[Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 4



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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo"
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 4 del 26 febbraio 2021
 
In questo numero:
1. Alba Andreini: Carlo Cassola
2. Enrico Rotelli: Fernanda Pivano
3. Alcune pubblicazioni di Lidia Menapace
 
1. MAESTRI. ALBA ANDREINI: CARLO CASSOLA
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo il seguente testo apparso nel Dizionario biografico degli italiani nel 2013]
 
Ultimo di cinque figli, nacque a Roma il 17 marzo 1917 da Garzia e da Maria Camilla Bianchi. Il decennio di distanza che lo separava dal quarto fratello (nato nel 1908) lo fece sentire, di fatto, un figlio unico: "La mia [...] fu un'infanzia solitaria. Ma non [...] triste: perche' appresi presto a gustare i piaceri della solitudine: primo fra tutti, il piacere di fantasticare" (Ai miei lettori, in Il taglio del bosco, Torino 1965, p. 5).
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La famiglia e la prima formazione
Il padre proveniva da una famiglia borghese di Pavia, trapiantatasi a Volterra per la professione di magistrato del nonno Carlo, presidente del tribunale nonche' fervente patriota e illustre duunviro delle dieci giornate di Brescia. Laureatosi in giurisprudenza, Garzia si iscrisse al Partito socialista italiano (PSI) e divento' giornalista. Dopo aver lavorato al Messaggero nella capitale e al Mattino di Napoli, si trasferi' a Roma nel 1896, anno di fondazione dell'Avanti!, per divenirne caporedattore all'epoca eroica della direzione di Leonida Bissolati. Il 20 aprile 1901 sposo' a Volterra Maria Camilla, di una famiglia reazionaria del luogo. Convinto propagandista del socialismo, Garzia segui' Bissolati nel Partito socialista riformista italiano, dopo essere stato espulso dal PSI al congresso di Reggio Emilia del 1912, e fu come lui interventista nel 1914. Una sorella di Garzia, Carolina,  fu la compagna di Bissolati; un'altra, Ernesta, sposo' il socialista Luigi Campolonghi, esule in Francia e presidente della Lega italiana dei diritti dell'uomo.
Cassola eredito' cosi' dal ramo paterno la tradizione libertaria e un'educazione laica, dalla madre l'amore per la Toscana che, gia' meta delle vacanze estive a Volterra e Marina di Cecina in eta' giovanile, divenne poi stabilmente sua terra d'elezione.
Diversamente dai fratelli, ai quali l'istruzione elementare era stata impartita tra le mura domestiche dalla madre maestra, Cassola frequento' la scuola pubblica. Ve lo accompagnava la balia Anna Bandini, le cui umili origini gli fecero precocemente conoscere la realta' popolare e prendere coscienza del divario sociale, lasciando su di lui un'impronta indelebile. Ma Anna sostitui' anche nelle cure la madre naturale, ammalatasi di spagnola subito dopo la nascita di Carlo: "[...] sono nato e ho vissuto in una famiglia piccolo-borghese, abituata a certe comodita', ma ero stato allevato da una ragazza del popolo, che da piccolo chiamavo mamma. E che era vissuta in ambienti miserrimi" (Una ragazza del popolo, in Non ho dimenticato, Venezia 1981, p. 8). Quando nel 1924, sposandosi, la ragazza lascio' la famiglia Cassola, il piccolo ne pati' piu' dei fratelli l'assenza; la immortalo' poi nella protagonista del romanzo Paura e tristezza.
Iscrittosi nel 1927 presso l'istituto romano Torquato Tasso, dal 1932 prosegui' gli studi al liceo classico Umberto I: fu il momento delle prime esperienze culturali significative, che fece insieme a Manlio Cancogni, la cui conoscenza, avvenuta nel 1928 in una palestra di via Tevere, divenne proprio sui banchi di scuola un'amicizia destinata a consolidarsi in duraturo sodalizio intellettuale (la storia del loro legame fu narrata da Cancogni, che la traspose in quella di due scrittori spagnoli nel racconto Azorin e Miro' – dove Cassola e' Miro' –, apparso nel 1948 in Botteghe oscure).
Con Cancogni, Cassola aderi' nel 1933 al Movimento novista italiano di dissidenza giovanile antifuturista, fondato in seno al fascismo da Ruggero Zangrandi, il figlio del duce Vittorio Mussolini, Mario Alicata, Bruno Zevi, Marcello Merlo; nello stesso anno avvio' la collaborazione con il foglio studentesco La penna dei ragazzi, che nel 1934, ultimo anno di liceo, si intitolo' Anno XII in ossequio al calendario dell'era fascista e che, l'anno successivo, fu sede del suo esordio, avvenuto con esercizi poetici: "Io avevo preso la decisione di diventare uno scrittore a diciott'anni, nell'estate del '35" (Il mio cammino di scrittore, con illustrazione di V. Venturi, Firenze 1984, p. 12). Nel 1935 Cassola dette pure vita (con Cancogni e Giuseppe Lo Presti) a uno dei vari gruppetti di protesta politica sedicenti antifascisti, ponendosene a capo, ma lo sciolse un anno dopo abbandonando contemporaneamente anche il gruppo Zangrandi.
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La scrittura e l'universo letterario
La scelta irrevocabile della scrittura spinse Cassola a optare per studi universitari che gli lasciassero il tempo di coltivarla e si iscrisse a tal fine alla facolta' di giurisprudenza. "Fu un periodo di letture frenetiche" (Mio padre, Milano 1983, p. 43), svolte sotto la guida di Piero Santi (un parente per parte di madre), sollecito nel rinfocolare il suo amore per la letteratura e orientarlo nella crescita artistica. Cassola, che aveva stretto il suo legame con lui durante i soggiorni estivi in Toscana, lo elesse a proprio interlocutore e maestro, ipotizzando perfino di lasciare Roma per stabilirsi a Firenze, dove intorno a Santi quale apprezzato mentore si radunavano allora numerosi intellettuali e scrittori (i cosiddetti "cenacolisti"), tra cui Franco Fortini, Alessandro Parronchi, Franco Calamandrei, Paolo Cavallina. Fu a lui che Cassola sottopose le prime prove, soprattutto alcune poesie e un romanzo andato perduto, per una valutazione dei progressi fatti nella scrittura.
Nel 1936, anno della pubblicazione su La Gazzetta di Messina del primo scritto in prosa (Grande adunata), furono due gli incontri decisivi per la formazione sia sentimentale sia intellettuale di Cassola: quello con Rosa Falchi, nativa di Cecina, con la quale si fidanzo', e quello, tra le molteplici letture del momento, con i testi di Joyce, in particolare con i Dubliners e Daedalus, la cui entusiastica scoperta, condivisa con Cancogni, cemento' la loro intesa inducendoli a formulare nel 1937 un'originale poetica comune, denominata "subliminarismo": "Il nome lo trovo' Cancogni, e devo dire che era azzeccato [...]. Il sublimine e' l'oggetto spogliato di ogni attributo ideologico, conoscitivo, etico, psicologico: ridotto quindi a simbolo esistenziale. L'emozione esistenziale era la sola cosa che ci premesse esprimere" (lettera inedita, in data 8 febbraio 1966, a Indro Montanelli: Andreini, Cronologia, 2007, pp. LXXXI s.).
Con Cancogni – stavolta in veste di attore come interprete di un vecchio eccentrico –, Cassola si cimento' in quello stesso anno anche nel cinema, scrivendo il soggetto del cortometraggio avanguardistico Alla periferia (per la regia di Giuseppe Lanari), prodotto dal Cineguf di Roma e in gara ai Littoriali della cultura e dell'arte di Napoli. Proprio un film, la prima romana di A' nous la liberte' di Rene' Clair alla quale Cassola aveva assistito nel 1933 in un cinema di quartiere, era stato determinante per il suo cominciare "a guardare le cose in altro modo. Fu Piero [Santi] a farmelo capire: molto piu' tardi, nel luglio del '35. Io ero un passatista; fu lui a farmi capire la bellezza dell’arte moderna" (Mio padre, cit., p. 43).
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L'insegnamento, la guerra, la Resistenza
Dal 24 novembre 1937 al 31 dicembre 1938 Cassola presto' servizio militare, dapprima allievo ufficiale a Spoleto e poi ufficiale a Bressanone, per accorgersi, rientrando a Roma nel 1938, di aver tratto dall'esperienza un nuovo impulso a interessarsi di politica con coscienza risolutivamente antifascista.
Conseguita la laurea in giurisprudenza il 20 novembre 1939, con una tesi di diritto civile, inizio' dall'anno successivo a cercare una sistemazione nelle scuole. Grazie all'appoggio di Romano Bilenchi pubblico' nella neonata Letteratura di Alessandro Bonsanti Tre racconti. La visita, Il soldato, Il cacciatore, e ottenne il primo riconoscimento critico con l'immediata segnalazione che ne fece su Corrente di vita giovanile  Giansiro Ferrata (con lo pseudonimo di Cirillo e Metodio).
Per due anni insegno' a Volterra, dove abitava la fidanzata Rosa, con cui si uni' in matrimonio il 26 settembre 1940: "[...] con lei Cecina e Volterra divennero la stessa cosa e non saprei dire, in quegli anni, a quale delle due ando' la mia preferenza" (Mio padre, cit., p. 60). Il 20 luglio 1941 venne richiamato alle armi e fu a Pisa e quindi a la Spezia. Incaricato di far saltare Manarola, disobbedi' ai comandi ma riusci' a sfuggire alla corte marziale grazie alla perdita, nei bombardamenti, della documentazione accusatoria. Prese cosi' la decisione di opporsi al fascismo e si lego', a partire dal 1941, prima al movimento liberalsocialista, poi al Partito d'Azione.
Nel 1942, vinto il concorso per l'insegnamento di storia, filosofia e pedagogia negli istituti magistrali e nei licei, divenne professore di ruolo allo scientifico di Foligno, e dette alle stampe due raccolte di testi, in parte gia' apparsi in rivista e aderenti a una concezione "allusiva" dell'arte: La visita, per le edizioni di Letteratura (Firenze), e Alla periferia per quelle della rivista Rivoluzione (ibid.). Sempre in quell'anno, in occasione della costituenda nuova redazione di Ansedonia (che invece si chiamo' Lettere d'oggi), conobbe Giorgio Caproni, con il quale resto' in contatto fino ai suoi ultimi giorni, ritenendolo uno fra i maggiori poeti del Novecento italiano.
Tra il 1943-44 entro' nella Resistenza con il nome di Giacomo, nella 23ma brigata garibaldina Guido Boscaglia, come capo della squadra esplosivisti, e creo' a Volterra, con Niccolo Mezzetti e Dino Gabellieri, un comitato militare del Comitato di liberazione nazionale. Opero' nel Volterrano e nell'Alto Grossetano e, tra i luoghi di combattimento, ricordo' soprattutto il massiccio del Berignone, rievocato nei testi col nome di Monte Voltrajo.
Nell'esperienza resistenziale Cassola ritrovo' il diretto contatto con la realta' del popolo alla quale si era accostato attraverso la balia Anna e che divenne di li' a poco materia dei primi romanzi: "L'incontro piu' memorabile della mia vita l'ho fatto durante la Resistenza con gli operai. Si consideravano infatti tali gli alabastrai di Volterra impegnati nella Resistenza [...] Ci affratellava il pericolo. Correvamo gli stessi rischi [...]. Diventai specialmente amico di due di loro, soprannominati Ciaba e Lidori. Ne ho parlato nei miei romanzi e racconti. Ho chiamato Ciaba [Nello Bardini] Baba, mentre all'altro ho conservato il soprannome" (Una ragazza del popolo, cit., pp. 7 s.).
Tra il 1944 e il 1945 gli interessi extraculturali finirono per prendere in Cassola il sopravvento su quelli letterari: esclusivamente dedito alla politica, ottenne la vicedirezione, e direzione, di giornali antifascisti a Volterra, dove era sfollato. Dopo avere tenuto qui (dal novembre 1944 al 19 settembre 1945) la cattedra di storia al liceo classico, nonche' di italiano e storia all'istituto tecnico commerciale (di cui fu anche preside), si stabili' nel 1945 a Firenze per svolgervi attivita' giornalistica e collaborare con articoli e raccontini alla Nazione del Popolo (organo del Comitato toscano di liberazione), L'Italia socialista, Il Giornale del mattino e Il Mondo di Bonsanti.
Nel 1946 fu tra i promotori dell'appello Gli intellettuali italiani per la Repubblica con cui si chiedeva l'abolizione dell'istituto monarchico. Le sue dimissioni in quell'anno dal Partito d'Azione vennero a segnare un allontanamento dalla politica a vantaggio della ripresa dell'attivita' meramente letteraria, per un senso di "fallimento della Resistenza" (Conversazione su una cultura compromessa, a cura di A. Cardella, Palermo 1977, p. 40) e la disapprovazione della "spaventosa confusione tra letteratura, cultura e politica, alla cui insegna si inauguro' il dopoguerra letterario" (lettera inedita, in data 8 febbraio 1966, a Montanelli: Andreini, Cronologia, 2007, p. LXXXVII). Scrisse i racconti Baba e Rosa Gagliardi (il primo pubblicato immediatamente su Il Mondo di Firenze, il secondo dieci anni piu' tardi in Botteghe oscure) e, nel biennio successivo, gli inediti Le amiche e Vacanze a San Ginesio. Come insegnante, ottenne la cattedra di storia e filosofia al liceo scientifico di Grosseto e vi trasferi' la residenza, lasciando Firenze e la redazione de La Nazione del popolo.
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Il taglio del bosco, la nuova stagione della scrittura e il sodalizio con Bianciardi
A sconvolgere Cassola giunse pero', il 23 marzo 1949, una grave disgrazia: la moglie Rosa mori' a Firenze per un attacco renale, all'eta' di 31 anni. Divenne espressione del lutto il racconto Il taglio del bosco portato allora a conclusione: "Doveva essere semplicemente il racconto di un taglio del bosco [...]. Non so perche', avevo messo che Guglielmo era vedovo. Ne avevo scritte 35 pagine [...] per disperazione [...] pensai di riprendere e finire quel racconto. Naturalmente lo trasformai, versandoci dentro il mio dolore. Ricordo che lo scrissi in pochi mesi, nel luglio. Nell'ottobre cominciai Fausto e Anna" (lettera inedita, in data 2 dicembre 1961, a Franco Fortini: Andreini, Cronologia, 2007, p. LXXXVII). Apparso nel 1950 in Paragone, il racconto incontro' subito, oltre al favore della critica (lo recensi' Geno Pampaloni, in Belfagor, VII [1952], 1, p. 125), quello del pubblico, preannunciando l'imminente conquista della notorieta'.
Per lenire il dolore, rimanendo vicino alla tomba della giovane moglie, si fece trasferire come docente a Cecina, dove insegno' dal 1949 al 1951 nella sezione staccata del liceo scientifico di Livorno. Ma l'evento terribile genero' nella sua scrittura un nuovo indirizzo, portandolo a ripudiare il passato e rendendolo  "[...] un altro uomo. Anche un altro scrittore" (lettera inedita, in data 28 novembre 1961, a Franco Fortini: Andreini, Cronologia, 2007, p. LXXXVIII).
Il primo libro che scaturi' dal rifiuto della vecchia poetica, il romanzo Fausto e Anna (Torino 1952: non a caso dedicato "Alla memoria della mia Rosa"), introdusse un'attenzione alla storia raccontando, insieme a una vicenda d'amore, l'autobiografica partecipazione alla Resistenza. Con il testo, Cassola concorse nel 1951 al premio Rizzoli per la pubblicazione di inediti, ma il romanzo, pur elogiato da Leone Piccioni, membro della giuria (La narrativa di Carlo Cassola, in ll Mattino dell'Italia centrale, 25 aprile 1951, p. 2), fu rifiutato da alcuni editori, tra i quali Einaudi, che lo pubblico' pero' l'anno seguente.
Conosciuta nel frattempo Giuseppina Rabagli, Cassola chiese il trasferimento a Grosseto per convolare con lei a nuove nozze e si sposo' il 14 novembre 1951 in quella citta', dove torno' a insegnare storia e filosofia presso il liceo scientifico Guglielmo Marconi. Svolgeva intanto, da un anno, un'intensa attivita' pubblicistica, scrivendo articoli di orientamento azionista per Il Mondo di Pannunzio. Avvio' anche una collaborazione politico-culturale con Luciano Bianciardi, incontrato precedentemente a Grosseto come bibliotecario della Biblioteca comunale, e si adopero' nel 1951 per diffondere nella provincia la lettura, attraverso il "bibliobus" da lui ideato in base al principio che "se la gente non andava ai libri, sarebbero stati i libri ad andare alla gente".
Nel 1952, nuovamente attratto dall'azione politica, fu tra i fondatori del Movimento di unita' popolare capeggiato da Tristano Codignola, e riusci' a coinvolgervi Ferruccio Parri e Carlo Levi.
Intanto, l'apparizione nei "Gettoni" di Vittorini di Fausto e Anna, accolta con giudizi discordanti, provoco' una polemica nella quale intervenne su Rinascita anche il segretario del Partito comunista italiano Palmiro Togliatti, accusando Cassola di aver vilipeso la Resistenza con una sua visione antieroica di cui nel romanzo si fa portavoce il protagonista. Amareggiato e in crisi sia politicamente sia letterariamente, Cassola fu invece allietato dalla nascita, il 27 settembre, della figlia Barbara.
Nel 1953 si impegno' attivamente – sempre con l'amico Bianciardi – nella campagna di Unita' popolare per le elezioni del 7 giugno (opponendosi subito dopo alla sua confluenza nel Partito socialista), ma anche nella scrittura (pubblico', ancora nei "Gettoni" di Vittorini, I vecchi compagni [Torino 1953], e inizio' altri racconti) e nel giornalismo (collaborando a Comunita' e a Il Nuovo Corriere). Vide la luce in quell'anno, presso i Fratelli Fabbri (Milano), una raccolta di racconti con lo stesso titolo del fortunato Il taglio del bosco: la prima di tre sillogi omonime, di cui la seconda apparve poco piu' tardi, a Pisa nel 1955, per l'editore Nistri-Lischi, con il sottotitolo Venticinque racconti.
Nel 1954 chiuse la collaborazione con Il Mondo, in contrasto con l'orientamento terzaforzista di Pannunzio, per iniziare quella con Il Contemporaneo di Bilenchi, allo scopo di stimolare una critica costruttiva in seno al Partito comunista, cui si era avvicinato. Pubblico' anche un'inchiesta su I minatori maremmani, nella rivista Nuovi Argomenti, con Bianciardi, distaccandosi pero' da lui per dissidi ideologici e privati. Nell'autunno dell'anno seguente fece il suo primo viaggio all'estero: si reco' in Cina con una delegazione di intellettuali e artisti (tra cui Fortini, Ernesto Treccani, Franco Antonicelli, Antonello Trombadori, Cesare Musatti e altri), e al ritorno ne scrisse sui giornali. Entrambe le esperienze giornalistiche confluirono in volume (I minatori della Maremma, cofirmato, per Laterza, Bari 1956; e il Viaggio in Cina, con disegni di Ernesto Treccani, per Feltrinelli, Milano 1956).
In quell'anno Cassola interruppe l'attivita' pubblicistica e lascio' Il Contemporaneo per discordia ideologica sulla valutazione dei lavori del congresso del Partito comunista sovietico, da lui seguiti commentando con gioia la nuova linea di critica al passato; confrontandosi con Bilenchi, Fortini e Trombadori, e auspicando una discussione libera all'interno del partito in Italia.
Si avvicino' allora al Partito socialista, nelle cui liste fu candidato a Grosseto, e partecipo' in aprile alla campagna elettorale (per iscriversi al partito nel 1958, con la confluenza in esso della disciolta Unita' popolare); in agosto pubblico' La casa di via Valadier (Torino) e, tra vari programmi letterari, riprese quello della continuazione di Fausto e Anna, alla quale pensava dal 1952.
Nel 1957 fu colpito da un nuovo lutto familiare: la figlia Nora, nata il 15 maggio gia' segnata da una malformazione congenita, mori' a soli sei mesi. Dette alle stampe per i tipi Einaudi Un matrimonio del dopoguerra ma, non del tutto soddisfatto del rapporto con l'editore torinese, si accordo' tramite l'amico Giorgio Bassani con Feltrinelli per la pubblicazione de Il soldato: il rimprovero di Einaudi fu immediato e il perdono chiuse poi l'incidente con la richiesta di limitare il "tradimento" a una sola edizione. Il soldato usci', in una nuova collana diretta dallo stesso Bassani per Feltrinelli (Milano 1958), e concorse allo Strega senza successo, conquistando invece il premio Salento ex aequo con Giuseppe Cassieri. Nello stesso anno, Cassola lesse con entusiasmo e commozione Il dottor Zivago di Boris Pasternak, pubblicato anch'esso dall'editore milanese, e lo considero' il piu' bel romanzo del secolo: "[...] e' veramente un messaggio di fiducia nella vita, nella poesia, nella Russia e nell'umanita' intera" (lettera inedita, in data 30 gennaio 1958, a Bilenchi: Andreini, Cronologia, 2007, p. CII). Presso Einaudi apparve l'edizione riveduta di Fausto e Anna.
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La ragazza di Bube e l'arrivo della notorieta'
Nel 1959, alle prese con difficolta' economiche, Cassola stipulo' con la casa torinese un contratto triennale che le riservava i diritti esclusivi delle sue opere e pattuiva come anticipo sui diritti d'autore una cifra mensile in cambio della consegna di almeno un libro all'anno. Si aggiudico' anche l'agognato riconoscimento di un premio, il Selezione Marzotto, con l'"omnibus" Il taglio del bosco (la terza silloge di racconti con questo titolo, stavolta einaudiana e accompagnata dal sottotitolo Racconti lunghi e romanzi brevi). Ma la vera fama arrivo' l'anno successivo con il romanzo che aveva gia' iniziato a scrivere, La ragazza di Bube (Torino 1960): il 6 luglio 1960 fu incoronato vincitore del premio Strega, tra forti contrasti di cui si era gia' fatto portavoce Pier Paolo Pasolini (presentatore del concorrente Italo Calvino) con un attacco pronunciato il 27 giugno in forma di orazione shakespeariana, In morte del realismo (pubblicato in Paese sera), che accusava lo scrittore di tradimento nei confronti della poetica neorealista. Il successo vertiginoso delle vendite e la fortuna del romanzo – di cui Luigi Comencini acquisto' i diritti  prima della premiazione, per ricavarne l'omonimo film (che usci' nel 1963) – fecero scoppiare il caso del "vero Bube", alla cui vicenda Cassola si era ispirato. Della scarcerazione di Renato Ciandri, ancora detenuto, Cassola si occupo', interessando alla sua causa quanti piu' amici possibile, e ottenendola il 22 dicembre 1961.
L'enorme popolarita' del libro, che fece di Cassola uno dei massimi rappresentanti della stagione dei best-sellers, si estese dal 1961 anche all'estero, a partire dalla Francia, che in quell'anno accolse molto favorevolmente l'uscita della traduzione (di Philippe Jaccottet) di Fausto e Anna con l'introduzione Cassola ou la fidelite' di Franco Fortini. Da allora in poi, iniziarono a fioccare numerosi i contratti per le traduzioni, anche dei romanzi precedenti, e si scateno' l'interesse dei giornali per la figura di Cassola, con interviste e servizi fotografici affidati alle agenzie piu' prestigiose. Inauguro' intanto, con la pubblicazione di Un cuore arido (Torino 1961) e il nuovo mutamento di rotta che il romanzo attuava, un'ulteriore svolta artistica: decise di ripristinare la poetica del suo passato piu' remoto, progettando il recupero e l'ampliamento alla dimensione di romanzo di vecchi scritti; e comincio' a realizzare il piano di lavoro, che prevedeva di lasciare immutato il titolo degli antichi raccontini, con Il cacciatore e Ferrovia locale.
Sull'onda del trionfo raggiunto e del conseguente fervore della scrittura, e grazie soprattutto all'imprevisto benessere economico, pote' abbandonare nel 1962 l'insegnamento e vivere unicamente del suo lavoro di scrittore, consentendosi pure la costruzione di una casa a Marina di Castagneto. Tuttavia, proprio il favore del grande pubblico gli attiro' anche accuse e strali: all'apice delle tirature e della crescente celebrita', fu attaccato  dalla neoavanguardia, che lo taccio' di essere la nuova "Liala del '63" condannandone il successo commerciale (Giorgio Bassani assunse subito anche per se stesso, per sintonia e con solidarieta' amichevole e contestatrice, la definizione dispregiativa: Andreini, 2007, p. XVIII). Dal 19 marzo 1963, Cassola tenne un Diario manoscritto, inedito, che si protrasse fino al 2 ottobre 1981 e risulta adibito al computo meticoloso delle traduzioni in molte lingue delle sue opere, ma anche a date e note di lavoro sulla loro redazione e ripulitura.
Nell'autunno del 1964 pubblico' da Einaudi Il cacciatore, mentre si dedicava alla stesura di altri testi (per es. Angela) e trattava con Alberto Mondadori il trasferimento di alcuni nelle sue collane. Nel 1965 La ragazza di Bube inauguro' infatti la serie degli autori italiani della neonata collana degli "Oscar" (preludendo alle future riprese, tra cui lo stesso Il cacciatore nel 1970; Fausto e Anna nel 1971; Ferrovia locale nel 1972) ed entro' nel circuito scolastico di Einaudi Il taglio del bosco. Tra i numerosi viaggi compiuti in questo periodo per conferenze in Italia e all'estero, soprattutto in Francia e Inghilterra, quello a Parigi del 1966 per un dibattito pubblico con alcuni esponenti del nouveau roman si risolse in scontro.
Da Einaudi continuo' a pubblicare con la cadenza stabilita per contratto: nel 1966 Tempi memorabili; nel 1967 Storia di Ada; nel 1968 (anno di collaborazione stabile – protrattasi con discontinuita' fino al 1973 – con il Corriere della sera per la rubrica "Fogli di diario", i cui interventi furono raccolti con titolo omonimo nel 1974 per Rizzoli) Ferrovia locale; nel 1969 Una relazione; nel 1970 (anno in cui fece un viaggio negli USA, raggiungendo Cancogni), Paura e tristezza, con cui ottenne il premio Napoli e poco dopo, nel 1971, uno Strega straordinario istituito in occasione dei 25 anni del premio.
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L'ultima fase
Con Paura e tristezza Cassola chiuse definitivamente la terza fase della propria produzione. A marcare una cesura fu anche l'infarto avuto nel febbraio 1971: all'ospedale Gemelli di Roma, dove venne ricoverato, gli fu diagnosticata pure una malattia degenerativa. Subito dopo, ando' a stabilirsi da solo – essendo ormai in crisi il matrimonio – a Marina di Castagneto e, stimolato dalle circostanze, si dedico' al riordino dei propri scritti, programmandone la sistemazione. Intanto, sfociarono in rottura i dissapori con Einaudi, che erano andati maturando nel tempo, e nel 1972 se ne separo' per passare a Rizzoli. Nel 1973 pubblico' Monte Mario e, con Mario Luzi, Poesia e romanzo, mentre usciva per Mondadori il "Meridiano" da lui curato delle opere di Thomas Hardy (sul quale ebbe il merito di ridestare l'attenzione). Nel 1974 sempre Rizzoli fu l'editore di Gisella.
Ad aprire una nuova fase contribui' anche l'incontro, avvenuto nel 1974 a Pescia durante la partecipazione al convegno su Collodi, con una ragazza del luogo, Pola Natali, che rassereno' da allora la sua vita e pote' sposare soltanto nel 1986. Con lei si trasferi' nel 1978 a Montecarlo di Lucca, realizzando un antico desiderio espresso in passato a Cancogni: "[...] il mio rifugio finale sara' una casa in campagna" (lettera inedita, in data 2 ottobre 1959: Andreini, Cronologia, 2007, p. CXXVII).
Nel voltare pagina, rinacque in lui l'idea di una cultura impegnata: "Una letteratura problematica – aveva scritto qualche anno prima a Fortini –, una letteratura d'indagine, e' ormai la sola che m'interessi [...] sono pronto a rimettere tutto in discussione. Ed e' bene che sia cosi'" (lettera inedita, datata 12 gennaio 1970: ibid., p. CXVI). Su tale slancio, concepi' nel 1975 un settimanale di discussione politica non di tendenza e contatto', per coinvolgerli nella proposta, Fortini (con cui venne meno la consueta intesa a causa del rifiuto a condividere il progetto), Pasolini, Cancogni, Caproni, Calvino, oltre ad Alberto Moravia, Francesco Leonetti, Enzo Enriques Agnoletti, Cesare Garboli, Giovanni Testori, Leonardo Sciascia, Alessandro Parronchi e altri.
Si dedico', inoltre, alla riflessione saggistica, consegnando la sua posizione ad alcuni libri (tra cui uscirono per Rizzoli Il gigante cieco e L'ultima frontiera, nel 1976), ma si espose anche con l'azione politica. Partecipo' su invito, nel novembre 1976, al XVII congresso del Partito radicale (PR), dove pronuncio' l'intervento Per il disarmo unilaterale dell'Italia; l'anno successivo fondo' la Lega per il disarmo, assumendone la presidenza, e si impegno' con conferenze e dibattiti in una campagna per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla difesa della vita e la nonviolenza.
Il successo letterario non venne frattanto meno, con il riconoscimento di nuovi premi: vinse nel 1976 il Bancarella con L'antagonista (Milano), apparso in quell'anno, e nel 1978 il Bagutta con L'uomo e il cane (ibid.), uscito l'anno precedente.
Nel 1978, collaboro' con  frequenza a La Stampa (fino al 1980) e tenne a Firenze, il 30 aprile, il congresso per la costituzione ufficiale della Lega per il disarmo unilaterale dell'Italia (che di li' a un anno si fuse con la Lega socialista dei radicali di Francesco Rutelli). Il mancato sostegno di Cancogni alla proposta di disarmo e il parere negativo da lui espresso a Rizzoli sul romanzo Ferragosto di morte segnarono la fine della loro amicizia.
La vena narrativa di Cassola, non inariditasi anzi straripante, attinse ispirazione in quest'ultima fase dai temi agitati politicamente e dall'amore per gli animali al quale si era aperto attraverso Pola. Li intreccio' nella trilogia atomico-apocalittica avviata nel 1978 con Rizzoli da Il superstite (o da Il paradiso degli animali, a voler considerare l'insieme una quadrilogia): storie del progressivo spegnersi della vita nel mondo, fino alla sua totale estinzione. Altri testi del ciclo (Il mondo senza nessuno del 1978, e Ferragosto di morte del 1980) videro la luce presso l'editore Ciminiera per i contrasti che stavano ormai allontanando Cassola anche da Rizzoli.
Le ultimissime pubblicazioni affiancarono infine ai due editori, con smilzi testi, Pananti. All'intensa operosita' narrativa venne a intrecciarsi fino all'ultimo un'altrettanto instancabile attivita' pubblicistica: Cassola diresse nel 1980, con Rutelli, L'asino, nei sette mesi della sua breve vita e, in rotta con il Corriere della sera, avvio' nel 1984 una collaborazione con Paese sera.
Mori' il 29 gennaio 1987, a Montecarlo di Lucca, per un collasso cardiocircolatorio.
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Fonti e bibliografia
S. Battaglia, Il realismo elegiaco di C., in Le ragioni narrative, 5, settembre 1960, pp. 31-82; A. Giannitrapani, C. ieri e oggi, in Tempo di Letteratura, I (1961), 3-4, pp. 3-77; A. Asor Rosa, Scrittori e popolo. Saggio sulla letteratura populista in Italia, Roma 1965, pp. 351-432; R. Macchioni Jodi, C., Firenze 1967; G. Pampaloni, C. C., in Storia della Letteratura italiana, IX, Il Novecento, Milano 1969, pp. 846-852; G. Manacorda, Invito alla lettura di C. C., Milano 1973; V. Volpini, C. C., in Dizionario critico della letteratura italiana, I, Torino 1973, pp. 534 s. (per il completamento della voce, G. Pullini, in Dizionario..., Torino 1986, pp. 542 s.); M. Grillandi, C. C., in Letteratura italiana. I Contemporanei, III, Milano 1975, pp. 835-862; R. Bertacchini, C. C.: introduzione e guida allo studio dell'opera cassoliana, storia e antologia della critica, Firenze 1977; C. C. Atti del convegno, Firenze 3-4 novembre 1989, a cura di G. Falaschi, Firenze 1993; A. Andreini, Cronologia e saggio introduttivo Il romanzo delle origini, in C. Cassola, Racconti e romanzi ("I Meridiani"), a cura di A. Andreini, Milano 2007.
 
2. MAESTRE. ENRICO ROTELLI: FERNANDA PIVANO
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo il seguente testo apparso nel Dizionario biografico degli italiani nel 2015]
 
Fernanda. Pivano nacque a Genova il 18 luglio 1917. Il padre, Newton Riccardo (1881-1963), era agente di cambio e direttore dell'Istituto italiano di credito marittimo, oltre che appassionato di letteratura; la madre, Mary (1891-1978), era figlia di Elisa Boggia e dello scozzese Francis Smallwood, tra gli iniziatori della Berlitz School in Italia. Franco, il fratello, era maggiore di sei anni (1911-1965).
Ebbe una formazione internazionale e, oltre alle lingue inglese e francese, studio' pianoforte e imparo' i costumi vittoriani. Visse a Genova fino alla fine degli anni Venti, escluso un breve periodo di soggiorno a Firenze. Nel 1929, per esigenze lavorative del padre, la famiglia si trasferi' a Torino, dove Fernanda Pivano prosegui' gli studi di pianoforte e si iscrisse al ginnasio liceo Massimo D'Azeglio. In quarta e in quinta ginnasio fu in classe con Primo Levi. In prima liceo ebbe come supplente di italiano Cesare Pavese. Nel 1937, il suo tema di maturita' dal contenuto antimilitare fu giudicato "non idoneo" e dovette rimandare gli esami orali alla sessione autunnale.
Superata la prova, si iscrisse alla facolta' di lettere e gia' al primo anno chiese di poter sostenere una tesi sul poeta inglese Percy Bysshe Shelley. In estate rivide Pavese, rientrato dal confino. Lui le chiese perche' non avesse voglia di scrivere una tesi in letteratura americana e la sua risposta fu: "Ma che differenza c'e'?" (F. Pivano, Diari (1917-1973), a cura di E. Rotelli - M. Bricchi, 2008, p. 52).
Quella stessa sera, Pavese le lascio' in portineria una copia della Spoon River Anthology di Edgar Lee Masters, A farewell to arms di Ernest Hemingway, l'autobiografia di Sherwood Anderson e Leaves of grass di Walt Whitman. Fernanda Pivano apri' per primo il libro di Masters e si innamoro' di quelle pagine al punto che comincio' subito a tradurle su un quaderno. Pivano e Pavese condividevano la passione per lo studio di una cultura lontana dal mondo accademico, nel quale l'Europa era sommersa. Non condivisero l'amore: lei infatti rifiuto' la sua richiesta di matrimonio per ben due volte, come lui stesso annoto' sul frontespizio di Feria d'agosto.
Diplomatasi al decimo anno di conservatorio a Torino nel 1940, il 17 giugno dell'anno successivo si laureo' discutendo una tesi su Moby Dick di Herman Melville, dopo che un professore ne aveva rifiutata una su Whitman perche' "argomento troppo scabroso per una brava signorina come lei" (F. Pivano, The beat goes on, a cura di G. Harari, 2004, p. 28). Due anni piu' tardi ottenne una seconda laurea in filosofia con Nicola Abbagnano, di cui fu assistente presso la cattedra di pedagogia.
Nel 1941 ascolto' alla radio il famoso discorso di Franklin Delano Roosevelt sulle quattro liberta': liberta', da quel giorno, fu la parola che meglio interpretava la sua idea di America.
Sfollata a Mondovi' con la madre nel 1942, Nanda – come ormai tutti la chiamavano – continuo' l'attivita' di traduttrice spronata dalla fitta corrispondenza con Pavese, il quale nell'inverno del 1943 la raggiunse con una copia di Spoon River appena pubblicata da Einaudi.
In seguito al dissesto finanziario del padre, per continuare a poter tenere le lezioni di pedagogia, Fernanda saliva ogni giorno su un carro merci che la portava in citta'. Durante una retata negli uffici di Einaudi le SS trovarono il contratto a suo nome per la traduzione di A farewell to arms, libro proibito per volere di Benito Mussolini. In un primo momento, ritenendo che una ragazza di buona famiglia non potesse lavorare per una casa editrice antifascista, i militari fermarono il fratello. Appena scopri' l'errore, Fernanda Pivano si diresse all'Hotel Nazionale dove le SS erano di stanza e chiari' lo scambio di persona. Nego' pero' di sapere dove l'editore si fosse rifugiato e fu lasciata andare in semiliberta'.
Nel 1944, con l'inasprirsi della guerra, ottenne l'incarico straordinario di ruolo di filosofia e pedagogia presso l'istituto magistrale Lanza di Casale Monferrato. Torno' a Torino solo a guerra terminata e comincio' a scrivere i primi articoli sui giornali.
Si sposto' a Roma e a Milano ed ebbe modo di frequentare, tra gli altri, Alberto Moravia, Renato Guttuso, Guido Piovene ed Eugenio Montale, oltre ad alcuni letterati e artisti americani come Gore Vidal e Tennessee Williams. Durante il suo primo viaggio a Parigi porto' a Richard Wright il suo saggio sul dissenso afroamericano, Lo zio Tom e' morto, e fece visita ad Alice Toklas, cui ne consegno' un altro su Gertrude Stein.
Nell'autunno del 1948 Pivano ricevette una cartolina firmata da Hemingway, in cui il futuro premio Nobel la pregava di raggiungerlo a Cortina. Il 10 ottobre Pivano arrivo' all’Hotel Concordia e, appena la vide, Hemingway si alzo' da tavola e le ando' incontro a braccia tese. Con loro c'erano anche la moglie Mary ed Ettore Sottsass jr, che Nanda sposo' a Torino il 29 ottobre dell'anno seguente e con cui si trasferi' a Milano.
Pivano continuo' l'attivita' di traduttrice di opere di Francis Scott Fitzgerald, William Faulkner, Edgar Allan Poe e incontro' grandi autori come Erskine Caldwell, John Dos Passos e James Thomas Farrell.
Nel 1953 Giorgio Federico Ghedini le chiese di tenere corsi di italiano per stranieri e di inglese per italiani al conservatorio di Milano, ai quali partecipo' anche il giovanissimo Riccardo Muti. Nello stesso anno inoltro' una domanda di borsa di studio per partecipare ai seminari estivi dello United States information service (USIS) in America. Due anni piu' tardi le assegnarono un "leaders' grant (dieci dollari al giorno e viaggi pagati)" (Diari (1917-1973), cit., p. 425), che finalmente le permise di andare in America in quello che venne definito "un pellegrinaggio letterario" (p. 425).
Il 7 marzo 1956 Pivano parti' alla volta di New York. Incontro' Arthur Miller e Norman Mailer, ma il primo impatto con la lingua avvenne poco dopo essere atterrata, quando in un bar chiese una Coca-Cola: "Cara, che lingua parli?", replico' la cameriera. Una lezione di umilta' dopo le molte lodi ricevute in patria per il lavoro di traduttrice, come Fernanda stessa ebbe modo di ricordare (The beat goes on, cit., p. 59).
Nei giorni successivi Fernanda si sposto' a Chicago, New Orleans e anche a Cuba da Hemingway che, per ospitarla alla Finca Vigia, interruppe le riprese de Il vecchio e il mare con Spencer Tracy e Katherine Hepburn.
Il 16 settembre 1957 scrisse per Mondadori il giudizio per la traduzione di On the road di Jack Kerouac, che chiudeva con la frase: "Puo' darsi che questo scrittore trentacinquenne diventi proprio il simbolo della nuova generazione" (Diari (1917-1973), cit., p. 565). La direzione editoriale rifiuto' il libro. Pivano aspetto' allora l'occasione di un incontro con Arnoldo Mondadori e suggeri': "Presidente, io ho un titolo che le farebbe guadagnare un mucchio di soldi" (p. 565). L'edizione italiana usci' il 19 novembre 1958. L'anno successivo il romanzo fu arricchito dalla sua celebre prefazione sulla Beat generation.
Nello stesso periodo Pivano trasloco' con Sottsass da via Luini a via Cappuccio 19. Punto di riferimento per gli scrittori americani che arrivavano in Italia, tra cui Saul Bellow e Henry Miller, nel febbraio 1960 Pivano ospito' per alcuni giorni insieme Chet Baker e Gregory Corso. Nella primavera dell'anno successivo, uscendo da una visita a Parigi a casa di Alice Toklas, incontro' per caso Corso con Peter Orlovsky e Allen Ginsberg, e trascorse con loro cinque giorni che costituirono un punto di svolta nella sua vita e nella professione.
A fine ottobre Fernanda ed Ettore partirono insieme per l'India. Rientrarono a Milano a fine anno, ma Sottsass era malato. Dopo una lunga serie di cure, il 31 maggio 1962 i due si recarono allo Stanford Medical Center di Palo Alto per una cura contro la nefrite. Fernanda la notte dormiva in una branda e di giorno era spesso a San Francisco, accolta da Lawrence Ferlinghetti, che le fece incontrare Michael McClure e Philip Whalen, il quale le consegno' il manoscritto di The first third di Neal Cassady.
Pivano e Sottsass rientrarono a Milano in novembre. Nanda scrisse la prefazione a La scimmia sulla schiena di William Burroughs e, per festeggiare la guarigione, passarono il Natale in Egitto. L'anno successivo diedero vita alle edizioni East 128, dal numero della camera di ospedale.
Nel 1965, dopo circa sei anni dalla consegna del lavoro di traduzione, Mondadori pubblico' Jukebox all'idrogeno di Allen Ginsberg. La casa editrice non voleva correre il rischio che la raccolta di poesie potesse essere ritirata dagli scaffali, per ordine di un tribunale in un'Italia ancora molto bigotta. Il libro, che conteneva Urlo, usci' dunque ricco di puntini e asterischi.
A dicembre Fernanda e Sottsass furono di nuovo a San Francisco, questa volta con Bob Dylan e Ginsberg. La conversazione si baso' sulla marcia di protesta appena avvenuta tra Berkeley e Oakland contro la guerra in Vietnam e su come convincere gli Hell's Angels, dalle idee politiche fortemente a favore della guerra, ad avvicinarsi alla loro posizione ideologica da cui sarebbe nato il movimento dei "figli dei fiori". Nel settembre del 1966 Pivano intervisto' Kerouac presso gli studi RAI di Milano in una celebre trasmissione dove lo scrittore comparve non solo ubriaco, ma anche sedato da un tranquillante che gli intorpidi' la lingua.
Nonostante il clima italiano fosse molto meno radicale di quello americano, i giovani erano affascinati dal nuovo gruppo di scrittori d'Oltreoceano, cosi' le parole dei poeti che sognavano la pace e la nonviolenza cominciarono a diffondersi anche in Italia, dando vita a manifestazioni antimilitariste nelle piazze principali delle citta'.
A fine anno Pivano e Sottsass si trasferirono in un grande appartamento di via Manzoni 14, dove di sera ospitavano molti di questi ragazzi, che l'anno successivo li avrebbero aiutati a realizzare la rivista Pianeta fresco, manifesto di contestazione pacifista con il titolo suggerito da un'espressione di Gary Snider.
Il 4 gennaio 1968 Fernanda Pivano si reco' a Londra per incontrare Burroughs nel suo appartamento di Duke street. Lui la accolse glaciale e compassato, come sempre con gli estranei, e ruppe il silenzio solo per dire: "Quanto a me, le donne le ammazzerei tutte". "Anche io", rispose Nanda e gli vide fare una smorfia all'angolo della bocca che negli anni avrebbe imparato a riconoscere come un sorriso (Diari (1917-1973), cit., p. 1030).
Trascorse la fine degli anni Sessanta quasi sempre in viaggio con Sottsass. Nel settembre 1969 partirono verso il Giappone e le isole del Pacifico. In ottobre arrivarono a New York, sottosopra per le dimostrazioni del National Moratorium contro la guerra in Vietnam.
Nell'autunno del 1971 la coppia attraverso' una crisi profonda. I due cominciarono ad affrontare dolorosi periodi di lontananza alternati ad altri di convivenza o di lunghi viaggi insieme, ma gia' nel 1972 Pivano si fece tagliare l'anello nuziale e affitto' un appartamento a Roma in via della Lungara 3, casa che le ispiro' successivamente il romanzo La mia kasbah (Milano 1988). Nel 1983 ando' a vivere da sola a Milano.
Nel 1978 comincio' a scrivere per il Corriere della sera e partecipo' a un sit-in nei campi adiacenti alla fabbrica di detonatori nucleari di Rocky Flats insieme a Ginsberg e Corso. L'anno successivo collaboro' all'organizzazione del Festival dei poeti di Castelporziano. Erano anni di scontri sociali. "Non potendo protestare contro il prezzo del biglietto, dato che l'ingresso era gratuito, una cinquantina di giovani aveva organizzato la protesta basata sul fatto che 'la gestione non aveva mantenuto la promessa di lasciare il palco a disposizione del pubblico per tre ore prima che cominciasse la lettura'" (F. Pivano, Diari (1974-2009), a cura di E. Rotelli - M. Bucchi, 2010, p. 220).
Nell'estate del 1980 fece visita a Charles Bukowski nella casa di San Pedro. Nacque un dialogo in cui i due toccarono questioni fondamentali, aneddoti, riflessioni e piccole quotidianita', pubblicato con il titolo Quello che importa e' grattarmi sotto le ascelle (Milano 1982). Dei primi anni Ottanta sono anche alcuni articoli in cui Pivano affronta il fenomeno yuppie e la cultura hip hop.
Capace di afferrare i nuovi movimenti e di non dimenticare i grandissimi nomi del passato, Fernanda Pivano strinse amicizia con gli autori dall'aspetto curato e dalla vita sociale molto frenetica del gruppo Brat Pack, come Bret Easton Ellis e Jay McInerney – che il 24 luglio 1995 pubblico' nel New Yorker un articolo con il titolo in italiano Grazie, Fernanda – e con Erica Jong, Patti Smith e Paul Auster. Verso la fine degli anni Ottanta ospito' nella casa di Roma Raymond Carver e prosegui' a intervistare grandi nomi della letteratura americana, come Toni Morrison e Grace Paley.
All'inizio degli anni Novanta continuo' a essere legata alla controcultura dei piu' giovani studiando il movimento grunge, il quale negava lo sfoggio di ricchezza del decennio precedente, e a seguire gli autori americani piu' giovani, come David Foster Wallace, Chuck Palahniuk e Jonathan Safran Foer.
Grazie anche all'amicizia con Fabrizio De Andre', nell'ultimo periodo Pivano si avvicino' al mondo dei cantautori italiani considerandoli "i poeti di oggi", come fece scrivere nella quarta di copertina della sua raccolta I miei amici cantautori (a cura di S. Sacchi - S. Senardi, Milano 2005). Nel luglio 2003 diede vita al premio Fernanda Pivano, che consegno' a maestri italiani come Renzo Piano, Arnaldo Pomodoro e Mariangela Melato, ma che poi preferi' fosse dato ad autori americani. Trasloco' in un appartamento di piazzetta Guastalla e in occasione della riapertura del Museum of modern art (MoMA), l'11 novembre 2004 parti' per l’ultimo viaggio a New York, dove tra gli altri incontro' Lou Reed.
Negli anni successivi Pivano lavoro' infaticabilmente per terminare la lunga stesura dei Diari, pubblicati in due volumi nei Classici Bompiani.
Mori' a Milano il 18 agosto 2009 e, per suo desiderio, riposa nel cimitero di Staglieno a Genova accanto alla madre. Il suo nome e' inscritto nel Famedio di Milano.
Opere: Moltissime le traduzioni e le introduzioni, prefazioni e postfazioni (v. Pagine americane. Narrativa e poesia 1943-2005, Milano 2005). Si segnalano alcune fra le principali opere di saggistica: La balena bianca e altri miti, Milano 1961; America rossa e nera, Firenze 1964; Beat hippie yippie: dall'underground alla controcultura, Roma 1972; C'era una volta un beat: dieci anni di ricerca alternativa, Roma 1976; Mostri degli anni Venti, Milano 1976; Hemingway, Milano 1985; Amici scrittori. Quarant'anni di incontri e scoperte con gli autori americani, Milano 1995; Viaggio americano, Milano 1997; Un po' di emozioni, Roma 2002; The beat goes on, a cura di G. Harari, Milano 2004; Pagine americane..., cit.; Diari (1917-1973), a cura di E. Rotelli - M. Bricchi, Milano 2008; Diari (1974-2009), a cura di E. Rotelli - M. Bricchi, Milano 2010; Libero chi legge, Milano 2010; Medaglioni, a cura di E. Rotelli, Milano 2014.
Fonti e bibliografia: Il fondo Fernanda Pivano e' conservato a Milano, presso la Fondazione Corriere della sera.
Testi utili per un suo ritratto sono: C. Pavese, A F. P. (1940-1946), in Id., Lettere 1926-1950, a cura di L. Mondo - I. Calvino, I-II, Torino 1968, pp. 369-512; F. P.: biografia minima (allegato a F. Pivano, Dopo Hemingway. Libri, arte ed emozioni d'America), Napoli 2000; F. P.: viaggi cose persone (catal., Milano), Sondrio 2011.
 
3. SEGNALAZIONI. ALCUNE PUBBLICAZIONI DI LIDIA MENAPACE
 
- Lidia Menapace, Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968, pp. 120.
- Lidia Menapace, L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968, pp. 76.
- Lidia Menapace, La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974, pp. 220.
- Lidia Menapace, Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987, pp. VIII + 140.
- Lidia Menapace (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988, pp. 244.
- Lidia Menapace, Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000, pp. 32.
- Lidia Menapace, Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001, pp. 86.
- Lidia Menapace (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004, pp. 140.
- Lidia Menapace, Lettere dal palazzo, Marea - Erga Edizioni, Genova 2007, pp. 160.
- Lidia Menapace, Un anno al senato, Tracce, Pescara 2009, pp. 300.
- Lidia Menapace, ... A furor di popolo!, Marea, Genova 2012, pp. 134.
- Lidia Menapace, Io, partigiana, Manni, San Cesario di Lecce 2014, 2015, pp. 162.
- Lidia Menapace, Canta il merlo sul frumento, Manni, San Cesario di Lecce 2015, pp. 144.
 
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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo"
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 4 del 26 febbraio 2021
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