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[Nonviolenza] Archivi. 439
- Subject: [Nonviolenza] Archivi. 439
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- Date: Fri, 5 Feb 2021 07:40:25 +0100
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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Numero 439 del 5 febbraio 2021
In questo numero:
1. Alcuni testi del mese di ottobre 2020 (parte sesta)
2. Benito D'Ippolito: Oggi i governanti raccontano
3. Omero Dellistorti: A cena dal dottore
4. Omero Dellistorti: Invece. Un compendio a edificazione della negletta umanita' (istruttivo e ritwittabile)
5. Omero Dellistorti: La verita'
6. Omero Dellistorti: Si vende?
7. Omero Dellistorti: Tattamello e Chiacchiarone
8. Omero Dellistorti: Uno sceneggiatore
9. Bonaria Manca
10. Enzo Mari
11. Lea Vergine
12. Ricordando Vittorio Foa
13. Un anno fa ci lasciava Teresa Blasi. L'Associazione familiari e sostenitori sofferenti psichici della Tuscia (Afesopsit) la ricorda con nostalgia e gratitudine
14. Omero Dellistorti: Il nipote di Alce Bianco
15. Omero Dellistorti: La cerimonia
16. Omero Dellistorti: Sbroccolone
1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI OTTOBRE 2020 (PARTE SESTA)
Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di ottobre 2020.
2. BENITO D'IPPOLITO: OGGI I GOVERNANTI RACCONTANO
Oggi i governanti di questo paese raccontano come fosse una favola antica di quanto siano stati impreparati, irresponsabili e incapaci negli scorsi mesi.
Decine di migliaia di morti ci sono costate la loro impreparazione, irresponsabilita', incapacita'.
Tra qualche mese faranno lo stesso racconto riferito a questi giorni.
Non so se saro' ancora vivo.
*
No al fascismo, no al razzismo, no al maschilismo, no ai poteri criminali, no al regime della corruzione, no alla barbarie che dilaga.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi unitevi nella lotta per la liberazione e la salvezza comune.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
3. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: A CENA DAL DOTTORE
Io neppure lo so perche' ci vado. Che tutte le volte mi dico che e' l'ultima perche' non li sopporto, nessuno li sopporto. Preferirei cenare insieme a un coccodrillo.
Pero' come si fa? Quando sei un dipendente e un soprastante ti invita non e' che puoi mandarlo a quel paese come sarebbe giusto, no, devi fare buon viso a cattivo gioco, e dire di si'.
Che io proprio non ne posso piu' di dire sempre di si', pero' come si fa? Bisogna pur campare, no?
*
Per esempio ieri in ufficio. Io avevo fatto il lavoro mio, e lo avevo fatto bene. Quando il capufficio mi chiama e mi dice che c'e' da rifare il lavoro del geometra Mancollo che non ne azzecca una neanche per sbaglio; io gli dico che lo dovrebbe rifare il geometra Mancollo il lavoraccio suo che io ci ho gia' da fare il lavoraccio mio; allora quello che siccome e' il capufficio gli pare di essere il re delle due Sicilie e delle due Sardegne messe insieme comincia a strillare che lo decide lui chi fa questo e chi fa quello e che se non la pianto di fare il piantagrane e il sindacalista dei suoi stivali lui mi caccia con un calcio, e aggiunge un'espressione irriferibile, irriferibile. Insomma, io ci ho la mia dignita', e sentirmi dire che mi si prende a calci nel didietro e' una cosa che un uomo che ci ha una sua dignita' non la puo' mandare giu'. Io non e' che sono comunista, eh, ho sempre votato per lo scudocrociato, ma certe volte, certe volte mi viene da pensare che i comunisti ci hanno proprio ragione a dare fuoco al Louvre, porca paletta. E mi immagino di farne certe, ma certe, che e' meglio che non vi dico.
Ma il lavoro e' il lavoro, prima quando ero disoccupato ho fatto la fame vera, e poi e' successo pure quel fattaccio che io non c'entravo niente che neanche c'ero e pero' m'arrestarono lo stesso perche' dicevano che ci avevo la fragranza, e insomma devo restare calmo e buono e zitto e abbozzare perche' gli sbirri gia' mi stanno col fiato sul collo e allora bisogna che faccio il sottomarino come dice lo zio Nino, il sottomarino che sarebbe che tengo la bocca chiusa senno' si riempie di acqua perche' il sottomarino sta sempre zitto zitto sott'acqua e quando meno te l'aspetti colpisce, come lo squalo e il mostro di Loch Ness. E allora sto zitto che ce lo so che gli sbirri mi tengono d'occhio. E mi tiene d'occhio pure lo zio Nino che mi ha detto che la devo fare finita di fare le stupidate che se la faccio finita e mi dimostro affidabile quando gli pare che sia il momento giusto ci pensa lui a darmi la spintarella che ci serve e allora mi sistemo e smetto di lavorare e di dire signorsi', cioe' lo dico solo allo zio Nino, che poi manco te lo chiede di dire signorsi', ti chiede solo di fare quello che ti dice di fare, che poi manco te lo dice lui, te lo fa dire da uno che neppure te lo dice che l'ha detto lo zio Nino che la prudenza non e' mai troppa e un uomo che e' un uomo ce lo sa che non si deve mai dire niente, per questo ci abbiamo le braccia con attaccate le mani, perche' fare e' meglio che dire.
Se non c'era lo zio Nino io ancora stavo dove stavo che come minimo mi davano vent'anni invece lui mi mise l'avvocato buono e l'avvocato buono la prima cosa che mi disse fu che io dovevo stare ztto che doveva parlare solo lui che ce lo sapeva lui quello che doveva dire e dopo tre anni ero fuori. L'avvocato e' un bel mestiere. Tutto sta a saperle sparare grosse senza che ti viene da ridere.
Pero' ha detto lo zio Nino che devo aspettare che me lo dice lui quando mi passa di grado e per adesso devo stare qui all'ufficio tecnico del Comune a disposizione a mettere a posto le carte come dice lui.
Cosi' abbozzo, pero' rosico. Ci avro' diritto di rosicare visto che abbozzo, no?
*
Pure a casa: io cerco di starci poco a casa con tutto che al bar m'annoio, ma a casa mi scoccio di piu' che ci stanno mia madre e mia moglie che gia' una non la sopporterebbe neppure un santo, figurarsi tutte e due insieme. Non faccio in tempo a mettere piede dentro casa che una dice che c'e' da cambiare la lampadina, quell'altra dice che e' arrivata la bolletta, e la prima ricomincia che Giggetto le ha fregato i soldi dal borsellino per comprarcisi la droga che Giggetto ci ha sette anni e semmai ci si sara' comprato le caramelle, e la seconda continua che Nuccia bisogna comprarle le scarpe nuove che i figli crescono, e insomma non si stanno zitte un minuto che uno non fa in tempo a entrare a casa sua che e' sempre 'sto pinghete e ponghete, e basta, no? Poi dice che uno mena la moglie, e ci credo, mica posso menare mia madre, no? E quattro sventole mi tocca darle pure a Nuccia che ci ha dodici anni e gia' si trucca come una di quelle, e pure a Giggetto perche' senno' ci resta male. Poi ci credo che uno passa le giornate al bar. A casa e' un inferno, con tutto che dovrebbe essere il tuo regno dove sei signore e padrone come un pascia'. Per fortuna che c'e' la televisione che fanno le partite.
*
Poi arriva la campagna elettorale, che a me m'hanno proprio stufato tutte 'st'elezioni, non era meglio la dittatura? Lo dice sempre lo zio Nino che e' tutta una perdita di tempo, e pero' bisogna perdercelo 'sto tempo. E allora i santini, le telefonate (che io le fo dall'ufficio, che magari il telefono di casa me lo controllano quei puzzoni degli sbirri che non ci hanno rispetto della privacy), il giro a attacchinare i manifesti e menare i comunisti, le cene da organizzare, e tutti quei progetti e quelle concessioni che qui all'ufficio tecnico sotto elezioni si lavora per tre, per trenta, per trecento. A me le elezioni non mi piacciono per niente, che tanto a che servono? Non cambia mai niente, l'umanita' siamo fatti cosi', dovremmo riconoscerlo ed accettarci per quello che siamo, no? Invece no, tutte 'ste chiacchiere di migliorare il mondo che se veramente ma dico veramente volessimo migliorare il mondo dovremmo fare una cosa sola che sarebbe di togliergli il disturbo al mondo, tutta la razza umana dico.
E invece ogni giorno che passa l'appestiamo di piu'. Ingordi, ingordi e ladri. E zozzoni. Io non ci ho paura di dire la verita', quando ci vuole ci vuole.
*
E come se non bastassero tutte 'ste torture pure questa mi tocca: che ogni tanto il dottore c'invita a cena. Che a me i dottori mi fanno schifo. Ma che mestiere e'? Gli paice vedere la gente ignuda e mettergli le mani addosso, che se fossero belle figliuole lo capirei che gli va di vederle ignude e toccarla qui e li'e su e giu', ma a loro gli piace di vedere ignude le persone malate, e che schifo.
Pero' il dottore c'invita a cena che io mi chiedevo che gli diceva la capoccia a invitarci a cena pure a noi che poi l'ho capito che e' perche' pensa che poi magari ci metto una buona parola con lo zio Nino, che e' l'unico motivo per cui la gente m'ossequia che si credono che lo zio Nino darebbe retta a uno come me solo perche' sono il nipote, che invece lo zio Nino non darebbe retta neppure all'arcangelo Gabriele se gli si presentasse davanti con tutte le ali. Allo zio Nino gli piace di comandare e basta. Che lo sapete come si dice, no? Che comandare e' meglio di quell'altra cosa li' che e' la meglio del meglio del mondo; a parte comandare, si sa.
Io me ne fregherei pure di andarci a cena dal dottore, che pero' mai moglie mi dice che sei matto, brutto cafone? Ci si deve andare, ci si deve andare, che se non ci andiamo allora lo dico allo zio Nino. E allora ci dobbiamo andare. Magari ci ha pure ragione mia moglie. Che dice che il dottore bisogna tenerlo buono perche' intanto e' il medico condotto e se ti serve una medicina o una visita da chi vai? Devi per forza andare da lui, e allora se lo offendi poi si vendica che si sa come sono fatti i dottori, ne ammazzano piu' loro che le guerre mondiali. E poi e' pure il sindaco, che ce l'ha messo lo zio Nino; e quindi davanti allo zio Nino si mette sull'attenti, ma con tutti gli altri gli pare di essere il duce. E siccome io lavoro all'ufficio tecnico del Comune sarebbe come se fosse il capoccia mio, che io i capoccia non li sopporto.
Pero' che devo fare? Non e' che posso fare dispiacere alo zio Nino che magari quella matta di mia moglie se non vado a cena dal dottore quando c'invita e' capace di dirglielo e allora quando mi promuove lo zio Nino? L'anno del cucco mi promuove, per la festa di San Giammai mi promuove.
Allore abbozzo un'altra volta, che ce lo so che mi fa male al fegato pero' abbozzo. Pero' a dire di si' oggi e a dire di si' domani prima o poi uno scoppia, che mica siamo macchine di ferro, siamo esseri umani che ci abbiamo il nostro orgoglio e i nostri sentimenti, no?
E io di andare a cena dal dottore, con tutto che sara' si' e no due volte all'anno, mi ero stufato, e allora ho detto e mo' basta. L'ho detto nel pensiero: e mo' basta. L'ho detto solo nel pensiero perche non si deve dire mai niente.
Non ci avevo niente di personale contro il dottore, e non dico neppure che si mangiava male a casa sua. M'ero stufato e basta.
*
Per questo, solo per questo, ho portato quella torta che ci avevo messo il veleno per i topi.
4. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: INVECE. UN COMPENDIO In DUE RIGHE A EDIFICAZIONE DELLA NEGLETTA UMANITA' (ISTRUTTIVO E RITWITTABILE)
Invece di fare la fame mi parve piu' logico rubare.
Invece di ammazzarmi decisi che era meglio ammazzare qualcun altro.
Qualcuno potrebbe darmi torto?
5. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: LA VERITA'
Per come la vedo io, diciamocelo, la verita' e' sempre stata un bel po' sopravvalutata, proprio un bel po'. E dico poco.
Non dico che non abbia la sua utilita', lo sappiamo tutti che ce l'ha, e chi glielo nega? Se per esempio chiedo a uno per strada che ora e', insomma, spero che mi dica se non l'ora precisa, almeno una sufficiente approssimazione, diciamo con un margine di cinque minuti, no? Altrimenti perdo il treno di sicuro. Lo stesso se chiedo a uno dove sta una certa strada o una certa piazza, che come faccio a saperlo io che non sono del posto dove sta via Mazzini che e' dove ci ha lo studio l'avvocato che bisogna proprio che lo vedo di corsa che domani mi processano per quella stupidaggine, che magari via Mazzini e' proprio dietro l'angolo, no? Ma io come fo a saperlo se non lo chiedo a qualcuno?
Solo per dire che pure la verita' ci ha i suoi meriti, che a me mi piace riconoscere le cose come sono, quello che e' giusto e' giusto e non ci piove. Che magari piove a catinelle, pero' su quello che e' giusto non ci piove lo stesso. E' un modo di dire. Pure piove a catinelle e' un modo di dire. Uno quando parla come niente rischia di confondersi perche' se ne dicono tante che se ti metti a pensarci ti fuma la zucca, che e' un modo di dire pure queste, anzi: doppio, per via del fumo e della zucca. Ma del fumo m'ha detto l'avvocato che e' meglio che non ne parlo, e la zucca sarebbe un modo per dire la testa, no?
Pero' poi ci sono tutte quelle volte che la verita' e' meglio lasciarla perdere, no?
Per esempio: quando ti chiamano sul banco dei testimoni tu che vorresti dire, che mi hai visto? Lo so che mi hai visto, c'ero, t'ho pure salutato dopo. Ma tu devi dire che non mi hai visto, e' chiaro? E perche' devi dire che non mi hai visto? Perche' la verita' certe volte fa male: per esempio fa male a te, e pure alla moglie tua che resta vedova e indifesa, e ai piccirilli tuoi che restano orfani se dici la veritaccia morammazzata. M'hai capito bene? Che dici allora domattina?
Bravo, lo vedi quanto e' facile.
Come come? Ma, dico, e che scherziamo? Dovresti essere tu che paghi a me che non t'ammazzo adesso e cosi' sono sicuro che domani non fai scemenze.
6. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: SI VENDE?
- Si vende bene?
- Eccome se si vende, si vende a rotta di collo, a tutto spiano, piu' delle caramelle, piu' delle figurine, piu' delle sigarette, piu' della sgnappa.
- Lo dicevo io.
- Gliene ordino quattro volte tanto se me lo porta in settimana, che qui va via come niente e fra un paio di giorni l'ho finito.
- Certo che glielo porto. Dopodomani e' qui. Serve altro? Latte, zucchero, ci abbiamo la pasta di marca con lo sconto, lunga e corta. Casalinghi? Detersivi? Ci abbiamo pure i lenzuoli in offerta, singoli e matrimoniali.
- No, no, mi pare che ci ho gia' tutto, magari un barattolo grosso di tonno e una forma di parmigiano, e se gia' ce li avete uno stock di panettoni che Natale s'avvicina e la gente comincia a chiederli sempre in anticipo.
- Cinquanta panettoni, eh? Ci abbiamo pure i panettoncini, che adesso vanno di moda pure quelli.
- Allora cinquanta e cinquanta.
- E il torrone? Il pandoro? Il pampepato?
- No, ancora non c'e' richiesta, magari vediamo la prossima settimana.
- Allora a posto, ho segnato tutto.
- Mi porta tutto dopodomani, si'?
- Sicuro come una messa.
- Mi raccomando soprattutto le confezioni di male, eh, che per dopodomani rischio di restare senza.
- Stia tranquillo, stia tranquillo che sara' servito. Eh, se non lo so io che oggi come oggi il male si smercia come niente, neppure servirebbe di fargli la pubblicita' in televisione da quanto tira, e' un articolo che si vende da solo, piu' del pane, piu' della coca.
- La gente non vuole altro.
- Eh, quando un prodotto incontra, incontra.
- Eccome se piace.
- Piace, piace, e che non ce lo so? Fo il rappresentante, ce lo so, no?
- Allora siamo d'accordo. Ci si vede dopodomani, ci faccio conto, eh?
- Dopodomani, sicuro. Buona giornata e buon lavoro.
7. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: TATTAMELLO E CHIACCHIARONE
Perche' ando' a finire cosi' non lo seppe mai nessuno. A parte io. Che pero' non l'ho mai raccontato a nessuno. Pero' l'ho scritto, in questo quaderno qui, che se adesso lo leggete vuole dire che sono morto perche' se ero vivo non lo facevo leggere a nessuno. Ma se adesso sono morto non me ne frega piu' niente. Quando che uno e' morto e' morto e cosi' sia.
Ma se qualcuno leggera' queste righe a questo punto si chiedera': e perche' le ha scritte se non voleva farle leggere? E' semplice: perche' se tu sai una cosa che nessuno la sa non e' che te la puoi tenere per te per sempre. L'umanita' un bel giorno ci ha il diritto di sapere. Io la vedo cosi'. Si chiama storia, che e' come la spiegazione del mistero del film. Che pero' al cinema la dicono prima che finisce, invece qui, in questa specie di cinema che noi ci stiamo dentro, la spiegazione arriva sempre dopo, quando ormai non serve piu' a niente. Che magari se arrivava prima non andava come e' andata. Invece va sempre male. E va male pure per colpa dell'ignoranza nostra, che se le cose le sapessimo prima magari tante fesserie non le facevamo. Sentite questa, per dirne una.
Tattamello e Chiacchiarone non si potevano vedere, non e' che avessero litigato perche' non s'erano praticati mai, e' che il padre di Tattamello e il padre di Chiacchiarone loro si' che avevano baccagliato parecchi anni prima, che i figli neanche erano nati, e poi i figli avevano ereditato l'ostilita'. Qualche cosa si deve pure ereditare, mica solo il materasso con le pulci.
Perche' i padri avessero litigato i figli non lo sapevano, forse non se lo ricordavano neppure i padri, che comunque tanto erano morti e pace all'animaccia loro.
Cosi' i figli si odiavano e siccome lo sapevano di essere gente che scattava subito, che al paese tutti scattavano subito, cercavano di evitarsi perche' senno' finiva che a uno gli toccava di ammazzare quell'altro. E nessuno ci ha gusto di ammazzare la gente senza motivo, se ammazzi uno almeno un buon motivo ce lo devi avere visto che ammazzare uno e' una cosa che di solito poi sono un sacco di rogne. Ammazzare in se' e' niente, ma il seguito ti puo' rovinare la vita, per questo prima di ammazzare uno ci si deve pensare e ci deve essere almeno un motivo valido, un motivo che ne vale la pena.
Pero' alla gente si sa che gli piace averci qualche spassetto, qualche divertimento, e allora li attizzava. "Tattame', ha detto Chiacchiarone che ti puzzano le fette". "Chiacchiaro', ha detto Tattamello che ci hai piu' corna tu che un secchio di lumache". Che mica era vero niente, la gente inventava 'ste cose cosi', per divertimento e per vedere che sarebbe successo. La gente inventa sempre un sacco di cose, siamo un popolo d'inventori.
Adesso Tattamello e Chiacchiarone ci avevano i difettacci loro ma non erano cosi' fessi. Lo sapevano che la gente chacchierava a vanvera, che cercavano di farli scornare, e facevano finta di niente. Pero' puoi fare finta di niente oggi, finta di niente domani, ma viene il giorno che non puoi piu' fare finta di niente. E' cosi' che va, e non ci si puo' fare niente.
"Tattame', ha detto Chiacchiarone che t'hanno visto che facevi gli atti impuri nel gallinaro", "Chiacchiaro', ha detto Tattamello che t'hanno visto che magnavi i lombrichi". La gente, quando ci si mette, e'come un rullo compressore, e' come un caterpillar, quando ci si mette.
Finche' uno non puo' piu' fare finta di niente che se continua a fare finta di niente ci perde la faccia, e se ci perdi la faccia e' finita. Al paese funziona cosi', non lo so da voi, da noi e' cosi'. La faccia e' tutto.
*
Tattamello ci aveva una figlia che era le sette bellezze, che la gente si chiedeva come era possibile che la Ninettaccia l'avesse partorita a Tattamelo che invece era brutto come la fame, e tutti dicevano che si sa che apposta si dice che la madre e' nota e il padre no. Mo' 'sta figlia era la luce degli occhi del padre, che le portava l'acqua con le orecchie le portava. Come una principessa la tirava su, e tutti gli sfizi erano per lei.
Era uno che lavorava, Tattamello, ci aveva il meglio podere come minimo della provincia, con la vigna, le olive, il fieno, l'orto, le vacche, i maiali, il trattore, i conigli, le galline e tutto. E lavorava come una bestia dalla mattina alla sera. E una bestia era, che era alto due metri e sara' pesato due quintali.
Com'e', come non e', inizio' a girare la voce che la Fiammetta, la figlia della Ninettaccia e di Tattamello, se la faceva con Orestino, il figlio piu' grande di Chiacchiarone. Chiacchiarone ci aveva cinque figli, tutti maschi, invece Tattamello ci aveva quella figlia sola. E cosi' come Tattamello lavorava come una bestia e gli affari gli andavano bene, invece Chiacchiarone nessuno sapeva come faceva a campare che non aveva lavorato mai e stava tutto il giorno al bar a chiacchierare e a giocare a carte o a fare a cazzotti o a coltellate o tutte e due le cose insieme, che mentre giocava a carte o faceva a cazzotti o a coltellate continuava a chiacchierare della nazionale, d'automobilismo, del papa e del presidente dell'America e di ogni genere di scemenza, di tutto. Apposta lo chiamavano Chiacchiarone. Tattamello invece lo chiamavano Tattamello perche' non parlava mai, e uno che non parla mai qui da noi e' considerato stupido finche' non dimostra d'essere uno di valore spanzando qualcuno, e Tattamelo se aveva seccato qualcuno non l'aveva mai fatto sapere a nessuno. Io pero' lo sapevo. Di quello che succede al paese io so tutto, nessuno lo sa come faccio a saperlo, ma so tutto. Uno che sa tutto ci vuole. Puoi pure non piacergli alla gente, pero' lo sanno tutti che ci deve essere uno che sa tutto. E che sa risolvere i problemi.
*
Ed e' perche' io lo sapevo che sapevo come sarebbe andata a finire.
Perche' l'idea che il figlio di Chiacchiarone si portasse a letto o magari addirittura si sposasse la figlia sua, a Tattamello lo mandava al manicomio. Cosi' dovette decidersi a fare quello che doveva fare.
La gente parla, parla, parla, e non se ne accorge di quello che combina. Per questo si dice che ne uccide piu' la lingua che la spada.
Io lo sapevo perche' c'ero pure io la volta che Tattamello aveva ammazzato il padre, che tutti si credettero che era stato un incidente che era cascato da cavallo e poi il cavallo lo aveva strascicato che gli era restato un piede incastrato nella staffa. Ma mica era andata cosi': io a quel tempo ero giovane giovane, e pensate un po' ero cosi' fesso che facevo il bracciante, e quando capitava lavoravo pure per il padre di Tattamello, che mezzo paese lavorava per il padre di Tattamello quando era la stagione che si lavorava forte in campagna; con Tattamello poi ero amico perche' eravamo andati a scuola insieme. Successe cosi', che avevo preso una mezza sacchettata di persiche, giuro: una mezza sacchettata di persiche e basta, e me la stavo portando a casa quando il padre di Tattamello mi vede e m'insegue a cavallo che io ero a piedi e in due minuti m'aveva raggiunto e col fucile puntato avevo dovuto lasciare la sacchetta, e poi pretendeva di frustarmi. Era sera e non c'era nessuno in giro, ma Tattamello si'. Non lo so perche', ma disse al padre che non si puo' frustare un cristiano per aver preso una mezza sacchettata di persiche. Allora il padre gli disse che se non stava zitto frustava pure a lui, e per far vedere che diceva sul serio gli diede una frustata che gli lascio' il segno sulla guancia, una striscia bianca che ce l'ha ancora anche se sotto la barba non si vede bene. Allora Tattamello gli si avvento' addosso e lo fece cascare da cavallo, che il piede manco per niente che gli si impiglio' nella staffa. Allora il padre disse che adesso prima avrebbe ammazzato a me con una schioppettata per aver fatto rivoltare un figlio contro il padre, poi avrebbe frustato il figlio fino a che la faccia non si riconosceva piu'. Io lo so che a Tattamello della faccia sua non gliene fregava nente, ma che il padre gli ammazzasse un amico suo no, quello non poteva sopportarlo. Neppure tiro' fuori il coltello, con due salti gli fu sopra e lo strozzo', cosi', a mani nude. Intanto si faceva buio che gia' era sera e ci ritrovammo li' col cadavere e lui mi guardo' e disse: E mo'. E io: Intanto grazie che m'hai salvato la pelle. E lui: Pero' ho ammazzato mio padre, che non e' una bella cosa. E io: No che non e' una bella cosa, ma l'hai fatto per un nobile motivo, e e' il motivo che conta. E lui: Pero' l'ergastolo non me lo leva nessuno. E io: E quale ergastolo? Tu non hai fatto niente. Il padraccio tuo e' cascata da cavallo e e' morto da solo, e' stato un incidente. E lui: Ma che stai a di'? E io gli spiegai per filo e per segno quello che si doveva fare, e poi lo facemmo. Incastrammo un piede del padre morto in una staffa, che ce lo legammo con un pezzo di corda, e poi facemmo correre il cavallo di qua e di la'; e quando il piede si sfilava lo stesso, allora fermavamo il cavallo, rincastravamo il piede nella staffa, lo rilegavamo un'altra volta, e via un altro giro di giostra. Poi li lasciammo, il cavallo e il morto attaccato (ma dopo aver levato la corda che legava il piede alla staffa, eh), parecchio lontano, in un pezzo di terra che era ancora da spietrare e dove l'avevamo fatto galoppare un bel po'. Il cadavere ormai con tutto che era calzato e vestito era un grumo di sangue che metteva paura. Ci disse bene che attacco' pure a piovere. A nessuno gli venne mai in mente che non fosse stato un incidente. La mezza sacchettata di persiche le buttammo in un burrone, con la sacchetta mi ci coprii mentre andavo a casa che l'ombrello non ce l'avevo. L'amicizia e' tutto.
*
E adesso racconto come ando' a finire con Chiacchiarone.
Tattamello chiese alla Ninettaccia se era vero, e la Ninettaccia gli disse che era vero. Un uomo certi dolori non li puo' sopportare.
Cosi' ammazzo' la Ninettaccia li' per li'. Con una coltellata sola, precisa nel cuore. E la nascose nella stalla. Alla figlia quando torno' da scuola non le disse niente, lei chiese com'era che la madre non c'era e lui invento' una scusa, passo' il resto del pomeriggio che lei prima fece i compiti e poi fece quel che c'era da fare nell'orto che sono lavori leggeri mentre lui s'occupava delle bestie grosse; poi si fece l'ora di cena e la figlia gli chiese di nuovo dov'era la madre e lui le disse che tornava tardi e che era meglio se la cena la preparava lei; poi cenarono senza dire una parola, la figlia guardava il telefonino, lui guardava la televisione, e cosi' fu l'ultima cena. Poi la figlia ando' a dormire, lui aspetto' che si fosse addormentata, poi entro' nella camera al buio che non ci aveva coraggio di vederla in faccia che era le sette bellezze e la soffoco' con un cuscino, poi per essere sicuro le ruppe l'osso del collo. E porto' pure lei nella stalla.
Poi venne a casa mia, a quell'ora di notte.
"Mi serve un favore, Ciampico'". "Pure due". "Devi venire col camion a casa mia e caricare due fagotti". Lo sapevo che significava, non dissi niente, salimmo sul camion e andammo alla stalla del casale suo, che da casa mia saranno neppure cinque chilometri. Le aveva chiuse in due sacchi di plastica dell'immondizia, le caricammo sul camion, erano leggere come se fossero fatte di piume. Sul camion mi racconto' che aveva fatto. "E mo'", dissi. "Mo' c'e' la parte piu' facile, pero' e' piu' lunga. Tu aspettami sul camion", disse. Ma io gli dissi: "Guarda che sono sei, senza contare la Mariannona. Una mano io dico che ti serve". "No, faccio da me, devo fare tutto da solo, lo capisci, no?". Io lo capivo, pero' mi pareva che da solo non ce la poteva fare.
Arrivammo al casale di Chiacchiarone che saranno state gia' le tre o le quattro, che e' un'ora che in campagna c'e' gia' qualcuno che s'alza perche' si comincia a lavorare presto, ma figurarsi se Chiacchiarone s'alzava alle quattro, che passava le giornate e le nottate al bar, e non ci aveva ne' piante ne' bestie ne' terra e campavano con la pensione della moglie invalida, la Mariannona, che l'aveva sposata apposta e con tutto che non ci stava con la testa le aveva fatto fare cinque figli tutti maschi che ancora andavano tutti a scuola e che gia' da regazzetti avevano imparato che dovevano arrangiarsi da soli se volevano mettere insieme il pranzo con la cena e allora la mattina andavano a scuola e la sera si procacciavano il reddito.
Dormivano tutti quando arrivammo, che il camion lo fermammo a mezzo chilometro dal casale. "Vengo con te", dico. "No, devo farlo da solo", dice. Comunque scesi pure io dal camion, gli diedi un po' di vantaggio e poi mi misi dietro, non si sa mai. Non ci avevano neanche un cane, quei fessi. Almeno un cane potevano tenerlo, no? Invece no. Cosi' non ci fu nessun allarme e a Tattamello gli basto' una spallatella per aprire la porta. E fu dentro.
I casali sono tutti uguali, al pianterreno c'e' la cucina e dove si lavora, sopra ci sono le camere da letto e sopra c'e' il tetto e fine. Tattamello sali' le scale al buio che ci aveva la lampadina tascabile ma se non serviva non l'accendeva, e trovo' la camera dove dormivano Chiacchiarone e la Mariannona. Apri' la gola a Chiacchiarone con una rasoiata sola, poi con una mano gli teneva tappata la bocca e con quell'altra spingeva giu' il coltello come una mitragliatrice a sforacchiarlo fra le costole per spaccargli il cuore e farla finita.
La Mariannona si sveglio', si mise seduta sul letto, e invece di mettersi a strillare stava ferma ferma e lo guardava con la testa mezza storta che con tutto il buio che c'era si capiva lo stesso quello che succedeva. Finito con Chiacchiarone Tattamello si giro' verso di lei e le disse "E' per via della Fiammetta e di Orestino". Lei non disse niente, ma a me che li guardavo dalla soglia della camera mi parve che muovesse la testa a fare segno di si'. Poi lui le fu sopra con un cuscino sulla faccia e la spinse giu', poi lei resto' ferma, poi comincio' a scuotersi come se sentisse la scossa della corrente, a intermittenza, poi resto' ferma. Allora lui tiro' su il cuscino e col coltello le sego' il collo. Lei non si mosse nel letto allagato di sangue, che gia' lo aveva allagato il marito.
Tattamello mi vide e disse "T'avevo detto di aspettarmi al camion". "Invece sono venuto, magari ti serve una mano". "Non mi serve niente". "E allora guardo e basta". Poi si mosse, ed entro' in un'altra stanza, che pero' era vuota. Ne restava solo una di camera, tutta la prole doveva essere ammucchiata li', non sarebbe stata una cosa facile. Entro' e subito la luce si accese: almeno uno doveva essere sveglio e pronto a lottare, ma che voleva lottare un ragazzetto come uno scricciolo con Tattamello che era grosso come un bufalo? Lo tramorti' subito con uno sganassone, poi gli pianto' la lama nel petto. Poi si giro' verso un altro figlio e stessa ricetta, gli sfondo' la faccia con le nocche e poi gli apri' il cuore col coltello. Un altro che era ancora tutto insonnolito gli pianto' il coltello in gola e ce lo tiro' su dal letto e lo butto' per terra che schizzava sangue come una fontana, ma gli altri due erano svegli e cercavano di scappare, ne afferro' uno per i capelli e gli sfracello' la faccia sul muro, l'altro pero' aveva fatto in tempo ad aprire la finestra e si stava per lanciare di sotto cosi' dovetti sparargli prima che riuscisse a fuggire, che se toccava terra e non si rompeva niente con quel buio chi lo trovava piu', e magari era proprio Orestino. Tattamello mi guardo'. Io gli dissi "Scusa, ma stava per scappare, l'hai visto". E lui "L'ho visto, l'ho visto, grazie". Poi gli fu sopra e gli diede il colpo di grazia.
*
Quando tutto fu finito prendemmo un po' di lenzuola dall'armadio della camera da letto di Chiacchiarone e della Mariannona e li incartocciammo tutti e sette uno per uno, poi portai il camion proprio sotto casa e li caricammo. Poi andammo al casale di Tattamello e caricammo quatro taniche da cinquanta litri di nafta. Poi andammo alla grotta del somaro di Gnagnarella, e li' scaricammo i due sacchi dell'immondizia con dentro la Ninettaccia e Fiammetta sua. Fui io ad aprire i sacchi e ad inzupparle di nafta, che Tattamelo non se la sentiva di guardare. Le bruciammo li', poi con la pala che avevo sul camion ruppi le ossa carbonizzate. Invece Chiacchiarone e i suoi li portammo alla discarica che dietro c'e' il vascone dove bruciano tutto e gli demmo fuoco nel vascone con cento libri di nafta. Quando finimmo, con la pala e una sbarra di ferro frantumammo tutto quello che restava duro e avesse ancora una qualche forma. Poi ci buttammo un po' d'immondizia varia, cartonaccio, sacchi di spazzatura, pezzi di legno, robaccia d'ogni genere che trovammo nella discarica. E con gli ultimi cinquanta litri di nafta demmo fuoco pure a quello.
Era fatta. Olivieretto, che era il guardiano della discarica, gli avevo telefonato prima che era meglio se non si svegliava e lui non si sveglio'. La gente mi rispetta nel paese, da parecchio non faccio piu' il bracciante come quando ero regazzetto, sono uno che la gente lo rispetta.
*
Il fatto che non si trovarono mai i cadaveri di Chiacchiarone, della moglie e dei figli convinse tutto il paese che era meglio starsene zitti una volta tanto, perche' se qualcuno sapeva far sparire sette cristiani in una botta sola allora era capace di fare otto, e nove, e dieci, e tutti pensavano che al paese c'era solo uno capace di farlo, ed ero io.
Di me la gente ci ha paura, e fa bene.
Pure le autorita' ci hanno paura e infatti non si impicciano. Oltretutto Chiacchiarone era un morto di fame che campava di qualche lavoretto che gli facevo fare io a lui e ai figli, che c'era pure qualcuno che poteva venire su bene, ma l'amicizia viene prima.
*
Della scomparsa della Ninettaccia e della Fiammetta la gente se ne accorse parecchio tempo dopo, che la Ninettaccia al paese non ci veniva mai e la spesa a casa la portava Tattamello; e la figlia quando telefono' la scuola Tattamello disse che adesso stava in collegio dalle suore e quando venne l'estate disse che l'aveva mandata in vacanza chissa' dove, nei posti dove va la gente ricca.
Passarono mesi prima che la gente cominciasse a chiedersi che fine avevano fatto, e dissero che la Ninettaccia era scappata di casa e si era portata la figlia e adesso facevano la vita a Parigi, e perche' proprio a Parigi non l'ho mai capito, la gente e' fatta cosi'.
Passo' altro tempo, un anno o due, e Tattamello comincio' a stare male, a dimagrire, si vedeva che stava male; la gente diceva che era perche' gli mancava Chiacchiarone, che sembra strano pero' certe volte succede che se non ci hai piu' uno da odiare t'avvilisci e alla fine t'ammali e poi muori.
E difatti poi Tattamello mori'. E' che ormai era diventato troppo strano, parlava da solo, e magari finiva che raccontava quello che non doveva raccontare a chi non lo doveva raccontare. Fu necessario prendere provvedimenti.
La gente diceva che Tattamello era morto di crepacuore perche' la moglie e la figlia erano scappate, prima dicevano che s'era ammalato perche' non c'era piu' Chiacchiarone, la gente direbbe qualunque fesseria. E farebbe pure qualunque fesseria se non ci fosse qualcuno che ogni tanto ci pensa a dargli una strattonata e a rimetterla in riga. Qui al paese sono io quello che ci pensa.
8. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: UNO SCENEGGIATORE
E'il mestiere mio, questo fo. Scrivo le sceneggiature dei film. Li vedete i film? Io sono quello che scrive le storie.
Non ho detto di tutti i film, mica sono l'unico che fa 'sto lavoro. Ce ne sono parecchi di sceneggiatori.
No, quello e' un film americano.
No, non parlano italiano, li hanno doppiati, cioe' c'e' uno italiano che ci mette dopo la voce sua, ma il film e' americano e quelli che vedete nel film loro parlano americano, ma la voce loro non la sentite perche' c'e' uno che parla italiano che parla al posto loro, che nel film non si vede ma c'e', credeteci. Dopo, quando il film e' finito, non e' che sta li' dove fanno il film, il film lo fanno in America.
Ci potete credere o non credere, che me ne frega a me? pero' e' un film americano e le voci non sono quelle vere degli attori.
Attori, attori, che vi credevate che succedevano veramente quelle cose?
9. BONARIA MANCA
E' deceduta Bonaria manca, pittrice.
Con gratitudine la ricordiamo.
10. ENZO MARI
E' deceduto Enzo Mari, designer.
Con gratitudine lo ricordiamo.
11. LEA VERGINE
E' deceduta Lea Vergine, critica d'arte.
Con gratitudine la ricordiamo.
12. RICORDANDO VITTORIO FOA
Il 20 ottobre 2008 moriva quasi centenario (era nato nel 1910) Vittorio Foa.
Questa mattina a Viterbo, nel dodicesimo anniversario della scomparsa, lo abbiamo ricordato ancora una volta.
Per quelli che come noi, di una generazione successiva alla sua cui quindi fu risparmiata l'esperienza dell'orrore del fascismo e della guerra, gli siamo stati negli anni Settanta e non solo compagni di lotte e per alcuni anni anche compagni di partito, Vittorio Foa resta una figura luminosa.
L'antifascista perseguitato, il partigiano, il sindacalista, il militante della sinistra socialista e libertaria, lo studioso della storia del movimento operaio e dell'Italia novecentesca, il testimone di tante lotte per la democrazia e la dignita' umana, la persona che rifletteva su temi decisivi e troppo a lungo negletti, resta una figura di riferimento anche nello svolgimento e nella dialettica delle posizioni politiche che non di rado ci portarono a discutere a fondo talune sue scelte, ma sempre con affetto e attenzione e gratitudine sincera.
*
Alcuni suoi libri sono tra le cose piu' utili per ripercorrere la storia del nostro paese nel secolo breve e la nostra stessa storia, e per ragionare di decisive questioni: penso ad esempio soprattutto a Riprendere tempo, Il cavallo e la torre, Questo Novecento, tutti editi da Einaudi.
E un libro che occorre aver letto e' anche quello della figlia Anna Foa, illustre storica: La famiglia F., edito da Laterza.
*
Ricordo con nostalgia le assemblee pubbliche e gli incontri di partito cui presi parte nella mia lontana gioventu' in cui Foa era non solo presente, ma per cosi' dire centro e fulcro: con la sua vivacita', la sua irruenza, il suo analitico e talora fin cavilloso argomentare, ma anche con la sua capacita' di dubitare, di ascolto e di apertura.
E ricordo anche, perche' non dirlo, le dure polemiche che in quegli anni lontani lacerarono la nuova sinistra e la sua stessa parte migliore: quella che era ad un tempo marxiana e gramsciana ed insieme rigorosamente, costitutivamente antitotalitaria, che gia' allora si collocava all'ascolto di Rosa Luxemburg e di Hannah Arendt, di Gobetti e Rosselli, della scuola di Francoforte e di Bloch, solidale con le vittime dei Gulag e il dissenso nei paesi del cosiddetto "socialismo reale", alla scuola delle lotte antimperialiste ed anticoloniali con Basso e nel vivo delle lotte contro le istituzioni totali e per i diritti umani con Basaglia e Maccacaro e Rodota', nelle esperienze operaie e popolari piu' vive e aggettanti, nel movimento antimafia, nella tradizione nonviolenta del decisivo movimento femminista e di Tolstoj, Gandhi e King, di Aldo Capitini e Danilo Dolci, e che contribui' fortemente alla nascita della "nuova ecologia" con Dario Paccino e Laura Conti, con Giorgio Nebbia ed Alex Langer. Mi addolora constatare nella cultura diffusa odierna la vera e propria "damnatio memoriae" di grandissima parte di quanto vi fu di migliore in quella stagione di lotte, e con gli incontri che dedichiamo sovente qui a Viterbo ai nostri maestri e compagni di allora e di sempre vorremmo cercare di contrastare la barbarie che dilaga, ed esortare al ricordo e allo studio delle figure, delle esperienze e delle riflessioni piu' vive dell'impegno del movimento delle oppresse e degli oppressi per la liberazione dell'umanita'.
Col passare degli anni scompaiono le figure dei maestri e dei compagni piu' cari e ascoltati, ancora in questi ultimi tempi ci hanno lasciato tra gli altri Giorgio Pecorini, Rossana Rossanda, Paolo Finzi. Vorremmo che le loro esperienze di pensiero e di azione non fossero sommerse dall'oblio che la societa' dello spettacolo, che le nuove tecnologie totalitarie, che il consumismo demente che consuma l'umanita' e il mondo, che il ritorno del fascismo e del razzismo tentano di imporre ad accecare ed annichilire ogni luce di civilta', ogni risorsa di memoria, ogni vivente valore.
*
Ripensando a Vittorio Foa ricordiamo anche tante compagne e tanti compagni viterbesi che ci hanno lasciato nel corso degli anni: da Achille Poleggi a Teresa Blasi.
Ripensando a Vittorio Foa, rileggendone con alcune persone amiche questa mattina alcune sue pagine, ancora una volta sentiamo il suo appello all'impegno.
Anche nel ricordo e alla scuola di Vittorio Foa continui la lotta contro la guerra e tutte le uccisioni.
Anche nel ricordo e alla scuola di Vittorio Foa continui la lotta contro il razzismo e tutte le persecuzioni.
Anche nel ricordo e alla scuola di Vittorio Foa continui la lotta contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Anche nel ricordo e alla scuola di Vittorio Foa continui la lotta contro tutte le violenze.
Anche nel ricordo e alla scuola di Vittorio Foa continui l'impegno nonviolento in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, in difesa dell'intero mondo vivente.
Anche nel ricordo e alla scuola di Vittorio Foa continui l'impegno nonviolento per la realizzazione di una societa' mondiale di persone libere ed eguali in diritti, responsabili e solidali, in cui da ciascuna persona sia dato secondo le sue capacita' ed a ciascuna persona sia dato secondo i suoi bisogni.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Condividere il bene ed i beni.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e per la salvezza dell'intera umanita' e dell'intero mondo vivente.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
13. UN ANNO FA CI LASCIAVA TERESA BLASI. L'ASSOCIAZIONE FAMILIARI E SOSTENITORI SOFFERENTI PSICHICI DELLA TUSCIA (AFESOPSIT) LA RICORDA CON NOSTALGIA E GRATITUDINE
[Dall'"Associazione familiari e sostenitori sofferenti psichici della Tuscia" riceviamo e diffondiamo]
Un anno fa ci lasciava Teresa Blasi, insegnante, scrittrice, militante del movimento delle oppresse e degli oppressi in lotta per la liberazione dell'umanita' e la difesa dell'intero mondo vivente, persona di forte impegno morale e civile.
In questo anniversario l'Associazione familiari e sostenitori sofferenti psichici della Tuscia (Afesopsit) ricorda lei, e con lei suo marito Carlo Pesciotti, deceduto quindici anni fa, con nostalgia profonda e gratitudine che non si estingue.
Teresa e Carlo sono stati infatti generosi e solleciti sostenitori della nostra esperienza di solidarieta' e di condivisione.
Dopo la scomparsa di Carlo, Teresa ha proseguito nell'opera comune di tutta la vita, e fino al termine della sua esistenza operosa e benigna e' stata un'amica provvida e generosa di doni e consigli, un'indimenticabile maestra d'impegno, di solidarieta', di vita.
*
Teresa e Carlo sono stati un esempio di umanita': dell'umanita' come potrebbe essere, e quindi come dovrebbe essere; gentili e solidali, fieri e costanti nell'indignazione e nella lotta contro ogni ingiustizia e oppressione, solleciti e accudenti nei confronti di chiunque avesse bisogno di aiuto e conforto; impegnati sempre nell'opposizione alla violenza sia flagrante che occulta, nell'opposizione alle iniquita' palesi e puntuali ed a quelle nascoste e strutturali; impegnati sempre nella condivisione del bene e dei beni.
Quell'antico motto di "liberta', uguaglianza, fraternita'" lo vollero e lo seppero vivere in ogni loro pensiero, in tutto il loro agire.
La scelta fatta fin da giovani di voler lottare per i diritti umani di tutti gli esseri umani la realizzarono nell'intero corso delle loro vite, con l'attivita' educativa, con la militanza politica nelle organizzazioni politiche e sindacali del movimento operaio, con l'impegno morale e civile, nell'ospitalita' e nella convivialita', con l'opera letteraria, con lo strumento della poesia.
*
In questo primo anniversario della scomparsa di Teresa l'Afesopsit chiama ogni persona di volonta' buona a ricordarne e seguirne l'esempio.
E vogliamo ricordare qui ancora una volta alcune sue parole in chiusa di una sua lirica:
"Che la pena di oggi
trascolori in memoria
cio' che fu calda vita".
*
Come Carlo e Teresa, reca aiuto a chiunque di aiuto abbia bisogno.
Come Carlo e Teresa, opponiti tu a tutte le ingiustizie, a tutte le oppressioni, a tutte le violenze.
Come Carlo e Teresa, sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.
*
Tutte le amiche e tutti gli amici di Teresa e Carlo che partecipano dell'esperienza di solidarieta' concreta dell'Associazione familiari e sostenitori sofferenti psichici della Tuscia (Afesopsit)
Viterbo, 21 ottobre 2020
14. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: IL NIPOTE DI ALCE BIANCO
Mi presentai al Viminale, che a quel tempo c'era quel ragazzotto che voleva dare fuoco agli zingari.
Dissi all'usciere che ero una spia della Cia e che volevo parlare col ministro. Sono trucchetti che funzionano sempre. Due minuti e mi passa il telefono e c'e' il ministro che mi chiede cosa puo' fare per me. Io gli rispondo che siamo noi che possiamo fare qualcosa per lui (ricordatevi: dovete sempre parlare al plurale, anche se dite che dovete andare al cesso, sempre al plurale si deve parlare che da' un tocco di stile e di mistero).
Cosi' prendiamo appuntamento per il giorno dopo che quel giorno stava non so dove a dare un premio a certi tizi che avevano fatto un linciaggio.
La mattina dopo all'ingresso del Viminale c'e' uno che mi aspetta e che mi porta nel magazzino dietro la cucina di una trattoria che e' li' che il ministro riceve gli amici.
Gli dico subito (il segreto e' dire sempre subito qualche cosa, cosi' li prendi tutti in contropiede): "Ci abbiamo roba forte per farla fare sotto ai comunisti". "Mica a Putin?", dice lui. "Ma che Putin, Putin e' un amico. Quei comunisti del papa e del Piddi'", dico io. "Allora si'", dice lui. "Sarebbe, con lo sconto, cinquantamila euro subito e cinquantamila dopo", dico io. E lui: "Se e' roba buona". E io: "Al bacio". E lui: "Mo' telefono subito subito al ministro dello sviluppo economico che stacca un assegno". "Ottimo", dico io. "Ottimo", dice lui. E telefona li' davanti a me. Confabula un po' con quello, poi me lo passa cosi' gli do' le coordinate dove mandare i soldi.
Tempo mezz'ora, e cinquantamila euro incassati.
*
Mo' fo passare una settimana e poi mi presento a Palazzo Chigi e gli dico che sono un emissario della civilta' venusiana che sarebbero i marziani che abitano sul pianeta Venere e che se non vogliono che gli bombardiamo tutto il lombardo-veneto con la nostra arma segreta con i raggi alfa-omega ci deve dare zitto zitto e svelto svelto mezzo milione di euro, che tanto col deficit che ci ha mezzo milione in piu' o in meno che gli cambia all'Italia?
Poi per un anno o due sto in vacanza a Ibiza.
Quando uno e' ingegnoso.
15. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: LA CERIMONIA
E' chiaro che ci vuole l'attrezzatura, i vestiti e tutto.
E pure il posto adatto, che non e' che la cerimonia la puoi fare in un sottoscala, pure l'occhio vuole la sua parte.
Il pubblico pagante non e' un problema, una volta che si sparge la voce. E a noi ormai ci conoscono.
Poi ci sono pure i diritti televisivi, che non sono le tariffe delle partite di pallone, pero' solo soldarelli pure quelli.
Io i comunisti proprio non li capisco, che dove governavano loro le volevano abolire tutte. Ci avevano st'ossessione di fare le cose di nascosto. E' che non ci hanno il senso della pubblicita', degli affari, infatti poi si e' visto come sono finiti, a stracci sono finiti.
Le spese ci sono, e' naturale: se vuoi fare i soldi ci devi mettere i soldi, nessuno ti regala niente.
Dice: pero' il sangue. Sempre con questa storia del sangue. Ma scusate, chi studia medicina non seziona i cadaveri? E quando andate dal macellaio che vi credete che le braciole crescono cosi' sugli alberi? Prima erano pezzi di animali vivi, mica braciole. E qualcuno quegli animali vivi li ha dovuti ammazzare e poi macellare, non facciamo le signorinelle pallide non facciamo.
Proprio per venire incontro alle associazioni dei consumatori che rompevano a piu' non posso avevamo pensato di sostituire il sangue col vino, ma la volete sapere la verita'? La verita' e che la gente vuole il sangue, non il vino. Che poi era pure difficile prendere i soggetti da lavorare, svuotarli di sangue e riempirli di vino, che mentre lo facevi morivano da soli e niente spettacolo, tutta merce sprecata. Mentre invece quale e' la regola? La regola la sanno tutti quelli che stanno nel mondo dello spettacolo, la regola e' che lo spettacolo deve continuare.
Perche' una religione? Per le tasse, per non pagare le tasse. Potevamo pure fare lo stesso spettacolo come srl, o spa, magari anche come associazione culturale o come fondazione, o onlus, o ong, ma se sei una chiesa ci hai tante di quelle agevolazioni che andiamo, sarebbe da fessi non approfittarne, no? Per non dire che a me mi e' sempre piaciuto di poter avere qualche titolone come suo eccellentissimo reverendissimo eccetera eccetera.
La parte noiosa e' la predica che devi fare prima e dopo perche' senno' la cerimonia e' troppo corta e non e' che la puoi allungare al'infinito facendo rivedere alla moviola i pezzi piu' forti (pure la moviola, con tutto che ci facciamo anche il dibattito, dopo una mezz'ora stucca). Pero' per fortuna ci sono dei libri fatti apposta che tu leggi un pezzo di quelli e poi dici amen e si tira via cosi', perche' piu' la cerimonia dura e piu' inserzioni pubblicitarie ci puoi mettere in mezzo, e pure sui soldi delle inserzioni pubblicitarie non e' che uno ci sputa, no?
I soggetti da lavorare funziona sia se sono gente importante (ma non e' sempre facile rimediarli, ci sono sempre un sacco di complicazioni, e di spese) sia se e' gente presa dalla strada - "quelli della porta accanto", diciamo nel gergo degli addetti ai lavori -, ma meglio di tutto e' se sono giovinotte di bella presenza, allora si' che il pubblico va in visibilio.
Il problema piu' grosso lo volete sapere qual e'? Sono le imitazioni, che non se ne puo' piu', oggi ogni imbecille s'inventa di essere profeta, che mentre si svuotava gli intestini ha visto la luce o l'angelo Superbone o la madamina biancovestita e allora monta su la sua baracconata e il pubblico abbocca. Il pubblico abbocca a tutto, pure senza esca, pure senza amo, abbocca sempre.
Io ero per brevettare tutto ma come si fa? Magari ti cambiano il colore della stola e t'hanno fregato lo stesso.
Cosi' bisogna tenersi aggiornati e seguire le tendenze, stare sempre all'erta e vedere dove va il mercato. E tanto per fare un esempio: pensate che una volta tutta la parte delle chiacchiere la facevamo tutta in latino: adesso devi pure mettere i sottotitoli in americano, in cinese e in arabo. Che poi a che servono? la gente vuole solo vedere il sangue. Pero' ci devi mettere i sottotitoli perche' senno' pare una cosa da straccioni e a nessuno gli piace che con tutto che sono straccioni pero' vogliono il telefonino nuovo, i paradisi artificiali, la movida, la discoteca, e la religione salvifica con i riti sacrificali e tutto.
Era un bel business, poi la modernita' ha rovinato tutto. Adesso non si riesce neppure a distinguere piu' una cerimonia ben fatta, un attentato terroristico, una guerra mondiale a pezzi, una pandemia. E' tutto uno schifo, e' tutto sbagliato, e' tutto da rifare.
16. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: SBROCCOLONE
Il personale tutto sta a saperlo usare.
Per esempio io ci ho in squadra pure Sbroccolone, che non ce lo vuole nessuno perche' non sa tenere un cecio in bocca, infame e spia.
Invece e' facile farlo fruttare. Basta che invece di dirgli le cose giuste gliele dici sbagliate.
Per esempio stanotte andiamo a farci il magazzino di Strolicaccio, in fondo a via del verme nero, che lo sapete perche' la chiamano cosi', no? No? Magari ve lo racconto un'altra volta che adesso proprio non ci ho tempo.
Allora io faccio chiamare Sbroccolone e gli dico che stanotte si va a a ripulire il casale di Magnagrilli, che sta da tutta un'altra parte.
Tempo mezz'ora e i carabinieri organizzano la spedizione della brillante operazione notturna al casale di Magnagrilli che lo circondano, s'acquattano dietro le fratte e ci passano tutta la notte all'addiaccio e gli dice bene se Magnagrilli con tutto l'abbaiare dei cani non gli spara col quintone dalla finestra.
Noi intanto ci facciamo il magazzino di Strolicaccio che proprio ieri gli e' arrivata roba buona che l'ho saputo da uno che il nome col cavolo che ve lo dico.
Io ci ho sempre lavorato bene con Sbroccolone, lavoro bene con tutti, perche' tutto e' a sapere valorizzare le qualita' loro.
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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 439 del 5 febbraio 2021
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