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[Nonviolenza] Archivi. 443
- Subject: [Nonviolenza] Archivi. 443
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Tue, 9 Feb 2021 07:39:56 +0100
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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Numero 443 del 9 febbraio 2021
In questo numero:
1. Alcuni testi del mese di ottobre 2020 (parte decima)
2. Omero Dellistorti: Batracomiomeni della paralipomania
3. Omero Dellistorti: Carlomazzo
4. Omero Dellistorti: L'accesso
5. Omero Dellistorti: Magari
6. Omero Dellistorti: Tranquilli in casa propria
7. Omero Dellistorti: Tutto si tiene
8. Omero Dellistorti: Una decisione
9. Omero Dellistorti: Un contributo statistico - e non solo - alla conoscenza scientifica della nonviolenza (con annesso concorso a premi)
10. Ricorre oggi, 27 ottobre, la XIX Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico
11. Erasmo, o dell'umanita'. Un ricordo nell'anniversario della nascita, e nel corso della "Settimana internazionale per il disarmo" promossa dall'Onu
1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI OTTOBRE 2020 (PARTE DECIMA)
Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di ottobre 2020.
2. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: BATRACOMIOMENI DELLA PARALIPOMANIA
- Ci ho questa rara patologia, la paralipomania.
- Sarebbe a dire?
- Che ci ho la mania che lascio le cose in giro.
- Ah.
- Eh, e' una malattia brutta.
- Sarebbe come se uno fosse distratto, ma parecchio?
- No, non e' distrazione.
- NOn dico che e' distrazione, chiedevo se e' come una specie di grossa distrazione.
- No, non e' che sono distratto, lo so quello che fo, e so che non dovrei farlo, pero' lo fo lo stesso.
- Ah, ecco.
- Eh, si'.
- Cioe' lascia le cose in giro.
- Si', cosi'.
- E come si chiama?
- Paralipomania.
- E si cura?
- Penso di si'.
- Quindi lei si sta curando.
- Veramente no.
- Mi scusi, ma credo di non capire.
- Gliel'ho detto, e' una mania.
- Un vizio che lei non riesce a farne a meno.
- Si', direi di si'.
- Se pero' c'e' la possibilita' di curarsi, allora dovrebbe curarsi, la salute viene prima di tutto.
- Il fatto e' che c'e' un problema.
- Immagino.
- No, non credo che immagina.
- E allora me lo dica lei.
- E' che se smetto non mi pagano piu'.
- Ah.
- Eh.
- Cioe', mi scusi, lei mi sta dicendo che la pagano per non curarsi?
- No, no. Mi pagano per fare quello che fo, la paralipomania. Se smetto non mi pagano, e allora continuo, che devo fare? Il lavoro e' il lavoro.
- In effetti. Pero' pure la salute.
- Certo, pero' se non mi pagano la salute peggiora di piu', no? Che ci metto sotto i denti, l'aria fritta?
- E' vero, pero' non e' giusto.
- Lo dico pure io che non e' giusto, ma che ci si puo' fare?
- Magari cercare un altro lavoro, che certo non e' facile trovarlo.
- Non e' facile no. Oltretutto a fare il lavoro che faccio mi pagano bene, bisogna dirlo.
- Pero' le fa male alla salute.
- Esatto.
- Pero' mi faccia capire meglio: la pagano, la pagano bene, per lasciare le cose in giro?
- Si'.
- Sarebbe come se si occupasse di distribuzione.
- Si potrebbe dire anche cosi'.
- Ma allora non e' una malattia.
- Non lo so se e' una malattia.
- Come non lo sa, ma se me l'ha detto lei che ci ha 'sta rara patologia, proprio cosi' ha detto: che ci ha 'sta rara patologia.
- Si', ma mica e' una malattia, e' una mania.
- Cioe' una malattia mentale.
- No, non direi.
- Un vizio si', pero'.
- Un vizo, si'. Credo che si possa dire cosi', che e' un vizio.
- ma perche' sarebbe un vizio?
- Come perche'?
- Eh, perche'?
- Perche' e' un male, no? Un malanno.
- E allora e' una malattia, come dicevo io.
- No, non e' una malattia, e' un male e basta.
- Che le provoca sofferenza.
- Certo che mi provoca sofferenza.
- E allora si deve curare.
- Ma non e' quel tipo di sofferenza che pensa lei. Io non ho bisogno di curarmi, di smettere magari si', pero' come si fa? I soldi mi servono, servono a tutti.
- Ma allora, mi scusi, io non capisco: lei soffre e non vuole curarsi?
- Non e' la sofferenza che pensa lei, e' una sofferenza, come posso dire, morale. Ecco, e' una sofferenza morale la mia.
- Insomma non e' una cosa tanto grave.
- Insomma, no. No. Grave e' grave.
- Non sembrerebbe tanto grave.
- Non e' grave per l'effetto fisico su di me personalmente, ma grave e' grave. E' un brutto male, brutto, lasci che glielo dica che so di cosa parlo.
- Ma perche' sarebbe un male se non e' una malattia?
- Per le conseguenze.
- Quali conseguenze?
- Quando le bombe scoppiano, no?
3. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: CARLOMAZZO
E' vero. Di cognome faccio proprio cosi'. Carlomazzo.
Lo vedete? Vi viene da ridere pure a voi, che siete i tutori dell'ordine.
E mio padre ci ha messo il carico da undici facendomi battezzare Carlo, che magari con un altro nome si notava di meno, no? Invece se dici Carlo Carlomazzo. Visto? Pure voi. Che dicevo?
Ci avete presente la bibbia? La bibbia, la bibbia. Quella. Nella bibbia c'e' dove dice che la misura e' colma. Adesso che ne so chi lo dice, pero' qualcuno lo dice. Nella bibbia.
Sicuro. Ce lo so pure io che nella bibbia se ne dicono tante, pero' quello che conta e' che lo dice. Come occhio per occhio. E' la bibbia che dice occhio per occhio. E pure chi semina vento raccoglie tempesta. Che insomma questa e' proprio una scemenza perche' come si semina il vento? Pero' nella bibbia c'e'. Magari allora voleva dire un'altra cosa. Magari nei tempi antichi lo seminavano veramente il vento, che ne possiamo sapere noi? Mica c'eravamo noi nei tempi antichi.
E' come gli antichi romani. Non e' che se adesso abiti a Roma sei un antico romano. Al piu' puoi essere un vecchio romano, se ci hai piu' di sessant'anni. Per dire. Ma un antico romano no, perche' gli antichi romani non ci sono piu'. Dai tempi antichi. Si sono estinti, come i dinosauri.
Tutte le persone antiche si sono estinte, magari proprio perche' facevano le cose strane come quello che seminava il vento e poi si doveva pappare la tempesta invece della polenta o dei maccheroni.
Com'e' come non e' mi sono trovato appioppato 'sto nome e 'sto cognome. Non vorrei essere frainteso: sul nome non ci avrei niente da dire, se non fosse perche' ci avevo gia' quel cognome. Carlo da solo e' un nome perbene. Non e' come quei nomi strani. Lo sapete quali, quelli strani. E' che non mi va di dirli, magari poi si scopre che qualcuno di voi si chiama cosi'. Io non sono un attaccabrighe, non vado in giro a cercar rogne. Certo, se poi le rogne cercano a me, proprio a me, non e' che io mi tiro indietro. Ci ho un orgoglio pure io.
Voleve solo dire che Carlo va bene, come Mario, Antonio, Marco, Giggi, Peppe, Giulio, che sono tutti nomi che vanno bene. E' che sono gli accoppiamenti col cognome sbagliato che non vanno bene. Perche' e' sbagliato il cognome, e' chiaro. Pero' pure il nome diventa sbagliato se lo metti insieme con un cognome sbagliato. Metti per fare un esempio che uno di cognome fa Scannacristiani. E' un esempio, non sto dicendo che conosco uno che ci ha questo cognome, e' un esempio inventato. Allora, a uno che fa di cognome Scannacristiani tu gli metti di nome Cristiano? Pure Cristiano che in se' sarebbe un nome cristiano, se lo metti a uno con quel cognome diventa quello che diventa. Pure un selcio lo capisce. Pure un selcio. Conoscevo uno che di cognome faceva Vitellozzi, e che ti combina il padre? Gli mette nome Vitellozzo. Vi sembra che sono cose da fare a un figlio? Con un nome cosi' per riuscire a camparci minimo minimo ci devi diventare cardinale. E pure se il cognome era Vitelli, che insomma non e' come Vitellozzi, e neppure come Vitelloni, se a uno che di cognome fa Vitelli e tu gli metti nome Vitellozzo, e' gia' come una condanna a morte per strangolamento dico io.
Per non dire che non si dovrebbero mai dare i nomi che sembra che tartagli. Che tartagli. Perche' pare che li ripeti due volte. Come se non fossi sicuro manco tu di come ti chiami e allora lo ridici. Alla gente non gli piace sentirsi dire le cose due volte. Pare uno scherzo parlare, una cosa che sono buoni tutti, invece e' un casino. Apposta si dice che ne uccide piu' la lingua che la spada. E' la bibbia pure questa. Si', sta nella bibbia pure questa. E che dicevo io? Ci stanno tutte nella bibbia. Pure certe che se ve le raccontassi. Lasciamo stare che e' meglio. No, no, neanche per sogno. Lo dite voi che ho bestemmiato, io non ho detto niente. Ci mancherebbe solo questa. Ho detto solo che nella bibbia c'e' tutto. Se dite di no mettetelo per iscritto e poi vediamo. Ah, non ce lo mettete per iscritto, eh? E che c'entra che il verbale lo fate voi? Stateci attenti perche' io sono caro e buono ma le prepotenze no, eh?
Adesso m'avete pure fatto perdere il filo. Ah si', il nome e il cognome. Carlo Carlomazzo. Di Temistocle e Filomena. Sono nomi di una volta. Una volta le gente era strana, apposta si e' estinta.
*
Dov'ero il cinque maggio? E che ne so, chi se lo ricorda piu'. Se ero Napoleone me lo ricordavo. Cioe', no, perche' se uno stira le cianche la memoria svanisce come il fiato, no?
Come sarebbe come la so la data della morte di Napoleone? La sanno tutti. A voi non ve le facevano imparare a memoria le poesie da ciuchi? Ma quale offesa, ciuco vuole dire regazzino. E come fate a capire quello che dice la gente se non sapete le parole? Senza offesa, eh.
Ve l'ho gia' detto che non me lo ricordo dov'ero il cinque maggio. E sara' pure l'altroieri ma non e' che uno si puo' ricordare tutto. Saro' stato a casa, o a giocare a bocce, o cogli amici al bar, che ne so.
Certo che lo conoscevo Lazzarone, ce lo sanno pure i sassi che lo conoscevo, mo' non e' che se conosci uno allora significa che l'hai ammazzato tu. Che oltretutto a me mi stava pure simpatico. Si', Lazzaro Costaronelli detto Lazzarone. Lo conoscevano tutti al paese, faceva lo strozzino. Lo strozzino e' piu' famoso del prete, del dottore e del farmacista messi insieme. Il paese e' piccolo e la gente e' sempre piena di buffi. Pur'io, pur'io, se dico la gente dico tutti, e tutti e' tutti, non e' che io sono nessuno, tutti.
Il movente? Ma allora che, parlo al muro? Se ci avevo il movente io, allora ce lo aveva tutto il paese il movente. Perche' i soldi li prestava a tutti li prestava. Faceva lo strozzino, mica il cavallaro o il sacrestano. E' una battuta. La ritiro, se e' fuori luogo la ritiro. Calma, eh? Che dovrei essere io quello che dovrebbe sentirsi offeso che con tutte le cose che ci avevo da fare saranno gia' tre ore che mi fate perdere tempo qui. Scrivete, scrivete quello che vi pare, tanto io non firmo. E voglio pure l'avvocato. O arriva l'avvocato o la facciamo finita e me ne vado. L'avvocato, l'avvocato. Aspetto. Voi lo chiamate e io aspetto. Tanto, figuriamoci.
Ah, non mi spetta perche' sono qui solo come persona informata dei fatti? E quali fatti che non so niente? E allora dovete decidervi: se non sono accusato di niente mo' me ne vo, se sono accusato di qualche cosa voglio l'avvocato, e anzi, adesso che ci penso voglio pure fare una denuncia. Una denuncia, si', come contro chi? Contro di voi. Per calunnia, ingiuria e diffamazione. E per molestie, pure per molestie. Magari pure oltraggio. E mica che la conoscete solo voi la legge, la so pur'io, che vi credete? La guardo pur'io la televisione. Sono finiti i tempi del cucco e del bacucco. Che poi oramai saranno tre ore che mi tenete qui, quasi quasi vi denuncio pure per sequestro di persona. Io sono caro e buono, ma se uno esagera e' meglio che ci pensa prima, perche' se esagera io sono caro e buono ma le prepotenze no, eh, le preponenze con me e' meglio che non le fate che mica ci sto a fare quello che fa sempre pippa, io non sono di quelli gnegne'. Mo' v'ho avvisato. Minacce? Io? Ma semmai sarete voi che da tre ore mi state a fare le minacce a me, no io a voi. E poi chi e' che ci ha la rivoltella? E allora sarete voi, no io. Quando mai s'e' visto che uno fa le minacce e la rivoltella ce l'hanno quegli altri. E andiamo, vediamo di essere seri. Io v'ho solo avvisato; come si dice: uomo avvisato mezzo salvato.
Pure a quel cornutaccio di Lazzarone cento volte gliel'avro' detto di farla finita. Ma lui no, lui intignava che rivoleva i soldi. Che imbecille, stai per abbandonare questa valle di lacrime e ancora pensi ai quattrinacci tuoi.
4. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: L'ACCESSO
Pare niente, invece.
Mi telefona Svicolone, Svicolone, si', come quello dei cartoni animati di quando eravamo figliarelli. E mi dice: "Pancra'" - Pancrazio sarei io -, "Pancra', su iutubbe c'e' la Nina senza vestiti". "La Nina senza vestiti?". " La Nina senza vestiti, si'". "E come si fa a vederla?". "E' facile, tu scrivi su guggo Le ricette di Fanfatale e te la vedi come mamma l'ha fatta". "Mo' lo fo subito, grazie, eh".
Allora vo subito su guggo, scrivo Le ricette di Fanfatale e clicco. Ma invece di uscire fuori la Ninetta esce fuori una scritta americana che io l'americano non lo parlo.
Allora richiamo Svicolo e gli dico che m'esce 'sta scritta americana. E lui mi dice che dev'essere perche' non ho scaricato lappe. "E che sarebbe 'sto lappe?". "E' che senza lappe non ci hai l'accesso". "E come si scarica 'sto lappe?". E lui mi spiega "cosi' e cosi'". "Grazie, eh", dico io. E scarico 'sto lappe.
Riprovo a scrivere 'ste ricette di Fanfatale su guggo, clicco e m'esce un'altra scritta americana, non quella di prima, un'altra.
Mo' m'ero proprio ... - non lo so se si puo' scrivere, che certe parole si dicono ma mi sa che non si possono scrivere. Allora richiamo Svicolaccio e gli dico che non funzia. "Perche' non funzia?", dice lui. "E che ne so perche' non funzia, ma di sicuro non funzia", dico io. E lui, "si vede che ci hai il sistema operativo vecchio che non regge lappe". E io, "E che vorrebbe di'?". E lui, "Ch'e' ora che ti fai il conpiute novo".
Ma io i baiocchi per il conpiute novo non ce l'ho, porca di quella porca della miseriaccia nera.
*
Un'altra volta.
Dice Quartiero che lui le partite se le vede tutte senza pagare niente che mica le guarda in televisione, se le guarda i strimmi sul conpiute. "Come come?", dico io. "I strimmi, e a gratis". "Ho capito, ma come?". "Come, come? Tu ce l'hai il conpiute?". "E ce l'ho si'". "E allora? Te le puoi vedere pure tu le partite i strimmi".
La sera a casa corro davanti al conpiute che c'e' il turno di Scenpiollik, scrivo Scenpiollik gratis e niente, scrivo partite a gratis e niente, scrivo coppacampioni i strimmi e niente. Allora telefono a Quartieraccio: "Ma come si fa a vedere 'ste partite i strimmi?". E lui: "E' facile, fai cosi' e cosi'". Io fo cosi' e cosi' e non succede niente. Allora telefono a Svicolone che le sa tutte. Ma lui mi dice che col conpiute mio le partite a gratis i strimmi non le posso vedere che gia' me l'ha detto che ci ho il conpiute vecchio che sarebbe ora che lo butto e me ne compro uno novo.
E niente partite, porca di quella zozza di quella zozzona della miseriaccia cagna e porca.
*
Ieri mattina mi chiama il capoccia nell'ufficio suo e mi dice "Bichello', qui andiamo male, eh". "E perche' andiamo male", dico io, che Bichello' sarebbe come mi chiamano a me con tutto che il nome mio ce lo sanno che e' Pancrazio. "E andiamo male si' che andiamo male, c'e' da fa' il lavoro agile e tu prima ti sei fatto segnare come lavoratore fragile per fare il lavoro agile, poi hai detto alla signorina che nel conpiute di casa non ci hai neppure la videocamera, e allora che lavoro agile vogliamo fare?". Adesso ditemi voi se uno come me con piu' di quarant'anni di servizio deve subire certe mortificazioni.
Io certe volte, porco di quel porco cane, farei uno sproposito.
Cosi' quando sono arrivato a casa ho preso la roncola che ci ho in garage, poi sono entrato in cucina che c'era mia moglie che cucinava le solite schifezze che cucina lei e con una botta sola le ho aperto la zucca come un cocomero, come un cocomero si'. Poi sono andato nel salotto dove c'era quel bojaccia del figlio grande che stava a guardare la televisione invece di studiare e con tre colpi di marraccio - giuro, tre colpi soli - gli ho staccato la testa dal collo. Poi sono entrato nella cameretta di Giulietta mia, anima innocente, che ormai era l'unico affetto e l'unica gioia che mi rimaneva dell'intero nucleo familiare e gli ho dato giu' senza neppure guardare, che alla fine avevo fatto la macelleria messicana come dicono quelli in televisione.
Poi ho telefonato a Svicolone per dirgli di andare a prendersela in saccoccia lui e tutti i conpiute del mondo che c'e'.
Poi mi sono messo comodo in salotto.
E poi ho aspettato.
Ho aspettato, ho aspettato, e adesso siete arrivati voi.
5. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: MAGARI
All'ottantesimo piano del grattacielo in fiamme.
- Io non ci credo, pero' se c'e' qualcuno che ci crede, magari sarebbe il momento di chiederglielo un aiutino a Domineddio, no?
6. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: TRANQUILLI IN CASA PROPRIA
Senti qua che mi capita proprio ieri. Saranno state che ne so le due del pomeriggio e bussano alla porta. Io non apro mai. Ma quello continua a bussare. Quando fanno cosi' allora non apro piu' di sicuro. Dopo un po' invece di smettere di scocciare i galantuomini al busso si aggiunge la voce, e ti pareva. "Aprite, polizia", dice. E lo ripete almeno almeno un milione di volte. E continua a bussare. A bussare e a strillare "Aprite, polizia".
Adesso, in primo luogo che ne sai se e' veramente la polizia? Magari e' un malintenzionato. E allora fai bene a non aprire.
Ma se invece e' proprio la polizia, allora io dico che allora si' che non devi aprire, perche' la polizia porta solo guai, chi non ce lo sa? Solo guai porta.
Cosi' non apro. Pero' quello continua a bussare e a strillare. Cosi' mi decido a prendere la pistola per sicurezza. Per difendere la mia privacy. E la mia proprieta'. L'appartamento e' in affitto ma dentro ci sono le cose di mia proprieta'. E aspetto. Vediamo chi si stanca prima, dico io.
Poi quelli che ti combinano? Invece di andarsene dicono che se non apro buttano giu' la porta. E vediamo se e' vero, dico io.
Insomma, era tutto sotto controllo, una cosa tranquilla, quando fuori dalla finestra vedo quel tizio che era salito con la scaletta dei pompieri o che ne so io, comunque era su una scaletta ed era proprio davanti alla finestra e stava cercando di spingere per aprirla con tutto che era chiusa, si vedeva benissimo che era chiusa, ma quello insisteva.
Adesso, siamo onesti, che avreste fatto voi? Io ho sparato.
7. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: TUTTO SI TIENE
Col reddito di cittadinanza garantiamo una rendita ai nostri.
Intanto con gli schiavi negri la produzione alimentare continua.
Tutto si tiene.
8. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: UNA DECISIONE
- Io in quel cavallo di legno non ci entro di sicuro. Che se se ne accorgono ci danno fuoco e noi facciamo la fine del sorcio arrosto.
- Ma insomma, dopo dieci anni che stiamo qui a fare la muffa, la vogliamo finire o no 'sta cavolo di guerra?
- E c'e' bisogno di questa scemenza?
- Intanto non e' una scemenza visto che l'ha pensata uno che lo chiamano mastro d'astuzie e tutte le sere e' in televisione. E poi per far finire 'sta zunna qualche cosa bisognera' pure inventarci, che mica si puo' andare avanti cosi'.
- E una bombetta atomica?
- Ad avercela, ma sul libero mercato le trovi solo a certi prezzi che gia' ti stendono quelli.
- Magari un bel bombardamento a tappeto di un par di settimane a iprite e fosgene, eh?
- E dove le trovi piu' le bombe d'iprite e di fosgene che le hanno consumate tutte gli italiani in Etiopia?
- E allora non sarebbe piu' facile dire signore e signori si torna a casa e chi s'e' visto s'e' visto?
- E il bottino?
- Con tutto quello che ci e' costata 'sta guerra fino a qui, neppure con l'assalto a Fort Knox ci ripianiamo le spese.
- Pero' ci siamo pure divertiti, no?
- Magari pure si', per questo sarebbe ora di tornare a casa. E tu piu' di me, che ci hai pure una moglie che ti aspetta.
- E chi lo sa se si ricorda ancora di me, che c'era quell'Egisto che le ronzava sempre intorno...
9. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: UN CONTRIBUTO STATISTICO - E NON SOLO - ALLA CONOSCENZA SCIENTIFICA DELLA NONVIOLENZA (CON ANNESSO CONCORSO A PREMI)
1. Prologo in medias res
Tra le persone amiche della nonviolenza vi e' la stessa percentuale di sadici e di masochisti, di imbecilli e di fascisti, di belve represse e scatenate che vi e' in ogni altro gruppo umano.
Le persone amiche della nonviolenza non sono ne' migliori ne' peggiori di tutte le altre.
Ma sanno una cosa: che il male e' male; e che anche se vi sono mille motivi per giustificare il male che si vuole commettere, decidono - con estrema fatica, e solo qualche volta con esito positivo - di non commetterlo. Pensa tu che fessi.
Sbagli, ne commettono quanti e piu' degli altri.
Previsioni, ne azzeccano poche, come chiunque.
Pensano che ogni essere umano abbia diritto a vivere una vita dignitosa.
E pensano che tutte le vite abbiano un valore.
E che il mondo e' confuso e complicato, e che tutte le cose si intrecciano tra loro. Cosicche', anche se tu non puoi saperlo, magari quella minima particola di bene che ti puo' capitare di fare oggi puo' produrre un giorno in qualche luogo fisico o morale dei buoni frutti che tu non vedrai, ed e' comunque sempre valsa la pena di farla.
Io le persone amiche della nonviolenza proprio non le sopporto. Se avessero una sana vita sociale e sessuale, con le schiave e i baccanali, la coca e le catene, le fustigazioni e tutto, io dico che allora sarebbero normali pure loro e la pianterebbero con tutte quelle fisime della pace, della solidarieta' e del comunismo.
*
2. Guinness ed altre birre
Le piu' stupide tra le persone stupide amiche della nonviolenza sono i sapientoni, i professori e i professionisti di tutte le dottrine e di tutti i mestieri. Non si accorgono piu' della violenza intrinseca ai rapporti di potere che essi stessi esercitano in proprio e a vantaggio degli oppressori. Sono cosi' abituati a mangiare carne umana che non ci pensano neppure piu'.
Se accade che giungano al potere, nove volte su dieci si trasformano in Hitler. Tutti quelli che giungono al potere nove volte su dieci si trasformano in Hitler.
L'umanita' e' semplice e prevedibile. Le persone si assomigliano tutte.
*
3. Wu wei
Qualunque cosa fai sbagli.
Se taci, perche' taci.
Se parli, perche' parli.
Se agisci, perche' agisci.
Se ti astieni, perche' ti astieni.
Questo ho imparato viaggiando per il mondo rapinando e sgozzando i viandanti piu' deboli di me.
*
4. Il concorso a premi
Se non mi hai ancora incontrato, allora fin qui hai sempre vinto. E dunque piantala di lamentarti, babbeo.
10. RICORRE OGGI, 27 OTTOBRE, LA XIX GIORNATA ECUMENICA DEL DIALOGO CRISTIANO-ISLAMICO
Ricorre oggi, 27 ottobre 2020, la XIX Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico, una iniziativa di pace, di fraternita' e sororita' che convoca ogni persona di volonta' buona, di qualunque confessione religiosa e di qualunque visione del mondo anche non religiosa, all'incontro, al colloquio corale ed a costruire insieme una societa' di persone tutte libere ed eguali in dignita' e diritti, tutte responsabili e sollecite nell'impegno di cura, di solidarieta', di condivisione del bene e dei beni.
E questa giornata cade anche nel cuore - nella quarta giornata - della "Settimana internazionale per il disarmo" promossa dall'Onu, cosicche' le due ricorrenze si uniscono in una medesima convocazione dell'umanita' intera a far cessare la guerra e tutte le uccisioni, a far cessare il razzismo e tutte le persecuzioni, a far cessare il maschilismo e tutte le oppressioni, a far cessare ogni schiavitu' ed ogni sopraffazione, ogni rapina ed ogni devastazione.
Questa giornata di dialogo, come questa settimana d'impegno, interpella ogni essere umano e lo invita all'agire comune in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente.
Questa giornata di dialogo, come questa settimana d'impegno, chiama ogni persona a contrastare il male facendo il bene, a sconfiggere la violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe: questo e' l'appello che tutte le grandi tradizioni di pensiero e azione dell'umanita' rivolgono ad ogni singola persona come a tutte le aggregazioni sociali.
*
Siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Il primo dovere e' salvare le vite.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Condividere il bene ed i beni.
*
In questi giorni di dolore e paura si persuada ogni essere umano che una e' l'umanita', che ogni persona e' responsabile di tutto, che tu devi agire nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Si inveri finalmente in tutto il mondo il pieno rispetto di tutti i diritti sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani.
Si abolisca finalmente in tutto il mondo la prima radice e il primo paradigma di tutte le violenze: l'oppressione maschilista che nega piena eguaglianza di dignita' e diritti a meta' del genere umano.
Si realizzi in tutto il mondo il disarmo affinche' nessun essere umano sia mai piu' ucciso da un altro essere umano, dall'altrui indifferenza, da un potere assassino, da un disumano istituto, da una disumana ideologia.
Si riconosca in tutto il mondo il diritto di tutti i popoli, di tutte le culture, di tutte le persone alla liberta', alla giustizia, alla solidarieta', alla condivisione del bene e dei beni.
Ogni essere umano e' un valore infinito. Ogni essere umano e' parte dell'umanita'. Cosi' come l'intera umanita' e' parte di quest'unico mondo vivente che conosciamo ed abitiamo, e di esso deve essere sollecita e accudente custode.
Solo nell'impegno comune ad abolire l'ingiustizia e la violenza e' la giustizia e la civile convivenza.
Solo l'universale misericordia si oppone all'universale massacro.
Solo nel riconoscimento reciproco, nel rispetto reciproco, nell'aiuto reciproco, nella responsabilita' condivisa, nella fraterna e sororale convivenza, nella convivialita' che nessuna persona esclude e tutte accoglie ed ama e protegge, solo qui e' la salvezza comune.
*
Il fascismo, che e' assoluta violenza nemica dell'umanita', puo' essere sconfitto solo dalla nonviolenza, che e' antifascismo integrale, l'umanita' che si riconosce umana, che si autocomprende come un'unica umana famiglia in un unico mondo vivente di cui prendersi cura.
Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere. Sii tu la nonviolenza in cammino.
Chi salva una vita, salva il mondo.
11. ERASMO, O DELL'UMANITA'. UN RICORDO NELL'ANNIVERSARIO DELLA NASCITA, E NEL CORSO DELLA "SETTIMANA INTERNAZIONALE PER IL DISARMO" PROMOSSA DALL'ONU
Il 27 ottobre 1467 nasceva Erasmo da Rotterdam, il principe degli umanisti europei e il fondatore del pacifismo moderno.
Ricordandolo con gratitudine che non si estingue, riproponiamo un estratto da uno scritto a lui dedicato come introduzione a un'edizione italiana di circa vent'anni fa della sua "Querela pacis".
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Una introduzione al "Lamento della pace" di Erasmo da Rotterdam (2002)
Questo sapeva Erasmo: che la guerra e' sempre un male e il piu' grande dei mali: uccisione di esseri umani, che l'attivita' dei soldati e' l'assassinio, che chi giustifica la guerra e' complice degli assassini, e chi la organizza e promuove e' il primo e il principe degli assassini. E che bisogna scegliere tra omicidio e civilta', tra la morte e la vita degli esseri umani.
Cosi' leggere Erasmo e' gettarsi nella lotta, nella lotta contro la violenza e per l'umanita'. Non si puo' leggere questo sorridente umanista senza sentirsi toccati nel profondo: poiche' in tutta l'opera sua incessante ti rivolge un appello a un'impresa comune: l'affermazione della dignita' umana e dell'umana solidarieta', l'opposizione alla violenza e alla menzogna.
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Dopo Auschwitz
Diciamolo subito: c'e' un passo nella Querela Pacis che e' di un razzismo ripugnante: e' un passo minuscolo, ma una caduta rovinosa; che deturpa questo per il resto splendido testo, e ci addolora e ferisce vieppiu' proprio per l'ammirazione che per Erasmo abbiamo e proprio perche' lo troviamo in flagrante contraddizione con quanto di buono e di vero Erasmo ci ha insegnato. Ma c'e', e ci rende avvertiti di quanto questa indimenticabile esortazione alla pace e alla solidarieta' tra gli esseri umani sia tuttavia un testo lontano da noi non solo nel tempo; ci rende avvertiti di come l'orizzonte culturale dell'autore del Lamento della pace e dell'Elogio della follia non sia il nostro, gli interlocutori cui esso direttamente si rivolgeva non siamo noi, e solo andando oltre i limiti storici e culturali di Erasmo si puo' ereditare e inverare il messaggio di Erasmo piu' autentico e fecondo.
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Del buon uso della Querela Pacis
La Querela Pacis puo' essere letta in molti modi diversi.
Si puo' leggere come un repertorio di argomenti contro la guerra (ma non e' mai una buona lettura quella che sbrana l'altrui discorso per rivenderne le spoglie); come un classico (col rischio inerente ad ogni lettura di classici fatta per dovere di studio o di informazione: il rischio della mummificazione che ne annienta il valore dialogico); e si puo' leggere come un appello, che ci riguarda e ci convoca a una discussione franca, ed ai compiti nostri: ed e' questa la nostra lettura.
Ma proprio per questo occorre che leggiamo questo testo con coscienza storica, collocandolo nel suo preciso contesto, l'Europa del primo Cinquecento.
Apparso nel 1517, testo d'occasione, come pressoche' tutta l'opera in proprio di Erasmo, scritto su sollecitazione della cancelleria di quel Carlo che diverra' l'imperatore Carlo V (e per il quale Erasmo aveva gia' scritto l'Institutio principis christiani), la Querela Pacis ha un preciso destinatario immediato: si parla per essere ascoltati dai principi, dai principi cristiani, e dalla loro azione, dal loro potere ci si attende la pace, loro si cerca di convincere. Sappiamo come andra' a finire.
Ma la Querela Pacis e' anche il compendio di una costante riflessione ed azione di Erasmo: il suo irenismo e' premessa ed esito del suo progetto culturale, esistenziale, politico: promuovere l'umana dignita' e fratellanza in un orizzonte di cristianesimo e cristianita' rinnovati dal ritorno all'autentico messaggio di Cristo, quello dei Vangeli; rinnovamento cristiano (rigenerazione, riforma; movimento di rivolgimento al passato in funzione di apertura al futuro) reso possibile dall'uso critico della strumentazione tecnica e morale messa a disposizione dalle "bonae litterae", il recupero filologicamente adeguato della cultura classica e delle fonti evangeliche e patristiche del cristianesimo, ed avvalendosi della stampa, la grande rivoluzione tecnologica che rende possibile una diffusione della cultura senza precedenti per estensione e profondita', che permette di costruire una sempre piu' vasta comunita' di intellettuali, e che consente un condiviso agire ermeneutico che prosegue ed invera il modello di Girolamo e adotta il metodo di Valla.
Sappiamo che nell'impegno per la pace, e non solo, Erasmo fu sconfitto. Ma e' dalla storia dei vinti che traiamo le nostre ragioni, non da quella dei vincitori.
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Dall'irenismo alla nonviolenza
E' facile individuare i limiti del pacifismo erasmiano e piu' in generale del pacifismo umanistico e cristiano del XVI secolo: ed e' facile dire della sua insufficienza per l'oggi, che occorre passare dal pacifismo alla nonviolenza. E' facile dirlo, eppur va detto.
Ma attenzione a non semplificare e banalizzare oltre il lecito.
La sua azione pacifista non e' circoscritta ad alcuni testi ma anima e si invera nella sua stupefacente attivita' filologica ed editoriale, nel suo epistolario che costruisce una comunita' di studiosi che attraverso le bonae litterae combattono il fanatismo ed affratellano i popoli.
Che la pace sia stata una delle preoccupazioni centrali del pensare ed agire di Erasmo e' notissimo, e quasi non c'e' pagina di Erasmo che non sia invocazione alla pace; ha scritto giustamente Eugenio Garin che "per Erasmo la pace, l'ideale della pace come concordia umana, era lo stesso ritorno al Vangelo".
Di cosa stiamo parlando quando parliamo dell'azione e dell'opera di Erasmo?
Cosa ci dice l'attivita' editoriale di Erasmo? Quel restituire la parola ai defunti ed aprire con loro un dialogo nuovo; quel ritorno al semplice e all'autentico; quella lezione di metodo fondata sul non fraintendere, non deformare, non mentire: non e' una prassi di pace e di nonviolenza?
Cosa ci dice l'epistolario di Erasmo? Non e' costruzione di umanita', sostituzione della comprensione e del rispetto reciproco alla sopraffazione e all'inganno? Non e' lotta incessante contro la chiusura e contro l'esclusione, contro l'ignoranza e contro l'avvilimento? Questa lotta contro il fanatismo e la repressione non e' anch'essa ipso facto prassi di pace e di nonviolenza?
E il suo costante tornare al cristianesimo di Cristo, al cristianesimo il cui monumento teorico e' il discorso della montagna? Non e' forse un invito incessante a passare dall'irenismo predicato alla nonviolenza praticata? Non vi e' gia' qui, in questa persona cosi' sensibile alla vita concreta, alla felicita' terrestre e condivisa, propugnatore di un retto e nobile epicureismo che si connette e non si oppone alla lezione del cristianesimo come umanesimo, non vi e' qui il presagire e il suggerire che occorre un salto, dall'irenismo alla nonviolenza?
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Dire di no
Quest'uomo che fu il principe della cultura europea nei primi decenni del XVI secolo, che fu ascoltato e ammirato da re e papi e imperatori, che le parti in conflitto cercavano di accaparrare alla propria causa, fu e sara' sempre un tipo sospetto per gli autoritari di ogni schieramento.
Un tipo sospetto perche' non si prestava alla propaganda, cui e' consustanziale l'uso del travisamento delle opinioni altrui e della menzogna come primo strumento d'offesa (e quando si comincia con l'accoppare la verita' poi si accoppano le persone); un tipo sospetto perche' detestava i fanatismi e le irragionevolezze e la mancanza di misericordia; un tipo sospetto perche' sapeva dire di no.
Vi e' un luogo comune, alimentato da una propaganda accanita: che Erasmo fosse un tiepido, un pusillanime, che non sapesse prendere posizione, che si ritraesse dinanzi agli sviluppi di quanto aveva pur seminato, e cosi' via.
E si dimentica che invece Erasmo non volle mai essere il servo della violenza (quali che fossero le ragioni di cui essa si ammantava: e nella sartoria presso cui la violenza si abbiglia si trovano sempre abiti di gran classe): e questo e' il nostro Erasmo: che la storia lo abbia sconfitto, ahime', che disastro per la storia, e quante sofferenze per l'umanita'.
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L'opera dimenticata
Fatta eccezione per una ristretta cerchia di studiosi, Erasmo e' oggi uno sconosciuto: della sua opera e della sua figura ci si sbarazza in fretta attraverso la ripetizione di pochi luoghi comuni.
Eppure la sua opera e' immensa. Ma in cosa consiste?
In primo luogo: l'opera di Erasmo e' innanzitutto quella di un grande editore e commentatore di opere fondamentali della cultura cristiana e classica. Erasmo fu il principe degli umanisti innanzitutto con la sua infaticabile attivita' di editore. Dalle sue cure usci' la prima edizione critica del Nuovo Testamento.
In secondo luogo: fu un epistolografo infaticabile: e' attraverso le lettere (e la pubblicazione di raccolte di esse, con cui si allargava straordinariamente l'area degli interlocutori) che Erasmo guida e quasi crea quella vera e propria aggregazione delle persone colte che diviene la base relativamente di massa del movimento per la renovatio cristiana fondata sulla ripresa delle bonae litterae.
In terzo luogo: fu autore di opere in proprio, naturalmente, ma sebbene esse nascano da istanze sovente occasionali (divulgazione, polemiche) tutte si rivelano solidamente collegate a un progetto di intervento culturale che prolunga e precisa l'attivita' editoriale: il progetto erasmiano della promozione della cultura come lotta contro il fanatismo e la violenza, di promovimento dell'umanesimo cristiano come rigorizzazione morale e benevolenza ad un tempo.
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Cosi' lontano, cosi' vicino
Erasmo e' lontano da noi.
Non ingannino alcune analogie tra l'epoca che fu sua e quella che in sorte ci e' toccata. E' lontano da noi.
Ed insieme e' cosi' vicino: nel suo scacco, nella sua illusione. Ma quella illusione, di istituire una societa' civile che ogni essere umano raggiunga, e fondata sul diritto e la pace, e' ancora la nostra.
Ed e' nostro il suo scacco. Ed e' nostro il medesimo compito: che quello scacco diventi coscienza, che quella illusione divenga realta', che la figura di Erasmo si adempia nell'umanita' cosciente e liberata che videro Giacomo Leopardi e Franco Fortini (non solo presagirono, non solo sperarono: videro, poiche' ne furono in strazio e in isforzo prefigurazione).
E dell'opera tutta di Erasmo la Querela Pacis talora ci accade di intendere come il cuore segreto: ancor piu' dell'Elogio della follia, ancor piu' dei Colloquia e degli Adagia, ancor piu' dell'opera grandiosa del filologo e dell'editore. Il cuore segreto e pulsante.
Veramente il programma e l'appello di Erasmo e' il nostro ancora: si potrebbero aggiungere infinite glosse e distinguo infiniti, ma il succo prezioso ci pare sia qui: solo la pace promuove la dignita' umana, solo la dignita' umana costruisce la pace, solo la consapevolezza che l'io nel tu si specchia, e la consapevolezza ad un tempo che il tu resta irriducibilmente altro dall'io e questa diversita' va rispettata e difesa poiche' e' la pupilla del mondo; ed in questo processo di riconoscimento e di rispetto per la vita dell'altro e' il sale della terra e l'identita' tua profonda: "esser uomo tra gli umani / io non so piu' dolce cosa" (Saba).
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Una breve notizia biobibliografica su Erasmo
Nacque Erasmo tra il 1466 e il 1469 da genitori non uniti in matrimonio, fanciullo frequenta a Deventer una scuola dei Fratelli della Vita Comune; nel 1479 la peste uccide la madre, poi il padre; spinto dai tutori Erasmo entra nel convento di Steyn, presso Gouda, e abbraccia la vita religiosa. Negli anni di Steyn studia alacremente e si segnala come latinista. Nel 1492 e' ordinato prete. Nel 1492 lascia Steyn per entrare al servizio di Enrico di Berghes, vescovo di Cambrai. Nel 1495 ottiene di andare a studiar teologia a Parigi, l'anno dopo lascia il collegio Montaigu e si guadagna da vivere facendo il precettore. La sua sara' una vita di andirivieni per l'Europa, con prevalente residenza nell'area tra Lovanio, Basilea e Friburgo, ma con fondamentali protratti soggiorni in Inghilterra, ed un operoso viaggio in Italia. Nel 1499 compie il suo primo soggiorno in Inghilterra, e vi conosce Thomas More e John Colet. Nel 1500 a Parigi pubblica la prima edizione degli Adagia; nel 1501 pubblica il De Officiis di Cicerone ed inizia cosi' la sua fondamentale attivita' di editore di classici; nello stesso anno studia il greco. Nel 1502 muore Enrico di Berghes, Erasmo va a Lovanio. Nel 1503 pubblica l'Enchiridion militis christiani, nel 1504 il Panegyricus ad Philippum Austriae ducem (uno dei primi importanti testi pacifisti di Erasmo); nel 1505 edita le Annotazioni sul Nuovo Testamento di Lorenzo Valla, compie il suo secondo soggiorno in Inghilterra. Dal 1505 al 1509 e' in Italia: a Venezia presso Aldo Manuzio svolge un'attivita' editoriale cospicua. Lasciando l'Italia medita l'Elogio della follia, che pubblichera' nel 1511 dedicandola a Thomas More. Dal 1509 al 1514 e' perlopiu' in Inghilterra. Nel 1513 muore Giulio II, e viene pubblicato il libello Julius exclusus e coelis, violento attacco alla figura del papa-guerriero: un testo attribuito ad Erasmo, sebbene egli sempre abbia negato di esserne autore. Nel 1514 e' a Basilea ed inizia il sodalizio editoriale con lo stampatore ed amico Johann Froben. E presso Froben nel 1515 pubblica tra l'altro un'edizione di Seneca. Nel 1516 pubblica la prima edizione critica del Nuovo Testamento. Inizia anche a pubblicare raccolte del suo epistolario. Nel 1516 gli viene attribuita la carica onoraria di consigliere di Carlo d'Asburgo (il futuro imperatore Carlo V, che gia' nel corso dell'anno diverra' re di Spagna), e pubblica l'Institutio principis christiani. Sempre quest'anno pubblica la sua edizione dell'Opera omnia di Girolamo, e un'edizione della Grammatica institutio di Teodoro di Gaza. Pubblicazione dell'Utopia di Thomas More. Nel 1517 (che e' anche l'anno delle novantacinque Tesi di Lutero) pubblica la Querela Pacis, Carlo si trasferisce in Spagna ma Erasmo non lo segue. Dal 1517 al 1522 sara' prevalentemente a Lovanio. Nel 1518 pubblica tra l'altro l'Encomium matrimonii. Nel 1519 pubblica la seconda edizione del Nuovo Testamento, un'edizione di Cipriano, ed esce un'edizione delle Familiarum colloquiorum formules, che diverranno i Colloquia; Carlo viene eletto imperatore. Muore John Colet. Nel 1520 pubblica gli Antibarbari. E' l'anno della bolla papale Exurge Domine, che Lutero da' pubblicamente alle fiamme. Nel 1521 pubblica il De contemptu mundi. Nel 1522 si trasferisce da Lovanio a Basilea; viene pubblicata da Froben la prima edizione autorizzata dei Colloquia, la terza edizione del Nuovo Testamento, vari altri lavori (tra cui l'edizione di Arnobio). Nel 1523 alle edizioni e commenti di testi neotestamentari e patristici (Ilario) aggiunge anche le Tuscolane di Cicerone (e nel 1525 l'Historia Naturalis di Plinio il Vecchio). Declina l'invito di Francesco I a trasferirsi in Francia. Nel 1524 esce il Libero arbitrio cui Lutero replichera' col Servo arbitrio, al quale Erasmo rispondera' con l'Hyperaspistes nel '26. Sempre nel '26 pubblica l'Institutio matrimonii christiani e l'edizione di Ireneo. Nel 1527 la quarta edizione del Nuovo Testamento e l'edizione delle opere di Ambrogio. E' l'anno del sacco di Roma. Nel 1528 pubblica il Ciceronianus. Nel 1529 pubblica il De pueris statim ac liberaliter instituendis, e l'Opera omnia di Agostino. Dal 1529 al 1533 e' prevalentemente a Friburgo. Nel '30 cura l'edizione di Giovanni Crisostomo e pubblica la sua Consultatio de bello turcis inferendo. Nel '31 edizione di Aristotele, Livio, Gregorio Nazianzeno, e Paraphrasis in Elegantias L. Vallae. Nel '32 edizioni di Demostene e Terenzio. Nel '33 pubblica la De sarcienda Ecclesiae concordia. Nel 1534 la Preparazione alla morte. Nel 1535 a Basilea, quinta edizione del Nuovo Testamento. Decapitazione di Thomas More, imprigionato l'anno prima. Erasmo rifiuta l'offerta del cappello cardinalizio. Nel 1536 cura l'edizione di Origene. Muore a Basilea tra l'11 e il 12 luglio.
Una bibliografia orientativa: I. Le opere di Erasmo. L'opera omnia di Erasmo si legge ancora nell'edizione di Leida (Lugduni Batavorum) del 1703-1706 a cura di Jean Leclerc (Joannes Clericus), ristampata nel 1961 a Hildsheim. Dal 1969 e' in corso ad Amsterdam l'edizione critica, di cui sono gia' usciti vari volumi. Il monumentale e fondamentale epistolario di Erasmo e' stato edito da P. S. Allen e collaboratori e prosecutori ad Oxford tra il 1906 e il 1958. II. Alcune opere di Erasmo disponibili in italiano. Per la Querela Pacis segnaliamo le edizioni curate da Luigi Firpo (Erasmo, Il lamento della pace, Utet, Torino 1967; poi Tea, Milano); da Franco Gaeta (Erasmo, Contro la guerra, Japadre, L'Aquila 1968, che reca anche il Dulce bellum inexpertis); da Eugenio Garin (nella sezione di testi erasmiani inclusa nella sua monografia Erasmo, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole 1988, di cui diremo piu' avanti). Ovviamente quasi non c'e' casa editrice, grande o piccola, che non abbia pubblicato l'Elogio della follia, sovente arricchito da perspicue introduzioni e prefazioni di preclari studiosi. Dall'edizione a cura di Benedetto Croce per Laterza (Elogio della pazzia e Dialoghi, Laterza, Bari 1914), a quella a cura di Tommaso Fiore per Einaudi (Elogio della pazzia, Einaudi, Torino 1943), a quella a cura di Eugenio Garin (Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia, Serra e Riva, Milano 1984, poi Mondadori, Milano 1992) ad innumerevoli altre: tra le recenti segnaliamo quella di Luca D'Ascia con un saggio di Bainton, per Rizzoli. Dei Colloquia dopo la traduzione parziale di Gian Piero Brega (Erasmo, I colloqui, Feltrinelli, Milano 1959, poi in edizione rivista 1967; e adesso Garzanti, Milano 2000) finalmente e' stata pubblicata una traduzione integrale con testo a fronte: Erasmo da Rotterdam, Colloquia, Einaudi, Torino 2002 (progetto editoriale e introduzione di Adriano Prosperi, traduzione, cura e apparati di Cecilia Asso). Degli Adagia segnaliamo la pregevole edizione di un piccolo ma prezioso saggio di essi a cura di Silvana Seidel Menchi: Erasmo, Adagia. Sei saggi politici in forma di proverbi, Einaudi, Torino 1980. Una segnalazione particolare vogliamo fare anche per L'Institutio principis christiani, nella traduzione italiana a cura di Margherita Isnardi Parente: Erasmo da Rotterdam, L'educazione del principe cristiano, Morano, Napoli 1977. Va letto anche almeno il Libero arbitrio nell'utile edizione a cura di Roberto Jouvenal: Erasmo, Il libero arbitrio (testo integrale); Lutero, Il servo arbitrio (passi scelti), Claudiana, Torino 1969, seconda edizione del 1973. Una nuova edizione del solo testo erasmiano (ma con una prefazione di Sergio Quinzio) e' nella traduzione di Italo Pin: Erasmo da Rotterdam, Sul libero arbitrio, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1989. Ovviamente vari altri testi di Erasmo sono disponibili in traduzione italiana. E' opportuno avvertire che sovente gli apparati critici e informativi che accompagnano le traduzioni italiane dei testi erasmiani sono assai approssimativi. III. Alcune opere su Erasmo. Chiunque si accosti alla letteratura critica novecentesca su Erasmo non puo' non notare la presenza tra i suoi studiosi di un elevato numero di persone che hanno dato buona prova di se' nell'opporsi al fascismo: scorrendo i nomi dei traduttori, dei curatori, degli autori di studi e ricerche erasmiane trovi alcune delle figure piu' nitide ed alte dell'antifascismo e della Resistenza. Pensiamo che non avvenga per caso. Ed anche se in questa nota non citiamo che pochi autori di contributi maggiori, vorremmo qui idealmente ricordarli tutti, con ammirazione ed affetto. Tra le principali monografie disponibili in italiano che ricostruiscono vita, personalita', riflessione ed opera di Erasmo segnaliamo particolarmente le seguenti: Johan Huizinga, Erasmo, Einaudi, Torino 1941 (piu' volte ristampata); Roland H. Bainton, Erasmo della Cristianita', Sansoni, Firenze 1970; Pierre Mesnard, Erasmo, Accademia Sansoni, Milano 1971; Cornelis Augustijn, Erasmo da Rotterdam. La vita e l'opera, Morcelliana, Brescia 1989; Leon E. Halkin, Erasmo, Laterza, Roma-Bari 1989. Fondamentale e' anche Hugh R. Trevor-Roper, Protestantesimo e trasformazione sociale, Laterza, Bari 1969 e piu' volte ristampato; il primo saggio del volume e' specifico su Erasmo, ma - scrive l'autore nella prefazione all'edizione italiana, e dice bene - "la figura e le idee di Erasmo dominano il libro. Se questi saggi, come spero, hanno una loro unita', mi sembra che il filo conduttore sia appunto la sconfitta delle prospettive aperte da Erasmo". Su Erasmo e la pace cfr. Eugenio Garin, Erasmo, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1988 (che reca anche i seguenti testi erasmiani: il Dulce bellum inexpertis, dagli Adagia; la Querela Pacis; e tre testi dai Colloquia: la Confessio militis, Militis et Cartusiani, il Charon). Per una puntuale collocazione di Erasmo nella tradizione (ed alle radici) del pensiero pacifista moderno si veda anche l'eccellente antologia a cura di Ernesto Balducci e Lodovico Grassi, La pace. Realismo di un'utopia, Principato, Milano 1983. Per la bibliografia cfr. (in francese) gli ottimi lavori specifici di Jean-Claude Margolin. Su Erasmo e l'erasmismo fondamentali sono gli studi di Augustin Renaudet, Marcel Bataillon, e per l'Italia Silvana Seidel Menchi, Erasmo in Italia. 1520-1580, Bollati Boringhieri, Torino 1987. Su Erasmo e l'Italia cfr. anche i classici studi (che non ci risulta siano stati tradotti in italiano) di P. De Nolhac, Erasme en Italie. Etude sur un episode de la Renaissance, Paris 1888; ed Augustin Renaudet, Erasme et l'Italie, Geneve 1954, nuova ed. 1998. Vari studiosi italiani nel corso degli ultimi decenni hanno dedicato ad Erasmo studi talvolta perspicui, rinunciamo a darne qui un elenco rinviando alle bibliografie contenute nei volumi sopra segnalati. Degli autori gia' citati vorremmo ricordare altri libri a nostro parere utili a lumeggiare le premesse, il contesto o l'eredita' erasmiana: di Johan Huzinga cfr. anche L'autunno del Medioevo (Sansoni) e La civilta' olandese del Seicento (Einaudi); di Pierre Mesnard si veda anche almeno l'eccellente Il pensiero politico rinascimentale, 2 voll., Laterza, Bari 1963-1964; di Eugenio Garin e di Ernesto Balducci si dovrebbero ricordare qui innumerevoli opere, basti aver reso omaggio ai loro nomi di maestri.
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Una minima nota di aggiornamento bibliografico del 2005
La notizia biobibliografica su Erasmo che precede integrava l'introduzione di Peppe Sini a una traduzione italiana della Querela Pacis pubblicata dalla casa editrice Multimage a Firenze nel 2002. Ovviamente la bibliografia dovrebbe essere aggiornata; tra vari altri utili volumi apparsi negli ultimi anni in Italia ricordiamo almeno: Erasmo da Rotterdam, Pace e guerra, Salerno Editrice, Roma 2004, a cura di Italo Francesco Baldo - quattro classici testi erasmiani: la Oratio de pace, la Querela Pacis, il De bello Turcis inferendo, la Precatio pro pace Ecclesiae -; Erasmo da Rotterdam, Per una libera educazione, Rizzoli, Milano 2004, a cura di Luca D'Ascia; Erasmo da Rotterdam, Il lamento della pace, Rizzoli, Milano 2005, a cura di Federico Cinti, e con un saggio di Jean-Claude Margolin.
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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 443 del 9 febbraio 2021
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