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[Nonviolenza] Telegrammi. 4093
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 4093
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Sun, 2 May 2021 17:36:07 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4093 del 3 maggio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Nell'anniversario della scomparsa di Augusto Boal e di Paulo Freire
2. Alessandro Savorelli: Antonio Labriola
3. Alcuni riferimenti utili
4. Segnalazioni librarie
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'
1. MEMORIA. NELL'ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DI AUGUSTO BOAL E DI PAULO FREIRE
Il 2 maggio 2009 moriva Augusto Boal; il 2 maggio 1997 moriva di Paulo Freire. Li ricordiamo ancora una volta come due illustri figure della nonviolenza, due indimenticabili militanti per la liberazione dell'umanita'.
Ancora una volta esprimiamo la nostra gratitudine per la loro azione, la loro testimonianza, il loro appello.
Augusto Boal e' stato il drammaturgo creatore del "teatro dell'oppresso"; e' deceduto il 2 maggio del 2009 a Rio de Janeiro, dove era nato nel 1931.
Paulo Freire e' stato uno dei piu' grandi educatori del XX secolo, promotore del movimento di cultura popolare e della pedagogia della liberazione; era nato a Recife nel 1921 ed e' deceduto il 2 maggio del 1997 a Sao Paulo.
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Una minima notizia su Augusto Boal
Augusto Boal (Rio de Janeiro, 1931-2009), intellettuale ed attivista per i diritti umani di tutti gli esseri umani, con la sua vasta e preziosa opera teatrale, artistica, educativa, ed in particolare con la geniale pratica del "teatro dell'oppresso", ha elaborato e sperimentato strumenti formativi ed operativi di enorme utilita' per tutti coloro che lottano contro la menzogna e la violenza.
Tra le opere di Augusto Boal: Il teatro degli oppressi. Teoria e tecnica del teatro, La Meridiana, Molfetta 2011; Il poliziotto e la maschera, La Meridiana, Molfetta 1993; L'arcobaleno del desiderio, La Meridiana, Molfetta, 1994; Dal desiderio alla legge. Manuale del teatro di cittadinanza, La Meridiana, Molfetta 2002.
Tra le opere su Augusto Boal: Guglielmo Schinina', Storia critica del Teatro dell'Oppresso, La Meridiana, Molfetta 1998; Alessandra Gigli, Alessandro Tolomelli, Alessandro Zanchettin, Il teatro dell'oppresso in educazione, Carocci, Roma 2008.
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Una minima notizia su Paulo Freire
Paulo Freire e' nato a Recife (Brasile) nel 1921; nel 1961 ha fondato il Movimento di cultura popolare, cominciando ad elaborare ed applicare il metodo di alfabetizzazione legato al suo nome; nel 1964 dopo il colpo di stato militare e' imprigionato; successivamente e' costretto all'esilio; tra i massimi esperti di problematiche educative (con particolar riferimento al Sud del mondo), ha continuato la ricerca e l'attivita' di alfabetizzazione in varie parti del pianeta; e' deceduto nel 1997.
Tra le opere di Paulo Freire: La pedagogia degli oppressi, Mondadori, Milano 1980; L'educazione come pratica della liberta', Mondadori, Milano 1977; Pedagogia in cammino, Mondadori, Milano 1979. Cfr. anche il libro-intervista a cura di Edson Passetti, Conversazioni con Paulo Freire, Eleuthera, Milano 1996.
Tra le opere su Paulo Freire: Moacir Gadotti, Leggendo Paulo Freire, Sei, Torino 1995; Leandro Rossi, Paulo Freire profeta di liberazione, Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi 1998. Per un rapido avvio alla conoscenza cfr. anche Stefano Del Grande (a cura di), Memorabilia: Paulo Freire, fascicolo monografico del "Notiziario Cdp" n. 161, gennaio-febbraio 1999, Centro di documentazione di Pistoia.
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Nel ricordo e alla scuola di Augusto Boal e di Paulo Freire continuiamo nell'impegno contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni; in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani e in difesa di quest'unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta comune per la comune salvezza dell'umanita' intera.
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E qui e adesso ancora una volta rinnoviamo l'appello ad insorgere nonviolentemente per salvare tutte le vite, per opporsi a tutte le violenze.
Ad opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Ad opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. E quindi che qui ed ora occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro; e quindi che qui ed ora occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia; e quindi che qui ed ora occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani; e quindi che qui ed ora occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Ad opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. E quindi che qui ed ora occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera; e quindi che qui ed ora occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere; e quindi che qui ed ora occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Ad opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Ripetiamolo una volta ancora: ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'; salvare le vite e' il primo dovere.
2. MAESTRI. ALESSANDRO SAVORELLI: ANTONIO LABRIOLA
[Da Il Contributo italiano alla storia del pensiero: Storia e Politica (2013) nel sito www.treccani.it]
Nel periodo della Seconda Internazionale Antonio Labriola fu tra i piu' originali teorici del marxismo, al quale era approdato dopo essersi formato nell'alveo dell'hegelismo napoletano e a contatto con il dibattito internazionale sullo statuto delle 'scienze dello spirito'. Le sue formulazioni di metodo, all'interno di una lettura critica del materialismo storico, della riflessione sulla storia d'Italia e d'Europa e sulla prassi politica del movimento socialista, hanno avuto varia eco nello storicismo del Novecento.
La vita
Nato a San Germano (Cassino) il 2 luglio 1843, Antonio Labriola si trasferi' a Napoli nel 1861 e vi ebbe per maestro l'hegeliano Bertrando Spaventa. A Roma, dal 1874, insegnO' filosofia morale e pedagogia e, dal 1887, filosofia della storia. Pubblicista legato alle idee liberal-moderate della Destra (1871-74), deluso dai partiti tradizionali e dal trasformismo, dopo il fallimento di una sua candidatura alle elezioni nel 1887, aderi' alla democrazia radicale; infine, verso il 1890, divenne socialista. In contatto con Friedrich Engels e con la socialdemocrazia tedesca, segui' da una posizione di autonomia critica la formazione del Partito socialista a opera di Filippo Turati. Le esperienze politiche (scandalo della Banca romana, che egli contribui' a far emergere, moti operai di Roma, Fasci siciliani) influirono sulla sua maturazione teorica, mentre s'impadroniva dei fondamenti del marxismo.
Nel 1895-97, su impulso dell'allievo Benedetto Croce, pubblico' i Saggi sul materialismo storico, atto di nascita del marxismo teorico in Italia. Nel dialogo con i quadri del movimento operaio internazionale, sorpreso dalla 'crisi del marxismo' e dal 'revisionismo', tentO' di sviluppare un'analisi storico-politica all'altezza dei compiti posti dallo sviluppo capitalistico, non cessando di riflettere sui tratti peculiari della storia civile italiana e tentando di orientare la politica del Partito socialista. Mori' a Roma il 2 febbraio 1904.
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Prima e dopo Marx: filosofia della storia, storiografia e politica
Nel 1903 Labriola ricordo' (forse pensando a Karl Marx, mai atteggiatosi "a compiuto istoriografo") di essere "di professione filosofo, e non storico" (La concezione materialistica della storia, 1965, p. 191; Da un secolo all'altro. 1897-1903, 2012, p. 254): del resto, aveva esordito nel 1863, al tempo della sua formazione alla scuola di Spaventa, sostenendo hegelianamente l'"immanenza" dell'idea nella storia (Opere, I vol., 1959, p. 47). Tra il 1865 e il 1871 considerava la filosofia come l'unita' delle diverse sfere del sapere (logica, etica, storia), ma questo primo orientamento non diede luogo a una sistemazione speculativa: anzi la crisi della scuola hegeliana lo spinse verso l'esigenza di una correzione realistica del 'sistema'.
Nel 1899 aveva suggerito un altro parallelo fra la propria vicenda intellettuale e quella di Marx – il quale aveva preso le mosse non dalla filosofia, ma da problemi specifici (la critica dell'economia) – per avere operato egli stesso un capovolgimento dell'idealismo alla stregua della sinistra hegeliana tedesca: giacche', dopo aver atteso a lavori storico-filosofici (su Socrate e Spinoza) e progettato una storia del cristianesimo, si era dedicato a ricerche etiche (ispirate a Johann Friedrich Herbart e alla sua scuola), di linguistica e di psicologia sociale (impadronendosi del metodo della 'psicologia dei popoli' di Moritz Lazarus e Heymann Steinthal), con una costante attenzione al dibattito tedesco sul metodo storiografico e sulle 'scienze dello spirito'. Gli si venne allora chiarendo un concetto di filosofia al quale rimarra' fedele: non un'ipostasi metafisica, ma una funzione del procedimento scientifico, ossia, secondo la definizione di Herbart, l'elaborazione formale dei concetti: "pensare in concreto e poter riflettere in astratto" – come dira' molti anni dopo – sui "dati e sulle condizioni di pensabilita'" dell'esperienza (La concezione materialistica della storia, cit., p. 234).
Le sue idee sulla storia, nei primi anni, mostrano una tensione tra individualita' dei fatti ed esigenza di unita', tra i singoli fenomeni storici e una filosofia della storia che ne fissi il valore all'interno di un piano finalisticamente orientato (Opere, cit., p. 127; Dal Pane 1975, pp. 126-33). Ma questo modello provvisorio s'incrina presto: la filosofia della storia dell'ortodossia hegeliana e' giudicata una "mostruosa" contaminazione tra saperi diversi e sono respinte sia l'idea che la storia costituisca un'unita', sia quella di un indefinito "progresso": la storia gli si va chiarendo come una molteplicita' che richiede indagini speciali sulle singole forme della coscienza sociale e l'apporto di discipline come la linguistica, la mitologia comparata, la storia del diritto e la statistica (Opere, cit., pp. 278-79, 285).
La Prelezione al corso del 1887 su I problemi della filosofia della storia e' una prima sintesi metodologica. La storiografia, sostiene Labriola – sulla scorta della trattatistica da Johann G. Droysen a Georg G. Gervinus –, consapevole dei propri limiti e attraverso un uso solo regolativo di concetti generali, ha per scopo di narrare, con il criterio della "distinzione", fatti molteplici e formazioni storiche individualizzate. La filosofia della storia si riduce, dunque, a una "ricerca su i metodi, su i principii e sul sistema delle conoscenze storiche", non prefigurando ne' la generalizzazione dei canoni di particolari discipline (economia, sociologia, psicologia sociale ecc.), ne' un approccio finalistico o totalizzante – come nello spiritualismo tradizionale, nell'idealismo hegeliano e nel positivismo evoluzionistico – che si rivela una sintesi illusoria e frutto di pregiudizi religiosi, culturali e politici.
Labriola invoca cautela nel maneggio dei principi 'reali' dei fatti storici, diffidando di spiegazioni unilaterali volte a rintracciarne le cause in fattori determinati, quali la lotta per l'esistenza o la distribuzione della proprieta', e a trascurare il resto come un loro riflesso. Insiste percio' sull'"equilibrio" degli aspetti plurali di una civilta', presupposto che consente di comprendere non solo il passato, ma anche la struttura della societa' moderna e dello Stato: quest'ultimo e' funzione graduale del progresso civile e implica, appunto, con significativo parallelismo, un "equilibrio" di "forze radicali e conservative" (Scritti filosofici e politici, 1976, pp. 10, 29-30). E' la concezione dello Stato che Labriola aveva variamente sostenuto dal periodo moderato a quello radical-democratico, sempre in alternativa allo Stato neutro, liberale, puro garante di interessi individuali: da una forma di 'Stato etico', paternalisticamente illuminato, era progressivamente approdato, attraverso le teorie del 'socialismo giuridico', all'idea di un regolatore degli antagonismi di classe e dei bisogni sociali.
L'ingresso diretto in politica, non piu' da osservatore esterno, la riflessione sulla storia d'Italia e le vicende contemporanee, e il giudizio sempre piu' negativo sulle classi dirigenti postunitarie, consumarono rapidamente l'esperienza democratica: attorno al 1890 Labriola si proclamo' socialista e aderi' presto alla dottrina marxista, della quale discusse in un vivace carteggio con Engels. Di fronte ai conflitti di classe e alle contraddizioni che muovono la "disarmonica vita" della storia moderna, lo Stato come 'regolatore sociale' finisce per apparirgli un'utopia (La concezione materialistica della storia, cit., p. 31, 114).
Da questo momento in poi prassi e riflessione storica costituiscono per Labriola un nesso inscindibile: ma la politica e l'adesione al marxismo finiscono per scompaginare anche il precedente quadro teorico. La nuova prospettiva, esposta nei Saggi (1895-97), marca su punti fondamentali una cesura netta, anche se restano vive molte delle istanze metodiche della fase 'herbartiana', sempre, tuttavia, all'interno di un marxismo dichiaratamente non eclettico. La tesi della molteplicita' dei fattori storici viene meno di fronte al bisogno di una spiegazione unitaria, di un "principio direttivo" attraverso il quale si e' messi in grado di comprendere le cause intime della storia, rintracciato nella struttura economica e nei rapporti di produzione, autentica "anatomia" dei fatti sociali. La storia, pur senza un presupposto finalistico, assume una 'direzione' perche' e' una successione di forme sociali destinate a risolversi, in modo necessario e per "le leggi immanenti del proprio divenire", nella fine del modo di produzione capitalistico e nell'avvento del socialismo. Infine – con una ripresa di toni hegeliani – la storia gli appare non solo l'oggetto dello storico, ma oggetto e soggetto insieme, perche' produce le condizioni del superamento delle sue contraddizioni, mediante l'"autocritica" che la societa' esercita sopra se stessa, culminando nell'autocoscienza del proletariato moderno (La concezione materialistica della storia, cit., pp. 5, 10-11, 17, 105-106). La storia, dunque, tende a divenire 'trasparente' ai suoi protagonisti.
Il materialismo storico si presenta cosi' come un'interpretazione unitaria e 'scientifica', risultato essa stessa del processo attraverso il quale l'uomo modifica i rapporti sociali, e assume i caratteri di una "definitiva" filosofia della storia, perche' "obiettivizza" la storia e si pone al di la' delle concezioni mitologiche e dell'opacita' delle visioni ideologizzate (La concezione materialistica della storia, cit., pp. 66, 99).
Questo forte oggettivismo, che domina soprattutto nel primo Saggio, e' temperato da una serie di precisazioni che riformulano, all'interno del nuovo quadro teorico, le osservazioni metodiche del 1887, nel tentativo di chiarire come il materialismo storico non implichi una riduzione dei fenomeni storici al momento economico, come una sorta di "talismano" che spieghi "il complicato ingranaggio della societa'" e dal quale risultino come "effetti automatici e macchinali, istituzioni e leggi, e costumi, e pensieri, e sentimenti, e ideologie". E' semmai un "filo conduttore", che connette si', piu' direttamente, la sovrastruttura statale-giuridica alla struttura economica, ma che occorre seguire con prudenza nella spiegazione dei fenomeni culturali (religione, scienza, arte) e delle ideologie. Queste ultime non sono "involucri" o parvenze della sottostruttura economica, ma forme di consapevolezza piu' o meno evolute, che accompagnano sempre i rapporti sociali: facendo propria la formulazione di Engels, Labriola ripete che la struttura economica le determina solo in "ultima istanza".
Il materialismo storico è dunque un nuovo metodo di «revisione delle fonti storiche», che si sforza di ricondurre le ideologie alla loro base reale, con un «ipotetico" e non sempre decifrabile processo di derivazione, ma senza rinunciare a considerarne la "specificata circostanzialita'". Per questi speciali problemi, ammetteva Labriola, si e' trovata una "linea di metodo", ma l'"esecuzione particolare non e' facile" (La concezione materialistica della storia, cit., pp. 94-96, 69-70, 130, 134-35; Da un secolo all'altro, cit., p. 264).
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Morfologia, sociologia e storia "narrata"
Labriola non rimise in discussione questi fondamenti nemmeno quando si comincio' a parlare di una 'crisi del marxismo', concetto che egli rifiutava come un equivoco e un pretesto politico. Ribadi' infatti che i principi della storia "sono negli accadimenti stessi" e che il materialismo storico e' una "comprensiva interpretazione senza della quale i fatti non hanno significato" (Da un secolo all'altro, cit., p. 249), ma, per lo stimolo congiunto dell'interesse teorico, dell'approfondimento storico e di problemi pratico-politici, rimedito' – senza che si possa parlare di una vera e propria revisione – decisivi aspetti di metodo. In primo luogo il rapporto tra sociologia e storia: sebbene la sociologia, con l'economia, abbia trasformato l'assetto scientifico della storia attraverso la considerazione "morfologica" degli agglomerati umani, la storia, sostiene Labriola, non puo' esserne "assorbita". La sociologia e' infatti un sapere 'tipologico' che lavora su "astrazioni" e "forzate classificazioni", laddove la storia si occupa dell'"eterogeneo", che e' oggetto di ricerca empirica. Nessuna sociologia puo' dimostrare analiticamente la corrispondenza tra determinate istituzioni politiche o costumi e un 'tipo' economico, come se le prime fossero accidenti di una sostanza, nel qual caso gli uomini sarebbero ridotti a "marionette", i cui fili sono "tenuti e mossi, dalla provvidenza non piu', ma anzi dalle categorie economiche".
Il materialismo storico si estende dunque dallo studio della morfologia sociale alla considerazione della storia "particolare" e implica, per non rimanere "nel dualismo di storia e spiegazione", una storia "materialisticamente raccontata", che ha natura di "arte", consiste cioe' in "pensate narrazioni" su determinati complessi d'eventi (Carteggio, III vol., 2003, pp. 437-38; Da un secolo all'altro, cit., pp. 219, 254-59; La concezione materialistica della storia, cit., pp. 136, 140). E' un'"arte difficile", sottolinea Labriola – il cui modello rimanevano il 18 Brumaio di Marx e le parti storiche del Capitale – della quale, passando dalla chiarificazione dei principi alla loro applicazione, egli stesso si studio' di fornire esempi e applicazioni negli ultimi corsi, armonizzandone i risultati con la dottrina, ma ribadendo che le fonti sulle quali lavora qualunque storico, anche quello marxista, sono comuni agli storici "d'ogni scuola o indirizzo": Marx, ricordava, non aveva mai pensato di "modificare cio' che tecnicamente dicesi disciplina della ricerca storica" (Da un secolo all'altro, cit., pp. 259, 56; La concezione materialistica della storia, cit., p. 194). Negli stessi Marx ed Engels, semmai, andava rilevando una certa semplificazione in "schemi" della storia concreta, e qualche unilateralita' nel tracciare lo sviluppo del capitalismo (La concezione materialistica della storia, cit., pp. 164, 54): ma diffidava soprattutto di certe applicazioni di scuola, non esitando a parlare nel corso del 1897-98 di "marxisti volgari che portano in giro da per tutto la lotta di classe".
Delle trattazioni storiche di Labriola rimangono solo cenni nelle opere e si conservano gli appunti dei corsi sulla Rivoluzione francese, sulla biografia di Giordano Bruno, sulla rivolta di fra Dolcino (all'interno di un'attenzione di lunga data alla storia del cristianesimo). In essi Labriola si mosse in relativa autonomia dalla letteratura storica marxista (per es., da Karl Kautsky), verso un'esposizione che tende a non schiacciare sui rapporti di produzione l'individualita' degli eventi e la sfera ideale. Elemento decisivo del materialismo storico, egli afferma, e' la comprensione del mutamento della societa', del quale la morfologia storica puo' solo indicare le cause generali, ma non puo' riprodurne il processo concreto senza far ricorso ai "naturali canoni della esposizione e della narrazione" (Da un secolo all'altro, cit., pp. 264-65). La Rivoluzione francese, per es., mostrava come a partire da "condizioni" strutturali, solo l'analisi di eventi circostanziati e irripetibili era in grado di spiegare perche' l'"erosione" di una formazione sociale – la societa' 'feudale' – e il suo epilogo in forma "catastrofica" (problema sul quale Labriola rifletteva gia' dalla Prelezione del 1887) si fossero verificati in un determinato Paese e in un determinato momento.
Per questi motivi egli discusse con Engels sul rapporto tra 'metodo dialettico' e 'metodo genetico', definizione quest'ultima preferibile, a suo parere, perche' "lascia impregiudicata la natura empirica" e il "contenuto reale" delle formazioni storiche, mentre l'altra ha maggior valenza logico-formale (Carteggio, III vol., cit., p. 412).
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La crisi teorica e politica di fine secolo
Di nuovo, non si trattava solo di problemi di storiografia 'pura'. Come nel periodo che precede l'adesione al marxismo, e' l'urgenza della politica che fa evolvere la riflessione metodologica di Labriola, la quale riguarda dunque la comprensione del passato, ma piu' ancora la storia 'contemporanea': la conoscenza del passato – scriveva – interessa solo in quanto getta luce sull'oggi, e il "mezzo per misurare la nostra cultura storica" e' "la capacita' ad intendere il presente". Per questo penso' di comporre un 'quarto saggio', dando forma alle lezioni del 1900-1901 sulle "caratteristiche del secolo decimonono" e sulla "configurazione del mondo civile" nel passaggio di secolo (La concezione materialistica della storia, cit., p. 54; Da un secolo all'altro, cit., pp. 99-101). Il corso rispondeva al bisogno di chiarire l'arresto di sviluppo del socialismo di fronte ai fenomeni emersi dopo il 1870: il ciclo espansivo del capitalismo – che smentiva le correnti ipotesi sul 'crollo' –, il colonialismo e l'imperialismo (una "Crociata senza finzioni", il ritorno alla politica di "conquistadores", Da un secolo all'altro, cit., pp. 177, 201), la persistenza di forme di produzione precapitalistiche, il declino del liberalismo e della democrazia, la reviviscenza di ideologie 'decadenti', l'emergere del cattolicesimo democratico. E ancora, in Italia: il ritardo e l'incompiutezza dell'unita' nazionale, la timidezza della politica estera, l'ingombrante presenza della Chiesa, l'analfabetismo, i limiti strutturali dell'economia e la debolezza della borghesia alla quale corrispondeva quella del movimento operaio. Non era questione dei fondamenti (la critica dell'economia), ne' del principio e dei 'valori' del socialismo (il "piu' profondo e piu' ampio senso di comunanza umana", il "postulato della solidarieta' contrapposto all'assioma della concorrenza"), ma di comprendere la "complicata resistenza dei rapporti mondiali". L'imperialismo aveva solo "differita" nel XX sec. la "catastrofe della concorrenza" e la storia contemporanea appare ora percio' non un processo regolare, ma una "linea spezzata, che cambia spesso direzione" e che "non sappiamo dove andra' a finire". Alla domanda – tipica del periodo della Seconda Internazionale – sui tempi e i modi del passaggio al socialismo in base a previsioni morfologiche, doveva percio' sostituirsi (esattamente come nello studio dell'evento che segna l'inizio del mondo moderno, la Rivoluzione francese) l'analisi della storia 'in atto' (La concezione materialistica della storia, cit., p. 149; Da un secolo all'altro, cit., pp. 148, 153, 100, 102, 254-55).
La distinzione tra sociologia/morfologia e storia aveva serie implicazioni politiche: l'oggettiva valutazione del momento storico induceva a un atteggiamento realistico e privo di illusioni sulle forze in campo e le dinamiche dello sviluppo capitalistico ed era un irrinunciabile presupposto della prassi dei partiti socialisti (La concezione materialistica della storia, cit., p. 286). Cio' condusse, tra l'altro, Labriola – ed e' una delle sue posizioni piu' controverse, per il residuo di determinismo che palesa – ad appoggiare l'espansione coloniale, ritenendo che fosse un modo per promuovere lo sviluppo della borghesia italiana e con essa del proletariato. Piu' in generale, egli sostenne la necessita' per i socialisti di confrontarsi con la "politica sociale" liberale, attenendosi "all'attuabile": pena la ricaduta nel fatalismo evoluzionistico, nel "neoutopismo", nel ribellismo anarcoide, o, viceversa, in un pragmatismo empirico, ove l'indispensabile politica di riforme utili alla classe operaia finiva per trasformarsi in un'"acquiescenza" ai meccanismi del mondo borghese e in un allineamento con le tesi del 'revisionismo' emergente in alcuni settori della socialdemocrazia (Scritti politici, 1975, p. 464; La concezione materialistica della storia, cit., p. 171).
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Epilogo
Un'incipiente, grave malattia, la scarsa propensione a dar forma letteraria ai propri pensieri e difficolta' oggettive impedirono a Labriola di sviluppare compiutamente, a livello dottrinale e sul piano dei contenuti, la sua interpretazione del materialismo storico. Gli interpreti hanno sottolineato l'inadeguatezza di molte delle sue risposte ai problemi aperti: per l'incompetenza, confessata, nel campo dell'economia (esposta alle complesse discussioni di fine secolo sulla 'teoria del valore', nelle quali Labriola entro' solo marginalmente), per gli errori prospettici nell'analisi della congiuntura – e di conseguenza nelle proposte concrete –, per le oscillazioni sul concetto di 'ideologia', per la tensione tra ricerca 'idiografico-genetica' e impianto morfologico, e, non da ultimo, per il suo isolamento sul piano dottrinale e politico nel movimento operaio organizzato e presso i suoi gruppi dirigenti. Labriola fu molto deluso della scarsa comprensione del suo lavoro, sia in Italia (per la mancanza di tradizioni culturali e l'insensibilita' del socialismo ufficiale ai problemi teorici e del rapporto teoria-prassi), sia all'estero (dove, come e' stato detto, la sua reale influenza fu del tutto impari rispetto al suo "prestigio", cfr. Gerratana 1979, p. 621).
Cio' non toglie, entro questi limiti, che il suo acuto, crescente senso della concretezza storica costituisca un contributo di valore europeo all'elaborazione critica della dottrina marxista. Labriola ebbe lucida consapevolezza che il materialismo storico era "poco progredito dalle prime e generali enunciazioni" e che occorreva compierlo anziche' decretarne la crisi, estendendolo in direzione della comprensione oggettiva del presente, piuttosto che approfondirne gli aspetti formali o trasformarlo in un 'sistema'. Su questa base egli critico' con efficacia le deformazioni del marxismo della Seconda Internazionale: non solo le inconsistenti contaminazioni con evoluzionismo e positivismo della tradizione italiana, esemplificate nell'opera di Enrico Ferri e Achille Loria, ma anche il rigido determinismo del marxismo ortodosso tedesco (come nel suo maggior teorico, Kautsky), cosi' come le versioni filosofico-enciclopediche e scientistiche (Georgij V. Plechanov) – che si sarebbero poi cristallizzate nel Novecento – e infine i tentativi dichiaratamente eclettici (come avveniva presso certe formulazioni del revisionismo tedesco, per es. in Eduard Bernstein, che coniugava marxismo e morale kantiana). L'autonoma 'filosofia' del marxismo si compendiava per Labriola nel principio "che tutto e' pensabile come genesi" e nella "filosofia della praxis", ossia nella considerazione della storia, del sapere e dell'azione politica come prodotto delle variazioni della forma sociale del lavoro (La concezione materialistica della storia, cit., pp. 232, 204). Anche l'approfondimento della teoria economica marxista non doveva situarsi sul piano astratto-formale, ma su quello della "critica dell'economia", poiche' l'economia non e' una scienza "pura", ma un'interpretazione della politica e della storia: la critica dell'economia rappresenta si' la "premessa tipica" della dottrina del socialismo, ma e' anche il modo in cui Marx intese "trattare la storia".
Il rinnovamento degli "indirizzi della storiografia" non implicava infine una visione neutra della ricerca storica, ma corrispondeva "al bisogno pratico proprio ai partiti socialistici" di un'adeguata conoscenza della specifica condizione del proletariato e "di commisurare, congruamente alle cause, alle promesse ed ai pericoli della complicazione politica, l'azione del socialismo". Labriola ammoniva tuttavia che era lontano il tempo in cui il materialismo storico potesse divenire "la dottrina piena e completa di tutte le fasi storiche gia' ridotte alle rispettive forme della produzione economica, e regola al tempo istesso della politica": servivano uno "studio accuratamente nuovo di fonti, per chi voglia ingegnarsi a studiare il passato secondo l'angolo visuale della nuova veduta storico-genetica, o speciali attitudini di orientazione politica in chi voglia praticamente operare al presente" (La concezione materialistica della storia, cit., pp. 180-82, 189, 191, 226-27, 194).
Non e' paradossale il fatto che le posizioni di Labriola rimasero estranee al socialismo italiano: per Turati erano poco piu' di un esercizio intellettuale adatto non all'azione, ma ai momenti "d'ozio". Ebbe semmai influenza sotterranea su qualche lavoro storico, come quelli di Gaetano Salvemini o Gioacchino Volpe, o, attraverso la mediazione attualistica e soggettivistica di Giovanni Gentile, su Rodolfo Mondolfo e fino ad Antonio Gramsci. Ma soprattutto sullo storicismo di Croce, che resta peraltro l'interprete piu' avvertito, all'epoca, delle esigenze metodiche della dottrina labrioliana, nonostante egli avesse intrapreso una severa critica del materialismo storico, riducendolo – cosa inaccettabile per Labriola – a mero "canone metodologico" della storiografia. Dimenticato sostanzialmente tra le due guerre, salvo per gli sforzi di chi ne rimise in circolazione l'opera (come Luigi Dal Pane o lo stesso Croce, che ripubblico' i Saggi nel 1938-1939), Labriola e' tornato oggetto di studio per l'impulso dato dalle riflessioni di Gramsci alla corrente storicista del marxismo del Novecento, che ha sempre piu' messo in rilievo il carattere aperto del marxismo labrioliano, in difficile equilibrio tra "tendenza (formale e critica) al monismo" e "specializzata ricerca" (La concezione materialistica della storia, cit., p. 233).
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Opere
Opere, a cura di L. Dal Pane, 3 voll., Milano 1959-1962.
La concezione materialistica della storia, a cura di E. Garin, Bari 1965.
Scritti politici (1886-1904), a cura di V. Gerratana, Bari 1970.
Scritti filosofici e politici, a cura di F. Sbarberi, 2 voll., Torino 1976 (2).
Scritti liberali, a cura di N. Siciliani de Cumis, Bari 1981.
La politica italiana nel 1871-1872. Corrispondenze alle "Basler Nachrichten", a cura di S. Miccolis, Napoli 1998.
Carteggio, a cura di S. Miccolis, 5 voll., Napoli 2000-2006.
Giordano Bruno. Scritti editi e inediti (1888-1900), a cura di S. Miccolis, A. Savorelli, Napoli 2008.
Gli scritti politici di Antonio Labriola editi da Stefano Miccolis, a cura di A. Savorelli, Stefania Miccolis, in Quaderni per l'edizione nazionale delle Opere di Labriola, II vol., Napoli 2010.
Da un secolo all'altro. 1897-1903, a cura di S. Miccolis, A. Savorelli, Edizione nazionale delle Opere, XI vol., Napoli 2012.
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Bibliografia
L. Dal Pane, Antonio Labriola nella politica e nella cultura italiana, Torino 1975.
S. Poggi, Antonio Labriola: herbartismo e scienze dello spirito alle origini del marxismo italiano, Milano 1978.
V. Gerratana, Antonio Labriola e l'introduzione del marxismo in Italia, in Storia del marxismo, II vol., Il marxismo nell'eta' della Seconda Internazionale, Torino 1979, pp. 619-57.
G. Galasso, Il problema della metodologia storica in Antonio Labriola, "Prospettive Settanta", 1982, pp. 219-35.
E. Garin, Tra due secoli. Socialismo e filosofia in Italia dopo l'Unita', Bari 1983.
V. Gerratana, Antonio Labriola e la politica, "Studi storici", 1985, 3, pp. 565-80.
Antonio Labriola nella cultura europea dell'Ottocento, a cura di F. Sbarberi, Manduria 1988.
P. Craveri, Gli appunti inediti dei corsi universitari di Antonio Labriola sulla Rivoluzione francese, "Archivio storico per le province napoletane", 1992, 110, pp. 331-50.
Antonio Labriola filosofo e politico, a cura di L. Punzo, Milano 1996.
G. Cacciatore, Labriola in un altro secolo, Soveria Mannelli 2005.
Antonio Labriola e la nascita del marxismo in Italia, Milano 2005.
Antonio Labriola nella storia e nella cultura della nuova Italia, a cura di A. Burgio, Macerata 2005.
Antonio Labriola. Celebrazioni del centenario della morte, Atti del Convegno di studi, Cassino (7-9 ottobre 2004), a cura di L. Punzo, Cassino 2006.
A. Zanardo, Antonio Labriola e la scuola teologico-evangelica di Tubinga, "Giornale critico della filosofia italiana", 2009, pp. 41-126.
S. Miccolis, Antonio Labriola. Saggi per una biografia politica, a cura di A. Savorelli, Stefania Miccolis, Milano 2010.
A. Savorelli, "Sanculotti e devoti". Fra Dolcino "narrato" da Labriola, "Giornale critico della filosofia italiana", 2012, pp. 445-59.
3. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
4. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Classici
- Francesco De Sanctis, Saggi critici, Laterza, Roma-Bari 1952, 1979, 3 voll. rispettivamente di pp. LII + 384, VIII + 416, VIII + 384. A cura di Luigi Russo.
- Francesco De Sanctis, Storia della letteratura italiana, Einaudi, Torino 1958, 1971, 2 voll. per complessive pp. XLVI + 1130. A cura di Niccolo' Gallo, introduzione di Natalino Sapegno, nota introduttiva di Carlo Muscetta.
5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
6. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4093 del 3 maggio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Numero 4093 del 3 maggio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Nell'anniversario della scomparsa di Augusto Boal e di Paulo Freire
2. Alessandro Savorelli: Antonio Labriola
3. Alcuni riferimenti utili
4. Segnalazioni librarie
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'
1. MEMORIA. NELL'ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DI AUGUSTO BOAL E DI PAULO FREIRE
Il 2 maggio 2009 moriva Augusto Boal; il 2 maggio 1997 moriva di Paulo Freire. Li ricordiamo ancora una volta come due illustri figure della nonviolenza, due indimenticabili militanti per la liberazione dell'umanita'.
Ancora una volta esprimiamo la nostra gratitudine per la loro azione, la loro testimonianza, il loro appello.
Augusto Boal e' stato il drammaturgo creatore del "teatro dell'oppresso"; e' deceduto il 2 maggio del 2009 a Rio de Janeiro, dove era nato nel 1931.
Paulo Freire e' stato uno dei piu' grandi educatori del XX secolo, promotore del movimento di cultura popolare e della pedagogia della liberazione; era nato a Recife nel 1921 ed e' deceduto il 2 maggio del 1997 a Sao Paulo.
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Una minima notizia su Augusto Boal
Augusto Boal (Rio de Janeiro, 1931-2009), intellettuale ed attivista per i diritti umani di tutti gli esseri umani, con la sua vasta e preziosa opera teatrale, artistica, educativa, ed in particolare con la geniale pratica del "teatro dell'oppresso", ha elaborato e sperimentato strumenti formativi ed operativi di enorme utilita' per tutti coloro che lottano contro la menzogna e la violenza.
Tra le opere di Augusto Boal: Il teatro degli oppressi. Teoria e tecnica del teatro, La Meridiana, Molfetta 2011; Il poliziotto e la maschera, La Meridiana, Molfetta 1993; L'arcobaleno del desiderio, La Meridiana, Molfetta, 1994; Dal desiderio alla legge. Manuale del teatro di cittadinanza, La Meridiana, Molfetta 2002.
Tra le opere su Augusto Boal: Guglielmo Schinina', Storia critica del Teatro dell'Oppresso, La Meridiana, Molfetta 1998; Alessandra Gigli, Alessandro Tolomelli, Alessandro Zanchettin, Il teatro dell'oppresso in educazione, Carocci, Roma 2008.
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Una minima notizia su Paulo Freire
Paulo Freire e' nato a Recife (Brasile) nel 1921; nel 1961 ha fondato il Movimento di cultura popolare, cominciando ad elaborare ed applicare il metodo di alfabetizzazione legato al suo nome; nel 1964 dopo il colpo di stato militare e' imprigionato; successivamente e' costretto all'esilio; tra i massimi esperti di problematiche educative (con particolar riferimento al Sud del mondo), ha continuato la ricerca e l'attivita' di alfabetizzazione in varie parti del pianeta; e' deceduto nel 1997.
Tra le opere di Paulo Freire: La pedagogia degli oppressi, Mondadori, Milano 1980; L'educazione come pratica della liberta', Mondadori, Milano 1977; Pedagogia in cammino, Mondadori, Milano 1979. Cfr. anche il libro-intervista a cura di Edson Passetti, Conversazioni con Paulo Freire, Eleuthera, Milano 1996.
Tra le opere su Paulo Freire: Moacir Gadotti, Leggendo Paulo Freire, Sei, Torino 1995; Leandro Rossi, Paulo Freire profeta di liberazione, Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi 1998. Per un rapido avvio alla conoscenza cfr. anche Stefano Del Grande (a cura di), Memorabilia: Paulo Freire, fascicolo monografico del "Notiziario Cdp" n. 161, gennaio-febbraio 1999, Centro di documentazione di Pistoia.
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Nel ricordo e alla scuola di Augusto Boal e di Paulo Freire continuiamo nell'impegno contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni; in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani e in difesa di quest'unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta comune per la comune salvezza dell'umanita' intera.
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E qui e adesso ancora una volta rinnoviamo l'appello ad insorgere nonviolentemente per salvare tutte le vite, per opporsi a tutte le violenze.
Ad opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Ad opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. E quindi che qui ed ora occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro; e quindi che qui ed ora occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia; e quindi che qui ed ora occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani; e quindi che qui ed ora occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Ad opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. E quindi che qui ed ora occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera; e quindi che qui ed ora occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere; e quindi che qui ed ora occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Ad opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Ripetiamolo una volta ancora: ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'; salvare le vite e' il primo dovere.
2. MAESTRI. ALESSANDRO SAVORELLI: ANTONIO LABRIOLA
[Da Il Contributo italiano alla storia del pensiero: Storia e Politica (2013) nel sito www.treccani.it]
Nel periodo della Seconda Internazionale Antonio Labriola fu tra i piu' originali teorici del marxismo, al quale era approdato dopo essersi formato nell'alveo dell'hegelismo napoletano e a contatto con il dibattito internazionale sullo statuto delle 'scienze dello spirito'. Le sue formulazioni di metodo, all'interno di una lettura critica del materialismo storico, della riflessione sulla storia d'Italia e d'Europa e sulla prassi politica del movimento socialista, hanno avuto varia eco nello storicismo del Novecento.
La vita
Nato a San Germano (Cassino) il 2 luglio 1843, Antonio Labriola si trasferi' a Napoli nel 1861 e vi ebbe per maestro l'hegeliano Bertrando Spaventa. A Roma, dal 1874, insegnO' filosofia morale e pedagogia e, dal 1887, filosofia della storia. Pubblicista legato alle idee liberal-moderate della Destra (1871-74), deluso dai partiti tradizionali e dal trasformismo, dopo il fallimento di una sua candidatura alle elezioni nel 1887, aderi' alla democrazia radicale; infine, verso il 1890, divenne socialista. In contatto con Friedrich Engels e con la socialdemocrazia tedesca, segui' da una posizione di autonomia critica la formazione del Partito socialista a opera di Filippo Turati. Le esperienze politiche (scandalo della Banca romana, che egli contribui' a far emergere, moti operai di Roma, Fasci siciliani) influirono sulla sua maturazione teorica, mentre s'impadroniva dei fondamenti del marxismo.
Nel 1895-97, su impulso dell'allievo Benedetto Croce, pubblico' i Saggi sul materialismo storico, atto di nascita del marxismo teorico in Italia. Nel dialogo con i quadri del movimento operaio internazionale, sorpreso dalla 'crisi del marxismo' e dal 'revisionismo', tentO' di sviluppare un'analisi storico-politica all'altezza dei compiti posti dallo sviluppo capitalistico, non cessando di riflettere sui tratti peculiari della storia civile italiana e tentando di orientare la politica del Partito socialista. Mori' a Roma il 2 febbraio 1904.
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Prima e dopo Marx: filosofia della storia, storiografia e politica
Nel 1903 Labriola ricordo' (forse pensando a Karl Marx, mai atteggiatosi "a compiuto istoriografo") di essere "di professione filosofo, e non storico" (La concezione materialistica della storia, 1965, p. 191; Da un secolo all'altro. 1897-1903, 2012, p. 254): del resto, aveva esordito nel 1863, al tempo della sua formazione alla scuola di Spaventa, sostenendo hegelianamente l'"immanenza" dell'idea nella storia (Opere, I vol., 1959, p. 47). Tra il 1865 e il 1871 considerava la filosofia come l'unita' delle diverse sfere del sapere (logica, etica, storia), ma questo primo orientamento non diede luogo a una sistemazione speculativa: anzi la crisi della scuola hegeliana lo spinse verso l'esigenza di una correzione realistica del 'sistema'.
Nel 1899 aveva suggerito un altro parallelo fra la propria vicenda intellettuale e quella di Marx – il quale aveva preso le mosse non dalla filosofia, ma da problemi specifici (la critica dell'economia) – per avere operato egli stesso un capovolgimento dell'idealismo alla stregua della sinistra hegeliana tedesca: giacche', dopo aver atteso a lavori storico-filosofici (su Socrate e Spinoza) e progettato una storia del cristianesimo, si era dedicato a ricerche etiche (ispirate a Johann Friedrich Herbart e alla sua scuola), di linguistica e di psicologia sociale (impadronendosi del metodo della 'psicologia dei popoli' di Moritz Lazarus e Heymann Steinthal), con una costante attenzione al dibattito tedesco sul metodo storiografico e sulle 'scienze dello spirito'. Gli si venne allora chiarendo un concetto di filosofia al quale rimarra' fedele: non un'ipostasi metafisica, ma una funzione del procedimento scientifico, ossia, secondo la definizione di Herbart, l'elaborazione formale dei concetti: "pensare in concreto e poter riflettere in astratto" – come dira' molti anni dopo – sui "dati e sulle condizioni di pensabilita'" dell'esperienza (La concezione materialistica della storia, cit., p. 234).
Le sue idee sulla storia, nei primi anni, mostrano una tensione tra individualita' dei fatti ed esigenza di unita', tra i singoli fenomeni storici e una filosofia della storia che ne fissi il valore all'interno di un piano finalisticamente orientato (Opere, cit., p. 127; Dal Pane 1975, pp. 126-33). Ma questo modello provvisorio s'incrina presto: la filosofia della storia dell'ortodossia hegeliana e' giudicata una "mostruosa" contaminazione tra saperi diversi e sono respinte sia l'idea che la storia costituisca un'unita', sia quella di un indefinito "progresso": la storia gli si va chiarendo come una molteplicita' che richiede indagini speciali sulle singole forme della coscienza sociale e l'apporto di discipline come la linguistica, la mitologia comparata, la storia del diritto e la statistica (Opere, cit., pp. 278-79, 285).
La Prelezione al corso del 1887 su I problemi della filosofia della storia e' una prima sintesi metodologica. La storiografia, sostiene Labriola – sulla scorta della trattatistica da Johann G. Droysen a Georg G. Gervinus –, consapevole dei propri limiti e attraverso un uso solo regolativo di concetti generali, ha per scopo di narrare, con il criterio della "distinzione", fatti molteplici e formazioni storiche individualizzate. La filosofia della storia si riduce, dunque, a una "ricerca su i metodi, su i principii e sul sistema delle conoscenze storiche", non prefigurando ne' la generalizzazione dei canoni di particolari discipline (economia, sociologia, psicologia sociale ecc.), ne' un approccio finalistico o totalizzante – come nello spiritualismo tradizionale, nell'idealismo hegeliano e nel positivismo evoluzionistico – che si rivela una sintesi illusoria e frutto di pregiudizi religiosi, culturali e politici.
Labriola invoca cautela nel maneggio dei principi 'reali' dei fatti storici, diffidando di spiegazioni unilaterali volte a rintracciarne le cause in fattori determinati, quali la lotta per l'esistenza o la distribuzione della proprieta', e a trascurare il resto come un loro riflesso. Insiste percio' sull'"equilibrio" degli aspetti plurali di una civilta', presupposto che consente di comprendere non solo il passato, ma anche la struttura della societa' moderna e dello Stato: quest'ultimo e' funzione graduale del progresso civile e implica, appunto, con significativo parallelismo, un "equilibrio" di "forze radicali e conservative" (Scritti filosofici e politici, 1976, pp. 10, 29-30). E' la concezione dello Stato che Labriola aveva variamente sostenuto dal periodo moderato a quello radical-democratico, sempre in alternativa allo Stato neutro, liberale, puro garante di interessi individuali: da una forma di 'Stato etico', paternalisticamente illuminato, era progressivamente approdato, attraverso le teorie del 'socialismo giuridico', all'idea di un regolatore degli antagonismi di classe e dei bisogni sociali.
L'ingresso diretto in politica, non piu' da osservatore esterno, la riflessione sulla storia d'Italia e le vicende contemporanee, e il giudizio sempre piu' negativo sulle classi dirigenti postunitarie, consumarono rapidamente l'esperienza democratica: attorno al 1890 Labriola si proclamo' socialista e aderi' presto alla dottrina marxista, della quale discusse in un vivace carteggio con Engels. Di fronte ai conflitti di classe e alle contraddizioni che muovono la "disarmonica vita" della storia moderna, lo Stato come 'regolatore sociale' finisce per apparirgli un'utopia (La concezione materialistica della storia, cit., p. 31, 114).
Da questo momento in poi prassi e riflessione storica costituiscono per Labriola un nesso inscindibile: ma la politica e l'adesione al marxismo finiscono per scompaginare anche il precedente quadro teorico. La nuova prospettiva, esposta nei Saggi (1895-97), marca su punti fondamentali una cesura netta, anche se restano vive molte delle istanze metodiche della fase 'herbartiana', sempre, tuttavia, all'interno di un marxismo dichiaratamente non eclettico. La tesi della molteplicita' dei fattori storici viene meno di fronte al bisogno di una spiegazione unitaria, di un "principio direttivo" attraverso il quale si e' messi in grado di comprendere le cause intime della storia, rintracciato nella struttura economica e nei rapporti di produzione, autentica "anatomia" dei fatti sociali. La storia, pur senza un presupposto finalistico, assume una 'direzione' perche' e' una successione di forme sociali destinate a risolversi, in modo necessario e per "le leggi immanenti del proprio divenire", nella fine del modo di produzione capitalistico e nell'avvento del socialismo. Infine – con una ripresa di toni hegeliani – la storia gli appare non solo l'oggetto dello storico, ma oggetto e soggetto insieme, perche' produce le condizioni del superamento delle sue contraddizioni, mediante l'"autocritica" che la societa' esercita sopra se stessa, culminando nell'autocoscienza del proletariato moderno (La concezione materialistica della storia, cit., pp. 5, 10-11, 17, 105-106). La storia, dunque, tende a divenire 'trasparente' ai suoi protagonisti.
Il materialismo storico si presenta cosi' come un'interpretazione unitaria e 'scientifica', risultato essa stessa del processo attraverso il quale l'uomo modifica i rapporti sociali, e assume i caratteri di una "definitiva" filosofia della storia, perche' "obiettivizza" la storia e si pone al di la' delle concezioni mitologiche e dell'opacita' delle visioni ideologizzate (La concezione materialistica della storia, cit., pp. 66, 99).
Questo forte oggettivismo, che domina soprattutto nel primo Saggio, e' temperato da una serie di precisazioni che riformulano, all'interno del nuovo quadro teorico, le osservazioni metodiche del 1887, nel tentativo di chiarire come il materialismo storico non implichi una riduzione dei fenomeni storici al momento economico, come una sorta di "talismano" che spieghi "il complicato ingranaggio della societa'" e dal quale risultino come "effetti automatici e macchinali, istituzioni e leggi, e costumi, e pensieri, e sentimenti, e ideologie". E' semmai un "filo conduttore", che connette si', piu' direttamente, la sovrastruttura statale-giuridica alla struttura economica, ma che occorre seguire con prudenza nella spiegazione dei fenomeni culturali (religione, scienza, arte) e delle ideologie. Queste ultime non sono "involucri" o parvenze della sottostruttura economica, ma forme di consapevolezza piu' o meno evolute, che accompagnano sempre i rapporti sociali: facendo propria la formulazione di Engels, Labriola ripete che la struttura economica le determina solo in "ultima istanza".
Il materialismo storico è dunque un nuovo metodo di «revisione delle fonti storiche», che si sforza di ricondurre le ideologie alla loro base reale, con un «ipotetico" e non sempre decifrabile processo di derivazione, ma senza rinunciare a considerarne la "specificata circostanzialita'". Per questi speciali problemi, ammetteva Labriola, si e' trovata una "linea di metodo", ma l'"esecuzione particolare non e' facile" (La concezione materialistica della storia, cit., pp. 94-96, 69-70, 130, 134-35; Da un secolo all'altro, cit., p. 264).
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Morfologia, sociologia e storia "narrata"
Labriola non rimise in discussione questi fondamenti nemmeno quando si comincio' a parlare di una 'crisi del marxismo', concetto che egli rifiutava come un equivoco e un pretesto politico. Ribadi' infatti che i principi della storia "sono negli accadimenti stessi" e che il materialismo storico e' una "comprensiva interpretazione senza della quale i fatti non hanno significato" (Da un secolo all'altro, cit., p. 249), ma, per lo stimolo congiunto dell'interesse teorico, dell'approfondimento storico e di problemi pratico-politici, rimedito' – senza che si possa parlare di una vera e propria revisione – decisivi aspetti di metodo. In primo luogo il rapporto tra sociologia e storia: sebbene la sociologia, con l'economia, abbia trasformato l'assetto scientifico della storia attraverso la considerazione "morfologica" degli agglomerati umani, la storia, sostiene Labriola, non puo' esserne "assorbita". La sociologia e' infatti un sapere 'tipologico' che lavora su "astrazioni" e "forzate classificazioni", laddove la storia si occupa dell'"eterogeneo", che e' oggetto di ricerca empirica. Nessuna sociologia puo' dimostrare analiticamente la corrispondenza tra determinate istituzioni politiche o costumi e un 'tipo' economico, come se le prime fossero accidenti di una sostanza, nel qual caso gli uomini sarebbero ridotti a "marionette", i cui fili sono "tenuti e mossi, dalla provvidenza non piu', ma anzi dalle categorie economiche".
Il materialismo storico si estende dunque dallo studio della morfologia sociale alla considerazione della storia "particolare" e implica, per non rimanere "nel dualismo di storia e spiegazione", una storia "materialisticamente raccontata", che ha natura di "arte", consiste cioe' in "pensate narrazioni" su determinati complessi d'eventi (Carteggio, III vol., 2003, pp. 437-38; Da un secolo all'altro, cit., pp. 219, 254-59; La concezione materialistica della storia, cit., pp. 136, 140). E' un'"arte difficile", sottolinea Labriola – il cui modello rimanevano il 18 Brumaio di Marx e le parti storiche del Capitale – della quale, passando dalla chiarificazione dei principi alla loro applicazione, egli stesso si studio' di fornire esempi e applicazioni negli ultimi corsi, armonizzandone i risultati con la dottrina, ma ribadendo che le fonti sulle quali lavora qualunque storico, anche quello marxista, sono comuni agli storici "d'ogni scuola o indirizzo": Marx, ricordava, non aveva mai pensato di "modificare cio' che tecnicamente dicesi disciplina della ricerca storica" (Da un secolo all'altro, cit., pp. 259, 56; La concezione materialistica della storia, cit., p. 194). Negli stessi Marx ed Engels, semmai, andava rilevando una certa semplificazione in "schemi" della storia concreta, e qualche unilateralita' nel tracciare lo sviluppo del capitalismo (La concezione materialistica della storia, cit., pp. 164, 54): ma diffidava soprattutto di certe applicazioni di scuola, non esitando a parlare nel corso del 1897-98 di "marxisti volgari che portano in giro da per tutto la lotta di classe".
Delle trattazioni storiche di Labriola rimangono solo cenni nelle opere e si conservano gli appunti dei corsi sulla Rivoluzione francese, sulla biografia di Giordano Bruno, sulla rivolta di fra Dolcino (all'interno di un'attenzione di lunga data alla storia del cristianesimo). In essi Labriola si mosse in relativa autonomia dalla letteratura storica marxista (per es., da Karl Kautsky), verso un'esposizione che tende a non schiacciare sui rapporti di produzione l'individualita' degli eventi e la sfera ideale. Elemento decisivo del materialismo storico, egli afferma, e' la comprensione del mutamento della societa', del quale la morfologia storica puo' solo indicare le cause generali, ma non puo' riprodurne il processo concreto senza far ricorso ai "naturali canoni della esposizione e della narrazione" (Da un secolo all'altro, cit., pp. 264-65). La Rivoluzione francese, per es., mostrava come a partire da "condizioni" strutturali, solo l'analisi di eventi circostanziati e irripetibili era in grado di spiegare perche' l'"erosione" di una formazione sociale – la societa' 'feudale' – e il suo epilogo in forma "catastrofica" (problema sul quale Labriola rifletteva gia' dalla Prelezione del 1887) si fossero verificati in un determinato Paese e in un determinato momento.
Per questi motivi egli discusse con Engels sul rapporto tra 'metodo dialettico' e 'metodo genetico', definizione quest'ultima preferibile, a suo parere, perche' "lascia impregiudicata la natura empirica" e il "contenuto reale" delle formazioni storiche, mentre l'altra ha maggior valenza logico-formale (Carteggio, III vol., cit., p. 412).
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La crisi teorica e politica di fine secolo
Di nuovo, non si trattava solo di problemi di storiografia 'pura'. Come nel periodo che precede l'adesione al marxismo, e' l'urgenza della politica che fa evolvere la riflessione metodologica di Labriola, la quale riguarda dunque la comprensione del passato, ma piu' ancora la storia 'contemporanea': la conoscenza del passato – scriveva – interessa solo in quanto getta luce sull'oggi, e il "mezzo per misurare la nostra cultura storica" e' "la capacita' ad intendere il presente". Per questo penso' di comporre un 'quarto saggio', dando forma alle lezioni del 1900-1901 sulle "caratteristiche del secolo decimonono" e sulla "configurazione del mondo civile" nel passaggio di secolo (La concezione materialistica della storia, cit., p. 54; Da un secolo all'altro, cit., pp. 99-101). Il corso rispondeva al bisogno di chiarire l'arresto di sviluppo del socialismo di fronte ai fenomeni emersi dopo il 1870: il ciclo espansivo del capitalismo – che smentiva le correnti ipotesi sul 'crollo' –, il colonialismo e l'imperialismo (una "Crociata senza finzioni", il ritorno alla politica di "conquistadores", Da un secolo all'altro, cit., pp. 177, 201), la persistenza di forme di produzione precapitalistiche, il declino del liberalismo e della democrazia, la reviviscenza di ideologie 'decadenti', l'emergere del cattolicesimo democratico. E ancora, in Italia: il ritardo e l'incompiutezza dell'unita' nazionale, la timidezza della politica estera, l'ingombrante presenza della Chiesa, l'analfabetismo, i limiti strutturali dell'economia e la debolezza della borghesia alla quale corrispondeva quella del movimento operaio. Non era questione dei fondamenti (la critica dell'economia), ne' del principio e dei 'valori' del socialismo (il "piu' profondo e piu' ampio senso di comunanza umana", il "postulato della solidarieta' contrapposto all'assioma della concorrenza"), ma di comprendere la "complicata resistenza dei rapporti mondiali". L'imperialismo aveva solo "differita" nel XX sec. la "catastrofe della concorrenza" e la storia contemporanea appare ora percio' non un processo regolare, ma una "linea spezzata, che cambia spesso direzione" e che "non sappiamo dove andra' a finire". Alla domanda – tipica del periodo della Seconda Internazionale – sui tempi e i modi del passaggio al socialismo in base a previsioni morfologiche, doveva percio' sostituirsi (esattamente come nello studio dell'evento che segna l'inizio del mondo moderno, la Rivoluzione francese) l'analisi della storia 'in atto' (La concezione materialistica della storia, cit., p. 149; Da un secolo all'altro, cit., pp. 148, 153, 100, 102, 254-55).
La distinzione tra sociologia/morfologia e storia aveva serie implicazioni politiche: l'oggettiva valutazione del momento storico induceva a un atteggiamento realistico e privo di illusioni sulle forze in campo e le dinamiche dello sviluppo capitalistico ed era un irrinunciabile presupposto della prassi dei partiti socialisti (La concezione materialistica della storia, cit., p. 286). Cio' condusse, tra l'altro, Labriola – ed e' una delle sue posizioni piu' controverse, per il residuo di determinismo che palesa – ad appoggiare l'espansione coloniale, ritenendo che fosse un modo per promuovere lo sviluppo della borghesia italiana e con essa del proletariato. Piu' in generale, egli sostenne la necessita' per i socialisti di confrontarsi con la "politica sociale" liberale, attenendosi "all'attuabile": pena la ricaduta nel fatalismo evoluzionistico, nel "neoutopismo", nel ribellismo anarcoide, o, viceversa, in un pragmatismo empirico, ove l'indispensabile politica di riforme utili alla classe operaia finiva per trasformarsi in un'"acquiescenza" ai meccanismi del mondo borghese e in un allineamento con le tesi del 'revisionismo' emergente in alcuni settori della socialdemocrazia (Scritti politici, 1975, p. 464; La concezione materialistica della storia, cit., p. 171).
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Epilogo
Un'incipiente, grave malattia, la scarsa propensione a dar forma letteraria ai propri pensieri e difficolta' oggettive impedirono a Labriola di sviluppare compiutamente, a livello dottrinale e sul piano dei contenuti, la sua interpretazione del materialismo storico. Gli interpreti hanno sottolineato l'inadeguatezza di molte delle sue risposte ai problemi aperti: per l'incompetenza, confessata, nel campo dell'economia (esposta alle complesse discussioni di fine secolo sulla 'teoria del valore', nelle quali Labriola entro' solo marginalmente), per gli errori prospettici nell'analisi della congiuntura – e di conseguenza nelle proposte concrete –, per le oscillazioni sul concetto di 'ideologia', per la tensione tra ricerca 'idiografico-genetica' e impianto morfologico, e, non da ultimo, per il suo isolamento sul piano dottrinale e politico nel movimento operaio organizzato e presso i suoi gruppi dirigenti. Labriola fu molto deluso della scarsa comprensione del suo lavoro, sia in Italia (per la mancanza di tradizioni culturali e l'insensibilita' del socialismo ufficiale ai problemi teorici e del rapporto teoria-prassi), sia all'estero (dove, come e' stato detto, la sua reale influenza fu del tutto impari rispetto al suo "prestigio", cfr. Gerratana 1979, p. 621).
Cio' non toglie, entro questi limiti, che il suo acuto, crescente senso della concretezza storica costituisca un contributo di valore europeo all'elaborazione critica della dottrina marxista. Labriola ebbe lucida consapevolezza che il materialismo storico era "poco progredito dalle prime e generali enunciazioni" e che occorreva compierlo anziche' decretarne la crisi, estendendolo in direzione della comprensione oggettiva del presente, piuttosto che approfondirne gli aspetti formali o trasformarlo in un 'sistema'. Su questa base egli critico' con efficacia le deformazioni del marxismo della Seconda Internazionale: non solo le inconsistenti contaminazioni con evoluzionismo e positivismo della tradizione italiana, esemplificate nell'opera di Enrico Ferri e Achille Loria, ma anche il rigido determinismo del marxismo ortodosso tedesco (come nel suo maggior teorico, Kautsky), cosi' come le versioni filosofico-enciclopediche e scientistiche (Georgij V. Plechanov) – che si sarebbero poi cristallizzate nel Novecento – e infine i tentativi dichiaratamente eclettici (come avveniva presso certe formulazioni del revisionismo tedesco, per es. in Eduard Bernstein, che coniugava marxismo e morale kantiana). L'autonoma 'filosofia' del marxismo si compendiava per Labriola nel principio "che tutto e' pensabile come genesi" e nella "filosofia della praxis", ossia nella considerazione della storia, del sapere e dell'azione politica come prodotto delle variazioni della forma sociale del lavoro (La concezione materialistica della storia, cit., pp. 232, 204). Anche l'approfondimento della teoria economica marxista non doveva situarsi sul piano astratto-formale, ma su quello della "critica dell'economia", poiche' l'economia non e' una scienza "pura", ma un'interpretazione della politica e della storia: la critica dell'economia rappresenta si' la "premessa tipica" della dottrina del socialismo, ma e' anche il modo in cui Marx intese "trattare la storia".
Il rinnovamento degli "indirizzi della storiografia" non implicava infine una visione neutra della ricerca storica, ma corrispondeva "al bisogno pratico proprio ai partiti socialistici" di un'adeguata conoscenza della specifica condizione del proletariato e "di commisurare, congruamente alle cause, alle promesse ed ai pericoli della complicazione politica, l'azione del socialismo". Labriola ammoniva tuttavia che era lontano il tempo in cui il materialismo storico potesse divenire "la dottrina piena e completa di tutte le fasi storiche gia' ridotte alle rispettive forme della produzione economica, e regola al tempo istesso della politica": servivano uno "studio accuratamente nuovo di fonti, per chi voglia ingegnarsi a studiare il passato secondo l'angolo visuale della nuova veduta storico-genetica, o speciali attitudini di orientazione politica in chi voglia praticamente operare al presente" (La concezione materialistica della storia, cit., pp. 180-82, 189, 191, 226-27, 194).
Non e' paradossale il fatto che le posizioni di Labriola rimasero estranee al socialismo italiano: per Turati erano poco piu' di un esercizio intellettuale adatto non all'azione, ma ai momenti "d'ozio". Ebbe semmai influenza sotterranea su qualche lavoro storico, come quelli di Gaetano Salvemini o Gioacchino Volpe, o, attraverso la mediazione attualistica e soggettivistica di Giovanni Gentile, su Rodolfo Mondolfo e fino ad Antonio Gramsci. Ma soprattutto sullo storicismo di Croce, che resta peraltro l'interprete piu' avvertito, all'epoca, delle esigenze metodiche della dottrina labrioliana, nonostante egli avesse intrapreso una severa critica del materialismo storico, riducendolo – cosa inaccettabile per Labriola – a mero "canone metodologico" della storiografia. Dimenticato sostanzialmente tra le due guerre, salvo per gli sforzi di chi ne rimise in circolazione l'opera (come Luigi Dal Pane o lo stesso Croce, che ripubblico' i Saggi nel 1938-1939), Labriola e' tornato oggetto di studio per l'impulso dato dalle riflessioni di Gramsci alla corrente storicista del marxismo del Novecento, che ha sempre piu' messo in rilievo il carattere aperto del marxismo labrioliano, in difficile equilibrio tra "tendenza (formale e critica) al monismo" e "specializzata ricerca" (La concezione materialistica della storia, cit., p. 233).
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Opere
Opere, a cura di L. Dal Pane, 3 voll., Milano 1959-1962.
La concezione materialistica della storia, a cura di E. Garin, Bari 1965.
Scritti politici (1886-1904), a cura di V. Gerratana, Bari 1970.
Scritti filosofici e politici, a cura di F. Sbarberi, 2 voll., Torino 1976 (2).
Scritti liberali, a cura di N. Siciliani de Cumis, Bari 1981.
La politica italiana nel 1871-1872. Corrispondenze alle "Basler Nachrichten", a cura di S. Miccolis, Napoli 1998.
Carteggio, a cura di S. Miccolis, 5 voll., Napoli 2000-2006.
Giordano Bruno. Scritti editi e inediti (1888-1900), a cura di S. Miccolis, A. Savorelli, Napoli 2008.
Gli scritti politici di Antonio Labriola editi da Stefano Miccolis, a cura di A. Savorelli, Stefania Miccolis, in Quaderni per l'edizione nazionale delle Opere di Labriola, II vol., Napoli 2010.
Da un secolo all'altro. 1897-1903, a cura di S. Miccolis, A. Savorelli, Edizione nazionale delle Opere, XI vol., Napoli 2012.
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Bibliografia
L. Dal Pane, Antonio Labriola nella politica e nella cultura italiana, Torino 1975.
S. Poggi, Antonio Labriola: herbartismo e scienze dello spirito alle origini del marxismo italiano, Milano 1978.
V. Gerratana, Antonio Labriola e l'introduzione del marxismo in Italia, in Storia del marxismo, II vol., Il marxismo nell'eta' della Seconda Internazionale, Torino 1979, pp. 619-57.
G. Galasso, Il problema della metodologia storica in Antonio Labriola, "Prospettive Settanta", 1982, pp. 219-35.
E. Garin, Tra due secoli. Socialismo e filosofia in Italia dopo l'Unita', Bari 1983.
V. Gerratana, Antonio Labriola e la politica, "Studi storici", 1985, 3, pp. 565-80.
Antonio Labriola nella cultura europea dell'Ottocento, a cura di F. Sbarberi, Manduria 1988.
P. Craveri, Gli appunti inediti dei corsi universitari di Antonio Labriola sulla Rivoluzione francese, "Archivio storico per le province napoletane", 1992, 110, pp. 331-50.
Antonio Labriola filosofo e politico, a cura di L. Punzo, Milano 1996.
G. Cacciatore, Labriola in un altro secolo, Soveria Mannelli 2005.
Antonio Labriola e la nascita del marxismo in Italia, Milano 2005.
Antonio Labriola nella storia e nella cultura della nuova Italia, a cura di A. Burgio, Macerata 2005.
Antonio Labriola. Celebrazioni del centenario della morte, Atti del Convegno di studi, Cassino (7-9 ottobre 2004), a cura di L. Punzo, Cassino 2006.
A. Zanardo, Antonio Labriola e la scuola teologico-evangelica di Tubinga, "Giornale critico della filosofia italiana", 2009, pp. 41-126.
S. Miccolis, Antonio Labriola. Saggi per una biografia politica, a cura di A. Savorelli, Stefania Miccolis, Milano 2010.
A. Savorelli, "Sanculotti e devoti". Fra Dolcino "narrato" da Labriola, "Giornale critico della filosofia italiana", 2012, pp. 445-59.
3. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
4. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Classici
- Francesco De Sanctis, Saggi critici, Laterza, Roma-Bari 1952, 1979, 3 voll. rispettivamente di pp. LII + 384, VIII + 416, VIII + 384. A cura di Luigi Russo.
- Francesco De Sanctis, Storia della letteratura italiana, Einaudi, Torino 1958, 1971, 2 voll. per complessive pp. XLVI + 1130. A cura di Niccolo' Gallo, introduzione di Natalino Sapegno, nota introduttiva di Carlo Muscetta.
5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
6. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4093 del 3 maggio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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