[Nonviolenza] Telegrammi. 4062



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4062 del 2 aprile 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
Sommario di questo numero:
1. Solo
2. Umberto Santino: Babbo Natale e le bufale del web...
3. Umberto Santino: Sul nuovo governo, ovvero: un presepe per il Natale 2016
4. Umberto Santino: Dopo il referendum, ovvero: la "rivolta" della Sicilia
5. Umberto Santino: Per Claudio Pavone
6. Lea Melandri: La bellezza? Per le donne un obbligo che viene da lontano
7. Lea Melandri: Annodamenti
8. Alcuni riferimenti utili
9. Adriana Giannini presenta "La via di Laura Conti. Ecologia, politica e cultura al servizio della democrazia" di Valeria Fieramonte
10. Due raccolte di racconti di Omero Dellistorti: "Il cugino di Mazzini" e "Due dure storie"
11. Segnalazioni librarie
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'
 
1. SCORCIATOIE. SOLO
 
Solo la nonviolenza lotta contro tutte le violenze.
Solo la nonviolenza lotta per salvare tutte le vite.
Solo la nonviolenza pienamente rivela ed invera la dignita' umana.
 
2. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: BABBO NATALE E LE BUFALE DEL WEB...
[Dal sito del "Centro Impastato" di Palermo (www.centroimpastato.com) riprendiamo questo intervento pubblicato originariamente sulla cronaca di Palermo del quotidiano "La Repubblica" il 5 gennaio 2017 con il titolo "Le fiabe educative insidiate dalle bufale".
Umberto Santino e' con Anna Puglisi il fondamentale animatore del "Centro Impastato" di Palermo, che come tutti sanno e' la testa pensante e il cuore pulsante del movimento antimafia. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000, 2010; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Dalla mafia alle mafie, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006; Mafie e globalizzazione, Di Girolamo Editore, Trapani 2007; (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 2008; Breve storia della mafia e dell'antimafia, Di Girolamo Editore, Trapani 2008; Le colombe sulla rocca, Di Girolamo Editore, Trapani 2010; L'altra Sicilia, Di Girolamo Editore, Trapani 2010; Don Vito a Gomorra, Editori Riuniti, Roma 2011; La mafia come soggetto politico, Di Girolamo Editore, Trapani 2013; Dalla parte di Pollicino, Di Girolamo Editore, Trapani 2015. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su "La nonviolenza e' in cammino", da ultimo nel supplemento "Coi piedi per terra" nei nn. 421-425 del novembre 2010. Il sito del Centro Impastato e' www.centroimpastato.com]
 
Il 2016 e' finito e il 2017 e' cominciato all'insegna di una domanda: "Babbo Natale esiste o non esiste?". A quanto pare nell'Auditorium della musica di Roma un direttore d'orchestra, tal Giacomo Loprieno, alla fine delle prima di uno spettacolo natalizio dell'intramontabile company disneyana, forse per il disappunto per lo scarso successo, si e' rivolto al pubblico di bambini e genitori, dando un annuncio inatteso: "Babbo Natale non esiste". Una ripicca che poteva passare inosservata ma in piena atmosfera natalizia in cui e' obbligatorio essere buoni e celebrare le feste con gli spot di panettoni e pandori, e' scoppiato un putiferio, peggio dei botti di capodanno. I genitori hanno protestato, i bambini hanno pianto, sui social si e' scatenata una bufera d'insulti, con allegata minaccia di class action, e il direttore blasfemo e' stato licenziato in tronco e sostituito da un altro che per dimostrare la sua ortodossia si e' fatto un selfie con un Babbo Natale in carne e ossa, che ha mostrato un certificato di nascita che prova inequivocabilmente la sua esistenza.
Sui media c'e' chi ha ricordato vicende familiari di bambini felicissimi di ricevere doni da un Babbo Natale inventato ma credibile, tanto da apparire vero o verosimile, o da un'altrettanto credibile Befana; non e' mancato l'intervento di psicologi che hanno sottolineato il "ruolo insostituibile" delle fiabe nell'educazione dei piccoli, con citazioni che nessuno si sognerebbe di smentire. Tra i personaggi ricordati c'e' Albert Einstein che raccomandava ai genitori che vogliono figlioli svegli e intelligenti di raccontare loro le fiabe. Non sappiamo se avere letto o ascoltato le fiabe di Cappuccetto rosso divorata dal lupo, di Pollicino e dei fratelli abbandonarti dai genitori e che rischiano di finire in bocca all'orco, di Hansel e Gretel a stento scampati al forno della strega, abbia aiutato il piccolo Albert a diventare Einstein, comunque questa teorizzazione del ruolo positivo delle fiabe non e' una novita'. Non e' il canonico "c'era una volta", che sottintende un "... e adesso non c'e' piu'", ma e' il frutto di una constatazione: le fiabe sono antiche quasi quanto la specie umana e se adesso voci di nonne e di madri e libri illustrati sono stati sostituiti da mezzi piu' moderni, esse sono tra le poche cose sopravvissute ai massacri del tempo. Se sono cosi' longeve non possono non essere belle e incantevoli come le attrici di successo.
Un grande scrittore e raccoglitore di fiabe come Italo Calvino scriveva: le fiabe sono "una spiegazione generale della vita", sono scuole di vita, aiutano a liberarsi e autodeterminarsi. In un libretto di qualche anno fa mi chiedevo, con immutato rispetto per Calvino: che spiegazioni della vita danno le fiabe, quali percorsi di liberazione indicano o suggeriscono? Francamente non credo che una pedagogia della paura, che sciorina mostruosita' assortite, possa aiutare ad affrancarsi dai mali e dagli orrori della vita. Piu' che liberare, le fiabe condizionano e imprigionano. E il lieto fine, in cui i buoni fanno ai cattivi quello che i cattivi volevano fare ai buoni, non mostra vie d'uscita dal circuito della violenza. Nelle fiabe nessuno e' innocente. E accanto alla pedagogia della paura c'e' un'altra pedagogia, quella del crimine, insegnata con particolare perizia da un personaggio della cronaca, Nonna Eroina, che spodesta l'innocente novellatrice di Pitre', Agatuzza Messia, popolana dell'antico Borgo palermitano, palcoscenico di fantasie domestiche ma pure incubatore di mafia.
Viviamo di creazioni immaginarie, che ci aiutano, o crediamo che possano aiutarci, a scampare da delusioni quotidiane. Anche se sappiamo che non sono ne' riscontrabili ne' veritiere. Il Natale e il capodanno hanno un loro repertorio consolidato di immagini rassicuranti, un puzzle in cui il presepe convive con l'albero di Natale e si incrociano credenze religiose e laiche: la nascita di Gesu' Bambino figlio del Sud e la generosita' del nordico Santa Claus, che pero' sarebbe la trascrizione anglosassone di un San Nicola trasmigrato dall'originaria Asia minore a Bari. Un contorno indispensabile del puntuale solstizio d'inverno e della compiuta rivoluzione del pianeta intorno al sole. Il malcapitato direttore d'orchestra, cacciato via con o senza art. 18, ha il torto gravissimo di avere tentato di guastare una festa millenaria e, per nostra fortuna, non c'e' riuscito.
Il 2016 secondo piu' d'uno passera' alla storia come l'anno della post-verita', l'ultima incarnazione delle mille trasfigurazioni della improntitudine e del mendacio. Ed e' di questi giorni, ed e' destinata a durare, la polemica sulle fake-news, le bufale del web. Qualche alto funzionario fedelissimo dei governi in carica sentenzia che bisogna cancellare le notizie "false e tendenziose", che mettono in pericolo la democrazia, ma qualcuno chiede: chi decide che lo siano? E se non fossero proprio le istituzioni a metterle in giro? Anche qui non si tratta proprio di novita'. Queste cose le scriveva gia' Orwell: per il suo Miniver (Ministero della Verita') "la guerra e' pace, la liberta' e' schiavitu', l'ignoranza e' forza", e potremmo aggiungere: la menzogna e' verita'. Ma dal 1984 ne e' passata di acqua sotto i ponti, non sempre chiara, fresca e dolce, come cantava un poeta d'altri tempi. Per questo capodanno possiamo solo sperare che il messaggio che arriva dalla notte di Istanbul non ci faccia ripiombare nel buio.
 
3. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: SUL NUOVO GOVERNO, OVVERO: UN PRESEPE PER IL NATALE 2016
[Dal sito del "Centro Impastato" di Palermo (www.centroimpastato.com) riprendiamo questo intervento pubblicato originariamente sulla cronaca di Palermo del quotidiano "La Repubblica" il 27 dicembre 2016 con il titolo "Piccoli appunti sull'anno che se ne va"]
 
"Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano due volte. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa". Cosi' si legge all'inizio del "18 brumaio di Luigi Bonaparte", saggio storico di Marx, del 1851. L'autore, un buon conoscitore della storia d'Italia, e lo era ancora di piu' Engels, gemello di studi e di rivoluzioni, non poteva pensare che le sue previsioni valessero anche per fatti e personaggi minori e che non sempre assistiamo a un alternarsi di farse e tragedie, ci possono essere delle varianti che non consentono di fare distinzioni cosi' nette e non e' detto che la storia non sia, o non possa essere, una incessante replica di tragiche farse o di tragedie farsesche.
Negli ultimi anni in Italia ci e' parso di avere toccato il fondo, con i bunga bunga e le barzellette di Berlusconi e le slide e lo storytelling di un Paese immaginario di Renzi, entrambi aspiranti padri costituenti ed entrambi bocciati dai voti contrari nei referendum. Siamo gia' alla farsa che succede alla farsa, ma con il nuovo governo, concepito e partorito in tempi brevissimi, siamo di fronte a qualcosa di inedito e di inaspettato. Dobbiamo farcene una ragione e cercare di darci una spiegazione. La piu' probabile e' che al presidente della Repubblica Mattarella qualcuno deve aver detto che ha vinto il si' e che quindi i principali autori della riforma costituzionale andavano premiati. Cosi' la Boschi, che aveva detto che se la riforma non passava si sarebbe ritirata a vita privata, e qualcuno ha pensato che volesse farsi monaca e pregare per la salvezza della banca paterna, e' stata promossa a vicepresidente del Consiglio. E la Finocchiaro, che ha fatto da Sant'Anna alla giovane Maria, esercitando una sorta di maternage istituzionale, e' stata premiata con un ministero. Renzi si e' ritirato a Pontassieve ma minaccia di organizzare le truppe dei fedelissimi per marciare su palazzo Chigi. Franco Cordero, che sulla pagine nazionali di questo giornale, dispensa, vanamente, la sua saggezza, ha scritto che lo statista di Rignano ha pose mussolinoidi, ma e' certamente un paradosso dettato dall'eta' non piu' giovanile.
Quel che e' certo e' che dalle consultazioni al Quirinale, rapide e affollate come non mai, e' nato un governo che sembra un presepe natalizio, in cui ci sono i superstiti del naufragio referendario, ci sono madonne e re magi, angioletti e pastorelli, c'e' pure l'immancabile spaventato del presepe napoletano, inorridito dall'eternita' della camorra; manca solo il redentore che, in previsione dei massacri dei nuovi Erode, si e' rifugiato nell'Egitto paterno.
Tra i nuovi personaggi c'e' un ministro della Coesione territoriale e del Mezzogiorno, con competenze che vanno dall'arresto delle frane e dei terremoti, che non sono certo un buon esempio di coesione ambientale, al completamento della Salerno - Reggio Calabria, che ha visto piu' cerimonie inaugurali dei subappalti della 'ndrangheta, al ponte sullo Stretto che finalmente completa l'Unita' d'Italia, alla TAV in Sicilia e nel Meridione, eternamente condannati al binario unico e alle tradotte della prima guerra mondiale. I siciliani e i meridionali si aspettano molto da De Vincenti, che hanno gia' conosciuto per qualche visita occasionale, ma ora, ministro, con o senza portafoglio, considerano alla stregua di un salvatore, accanto ai salvatori indigeni, come il De Luca in Campania, teorico dello scambio voti-frittura di calamari – e per questo perseguitato dalla giustizia che non ha un'adeguata cognizione delle costumanze della Magna Grecia – e il Crocetta in Sicilia, entrambi valorosi crociati del si'.
Questa volta a palazzo Chigi la cerimonia del passaggio della campanella non ha visto il muso lungo del presidente uscente e il ghigno del nuovo presidente, non eletto da nessuno ma miracolato da un inossidabile Capo dello Stato, con un lontano passato di divoratore di bambini (ma ha dato segni inequivocabili di sincero pentimento). Tutto e' andato per il meglio e l'uscente e l'entrante erano entrambi felicissimi. Erano, o sembravano, la stessa persona. E chi, ricordando il detto di Marx, cerca di interpretare la storia d'Italia, non puo' non pensare che la storia si ripeta, la prima volta come farsa e la seconda come bis.
 
4. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: DOPO IL REFERENDUM, OVVERO: LA "RIVOLTA" DELLA SICILIA
[Dal sito del "Centro Impastato" di Palermo (www.centroimpastato.com) riprendiamo questo intervento pubblicato originariamente sulla cronaca di Palermo del quotidiano "La Repubblica" l'8 dicembre 2016, con il titolo "La scommessa della Sicilia dopo la vittoria del No"]
 
Che in Sicilia dovesse vincere il No non era difficile profezia, se si tiene conto della frequenti discese di Renzi nell'isola, indice di una preoccupazione piu' volte manifestata. Ma che ci dovesse essere una tale affluenza alle urne, dopo aver superato nelle scorse elezioni regionali il record delle astensioni, e uno scarto cosi' grosso tra il No e il Si' nessuno se l'aspettava.
L'immagine consegnata dalla Sicilia negli ultimi anni non e' proprio di grande vitalita'. Non sono mancate proteste e manifestazioni, di operai licenziati, disoccupati cronici, senzatetto, insegnanti e studenti, voti di protesta come quello per i grillini all'elezione regionale, ma la disastrosa gestione della presidenza della Regione ha fatto da sonnifero per gran parte della popolazione. Crocetta ha dilapidato il prestigio accumulato come sindaco antimafia, ha poi abbandonato il Parlamento europeo, dimostrando che anche per lui le istituzioni sono una porta girevole, e ha fatto il governatore, coniugando atteggiamenti da caudillo sudamericano, penose esibizioni ed eccessi patologici di autostima. I grillini (meriteranno questa denominazione finche' non si scrolleranno di dosso la dipendenza da un guru asceso al cielo e dal comico predicatore dei vaffa) si sono decurtati lo stipendio, hanno fatto l'opposizione, ma si sono ultimamente esibiti in un vecchio avanspettacolo: il silenzio davanti ai Pm, il rifiuto di sottoporsi alla prova grafica da parte degli sprovveduti collezionisti di firme false, hanno mostrato che non sono diversi dagli altri su cui hanno scagliato i loro strali, cercando di seppellirli sotto palate di "Onesta' onesta'".
L'attuale governatore, che ha votato si' per tenersi buoni i nemici renziani, non ha nessuna intenzione di dimettersi, di dichiarare fallimento, ma pare che sia questione di tempo. I grillini scalpitano, sia a livello nazionale che regionale, e pensano di avere la vittoria in tasca. Non sono lontani dal vero, ma un conto e' presidiare le barricate dell'opposizione, un altro governare. Virginia Raggi ha stravinto le elezioni amministrative a Roma ma annaspa penosamente, dimostrando di non essere all'altezza. Si dira' che amministrare Roma e' compito da far tremare i polsi a chiunque, ci sono troppi problemi e troppi rifiuti, non solo sulle strade, ma gli elettori che hanno tributato un plebiscito alla giovane signora, si sono ben presto accorti che le loro speranze poggiano su spalle troppo gracili. Figurarsi se bisogna governare una regione come la Sicilia e un Paese come l'Italia.
Il segnale che viene dal voto al referendum suscita attese e risuscita speranze. Se non vuole essere un fuoco di paglia occasionale, acceso da una sacrosanta volonta' di bloccare una riforma ridicola e mandare a casa un giovanotto non eletto da nessuno, che ha stomacato per i suoi atteggiamenti da aspirante ducetto, bisognera' contare su questa levata di scudi per costruire sulla sua base un'alternativa credibile, che non puo' essere certo fondata su uno schieramento che comprende pure i neofascisti (a proposito, la Costituzione, all'articolo XII della disposizioni transitorie e finali, vieta la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del partito fascista, un altro dei tanti articoli rimasti sulla carta). I grillini dovrebbero lasciare le penne di un movimento eterodiretto, arroccato nei riti ultraminoritari del web, e diventare qualcosa che somigli a un partito. Si dica quel che si vuole, ma se la democrazia, diceva Churchill, e' la peggiore forma di governo, ad esclusione di tutte le altre, i partiti, o comunque associazioni strutturate, organizzate democraticamente, con un programma credibile e persone in grado di realizzarlo, non un club di improvvisatori e chierichetti, non possono non essere l'ossatura della democrazia. Le sinistre dovrebbero rifondarsi, non a parole come nella disastrosa esperienza bertinottiana, legandosi strettamente a tutte le forme di disagio prodotte dalle dinamiche della globalizzazione, organizzando e rappresentando disoccupati, precari e lavoratori in nero, ridando una prospettiva di futuro possibile ai giovani. O imboccano questa strada o giocano a sparire. Non so cosa accadra' nel Pd, dopo la batosta che archivia o ridimensiona drasticamente il giglio magico. Si avra' soltanto una resa di conti, con il dissenso ringalluzzito, o una virata decisa verso una riedizione della socialdemocrazia, come in altri paesi? Con Renzi e' stato un partito di centro che guarda a destra, con una minoranza debole e divisa; ora dovra' decidere se impantanarsi in una rissa permanente o darsi una fisionomia e una leadership capace di far convivere anime diverse, accomunate dal rigetto del neoliberismo e dei suoi dogmi, proclamati da un'Europa di controllori di patti di stabilita' che impediscono qualsiasi politica di sviluppo. Niente a che vedere con il manifesto di Ventotene, ipocritamente riesumato da fedelissimi del mercato, convenuti su una nave di guerra, davanti a un mare su cui si consuma la quotidiana tragedia dei migranti. Se la Costituzione e' stata salvata dal sabotaggio di dilettanti presuntuosi, in veste di padri e madri costituenti, ora e' giunto il tempo in cui i suoi principi fondamentali, inapplicati dopo la rottura del patto tra culture diverse, consumatasi nel maggio del 1947 per scongiurare il pericolo comunista, diventino progetto politico e programma operativo. "L'Italia e' una repubblica democratica fondata sul lavoro", dice l'articolo uno della Costituzione. La democrazia non esiste se non e' partecipazione effettiva, potere diffuso e il lavoro non puo' essere orfano di diritti, massacrato dalla precarieta' e negato da una disoccupazione crescente, perdurando l'attuale stato di cose. Che questo cambio di rotta possa cominciare da una Sicilia emarginata dalle politiche correnti, puo' sembrare velleitario, ma piu' che una speranza e' una scommessa.
 
5. MAESTRI. UMBERTO SANTINO: PER CLAUDIO PAVONE
[Dal sito del "Centro Impastato" di Palermo (www.centroimpastato.com) riprendiamo questo intervento pubblicato nel 2016]
 
Ho conosciuto Claudio Pavone nel 1977, in occasione del convegno "Portella della Ginestra: una strage per il centrismo" con cui il Centro siciliano di documentazione iniziava la sua attivita'. Al convegno parteciparono, tra gli altri, Vittorio Foa, Lisa Foa, Nicola Gallerano, Anna Rossi Doria, compagna di Claudio. Pavone svolse una relazione sul tema "Stato e regioni: la ricomposizione a livello istituzionale". La sua tesi era che c'era una sostanziale continuita' tra il fascismo e il nuovo Stato repubblicano, per la ricomposizione del blocco dominante e per il permanere degli stessi funzionari nell'apparato burocratico. L'amnistia concessa dal ministro della Giustizia, il segretario del Partito comunista Palmiro Togliatti, in nome della riconciliazione nazionale, che doveva fare da base a una nuova convivenza, dopo le lacerazioni successive alla caduta del fascismo, in realta' preparava un futuro in cui sarebbe prevalso il vecchio impedendo sul nascere il nuovo.
Questi temi erano al centro delle analisi di uno storico che ha avuto un ruolo rilevante nella rifondazione degli studi sulla Resistenza. Nel suo libro "Resistenza e storia d'Italia" del 1976, Guido Quazza analizzava il rapporto tra continuita' e rottura, collegandosi con un movimento che dagli ultimi anni '60 e poi negli anni successivi proponeva una lettura della Resistenza come lotta di liberazione da riprendere e attualizzare. La Resistenza veniva collocata all'interno di una prospettiva di lungo periodo, segnato dal passaggio dall'eta' liberale al fascismo e dal fascismo alla democrazia repubblicana. Modificazioni sociali, politiche e istituzionali convivevano con elementi di continuita' come l'immutabilita' dei gruppi di potere economico-finanziari e della pubblica amministrazione. Era cambiata la forma ma per molti versi rimaneva intatta la sostanza.
Claudio Pavone, gia' in un suo intervento nel corso di un convegno su "Passato e presente della Resistenza", i cui atti sono stati pubblicati nel 1995, poneva le basi per la sua opera maggiore, che apparira' con titolo riduttivo voluto dall'editore: "Una guerra civile. Saggio storico sulla moralita' della Resistenza", pubblicato nel 1991 e successivamente ripubblicato. L'accento posto sullo scontro tra antifascisti e fascisti, che assumeva il carattere appunto di una "guerra civile" destava molte perplessita' a sinistra, dato che quella denominazione era appannaggio della destra. Ma il discorso di Pavone era molto piu' complesso e si basava su una monumentale documentazione, raccolta nella sua esperienza di organizzatore degli archivi storici e nell'attivita' svolta all'interno dell'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia, voluto da Ferruccio Parri. Nell'analisi di Pavone si coniugavano tre aspetti: la guerra civile, la guerra patriottica e di liberazione, la guerra di classe. La Resistenza cosi' veniva ricostruita nella sua complessita' e il suo lavoro diventava il riferimento obbligatorio per i successivi approfondimenti. Alle critiche che suscitarono le analisi di Pavone, e che si rifacevano all'equiparazione delle parti in conflitto operata dalla destra, l'autore rispondeva che mai come nelle guerre civili le parti sono "irrimediabilmente diverse e divise. I fascisti volevano un'Italia opposta a quello che volevano i resistenti. La posta in gioco era dunque il senso stesso dell'Italia e della identita' nazionale (altro che obnubilamento di questa!) e la guerra di liberazione fu combattuta non solo contro il tedesco invasore... ma proprio per concorrere a liberare l'Italia dalla prospettiva di un perpetuarsi del regime fascista". Quanto di questo progetto si sia realizzato puo' trarsi dalle analisi dello stesso Pavone su una continuita' che convive e ridimensiona la rottura.
Claudio Pavone, che ha partecipato alla lotta partigiana, puo' considerasi sul terreno storiografico il pioniere di una lettura della Resistenza che rimane la piu' complessa e articolata. Oggi si parla di una Resistenza plurale e questo pluralismo e' stato al centro dell'elaborazione della Costituzione nei suoi principi fondamentali, frutto del patto tra le storiche culture politiche del nostro Paese: la liberale, la cattolica, l'azionista, la marxista. Un patto che fu rotto nel maggio del 1947, con l'archiviazione della coalizione antifascista al governo dal 1944, quando la vittoria delle sinistre alle elezioni regionali siciliane del 20 aprile allarmo' i gruppi di potere a livello locale, nazionale e internazionale. E si rispose con la strage di Portella, il cui messaggio era chiarissimo: le sinistre si battono con tutti i mezzi e quando non sono sufficienti quelli legali si ricorre alla violenza mafiosa, progettata e avallata da un blocco di potere che mira a perpetuarsi. Questo era il significato del convegno del 1977, che diceva una parola nuovo su un evento considerato soltanto come un fatto locale e frutto del disorientamento delle classi conservatrici, mentre era un laboratorio del futuro, l'embrione di un progetto che sara' attuato ogni volta che il dominio del blocco di potere verra' messo in forse. Questo filo rosso che comincia a dipanarsi da Portella arrivera' a Piazza Fontana, a Piazza della Loggia e alla stazione di Bologna. Su questo che e' stato definito "l'eterno fascismo italiano" Claudio Pavone, con le sue analisi e il suo impegno civile, ci ha consegnato un lascito fondamentale per capire la storia del nostro Paese e progettare possibili alternative.
 
6. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: LA BELLEZZA? PER LE DONNE UN OBBLIGO CHE VIENE DA LONTANO
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso su "Il riformista" del 6 maggio 2020.
Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Tra le opere di Lea Melandri segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, Manifestolibri, Roma 1997; Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988, Bollati Boringhieri, Torino 2002; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile, Franco Angeli, Milano 2000; Le passioni del corpo, Bollati Boringhieri, Torino 2001; Amore e violenza, Bollati Boringhieri, Torino 2011. Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'"]
 
Bisogna dire che la vicenda della giornalista Giovanna Botteri, fatta oggetto di critica e derisione per il suo aspetto fisico, ha avuto come risvolto interessante la possibilita' di sottrarre al silenzio quella che si potrebbe considerare una "evidenza invisibile": l’importanza che ha sempre avuto la bellezza, oltre alla maternita', nel definire ruoli e identita' del femminile. A spostare l'attenzione su un problema che interessa in realta' l'immaginario e la cultura patriarcale che abbiamo ereditato, fondamento ancora oggi delle figure o stereotipi di genere, e' la stessa Botteri. In una lettera a Usigrai e Giulia giornaliste di alcuni giorni fa scrive: "A me piacerebbe che noi tutte spingessimo verso un obiettivo, minimo, come questo. Per scardinare modelli stupidi, anacronistici, che non hanno piu' ragione di esistere. Non vorrei che un intervento sulla mia vicenda finisse per dare credibilita' e serieta' ad attacchi stupidi e inconsistenti che non la meritano. Invece sarei felice se fosse una scusa per discutere su cose importanti per noi, e soprattutto per le generazioni future di donne".
L'"obiettivo" a cui Govanna Botteri si riferisce, e' quello che si e' gia' affermato in paesi che, a differenza del nostro, hanno sostenuto politiche contro ogni tipo di discriminazione: di classe, sesso, razza, condizione sociale, eta', aspetto fisico, orientamento sessuale. Nei numerosi attestati di solidarieta' e apprezzamento usciti sui social, a essere poste in primo piano sono state le scelte di una donna coraggiosa e di indiscusso valore professionale. Ma e' ancora un modo per svicolare da un interrogativo che e' stato difficile porre anche per il femminismo, forse perche' considerato "imbarazzante" o impresentabile: quanto conta la bellezza nella vita delle donne? Quando la redazione della rivista “Lapis” decise di affrontarlo, faticammo molto a trovare chi fosse disposta a scriverne. Lo fecero Bruna Bianchi e Laura Kreyder. Nella nota introduttiva all'articolo si legge: "La bellezza, costitutiva dell'immagine femminile, e' cantata, ma poco la indaga chi ne e' gratificata (...) Le donne belle, vittime del culto che ispirano, parlano con la bocca dei loro adulatori. I quali tuttavia innalzano dee perche' le si possano, nella sensualita', profanare. D'altra parte, il trucco, la cura del proprio corpo, le sue particolarita', sono sempre stati temi prediletti delle conversazioni tra donne".
Che nell'educazione delle donne contasse soprattutto l'essere desiderate per la loro bellezza, le loro attrattive erotiche, e apprezzate per il materno sacrificio volto a "rendere piacevole e dolce" la vita dell'uomo, era gia' detto con chiarezza nell'"Emilio" di Rousseau. A riprenderlo, quasi letteralmente, e' il saggio pedagogico di Erik H Erikson, "Infanzia e societa'" (Armando Editore 1966), in uso nelle scuole fino alla soglia del '68. Quanto ha contribuito l'emancipazione a modificare "doti" femminile esaltate e svilite al medesimo tempo? Le donne e il corpo - scriveva Jean Baudrillard nella "Societa' dei consumi" - "solidali nella schiavitu'", restano legati anche nell'emancipazione. "la donna, un tempo asservita in quanto sesso, oggi e' 'liberata' in quanto sesso". Messe oggi nell'opportunita' di fare scelte, sono le donne stesse a servirsi delle "risorse", che l'uomo ha visto in loro, come una moneta di scambio, una condizione imposta da volgere a proprio vantaggio. Se in passato l'emancipazione e' stata soprattutto assimilazione al modello maschile, cancellazione del corpo e della "femminilita'", per generazioni piu' giovani costrette a lavori saltuari e poco pagati le "potenti attrattive" della sessualita' e della maternita' tornano ad essere necessarie "per vendersi bene". "E' provato che nei contesti dei servizi alla persona e al consumo oggi, gia' nei regolamenti stessi, si chiede al dipendente di mettere in gioco una certa 'corporeita'' ammiccante e sorridente, che coinvolga il cliente (...) E' possibile che si vada creando un "contesto prostituzionale allargato..." ("Posse", aprile 2003, Divenire-donna della politica). A confronto con culture piu' attente al "politicamente corretto", il contesto italiano, specialmente quello dove l'apparire e' il registro dominante, non ha modificato molto il modello tradizionale della femminilita', e il traguardo massimo della modernita' sembra incarnato da chi sa tenere insieme, come Lilli Gruber, tacchi a spillo e professionalita' inappuntabile.
A chi si rammarica che l'intelligenza, la cultura, la creativita' femminile, esaltate come "talenti" indispensabili e cio' nonostante lasciate ai margini dei luoghi dove si esercitano i poteri e i saperi della vita pubblica, sfugge evidentemente una delle consapevolezze piu' originali del femminismo: la "violenza invisibile", interiorizzazione da parte delle donne stesse della visione del mondo imposta dal dominio maschile.
Per un processo di liberazione che andava a scavare nelle zone di confine tra inconscio e coscienza, si sapeva che il cammino sarebbe stato lungo e che qualcuna si sarebbe accontentata, come diceva gia' Virginia Woolf, di "oscure carriere", altre - come si legge in un articolo di Rossana Rossanda sulla rivista "Lapis" (n. 8, giugno 1990) - forse avrebbero passato la vita "senza percepire altro che quel tessuto di immagini ricevute, stratificate, intrecciate a percezioni dirette ma oscure (...) Uno specchio l'accompagna sempre: e' lo sguardo dell'uomo sul suo corpo, per cui e' prima di tutto bella o brutta, bionda o bruna, gambe e seni e fianchi. Lei non puo' non vedersi vista. Il canone per lei e' obbligatorio, per l'uomo no".
 
7. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: ANNODAMENTI
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente testo dell'11 febbraio 2019, dal titolo "Annodamenti" e il sottotitolo "La maternita' senza limiti delle donne e l'infanzia prolungata degli uomini"]
 
La violenza maschile contro le donne non e' "inspiegabile", come dicono le cronache.
Basta aprire un po' di piu' gli occhi sui rapporti di coppia e gli interni di famiglia, e non aver paura di riconoscere:
- che gli affetti piu' intimi sono attraversati da sempre dai rapporti di potere tra i sessi,
- che l'infanzia prolungata nelle relazioni amorose adulte e' una della radici della violenza,
- che il potere di indispensabilita' delle madri alimenta dipendenza e fragilita' nei figli,
- che le donne curano bambini, anziani, malati ma anche uomini in perfetta salute, siano essi mariti, amanti, padri o fratelli, una dedizione considerata ancora la "naturale" estensione del loro essere madri, e non il destino che e' stato loro imposto,
- che il dominio maschile non e' mai venuto meno, ma da un secolo a questa parte sono avvenuti grandi cambiamenti nel rapporto tra i sessi,
- che nella sfera domestica le donne hanno mostrato di non voler piu' essere un corpo a disposizione di altri. Le separazioni, i divorzi, il numero crescente delle donne che vivono sole sono materialmente e simbolicamente la prova che la millenaria "oblativita'" femminile, come "sacrificio di se', sta venendo meno,
- che se nonostante tutto l'idealizzazione della famiglia e' cosi' duratura, forse e' perche' e' negli interni delle case che tornano a confondersi la nostalgia dell'uomo-figlio, il potere di indispensabilita' della donna-madre e i residui di un dominio patriarcale in declino,
- che se il dominio e l'amore parlano la stessa lingua – "sono tua", "sei mio", "non posso vivere senza di te", "fammi soffrire, fammi morire, ma resta con me” (solo canzoni?) - vuol dire che non si uccide per amore ma che l'amore, cosi' come lo abbiamo ereditato, c'entra, e che e' il momento di toglierlo dalla sua "misteriosita'", "magia", "inspiegabilita'".
 
8. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
 
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
 
9. LIBRI. ADRIANA GIANNINI PRESENTA "LA VIA DI LAURA CONTI. ECOLOGIA, POLITICA E CULTURA AL SERVIZIO DELLA DEMOCRAZIA" DI VALERIA FIERAMONTE
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo la seguente recensione del 9 febbraio 2021.
"Adriana Giannini si e' laureata in scienze naturali all'Universita' di Milano nel 1969 e poco dopo e' entrata a far parte della redazione della rivista "Le Scienze", l'edizione italiana di "Scientific American", dapprima come collaboratore esterno, poi come redattore e fino al 2003 come caporedattore. Ha poi continuato a lavorare come giornalista freelance occupandosi prevalentemente di ambiente, medicina e storia della scienza. Come autrice ha pubblicato Le riserve della natura e Parchi nazionali del mondo (Mondadori), Mendel, il padre "postumo" della genetica (collana "I grandi della scienza" ed. Le Scienze) e, insieme a Gianbruno Guerrerio, Difendersi dalle allergie (Urra-Feltrinelli 2012). E' giornalista pubblicista e socia dell'UGIS, l'Associazione Italiana dei Giornalisti Scientifici. Nel 2000 ha fatto parte della giuria del Premio Cortina Ulisse e nel 2001 ha ricevuto il Premio Voltolino per la divulgazione scientifica. Ha tenuto un corso di storia della divulgazione scientifica per il master di giornalismo scientifico finanziato dall'Unione Europea e  svolto un seminario su salute e ambiente per il master di giornalismo dell'Universita' di Milano".
"Valeria Fieramonte e' giornalista freelance in campo scientifico, laureata in filosofia all'Universita' Statale di Milano, ha lavorato in numerose testate, tra cui il Corriere della Sera (Corriere Salute); ha collaborato con Le Scienze e Salve. Ha scritto con Giovanna Gabetta il libro Sesso, amore e gerarchia. Pensieri liberi su differenze di genere e potere, edizioni Greco&Greco, 1998. a curato, nel libro "Lo snodo dell'origine", il saggio sul pensiero di Lynn Margulis. E' membro dell'UGIS (unione giornalisti scientifici italiani) e dell'Eusja (associazione dei giornalisti scientifici europei). Collabora alla Rubrica "Scienza". Ha scritto brevi note e articoli anche su Laura Conti, la maggiore pensatrice italiana in campo ecologico, e sua un tempo amica. Ne sta studiando il pensiero, assieme a Costanza Panella, dirigente di Legambiente, attraverso i numerosi libri da Laura scritti. E' stata corrispondente per La nuova ecologia dal Congresso COP 21 di Parigi, dicembre 2015". Ha recentemente pubblicato il libro La via di Laura Conti. Ecologia, politica e cultura al servizio della democrazia, Enciclopedia delle Donne, Milano 2021.
Laura Conti, nata a Udine il 31 marzo 1921, partigiana, deportata e sopravvissuta al lager. Medico, parlamentare, rappresentante autorevole dell'ambientalismo scientifico e del movimento ecologista. E' scomparsa il 25 maggio 1993. Tra le opere di Laura Conti: Assistenza e previdenza sociale, Feltrinelli, Milano 1958; Cecilia e le streghe, Einaudi, Torino 1963; La condizione sperimentale, Mondadori, Milano 1965; Sesso e educazione, Editori Riuniti, Roma 1971, 1975; Le frontiere della vita, Mondadori, Milano 1972; Il dominio sulla materia, Mondadori, Milano 1973; Che cos'e' l'ecologia, Mazzotta, Milano 1977, 1981; Visto da Seveso, Feltrinelli, Milano 1978; Una lepre con la faccia di bambina, Editori Riuniti, Roma 1978; Il tormento e lo scudo, Mazzotta, Milano 1981; Imparare la salute, Zanichelli, Bologna 1983; Questo pianeta, Editori Riuniti, Roma 1983; Terra a rendere, Ediesse, Roma 1986; Ambiente terra, Mondadori, Milano 1988; Discorso sulla caccia, Editori Riuniti, Roma 1992. Tra le opere su Laura Conti: un breve profilo e' nel libro di Andrea Poggio, Ambientalismo, Bibliografica, Milano 1996; Barbara Bonomi Romagnoli, Marina Turi, Laura non c'e'. Dialoghi possibili con Laura Conti, Fandango, Roma 2021; Valeria Fieramonte, La via di Laura Conti. Ecologia, politica e cultura a servizio della democrazia, Enciclopedia delle Donne, Milano 2021. Presso l'Ecoistituto del Veneto e' istituito un Premio ecologia "Laura Conti" a persone autrici di tesi di laurea impegnate concretamente per un futuro sostenibile]
 
Valeria Fieramonte, La via di Laura Conti. Ecologia, politica e cultura al servizio della democrazia, Enciclopedia delle Donne, Milano 2021, 336 pagine, euro 18.
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L'uscita di questo libro, giusto a cento anni dalla nascita di Laura Conti, potrebbe far pensare a una doverosa e puntuale commemorazione di una grande donna del Novecento. Nulla di meno vero: il libro ha avuto una lunghissima gestazione ed e' stato nella mente e nel cuore della sua autrice per decenni. Come racconta nella breve premessa Valeria Fieramonte, fin dalla primo incontro, quando era sedicenne, e' stata colpita dalla luminosa intelligenza e dalla capacita' comunicativa di Laura Conti, un mito tra le donne della sinistra milanese per essere stata partigiana e per essere negli anni sessanta medico impegnato nel sociale, consigliera provinciale del PCI, autrice di libri di denuncia e instancabile attivista politica.
Da allora l'autrice ha continuato a seguire la Conti nelle sue battaglie politiche e ambientali trovando sempre nuovi motivi per apprezzarne l'impegno e la fedelta' ai propri ideali. Ha letto tutti i suoi libri ed articoli, consultato tutti gli archivi esistenti, parlato con chi la conobbe accumulando un'enorme documentazione che ora finalmente trova il giusto spazio, ma oserei dire sfogo, in questo suo libro che in realta' e' molto di piu' di una semplice biografia.
Le informazioni biografiche puntuali e ben documentate si alternano infatti alle prese di posizione sociali e politiche di Laura Conti il cui percorso di vita e' punteggiato da pubblicazioni che ben riflettono l'evoluzione del suo pensiero e di cui Valeria Fieramonte riporta i brani piu' significativi.
Grazie a questa scelta narrativa poco alla volta veniamo a conoscere tutti gli aspetti della variegata personalita' della protagonista: dallo sfortunato amore per Armando Sacchetta nel Lager di Bolzano, dove entrambi erano stati internati come antifascisti, all'impegno politico nel Partito Comunista, dalla vocazione per il ruolo sociale della medicina, alla svolta ambientalista dopo il catastrofico incidente di Seveso del 1976, dall'affetto verso i gatti alla certezza dell'importanza dell'educazione sessuale nelle scuole, dall'allarme contro le droghe alla convinzione che di problemi importanti come l'aborto, la droga, la condizione femminile, i danni che l'industria reca alla salute e all'ambiente si deve parlare non solo attraverso articoli e saggi, ma anche con coinvolgenti romanzi che possono raggiungere, come effettivamente hanno fatto nel suo caso, un pubblico piu' vasto.
Valeria Fieramonte ha una sorta di affinita' elettiva verso Laura Conti che affiora in ogni capitolo di questo suo libro e che spesso si traduce nel raccogliere, far sue e arricchire di ulteriori informazioni le tesi da lei enunciate. Facciamo qualche  esempio. Se la Conti gia' dalla fine degli anni settanta aveva evidenziato il deterioramento del rapporto uomo-ambiente e i problemi dell'inquinamento dell'aria, dell'acqua e del terreno a causa dell'incontrollata attivita' industriale, Valeria attualizza il discorso aggiornando ai nostri giorni i dati relativi a queste problematiche.
Se Laura sentiva il bisogno di occuparsi di aree protette nei confronti della biodiversita' e dei problemi dell'agricoltura e degli allevamenti intensivi fondando anche la Lega per l'ambiente, Valeria continua la sua opera informativa riportando i piu' recenti rapporti pubblicati dalle Agenzie internazionali su questi argomenti. Sappiamo che Laura Conti era decisamente contraria alle centrali nucleari per la produzione di energia e aveva lanciato l'allarme sui rischi della radioattivita', ma non abbiamo suoi scritti sullo spaventoso incidente di Chernobyl, Valeria lo fa al suo posto parlandone in maniera approfondita e raccontandone tutte le tragiche conseguenze.
Un approccio insolito e non convenzionale che a questo punto spiega molto bene la scelta del titolo del libro: Laura Conti ha indicato la via da seguire, una via che per chi abbia la capacita' e la volonta' di farlo si sta dimostrando di eccezionali attualita' ed efficacia.
 
10. NUGAE. DUE RACCOLTE DI RACCONTI DI OMERO DELLISTORTI: "IL CUGINO DI MAZZINI" E "DUE DURE STORIE"
 
Per farne dono alle persone amiche eventualmente interessate abbiamo messo insieme (in formato solo digitale, non cartaceo) due raccolte di racconti di Omero Dellistorti dal titolo "Il cugino di Mazzini ed altre storie" e "Due dure storie. Rieducare gli educatori e Il delitto della principessa di Ebla".
Sono alcuni dei "racconti crudeli" gia' apparsi a sua firma negli scorsi anni su questo foglio.
Chi volesse riceverle puo' farne richiesta all'indirizzo di posta elettronica centropacevt at gmail.com indicando l'e-mail a cui inviarle.
 
11. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Letture
- Stefano Rodota', Riservatezza, Treccani, 2000, 2021, pp. 112, euro 10.
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Riedizioni
- Vittorino Andreoli, Il denaro vile, Rcs, Milano 2016, 2021, pp. 384, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
 
12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
13. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4062 del 2 aprile 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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