[Nonviolenza] Telegrammi. 4063



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4063 del 3 aprile 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
Sommario di questo numero:
1. Chi finanzia gli strumenti di morte
2. Lea Melandri: Divisione sessuale del lavoro: la "normalita'" a cui non vogliamo tornare
3. Lea Melandri: Nessuno si salva da solo
4. Lea Melandri: La nostra, una civilta' esaurita: questo mondo e' da ricreare
5. Alcuni riferimenti utili
6. Valeria Fieramonte presenta "Lynn Margulis. La scoperta dell'evoluzione come cooperazione" di Adriana Giannini
7. Giuliano Spagnul presenta "Essere o non essere. Diario di Hiroshima e Nagasaki" di Guenther Anders
8. Attilio Mordecani e Annibale Scarpante: Il nostro Anders. Una postilla al testo che precede, in tre chiose e una parenesi
9. Alcune pubblicazioni di e su Guenther Anders
10. Due raccolte di racconti di Omero Dellistorti: "Il cugino di Mazzini" e "Due dure storie"
11. Segnalazioni librarie
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'
 
1. SCORCIATOIE. CHI FINANZIA GLI STRUMENTI DI MORTE
 
Chi finanzia le strutture e gli strumenti di morte
chi organizza e addestra e promuove la disponibilita' ad uccidere
chi produce e diffonde le armi assassine
chi non si oppone alla guerra alle sue logiche ai suoi apparati
chi non si adopera a far cessare le stragi
 
non vedi tu che e' anch'egli un criminale?
non vedi che anche lui ci massacra?
 
2. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: DIVISIONE SESSUALE DEL LAVORO. LA "NORMALITA'" A CUI NON VOGLIAMO TORNARE
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso su "Il riformista" del primo maggio 2020.
Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Tra le opere di Lea Melandri segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, Manifestolibri, Roma 1997; Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988, Bollati Boringhieri, Torino 2002; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile, Franco Angeli, Milano 2000; Le passioni del corpo, Bollati Boringhieri, Torino 2001; Amore e violenza, Bollati Boringhieri, Torino 2011. Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'"]
 
L'isolamento, per uno di quei paradossi a cui ci sta abituando la pandemia, sembra aver spalancato le porte di casa, proprio mentre le chiudeva, aver rivelato il disagio, le disuguaglianze, la violenza e i rapporti di potere che si danno da sempre negli interni di famiglia, nel momento stesso in cui venivano raccomandati come luoghi di sicurezza e protezione. Il virus, nella sua indifferente invasivita', e' come se avesse travolto gli ultimi puntelli che tenevano separati privato e pubblico, demolito la corazza che ancora rende estranei il cittadino e la persona. Tutto cio' che e' stato ritenuto per secoli "non politico" – esperienze umane universali, come la nascita, la morte, l'infanzia, la vecchiaia, la malattia, e soprattutto la relazione fra i sessi, l'ambigua complementarieta' dei ruoli di genere, ha mostrato di essere il fondamento, minaccioso e non piu' trascurabile, di un ordine economico, sessuale e politico che, cancellandolo, ha creduto di farne una riserva senza limiti.
Tali sono stati per la civilta' finora conosciuta, sia pure in forme diverse, il corpo, le passioni che lo attraversano, la natura, le altre specie, e soprattutto la donna, considerata per la sua stessa essenza la loro incarnazione. La "normalita'", che cercheranno ancora di imporci, e' gia' tramontata la' dove ha avuto inizio: sulla soglia di casa, su quel confine che ha visto l'essere umano spaccarsi in due, confondere l'uscita dalla animalita' con il diverso destino dell'uomo e della donna, fare del corpo che l'ha generato la garanzia, potente e svilita, del suo privilegio e del suo impegno civile. Nel momento in cui e' la vita stessa a essere minacciata, e per di piu' da un nemico invisibile, che puo' arrivare dalla mano o dall'alito del tuo vicino, tutti i poteri, i saperi, le istituzioni della sfera pubblica vacillano, inseguono rimedi contraddittori, oscillanti tra il controllo e la difesa della vita, tra valori che si sono fatti finora la guerra, come la "coercizione al lavoro" e la "potenza dell'amore" (Freud).
Non c'e' da meravigliarsi percio' se, nella sia pur limitata apertura della Fase 2 della pandemia in Italia, si sono fatte piu' forti le contrapposizioni, i dualismi che gia' conosciamo e che rischiano di oscurare ancora una volta le consapevolezze del cambiamento in atto, di indebolire la creativita' necessaria per ripensare l'umano nella sua interezza, e la comunita' sulla base dei nessi che ci sono sempre stati tra corpo, individuo e legame sociale.
C'e' chi vede nella misure restrittive delle liberta' individuali una ferita alla democrazia e il rischio di derive autoritarie, chi ritiene che la ripresa di gran parte delle attivita' lavorative, mentre restano ancora chiuse le scuole, sia "antifemminista", "odio per le madri", messe nell'impossibilita' di conciliare il lavoro e la famiglia. Che la cura sia stata considerata, nel privato come nel pubblico, il destino femminile, in quanto "naturale" estensione della maternita', un "dono d'amore" e non un "aggregato della grande economia", le economiste femministe lo dicono da anni, senza ignorare per questo le implicazioni soggettive: il potere di indispensabilita' e il senso della propria esistenza, che la dedizione all'altro e' diventata per le donne stesse.
Scrive Antonella Picchio: "Cio' che distrugge le donne non e' la forza degli uomini ma la loro enorme debolezza. I patriarchi non si sono mai retti in piedi da soli, perche' hanno costruito un sistema patriarcale di controllo sul corpo e le menti delle donne. Non sono solo le pratiche e i simboli del sistema patriarcale che ci opprimono ma la nostra assunzione di responsabilita' rispetto alla qualita' della vita dei nostri compagni e dei nostri figli. Noi abbiamo un delirio di onnipotenza e loro hanno delle profonde debolezze nascoste e coperte da noi".
Che cosa e' cambiato nella situazione attuale? Perche' il coronavirus ha portato allo scoperto legami che gia' esistono ma rendendoli al medesimo tempo cosi' sfuggenti? C'e' una difficolta' evidente, per chi ha conosciuto una sottomissione di secoli, a uscire da quella che chiamiamo "guerra tra poveri". La contraddizione che vede le donne esaltate immaginativamente e storicamente inesistenti – per usare le parole di Virginia Woolf - pesa ugualmente su madri e maestre, cosi' come su tutte le donne impegnate nei "servizi alla persona", dalle infermiere, alle assistenti familiari e sociali. Sono loro ad aver affrontato finora i maggiori rischi, nel rapporto con anziani e malati, il maggior carico di lavoro, sia in casa che fuori, in una vicinanza troppo stretta o in una forzata lontananza dai loro affetti.
In un lettera pubblicata sui social un'operatrice sanitaria scrive: "... molti di noi hanno scelto di allontanarsi dal proprio nucleo familiare per mettere in sicurezza i propri affetti ed evitare che possano essere a loro volta soggetti all'infezione". A sua volta, una docente di scuola superiore, Beatrice Vela, a proposito delle ripetute richieste per la "riapertura immediata delle scuole", "perche' altrimenti le mamme devono lasciare il lavoro", in un articolo su fb giustamente fa notare che la "funzione principale della scuola non e' badare ai figli degli altri mentre sono al lavoro", ma "garantire il diritto di istruzione alle persone". Se i figli sono ancora il problema principale per le madri, e se la scuola e' considerata una estensione della funzione materna – aggiunge - "responsabile e' il patriarcato".
Che la "conciliazione" tra famiglia e lavoro, in quanto interna alla logica produttivistica del capitale e alla conservazione della famiglia come luogo "naturale" del compito di cura della donna, fosse una strada senza uscita, era gia' alla coscienza di tante donne prima che la pandemia lo portasse all'evidenza con scelte solo apparentemente contrastanti. La divisione sessuale del lavoro, ragione prima della violenza visibile come di quella manifesta sulle donne, e' la "normalita'" di cui non dovremmo augurarci ma temere il ritorno.
 
3. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: NESSUNO SI SALVA DA SOLO
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso su "Il riformista" del 21 aprile 2020]
 
Da sponde opposte - l'India di Modi, l'America di Trump - Arundhati Roy e Naomi Klein, hanno visto nella pandemia da Covid-19 una "battuta d’arresto del capitalismo", una sorta di catalizzatore capace di evidenziarne le "vergogne nascoste", dalle disuguaglianze strutturali, sociali ed economiche all'indifferenza di fronte agli orrori che produce. La lunga marcia di milioni di poveri, cacciati dalle citta' dell'India dai datori di lavoro e diretti a piedi verso i loro villaggi, parla della stessa divisione di classe di cui sono testimoni gli afroamericani e i latini, lasciati fuori dagli ospedali negli Stati Uniti. Importante, per entrambe, e' riconoscere che la pandemia ha segnato una rottura e che non si puo' pensare di "ricostruire il futuro sul passato".
Nella felice immagine di Arundhati Roy il coronavirus potrebbe rappresentare "una porta, un gate-away, tra un mondo e il prossimo". Dipende da noi "scegliere se attraversarlo trascinandoci dietro le carcasse dei nostri pregiudizi e dell'odio, della nostra avarizia, delle nostre banche dati, dei nostri fiumi morti e cieli affumicati. Oppure, possiamo camminare con leggerezza, con poco bagaglio, pronti a immaginare un altro mondo. E pronti a lottare per questo".
Ma come definire il "noi" da cui ci si aspetta un cambiamento cosi' radicale? In un articolo uscito giorni fa su "Il Riformista", Alberto Abruzzese giustamente rilevava come il "noi" sia diventato sempre di piu' l'assoggettamento dei singoli a una volonta' superiore, e che solo dalla "persona", tornata ad essere oggi carne viva - "forma individuale di essere a rischio minuto per minuto, ammalarsi, soffrire o vedere vedersi morire in solitudine" - ci si puo' aspettare una ribellione, un segnale di discontinuita' rispetto a valori e ruoli sociali imposti. Dalla catastrofe virale, che ha devastato ogni genere di socialita' ordinaria, si salverebbe solo una individualita' restituita al suo sentire immediato, alla sua "voce interiore", al suo desiderio di sopravvivenza, e capace percio' di attivare la propria vita lanciandola finalmente al di sopra della sovrana violenza del "noi".
Ma, paradossalmente, e' proprio da una singolarita' incorporata, resa oggi piu' consapevole della sua fragilita' e dei suoi limiti dalla minaccia invisibile di un virus letale, che si comincia a far strada una verita' mai del tutto riconosciuta: "nessuno si salva da solo". Indimenticabile ed emblematica e' stata, sotto questo aspetto, la comparsa di Papa Francesco il 27 marzo su Piazza San Pietro incredibilmente vuota, figura solitaria ma sorretta dalla forza di chi sa di incarnare la comunita' intera di un mondo in sofferenza. In occasione della Pasqua, cosi' come in un precedente incontro con i movimenti sociali, nessuna delle vittime "delle politiche finanziarie e dell'ingiustizia strutturale dell'economia mondiale" - per usare le parole di Bergoglio - e' stata dimenticata: dai carcerati ai profughi, ai senza tetto, ai lavoratori precari, alle donne. Se il cristianesimo e' stata una rivoluzione per il mondo classico, nelle parole di un Papa dotato di una straordinaria lungimiranza politica torna ad esserlo per una civilta' che ha fatto del denaro il suo dio, dell'egoismo la sua legge.
All'Europa degli "interessi particolari" Bergoglio chiede "soluzioni innovative", come il condono del debito che grava sul bilancio degli Stati piu' poveri; quanto all'"esercito invisibile" che si muove nelle periferie spinto da ideali solidaristici e senso di comunita', cosi' come a chi lavora senza diritti e garanzia di sopravvivenza, ritiene sia giunto il momento pensare "una forma di retribuzione universale di base".
Sulla separazione tra privato e pubblico, individuo e societa', biologia e storia, inconscio e coscienza, molto hanno detto i movimenti non autoritari e il femminismo negli anni '70, ma le consapevolezze nuove riguardo ai "nessi" che ci sono sempre stati tra aspetti inscindibili dell'umano, sembrano essersi rapidamente di nuovo affossate, cosi' come l'interrogativo che Elvio Fachinelli si era gia' posto nel suo saggio su Freud del 1967: "Come si passa da questo individuo alla generalita' degli individui?". Si puo' dire che solo di fronte a un evento come la pandemia che minaccia oggi allo stesso modo la sicurezza del mondo e la vita di chi lo abita, la domanda del rapporto tra la singolarita' di ogni essere e la comunita' dei suoi simili e' diventata ineludibile.
Una catastrofe che pesa su tutti e su ciascuno, sia pure con modalita' e ricadute materiali e psicologiche diverse, costringe, come scrive Miguel Benasayag nel suo libro Contro il niente. Abc dell'impegno (Feltrinelli 2005), a "imparare uno strano radicalismo (...) agire diversamente in estrema singolarita' per disegnare una nuova base comune". Cercare il senso della collettivita', lasciarsi attraversare da elementi di una molteplicita' a cui si appartiene – come sottolinea lo stesso Benasayag - vuol dire dubitare dei "grandi discorsi del tutto avulsi dalla quotidianita', di consapevolezze che non cambiano il nostro modo di vivere".
La via gia' indicata dal femminismo e che Bensayag riconosce e riprende nel suo tentativo di ridefinire l'agire politico, e' quella che riesce a spingersi fin dentro le "acque insondate della persona" (Rossana Rossanda), che trova negli strati piu' profondi di noi stessi la generalita' della condizione umana. L'"azione ristretta", il "partire da se'", e' quella che ci permette di trovare, insieme a una base comune, una inedita potenzialita' collettiva. "Nel profondo della mia singolarita' trovo una espressione uguale (...) posso avvicinarmi all'altro, non per stringere una alleanza superficiale, ma scoprendo cio' che nella sua singolarita' esprime la stessa cosa che nella mia (...) Mettere in gioco il nostro corpo, ecco l'etica dell'impegno".
Il mondo invaso oggi dalla pandemia sconta non solo la cancellazione dei corpi e la presunzione secolare di potersi sbarazzare dei limiti propri del vivente, ma anche la violenza con cui ha fatto delle storie personali il residuo insignificante della grande Storia.
Se abbiamo potuto finora permettere che i corpi dei migranti annegati in mare, dei morti sul lavoro, dei femminicidi, diventassero semplici numeri, complice la distanza che ci ha reso spettatori, oggi che le vittime del coronavirus vengono conteggiate nelle conferenze stampa del governo, come dati statistici, e' impossibile volgere lo sguardo altrove, non dare volti, nomi, eta', condizione sociale a chi soffre negli ospedali, nelle case, o a chi ha perso la vita in solitudine, senza funerali e compianto pubblico.
Ad accomunare, al di la' di confini, culture, storiche inimicizie, egoismi nazionalistici, e' la compassione, il "patire insieme", "una prossimita' all'altro, alla sua ferita "Un sentimento raro perche' "rara – scrive Antonio Prete - e' l'esperienza in cui il dolore dell'altro diventa davvero il proprio dolore".
 
4. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: LA NOSTRA, UNA CIVILTA' ESAURITA: QUESTO MONDO E' DA RICREARE
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso su "Il riformista" del 9 aprile 2020]
 
Non si puo' dire che sia solo la lungimiranza di Noam Chomsky a dire che "la crisi del coronavirus potrebbe portare la gente a pensare a che tipo di mondo vogliamo". Anche se sono ancora molti a cercare capri espiatori, per non dover pensare alle proprie responsabilita', appare sempre piu' chiaro che la pandemia in atto, come altri fenomeni devastanti che non possiamo piu' ignorare - dalla crisi climatica e ambientale alla poverta' crescente, dalle ondate migratorie alla violenza contro le donne - hanno un carattere strutturale, cioe' una storia e un radicamento che non risparmia le nostre convinzioni e abitudini. "Da tempo – scrive Angel Luis Lara in un articolo su Eldiario.Es, tradotto da Pierluigi Sullo - la ragione neoliberista ha convertito ai nostri occhi il capitalismo in uno stato di natura (...) Se la clausura ha congelato la normalita' delle nostre inezie e dei nostri automatismi, approfittiamo del tempo sospeso per interrogarci su inerzie e automatismi, approfittiamo del tempo sospeso per interrogarci su inerzie e automatismi. Non c'e' normalita' alla quale tornare quando quello che abbiamo reso normale ieri ci ha condotto a quel che oggi abbiamo. Il problema che affrontiamo non e' solo il capitalismo, ma anche il capitalismo in me".
Il coronavirus, in altre parole, parla di noi, di quello che siamo e di quello che potremmo essere, della societa' nella quale ci troviamo a vivere, e di cui stanno arrivando all'evidenza aspetti che non volevamo vedere. Qualcuno ha detto che la natura si vendica delle troppe ferite che le abbiamo inferto. Forse sarebbe piu' corretto dire che sono le nostre stesse devastanti aggressioni alle altre specie, animali e vegetali, che oggi si ritorcono contro di noi per una sorta di legge del contrappasso. Prima ancora che scoppiasse la pandemia del Covid-19, si sapeva quanto avessero contato nella diffusione di influenze virali lo sfruttamento intensivo dell'allevamento e la deforestazione. Non c'e' bisogno di ricorrere alla metafora della guerra, e nemmeno alla lotta tra Eros e Thanatos, per capire che siamo di fronte a una di quelle svolte che inducono una civilta' esaurita a rivedere il rapporto ottimistico con le sue mete tecnico-scientifiche, a riconoscere la finitezza e l'incompiutezza delle alternative concesse alla specie umana.
Se e' vero che il capitalismo, come del resto in precedenza il sessismo, il razzismo, lo specismo e altre forme di dominio, sono entrati nella nostra visione del mondo come fenomeni "naturali", radicati nelle formazioni inconsce come nella memoria del corpo, da dove puo' cominciare il cambiamento se non dall'esperienza? Sono le vite messe a nudo, cosi' come quella che abbiamo considerata la "normalita'" dello sfruttamento del lavoro, della violenza maschile, delle catastrofi ambientali, che possono farci riflettere e insegnarci a trovare nuove strade. Anni fa, uscita da una lunga terapia intensiva, riuscii a consegnare a un breve frammento il pensiero che nonostante tutto mi aveva accompagnato in quel passaggio stretto tra la vita e la morte. "Ci sono alfabeti ancora da scoprire - scrivevo - conficcati negli interstizi della carne, nel rantolo di bocche chiuse, nel sussulto di arti sedati. L'uomo procede eretto ma ha i piedi nella sua mai tramontata preistoria".
Non c'e' da meravigliarsi che siano i corpi, per la storia che vi e' passata sopra, oltre che per i loro limiti naturali, le loro fragilita', a disegnare una geografia che non prevede confini, a far emergere un'idea di comunita' piu' umana e solidale che, per quanto utopica, si da' oggi come reale e possibile. Reale, al di la' delle tante differenze, e' il fatto di doverci riconoscere uguali di fronte a un pericolo che viaggia invisibile per il pianeta e che paradossalmente si trasmette attraverso i gesti, le relazioni piu' intime, piu' usuali, come una stretta di mano e un abbraccio. Reale e' dover dare alla cura l'estensione che non siamo riusciti finora a vedere necessaria: non il destino di un sesso o il compito privato della famiglia tradizionale, che ormai sta scomparendo, ma la responsabilita' collettiva di uomini e donne; non solo cura dei figli, malati, anziani, ma difesa dei beni comuni, come la salute, la scuola, la giustizia sociale, il benessere di tutti, l'attenzione alla natura e alle altre specie. "Questo e' il rovescio radicale - scriveva Elvio Fachinelli - dell'antica e ben nota posizione in cui la natura, madre divina, era chiamata a salvarci. Ora siamo noi sollecitati a salvarla. Forse non di un lutto abbiamo bisogno, ma di questo accoglimento, di questa capacita' di immedesimazione in cui noi, feriti, diventeremo madri di creature ferite".
Scritto nello stesso anno della sua morte, l'avvertimento di Fachinelli suona oggi drammaticamente attuale, induce a sperare che il tipo di mondo da portare in salvo sia quello gia' prefigurato nel pensiero e nell'azione dei movimenti ambientalisti, antirazzisti, femministi, transfemministi e antispecisti, anticapitalisti, e oggi reso necessario dall'irruzione di quello che Naomi Klein ha definito "il disastro perfetto per il capitalismo dei disastri".
 
5. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
 
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
 
6. LIBRI. VALERIA FIERAMONTE PRESENTA "LYNN MARGULIS. LA SCOPERTA DELL'EVOLUZIONE COME COOPERAZIONE" DI ADRIANA GIANNINI
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo la seguente recensione del 9 febbraio 2021.
"Valeria Fieramonte e' giornalista freelance in campo scientifico, laureata in filosofia all'Universita' Statale di Milano, ha lavorato in numerose testate, tra cui il Corriere della Sera (Corriere Salute); ha collaborato con Le Scienze e Salve. Ha scritto con Giovanna Gabetta il libro Sesso, amore e gerarchia. Pensieri liberi su differenze di genere e potere, edizioni Greco&Greco, 1998. a curato, nel libro "Lo snodo dell'origine", il saggio sul pensiero di Lynn Margulis. E' membro dell'UGIS (unione giornalisti scientifici italiani) e dell'Eusja (associazione dei giornalisti scientifici europei). Collabora alla Rubrica "Scienza". Ha scritto brevi note e articoli anche su Laura Conti, la maggiore pensatrice italiana in campo ecologico, e sua un tempo amica. Ne sta studiando il pensiero, assieme a Costanza Panella, dirigente di Legambiente, attraverso i numerosi libri da Laura scritti. E' stata corrispondente per La nuova ecologia dal Congresso COP 21 di Parigi, dicembre 2015". Ha recentemente pubblicato il libro La via di Laura Conti. Ecologia, politica e cultura al servizio della democrazia, Enciclopedia delle Donne, Milano 2021.
"Adriana Giannini si e' laureata in scienze naturali all'Universita' di Milano nel 1969 e poco dopo e' entrata a far parte della redazione della rivista "Le Scienze", l'edizione italiana di "Scientific American", dapprima come collaboratore esterno, poi come redattore e fino al 2003 come caporedattore. Ha poi continuato a lavorare come giornalista freelance occupandosi prevalentemente di ambiente, medicina e storia della scienza. Come autrice ha pubblicato Le riserve della natura e Parchi nazionali del mondo (Mondadori), Mendel, il padre "postumo" della genetica (collana "I grandi della scienza" ed. Le Scienze) e, insieme a Gianbruno Guerrerio, Difendersi dalle allergie (Urra-Feltrinelli 2012). E' giornalista pubblicista e socia dell'UGIS, l'Associazione Italiana dei Giornalisti Scientifici. Nel 2000 ha fatto parte della giuria del Premio Cortina Ulisse e nel 2001 ha ricevuto il Premio Voltolino per la divulgazione scientifica. Ha tenuto un corso di storia della divulgazione scientifica per il master di giornalismo scientifico finanziato dall'Unione Europea e  svolto un seminario su salute e ambiente per il master di giornalismo dell'Universita' di Milano".
Lynn Margulis (Chicago, 5 marzo 1938 – Amherst, 22 novembre 2011) e' stata una illustre biologa]
 
Adriana Giannini, Lynn Margulis. La scoperta dell'evoluzione come cooperazione, L'Asino d'oro, Roma 2021.
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Lynn Margulis e' stata probabilmente la piu' grande biologa del '900.
Ricordo che quando la conobbi, a Pavia, nel 2006, al "Festival dei saperi", mi colpi' in primo luogo la sua vitalita', un insieme di intelligenza, fantasia, energia e autentica gioia nel raccontare le sue scoperte, che la rendevano una sorta di "magnete" intellettuale.
Avevo letto La danza misteriosa ( Mondadori, 1992), dove tra l'altro scriveva che nel 1584 delle donne condannate per stregoneria furono mandate al rogo con l'accusa di avere "sognato di commettere adulterio con gli spiriti". Scherzosamente, per attaccare bottone, le dissi: "Se una specie come la nostra, capace di inventare perversita' tali da impedire alle donne persino la fisiologia del sogno (gli stanzini di tortura del carcere di Salem, per esempio, non permettevano neppure di poter stare sdraiate), se una specie come la nostra, dicevo, e' riuscita lo stesso a prolificare cosi' tanto, senza dubbio l'universo deve brulicare delle forme di vita piu' svariate...", e non la prese tanto bene, mi rispose: "Non mi interessa parlare degli esseri umani, dopotutto sono una varieta' di mammifero cosi' prevedibile...".
Perche' Lynn aveva come amanti principali i batteri (attenzione, non i virus, che non le interessavano affatto), che riteneva esseri quasi immortali, radice di ogni forma di vita sulla terra e gli unici esseri in grado di abitare davvero l'intero universo.
Lynn ammirava Darwin, ma il suo L'origine delle specie era stato scritto nel 1859, centocinquanta anni fa, e da allora le ricerche biologiche erano molto progredite, e avevano permesso di studiare anche gli organismi molto piccoli, che all'epoca di Darwin venivano del tutto ignorati.
Di qui la sua convinzione che "La nostra intera vita dal ventre alla tomba e' di fatto solo uno stadio intermedio nel ciclo vitale di minuscole cellule fuse".
Sono stati i batteri, infatti, a determinare la vita sulla terra, a introdurre il Dna ricombinante, la fotosintesi, la simbiosi e la simbiogenesi, e non gli animali e neppure le piante, comparse sul pianeta molto tempo dopo, non piu' di circa 500 milioni di anni fa.
Nel corso delle sue affascinanti descrizioni sul ruolo di questi minuscoli esserini (circa un milionesimo di metro, tanto per dire) Lynn rovescia l'impostazione darwiniana e mette in discussione il concetto di "sopravvivenza del piu' adatto".
"Il 99,99 % delle specie esistenti sulla terra – scrive – si e' gia' estinto e dunque con questo criterio l'intera vita comparsa finora sarebbe piu' o meno un fallimento totale".
Secondo lei la "selezione naturale" sarebbe di fatto anch'essa artificiale e il concetto di "lotta per l'esistenza" e' troppo umano per essere applicabile a dei batteri. Questi ultimi non si sono evoluti per competizione, ma piuttosto per cooperazione, affiliazione, anzi addirittura per reciproca totale assimilazione.
Ora Adriana Giannini ha approfondito gli studi su questa eminente scienziata, e scritto il libro Lynn Margulis, la scoperta dell'evoluzione come cooperazione, che ci permette di conoscere qualcosa di piu' sul pensiero e la invero bellissima vita di Lynn.
"A parte l'Antartide, tutti i continenti l'hanno avuta come ospite" - scrive Giannini - "prima come assistente volontaria e poi, con l'avanzare della carriera, come conferenziera e destinataria di lauree honoris causa (ne ha prese piu' di 20, e Clinton le conferi', nel 1999, la National Medal of Science).
Lynn parlava fluentemente spagnolo, portoghese, francese e italiano, cosa non frequente tra i cittadini anglosassoni. Questo le ha aperto le porte di proficue collaborazioni e non solo, specie con la Spagna, il Messico e i paesi di lingua latina. In Italia e' invece si puo' dire ancora una conoscenza di nicchia.
Tuttavia Luciano Secchi (Universita' di Pavia) e Claudio Bandi ( Universita' degli studi di Milano), hanno approfondito con lei il ruolo degli "endosimbionti microbici" e i loro studi sono ora considerati una pietra miliare di cio' che oggi viene definito col termine di "microbiota" (cioe' l'insieme della popolazione microbica presente in una dato organismo).
Adriana Giannini e' laureata in Scienze naturali, e' stata per anni caporedattore alle "Scienze", e' giornalista scientifica, e questo le ha permesso di raccontare alcune delle scoperte di Lynn e dei suoi collaboratori mettendone in rilievo l'importanza anche per noi "irrilevanti mammiferi".
Nei laboratori di Claudio Bandi e Luciano Sacchi e' stato descritto e studiato il primo batterio intramitocondriale (midichloria mitocondri), un ulteriore frammento del grande "puzzle" della teoria simbiogenica sostenuta da Lynn.
Nel 2010, inoltre, la collaborazione tra Lynn e Luciano Sacchi ha fornito le attese prove circa l'origine batterica e successiva evoluzione delle cilia nei microrganismi simbionti delle termiti. La conoscenza di questo ennesimo importante tassello della biologia evolutiva e' stata resa possibile anche dall'avvento della microscopia elettronica ad altissima risoluzione.
A differenza che per i mitocondri e i cloroplasti non era stato possibile trovare tracce di dna nei flagelli (ma Lynn preferiva il piu' preciso termine di "undulipodi", sono quelle codine che sporgono dai batteri rendendoli un po' simili a spermatozoi, nda) e dunque mancava la prova decisiva della loro origine.
A proposito dei risultati del lab di Pavia, grande fu l'entusiasmo di Lynn, che commento': "in una sola cellula sono riassunti eventi che si sono svolti in due miliardi di anni".
E' sempre Luciano Sacchi intervistato da Adriana a ricordare che in realta' la teoria della simbiogenesi era stata formulata per la prima volta dal russo Kozo-Polyansky nel 1924. Lynn lo venne a sapere solo in occasione dell'International Botanic Congress tenutosi a S. Pietroburgo nel 1975, dove era stata invitata per parlare delle due scoperte.
Da allora si era attivata per entrare in possesso di uno dei pochi lavori di Kozo-Poliansky ancora reperibili (si sa che in Russia le vicende della biologia sono state tragiche per tutto il periodo staliniano) e anni dopo ne curo' a sue spese la traduzione in inglese.
Era tipico del suo carattere: non aveva avuto alcuna esitazione a rinunciare alla ... paternita' della teoria della simbiogenesi, una prova della sua profonda onesta' intellettuale.
Il libro di Adriana racconta anche molti aspetti della vita privata e di relazione della scienziata, che permettono di rendere piu' fruibili anche le parti piu' rigidamente scientifiche del testo (ma per dirla al di fuori di esigenze strettamente scientifiche, quello che ho pensato io leggendola e' che ha una visione carica d'amore, dove tutti flirtano con tutti, le spirochete con i protozoi, le termiti con i protisti, i briozoi col legno delle querce, le amebe con altre amebe, talora brutalmente divorandosi ma senza mai eliminarsi, anzi assimilandosi in cooperazione).
Lynn era nata nel 1938 a Chicago ed e' morta nel 2011 ad Amherst, nella sua bellissima casa bianca vicino al laghetto Puffer's Pond, che tanta parte ha avuto nella sua ricerca sui minuscoli microrganismi che amava. La casa era proprio di fianco a quella della sua poetessa preferita, Emily Dickinson, e aveva anche un bellissimo orto e giardino che devono essere stati incredibilmente interessanti. E' stata in seguito venduta dai quattro figli, tutti residenti in altri luoghi. Peccato.
Lynn aveva un bel rapporto coi figli e Dorion, il figlio maggiore, che di cognome fa Sagan (Carl Sagan e' stato il primo marito di Lynn), e' stato il suo miglior collaboratore in campo editoriale e l'ha aiutata a farsi conoscere presso il grande pubblico.
Lynn era un'atea convinta e pensava che "quello che i teologi chiamano 'disegno intelligente' non e' altro che il risultato dei legami terrestri della materia pensante" per lei la vita era soprattutto "materia che sceglie" e "il fuoco verde degli esseri che operano la fotosintesi" (What is life?, University of California Press, non tradotto in italiano).
Pensava anche che "non c'e' alcuna prova che supporti la prevalente spiegazione neodarwinista che la selezione naturale agisca tramite l'accumulo di mutazione casuali", ed e' singolare che il miglior commento su di lei sia stato lasciato dal suo rivale di sempre, Richard Dawkins (il padre del "gene egoista", libro che lo rese una celebrita'): "La teoria che la cellula eucariotica (cioe' dotata di nucleo, nda) sia l'unione simbiotica di cellule procariote primitive (cioe' ancora prive di nucleo ma solo dotate di un po' di dna disorganizzato), e' uno dei piu' grandi risultati della biologia evolutiva del XX secolo, e io l'ammiro grandemente per questo".
Nel 1994 Lynn era stata male, aveva avuto una emorragia interna, e in quell'occasione aveva chiesto alla figlia Jennifer di rinunciare a qualsiasi accanimento terapeutico qualora si fosse trovata nella situazione di un catastrofico e irreversibile danno cerebrale. La figlia racconta sul suo sito gli ultimi drammatici giorni della madre, di cui ha seguito rigorosamente la volonta', nel 2011 quando mori'.
Jennifer scrive che le sue ceneri, raccolte in un'urna di sale rosa dell'Himalaya, sono state gettate, come aveva chiesto, nel Puffer's Pond, il laghetto in cui lei amava nuotare e approfondire gli studi sui suoi amati batteri.
 
7. LIBRI. GIULIANO SPAGNUL PRESENTA "ESSERE O NOn ESSERE. DIARIO DI HIROSHIMA E NAGASAKI" DI GUENTHER ANDERS
[Dal sempre utile sito curato dal "miglior fabbro" Daniele Barbieri: www.labottegadelbarbieri.org riprendiamo il seguente intervento]
 
"Su uno dei ponti di Hiroshima c'e' un uomo che canta e pizzica le corde di uno strumento. Guardatelo. Dove vi aspettate di trovare il volto, non troverete un volto ma una cortina: perche' non ha piu' volto. Dove vi aspettate di trovare la mano, non troverete una mano ma un artiglio d'acciaio: perche' non ha piu' mano". Queste sono le parole conclusive del discorso di Gunther Anders al IV Congresso internazionale contro le armi atomiche e nucleari e per il disarmo tenuto a Tokyo il 20 agosto 1958. E sono anche le parole con cui si apre il libro "Essere o non essere. Diario di Hiroshima e Nagasaki" dello stesso Anders pubblicato da Einaudi nel lontano 1962. Molte sono le opere che sono state ristampate in questi ultimi anni di questo tanto celebre quanto scomodo filosofo poco tollerante e poco rassegnato pacifista di fronte alla violenza del potere (1). Ma purtroppo nessuna ristampa e' stata fatta di questo bellissimo (sempre che bellissimo si possa definire un testo che racconta di un'ecatombe di migliaia di morti) diario, ad eccezione della parte finale con le prime lettere a Claude R. Eatherly, il pilota della bomba per Hiroshima, che trovera' una pubblicazione completa in "Il pilota di Hiroshima ovvero la coscienza al bando", edizioni Linea d'ombra 1992 (prima edizione per Einaudi 1962).
Questa dimenticanza e' probabilmente dovuta in gran parte alla caduta d'interesse sul pericolo nucleare bellico dopo le trepidazioni mondiali degli anni '50 e '60 e il sopraggiungere di altri immaginari catastrofici conseguenti al disastro del nucleare civile di Chernobyl e da ultimo di Fukushima, che si e' andato coniugando con quello piu' prettamente ecologico del riscaldamento globale. Eppure cio' di cui si parla in questo libro e' qualcosa che presiede a tutte le paure e le angosce che si sono concentrate dalla fine del secolo scorso a oggi. Perche', come dice Ernesto De Martino parlando di questo libro nella sua opera-testamento "La fine del mondo": "la guerra nucleare e' la fine del mondo non come rischio o come simbolo mitico-rituale di reintegrazione, ma come gesto tecnico della mano, lucidamente preparato dalla mobilitazione di tutte le risorse della scienza nel quadro di una politica che coincide con l'istinto di morte" (2).
E' strano (ma forse non tanto) che questo filosofo dell'apocalisse oggi sia cosi' poco frequentato. Si cita spesso il suo ex-amico Ernst Bloch che con il suo "principio speranza" vuole tener aperta la prospettiva dell'utopia e, di conseguenza, il "vivere senza speranza" di Anders non puo' che essere visto come una resa alla disperazione e alla rassegnazione verso un destino ineluttabilmente infausto. Eppure non c'e' filosofo che sia stato capace, piu' di lui, a metter il dito nella piaga aperta della crisi dell'uomo occidentale di fronte a un mondo privato da ogni significato dopo la scomparsa di qualunque tipo di trascendenza. Come scrive il suo maggior studioso italiano Pier Paolo Portinaro: "Anders e' tornato piu' volte a denunciare come ridicola la presunzione di superiorita' ontologica dell'uomo rispetto al pluriverso ontico, l'orgoglio malriposto di quell'ente che al pari di ogni altra cosa danza, hic et nunc, sui piedi del caso" (3).
Una visione dell'esistenza umana che, come anticipava Flaubert, danza "non su un vulcano, ma su un asse del cesso che mi ha l'aria di essere passabilmente marcia" (4). Ma la filosofia della disperazione andersiana e' tutt'altro che nichilista; e' proprio questo danzare sul precarissimo qui e ora, in modo cosciente e senza illusioni, a renderla uno strumento non solo di pungolo ma anche di riflessione sulla natura artificiale dell'essere umano, una natura storica quindi, che non gli permette di "ritornare sulle proprie capacita'. E per quanto grande la sua abilita' di apprendere, c'e' una cosa che egli non puo' apprendere: a disapprendere cio' che sa" (pag. 25).
Ed e' proprio questo uno dei temi piu' importanti nella sua opera principale (e piu' conosciuta), "L'uomo e' antiquato", che con quel sottotitolo provocatorio "Considerazioni sull'anima nell'era della seconda rivoluzione industriale" ci parla della "vergogna prometeica" come quella "vergogna che si prova di fronte all'umiliante altezza di qualita' degli oggetti fatti da noi stessi". E' una perfezione tecnica che si misura con l'arretratezza di cio' che ci costituisce come umani: "dato che le prestazioni del nostro cuore, le nostre inibizioni, le nostre angosce, la nostra sollecitudine, il nostro pentimento si sviluppano in proporzione inversa alla grandezza delle nostre azioni (cioe' si riducono in proporzione al crescere di queste) – siamo, a meno che le conseguenze di questo dislivello non ci annientino, effettivamente, gli esseri piu' dissociati, i piu' sproporzionati in se stessi, i piu' inumani che siano mai esistiti" (5).
L'arretratezza, il dislivello tra cio' che si ' in grado di fare e il sentirsi responsabili delle sue conseguenze e' raccontato nei fatti e nella realta' nuda e cruda di questo diario di viaggio in cui l'essere e il non essere si pongono come alternativa concreta al di la' – come dice Norberto Bobbio nella prefazione – della "falsa profondita', l'inutile astruseria, la vacuita' e l'ipocrisia della filosofia accademica, che non teme le onde procellose del nostro tempo, solo perche' vi galleggia sopra come un sughero" (pag. XVII).
A lettura ultimata possiamo dire che non ci siamo trovati dinnanzi a una realistica rappresentazione dell'apocalisse attraverso le rovine e i racconti di chi e' sopravvissuto ma piuttosto a un'opera di immaginazione. O meglio a un manuale per apprendere a immaginare in modo nuovo, non familiare, cio' che un processo di razionalizzazione vuole farci vedere come normale. Non riusciamo piu' a stupirci se non per l'effetto straniante di quelle bizzarre ombre umane stampate sui muri, folclorico resto di chi "piu' morto che morto non e' possibile diventare" (pag. 205).
*
Note
1. Le prese di posizione a favore di una violenza come legittima difesa contro la violenza di chi vuole, e puo', sterminare l'intera umanita' suscitarono un grande scalpore agli inizi degli anni '90. Per approfondire: Micaela Latini, La dialettica della violenza: Il caso Gunther Anders – https://core.ac.uk/download/pdf/18541567.pdf
2. Ernesto De Martino, La fine del mondo. Contributo all'analisi delle apocalissi culturali, Einaudi 1977, pag. 476.
3. Pier Paolo Portinaro, Il principio disperazione. Tre studi su Gunther Anders, Bollati Boringhieri, 2003, pag. 55.
4. citato in Franco Rella, Dall'esilio, Feltrinelli 2004, p. 115.
5. Gunther Anders, L'uomo e' antiquato, Bollati Boringhieri, 2003, vol. I, pag. 268.
 
8. ATTILIO MORDECANI E ANNIBALE SCARPANTE: IL NOSTRO ANDERS. UNA POSTILLA AL TESTO CHE PRECEDE, IN TRE CHIOSE E UNA PARENESI
 
Da Guenther Anders (come da Rosa Luxemburg, da Simone Weil, da Hannah Arendt, come da Albert Camus, da George Orwell, da Victor Serge, e troppi altri nomi si potrebbero aggiungere che quando eravamo assai giovani ci schiusero gli occhi non al dolore del mondo - che ogni persona gia' conosce dalla nascita - ma al dovere e al diritto di lottare contro l'oppressione, la menzogna e la morte) apprendemmo mezzo secolo fa che si poteva e si doveva resistere: senza illusioni, senza cedimenti. La chiusa dell'ultima delle andersiane "Tesi sull'eta' atomica" recita infatti: "Se siamo disperati, che ce ne importa? Continuiamo come se non lo fossimo".
Guenther Anders e' uno dei grandi pensatori della nonviolenza. Della necessita' e quindi della possibilita' della nonviolenza. Nel nostro deciderci di militanti alla nonviolenza la sua parola ha contato quanto quelle di Aldo Capitini, di Mohandas Gandhi, di Virginia Woolf, di Franca Ongaro Basaglia.
Guenther Anders coglie per primo e una volta per tutte che nell'eta' atomica tanta parte delle vecchie (ottocentesche e primonovecentesche) strumentazioni concettuali ed operative del movimento delle oppresse e degli oppressi in lotta per la liberazione dell'umanita' sono ormai rese obsolete dalla novita' epocale introdotta nel mondo dal fatto che le classi dominanti possono minacciare di distruzione - ed effettualmente distruggere - milioni e miliardi di esseri umani con estrema facilita'. Ergo: la lotta contro quella violenza non puo' piu' essere condotta con strumenti ad essa omogenei su scala ridotta, ma richiede un salto di qualita' altrettanto epocale: questo salto di qualita' e' la nonviolenza, che e' la forma di lotta la piu' nitida e la piu' intransigente, che e' l'unica forma di lotta adeguata al tempo presente, che e' hic et nunc l'unico reale, concreto e adeguato strumento di lotta del movimento delle oppresse e degli oppressi che continuano a battersi per la salvezza e la liberazione dell'umanita' intera.
*
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Condividere fra tutte e tutti tutto il bene e tutti i beni.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
 
9. REPETITA IUVANT. ALCUNE PUBBLICAZIONI DI E SU GUENTHER ANDERS
 
- Guenther Anders, Amare, ieri. Appunti sulla storia della sensibilita', Bollati Boringhieri, Torino 2004, pp. 172.
- Guenther Anders, Brevi scritti sulla fine dell'uomo, Asterios, Trieste 2016, pp. 110.
- Guenther Anders, Discesa all'Ade, Bollati Boringhieri, Torino 2008, pp. 176.
- Guenther Anders, Discorso sulle tre guerre mondiali, Linea d'ombra, Milano 1990, pp. 112.
- Guenther Anders, Dopo Holocaust, 1979, Bollati Boringhieri, Torino 2014, pp. 112.
- Guenther Anders, Essere o non essere. Dario di Hiroshima e Nagasaki, Einaudi, Torino 1961, pp. XVIII + 216.
- Guenther Anders, Kafka. Pro e contro, Corbo, Ferrara 1989, pp. XVIII + 138.
- Guenther Anders, Il mondo dopo l'uomo. Tecnica e violenza, Mimesis, Milano-Udine 2008, pp. 102. NUova edzione in diversa traduzione di Stato di necessita' e legittima difesa.
- Guenther Anders, La battaglia delle ciliegie. La mia storia d'amore con Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2012, pp. LXXVI + 84.
- Guenther Anders, La catacomba molussica, Lupetti, Milano 2008, pp. 320.
- Guenther Anders, L'odio e' antiquato, Bollati Boringhieri, Torino 2006, pp. 88.
- Guenther Anders, Lo sguardo dalla torre, Mimesis, Milano-Udine 2012, pp. 194.
- Guenther Anders, L'uomo e' antiquato. I. Considerazioni sull'anima nell'era della seconda rivoluzione industriale, Il Saggiatore, Milano 1963, pp. 336.
- Guenther Anders, L'uomo e' antiquato. II. Sulla distruzione della vita nell'epoca della terza rivoluzione industriale, Bollati Boringhieri, Torino 1992, pp. VI + 430.
- Guenther Anders, Noi figli di Eichmann, La Giuntina, Firenze 1995, pp. 112.
- Guenther Anders, Opinioni di un eretico, Theoria, Roma-Napoli 1991, pp. 110.
- Guenther Anders, Patologia della liberta', Palomar, Bari 1993, pp. 132.
- Guenther Anders, Stato di necessita' e legittima difesa. Violenza si' o no: una critica del pacifismo, Edizioni cultura della pace, San Domenico di Fiesole (Fi) 1997, pp. 80.
- Guenther Anders, Tesi sull'eta' atomica, Edizioni del Centro di ricerca per la pace, Viterbo 1991, pp. 16.
- Guenther Anders, Uomo senza mondo. Scritti sull'arte e la letteratura, Spazio Libri Editori, Ferrara 1991, pp. II + 238.
- Guenther Anders e Claude Eatherly, Il pilota di Hiroshima. Ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, Linea d'ombra, Milano 1992, pp. 224.
- Hannah Arendt, Guenther Stern-Anders, Le Elegie duinesi di R. M. Rilke, Asterios, Trieste 2014, 2019, pp. 80.
- Hannah Arendt - Guenther Anders, Scrivimi qualcosa di te. Lettere e documenti, Carocci, Roma 2017, pp. XVI + 194.
- Pier Paolo Portinaro, Il principio disperazione. Tre studi su Guenther Anders, Bollati Boringhieri, Torino 2003, pp. 180.
 
10. NUGAE. DUE RACCOLTE DI RACCONTI DI OMERO DELLISTORTI: "IL CUGINO DI MAZZINI" E "DUE DURE STORIE"
 
Per farne dono alle persone amiche eventualmente interessate abbiamo messo insieme (in formato solo digitale, non cartaceo) due raccolte di racconti di Omero Dellistorti dal titolo "Il cugino di Mazzini ed altre storie" e "Due dure storie. Rieducare gli educatori e Il delitto della principessa di Ebla".
Sono alcuni dei "racconti crudeli" gia' apparsi a sua firma negli scorsi anni su questo foglio.
Chi volesse riceverle puo' farne richiesta all'indirizzo di posta elettronica centropacevt at gmail.com indicando l'e-mail a cui inviarle.
 
11. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Letture
- Paola Manni, L'invenzione della lingua. Perche' Dante e' il padre dell'italiano, Gedi, Roma 2021, pp. 144, euro 9,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
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Riedizioni
- Vittorino Andreoli, Fare la pace, Rcs, Milano 2020, 2021, pp. 176, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
 
12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
13. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4063 del 3 aprile 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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