispetto delle misure di sicurezza previste dalla vigente normativa per prevenire e contrastare la diffusione del coronavirus.
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Una minima notizia su Camillo Berneri
Camillo Berneri (1897-1937), pensatore e militante anarchico, antifascista, esule, accorso volontario in Spagna in difesa della repubblica, fu assassinato dagli stalinisti; dal sito del Comune di Reggio Emilia riprendiamo la seguente scheda: "Nato a Lodi nel 1897, Camilo Berneri trascorre l'infanzia seguendo la madre maestra elementare, nei suoi incarichi a Palermo, Milano, Cesena, Forli' e Reggio Emilia. Qui entra nel partito socialista, dove inizia la sua attivita' politica. Alla fine del 1915 passa tra le fila anarchiche. Nel 1916 si trasferisce con la madre ad Arezzo. L'anno successivo sposa Giovanna Caleffi di Gualtieri e viene richiamato alle armi. Congedato nel 1919, comincia a collaborare assiduamente alla stampa anarchica partecipando poi alla costituzione dell'Unione anarchica italiana. Nel 1922 si laurea in filosofia a Firenze con Gaetano Salvemini, entra in contatto con Carlo Rosselli ed Ernesto Rossi, e' vicino a "Italia libera" e collabora con il "Non mollare!". I suoi studi spaziano da argomenti di carattere filosofico ad altri di contenuto sociale e politico. Nel 1926 abbandona l'Italia, per recarsi a Parigi dove inizia la sua collaborazione con la stampa libertaria e dove verra' arrestato assieme ad altri fuoriusciti italiani, tra cui Carlo Rosselli. Scarcerato nel maggio del 1930, inizia a peregrinare tra Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Germania. Allo scoppio della guerra civile in Spagna, e' tra gli organizzatori del primo contingente di volontari italiani. Nel corso degli scontri del maggio 1937 tra comunisti e anarchici e poumisti, sara' assassinato il 5 maggio da una pattuglia di polizia comandata da agenti staliniani". Opere di Camillo Berneri: vari suoi testi sono disponibili gratuitamente nella rete telematica. Opere su Camillo Berneri: per un avvio cfr. Carlo De Maria, Camillo Berneri. Tra anarchismo e liberalismo, Franco Angeli, Milano 2004; cfr. anche Pietro Adamo (a cura di), Camillo Berneri, Anarchia e societa' aperta, M&B Publishing, Milano 2006; Giampietro Berti, Giorgio Sacchetti (a cura di), Un libertario in Europa. Camillo Berneri: fra totalitarismi e democrazia. Atti del convegno di studi storici, Arezzo, 5 maggio 2007, Archivio famiglia Berneri - A. Chessa, Reggio Emilia 2010; Stefano D'Errico, Anarchismo e politica. Nel problemismo e nella critica all'anarchismo del Ventesimo Secolo, il "programma minimo" dei libertari del Terzo Millennio. Rilettura antologica e biografica di Camillo Berneri, Mimesis, Milano 2007; Massimo Granchi, Camillo Berneri e i totalitarismi (Tesi di laurea), Istituto "Ugo Arcuri", 2006; Roberto Gremmo, Bombe, soldi e anarchia: l'affare Berneri e la tragedia dei libertari italiani in Spagna, Storia Ribelle, Biella 2008; Flavio Guidi, "Nostra patria e' il mondo intero". Camillo Berneri e "Guerra di Classe" a Barcellona (1936-37), pubblicato dall'autore, Milano 2010; Mirella Serri, I profeti disarmati. 1945-1948. La guerra tra le due sinistre, Corbaccio, Milano 2008. Archivi: Archivio famiglia Berneri - Aurelio Chessa.
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Il valore per l'oggi del lascito di Camillo Berneri
Nel corso dell'incontro sono stati letti e commentati alcuni estratti dalle opere di Camillo Berneri, e un suo profilo redatto dall'indimenticabile Paolo Finzi nel 1972 (che si allega in calce).
Il responsabile della struttura nonviolenta viterbese ha ricostruito il contesto storico della vicenda intellettuale, politica ed esistenziale di Berneri ed evidenziato la decisiva rilevanza e l'effettuale valore per l'oggi di alcune delle sue riflessioni, iniziative, proposte.
Anche nel ricordo di Camillo Berneri proseguiamo nella lotta contro il fascismo, il razzismo, il maschilismo, ogni forma di asservimento e sfruttamento.
Anche nel ricordo di Camillo Berneri proseguiamo nella lotta contro ogni schiavitu', contro ogni oppressione, contro ogni violenza.
Anche nel ricordo di Camillo Berneri proseguiamo nella lotta in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.
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Un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze
E qui e adesso in primo luogo riproponiamo la necessita' e l'urgenza di un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte.
Ripetiamolo ancora una volta.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Ripetiamolo una volta ancora: ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'; salvare le vite e' il primo dovere.
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Allegato. Paolo Finizi: Camillo Berneri (1972)
[Da "A. Rivista anarchica" n. 16 del novembre-dicembre 1972, articolo firmato con lo pseudonimo Camillo Levi, con il titolo "Camillo Berneri" e il sottotitolo "L'intellettuale anarchico come militante rivoluzionario"]
"Mi mando' a chiamare, lui che non mi aveva mai parlato, per dirmi: 'Dunque ci lascia'. Ma soggiunse: 'Ma resta sempre nel socialismo'. E questa parola mi fu di sollievo, che' mi pareva triste di veder allontanarsi quello che allora ero: l'unico studente militante della citta' socialistissima" (1).
Cosi' Camillo Berneri, ormai adulto, ricordava l'unico colloquio da lui avuto con Camillo Prampolini, figura di punta del socialismo riformista, quando nel 1915 si dimise dalla Federazione Giovanile Socialista di Reggio Emilia, per passare definitivamente nelle file del movimento anarchico.
Il giovane studente Berneri, nato a Lodi (Milano) nel 1897, abbandono' cosi' a soli diciott'anni il socialismo riformista e legalitario del Partito Socialista, ricco gia' di mesi intensi di attivita' politica, di meditazioni, di lunghi colloqui con l'operaio anarchico reggiano Torquato Gobbi, che favori' in lui il primo maturarsi della sua coscienza anarchica; ricco soprattutto di un grande desiderio di dare attivita' alla lotta per la rivoluzione socialista libertaria ed egualitaria.
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Guerra, fascismo, bolscevismo
Durante i tre lunghi anni del servizio militare, Berneri svolse un'intensa attivita' anti-militarista nelle caserme, in stretto collegamento con i compagni di fuori; espulso dalla Scuola militare di Modena come "sovversivo", fu condotto al fronte sotto scorta, ed ebbe successivamente modo di farsi denunciare due volte al tribunale di guerra. Durante lo sciopero generale del luglio 1919 fu confinato a Pianosa, e nell'anno successivo partecipo' all'occupazione delle fabbriche, a moti locali antifascisti, ed in particolare alla preparazione armata della lotta contro le squadracce fasciste come membro di una speciale Commissione costituita dall'Unione Anarchica Fiorentina.
Gli sguardi del movimento operaio italiano, e non solo di quello, erano intanto sempre puntati al lontano sterminato impero zarista, ed alla profonda rivoluzione che ivi avveniva, e di cui giungevano in Italia notizie parziali, contraddittorie, che spesso riferivano piu' di desideri che di effettive realta'. Questo spiega il completo capovolgimento di opinioni di Berneri nei confronti dei bolscevichi e del ruolo che giocarono nella rivoluzione russa. Dapprima Berneri partecipo' al crescente entusiasmo per Lenin ed i suoi seguaci, entusiasmo che contagio' quasi tutti i settori del movimento dei lavoratori, al giungere delle prime notizie dalla Russia. Furono appunto queste notizie confuse e pur concordemente positive che fecero scrivere a Berneri, allora ventiduenne, che "in Russia il bolscevismo ha rinnovato, in modo radicale e sistematico, i sistemi rappresentativi" (2).
Ma appena si fecero piu' precise le informazioni riguardanti il corso realmente imposto dai bolscevichi alla rivoluzione sovietica, Berneri prese nettamente le distanze dai comunisti autoritari di Lenin, criticandone innanzitutto lo spirito gregario e militarista (3), giungendo infine ad una valida critica globale del leninismo come diretta conseguenza dell'ideologia autoritaria marxista. Sara' questa una costante fondamentale del pensiero del rivoluzionario lodigiano, che con questa chiara visione libertaria si dedichera' alla riscoperta ed allo studio critico dei "classici" dell'anarchismo, sempre legando studio attento ed approfondito a quotidiana militanza politica.
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I liberali del socialismo
Laureatosi in filosofia all'Universita' di Firenze, allievo particolarmente caro a Gaetano Salvemini, Berneri dal 1922 al '26 insegno' in varie citta' italiane, sempre continuando la sua attivita' politica, e soprattutto collaborando alla stampa anarchica italiana e straniera. Non solo a questa stampa indirizzo' comunque i suoi scritti, come testimoniano, ad esempio, i suoi scritti comparsi su Rivoluzione Liberale, il settimanale torinese diretto da Piero Gobetti che fu pubblicato a Torino dal febbraio '22 all'ottobre '25.
In una lettera allo stesso Gobetti, Berneri difese l'autonomia dal marxismo e la validita' attuale del pensiero economico anarchico (e soprattutto Proudhon) in contrasto con l'accentramento economico-politico teorizzato ed attuato dai marxisti. Proponendo una serie di studi sul liberalismo economico nel socialismo, Berneri affermava che "ne risulterebbe, fra le tante cose interessanti, questa verita' storica: esser stati gli anarchici, in seno all'Internazionale, i liberali del socialismo". E per spiegar meglio che cosa intendesse con questa affermazione certo per molti audace, ma non per questo meno vera, aggiungeva che "storicamente, cioe' nella loro funzione di critica e di opposizione al comunismo autoritario e centralizzatore, lo sono tutt'ora" (4).
Sempre impellente fu in Berneri la coscienza che molto c'era ancora da scoprire, da studiare e da ristudiare, ed egli stesso dedico' tanta parte di se' allo studio di vari aspetti libertari nel movimento di emancipazione umana, costantemente attento agli spunti autonomistici ed antiautoritari nelle lotte passate e presenti. Ma il fascismo ormai imperante rese sempre piu' dura la vita di Berneri, nel tentativo di intimidirlo con aggressioni e di isolarlo cingendogli intorno quasi un "cordone di sicurezza". Sia la sua attivita' di professore, sia la sua attivita' politica furono progressivamente controllate e limitate, fino al punto che Berneri fu costretto, avendo rifiutato il giuramento di fedelta' al fascismo richiesto agli insegnanti, a prendere nell'aprile del 1926 la via dell'esilio, passando clandestinamente il confine con la Francia, latore di importanti informazioni ai compagni gia' all'estero.
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L'operaiolatria
Senza soluzione di continuita', Berneri prese immediatamente il suo posto di lotta nel movimento anarchico internazionale, e piu' in particolare negli ambienti dell'emigrazione antifascista italiana a Parigi. Mai pote' comunque aver tregua, poiche' le autorita' francesi mal tolleravano l'attivita' rivoluzionaria di un compagno come Berneri, che godeva ormai della stima di tanti e tanti compagni; le sue peregrinazioni dunque continuarono senza sosta, cosi' come si susseguirono le espulsioni dai vari paesi in cui cercava di stabilirsi. La Francia, il Belgio, l'Olanda, il Lussemburgo, la Germania ed ancora altri paesi lo ebbero a cercar stabilita' sul proprio territorio, e lo espulsero, lo minacciarono, lo condannarono.
Pure in questa continua tensione, Berneri non solo continuo' a militare, ma anche a spedire articoli a giornali anarchici di tutto il mondo, polemizzando con i traditori ed i denigratori dell'anarchismo, e sostenendo utili polemiche anche con molti compagni sui temi fondamentali della lotta libertaria.
Nel polemizzare, Berneri rifiuto' sempre i facili giochi di parole per aver ragione dell'avversario, puntando invece sul concreto, cercando di mostrare, con la massima chiarezza, le contraddizioni centrali del pensiero dell'interlocutore. Cio' spiega perche' la rilettura di tante pagine critiche di Berneri sia utile non solo come testimonianza storica, ma anche e soprattutto come documento politico attuale.
Il suo saggio sull'operaiolatria (5) resta uno degli esempi piu' lampanti in proposito. Al di la' delle singole persone citate, Berneri attacco' in queste dieci pagine uno dei luoghi comuni piu' diffusi, allora come ora, nel movimento socialista in generale: si tratta di quell'assurda posizione di "privilegio" nella lotta rivoluzionaria che tanta parte del movimento socialista, sotto la perniciosa influenza marxista, ha sempre attribuito ad una mitica classe operaia, che dovrebbe esercitare addirittura la propria dittatura sui contadini e sulle altre forze interessate alla rivoluzione socialista. Coerentemente con le sue posizioni di sempre, Berneri nego' in questo saggio l'esistenza stessa di una qualsiasi forma di cultura operaia, se non "come simbiosi parassitaria della cultura vera, che e' ancora borghese e medio-borghese"; e, negando la stessa possibilita' di esistenza di una autonoma cultura operaia, Berneri nego' l'esistenza anche di quell'operaio ideale del marxismo e del socialismo che lui defini' un "personaggio mitico".
Il discorso di Berneri, in questo saggio come altrove, piu' che affermare una vera politica, tese sempre a respingere tanti luoghi comuni che impedivano lo sviluppo del pensiero e della lotta libertaria.
Il rifiuto di ogni prevenzione anti-contadina, anzi l'esaltazione del ruolo rivoluzionario spesso avuto dagli organizzatori e da molti nuclei contadini, rientravano in questa sua concezione rigorosamente umana ed antiautoritaria dell'anarchismo.
Il discorso polemico di Berneri fu sempre dettato da esigenze costruttive nel movimento anarchico, e di cio' testimoniano sia la sua instancabile attivita' sia la sua concezione generale dell'anarchismo, per cui sempre alla polemica contro l'operaiolatria si accompagno' la altrettanto dura polemica con i detrattori tout-court dell'anarco-sindacalismo.
Con il suo consueto equilibrio di giudizi, Berneri sostenne che, pur non essendo privo di difetti, l'anarco-sindacalismo, come organizzazione specificamente libertaria dei lavoratori, era - ed e' tuttora - una necessita' inderogabile per gli anarchici. Di pari passo va la sua valutazione positiva del "sovietismo" (cioe' dei consigli operai), di cui Berneri sempre approvo' lo spirito inizialmente libertario, rifiutandone completamente la degenerazione burocratica imputabile soprattutto alle manovre politiche dei bolscevichi. A chi gli fece notare la contraddizione esistente fra l'ideale anarchico e la prassi anarco-sindacalista, Berneri opportunamente rispose che "l'anarchismo, se vuole agire nella storia e diventare un grande fattore di storia, deve aver fede nell'anarchia, come una possibilita' sociale che si realizza nelle sue approssimazioni progressive. (...) L'anarchismo e' piu' vivo, piu' vasto, piu' dinamico. Egli e' un compromesso tra l'idea ed il fatto, tra il domani e l'oggi. L'anarchismo procede in modo polimorfo, perche' e' nella vita. E le sue deviazioni stesse sono la ricerca di una rotta migliore" (6).
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La polemica con Carlo Rosselli
In questa sua concezione originalmente pragmatica e critica dell'anarchismo, Berneri, scevro di ogni e qualsiasi preoccupazione "purista", si ritrovo' a polemizzare con i piu' significativi rappresentanti delle correnti non-anarchiche dell'emigrazione italiana antifascista. La sua decisa totale ripulsa del socialismo autoritario risulta non solo dai suoi continui attacchi ai bolscefascisti, ma anche nella sua costante attenzione a sottolineare gli equivoci non meno pericolosi di qualsiasi cedimento al mito statale, come accadde appunto all'ideologia del movimento antifascista Giustizia e Liberta', il cui principale esponente, Carlo Rosselli, si trovera' in seguito fianco a fianco di Berneri in alcune fasi della rivoluzione spagnola del '36.
La polemica fra il rivoluzionario lodigiano e Carlo Rosselli, pubblicata sui numeri di Giustizia e Liberta' del dicembre '35 sotto forma di quattro lettere, servi' a Berneri, ormai quasi quarantenne, per fare chiaramente il punto sui compiti che avrebbero dovuto assumersi gli anarchici in seno alla rivoluzione italiana. Il problema che secondo lui si sarebbe posto ai comunisti libertari era "quello di scegliere tra l'integralismo tradizionalista e un possibilismo che, pur mantenendo fisso lo sguardo alla stella polare dell'Idea, ci permetta di incunearci fecondamente nella linea di frattura delle forze rivoluzionarie" (7). Questo eclettismo, questa coscienza della necessita' di sapersi adattare alle situazioni specifiche per meglio modificare la realta', furono e sono un dato importante, e per certi aspetti nuovo, nella concezione della lotta libertaria; ed e' particolarmente significativo che Berneri abbia apertamente teorizzato questa sua concezione pragmatista nel momento stesso in cui attaccava alla radice l'equivoco di fondo di Rosselli e del suo movimento: quello cioe' di non rifiutare lo stato, e di soffocare cosi' nell'equivoco (ed in un domani nell'inevitabile tradimento) anche le istanze libertarie presenti. Berneri sempre vide, nello svolgersi della lotta rivoluzionaria, che comunque sarebbe sempre giunto il momento in cui si sarebbe prodotta inevitabilmente una linea di frattura nell'arco delle forze rivoluzionarie; e questa frattura non avrebbe potuto costituirsi se non sul problema della liberta', sul terreno della quale socialisti autoritari e libertari si sarebbero scontrati. Che queste previsioni di Berneri si siano realizzate l'ha dimostrato, pochi mesi dopo questa cordiale ma decisa polemica, la rivoluzione spagnola.
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Catalogna libertaria
"Lo scoppio della rivoluzione spagnola, nel luglio 1936, fu la vera liberazione di Berneri, l'attimo tanto atteso per poter dare finalmente tutto se stesso, anima e corpo, alla causa della rivoluzione anarchica": cosi' ebbe a dire Giovanna Caleffi Berneri, la compagna della sua vita che gli sopravvisse, continuando a militare nel movimento. E Berneri fu appunto fra i primi ad accorrere in terra di Catalogna, dove una solida tradizione di propaganda e di lotta anarchica ed anarco-sindacalista erano la migliore garanzia per uno sviluppo libertario della rivoluzione in corso.
Fu dunque fra i fondatori della Colonna Italiana, composta perlopiu' da anarchici, e ne fu delegato politico, partecipando ai primi duri combattimenti sul fronte antifascista, fra cui la famosa battaglia di Monte Pelato. Successivamente si stabili' a Barcellona, capitale della Catalogna e massimo centro dell'anarchismo spagnolo. In stretto contatto con i compagni spagnoli della F.A.I. (Federazione anarchica Iberica) e della C.N.T. (Confederazione nazionale del lavoro, il sindacato libertario spagnolo), Berneri partecipo' a tanti momenti di lotta e di costruzione rivoluzionaria, organizzando, tenendo i contatti, scrivendo, essendo il piu' possibile presente di persona, e soprattutto redigendo il giornale anarchico in lingua italiana Guerra di classe, la cui lettura resta a tutt'oggi indispensabile per la comprensione del pensiero e dell'opera non solo di Berneri, ma di tanta parte dell'anarchismo militante. Nei pochi numeri che poterono essere pubblicati il rivoluzionario lodigiano insiste' continuamente sull'inscindibile binomio lotta antifascista - rivoluzione sociale, attaccando duramente chi invece sosteneva che la prima doveva comunque essere anteposta alla seconda. Contro il pericolo fascista, contro il disinteresse ed i tradimenti delle democrazie borghesi, contro tutte le manovre bassamente politiche (e sempre antilibertarie) dello stalinismo, Berneri non si stanco' mai di sottolineare che la vittoria contro tutte queste forze indirettamente coalizzate non avrebbe potuto essere ottenuta che sullo slancio di una vasta e continua mobilitazione popolare; intendendo per mobilitazione non solo l'aspetto militare del termine, ma anche piu' generalmente la costruzione quotidiana dell'autogestione nei luoghi di lavoro ed in tutte le collettivita'.
Questo chiaro disegno politico libertario si scontro' subito con la politica dei comunisti succubi di Stalin e del Comintern. Non solo. Berneri dovete anche polemizzare duramente contro la tendenza ministerialista nel movimento anarchico spagnolo, contro quei compagni cioe' che sostennero la necessita' di accettare posti di governo, prima regionale e poi addirittura nazionale, al fianco di altre forze antifasciste, fra cui i comunisti.
In una famosa lettera aperta alla compagna spagnola Federica Montseny (che aveva accettato un posto di governo), Berneri sottolineo' polemicamente: "E' l'ora di rendersi conto se gli anarchici stanno al governo per far da vestali ad un fuoco che sta per spegnersi o vi stanno ormai soltanto per far da berretto frigio a politicanti trescanti con il nemico o con le forze della restaurazione della "repubblica di tutte le classi"... Il dilemma: guerra-rivoluzione - non ha piu' senso. Il dilemma e' uno solo: o la vittoria su Franco mediante la guerra rivoluzionaria o la sconfitta" (8). L'atteggiamento coerentemente rivoluzionario di Berneri era inaccettabile per i comunisti stalinisti, che lo fecero avvertire, subito dopo la pubblicazione della lettera sopracitata alla Montseny, da Antonov-Ovseenko, tramite la Generalita' di Catalogna, che rischiava grosso se avesse continuato ad esporre pubblicamente il proprio pensiero: di cio' Berneri avverti' immediatamente i suoi amici a Parigi, ed e' per questo che quest'informazione e' sopravvissuta alla sua morte.
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L'assassinio
Camillo Berneri si assunse poi la pubblica responsabilita' di difendere a spada tratta il P.O.U.M. (piccolo ma combattivo partito comunista di generica ispirazione trotskista) dagli attacchi dei comunisti spagnoli, che ne chiedevano l'eliminazione come forza sostanzialmente alleata del fascismo e del disfattismo, calunnie destituite di ogni fondamento, messe in giro dai burocrati stalinisti con la ferma intenzione di eliminare definitivamente un concorrente pericoloso perche' sinceramente rivoluzionario, ed alieno dai compromessi e dalle false unita' sostenute dai burocrati rossi alle dipendenze di Mosca. Non aveva infatti scritto la Pravda del 17 dicembre 1936: "In quanto alla Catalogna e' cominciata la pulizia degli elementi trotzkisti e anarco-sindacalisti, opera che sara' condotta con la stessa energia con la quale la si condusse in Russia"?
Di fronte a tanto livore controrivoluzionario Berneri insorse pubblicamente, e la sua presa di posizione fu pubblicata sull'Adunata dei Refrattari (9). "Contro le mire egemoniche e le manovre oblique del P.S.U.C. noi dobbiamo instancabilmente ed energicamente affermare l'utilita' della libera concorrenza politica in seno agli organismi sindacali e l'assoluta necessita' dell'unita' d'azione antifascista. Bisogna evitare i toni zoccolanti, le prediche francescane. Bisogna dire ben alto che chiunque insulta e calunnia il P.O.U.M. e ne chieda la soppressione e' un sabotatore della lotta anti-fascista che non va tollerato. Questa nostra presa di posizione, oltre che aderire alle necessita' della grave ora e rispondere allo spirito dell'anarchismo, costituisce la migliore profilassi contro la dittatura controrivoluzionaria che vieppiu' si profila nel programma di restaurazione democratica del P.S.U.C. e nella disgiunzione tra rivoluzione e guerra di alcuni rivoluzionari miopi e disorientati".
Cosi', con questa solita chiarezza, Berneri difese il P.O.U.M. dalla campagna di calunnie imbastita dagli stalinisti. Questi ultimi risposero nell'unico modo a loro concepibile, per battere un avversario cosi' preparato, onesto, deciso a esprimere la propria opinione senza chiedere "imprimatur" a chicchessia: la risposta dello stalinismo fu l'assassinio. Arrestato la sera del 5 maggio 1937 a casa sua da agenti in borghese ed in divisa al soldo della G.P.U. (la polizia politica staliniana), scomparve, ed il suo corpo fu raccolto dalla Croce Rossa sulla Piazza della Generalita', trafitto da colpi d'arma da fuoco. Sulla Rambla, a poca distanza, fu trovato anche il corpo di Francesco Barbieri, altro anarchico italiano volontario antifascista in Spagna, grande amico e collaboratore di Berneri, che era stato arrestato con lui.
Erano in corso in quei primi giorni del maggio '37 violenti scontri armati fra i lavoratori della C.N.T. e le varie polizie para-comuniste, impegnate unicamente nella repressione dei moti e delle istanze popolari libertarie. Nonostante il clima fosse ormai piu' che surriscaldato, l'assassinio di Berneri assunse subito un suo significato particolare, odiosa e delinquenziale risposta dei comunisti autoritari alle critiche precise e motivate di un sincero rivoluzionario: la tragedia di Kronstadt e dell'Ucraina si ripeteva in Catalogna ed in tutta la Spagna, come Berneri - facile profeta - aveva previsto.
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Note
1. Da Pensieri e Battaglie, edito a cura del Comitato Camillo Berneri, Parigi 1938, pag. 41.
2. Da "L'autodemocrazia" su Volonta' (Ancona) del 1-6-1919; come altri articoli di Berneri citati successivamente, questo trovasi riprodotto negli Scritti scelti di Camillo Berneri Pietrogrado 1917/Barcellona 1937 pubblicati da Sugar editore nel 1964 a cura di P. C. Masini e di A. Sorti.
3. Vedansi, p. es., gli articoli "L'attesa di Lenin" su Il grido della rivolta (Firenze) del 26-6-1920 e "Bolscevismo e militarismo" su Umanita' Nova del 29-10-1921.
4. La lettera di Berneri a Gobetti fu pubblicata su Rivoluzione Liberale (Torino) del 24-4-1923, sotto il titolo "Il liberismo dell'Internazionale".
5. "L'operaiolatria", pubblicato in opuscolo dal gruppo d'edizioni libertarie di Brest nel 1934.
6. Da "Sovietismo, anarchismo ed anarchia" pubblicato su L'Adunata dei Refrattari (New York) del 15-10-1932.
7. Da Giustizia e Liberta' (Parigi) del 27-7-1936, sotto il titolo "Discussione sul federalismo e l'autonomia".
8. La lettera aperta alla compagna Federica Montseny e' stata integralmente riprodotta in appendice al gia' citato Pensieri e Battaglie.
9. Pubblicata sotto il titolo "Noi e il P.O.U.M." su L'Adunata dei Refrattari (New York) del primo e dell'8 maggio 1937.
2. LIBRI. PIERFRANCESCO BIASETTI PRESENTA "L'EXIGENCE ABSOLUE DE LA LIBERTE'" DI JEANNE HERSCH
[Dal sito http://universa.padovauniversitypress.it riprendiamo la seguente recensione apparsa su "Universa", vol. 1, n. 1 (2011)]
Jeanne Hersch, L'exigence absolue de la liberte'. Textes sur les droits humains 1973-1995, edites et presentes par Francesca de Vecchi, MetisPresses, 2008, pp. 144.
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A partire dagli anni cinquanta, Jeanne Hersch si e' soffermata numerose volte sul tema dei diritti umani, perseguendo in questo modo un interesse teorico che era gia' stato del suo maestro Karl Jaspers. Francesca de Vecchi ha raccolto in un volume i saggi e le conferenze del periodo che va dal 1973 al 1995, successivo ovvero all'antologia Le droit d'etre un homme, curata da Hersch nel 1968, e vi ha aggiunto una utilissima ed esauriente presentazione capace di collocare questi lavori all'interno della piu' ampia prospettiva teorica della filosofa ginevrina.
Le tematiche che Hersch affronta in questi undici saggi sono apparentemente le piu' disparate: il razzismo, l'universalita' dei diritti dell'uomo, la loro evoluzione storica, la pace, la tolleranza, il fondamento filosofico della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948. A dispetto della varieta' di temi trattati, e nonostante a volte la formulazione dei titoli possa far pensare al contrario, il respiro della discussione filosofica di Hersch e' sempre piuttosto ampio, restio a farsi chiudere in un singolo tema specifico. Questi saggi ci restituiscono delle istantanee di una teoria filosofica in cammino: non sono l'applicazione a problematiche particolari di una teoria generale esposta altrove. Ed e' per questo che, a dispetto dei sospetti iniziali che si possono avere per questo genere di operazioni editoriali di raccolta, l'intero volume possiede una forte omogeneita' di fondo che lo rende utile e interessante per il lettore: anche di fronte alle inevitabili ripetizioni che ogni tanto si rincorrono in testi che non erano stati pensati dall'autrice per essere raccolti.
Da un punto di vista concettuale, invece, la questione pregiudiziale piu' forte che si puo' porre e' quale sia la necessita' di una discussione filosofica attorno ai diritti umani. Hersch non affronta in queste pagine problemi di carattere generale sul tema dei diritti. Anzi, per certi versi si dimostra indifferente alla massa di letteratura sull'argomento che proprio a partire dagli anni settanta si andava accumulando. La sua definizione formale di che cosa sia un diritto non e' mai esplicitata, e serve un po' di fatica per dedurla implicitamente. La discussione normativa su quali siano i valori veicolati dai diritti non oltrepassa mai un certo grado di generalita', quello di tre grandi (e canoniche) categorie di diritti: civili e politici, sociali, culturali. L'interesse filosofico di Hersch per i diritti umani e' quindi per certi versi anomalo, poiche' si focalizza su questi senza passare prima da una comprensione preliminare della nozione generale di diritti. Cio' avviene perche' nella sua prospettiva i diritti umani costituiscono una categoria normativa a se', costitutivamente originale rispetto alle altre categorie morali e giuridiche. Da qui il bisogno di una loro trattazione filosofica specifica. Ma qual e' l'originalita' costitutiva in questione?
Un modo per rispondere a questa domanda chiama in causa la dipendenza mutuale che nella teoria di Hersch – influenzata dall'esistenzialismo jasperiano e da una lettura di Kant dipendente da questo – si ha tra la definizione di etica, la descrizione fenomenologica della condizione umana, la liberta' e i diritti umani. Partiamo dall'etica.
Secondo la filosofa ginevrina l'impresa etica possiede una caratteristica paradossale. Essa tenta di regolare l'azione hic et nunc partendo da valori che si vogliono generali, ma che non possono mai applicarsi perfettamente nel caso concreto. E' per questo motivo che le grandi teorie morali, come quella di Kant e di Spinoza, prevedono principi il piu' possibile formali e vuoti, la cui necessita' e' posta come esigenza assoluta. Il contrasto tra l'assolutezza della regola morale e il suo applicarsi nel mondo in questi casi e' massimo, e cosi' e' possibile rendere giustizia alla specificita' umana, di essere perfetta imperfezione.
La condizione umana e' infatti, per Hersch, sostanzialmente duale. L'essere umano e' una creatura naturale, biologica: ha un corpo, e' mortale. Ma accanto a questa dimensione ve n'e' un'altra. L'etica esiste soltanto laddove si dia un'esigenza assoluta: l'imperativo categorico kantiano, la decisione di non mentire mai piu' di Soljenitsyne e sua moglie. Il carattere centrale di un'esigenza assoluta e' la sua capacita' di svincolare l'uomo da ogni ragionamento non solo egoistico, ma anche basato su considerazioni di utilita', felicita', o addirittura sopravvivenza. E' questa la dimensione altra dove si fonda l'etica: e si tratta della dimensione della liberta'.
La liberta' e' il carattere distintivo dell'essere umano. Grazie a essa gli uomini sono posti oltre al confine della naturalita' – che Hersch legge un po' cupamente nei termini del dominio esclusivo della forza e della sopraffazione. Ed e' essa che permette di considerare gli uomini uguali, e non qualche dato di fatto, come il dato biologico. La liberta', secondo Hersch, non e' definibile come qualcosa di costituito: e' piuttosto una capacita' posseduta dall'uomo. Essa e' assoluta per sua stessa essenza, ma e' allo stesso tempo limitata dalla sua esigenza di uscire dai propri confini e dare forma alla materia – attraverso la storia, la tecnica, il sapere scientifico, ecc. In particolar modo, la liberta' riconosce fuori dei confini del soggetto altrettanti soggetti liberi, e si scopre cosi' plurale. Deve farsi pertanto liberta' responsabile. Un compito questo, che non puo' mai dirsi esaurito, ma che e' alle basi delle aspirazioni di etica e diritto, e che coincide con il compito che l'uomo ha di farsi uomo. La condizione umana e' descritta in questi termini poiche' essa e' perennemente irrisolta, sospesa tra il vuoto della liberta' assoluta e il pieno della situazione concreta in cui questa e' inserita e limitata.
I diritti umani costituiscono il tentativo etico della nostra stagione storica. Sono l'esigenza assoluta declinata dalla nostra epoca per riflettere quell'aspirazione dell'uomo a farsi umano che ritroviamo trasversalmente in ogni cultura ed epoca. Da qui possiamo subito ricavare due conclusioni: che i diritti umani non sono diritti naturali, poiche' dipendono da un determinato contesto storico, e che essi non sono – strettamente parlando – universali, sebbene universale sia la loro "radice": e questa non e' altro che la liberta' di cui ogni uomo e' dotato.
I diritti umani sono frutto quindi della liberta'. E il loro scopo non e' altro che quello di attualizzare la liberta'. Essi, infatti, non possiedono la funzione – se non accidentalmente – di amministrare al meglio o secondo criteri di giustizia la vita individuale o comunitaria, provvedere alla felicita' o all'utile delle persone, o anche solo impedire i conflitti. Il loro obiettivo intrinseco e' quello piu' vasto della liberta'. "Il est vrai que tout homme souffre, plus ou moins consciemment, quand il est prive' de sa possible liberte'", scrive Hersch, "Mais il ne s'ensuit pas necessairement qu'il se sente hereux lorsqu'il l'assume" (p. 121).
Nei diritti umani ritroviamo inoltre la medesima struttura che si ha nell'uomo e nella liberta': sono degli assoluti calati nella concretezza e limitati dalla situazione. Da una parte il loro carico normativo e' incondizionato: "il n'existe pour leur violation aucune excuse legitime" (p. 55). Ma dall'altra le pretese cui danno luogo non possono che essere calate in una realta' specifica, ed essere pertanto doveri imperfetti.
Queste tesi permettono di trarre delle interessanti conseguenze.
La prima e piu' ovvia e' che da qui e' possibile costruire una spiegazione convincente delle pretese universalistiche della Dichiarazione del 1948 capace, a mio avviso, di rintuzzare efficacemente le accuse che a essa si sono mosse: di essere espressione esclusiva dell'Occidente, o peggio, di fare da cavallo di Troia per una nuova e piu' sottile forma di imperialismo.
Secondariamente, Hersch e' in grado di fornire un valido metro di giudizio per districare quelle situazioni conflittuali che si possono creare tra diritti individuali e diritti collettivi. Alcuni esempi a proposito sono forniti in questi saggi, ed essi sembrano essere convincenti, assumendo la validita' delle premesse generali poste da Hersch. Una concezione di questo genere permette inoltre di fissare e spiegare senza pudori lo statuto giuridicamente ambiguo dei diritti umani, ponendo la questione della loro positivizzazione ed efficacia non al centro della discussione, ma fuori dell'ambito stesso del loro valore intrinseco: in una dimensione storica dove, scontrandosi con la fattualita' del mondo naturale, possono mostrare al contempo tutta la loro forza e fragilita'. Come nella riflessione di Amartya Sen, i diritti umani sono visti come delle fonti di obbligazioni imperfette, e quindi come una serie di traguardi da raggiungere attraverso una traiettoria storica progressiva. Infine, grazie alla discussione riguardo alle capacita' e le esigenze umane che ancorano in maniera omogenea le rivendicazioni dei diritti umani Hersch e' in grado di spiegare e giustificare la genesi delle diverse – e apparentemente contrastanti – tipologie di diritti, mostrando come le pretese che essi producono non siano inconsistenti, ma siano piuttosto funzionali al perseguimento di un unico fine, quello dell'attualizzazione della liberta' umana. In questo modo per la filosofa ginevrina e' possibile doppiare uno scoglio in cui si sono incagliate piu' d'una teoria dei diritti: quello del contrasto, che molti autori ritengono inconciliabile, tra le rivendicazioni alla base dei diritti negativi – i diritti civili, politici e di non interferenza – e quelle alla base dei diritti positivi – diritti sociali, alla cultura e al tempo libero.
Tutte queste caratteristiche appetibili della riflessione di Hersch
sui diritti umani non sono pero' separabili dall'impianto generale della sua teoria, che come si e' visto, dipende da assunti piuttosto forti sulla condizione umana. Sotto molti aspetti sembra di trovarsi di fronte a una anticipazione di quegli orizzonti etici contemporanei che cercano la convergenza tra una moralita' basata sui diritti e l'approccio delle capacita': ma, nonostante gli evidenti punti di contatto, il quadro teorico di fondo e' piuttosto differente e, per certi versi, incompatibile. Condizione umana, liberta', etica e diritti possono quasi essere scambiati per sinonimi in questo quadro teorico. Tutte queste categorie sono dominate infatti dalla stessa dialettica di atto e potenza, assoluto e situazione, vuoto e pieno, dover essere ed essere. Ognuna di esse descrive un'esperienza conflittuale e paradossale che Hersch non pretende di risolvere in una ontologia, ma che consacra piuttosto a volte come "mistero", altre come "trascendenza". Non voglio qui cercare di valutare gli esiti di questa operazione, sebbene essa mi trovi abbastanza scettico.
Quello che vorrei sottolineare e' piuttosto la sua dipendenza, almeno in parte, dalla contrapposizione del mondo umano con una natura descritta come il luogo "ou' regne le droit du plus fort" (p. 65). Hersch a questo proposito sembra non andare oltre l'immaginario tennysoniano di una natura rossa nelle zanne e negli artigli, o di una descrizione del mondo pre-diritto come una hobbesiana lotta di tutti contro tutti. I paragrafi – assai brevi – in cui si dipinge questo ritratto sono tra i piu' ripetitivi della raccolta, quasi come se la filosofa ginevrina non avesse mai sentito il bisogno di ritornarvi sopra, forte di un giudizio che sorprende per la sua sbrigativita'. In questo modo la contrapposizione netta tra assunti cosi' forti riguardo a liberta' e mondo, assoluto e storia, morale e natura rischiano – e a dire il vero Hersch sembra esserne ben conscia – di trasformare la discussione sui diritti umani in un'apologia di quello stesso fanatismo dell'assoluto che i diritti dovrebbero combattere. Questo rischio e' evidente nella cesura che, come si e' visto, sussiste tra considerazioni legate alla felicita', la giustizia e l'utilita' e i diritti. E allo stesso tempo esiste la possibilita' che un accento cosi' marcato sull'assoluto releghi la discussione sui diritti umani in una dimensione esclusivamente intellettualistica, privandoli cosi' dello slancio necessario per la loro messa in atto.
Una condizione umana descritta esclusivamente nei termini della liberta', come se la natura sia male – anzi, il Male – corre il pericolo, da sempre, di dipingere un ritratto inumano dell'umano.
3. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
4. NUGAE. CINQUE RACCOLTE DI RACCONTI DI OMERO DELLISTORTI: "IL CUGINO DI MAZZINI", "DUE DURE STORIE", "STORIE NERE DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE", "PAESANI" E "LO SCRITTORE DI ROMANZI GIALLI"
Per farne dono alle persone amiche eventualmente interessate abbiamo messo insieme (in formato solo digitale, non cartaceo) cinque raccolte di racconti di Omero Dellistorti dal titolo "Il cugino di Mazzini ed altre storie", "Due dure storie. Rieducare gli educatori e Il delitto della principessa di Ebla", "Storie nere dall'autobiografia della nazione", "Paesani" e "Lo scrittore di romanzi gialli. Ed altre tristi e triste storie".
Sono alcuni dei "racconti crudeli" gia' apparsi a sua firma negli scorsi anni su questo foglio.
Chi volesse riceverle puo' farne richiesta all'indirizzo di posta elettronica centropacevt at gmail.com indicando l'e-mail a cui inviarle.
5. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Augusto Cavadi, Dio visto da Sud. La Sicilia crocevia di religioni e agnosticismi, Spazio Cultura Edizioni, Palermo 2020, pp. 172, euro 10.
- Augusto Cavadi, Ne' Principi azzurri ne' Cenerentole. Le relazioni di "genere" nella societa' del futuro, Di Girolamo Editore, Trapani 2021, pp. 80, euro 8.
6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
7. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4096 del 6 maggio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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Numero 4096 del 6 maggio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. "In memoria di Camillo Berneri". Un incontro di studio e di riflessione a Viterbo
2. Pierfrancesco Biasetti presenta "L'exigence absolue de la liberte'" di Jeanne Hersch
3. Alcuni riferimenti utili
4. Cinque raccolte di racconti di Omero Dellistorti: "Il cugino di Mazzini", "Due dure storie", "Storie nere dall'autobiografia della nazione", "Paesani" e "Lo scrittore di romanzi gialli"
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'
1. ANNIVERSARI. "IN MEMORIA DI CAMILLO BERNERI". UN INCONTRO DI STUDIO E DI RIFLESSIONE A VITERBO
La mattina di mercoledi' 5 maggio si e' svolto a Vitebo un incontro di studio e di riflessione dedicato alla figura di Camillo Berneri, l'illustre intellettuale e militante antifascista anarchico assassinato dagli stalinisti a Barcellona nel 1937.
L'incontro si e' svolto nel piu' assoluto rispetto delle misure di sicurezza previste dalla vigente normativa per prevenire e contrastare la diffusione del coronavirus.
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Una minima notizia su Camillo Berneri
Camillo Berneri (1897-1937), pensatore e militante anarchico, antifascista, esule, accorso volontario in Spagna in difesa della repubblica, fu assassinato dagli stalinisti; dal sito del Comune di Reggio Emilia riprendiamo la seguente scheda: "Nato a Lodi nel 1897, Camilo Berneri trascorre l'infanzia seguendo la madre maestra elementare, nei suoi incarichi a Palermo, Milano, Cesena, Forli' e Reggio Emilia. Qui entra nel partito socialista, dove inizia la sua attivita' politica. Alla fine del 1915 passa tra le fila anarchiche. Nel 1916 si trasferisce con la madre ad Arezzo. L'anno successivo sposa Giovanna Caleffi di Gualtieri e viene richiamato alle armi. Congedato nel 1919, comincia a collaborare assiduamente alla stampa anarchica partecipando poi alla costituzione dell'Unione anarchica italiana. Nel 1922 si laurea in filosofia a Firenze con Gaetano Salvemini, entra in contatto con Carlo Rosselli ed Ernesto Rossi, e' vicino a "Italia libera" e collabora con il "Non mollare!". I suoi studi spaziano da argomenti di carattere filosofico ad altri di contenuto sociale e politico. Nel 1926 abbandona l'Italia, per recarsi a Parigi dove inizia la sua collaborazione con la stampa libertaria e dove verra' arrestato assieme ad altri fuoriusciti italiani, tra cui Carlo Rosselli. Scarcerato nel maggio del 1930, inizia a peregrinare tra Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Germania. Allo scoppio della guerra civile in Spagna, e' tra gli organizzatori del primo contingente di volontari italiani. Nel corso degli scontri del maggio 1937 tra comunisti e anarchici e poumisti, sara' assassinato il 5 maggio da una pattuglia di polizia comandata da agenti staliniani". Opere di Camillo Berneri: vari suoi testi sono disponibili gratuitamente nella rete telematica. Opere su Camillo Berneri: per un avvio cfr. Carlo De Maria, Camillo Berneri. Tra anarchismo e liberalismo, Franco Angeli, Milano 2004; cfr. anche Pietro Adamo (a cura di), Camillo Berneri, Anarchia e societa' aperta, M&B Publishing, Milano 2006; Giampietro Berti, Giorgio Sacchetti (a cura di), Un libertario in Europa. Camillo Berneri: fra totalitarismi e democrazia. Atti del convegno di studi storici, Arezzo, 5 maggio 2007, Archivio famiglia Berneri - A. Chessa, Reggio Emilia 2010; Stefano D'Errico, Anarchismo e politica. Nel problemismo e nella critica all'anarchismo del Ventesimo Secolo, il "programma minimo" dei libertari del Terzo Millennio. Rilettura antologica e biografica di Camillo Berneri, Mimesis, Milano 2007; Massimo Granchi, Camillo Berneri e i totalitarismi (Tesi di laurea), Istituto "Ugo Arcuri", 2006; Roberto Gremmo, Bombe, soldi e anarchia: l'affare Berneri e la tragedia dei libertari italiani in Spagna, Storia Ribelle, Biella 2008; Flavio Guidi, "Nostra patria e' il mondo intero". Camillo Berneri e "Guerra di Classe" a Barcellona (1936-37), pubblicato dall'autore, Milano 2010; Mirella Serri, I profeti disarmati. 1945-1948. La guerra tra le due sinistre, Corbaccio, Milano 2008. Archivi: Archivio famiglia Berneri - Aurelio Chessa.
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Il valore per l'oggi del lascito di Camillo Berneri
Nel corso dell'incontro sono stati letti e commentati alcuni estratti dalle opere di Camillo Berneri, e un suo profilo redatto dall'indimenticabile Paolo Finzi nel 1972 (che si allega in calce).
Il responsabile della struttura nonviolenta viterbese ha ricostruito il contesto storico della vicenda intellettuale, politica ed esistenziale di Berneri ed evidenziato la decisiva rilevanza e l'effettuale valore per l'oggi di alcune delle sue riflessioni, iniziative, proposte.
Anche nel ricordo di Camillo Berneri proseguiamo nella lotta contro il fascismo, il razzismo, il maschilismo, ogni forma di asservimento e sfruttamento.
Anche nel ricordo di Camillo Berneri proseguiamo nella lotta contro ogni schiavitu', contro ogni oppressione, contro ogni violenza.
Anche nel ricordo di Camillo Berneri proseguiamo nella lotta in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.
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Un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze
E qui e adesso in primo luogo riproponiamo la necessita' e l'urgenza di un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte.
Ripetiamolo ancora una volta.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Ripetiamolo una volta ancora: ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'; salvare le vite e' il primo dovere.
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Allegato. Paolo Finizi: Camillo Berneri (1972)
[Da "A. Rivista anarchica" n. 16 del novembre-dicembre 1972, articolo firmato con lo pseudonimo Camillo Levi, con il titolo "Camillo Berneri" e il sottotitolo "L'intellettuale anarchico come militante rivoluzionario"]
"Mi mando' a chiamare, lui che non mi aveva mai parlato, per dirmi: 'Dunque ci lascia'. Ma soggiunse: 'Ma resta sempre nel socialismo'. E questa parola mi fu di sollievo, che' mi pareva triste di veder allontanarsi quello che allora ero: l'unico studente militante della citta' socialistissima" (1).
Cosi' Camillo Berneri, ormai adulto, ricordava l'unico colloquio da lui avuto con Camillo Prampolini, figura di punta del socialismo riformista, quando nel 1915 si dimise dalla Federazione Giovanile Socialista di Reggio Emilia, per passare definitivamente nelle file del movimento anarchico.
Il giovane studente Berneri, nato a Lodi (Milano) nel 1897, abbandono' cosi' a soli diciott'anni il socialismo riformista e legalitario del Partito Socialista, ricco gia' di mesi intensi di attivita' politica, di meditazioni, di lunghi colloqui con l'operaio anarchico reggiano Torquato Gobbi, che favori' in lui il primo maturarsi della sua coscienza anarchica; ricco soprattutto di un grande desiderio di dare attivita' alla lotta per la rivoluzione socialista libertaria ed egualitaria.
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Guerra, fascismo, bolscevismo
Durante i tre lunghi anni del servizio militare, Berneri svolse un'intensa attivita' anti-militarista nelle caserme, in stretto collegamento con i compagni di fuori; espulso dalla Scuola militare di Modena come "sovversivo", fu condotto al fronte sotto scorta, ed ebbe successivamente modo di farsi denunciare due volte al tribunale di guerra. Durante lo sciopero generale del luglio 1919 fu confinato a Pianosa, e nell'anno successivo partecipo' all'occupazione delle fabbriche, a moti locali antifascisti, ed in particolare alla preparazione armata della lotta contro le squadracce fasciste come membro di una speciale Commissione costituita dall'Unione Anarchica Fiorentina.
Gli sguardi del movimento operaio italiano, e non solo di quello, erano intanto sempre puntati al lontano sterminato impero zarista, ed alla profonda rivoluzione che ivi avveniva, e di cui giungevano in Italia notizie parziali, contraddittorie, che spesso riferivano piu' di desideri che di effettive realta'. Questo spiega il completo capovolgimento di opinioni di Berneri nei confronti dei bolscevichi e del ruolo che giocarono nella rivoluzione russa. Dapprima Berneri partecipo' al crescente entusiasmo per Lenin ed i suoi seguaci, entusiasmo che contagio' quasi tutti i settori del movimento dei lavoratori, al giungere delle prime notizie dalla Russia. Furono appunto queste notizie confuse e pur concordemente positive che fecero scrivere a Berneri, allora ventiduenne, che "in Russia il bolscevismo ha rinnovato, in modo radicale e sistematico, i sistemi rappresentativi" (2).
Ma appena si fecero piu' precise le informazioni riguardanti il corso realmente imposto dai bolscevichi alla rivoluzione sovietica, Berneri prese nettamente le distanze dai comunisti autoritari di Lenin, criticandone innanzitutto lo spirito gregario e militarista (3), giungendo infine ad una valida critica globale del leninismo come diretta conseguenza dell'ideologia autoritaria marxista. Sara' questa una costante fondamentale del pensiero del rivoluzionario lodigiano, che con questa chiara visione libertaria si dedichera' alla riscoperta ed allo studio critico dei "classici" dell'anarchismo, sempre legando studio attento ed approfondito a quotidiana militanza politica.
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I liberali del socialismo
Laureatosi in filosofia all'Universita' di Firenze, allievo particolarmente caro a Gaetano Salvemini, Berneri dal 1922 al '26 insegno' in varie citta' italiane, sempre continuando la sua attivita' politica, e soprattutto collaborando alla stampa anarchica italiana e straniera. Non solo a questa stampa indirizzo' comunque i suoi scritti, come testimoniano, ad esempio, i suoi scritti comparsi su Rivoluzione Liberale, il settimanale torinese diretto da Piero Gobetti che fu pubblicato a Torino dal febbraio '22 all'ottobre '25.
In una lettera allo stesso Gobetti, Berneri difese l'autonomia dal marxismo e la validita' attuale del pensiero economico anarchico (e soprattutto Proudhon) in contrasto con l'accentramento economico-politico teorizzato ed attuato dai marxisti. Proponendo una serie di studi sul liberalismo economico nel socialismo, Berneri affermava che "ne risulterebbe, fra le tante cose interessanti, questa verita' storica: esser stati gli anarchici, in seno all'Internazionale, i liberali del socialismo". E per spiegar meglio che cosa intendesse con questa affermazione certo per molti audace, ma non per questo meno vera, aggiungeva che "storicamente, cioe' nella loro funzione di critica e di opposizione al comunismo autoritario e centralizzatore, lo sono tutt'ora" (4).
Sempre impellente fu in Berneri la coscienza che molto c'era ancora da scoprire, da studiare e da ristudiare, ed egli stesso dedico' tanta parte di se' allo studio di vari aspetti libertari nel movimento di emancipazione umana, costantemente attento agli spunti autonomistici ed antiautoritari nelle lotte passate e presenti. Ma il fascismo ormai imperante rese sempre piu' dura la vita di Berneri, nel tentativo di intimidirlo con aggressioni e di isolarlo cingendogli intorno quasi un "cordone di sicurezza". Sia la sua attivita' di professore, sia la sua attivita' politica furono progressivamente controllate e limitate, fino al punto che Berneri fu costretto, avendo rifiutato il giuramento di fedelta' al fascismo richiesto agli insegnanti, a prendere nell'aprile del 1926 la via dell'esilio, passando clandestinamente il confine con la Francia, latore di importanti informazioni ai compagni gia' all'estero.
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L'operaiolatria
Senza soluzione di continuita', Berneri prese immediatamente il suo posto di lotta nel movimento anarchico internazionale, e piu' in particolare negli ambienti dell'emigrazione antifascista italiana a Parigi. Mai pote' comunque aver tregua, poiche' le autorita' francesi mal tolleravano l'attivita' rivoluzionaria di un compagno come Berneri, che godeva ormai della stima di tanti e tanti compagni; le sue peregrinazioni dunque continuarono senza sosta, cosi' come si susseguirono le espulsioni dai vari paesi in cui cercava di stabilirsi. La Francia, il Belgio, l'Olanda, il Lussemburgo, la Germania ed ancora altri paesi lo ebbero a cercar stabilita' sul proprio territorio, e lo espulsero, lo minacciarono, lo condannarono.
Pure in questa continua tensione, Berneri non solo continuo' a militare, ma anche a spedire articoli a giornali anarchici di tutto il mondo, polemizzando con i traditori ed i denigratori dell'anarchismo, e sostenendo utili polemiche anche con molti compagni sui temi fondamentali della lotta libertaria.
Nel polemizzare, Berneri rifiuto' sempre i facili giochi di parole per aver ragione dell'avversario, puntando invece sul concreto, cercando di mostrare, con la massima chiarezza, le contraddizioni centrali del pensiero dell'interlocutore. Cio' spiega perche' la rilettura di tante pagine critiche di Berneri sia utile non solo come testimonianza storica, ma anche e soprattutto come documento politico attuale.
Il suo saggio sull'operaiolatria (5) resta uno degli esempi piu' lampanti in proposito. Al di la' delle singole persone citate, Berneri attacco' in queste dieci pagine uno dei luoghi comuni piu' diffusi, allora come ora, nel movimento socialista in generale: si tratta di quell'assurda posizione di "privilegio" nella lotta rivoluzionaria che tanta parte del movimento socialista, sotto la perniciosa influenza marxista, ha sempre attribuito ad una mitica classe operaia, che dovrebbe esercitare addirittura la propria dittatura sui contadini e sulle altre forze interessate alla rivoluzione socialista. Coerentemente con le sue posizioni di sempre, Berneri nego' in questo saggio l'esistenza stessa di una qualsiasi forma di cultura operaia, se non "come simbiosi parassitaria della cultura vera, che e' ancora borghese e medio-borghese"; e, negando la stessa possibilita' di esistenza di una autonoma cultura operaia, Berneri nego' l'esistenza anche di quell'operaio ideale del marxismo e del socialismo che lui defini' un "personaggio mitico".
Il discorso di Berneri, in questo saggio come altrove, piu' che affermare una vera politica, tese sempre a respingere tanti luoghi comuni che impedivano lo sviluppo del pensiero e della lotta libertaria.
Il rifiuto di ogni prevenzione anti-contadina, anzi l'esaltazione del ruolo rivoluzionario spesso avuto dagli organizzatori e da molti nuclei contadini, rientravano in questa sua concezione rigorosamente umana ed antiautoritaria dell'anarchismo.
Il discorso polemico di Berneri fu sempre dettato da esigenze costruttive nel movimento anarchico, e di cio' testimoniano sia la sua instancabile attivita' sia la sua concezione generale dell'anarchismo, per cui sempre alla polemica contro l'operaiolatria si accompagno' la altrettanto dura polemica con i detrattori tout-court dell'anarco-sindacalismo.
Con il suo consueto equilibrio di giudizi, Berneri sostenne che, pur non essendo privo di difetti, l'anarco-sindacalismo, come organizzazione specificamente libertaria dei lavoratori, era - ed e' tuttora - una necessita' inderogabile per gli anarchici. Di pari passo va la sua valutazione positiva del "sovietismo" (cioe' dei consigli operai), di cui Berneri sempre approvo' lo spirito inizialmente libertario, rifiutandone completamente la degenerazione burocratica imputabile soprattutto alle manovre politiche dei bolscevichi. A chi gli fece notare la contraddizione esistente fra l'ideale anarchico e la prassi anarco-sindacalista, Berneri opportunamente rispose che "l'anarchismo, se vuole agire nella storia e diventare un grande fattore di storia, deve aver fede nell'anarchia, come una possibilita' sociale che si realizza nelle sue approssimazioni progressive. (...) L'anarchismo e' piu' vivo, piu' vasto, piu' dinamico. Egli e' un compromesso tra l'idea ed il fatto, tra il domani e l'oggi. L'anarchismo procede in modo polimorfo, perche' e' nella vita. E le sue deviazioni stesse sono la ricerca di una rotta migliore" (6).
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La polemica con Carlo Rosselli
In questa sua concezione originalmente pragmatica e critica dell'anarchismo, Berneri, scevro di ogni e qualsiasi preoccupazione "purista", si ritrovo' a polemizzare con i piu' significativi rappresentanti delle correnti non-anarchiche dell'emigrazione italiana antifascista. La sua decisa totale ripulsa del socialismo autoritario risulta non solo dai suoi continui attacchi ai bolscefascisti, ma anche nella sua costante attenzione a sottolineare gli equivoci non meno pericolosi di qualsiasi cedimento al mito statale, come accadde appunto all'ideologia del movimento antifascista Giustizia e Liberta', il cui principale esponente, Carlo Rosselli, si trovera' in seguito fianco a fianco di Berneri in alcune fasi della rivoluzione spagnola del '36.
La polemica fra il rivoluzionario lodigiano e Carlo Rosselli, pubblicata sui numeri di Giustizia e Liberta' del dicembre '35 sotto forma di quattro lettere, servi' a Berneri, ormai quasi quarantenne, per fare chiaramente il punto sui compiti che avrebbero dovuto assumersi gli anarchici in seno alla rivoluzione italiana. Il problema che secondo lui si sarebbe posto ai comunisti libertari era "quello di scegliere tra l'integralismo tradizionalista e un possibilismo che, pur mantenendo fisso lo sguardo alla stella polare dell'Idea, ci permetta di incunearci fecondamente nella linea di frattura delle forze rivoluzionarie" (7). Questo eclettismo, questa coscienza della necessita' di sapersi adattare alle situazioni specifiche per meglio modificare la realta', furono e sono un dato importante, e per certi aspetti nuovo, nella concezione della lotta libertaria; ed e' particolarmente significativo che Berneri abbia apertamente teorizzato questa sua concezione pragmatista nel momento stesso in cui attaccava alla radice l'equivoco di fondo di Rosselli e del suo movimento: quello cioe' di non rifiutare lo stato, e di soffocare cosi' nell'equivoco (ed in un domani nell'inevitabile tradimento) anche le istanze libertarie presenti. Berneri sempre vide, nello svolgersi della lotta rivoluzionaria, che comunque sarebbe sempre giunto il momento in cui si sarebbe prodotta inevitabilmente una linea di frattura nell'arco delle forze rivoluzionarie; e questa frattura non avrebbe potuto costituirsi se non sul problema della liberta', sul terreno della quale socialisti autoritari e libertari si sarebbero scontrati. Che queste previsioni di Berneri si siano realizzate l'ha dimostrato, pochi mesi dopo questa cordiale ma decisa polemica, la rivoluzione spagnola.
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Catalogna libertaria
"Lo scoppio della rivoluzione spagnola, nel luglio 1936, fu la vera liberazione di Berneri, l'attimo tanto atteso per poter dare finalmente tutto se stesso, anima e corpo, alla causa della rivoluzione anarchica": cosi' ebbe a dire Giovanna Caleffi Berneri, la compagna della sua vita che gli sopravvisse, continuando a militare nel movimento. E Berneri fu appunto fra i primi ad accorrere in terra di Catalogna, dove una solida tradizione di propaganda e di lotta anarchica ed anarco-sindacalista erano la migliore garanzia per uno sviluppo libertario della rivoluzione in corso.
Fu dunque fra i fondatori della Colonna Italiana, composta perlopiu' da anarchici, e ne fu delegato politico, partecipando ai primi duri combattimenti sul fronte antifascista, fra cui la famosa battaglia di Monte Pelato. Successivamente si stabili' a Barcellona, capitale della Catalogna e massimo centro dell'anarchismo spagnolo. In stretto contatto con i compagni spagnoli della F.A.I. (Federazione anarchica Iberica) e della C.N.T. (Confederazione nazionale del lavoro, il sindacato libertario spagnolo), Berneri partecipo' a tanti momenti di lotta e di costruzione rivoluzionaria, organizzando, tenendo i contatti, scrivendo, essendo il piu' possibile presente di persona, e soprattutto redigendo il giornale anarchico in lingua italiana Guerra di classe, la cui lettura resta a tutt'oggi indispensabile per la comprensione del pensiero e dell'opera non solo di Berneri, ma di tanta parte dell'anarchismo militante. Nei pochi numeri che poterono essere pubblicati il rivoluzionario lodigiano insiste' continuamente sull'inscindibile binomio lotta antifascista - rivoluzione sociale, attaccando duramente chi invece sosteneva che la prima doveva comunque essere anteposta alla seconda. Contro il pericolo fascista, contro il disinteresse ed i tradimenti delle democrazie borghesi, contro tutte le manovre bassamente politiche (e sempre antilibertarie) dello stalinismo, Berneri non si stanco' mai di sottolineare che la vittoria contro tutte queste forze indirettamente coalizzate non avrebbe potuto essere ottenuta che sullo slancio di una vasta e continua mobilitazione popolare; intendendo per mobilitazione non solo l'aspetto militare del termine, ma anche piu' generalmente la costruzione quotidiana dell'autogestione nei luoghi di lavoro ed in tutte le collettivita'.
Questo chiaro disegno politico libertario si scontro' subito con la politica dei comunisti succubi di Stalin e del Comintern. Non solo. Berneri dovete anche polemizzare duramente contro la tendenza ministerialista nel movimento anarchico spagnolo, contro quei compagni cioe' che sostennero la necessita' di accettare posti di governo, prima regionale e poi addirittura nazionale, al fianco di altre forze antifasciste, fra cui i comunisti.
In una famosa lettera aperta alla compagna spagnola Federica Montseny (che aveva accettato un posto di governo), Berneri sottolineo' polemicamente: "E' l'ora di rendersi conto se gli anarchici stanno al governo per far da vestali ad un fuoco che sta per spegnersi o vi stanno ormai soltanto per far da berretto frigio a politicanti trescanti con il nemico o con le forze della restaurazione della "repubblica di tutte le classi"... Il dilemma: guerra-rivoluzione - non ha piu' senso. Il dilemma e' uno solo: o la vittoria su Franco mediante la guerra rivoluzionaria o la sconfitta" (8). L'atteggiamento coerentemente rivoluzionario di Berneri era inaccettabile per i comunisti stalinisti, che lo fecero avvertire, subito dopo la pubblicazione della lettera sopracitata alla Montseny, da Antonov-Ovseenko, tramite la Generalita' di Catalogna, che rischiava grosso se avesse continuato ad esporre pubblicamente il proprio pensiero: di cio' Berneri avverti' immediatamente i suoi amici a Parigi, ed e' per questo che quest'informazione e' sopravvissuta alla sua morte.
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L'assassinio
Camillo Berneri si assunse poi la pubblica responsabilita' di difendere a spada tratta il P.O.U.M. (piccolo ma combattivo partito comunista di generica ispirazione trotskista) dagli attacchi dei comunisti spagnoli, che ne chiedevano l'eliminazione come forza sostanzialmente alleata del fascismo e del disfattismo, calunnie destituite di ogni fondamento, messe in giro dai burocrati stalinisti con la ferma intenzione di eliminare definitivamente un concorrente pericoloso perche' sinceramente rivoluzionario, ed alieno dai compromessi e dalle false unita' sostenute dai burocrati rossi alle dipendenze di Mosca. Non aveva infatti scritto la Pravda del 17 dicembre 1936: "In quanto alla Catalogna e' cominciata la pulizia degli elementi trotzkisti e anarco-sindacalisti, opera che sara' condotta con la stessa energia con la quale la si condusse in Russia"?
Di fronte a tanto livore controrivoluzionario Berneri insorse pubblicamente, e la sua presa di posizione fu pubblicata sull'Adunata dei Refrattari (9). "Contro le mire egemoniche e le manovre oblique del P.S.U.C. noi dobbiamo instancabilmente ed energicamente affermare l'utilita' della libera concorrenza politica in seno agli organismi sindacali e l'assoluta necessita' dell'unita' d'azione antifascista. Bisogna evitare i toni zoccolanti, le prediche francescane. Bisogna dire ben alto che chiunque insulta e calunnia il P.O.U.M. e ne chieda la soppressione e' un sabotatore della lotta anti-fascista che non va tollerato. Questa nostra presa di posizione, oltre che aderire alle necessita' della grave ora e rispondere allo spirito dell'anarchismo, costituisce la migliore profilassi contro la dittatura controrivoluzionaria che vieppiu' si profila nel programma di restaurazione democratica del P.S.U.C. e nella disgiunzione tra rivoluzione e guerra di alcuni rivoluzionari miopi e disorientati".
Cosi', con questa solita chiarezza, Berneri difese il P.O.U.M. dalla campagna di calunnie imbastita dagli stalinisti. Questi ultimi risposero nell'unico modo a loro concepibile, per battere un avversario cosi' preparato, onesto, deciso a esprimere la propria opinione senza chiedere "imprimatur" a chicchessia: la risposta dello stalinismo fu l'assassinio. Arrestato la sera del 5 maggio 1937 a casa sua da agenti in borghese ed in divisa al soldo della G.P.U. (la polizia politica staliniana), scomparve, ed il suo corpo fu raccolto dalla Croce Rossa sulla Piazza della Generalita', trafitto da colpi d'arma da fuoco. Sulla Rambla, a poca distanza, fu trovato anche il corpo di Francesco Barbieri, altro anarchico italiano volontario antifascista in Spagna, grande amico e collaboratore di Berneri, che era stato arrestato con lui.
Erano in corso in quei primi giorni del maggio '37 violenti scontri armati fra i lavoratori della C.N.T. e le varie polizie para-comuniste, impegnate unicamente nella repressione dei moti e delle istanze popolari libertarie. Nonostante il clima fosse ormai piu' che surriscaldato, l'assassinio di Berneri assunse subito un suo significato particolare, odiosa e delinquenziale risposta dei comunisti autoritari alle critiche precise e motivate di un sincero rivoluzionario: la tragedia di Kronstadt e dell'Ucraina si ripeteva in Catalogna ed in tutta la Spagna, come Berneri - facile profeta - aveva previsto.
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Note
1. Da Pensieri e Battaglie, edito a cura del Comitato Camillo Berneri, Parigi 1938, pag. 41.
2. Da "L'autodemocrazia" su Volonta' (Ancona) del 1-6-1919; come altri articoli di Berneri citati successivamente, questo trovasi riprodotto negli Scritti scelti di Camillo Berneri Pietrogrado 1917/Barcellona 1937 pubblicati da Sugar editore nel 1964 a cura di P. C. Masini e di A. Sorti.
3. Vedansi, p. es., gli articoli "L'attesa di Lenin" su Il grido della rivolta (Firenze) del 26-6-1920 e "Bolscevismo e militarismo" su Umanita' Nova del 29-10-1921.
4. La lettera di Berneri a Gobetti fu pubblicata su Rivoluzione Liberale (Torino) del 24-4-1923, sotto il titolo "Il liberismo dell'Internazionale".
5. "L'operaiolatria", pubblicato in opuscolo dal gruppo d'edizioni libertarie di Brest nel 1934.
6. Da "Sovietismo, anarchismo ed anarchia" pubblicato su L'Adunata dei Refrattari (New York) del 15-10-1932.
7. Da Giustizia e Liberta' (Parigi) del 27-7-1936, sotto il titolo "Discussione sul federalismo e l'autonomia".
8. La lettera aperta alla compagna Federica Montseny e' stata integralmente riprodotta in appendice al gia' citato Pensieri e Battaglie.
9. Pubblicata sotto il titolo "Noi e il P.O.U.M." su L'Adunata dei Refrattari (New York) del primo e dell'8 maggio 1937.
2. LIBRI. PIERFRANCESCO BIASETTI PRESENTA "L'EXIGENCE ABSOLUE DE LA LIBERTE'" DI JEANNE HERSCH
[Dal sito http://universa.padovauniversitypress.it riprendiamo la seguente recensione apparsa su "Universa", vol. 1, n. 1 (2011)]
Jeanne Hersch, L'exigence absolue de la liberte'. Textes sur les droits humains 1973-1995, edites et presentes par Francesca de Vecchi, MetisPresses, 2008, pp. 144.
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A partire dagli anni cinquanta, Jeanne Hersch si e' soffermata numerose volte sul tema dei diritti umani, perseguendo in questo modo un interesse teorico che era gia' stato del suo maestro Karl Jaspers. Francesca de Vecchi ha raccolto in un volume i saggi e le conferenze del periodo che va dal 1973 al 1995, successivo ovvero all'antologia Le droit d'etre un homme, curata da Hersch nel 1968, e vi ha aggiunto una utilissima ed esauriente presentazione capace di collocare questi lavori all'interno della piu' ampia prospettiva teorica della filosofa ginevrina.
Le tematiche che Hersch affronta in questi undici saggi sono apparentemente le piu' disparate: il razzismo, l'universalita' dei diritti dell'uomo, la loro evoluzione storica, la pace, la tolleranza, il fondamento filosofico della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948. A dispetto della varieta' di temi trattati, e nonostante a volte la formulazione dei titoli possa far pensare al contrario, il respiro della discussione filosofica di Hersch e' sempre piuttosto ampio, restio a farsi chiudere in un singolo tema specifico. Questi saggi ci restituiscono delle istantanee di una teoria filosofica in cammino: non sono l'applicazione a problematiche particolari di una teoria generale esposta altrove. Ed e' per questo che, a dispetto dei sospetti iniziali che si possono avere per questo genere di operazioni editoriali di raccolta, l'intero volume possiede una forte omogeneita' di fondo che lo rende utile e interessante per il lettore: anche di fronte alle inevitabili ripetizioni che ogni tanto si rincorrono in testi che non erano stati pensati dall'autrice per essere raccolti.
Da un punto di vista concettuale, invece, la questione pregiudiziale piu' forte che si puo' porre e' quale sia la necessita' di una discussione filosofica attorno ai diritti umani. Hersch non affronta in queste pagine problemi di carattere generale sul tema dei diritti. Anzi, per certi versi si dimostra indifferente alla massa di letteratura sull'argomento che proprio a partire dagli anni settanta si andava accumulando. La sua definizione formale di che cosa sia un diritto non e' mai esplicitata, e serve un po' di fatica per dedurla implicitamente. La discussione normativa su quali siano i valori veicolati dai diritti non oltrepassa mai un certo grado di generalita', quello di tre grandi (e canoniche) categorie di diritti: civili e politici, sociali, culturali. L'interesse filosofico di Hersch per i diritti umani e' quindi per certi versi anomalo, poiche' si focalizza su questi senza passare prima da una comprensione preliminare della nozione generale di diritti. Cio' avviene perche' nella sua prospettiva i diritti umani costituiscono una categoria normativa a se', costitutivamente originale rispetto alle altre categorie morali e giuridiche. Da qui il bisogno di una loro trattazione filosofica specifica. Ma qual e' l'originalita' costitutiva in questione?
Un modo per rispondere a questa domanda chiama in causa la dipendenza mutuale che nella teoria di Hersch – influenzata dall'esistenzialismo jasperiano e da una lettura di Kant dipendente da questo – si ha tra la definizione di etica, la descrizione fenomenologica della condizione umana, la liberta' e i diritti umani. Partiamo dall'etica.
Secondo la filosofa ginevrina l'impresa etica possiede una caratteristica paradossale. Essa tenta di regolare l'azione hic et nunc partendo da valori che si vogliono generali, ma che non possono mai applicarsi perfettamente nel caso concreto. E' per questo motivo che le grandi teorie morali, come quella di Kant e di Spinoza, prevedono principi il piu' possibile formali e vuoti, la cui necessita' e' posta come esigenza assoluta. Il contrasto tra l'assolutezza della regola morale e il suo applicarsi nel mondo in questi casi e' massimo, e cosi' e' possibile rendere giustizia alla specificita' umana, di essere perfetta imperfezione.
La condizione umana e' infatti, per Hersch, sostanzialmente duale. L'essere umano e' una creatura naturale, biologica: ha un corpo, e' mortale. Ma accanto a questa dimensione ve n'e' un'altra. L'etica esiste soltanto laddove si dia un'esigenza assoluta: l'imperativo categorico kantiano, la decisione di non mentire mai piu' di Soljenitsyne e sua moglie. Il carattere centrale di un'esigenza assoluta e' la sua capacita' di svincolare l'uomo da ogni ragionamento non solo egoistico, ma anche basato su considerazioni di utilita', felicita', o addirittura sopravvivenza. E' questa la dimensione altra dove si fonda l'etica: e si tratta della dimensione della liberta'.
La liberta' e' il carattere distintivo dell'essere umano. Grazie a essa gli uomini sono posti oltre al confine della naturalita' – che Hersch legge un po' cupamente nei termini del dominio esclusivo della forza e della sopraffazione. Ed e' essa che permette di considerare gli uomini uguali, e non qualche dato di fatto, come il dato biologico. La liberta', secondo Hersch, non e' definibile come qualcosa di costituito: e' piuttosto una capacita' posseduta dall'uomo. Essa e' assoluta per sua stessa essenza, ma e' allo stesso tempo limitata dalla sua esigenza di uscire dai propri confini e dare forma alla materia – attraverso la storia, la tecnica, il sapere scientifico, ecc. In particolar modo, la liberta' riconosce fuori dei confini del soggetto altrettanti soggetti liberi, e si scopre cosi' plurale. Deve farsi pertanto liberta' responsabile. Un compito questo, che non puo' mai dirsi esaurito, ma che e' alle basi delle aspirazioni di etica e diritto, e che coincide con il compito che l'uomo ha di farsi uomo. La condizione umana e' descritta in questi termini poiche' essa e' perennemente irrisolta, sospesa tra il vuoto della liberta' assoluta e il pieno della situazione concreta in cui questa e' inserita e limitata.
I diritti umani costituiscono il tentativo etico della nostra stagione storica. Sono l'esigenza assoluta declinata dalla nostra epoca per riflettere quell'aspirazione dell'uomo a farsi umano che ritroviamo trasversalmente in ogni cultura ed epoca. Da qui possiamo subito ricavare due conclusioni: che i diritti umani non sono diritti naturali, poiche' dipendono da un determinato contesto storico, e che essi non sono – strettamente parlando – universali, sebbene universale sia la loro "radice": e questa non e' altro che la liberta' di cui ogni uomo e' dotato.
I diritti umani sono frutto quindi della liberta'. E il loro scopo non e' altro che quello di attualizzare la liberta'. Essi, infatti, non possiedono la funzione – se non accidentalmente – di amministrare al meglio o secondo criteri di giustizia la vita individuale o comunitaria, provvedere alla felicita' o all'utile delle persone, o anche solo impedire i conflitti. Il loro obiettivo intrinseco e' quello piu' vasto della liberta'. "Il est vrai que tout homme souffre, plus ou moins consciemment, quand il est prive' de sa possible liberte'", scrive Hersch, "Mais il ne s'ensuit pas necessairement qu'il se sente hereux lorsqu'il l'assume" (p. 121).
Nei diritti umani ritroviamo inoltre la medesima struttura che si ha nell'uomo e nella liberta': sono degli assoluti calati nella concretezza e limitati dalla situazione. Da una parte il loro carico normativo e' incondizionato: "il n'existe pour leur violation aucune excuse legitime" (p. 55). Ma dall'altra le pretese cui danno luogo non possono che essere calate in una realta' specifica, ed essere pertanto doveri imperfetti.
Queste tesi permettono di trarre delle interessanti conseguenze.
La prima e piu' ovvia e' che da qui e' possibile costruire una spiegazione convincente delle pretese universalistiche della Dichiarazione del 1948 capace, a mio avviso, di rintuzzare efficacemente le accuse che a essa si sono mosse: di essere espressione esclusiva dell'Occidente, o peggio, di fare da cavallo di Troia per una nuova e piu' sottile forma di imperialismo.
Secondariamente, Hersch e' in grado di fornire un valido metro di giudizio per districare quelle situazioni conflittuali che si possono creare tra diritti individuali e diritti collettivi. Alcuni esempi a proposito sono forniti in questi saggi, ed essi sembrano essere convincenti, assumendo la validita' delle premesse generali poste da Hersch. Una concezione di questo genere permette inoltre di fissare e spiegare senza pudori lo statuto giuridicamente ambiguo dei diritti umani, ponendo la questione della loro positivizzazione ed efficacia non al centro della discussione, ma fuori dell'ambito stesso del loro valore intrinseco: in una dimensione storica dove, scontrandosi con la fattualita' del mondo naturale, possono mostrare al contempo tutta la loro forza e fragilita'. Come nella riflessione di Amartya Sen, i diritti umani sono visti come delle fonti di obbligazioni imperfette, e quindi come una serie di traguardi da raggiungere attraverso una traiettoria storica progressiva. Infine, grazie alla discussione riguardo alle capacita' e le esigenze umane che ancorano in maniera omogenea le rivendicazioni dei diritti umani Hersch e' in grado di spiegare e giustificare la genesi delle diverse – e apparentemente contrastanti – tipologie di diritti, mostrando come le pretese che essi producono non siano inconsistenti, ma siano piuttosto funzionali al perseguimento di un unico fine, quello dell'attualizzazione della liberta' umana. In questo modo per la filosofa ginevrina e' possibile doppiare uno scoglio in cui si sono incagliate piu' d'una teoria dei diritti: quello del contrasto, che molti autori ritengono inconciliabile, tra le rivendicazioni alla base dei diritti negativi – i diritti civili, politici e di non interferenza – e quelle alla base dei diritti positivi – diritti sociali, alla cultura e al tempo libero.
Tutte queste caratteristiche appetibili della riflessione di Hersch
sui diritti umani non sono pero' separabili dall'impianto generale della sua teoria, che come si e' visto, dipende da assunti piuttosto forti sulla condizione umana. Sotto molti aspetti sembra di trovarsi di fronte a una anticipazione di quegli orizzonti etici contemporanei che cercano la convergenza tra una moralita' basata sui diritti e l'approccio delle capacita': ma, nonostante gli evidenti punti di contatto, il quadro teorico di fondo e' piuttosto differente e, per certi versi, incompatibile. Condizione umana, liberta', etica e diritti possono quasi essere scambiati per sinonimi in questo quadro teorico. Tutte queste categorie sono dominate infatti dalla stessa dialettica di atto e potenza, assoluto e situazione, vuoto e pieno, dover essere ed essere. Ognuna di esse descrive un'esperienza conflittuale e paradossale che Hersch non pretende di risolvere in una ontologia, ma che consacra piuttosto a volte come "mistero", altre come "trascendenza". Non voglio qui cercare di valutare gli esiti di questa operazione, sebbene essa mi trovi abbastanza scettico.
Quello che vorrei sottolineare e' piuttosto la sua dipendenza, almeno in parte, dalla contrapposizione del mondo umano con una natura descritta come il luogo "ou' regne le droit du plus fort" (p. 65). Hersch a questo proposito sembra non andare oltre l'immaginario tennysoniano di una natura rossa nelle zanne e negli artigli, o di una descrizione del mondo pre-diritto come una hobbesiana lotta di tutti contro tutti. I paragrafi – assai brevi – in cui si dipinge questo ritratto sono tra i piu' ripetitivi della raccolta, quasi come se la filosofa ginevrina non avesse mai sentito il bisogno di ritornarvi sopra, forte di un giudizio che sorprende per la sua sbrigativita'. In questo modo la contrapposizione netta tra assunti cosi' forti riguardo a liberta' e mondo, assoluto e storia, morale e natura rischiano – e a dire il vero Hersch sembra esserne ben conscia – di trasformare la discussione sui diritti umani in un'apologia di quello stesso fanatismo dell'assoluto che i diritti dovrebbero combattere. Questo rischio e' evidente nella cesura che, come si e' visto, sussiste tra considerazioni legate alla felicita', la giustizia e l'utilita' e i diritti. E allo stesso tempo esiste la possibilita' che un accento cosi' marcato sull'assoluto releghi la discussione sui diritti umani in una dimensione esclusivamente intellettualistica, privandoli cosi' dello slancio necessario per la loro messa in atto.
Una condizione umana descritta esclusivamente nei termini della liberta', come se la natura sia male – anzi, il Male – corre il pericolo, da sempre, di dipingere un ritratto inumano dell'umano.
3. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
4. NUGAE. CINQUE RACCOLTE DI RACCONTI DI OMERO DELLISTORTI: "IL CUGINO DI MAZZINI", "DUE DURE STORIE", "STORIE NERE DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE", "PAESANI" E "LO SCRITTORE DI ROMANZI GIALLI"
Per farne dono alle persone amiche eventualmente interessate abbiamo messo insieme (in formato solo digitale, non cartaceo) cinque raccolte di racconti di Omero Dellistorti dal titolo "Il cugino di Mazzini ed altre storie", "Due dure storie. Rieducare gli educatori e Il delitto della principessa di Ebla", "Storie nere dall'autobiografia della nazione", "Paesani" e "Lo scrittore di romanzi gialli. Ed altre tristi e triste storie".
Sono alcuni dei "racconti crudeli" gia' apparsi a sua firma negli scorsi anni su questo foglio.
Chi volesse riceverle puo' farne richiesta all'indirizzo di posta elettronica centropacevt at gmail.com indicando l'e-mail a cui inviarle.
5. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Augusto Cavadi, Dio visto da Sud. La Sicilia crocevia di religioni e agnosticismi, Spazio Cultura Edizioni, Palermo 2020, pp. 172, euro 10.
- Augusto Cavadi, Ne' Principi azzurri ne' Cenerentole. Le relazioni di "genere" nella societa' del futuro, Di Girolamo Editore, Trapani 2021, pp. 80, euro 8.
6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
7. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4096 del 6 maggio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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