[Nonviolenza] Telegrammi. 4080



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4080 del 20 aprile 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
Sommario di questo numero:
1. Ricorre il 20 aprile il novantanovesimo anniversario della nascita di don Dante Bernini, che ci ha lasciato due anni fa
2. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
3. Magdalena Abakanowicz
4. Rubin Carter
5. Libero Cecchini
6. Piero Corti
7. Claudio G. Fava
8. Dorothy Height
9. Bernard Katz
10. Bertram Ross
11. Jacqueline Saburido
12. Giuseppe Sinopoli
13. "Avanti, alo': chi mmore more"
14. Il nostro femminicidio quotidiano
15. Alcuni riferimenti utili
16. Gianni Paganini: Mario Dal Pra
17. Segnalazioni librarie
18. La "Carta" del Movimento Nonviolento
19. Per saperne di piu'
 
1. AMICIZIE. RICORRE IL 20 APRILE IL NOVANTANOVESIMO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI DON DANTE BERNINI, CHE CI HA LASCIATO DUE ANNI FA
 
Il 20 aprile ricorre il novantanovesimo anniversario della nascita di don Dante Bernini, che e' deceduto nel settembre di due anni fa dopo aver dedicato l'intera sua vita - come e' stato detto - "alle opere buone, all'aiuto del prossimo, alla verita' che libera, al bene comune".
Lo ricordiamo come il migliore degli amici e dei maestri.
*
Scrivevamo un anno fa - e quelle parole qui ripetiamo ancora -  che "e' stato un costruttore di pace, un difensore della dignita' umana, un testimone della nonviolenza.
E un educatore amorevole, un uomo sapiente capace di ascolto e di condivisione, una persona diuturnamente protesa al servizio degli ultimi, alla sequela del migliore dei maestri.
E un amico prezioso, l'amico che tutti vorremmo avere vicino nell'ora della prova, nell'ora del bisogno, nell'ora della verita'.
Lascia luminoso un ricordo, un esempio e un appello.
Il ricordo della dolcezza, della mitezza con cui sapeva adempiere ai suoi uffici, con cui sapeva sovvenire chi a lui si rivolgeva per aiuto, per conforto o per consiglio, con cui sapeva accogliere chiunque bussasse alla sua porta, il piu' generoso e fraterno degli ospiti. E il ricordo della sua sapienza armoniosa e della sua forza ermeneutica, della sua virtu' psicagogica, della sua capacita' maieutica.
L'esempio di una vita virtuosa, accudente, sollecita del bene di tutti. L'esempio di una vita impegnata a soccorrere chi e' nel dolore, a promuovere la pace, la giustizia, la fratellanza e la sororita', la solidarieta' fra tutti gli esseri umani e con l'intero mondo vivente.
L'appello a contrastare il male facendo il bene, ad essere operatrici ed operatori di pace, alla solidarieta' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e sostiene e conforta, alla condivisione del bene e dei beni, ad essere l'umanita' come dovrebbe essere.
Chi ha letto i Miserabili ricordera' per sempre il folgorante episodio che apre quell'opera grande: il sant'uomo che accoglie Jean Valjean e lo salva due volte. Don Dante Bernini era quel sant'uomo".
*
Una minima notizia su monsignor Dante Bernini
"Vescovo emerito della diocesi di Albano, gia' presidente della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale Italiana e gia' membro della "Comece'" (Commission des Episcopats de la Communaute' Europeenne), una delle figure piu' illustri dell'impegno di pace, solidarieta', nonviolenza, che nell'arco dell'intera sua vita come sacerdote e come docente e' stato costantemente impegnato per la pace e per la giustizia, nella solidarieta' con i sofferenti e gli oppressi, nell'impegno per la salvaguardia del creato, nella promozione della nonviolenza, unendo all'adempimento scrupoloso dei prestigiosi incarichi di grande responsabilita' un costante ascolto di tutti coloro che a lui venivano a rivolgersi per consiglio e per aiuto, a tutti sempre offrendo generosamente il suo conforto e sostegno, la sua parola buona e luminosa e l'abbraccio suo saldo e fraterno". Cosi' nella motivazione del riconoscimento attribuitogli il 2 ottobre 2014, nella Giornata internazionale della nonviolenza, dalla Citta' di Viterbo con una solenne cerimonia nella Sala Regia di Palazzo dei Priori. Successivamente, il 13 aprile 2015, nell'anniversario della promulgazione della "Pacem in Terris", era stata realizzata in suo onore a Viterbo una "Giornata per la Pace".
Era nato a La Quercia, piccola frazione di Viterbo, il 20 aprile 1922, e vi era tornato a vivere nell'operosa sua vecchiaia; li' e' deceduto il 27 settembre 2019. Persona buona, costruttore di pace, luminosa figura della nonviolenza, era un punto di riferimento per ogni persona bisognosa di aiuto come per ogni persona impegnata nella solidarieta' concreta, per il bene comune dell'umanita', per la salvaguardia del mondo vivente.
 
2. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA
 
Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.
 
3. MEMORIA. MAGDALENA ABAKANOWICZ
 
Il 20 aprile 2017 moriva Magdalena Abakanowicz, scultrice.
Con gratitudine la ricordiamo.
 
4. MEMORIA. RUBIN CARTER
 
Il 20 aprile 2014 moriva Rubin Carter, "Hurricane", a lungo ingiustamente detenuto, militante per i diritti umani.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
5. MEMORIA. LIBERO CECCHINI
 
Il 20 aprile 2020 moriva Libero Cecchini, architetto e restauratore.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
6. MEMORIA. PIERO CORTI
 
Il 20 aprile 2003 moriva Piero Corti, medico e filantropo.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
7. MEMORIA. CLAUDIO G. FAVA
 
Il 20 aprile 2014 moriva Claudio G. Fava, che amava il cinema.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
8. MEMORIA. DOROTHY HEIGHT
 
Il 20 aprile 2010 moriva Dorothy Height, illustre militante per i diritti umani.
Con gratitudine la ricordiamo.
 
9. MEMORIA. BERNARD KATZ
 
Il 20 aprile 2003 moriva Bernard Katz, premio Nobel per la medicina
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
10. MEMORIA. BERTRAM ROSS
 
Il 20 aprile 2003 moriva Bertram Ross, danzatore e coereografo.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
11. MEMORIA. JACQUELINE SABURIDO
 
Il 20 aprile 2019 moriva Jacqueline Saburido, testimone e attivista per uno stile di vita sano e la sicurezza stradale.
Con gratitudine la ricordiamo.
 
12. MEMORIA. GIUSEPPE SINOPOLI
 
Il 20 aprile 2001 moriva Giuseppe Sinopoli, illustre musicista.
Con gratitudine lo ricordiamo.
 
13. CRONACHE DI NUSMUNDIA. "AVANTI, ALO': CHI MMORE MORE"
 
ma un  voscino ch'esci' da la carrozza
je disse: "Avanti, alo': chi mmore more"
(Giuseppe Gioachino Belli, Chi va la notte, va a la morte)
 
In questo antico e nobile reame di Nusmundia il governo della follia, che succede al governo dell'ecatombe (ecatombe che continua), che successe al governo della strage degli innocenti nel Mediterraneo e della schiavitu' (che continuano anch'esse), ha deciso che pur di far fare soldi a chi i soldi gia' ce li ha, il resto della popolazione puo' pure morire: e' un rischio calcolato. Loro si devono arricchire, noi dobbiamo morire, pari e patta. A ciascuno il suo.
Tutti i privilegiati desiderano solo poter riprendere i riti del consumismo piu' pervasivo; e poiche' le idee dominanti sono le idee della classe dominante, gli addetti alla trasmissione dell'ideologia da tutti i mass-media invitano a infischiarsene delle oltre centomila persona gia' morte, a infischiarsene di quanti moriranno ancora, ad accettare la dittatura della classe che detiene il capitale e dei suoi - chiedo venia - lacche'.
Io vedo un altro mondo: le persone insieme a cui ho passato tanta parte della mia vita stanno morendo come mosche.
Vedo che le classi oppresse sono sempre piu' oppresse: sempre piu' umiliate, derubate, schiavizzate, e per dirla con Frantz Fanon: animalizzate.
Vedo il ritorno del fascismo travestito da gran ballo Excelsior.
*
In questo antico e nobile reame di Nusmundia l'organo legislativo della repubblica dal 2018 e' stato invaso da un'orda di fascisti dementi: i tre partiti esplicitamente neofascisti hanno da soli la maggioranza assoluta, e ad essi e' ben contiguo l'ormai storico partito della mafia; completano il panorama un Pd peggiore della peggiore Dc e qualche sinistro o sinistrato rimasuglio di ceto politico che pare esser proteso pressoche' soltanto alla propria sopravvivenza di ceto, alla difesa con le unghie e con i denti dei propri privilegi di casta (se questo antico termine si puo' usare ancora); e di quella che fu la sinistra italiana in parlamento non e' restata neanche l'ombra, neanche il ricordo, niente. E con la cancellazione della sinistra le oppresse e gli oppressi non hanno piu' alcuna voce nel luogo in cui si fanno le leggi e si decide la sorte di tutte e tutti. C'e' un nome per questo, e nessuno lo ignora.
Il governo attuale, che nei proclami - e forse negli intenti, almeno del Quirinale - doveva essere fuori dai giochi delle macchine clientelari e delle orde barbariche dominanti e' invece l'ennesima riproduzione della riduzione della democrazia a democratura.
Tre cose occorreva fare nei primi mesi del 2021: vaccinare tutti; impedire sprechi e ruberie sull'intervento economico mastodontico - comprensivo di ulteriore colossale debito - che lo stato va e andra' facendo; predisporre una legge elettorale che portasse al piu' presto alle necessarie e urgenti elezioni politiche: nulla di tutto questo e' stato fatto. La vaccinazione e' piu' lenta dell'astratto corridore che non raggiungera' mai la tartaruga (in corpore vili: l'ultrasessantenne che scrive queste righe sara' vaccinato, se tutto va bene, alla fine di maggio); del cosiddetto "recovery fund" (perche' ormai solo in neolingua parlano gli adepti del Grande Fratello al potere) tutto lascia prevedere che se ne fara' l'uso piu' dissennato e scellerato; quanto alle elezioni nessun prominente vuol sentirne parlare, perche' nessuno degli assisi sulla giostra e' disposto a scendere prima di essere costretto.
L'impunita' regna sovrana: oltre centomila morti e chi li ha lasciati morire continua a pontificare a reti unificate.
Di abolire l'apartheid e la schiavitu' in Italia nessuna forza politica che siede in parlamento e nel consiglio dei ministri ne parla.
Di far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo non cale a nessuno: i voti i signori del palazzo li prendono proprio con i lager in Libia, proprio con la strage nel Mediterraneo. Ogni tot di torture un pacchetto di voti; ogni tot di affogati un assessore e un sottosegretario.
Di aiuti veri e adeguati a chi da un anno ancor piu' soggiace alla fame, alla dittatura del crimine, alla violenza dei poteri dominanti e alla disperazione non se ne e' vista traccia. I soldi del pubblico erario vanno innanzitutto e soprattutto ai ricchi e ai protervi; per i poveri due monete d'elemosina di tanto in tanto gettate con disgusto in terra a goder della zuffa, e sempre la sferza e le zanne dei cani.
*
In questo antico e nobile reame di Nusmundia, in questo tempo di ridanciani epuloni e di adunchi monatti, io vedo solo la morte e l'orrore che dilagano. Ma chi ha il potere pensa solo alle partite di pallone, alle vacanze a cinque stelle, allo shopping in centro, alle abbuffate al ristorante.
In questo antico e nobile reame di Nusmundia, in questo tempo di ridanciani epuloni e di adunchi monatti, io sento solo la necessita' dell'insurrezione nonviolenta delle oppresse e degli oppressi per salvare tutte le vite. Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, ala dignita', alla solidarieta'.
Siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta nonviolenta per la comune salvezza, per la comune liberazione.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
 
14. CRONACHE DI NUSMUNDIA. IL NOSTRO FEMMINICIDIO QUOTIDIANO
 
- Che ore sono?
- Sono quasi le sei di sera.
- Corbezzoli! E ancora non abbiamo ammazzato nessuna...
- Oggi ci ha pensato Nando.
- Ah, allora va bene, cerchiamo di non perdere il ritmo, eh.
 
15. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
 
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
 
16. MAESTRI. GIANNI PAGANINI: MARIO DAL PRA
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce apparsa nel Dizionario biografico degli italiani nel 2000].
 
Mario Dal Pra nacque a Montecchio Maggiore (in provincia di Vicenza) il 29 aprile 1914, da Carlo, panificatore, e Cecilia Longo.
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Studi, insegnamento e primi scritti
A causa delle ristrettezze economiche familiari in cui verso' la famiglia dopo la morte del padre (1920), Dal Pra frequento' il ginnasio e il liceo nel seminario di Vicenza, dove entro' in contatto con il vescovo Ferdinando Ridolfi, uno dei pochi presuli italiani apertamente avversi al regime fascista. Uscito dal seminario intraprese gli studi di filosofia presso l'Universita' di Padova, dove si laureo' con una tesi dal titolo Il realismo e il trascendente (Padova 1937, pubblicata a spese della facolta'), diretta da Erminio Troilo (gia' discepolo di Roberto Ardigo', poi passato ad una sorta di monismo naturalistico denominato "realismo assoluto"). Vi sosteneva la posizione realistica, in polemica con l'idealismo immanentistico gentiliano, ma non aderiva al monismo di Troilo: chiedeva piuttosto alla filosofia un'apertura al trascendente, in linea con la sua formazione cristiana. Di qui la proposta di un "realismo dualistico relativo", all'interno di una concezione teocentrica del reale. Laureatosi, entro' in contatto con nuovi ambienti, in particolare con quello che gravitava attorno alla rivista veronese Segni dei tempi, fondata e diretta da Paolo Bonatelli (cui collaboro' dal 1932 al '42), e con Giuseppe Zamboni, che a Verona veniva sviluppando un indirizzo empiristico per il quale fu poi allontanato dalla Cattolica di Milano, da cui pure proveniva. In questa varia temperie Dal Pra riconobbe di aver incontrato le prime radici di un vero e proprio "realismo critico", aperto alle problematiche della coscienza e della persona umana (Dal Pra - Minazzi, 1992, p. 42), e li' si collocano le sue prime pubblicazioni (Verona, 1940), che denotano l'apertura a una maggiore complessita' filosofica: un'antologia di Galilei, un'altra dei Prolegomeni di Kant e soprattutto il volume Pensiero e realta', nel quale si misuro' direttamente con il problema gnoseologico, muovendo da un ripensamento del criticismo kantiano. Al tempo stesso continuo' la sua polemica con l'idealismo, che si presentava come una "filosofia assoluta dell'Assoluto", in analogia con la pretesa politica del fascismo di uniformare tutte le singole individualita'. Fu in quegli anni che prese avvio anche la sua carriera di insegnante di filosofia e storia, prima al Liceo Paleocapa di Rovigo (1937-39), poi sino al 1943 al Pigafetta di Vicenza.
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Antifascismo, resistenza e clandestinita'
Il contatto e la frequentazione di Antonio Giurolo e Luigi Meneghello, oltre che la maturazione personale, lo condussero  dalle sponde dell'Azione cattolica, in cui pure era presente un certo contrasto con il fascismo, a quelle di Giustizia e Liberta', l'organizzazione partigiana del Partito d'azione. Quel gruppo editava i Quaderni di cultura politica, ove fra l'altro nell'agosto del 1943 fu pubblicato il testo dell'ultimo discorso tenuto alla Camera da Giacomo Matteotti, a fianco dello scritto di John Stuart Mill, La liberta' di discussione. In quei mesi maturo' anche l'iniziativa di realizzare un'edizione clandestina di Giustizia e Liberta' specifica per il Veneto, che gli venne affidata, stampata clandestinamente dalla tipografia di Vittore Gualandi a Vicenza, con cui mantenne una pluridecennale collaborazione editoriale.
Nel frattempo le cose precipitarono con la violenza della guerra, il crollo del fascismo, l'occupazione tedesca e la nascita della RSI, asservita al nazismo. All'inizio di quella che fu la stagione piu' buia della storia italiana, pubblico' Valori cristiani e cultura immanentistica (Padova 1944, ma la premessa e' datata 21 gennaio 1943), che sul piano intellettuale segno' una svolta rispetto alla sua prima fase cristiana, non ancora abbandonata ma reinterpretata come ispirazione morale interiore. I capitoli che scandiscono il libretto sono indicativi delle grandi scelte che si ponevano al giovane autore: "Spirito cristiano e rinascita morale", "Interiorita' e legalismo", "Idealita' e utilitarismo", "Carita' e violenza".
Suoi punti di riferimento erano pensatori laici come Guido De Ruggiero, Benedetto Croce (spesso citato per il suo famoso articolo Perche' non possiamo non dirci cristiani, pubblicato su La Critica nel novembre del 1942), Guido Calogero, ma anche Piero Martinetti (per il suo libro Gesu' e il cristianesimo, nella traduzione francese, Parigi 1942) e soprattutto Aldo Capitini (Elementi di un'esperienza religiosa, Bari 1937). L'ultimo capitolo del volume lo dedico' ai temi scottanti del momento, ovvero alla ribellione al fascismo. Spiego' cosi' che "anche la violenza usata veramente per il trionfo della carita' e' una forma di carita'" (p. 88), che "l'uniformismo morale" imposto dalle "chiese intolleranti", dalle "caste politiche" o dalle "forze brute scatenate alla conquista materiale" era pur sempre "un atto di violenza" (p. 94, 96). Non era difficile vedere come si preparasse, filosoficamente e moralmente, alla resistenza attiva contro il fascismo e il nazismo. Nella conclusione del lavoro guardava poi all'immanentismo, cioe' al pensiero laico, con occhi diversi: lo difendeva dalle accuse di immoralismo e ateismo lanciategli da Carmelo Ottaviano, mentre il libro si chiudeva con una notevole dichiarazione: "Con questa fede nell'idealita' morale guardiamo positivamente alla cultura immanentistica", in cui vedeva un invito ad una "rinascita morale" e un "ardore rivoluzionario" non incompatibile con il messaggio cristiano (p. 107). Come e' stato giustamente sottolineato da Fabio Minazzi, in quel volume si trovano alcune tra le pagine piu' significative "per motivare l'adesione alla lotta armata" della Resistenza, che sarebbe cominciata pochi mesi dopo (Dal Pra - Minazzi, 1992, pp. 110-111).
Non erano discorsi astratti, e la coerenza invocata da Dal Pra "al di fuori di ogni compromesso" si tradusse in prassi. Per la sua opposizione al regime fu costretto a fuggire precipitosamente da Vicenza, avvertito da un ex allievo impiegato nella locale Questura di un'imminente arresto, e a riparare in una citta' piu' grande, Milano.
Condannato a diciotto anni di reclusione e a cinque anni di liberta' vigilata dal Tribunale speciale di Salo', in quanto "responsabile di attivita' insurrezionale contro i poteri dello Stato e di propaganda sovversiva" (ibid, p. 265), si nascose come combattente nelle file di Giustizia e Liberta', diventando capo-redattore dei Nuovi quaderni di Giustizia e Liberta' (1944-1946) – sui quali scrisse con lo pseudonimo di "Procopio" – a cui collaborarono Franco Venturi, Ferruccio Parri, Leo Valiani, Riccardo Lombardi, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Vittorio Foa, Aldo Garosci. Raccontava che stampavano di nascosto gli opuscoli politici in un edificio proprio di fronte alla Questura di Milano, con l'idea che la polizia avrebbe cercato ovunque ma non li'. Con Leo Valiani collaboro' direttamente durante l'insurrezione nazionale del 25 aprile 1945: insieme pubblicarono i primi numeri de L'Italia libera usando la tipografia del quotidiano fascista Il Popolo d'Italia, gia' conquistata con un'azione militare partigiana. Aderi' anche al movimento federalista di Silvio Trentin, di cui pubblico' nel '45 l'edizione clandestina Stato, nazione, federalismo (Milano 1945). Tra i tanti effetti di quel periodo durissimo ma decisivo vi fu il rinvio del matrimonio con Ines Rizzoli, che pote' svolgersi solo dopo la liberazione, il 21 luglio 1945, quando entrambi si stabilirono definitivamente a Milano. Per la sua attivita' di antifascista e resistente gli furono conferite due croci al merito di guerra da parte dell'Italia repubblicana.
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L'impegno civile
Piu' tardi, a Liberazione avvenuta, dopo lo scioglimento del Partito d'Azione, Dal Pra entro' con Vittorio Foa e Riccardo Lombardi nel Partito socialista italiano, sino a divenire membro del comitato centrale e consigliere comunale a Milano. Anche se si allontano' dalla politica come attivita' istituzionale, dedicandosi all'impegno culturale e all'insegnamento, prima al Liceo Carducci e poi all'Universita', non dimentico' mai l'importanza della fase resistenziale e contribui' in maniera sostanziale alla nascita dell'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia, presieduto da Ferruccio Parri, al quale lo uni' una costante e calda amicizia, cosi' come al gruppo fiorentino de "La Nuova Italia" di Tristano Codignola. Del periodo partigiano Dal Pra si fece anche storiografo, in un testo che rimase inedito e venne pubblicato solo postumo: La guerra partigiana in Italia: settembre 1943-maggio 1944 (Milano-Firenze 2009).
Il "lungo viaggio attraverso il fascismo" di Dal Pra fu dunque piu' breve rispetto a quello di molti altri intellettuali suoi contemporanei; il suo approdo all'antifascismo attivo e militante, senza compromessi ne' accomodamenti, precedette di alquanto la crisi e la caduta del regime. Del rapporto originario con la cultura cristiana e della profonda esperienza resistenziale rimasero in lui tracce evidenti, sia per la decisa intransigenza morale e il forte senso del dovere, che per la generosita' dimostrata verso le istituzioni repubblicane, la cultura democratica, il valore dell'insegnamento e il dialogo con le giovani generazioni. Queste notevoli qualita' personali e morali, oltre che la sua alta figura professionale di filosofo e di storico, fecero di Dal Pra un riferimento importante a Milano e in Italia negli anni nuovamente bui che sopravvennero con il terrorismo rosso e nero, con la strategia della tensione e l'attacco alla democrazia, a partire dalla strage di Piazza Fontana (1969) sino al rapimento e all'assassinio di Aldo Moro (1978), e oltre.
Sempre vicino alla sinistra socialista di Riccardo Lombardi, si allontano' progressivamente dal PSI quando questo fini' sotto l'egemonia di Bettino Craxi e si profilo' col tempo l'urgenza della "questione morale" in politica;  comincio' invece a guardare con interesse e simpatia all'evoluzione antidogmatica del PCI sotto la guida di Enrico Berlinguer. E' di quegli anni l'interesse per il pensiero di Antonio Gramsci e per una forma di materialismo storico che fosse dialetticamente calato nel rapporto tra pensiero e realta' economico-sociale. Al tempo stesso, nell'Universita' mantenne un rapporto di interlocuzione positiva con le istanze della contestazione e del movimento studentesco, cercando di coglierne le istanze di riforma e rinnovamento, senza pero' condividere gli esiti violenti che si manifestarono con la nascita dei gruppi dell'estrema sinistra extra-parlamentare.
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Storia e teoria del dopoguerra
Durante il periodo clandestino (fortunatamente non fu mai arrestato), Dal Pra pote' sopravvivere a Milano collaborando di nascosto con l'editore Fratelli Bocca come correttore di bozze, consulente e curatore di una collana di storia della filosofia, gia' progettata da Piero Martinetti, in cui uscirono anche alcune sue opere: una prima monografia di filosofia medievale, Scoto Eriugena e il neoplatonismo medievale (Milano 1941), Il pensiero di Sebastiano Maturi (Milano 1943) e il Condillac (Milano 1942), che segno' una svolta importante verso la storia dell'empirismo.
Nel dopoguerra il lavoro filosofico di Dal Pra si indirizzo' piu' nettamente verso la ricerca storico-filosofica, spaziando con ammirevole competenza dall'antichita' al Medioevo, dall'eta' moderna a quella contemporanea, ma almeno sino alla meta' degli anni Cinquanta si caratterizzo' anche per una nuova proposta teorica, elaborata insieme ad Andrea Vasa, con cui aveva stretto rapporti gia' durante la Resistenza. Si trattava del "trascendentalismo della prassi", contrapposto al "teoreticismo" di gran parte delle tradizioni filosofiche, accusate "di identificare il senso dell'essere con un dato conosciuto e conoscibile" (M. Dal Pra, A proposito di trascendentalismo della prassi, in Rivista Critica di Storia della Filosofia, V, 1950, p. 305). Vasa e Dal Pra intendevano sottolineare il fondamento pratico di una visione del mondo, la loro, che rifiutava garanzie conoscitive precostituite e totalizzanti. Il trascendentalista attribuiva un senso al mondo, ma solo come possibile, avendo a unico fondamento la liberta' e la sua apertura. Evitando gli opposti scogli della "giustificazione equivoca" dei teoricisti e il "carattere ingiustificato dell'azione" di certo esistenzialismo, il trascendentalista rivendicava "la possibilita', nel mondo della prassi, di guardare in avanti con la fiducia verso una universalita' possibile, cioe' non data e garantita, ma sperata e voluta attivamente", come ebbe a dire guardando retrospettivamente a quella stagione (Dal Pra - Minazzi, 1992, p. 178). Questa posizione filosofica sollevo' tuttavia obiezioni, per esempio da parte di Gustavo Bontadini, e fu al centro del dibattito al XVI Congresso nazionale della Societa' Filosofica Italiana (Bologna 1953). In quanto rifletteva in filosofia la tensione ideale e morale della Resistenza, venne gradualmente ad esaurirsi nel clima della ripresa. Vasa prese altre strade, mentre Dal Pra accentuo' sempre di piu' l'impegno storiografico. Nello stesso tempo, instauro' un contatto piu' stretto e amichevole con Antonio Banfi, che durante la Resistenza aveva militato nelle file del Partito Comunista, e con il suo circolo, di cui facevano parte fra gli altri Remo Cantoni, Enzo Paci, Giulio Preti, Dino Formaggio e Luciano Anceschi. E fu soprattutto con Giulio Preti, fino alla sua scomparsa nel 1972, che mantenne stretti contatti svolgendo un dialogo teorico incessante.
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La fondazione della "Rivista di Storia della filosofia"
Sul terreno storiografico il primo grande impegno consiste' nel distaccare la storia della filosofia dalla sudditanza al dominio neo-idealistico, per restituirle consistenza autonoma e rinnovarne i metodi in consonanza con quanto era gia' avvenuto nel contesto europeo e nordamericano. Questo impegno si tradusse nella fondazione nel 1946, insieme a Ernesto Buonaiuti (morto in quello stesso anno e sostituito da Bruno Nardi) e Mario Untersteiner, della Rivista di Storia della Filosofia anch'essa edita al principio da Bocca (proseguita poi con il titolo Rivista Critica di Storia della Filosofia, con La Nuova Italia, e ora ritornata al titolo originario, con l'editore Franco Angeli). Norberto Bobbio, Giulio Preti, Andrea Vasa, Eugenio Garin, Antonio Santucci, Nicola Abbagnano, Paolo Rossi, Cesare Vasoli, Paolo Casini, ma anche Bertrand Russell, Rudolf Carnap, Richard Popkin e Charles Schmitt furono tra le grandi firme del nuovo periodico che rapidamente si impose a livello internazionale.
La Premessa al primo fascicolo della Rivista fisso' le coordinate. La Rivista si proponeva "di adempiere una funzione ben precisa e limitata nel campo della cultura filosofica: promuovere le ricerche e gli studi di storia della filosofia sul fondamento di indagini filologiche severamente condotte e in riferimento a problemi di interesse particolarmente vivo nella cultura del nostro tempo" (articolo ripreso in Dal Pra, Storia della filosofia e della storiografia filosofica, Milano 1996, p.19). Si trattava dunque di liberare la storia "dall'eccessivo pesare delle posizioni teoretiche", da "ogni elemento metafisico-dogmatico", "meta-storico o sopra-storico", ma anche di indirizzarla alla "problematicita'", "all'apertura e alla concretezza" dello sviluppo storico. Dunque, ne' filologismo ne' astratta teoria, ma neppure rinuncia al "giudizio", piuttosto un intreccio continuo tra strutture teoriche, verifiche testuali e ricostruzioni storiografiche. Tra le nuove direzioni di ricerca Dal Pra indicava la storia della teoria storiografica, il rapporto centrale con la scienza, l'immersione nel campo piu' vasto della storia della cultura, realizzando un "contatto concreto colla viva esperienza umana in tutta la sua ricchezza" (ibid., pp. 20-21).
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La traversata dell'empirismo
Questa nuova stagione storiografica si oriento' decisamente verso lo studio dell'empirismo, che era gia' iniziato nel '42 con il volume su Condillac (Milano 1942) per proseguire con il volume su Hume (Milano 1949). Di quest'ultimo, nello stesso giro di anni, Dal Pra tradusse anche i Dialoghi sulla religione naturale (Milano 1947) e il Trattato delle passioni (Milano 1949). Seguirono la Lettera di un gentiluomo di Edimburgo, il grosso volume di Saggi e trattati morali, politici, letterari (con Emanuele Ronchetti, Torino 1974), le due Ricerche e una nuova traduzione dei Dialoghi (nelle Opere di Hume, Bari 1971). Quando Laterza pubblico' un volume celebrativo, raccogliendovi le testimonianze piu' prestigiose dei suoi autori, Dal Pra ascrisse all'editore il grande merito di aver reso disponibile in italiano "tutto Hume". Cominciava cosi' quella che abbiamo chiamato la "traversata dell'empirismo" (G. Paganini, La traversata dell'empirismo. Mario Dal Pra tra ricerche storiche e posizioni teoriche, in Rivista di Storia della Filosofia, 71 (2016) suppl. al n. 4, pp. 539-554) che condusse Dal Pra dall'empirismo classico del Settecento sino all'empirismo logico del Novecento e all'empirismo critico di Giulio Preti.
A differenza degli anni Quaranta, il clima era ora favorevole anche alla nascita del cosiddetto Neo-Illuminismo. Per iniziativa di Nicola Abbagnano, nel 1953, venne indetto a Torino il I convegno del movimento, a cui parteciparono, insieme a Dal Pra, Preti, Ludovico Geymonat, Eugenio Garin, Bobbio, fra gli altri. Tuttavia, ne' nella lettera di convocazione stesa da Abbagnano ne' nella dichiarazione conclusiva del convegno si parlava esplicitamente di empirismo; piu' genericamente la convocazione si riferiva a "un'interpretazione non metafisica della ricerca filosofica" e sottolineava l'urgenza dell'"applicazione di tali criteri particolarmente ai rapporti tra indagine filosofica e ricerche scientifiche, come a quelli tra indagine filosofica e vita politica". A quella serie di convegni e al Centro di studi metodologici che li ospito' Dal Pra diede contributi specifici sulle questioni di metodo della storiografia filosofica (si veda in particolare la relazione Sul "superamento" nella storiografia filosofica, presentata al convegno del 1955 sul tema "Analisi del linguaggio storiografico" e ripresa poi in Storia della filosofia cit., pp. 73-83). Contemporaneamente, egli ampliava il raggio dei suoi interessi, come testimonia la serie davvero notevole di monografie pubblicate in pochi anni su temi ed epoche differenti: Lo Scetticismo greco (Milano 1950; nuova edizione riv. e aggiornata, Roma-Bari 1975); La storiografia filosofica antica (Milano 1950); nel 1951 uscirono a Milano, sempre da Fratelli Bocca (come i volumi qui sopra citati) studi medievali nuovi: Amalrico di Bene, Giovanni di Salibsury e Nicola di Autrecourt, oltre alla seconda edizione, interamente rifatta, dello Scoto Eriugena. La pubblicazione degli Scritti di logica di Pietro Abelardo (Firenze 1969; prima edizione con il titolo: Scritti filosofici, Milano 1954) consacrarono Dal Pra come uno dei massimi specialisti internazionali di questo autore, di cui aveva tradotto anche il Conosci te stesso (Vicenza 1941; seconda edizione interamente rielaborata, Firenze 1976).
In particolare il volume su Hume e quello sullo scetticismo consentivano di esplorare fino in fondo l'opzione anti-dogmatica che si era gia' palesata con il trascendentalismo. La prima edizione di entrambi i libri rifletteva questa posizione, ma la loro successiva rielaborazione si rivolse nel senso dell'"empirismo critico" proposto da Preti. Nel '50, al termine del volume sullo Scetticismo greco, dopo quattrocento pagine di analisi documentate con acribia filologica e sicura comprensione storica, Dal Pra concludeva che il dilemma tra scetticismo e dogmatismo era inaccettabile perche' entrambi si basavano su elementi "teoricistici", che finivano per "accecarli" ambedue. Invece, nell'ampia introduzione alla nuova edizione (Roma-Bari 1975), presento' lo scetticismo come "l'autocritica del realismo" e piu' in generale del dualismo metafisico apparenza-realta', con il suo modello rappresentazionistico del conoscere. Indicava inoltre una via d'uscita dal "paradosso" dello scetticismo nella costruzione della gnoseologia come "ontologia critica", che sfociasse in "una nuova forma di realismo critico-filosofico" (ibid., p. 15).
Ma fu soprattutto il volume su Hume, interamente rifatto e pubblicato con il nuovo titolo David Hume e la scienza della natura umana (Roma-Bari 1973), a evidenziare il distacco dall'originaria ispirazione "trascendentalistica". Nel '49, Dal Pra sottolineava ancora i limiti insuperabili della filosofia humeana, descrivendola cosi': poiche' "non ha altra giustificazione che quella di presentarsi come una notazione psicologica, come un modo di sentire", alla fine incorse in un "fallimento" (Hume, Milano 1949, p. 354). L'autore aveva ben presente la conclusione aporetica del I libro del Treatise e ne apprezzava anche l'onesta', giacche' riconoscere uno "scacco", come aveva fatto Hume, era pur sempre un segno di "eroismo spietato", anche se, aggiungeva, metteva capo al "sacrificio dell'intero edificio della sua filosofia" (ibid., p. 355). "Il richiamo di Hume all'esperienza – scriveva allora Dal Pra – ha principalmente un valore polemico nella lotta contro il razionalismo [...] Ma egli non si avvede di sostituire una fede a un'altra fede, ad un dogma un altro dogma" (ibid., p. 48). Alla base di questo fallimento vi erano l'immediatezza dell'esperienza come dato e quindi la descrizione della realta' della natura umana come un dato immediato. Questi capisaldi dell'empirismo non trovavano adeguata "giustificazione teoretica", ma solo una mera "accettazione pragmatica". Empirismo e razionalismo si presentavano entrambi come il risultato di un'"ipostatizzazione teoricistica di posizioni pragmatiche" (ibid., p. 51-52), anche se il primo risultava comunque preferibile al secondo in quanto portava in se' la consapevolezza della radice del proprio filosofare, cioe' la natura "pratico-istintiva della conoscenza".
Nel rifacimento del 1973 lo scenario cambio' e di molto. Gia' in apertura del volume, l'autore affermo' di essere pervenuto ad "un'interpretazione [...] piu' equilibrata e composta" del pensiero di Hume: sia per aver "riconsiderato la prospettiva generale" alla luce delle "correnti contemporanee dell'empirismo", sia per aver "piu' efficacemente 'storicizzato'" la figura dello scozzese, mettendo a frutto piu' di vent'anni di ricerche (Hume e la scienza della natura umana, Roma-Bari 1973, pp. V-VI). I cambiamenti erano notevoli. Si prenda ad esempio un capitolo chiave, il capitolo IV. Nel '49 esso si intitolava "La base dogmatica del sistema", mentre divenne nel '73: "La concezione unitaria della natura umana" (ibid., pp. 63-83). Non si riteneva piu' che il nominalismo e lo scetticismo professati da Hume costituissero ostacoli insormontabili "nei confronti della scienza universale della natura umana". Anche il fatto di aver collocato, alla base del sapere scientifico, un complesso "psicologico-istintivo" non significava di per se' che si dovesse "assumere un atteggiamento negativo verso la scienza in genere e la scienza della natura umana in particolare" (ibid., p. 73). Certo permanevano delle riserve critiche nei riguardi dell'impianto "classico" dell'empirismo humeano, ma esse non derivavano piu' dall'accusa di "teoreticismo", semmai da una sorta di fallacia naturalistica che elevava il piano descrittivo della psicologia a norma dell'epistemologia. Guardando all'indietro, Dal Pra scrisse in Ragione e storia di aver voluto staccare il pensiero di Hume dalle interpretazioni positivistiche per soffermarsi piuttosto su un diverso tipo di "enigma" consistente nella "contraddittorieta' della nozione di istinto" (M. Dal Pra - F. Minazzi, 1992, p. 210). Questa vera e propria "bipolarita'" avrebbe fatto di Hume "un moralista che preferisce l'istinto alla ragione, ma che, quanto piu' preferisce l'istinto, tanto piu' sviluppa la ragione" (ibid., p. 211). Il piano della "scienza della natura umana", che quasi non trovava spazio nel '49 divenne invece la chiave di volta nel '73. Per "scienza della natura umana" si doveva intendere un insieme di idee generali che hanno, come le ipotesi, la funzione di "anticipare" l'esperienza, senza mai esserne saturate, pur essendo concepite unicamente in funzione dei dati empirici. "Nella effettiva costruzione della filosofia di Hume bisogna cogliere la funzione attiva e costitutiva delle idee generali che, pur essendo volte a connettere ed a spiegare i fatti osservabili, non ne derivano in maniera meccanica e passiva; l'empirismo, in tale prospettiva, va piuttosto dalle idee generali ai fatti osservabili, che non nella direzione opposta: si tratta insomma, piu' di un empirismo critico, che non di un empirismo passivo" (Hume e la scienza della natura umana, p. 82).
Si delineavano cosi' i temi dell'astrazione e dell'ipotesi criticamente controllata, istanze entrambe tipiche dell'intervento del soggetto, a cui Dal Pra dava sempre piu' spazio pur nei limiti dell'impianto empiristico (si veda il discorso dell'Aquila L'empirismo contemporaneo e l'iniziativa del soggetto, tenuto al XXIV Congresso nazionale della S.F.I.). La "scienza della natura umana" di cui parlava Hume, la "metafisica guardinga" a cui si era riferito Condillac, potevano essere assimilate alle ontologie regionali e formali teorizzate da Preti: reti di astrazioni controllate ma mai saturate dall'esperienza. Nell'empirismo degli illuministi Dal Pra vedeva gia' prefigurata una sorta di ontologia regionale dell'"uomo generico" (Hume e la scienza della natura umana, p. 81). La storia dell'empirismo "classico" e la teoria dell'empirismo "critico" avanzata da Preti si incontravano nello "storicismo critico" da ultimo teorizzato da Dal Pra.
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Esperienza, dialettica e pressi
Come si vede, lo storico della filosofia continuava a ripensare se stesso e la propria opera, mantenendo un costante dialogo con le tematiche della filosofia contemporanea, sia italiana sia internazionale. Tra i tanti lavori dedicati ai contemporanei, molti furono riuniti in volumi, tra i quali bisogna ricordare: Logica, esperienza e prassi (Napoli 1976), Studi sul pragmatismo italiano (Napoli 1984), Studi sull'empirismo critico di Giulio Preti (Napoli 988), Filosofi del Novecento (Milano 1989, in cui si trovano studi su Banfi, Dewey, Gramsci, Russell, Abbagnano). In questo quadro, un polo importante della ricerca di Dal Pra riguardo' il rapporto tra esperienza, teoria e prassi. Il pragmatismo era un riferimento obbligato, sia per l'Italia (costante l'interesse per Giovanni Vailati, di cui fece editare l'Epistolario 1891-1909, a cura di G. Lanaro, Torino 1971), sia nel panorama internazionale con John Dewey, cui dedico' vari saggi e di cui fece tradurre alcuni libri importanti. Su questo sfondo, il rapporto tra pensiero e realta' si configurava come un'integrazione, o meglio come una "transazione" per riprendere il termine usato da Dewey e Bentley. Nella transazione Dal Pra vedeva "un criterio di integrazione degli esseri e delle cose nel processo che li produce" (Introduzione a Dewey - Bentley, Conoscenza e transazione, trad. it., Firenze 1974, p. XXI): era questa un'eredita', ma solo parziale, della dialettica hegeliana, poiche' ai pragmatisti sfuggiva la dialettica come antitesi e come strumento di sviluppo del reale e della storia. Dal Pra ritornava dunque a leggere Hegel, ma soprattutto il giovane Marx, contrapposto al marxismo del materialismo dogmatico che anche Dewey aveva avversato. Preparandosi con corsi universitari, che divennero anche un libro (Il pensiero filosofico di Marx dal 1835 al 1848, con particolare riguardo alla filosofia della prassi, Milano 1959), affronto' direttamente il problema della dialettica in una monografia (La dialettica in Marx. Dagli scritti giovanili alla "Critica dell'economia politica", Roma-Bari 1965, seconda edizione 1972) che si poneva al centro dei dibattiti teorici di quegli anni, tra la Scuola di Francoforte, Marcuse e Popper. Dal Pra faceva sua una lettura della dialettica come metodo "critico-euristico" e mirava a integrarla nella riflessione epistemologica e analitica, a cui poteva fornire una consapevolezza pratico-storica, senza tuttavia ricadere nella critica demolitrice della scienza tipica dei Francofortesi.
Negli ultimi anni Dal Pra parlava sovente di "ragione minuscola" (Il razionalismo critico, in A. Bausola et al., La filosofia italiana dal dopoguerra a oggi, Roma-Bari 1985, pp. 31-92) per alludere a quell'atteggiamento di moderazione critica, consapevole dei limiti della ragione, che fu tipica della razionalita' illuministica. Questa ragione "minuscola" non era tuttavia ne' il pensiero "debole" ne' la ragione in "crisi" di cui si discuteva negli anni Ottanta: aver tenuto fermo con Hume il riferimento all'esperienza come criterio di controllo dei significati e di verifica delle proposizioni significanti non tautologiche fece si' che la prospettata "scienza della natura umana" mantenesse i contatti con il sapere scientifico – caratteristica tipica della stagione neo-illuministica – senza per questo ricadere ne' in un verificazionismo stretto ne' in un'interpretazione estensiva dell'empirismo logico come "nuovo razionalismo", secondo la formula geymonatiana del 1946. La "ragione" dell'"empirismo critico" conservava, del vecchio come del nuovo Illuminismo, i tratti benigni della vicinanza all'esperienza, e rifuggiva dalle esagerazioni minacciose dei Francofortesi cosi' come dalle invettive heideggeriane sul presunto "destino" della metafisica occidentale. Riflettendo sul lungo arco che dal problematicismo banfiano aveva condotto alla diaspora del neorazionalismo, sui dissidi tra Garin, Preti e Geymonat, Dal Pra concludeva con una nota ottimistica, auspicando di riprendere "quel senso della ragione che negli anni Cinquanta ebbe una sua, anche se breve, primavera" (ibid., p. 92).
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L'organizzazione di cultura e l'intellettuale democratico
Dal Pra seppe unire all'attivita' di studioso un impegno costante di insegnamento e di organizzatore di cultura. Conseguita la libera docenza il 16 luglio 1943 (presidente della commissione Giovanni Gentile), venne nominato professore straordinario di storia della filosofia medievale nel '51 all'Universita' Statale di Milano, per ottenere poi la nomina di ordinario della stessa disciplina nel 1954; due anni dopo, nel 1956, venne la nomina a ordinario di storia della filosofia, come successore di Antonio Banfi, sempre nell'Universita' di Milano; venne collocato a riposo nel 1986 e l'anno successivo dichiarato Emerito. Preside della facolta' di Lettere e Filosofia dal '67 al '69, si trovo' immerso negli anni della contestazione prima e del terrorismo poi. Il suo impegno nelle istituzioni, la vicinanza alla politica della sinistra, il dialogo con le richieste degli studenti per un'universita' critica e non piu' elitaria, fecero di lui a Milano e a livello nazionale una figura di riferimento come professore e intellettuale "democratico" teso alla riforma della societa' e della scuola, senza nulla detrarre al rigore degli studi e alla serieta' del lavoro. Presidente della Societa' Filosofica Italiana dal '71 al '73, da quella tribuna come dalla Rivista e dai giornali presento' numerosi progetti e riflessioni sulla riforma dell'insegnamento, in particolare della filosofia. La sua cattedra all'Universita' Statale attrasse diverse centinaia di studenti ogni anno, con un carico di lavoro che non ebbe eguali in Italia. Questa attivita', svolta con passione e scrupolo, gli dette l'autorevolezza per parlare a intere generazioni di giovani, nella citta' e nella regione che piu' di altre era al centro di trasformazioni vitali della societa' italiana. In questa prospettiva di diffusione del sapere, vanno ricordati sia il fortunato manuale di liceo (Storia della filosofia) che ebbe innumerevoli edizioni, sia la direzione della grande Storia della Filosofia pubblicata da Vallardi (10 voll., Milano 1975-78, il cui aggiornamento fu completato su sua indicazione da Gianni Paganini, con l'aggiunta di due nuovi tomi interamente dedicati alla seconda meta' del Novecento: vol. XI, due tomi, Padova 1998). Si aggiungano la fondazione e direzione del Centro C.N.R. per la filosofia del '500 e del '600 in relazione ai problemi della scienza (durante la sua direzione nel consiglio scientifico sedettero F. Barone, R. Crippa, C.A. Viano, G. Paganini, A. Pacchi ); la direzione di importanti collane filosofiche come i Pensatori del nostro tempo (La Nuova Italia), ove comparvero testi di Cassirer, Carnap, Ayer, Marcuse, Dewey, i Saggi filosofici di Giulio Preti, i Classici della Filosofia (La Nuova Italia), la collana Filosofia di Franco Angeli (Milano) e la collana del Centro C.N.R.. fitta di studi, edizioni critiche e bibliografie.
Socio dell'Accademia dei Lincei, dell'Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere, dell'Accademia Olimpica di Vicenza, Dal Pra nel 1975 fu insignito del diploma di I classe e della medaglia d'oro come benemerito della scuola, della cultura e dell'arte. Ricevette nel 1990 il Premio "Antonio Feltrinelli" dell'Accademia dei Lincei per le scienze filosofiche.
Mori' a Milano il 21 gennaio 1992.
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Fonti e bibliografia
La bibliografia degli scritti di Dal Pra (sino al 1983) si trova in appendice al volume: La storia della filosofia come sapere critico. Studi offerti a Mario Dal Pra, introduzione di E. Garin, Milano 1984, pp. 751-772. Fondamentale (anche per le integrazioni storiche e bibliografiche) e' l'autobiografia in forma di dialogo: M. Dal Pra - F. Minazzi, Ragione e storia. Mezzo secolo di filosofia italiana, Milano 1992. Si vedano: A. Pacchi, Il filosofo e l'educatore, in Comune di Montecchio Maggiore. In onore di Mario Dal Pra, Quaderni della Biblioteca Civica, 1988, pp. 12-28; E. Rambaldi, Ricordo di Mario Dal Pra, in Rivista di Storia della Filosofia, 47 (1992), pp. 9-45; Mario Dal Pra e i cinquant'anni della "Rivista di storia della filosofia", a cura di M. A. Del Torre, Milano 1998; G. Paganini, La traversata dell'empirismo. Mario Dal Pra tra ricerche storiche e posizioni teoriche, in Rivista di Storia della Filosofia, 71 (2016), suppl. al n. 4, pp. 539-554; Mario Dal Pra nella "scuola di Milano", a cura di F. Minazzi, Sesto S. Giovanni 2018.
 
17. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Letture
- Stefano Erzegovesi, Disturbi alimentari. Vicini alle persone, lontani dai pregiudizi, Rcs, Milano 2021, pp. 140, euro 6,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
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Riletture
- Paolo Bertinetti (a cura di), Storia della letteratura inglese. Volume secondo. Dal Romanticismo all'eta' contemporanea. Le letterature in inglese, Einaudi, Torino 2000, 2008, pp. X + 470.
 
18. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
19. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4080 del 20 aprile 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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