[Nonviolenza] Telegrammi. 4094



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4094 del 4 maggio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. La strage degli innocenti nel Mediterraneo
2. Elogio della censura
3. Una piccola antologia gandhiana
4. Daniele Lugli: La guerra dei vent'anni
5. Questo so della guerra
6. Alcuni riferimenti utili
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. L'ORA. LA STRAGE DEGLI INNOCENTI NEL MEDITERRANEO

Continua.
Continuera'.
E continuera' finche' i governi europei continueranno nella politica razzista, schiavista e stragista che sta trasformando il Mediterraneo in un gigantesco cimitero.
Continuera' finche' i governi europei continueranno ad essere razzisti, genocidi, hitleriani.
Continuera' finche' le popolazioni europee non insorgeranno nonviolentemente in difesa del diritto alla vita di ogni essere umano, in difesa della legalita' che salva le vite.
Continuera' finche' le popolazioni europee non torneranno ad essere umane e si decideranno ad imporre alla proprie istituzioni rappresentative di rispettare la prima di tutte le leggi dell'umanita': non uccidere, salvare le vite.
Continuera'.
Continua.

2. L'ORA. ELOGIO DELLA CENSURA

Mentre e' in corso la strage degli innocenti nel Mediterraneo.
Mentre e' in corso l'ecatombe provocata non solo dall'epidemia, ma dai governi che non l'hanno voluta fronteggiare e non la fronteggiano tuttora con le misure, l'energia, la consapevolezza necessarie.
Mentre e' in corso questa catastrofe dell'umanita'.
I potenti proseguono nei crimini loro e nel cicaleccio con cui quei crimini pretendono coprire.
*
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, insorgete.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Salvare le vite e' il primo dovere.

3. MATERIALI. UNA PICCOLA ANTOLOGIA GANDHIANA
[Riproponiamo ancora una volta il seguente testo e nuovamente ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: enrico.peyretti at gmail.com) per avercelo trasmesso. Si tratta dell'opuscolo "Gandhi testimone della nonviolenza", realizzato (grazie a Beppe Ceraolo, Elena Giglia, Enrico Peyretti, Laura Bounous, Teresella Parvopassu che hanno curato la ricerca e la raccolta dei testi) per l'iniziativa svoltasi "a cinquant'anni dopo la sua morte con violenza, 30 gennaio 1948" promossa dalla Scuola di pace "Ernesto Balducci" a Torino il 31 gennaio - 1 e 2 febbraio 1998. Enrico Peyretti accompagno' l'invio con le parole che qui riproduciamo: "Sette anni fa, a Torino, la Scuola di pace 'Ernesto Balducci', allora attiva a Torino, ricordo' i 50 anni dell'uccisione di Gandhi con una serata di letture, musiche, meditazione. Componemmo per l'occasione questa piccola antologia di testi gandhiani, ora ritrovata grazie a Elene Giglia. Aggiornata nell'indicazione delle fonti, la mettiamo a disposizione".
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' stato membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; Elogio della gratitudine, Cittadella, Assisi 2015; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68.
Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va  mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento (traduzione del fondamentale libro di Gandhi: Hind Swaraj; ora disponibile anche in nuova traduzione col titolo Vi spiego i mali della civilta' moderna, Gandhi Edizioni); La cura della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recente libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori, e quello di Christine Jordis, Gandhi, Feltrinelli. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999. Tra le piu' recenti pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il pensiero nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini, L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Fulvio Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006; Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006]

Autoritratto di Gandhi
Non pretendo di essere perfetto. Ma pretendo di essere un appassionato ricercatore della Verita', la quale non e' altro che un sinonimo di Dio. E' nel corso di tale ricerca che ho scoperto la nonviolenza. La diffusione di essa e' la missione della mia vita. Non ho altri interessi nella vita che lo svolgimento di questa missione. ("Harijan", 7 luglio 1940, nell'antologia di Mohandas K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, a cura e con saggio introduttivo di Giuliano Pontara, Einaudi, Torino 1996, p. 250 [di qui in poi tale testo sara' citato come Teoria cit.]).
Non sono un profeta, sono soltanto un comune mortale che procede dall'errore verso la verita'. ("Harijan", 28 marzo 1936, in Gandhi, Teoria cit., p. 5).
In qualsiasi momento ti sembri che le mie conclusioni siano fondate su dati inadeguati o su un ragionamento scorretto, richiama la mia attenzione su cio'. Potrai avere fede nei principi che io propugno, ma le conclusioni che deduco da certi fatti non possono essere materia di fede. La fede non ha posto in cose che possono essere colte dalla ragione. (Lettera a Mathuradas, 13 dicembre 1928, in Gandhi, Teoria cit., p. CXXXVII).
Che il gandhismo sia distrutto se sostiene l'errore. La verita' e l'ahimsa non saranno mai distrutte, ma se gandhismo non e' altro che un nome per settarismo, esso merita di essere distrutto. Se dopo la mia morte dovessi venire a sapere che cio' che ho sostenuto e' degenerato in settarismo, ne sarei profondamente addolorato... che nessuno dica di essere un seguace di Gandhi. Basta che io sia seguace di me stesso. E so di essere io stesso un seguace imperfetto in quanto so di non vivere in perfetta coerenza con le convinzioni che sostengo. ("Harijan", 2 marzo 1940, in Gandhi, Teoria cit., p. CXXXVIII).
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Che cos'e' la nonviolenza
Non credo sia presuntuoso da parte mia voler tracciare sinteticamente le caratteristiche e le condizioni del successo della nonviolenza. Esse sono:
1. La nonviolenza e' la legge della razza umana ed e' infinitamente piu' grande e piu' potente della forza bruta.
2. Essa non puo' essere di alcun aiuto a chi non possiede una fede profonda nel Dio dell'Amore.
3. La nonviolenza offre la piu' completa difesa del rispetto di se stesso e del senso dell'onore dell'uomo, ma non sempre garantisce la difesa della proprieta' della terra e di altri beni mobili, sebbene la sua pratica continua si dimostri anche nella difesa di questi ultimi un baluardo migliore del possesso di uomini armati. La nonviolenza, per la sua stessa natura, non e' di nessun aiuto nella difesa dei guadagni illegittimi e delle azioni immorali.
4. Gli individui e le nazioni che vogliono praticare la nonviolenza debbono essere pronti (le nazioni fino all'ultimo uomo) a sacrificare tutto tranne il loro onore. La nonviolenza dunque e' incompatibile con il possesso di paesi di altri popoli; vedi ad esempio l'imperialismo moderno, il quale deve chiaramente basarsi sulla forza per difendersi.
5. La nonviolenza e' un potere che puo' essere posseduto in egual misura da tutti - bambini, ragazzi, ragazze e uomini e donne adulti, posto che essi abbiano una fede profonda nel Dio dell'Amore e che quindi possiedano un uguale amore per tutto il genere umano. Quando la nonviolenza viene accettata come legge di vita essa deve pervadere tutto l'essere e non venire applicata soltanto ad azioni isolate.
6. E' un profondo errore supporre che questa legge sia applicabile per gli individui e non lo sia per le masse dell'umanita'. ("Harijan", 5 settembre 1936, in Gandhi, Teoria cit., pp. 10-11).
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La prima condizione della nonviolenza e' la giustizia, dovunque, in ogni settore della vita
In questa guerra nonviolenta, il contributo delle donne deve essere maggiore di quello degli uomini. Chiamare le donne il sesso debole e' una calunnia; e' un'ingiustizia dell'uomo contro la donna. Se per forza si intende la forza bruta, allora e' vero che la donna e' meno forte dell'uomo. Ma se per forza si intende la forza morale, allora la donna e' infinitamente piu' forte dell'uomo. Non possiede forse una maggiore capacita' di intuizione, una maggiore capacita' di sacrificio, una maggiore perseveranza, un maggiore coraggio? Senza di essa l'uomo non potrebbe sopravvivere. Se la nonviolenza e' la legge della nostra esistenza, il futuro e' delle donne. ("Young India", 10 aprile 1930, in Gandhi, Teoria cit., p. 206).
La parola yajna indica un atto diretto al bene degli altri compiuto senza alcun desiderio di ricompensa, materiale o spirituale. Il termine "atto" deve essere inteso nel suo senso piu' vasto, e oltre all'azione vera e propria comprende anche il pensiero e la parola. Per "altri" si intende non soltanto l'umanita' ma tutti gli esseri viventi. (From Yeravda Mandir, capp. XIV-XV, in Gandhi, Teoria cit., p. 39).
A rigor di termini nessuna attivita' e nessuna occupazione e' possibile senza un certo grado, per quanto limitato, di violenza. La stessa vita e' impossibile senza una certa misura di violenza. Cio' che dobbiamo fare e' limitare questa violenza quanto piu' possibile. ("Harijan", primo settembre 1940, in Gandhi, Teoria cit., p. XXXII).
Agisci in modo tale che la tua azione porti alla maggior riduzione possibile della violenza a lungo termine e in tutte le sue forme! (Imperativo etico della nonviolenza gandhiana secondo Arne Naess, , in Gandhi, Teoria cit., p. XXXIII).
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Il lavoro costruttivo
Nella lotta per l'indipendenza la disobbedienza civile senza la collaborazione di milioni di uomini, realizzata attraverso un lavoro costruttivo, e' soltanto una bravata, ed e' peggio che inutile. (Gandhi, citato da Dhawan, The political philosophy of Mahatma Gandhi, p. 191, in Gandhi, Teoria cit., p. CXVI).
I punti fondamentali del programma costruttivo sono: 1. Promozione della riconciliazione tra i vari gruppi religiosi in cui e' suddivisa la popolazione nel subcontinente indiano e in particolar modo tra indu' e musulmani;
2. Abolizione dell'istituzione della intoccabilita' come primo ma decisivo passo verso l'abolizione del sistema delle caste;
3. Lotta contro l'abuso delle bevande alcoliche e delle droghe;
4. Filatura e lavorazione casalinga del cotone vista come efficace strumento di sensibilizzazione e organizzazione politica, espressione della dignita' e importanza del lavoro manuale, protesta contro una civilta' industriale disumanizzante, valorizzazione del capitale umano e simbolo dell'indipendenza;
5. Promozione della piccola industria di villaggio come momento della realizzazione di un programma piu' vasto di decentramento e di autonomia a livello di villaggio;
6. realizzazione di un nuovo sistema di educazione dei bambini fondato sui principi della nonviolenza e volto a coltivare in essi il rispetto per quanto di buono e duraturo vi e' nella tradizione culturale dell'India invece che sradicarli da essa in nome di una "piu' progredita" civilta' occidentale;
7. Educazione degli adulti;
8. Parificazione dei due sessi in base all'assunto che in un sistema di vita fondato sulla nonviolenza la donna ha altrettanti diritto quanto l'uomo di forgiare il proprio destino;
9. Opera di miglioramento sia fisico che psichico dell'individuo si' da portarlo a capire e apprezzare l'importanza e la dignita' di una vita semplice in cui lavoro manuale e mentale si alternino in modo da permettere una piu' piena realizzazione di un ideale di umanita';
10. Propagazione della lingua nazionale;
11. Promozione dell'uguaglianza economica in base all'assunto che un sistema di governo fondato sulla nonviolenza e' impossibile sintantoche' esiste una societa' divisa in ricchi e poveri, capitale e lavoro. (Constructive programme: its meaning and place, Ahmedabad, 1941, in Gandhi, Teoria cit., p. LXXVIII).
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Mezzi e fini
Mezzi impuri producono un fine impuro... Non si puo' raggiungere la verita' con la falsita'. Soltanto con una condotta libera da ogni falsita' si puo' raggiungere la verita'. La nonviolenza e la verita' sono o no due cose simili ma distinte? La risposta e' un categorico "no". La nonviolenza e' compresa nella verita' e viceversa. Per questo e' stato detto che sono le due facce di una stessa moneta. Sono inseparabili l'una dall'altra. ("Harijan", 13 luglio 1947, in Gandhi, Teoria cit., p. 126).
La convinzione che non vi sia un rapporto tra mezzi e fine e' un grande errore. A causa di tale errore anche uomini considerati religiosi hanno commesso gravi crimini. Affermare questo e' come sostenere che si puo' ottenere una rosa piantando della gramigna... I mezzi possono essere paragonati al seme, e il fine all'albero; tra i mezzi e il fine vi e' lo stesso inviolabile rapporto che esiste tra il seme e l'albero. (Hind Swaraj or Indian home rule, cap. XVI, in Gandhi, Teoria cit., p. 44).
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Codardia, violenza e nonviolenza
Credo che nel caso in cui l'unica scelta possibile fosse quella tra la codardia e la violenza, io consiglierei la violenza... Tuttavia sono convinto che la nonviolenza e' infinitamente superiore alla violenza, che il perdono e' cosa piu' virile della punizione. ("Young India", 11 agosto 1920, in Gandhi, Teoria cit., pp. 18-19).
Non ho mai considerato la violenza come una cosa permessa. Ho semplicemente distinto tra il coraggio e la codardia. L'unica cosa lecita e' la nonviolenza. La violenza non puo' mai essere lecita nel senso che io intendo, ossia non rispetto alla legge fatta dall'uomo, ma rispetto alla legge fatta dalla natura per l'uomo. Tuttavia, sebbene la violenza non sia lecita, quando viene usata per autodifesa o a protezione degli indifesi, essa e' un atto di coraggio, di gran lunga migliore della codarda sottomissione. Quest'ultima non reca beneficio a nessun uomo e a nessuna donna. Nella violenza esistono molti gradi e varieta' di coraggio. Ciascun uomo deve saperli giudicare da solo. Nessun altro puo' farlo o ha il diritto di farlo al suo posto. ("Harijan", 27 ottobre 1946, in Gandhi, Teoria cit., p. 22).
Ricordo un incidente avvenuto vicino a Bettiah, quando la non-collaborazione era al suo apice. Erano state saccheggiate le case di alcuni abitanti di un villaggio. Questi erano fuggiti lasciando le mogli, i figli e i parenti alla merce' dei saccheggiatori. Quando io li rimproverai per la codardia che avevano dimostrato non compiendo il loro dovere, essi impudentemente si appellarono alla dottrina della nonviolenza. Io denunciai pubblicamente la loro condotta e affermai che la mia nonviolenza giustificava pienamente la violenza usata da coloro che non credevano nella nonviolenza e che erano chiamati a difendere l'onore delle loro donne e dei loro bambini. La nonviolenza non e' una giustificazione per il codardo, ma e' la suprema virtu' del coraggioso. La pratica della nonviolenza richiede molto piu' coraggio della pratica delle armi. La codardia e' assolutamente incompatibile con la nonviolenza. ("Young India", 12 agosto 1926, in Gandhi, Teoria cit., p. 23).
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Verita' e amore
Per vedere faccia a faccia l'universale e onnipresente Spirito della Verita' si deve essere in grado di amare il piu' infimo degli esseri creati come se stessi. E un uomo che aspira a cio' non puo' permettersi di estraniarsi da nessun campo di attivita' umane. E' per questo che la mia devozione alla Verita' mi ha condotto alla politica; e posso dire senza alcuna esitazione, anche se con assoluta umilta', che coloro che affermano che la religione non ha nulla a che fare con la politica non sanno che cosa significa religione. (An Autobiography or the Story of my experiments with Truth, pp. 370-371, in Gandhi, Teoria cit., p. 31 [ma dell'intera opera vi e' anche una nota traduzione italiana: La mia vita per la liberta', Newton Compton, Roma 1973, piu' volte ristampata]).
Per me Dio e' Verita' e Amore; Dio e' etica e morale; Dio e' coraggio. Dio e' la sorgente della Luce e della Vita e tuttavia egli e' al di sopra e al di la' di esse. Dio e' coscienza. Egli e' persino l'ateismo dell'ateo... Egli e' un Dio personale per coloro che hanno bisogno della Sua presenza personale. Egli e' incarnato per coloro che hanno bisogno del Suo contatto. E' l'essenza purissima. Per coloro che hanno fede Egli semplicemente e'. Egli e' le cose piu' diverse per le persone piu' diverse. Egli e' in noi e tuttavia e' al di sopra e al di la' di noi. (Mohandas K. Gandhi, La forza della verita'. Scritti etici e politici. Vol. I: Civilta' politica e religione, Sonda, Torino 1991, pp. 505-506; anche in Gandhi, Teoria cit., p. CXL).
Il credente deve imparare a capire che ai milioni di diseredati, disoccupati e affamati l'unico modo in cui Dio puo' apparire e' sotto forma di lavoro e promessa di stipendio e cibo; ai poveri del mondo Dio puo' solo apparire come pane e burro. ("Young India", 15 novembre 1931).
La preghiera e' la vera e propria anima della vita dell'uomo perche' e' la parte piu' vitale della religione. La preghiera e' supplica, ma e' anche, in un senso lato, comunione spirituale. In entrambi i casi il risultato finale e' lo stesso. Persino quando supplica, essa dovrebbe purificare e pulire l'anima, liberata dallo strato di ignoranza e di oscurita' che la avvolge. Percio' colui che desidera ardentemente riconoscere il divino in se' deve ripiegare sulla preghiera. Ma la preghiera non e' puro esercizio di parole o di orecchie, non e' pura ripetizione di formule vuote... Nella preghiera e' meglio avere un cuore senza parole che parole senza cuore... Senza preghiera non vi e' pace spirituale... A parte sostenere la condizione dell'uomo dopo la morte, la preghiera ha un incalcolabile valore per l'uomo durante la vita in questo mondo. La preghiera e' il solo mezzo per portare correttezza, pace e calma nelle nostre azioni quotidiane. ("Young India", 23 gennaio 1930, in Gandhi, La forza della verita', Vol. I, Sonda, Torino 1991, pp. 491-492).
Quando l'attentatore gli sparo', Gandhi cadde invocando il nome di Dio: "He Ram". Dieci anni prima, in una conversazione aveva detto di avere continuamente il nome di Dio sulle labbra: "Una persona che ha rinunciato alla violenza - diceva Gandhi con voce appassionata - dovrebbe pronunciare il nome di Dio a ogni respiro". Egli lo faceva da piu' di venti anni, tanto che adesso il nome di Dio si ripeteva da se anche durante il sonno. (Resoconto di conversazione fedelmente trascritto da Pyarelal, segretario di Gandhi. Si legge in italiano in E. Easwaran, Badshah Khan. Il Gandhi musulmano, Sonda, Torino 1990, p. 190).
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Uguale rispetto per tutte le fedi religiose
Dio ha creato fedi diverse cosi' come ne ha creato i rispettivi fedeli. Come posso anche segretamente accogliere il pensiero che la fede del mio prossimo e' inferiore alla mia e desiderare che rinunci alla sua fede e che abbracci la mia? Come suo vero e fedele amico, posso soltanto desiderare e pregare che egli viva e cresca perfetto nella propria fede. Nella casa di Dio ci sono molte dimore, e tutte ugualmente sante. (Antiche come le montagne, Edizioni di Comunita', Milano 1963, pp. 104-105).
Dal momento che noi non penseremo mai tutti nello stesso modo e che vedremo la Verita' in maniera frammentaria e da angoli e visuali diverse, la regola d'oro della condotta e' quella della tolleranza reciproca. La coscienza non e' la stessa cosa per tutti. Anche per le persone piu' coscienziose vi sara' sempre posto per oneste differenze di opinione. L'unica possibile regola di condotta in ogni societa' civile e' pertanto quella della tolleranza reciproca. ("Young India", 23 settembre 1926, in Gandhi, Teoria cit., p. CXLII).
L'ahimsa ci insegna a nutrire per le fedi religiose degli altri lo stesso rispetto che abbiamo per la nostra, concedendo cosi' che anch'essa e' imperfetta. (Lettera del 23 settembre 1930, in gandhi, La forza della verita', Vol. I, p. 479; e anche in Gandhi, Teoria cit., p. CXLII).
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La sofferenza e' l'arma umana
La ricerca della verita' non ammette l'uso della violenza contro l'avversario, ma che questo deve essere distolto dall'errore con la pazienza e la comprensione. Infatti cio' che sembra la verita' ad uno puo' sembrare un errore ad un altro. E pazienza significa disposizione a soffrire. Dunque il senso della dottrina e' la difesa della verita' attuata non infliggendo sofferenze all'avversario ma a se stessi. ("Young India", 14 gennaio 1920, in Gandhi, Teoria cit., p. 16).
Sono andato sempre piu' convincendomi che la ragione non e' sufficiente ad assicurare cose di fondamentale importanza per gli uomini, che devono essere conquistate attraverso la sofferenza. La sofferenza e' la legge dell'umanita', cosi' come la guerra e' la legge della giungla. Ma la sofferenza e' infinitamente piu' potente della legge della giungla, ed e' in grado di convertire l'avversario e di aprire le sue orecchie, altrimenti chiuse, alla voce della ragione... La sofferenza, e non la spada, e' il simbolo della razza umana. ("Young India", 5 novembre 1931, in Gandhi, Teoria cit., p. 6).
L'uomo e' incapace di conoscere la verita' assoluta, e dunque non ha il diritto di punire. (Moral and political writings of Mahatma Gandhi, ed. by R. N. Iyer, Oxford University Press, 1986, II, p. 168, in Gandhi, Teoria cit., p. CXXXVIII).
La dottrina della violenza riguarda solo l'offesa arrecata da una persona ai danni di un'altra. Soffrire l'offesa nella propria persona, al contrario, fa parte dell'essenza della nonviolenza e costituisce l'alternativa alla violenza contro il prossimo... Cosi' il satyagraha si distingue dalla resistenza passiva: nella resistenza passiva e' sempre presente l'idea di molestare la parte avversa e la contemporanea disposizione a sopportare le sofferenze che da tale azione conseguono; al contrario, nel satyagraha, non vi e' la piu' lontana idea di arrecare danno all'avversario. Il satyagraha postula la conquista dell'avversario attraverso la sofferenza nella propria persona. ("Young India", 8 ottobre 1925, in Gandhi, Teoria cit., p. 6; Satyagraha in South Africa, pp. 112-114, in Gandhi, Teoria cit., p.18 [il libro di Gandhi, Satyagraha in South Africa e' ora disponibile in traduzione italiana: Una guerra senza violenza. La nascita della nonviolenza moderna, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2005, il brano dianzi citato e' ivi a p. 107]).
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Il digiuno come strumento per risvegliare le coscienze
Il fine della nonviolenza e' sempre di risvegliare in chi commette il male quello che di migliore c'e' in lui. La sofferenza si rivolge alla parte migliore dell'anima del malvagio mentre la ritorsione si rivolge alla parte peggiore. Nelle circostanze adatte il digiuno e' il migliore strumento in tal senso. Se i politici non si rendono conto dell'efficacia del digiuno in campo politico cio' e' dovuto al fatto che si tratta di una utilizzazione inusitata di questa meravigliosa arma. ("Harijan", 26 luglio 1942, in Gandhi, Teoria cit., p. 187).
Il digiuno e' una potente arma... Esso non puo' essere intrapreso da tutti. La semplice capacita' fisica di sopportarlo non e' una qualita' sufficiente. Il digiuno e' completamente inutile senza una profonda fede in Dio. Esso non deve mai essere uno sforzo meccanico o una semplice imitazione. Deve essere ispirato dal profondo dell'anima. Per questo e' estremamente raro. ("Harijan", 18 marzo 1939, in Gandhi, Teoria cit., p. 188).
I miei digiuni sono sempre riusciti a risvegliare la coscienza delle persone che vi partecipavano e di quelle che con essi si cercava di influenzare. Con quei digiuni non e' stata mai commessa alcuna ingiustizia. In nessun caso in essi era presente l'idea di esercitare qualsiasi coercizione su qualcuno... Naturalmente non si puo' negare che i digiuni possono essere realmente coercitivi. Sono tali i digiuni per scopi egoistici. Un digiuno intrapreso per estorcere del denaro ad una persona o per qualche altro analogo scopo personale implica l'esercizio della coercizione o di influenza illecita. Non esiterei a schierarmi per la resistenza contro tale illecita influenza. ("Harijan", 9 settembre 1933, in Gandhi, Teoria cit., pp. 189-190).
[Cinque giorni prima di venire ucciso, Gandhi accettava di interrompere l'ennesimo digiuno, dopo aver ottenuto non solo la cessazione di gravi scontri fra indu' e musulmani nella citta' di Nuova Delhi e in altre parti dell'India, ma commoventi gesti di riconciliazione e di accoglienza con reciproci doni tra i contendenti]. La cessazione del digiuno e' avvenuta secondo l'usuale cerimonia di preghiera, durante la quale sono stati recitati passi delle sacre scritture giapponesi, musulmane e parsi, seguiti dal mantra: "Conducimi dalla falsita' alla verita' / dalle tenebre alla luce / dalla morte all'immortalita'". Sono state poi cantate dalle giovinette dell'ashram un inno indu' e l'inno cristiano Quando contemplo l'ammirabile croce, a cui ha fatto seguito il Ramadhun. Il Maulana Saheb ha portato un bicchiere di succo di frutta, e Gandhi ha interrotto il digiuno dopo che la frutta era stata distribuita e divisa tra tutti i presenti. ("Harijan", 25 gennaio 1948, in Gandhi, Teoria cit., p. 351).
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Il compromesso e la democrazia
E' proprio la mia insistenza sulla verita' che mi ha portato ad apprezzare la bellezza del compromesso. (Gandhi, citato da Dhawan, The political philosophy of Mahatma Gandhi, p. 138, in Gandhi, Teoria cit., p. CXX).
Sono essenzialmente un uomo incline al compromesso perche' non sono mai sicuro di essere nel vero. (Gandhi, citato da Dhawan, The political philosophy of Mahatma Gandhi, p. 138, in Gandhi, Teoria cit., p. CXX).
L'India sta cercando di sviluppare una vera democrazia, ossia libera dalla violenza. I nostri strumenti sono quelli del satyagraha che si esprimono nel Charkha - ossia l'arcolaio -, le industrie di villaggio, l'istruzione elementare combinata con il lavoro manuale, l'abolizione dell'intoccabilita', l'armonia delle comunita', e l'organizzazione nonviolenta dei lavoratori... Questo comporta un impegno di massa e un'educazione di massa. Abbiamo grandi organizzazioni per portare avanti queste attivita'. Queste hanno un carattere interamente volontario, e il loro unico scopo e' il servizio degli umili. ("Harijan", 18 maggio 1940, in Gandhi, Teoria cit., p. 141).
La mia concezione della democrazia e' che sotto di essa il piu' debole deve avere le stesse possibilita' del piu' forte. Questo puo' avvenire soltanto attraverso la nonviolenza... Prendiamo un caso. Negli Stati Uniti la terra appartiene a pochi capitalisti. Lo stesso avviene in Sud Africa. Queste grandi proprieta' possono essere mantenute soltanto con la violenza, velata o aperta. La democrazia occidentale, nelle sue attuali caratteristiche, e' una forma diluita di nazismo o di fascismo. Al piu' e' un paravento per mascherare le tendenze naziste e fasciste dell'imperialismo. Perche' oggi vi e' la guerra, se non per la brama di spartizione delle spoglie del mondo? ("Harijan", 18 maggio 1940, in Gandhi, Teoria cit., p. 140).
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Le macchine e l'uomo
Come potrei essere contro tutte le macchine quando so che persino il nostro corpo e' la piu' delicata delle macchine? Il filatoio e' una macchina; uno stuzzicadenti e' una macchina. Cio' che rifiuto e' il fanatismo per le macchine; non la macchina in se stessa. Il fanatismo per cio' che viene definito uno strumento per risparmiare fatica. L'uomo continua a "risparmiare fatica" mentre migliaia di persone sono senza lavoro e vengono gettate in strada a morire di fame. Io voglio risparmiare tempo e fatica non per una parte dell'umanita' ma per tutti. Desidero la concentrazione della ricchezza non nelle mani di pochi, ma di tutti. Oggi le macchine servono solo a consentire a pochi di dominare milioni di persone. Il movente di tutto cio' non e' la filantropia per risparmiare fatica, ma ingordigia. E' contro questa impostazione delle cose che sto combattendo con tutte le mie forze. La considerazione suprema e' per l'uomo. La macchina non dovrebbe portare all'atrofizzazione degli arti dell'uomo. Come esempio faro' delle debite eccezioni. Consideriamo la macchina da cucire Singer. E' una delle poche cose utili mai inventate, e la sua stessa invenzione e' un romanzo. (Hind Swaraj or Indian home rule, Introduzione all'edizione del 1938, trad. it. Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Edizioni del Movimento Nonviolento, 1984, p. 25).
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L'odio puo' essere sconfitto solo con l'amore
A quanto mi e' dato di vedere, la bomba atomica ha distrutto i sentimenti piu' nobili che hanno sostenuto l'umanita' per millenni. Una volta esistevano le cosiddette leggi di guerra, che rendevano le guerre tollerabili. Ora abbiamo visto la nuda verita'. La guerra non conosce altra legge che quella della forza. La bomba atomica ha fatto ottenere una vuota vittoria agli eserciti alleati, ma ha significato la distruzione dell'anima del Giappone. E' ancora troppo presto per vedere che cosa e' avvenuto nell'anima della nazione che ha impiegato la bomba atomica... La morale che si puo' legittimamente trarre dalla spaventosa tragedia provocata dalla bomba atomica e' che una bomba non puo' essere distrutta da un'altra bomba, come la violenza non puo' essere eliminata dalla violenza. Il genere umano puo' liberarsi dalla violenza soltanto ricorrendo alla nonviolenza. L'odio puo' essere sconfitto soltanto con l'amore. ("Harijan", 7 luglio 1947, in Gandhi, Teoria cit., pp. 353-354).
Io saro' contento se, quando qualcuno venisse per uccidermi, io potessi restare calmo, lasciarmi uccidere e pregare Dio che mi conceda di avere un buon sentimento per chi mi uccide. (Discussione con alcuni visitatori, New Delhi 17 luglio1947, in The collected works of Mahatma Gandhi, vol. 88, Ahmedabad 1983, p. 357).

4. RIFLESSIONE. DANIELE LUGLI: LA GUERRA DEI VENT'ANNI
[Dal sito di "Azione nonviolenta (www.azionenonviolenta.it).
"Daniele Lugli (Suzzara, 1941), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sara' presidente nazionale dal 1996 al 2010, e con Pietro Pinna e' nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull'obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell'Educazione all'Universita', sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali e' intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all'incarico piu' recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. E' attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una societa' civile degna dell'aggettivo ed e' un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell'ambiente. Nel 2017 pubblica con Csa Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948"]

L'11 settembre prossimo, esattamente venti anni dopo l'attentato delle torri gemelle, termina la guerra in Afghanistan. E' una data scelta per farne memoria.
Col passare del tempo e' divenuta infatti sempre piu' lontana e dimenticata, non da chi vi e' direttamente coinvolto. Che guerra e'? Si puo' farne un bilancio? Insegna qualcosa?
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Che guerra e'?
E' una guerra autorizzata dall'ONU. Il giorno dopo gli attentati il Consiglio di sicurezza approva all'unanimita' la risoluzione 1368, il diritto di "legittima difesa individuale e collettiva" degli Stati Uniti. Seguono altre risoluzioni a garanzia della legalita' dell'intervento militare.
E' una guerra fulminea. Il 7 ottobre 2001 inizia con i bombardamenti la "legittima difesa" degli Usa, cioe' Enduring Freedom (Liberta' Duratura). Obiettivi la fine del regime dei talebani e la distruzione dei campi di addestramento di al-Qaida di Osama bin Laden. In novembre il regime e' rovesciato e la presidenza assunta dall'elegante Hamid Karzai.
E' una guerra lunghissima. Quella del Vietnam, che ricordo infinita, e' durata la meta'. Una risoluzione dell'Onu del dicembre e' alla base della missione ISAF (International Security Assistance Force) relativa all'area di Kabul poi estesa a tutto il territorio con una risoluzione del 2003. L'ISAF collabora con il governo afgano e con l'Assistance Mission dell'ONU (UNAMA).
E' una guerra impegnativa. Centomila militari di 50 Paesi: i militari degli Stati Uniti (68.000), sono affiancati da quelli del Regno Unito (9.500), della Germania (4.318), dell'Italia (3.100), della Polonia (1.770 unita'), della Spagna (1.606), della Georgia (1.561), della Romania (1.549 unita'), dell'Australia (1.094), della Turchia (998) e da quelli degli altri paesi. Su 185.000 soldati conta l'Esercito nazionale afgano.
E' una guerra a scalare. Riduce effettivi sul campo e obiettivi. Di ritiro si parla a Lisbona in un vertice Nato: Dovrebbe essere entro il 2014 quando le forze afgane avranno, si presume, il pieno controllo. Le cose vanno diversamente. Isaf termina ma inizia la missione Sostegno Risoluto (Resolute Support Mission). Comincia il primo gennaio 2015, sempre con la favorevole risoluzione dell'ONU, la 2189. I militari si riducono a 16mila, i paesi alleati a 41. Gli Stati Uniti d'America sono i piu' presenti con 8.475 militari, seguiti da Germania (1.300), Regno Unito (1.100), Italia (895), Georgia (870) e Romania (693), gli altri a seguire. Il contingente USA si riduce ulteriormente a duemilacinquecento. Forse ora sono poco piu' di mille.
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Si puo' farne un bilancio?
I morti: Secondo il Watson Institute della Brown University, la guerra afghana tra ottobre 2001 e ottobre 2018 ha causato oltre 210mila morti. Incerta l'attribuzione tra forze combattenti e no, tra antigovernative e filogovernative. I morti civili, secondo le stime di Unama, si contano in decine di migliaia. Sempre secondo l'Unama, agenzia dell'Onu, nei primi 6 mesi del 2019 le forze pro-governative (nazionali e internazionali) hanno ucciso piu' civili di quelle anti-governative, Talebani e Isis. Piu' sappiamo dei morti della coalizione: qualche migliaio. Gli italiani morti in combattimento sono 31, un'altra ventina per incidenti vari, stradali soprattutto.
I soldi. Le cifre ufficiali parlano di 900 miliardi, 7 e mezzo per l'Italia. Le stime portano a raddoppiare almeno l'importo. Si valuta in 2mila miliardi la spesa USA. L'Afghanistan e' un paese poverissimo. Il reddito annuo medio afgano e' di circa 600 dollari. La spesa militare ricordata, suddivisa tra gli abitanti del paese, 32 milioni, darebbe un gruzzolo di 62.500 dollari a testa. Fossero stati consegnati non come distruzione il quadro sarebbe diverso.
Ma in un bilancio bisogna anche considerare gli aspetti positivi. Il calo dell'analfabetismo dal 68% del 2001 al 62% attuale lo e' certamente. Cosi' pure il miglioramento della condizione femminile, almeno nelle citta'. Il resto e' un disastro. Il ritorno al potere dei talebani si rimangera' probabilmente anche questi risultati.
Lo scenario e' inquietante. Ritirate le truppe straniere si confrontano con i Talebani, islamisti radicali, narcotrafficanti, criminalita' organizzata, comunita' etniche, partiti politici tutti con le loro milizie. Il ruolo degli USA sara' assunto da Russia, Cina, Iran, Pakistan e India con i rispettivi protetti. Non sembra un gran guadagno per la pace.
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Insegna qualcosa?
Una cosa che gia' dovremmo sapere. Anche superata la fase della vendetta, giustificata come legittima difesa, anche in una prospettiva di liberazione da un pessimo regime, la guerra dimostra la sua inutilita'. Occorre ben altro. Le Nazioni Unite, nate per evitare "il flagello della guerra", devono dotarsi di altri, piu' efficaci, strumenti in difesa dei diritti umani, individuali e collettivi. Che si possa lo hanno mostrato sul campo le Ong portando istruzione, sanita', aiuti umanitari. Se un nocciolo di persone, piu' coscienti della loro dignita' e dei loro diritti, permane e' anche per il loro contributo.
L'Afghanistan si conferma – come dice Alberto Negri – il "cimitero degli imperi". Dopo inglesi e sovietici ha espulso pure gli americani. E' una storia che si ripete. I Medi, i Persiani, i Greci, i Maurya, l'Impero Kusana, gli Unni bianchi, i Sasanidi, gli Arabi, i Mongoli, i Turchi al culmine della loro espansione l'hanno occupato e dovuto abbandonare.
La guerra dei vent'anni me ne richiama una di casa nostra, evocata nell'inno nazionale: Il suon d'ogni squilla I Vespri suono'. Sono i Vespri siciliani. Il 30 marzo 1282, le campane di Palermo chiamano all'insurrezione contro i Francesi di Carlo d'Angio'. Vent'anni dopo, 31 agosto 1302, a Caltabellotta e' l'accordo di pace. La guerra riprende pero' dieci anni dopo e dura sessanta anni fino al 1372, trattato di Avignone. Ci auguriamo che non si esageri con i ricorsi storici.

5. SCORCIATOIE. QUESTO SO DELLA GUERRA

I.

Che sempre e solo consiste
dell'uccisione degli esseri umani.

Dal punto di vista dell'umanita'
ogni guerra sempre e solo e' nostra nemica
poiche' sempre e solo noi siamo le sue vittime.

Dal punto di vista dell'umanita'
abolire la guerra e' la cosa piu' urgente.

II.

Dico le piu' semplici
delle verita'.

Chiunque imbraccia un'arma
si fa nemico dell'umanita'
e quindi anche di se stesso.

Chiunque produce un'arma
prepara la morte di qualcuno.

Chiunque vende compra trasporta conserva smercia o regala un'arma
gia' gli crescono serpenti per capelli
gia' il corpo gli si copre di scaglie di bronzo
gia' dalla bocca vomita fiamme.

III.

Solo il disarmo salva le vite.
Solo la pace fa vivere le persone.

Abolire la guerra, gli eserciti, le armi.

Soccorrere accogliere assistere ogni persona bisognosa di aiuto
condividere il bene ed i beni.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

6. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

7. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Sebastiano Timpanaro, Antileopardiani e neomoderati nella sinistra italiana, Ets, Pisa 1982, pp. 348.
- Sebastiano Timpanaro, Aspetti e figure della cultura ottocentesca, Nistri-Lischi, Pisa 1980, pp. XVI + 480.
- Sebastiano Timpanaro, Classicismo e illuminismo nell'Ottocento italiano, Nistri-Lischi, Pisa 1965, 1969, 1988, pp. XL + 440.
- Sebastiano Timpanaro, Il lapsus freudiano. Psicanalisi e critica testuale, La Nuova Italia, Firenze 1974, Bollati Boringhieri, Torino 2002, pp. XXXIV + 208.
- Sebastiano Timpanaro, La filologia di Giacomo Leopardi, Le Monnier, Firenze 1955, Laterza, Roma-Bari 1978, 1997, pp. XVI + 272.
- Sebastiano Timpanaro, La "fobia romana" e altri scritti su Freud e Meringer, Ets, Pisa 1992, pp. 224.
- Sebastiano Timpanaro, Nuovi studi sul nostro Ottocento, Nistri-Lischi, Pisa 1995, pp. XXII + 248.
- Sebastiano Timpanaro, Sul materialismo, Nistri-Lischi, Pisa 1970, 1975, Unicopli, Milano 1997, pp. XXXVIII + 234.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4094 del 4 maggio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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