[Nonviolenza] Telegrammi. 3915
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 3915
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Thu, 5 Nov 2020 20:06:47 +0100
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3915 del 6 novembre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Alcune parole dette il 4 novembre 2020 a Viterbo
2. Aldo Capitini: Principi dell'addestramento alla nonviolenza
3. Omero Dellistorti: Come inventai l'arma fine di mondo
4. Omero Dellistorti: Enea
5. Omero Dellistorti: La vocazione
6. Omero Dellistorti: L'untore
7. Omero Dellistorti: Una partitella
8. Omero Dellistorti: Uno bravo
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'
1. L'ORA. ALCUNE PAROLE DETTE IL 4 NOVEMBRE 2020 A VITERBO
Di tutte le persone uccise gli occhi ci guardano.
Ci chiedono perche' le abbiamo uccise, perche' abbiamo lasciato che le uccidessero.
Ci chiedono perche' non le salvammo.
Dal fondo del Mediterraneo ci guardano.
Da dietro ogni filo spinato ci guardano.
Dai crateri di tutte le bombe ci guardano.
Dall'umido buio di tutte le tombe.
Da tutte le discariche di corpi umani della storia.
Da tutti i cortei incatenati di ogni vittoria, che e' sempre e solo la vittoria di chi uccide.
Fatte cenere fumo ombra, fatte sasso sale niente, ancora ci guardano spente.
Ridotte a mummie di legno, a vento freddo di spettri, a ricordo che non cicatrizza, a vuoto che pulsa e che preme, ancora ci guardano orbate di ogni luce, e di ogni speme.
Ci chiedono conto di quel che abbiamo fatto e di quello che non abbiamo fatto ed avremmo dovuto.
Ci chiedono conto di quello che faremo adesso, e domani. Guardano i nostri volti, le nostre mani.
Ci chiedono conto e rispondere dobbiamo. Ci chiedono e ci offrono aiuto.
*
Se non si aboliscono le guerre come si puo' pensare di fermare le stragi?
Se non si proibiscono tutte le armi come si puo' credere di far cessare le uccisioni?
Tutte le organizzazioni armate, tutte le ideologie armate, tutte le societa' e le persone armate, per il solo fatto di essere armate sono gia' pronte a farsi assassine.
Chi fabbrica, chi smercia, chi acquista, chi possiede un'arma, quell'arma gia' lo possiede e lo trasforma in sicario.
*
In questa giornata di lutto non venga a recare offesa a chi la guerra ha distrutto chi ancora alle guerre si addestra, chi ancora le guerre prepara, chi ancora le guerre continua, chi ancora le guerre delibera, approva, accetta e consente e cova.
Si faccia silenzio e si ascolti la voce delle vittime, la voce rotta, la voce muta delle vittime, che chiede che cessino tutte le uccisioni. Che convoca alla pace, al reciproco rispetto ed aiuto, all'eguale diritto e dignita', alla fraternita' e sororita' fra tutte le donne e tutti gli uomini di buona e di cattiva volonta'.
Si ascolti la voce dei morti che chiama ad agire per la salvezza dei vivi e dei venturi.
Si ascolti la voce dei morti che convoca alla scelta della nonviolenza che ogni violenza contrasta, che a tutte le morti si oppone, che sa che ci basta il soffrire inerente al nostro essere fragili e mortali senza che vi si aggiungano altri mali.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Abolire le guerre, gli eserciti, le armi.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Condividere il bene ed i beni.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
* * *
Allegato: il testo integrale dell'appello "Ogni vittima ha il volto di Abele" promosso dal Movimento Nonviolento, da Peacelink, da altre esperienze nonviolente
4 novembre 2020: non festa ma lutto. Ogni vittima ha il volto di Abele
Meno armi piu' salute, ridurre drasticamente le spese militari e devolvere i fondi a sanita', assistenza, ricerca e servizi pubblici
Proponiamo che il 4 novembre (nel rispetto delle norme per il contenimento della pandemia) si svolgano commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.
Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'inutile strage della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.
Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.
Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.
Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.
Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.
A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.
Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.
Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
Per questo sosteniamo la richiesta che l'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017 entrato in vigore dopo la cinquantesima ratifica nei giorni scorsi.
Per questo chiediamo una drastica riduzione delle spese militari che gravano sul bilancio dello stato italiano per l'enorme importo di decine e decine di milioni di euro al giorno. Riteniamo essenziale l'avvio di una politica di disarmo, poiche' le armi sempre e solo uccidono gli esseri umani. I fondi pubblici oggi destinati a strutture e strumenti di morte siano invece utilizzati in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani e del mondo vivente. La pandemia ha dimostrato quanto sia importante, preziosa e vitale la sanita' pubblica, la tutela e la salubrita' dell'ambiente, la difesa e il sostegno dei piu' fragili e indifesi, dei piu' sfruttati e impoveriti, dei piu' emarginati ed oppressi della societa', ovvero il riconoscimento dell'eguaglianza di dignita' e diritti di tutti gli esseri umani. Abolire le guerre e garantire piu' salute e diritti per tutte e tutti. Meno armi – strumenti di morte – e piu' risorse per sanita' e assistenza, previdenza e protezione sociale, servizi pubblici per tutte e tutti. Siano drasticamente ridotte le spese militari, e i fondi pubblici cosi' risparmiati siano utilizzati per la sanita', l'assistenza, la ricerca scientifica orientata al bene comune dell'umanita', la difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutte e tutti, la condivisione del bene e dei beni. Per questo sosteniamo la Campagna "Un'altra difesa e' possibile", che prevede l'istituzione di un Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta.
Pace, disarmo, smilitarizzazione. Tutela della salute di tutte e tutti.
Solo la pace salva le vite. Salvare le vite e' il primo dovere.
Movimento Nonviolento
per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. e fax: 0458009803, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it
PeaceLink
per contatti: e-mail: info at peacelink.it, abruzzo at peacelink.it, sito: www.peacelink.it
Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo
per contatti: e-mail: centropacevt at gmail.com web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
2. REPETITA IUVANT. ALDO CAPITINI: PRINCIPI DELL'ADDESTRAMENTO ALLA NONVIOLENZA
[Riproponiamo ancora una volta il testo del capitolo ottavo, "Principi dell'addestramento alla nonviolenza", del libro di Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, Milano s. d. (ma 1967). Successivamente il libro e' stato ristampato nel 1989 da Linea d'ombra edizioni, Milano (con minimi tagli nella nota bibliografica). E' stato poi integralmente incluso in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992 (alle pp. 253-347).
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Tra le opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' ancora quella a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); ma notevole ed oggi imprescindibile e' anche la recente antologia degli scritti a cura di Mario Martini, Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004, 2007; delle singole opere capitiniane sono state recentemente ripubblicate: Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989, Edizioni dell'asino, Roma 2009; Elementi di un'esperienza religiosa, Cappelli, Bologna 1990; Colloquio corale, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2005; L'atto di educare, Armando Editore, Roma 2010; cfr. inoltre la raccolta di scritti autobiografici Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; La religione dell'educazione, La Meridiana, Molfetta 2008; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Piu' recente e' la pubblicazione di alcuni carteggi particolarmente rilevanti: Aldo Capitini, Walter Binni, Lettere 1931-1968, Carocci, Roma 2007; Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008; Aldo Capitini, Guido Calogero, Lettere 1936-1968, Carocci, Roma 2009. Tra le opere su Aldo Capitini: a) per la bibliografia: Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Bibliografia di scritti su Aldo Capitini, a cura di Laura Zazzerini, Volumnia Editrice, Perugia 2007; Caterina Foppa Pedretti, Bibliografia primaria e secondaria di Aldo Capitini, Vita e Pensiero, Milano 2007; segnaliamo anche che la gia' citata bibliografia essenziale degli scritti di Aldo Capitini pubblicati dal 1926 al 1973, a cura di Aldo Stella, pubblicata in Il messaggio di Aldo Capitini, cit., abbiamo recentemente ripubblicato in "Coi piedi per terra" n. 298 del 20 luglio 2010; b) per la critica e la documentazione: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Mario Martini (a cura di), Aldo Capitini libero religioso rivoluzionario nonviolento. Atti del Convegno, Comune di Perugia - Fondazione Aldo Capitini, Perugia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Gian Biagio Furiozzi (a cura di), Aldo Capitini tra socialismo e liberalismo, Franco Angeli, Milano 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; Maurizio Cavicchi, Aldo Capitini. Un itinerario di vita e di pensiero, Lacaita, Manduria 2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; Alarico Mariani Marini, Eligio Resta, Marciare per la pace. Il mondo nonviolento di Aldo Capitini, Plus, Pisa 2007; Maura Caracciolo, Aldo Capitini e Giorgio La Pira. Profeti di pace sul sentiero di Isaia, Milella, Lecce 2008; Mario Martini, Franca Bolotti (a cura di), Capitini incontra i giovani, Morlacchi, Perugia 2009; Giuseppe Moscati (a cura di), Il pensiero e le opere di Aldo Capitini nella coscienza delle giovani generazioni, Levante, Bari 2010; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; e Amoreno Martellini, Fiori nei cannoni. Nonviolenza e antimilitarismo nell'Italia del Novecento, Donzelli, Roma 2006; c) per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato ed i volumi bibliografici segnalati sopra]
Una parte del metodo nonviolento, tra la teoria e la pratica, spetta all'addestramento alla nonviolenza. Le ragioni principali per cui e' necessaria questa parte sono queste:
a) l'attuazione della nonviolenza non e' di una macchina, ma di un individuo, che e' un insieme fisico, psichico e spirituale;
b) la lotta nonviolenta e' senza armi, quindi c'e' maggior rilievo per i modi usati, per le qualita' del carattere che si mostra;
c) una campagna nonviolenta e' di solito lunga, e percio' e' utile un addestramento a reggerla, a non cedere nemmeno per un istante;
d) la lotta nonviolenta porta spesso sofferenze e sacrifici; bisogna gia sapere che cosa sono, bisogna che il subconscio non se li trovi addosso improvvisamente con tutto il loro peso;
e) le campagne nonviolente sono spesso condotte da pochi, pochissimi, talora una persona soltanto; bisogna che uno si sia addestrato a sentirsi in minoranza, e talora addirittura solo, e perfino staccato dalla famiglia.
I maestri di nonviolenza si sono trovati davanti al problema dell'addestramento, sia per riprodurre nel combattente nonviolento le qualita' fondamentali del "soldato", sia per trarre dal principio della nonviolenza cio' che essa ha di specifico. Si sa che le qualita' del guerriero sono formate e addestrate fin dai tempi della preistoria e si ritrovano perfino al livello della vita animale. Le qualita' del nonviolento hanno avuto una formazione piu' incerta, meno consistente ed energica, per la stessa ragione che la strategia della pace e' meno sviluppata della strategia della guerra. Ma, prima che Gandhi occupasse il campo della nonviolenza con il suo insegnamento, il piu' preciso e articolato che mai fosse avvenuto, indubbiamente ci sono stati addestramenti alla nonviolenza, contrapposti a quelli violenti; esempi di monaci buddisti, i primi cristiani, i francescani, che hanno lasciato indicazioni preziose in questo campo, che qui non e' possibile elencare. Ma basti pensare all'armonia della posizione di Gesu' Cristo espressa in quella raccolta di passi che e' detta "il discorso della montagna", dove e' il suscitamento di energia per resistere, per incassare i colpi, ricordando il "servo di Dio" come era stato espresso da Isaia (cap. LIII): "Maltrattato, tutto sopportava umilmente"; l'enunciazione del rapporto con le cose, del valore della prassi, ma anche l'elemento contemplativo, come un mondo migliore gia' dato in vista all'immaginazione nelle beatitudini, messe giustamente in principio perche' sono l'elemento piu' efficace nell'addestramento, anche piu' della preghiera.
Gli Esercizi spirituali di Sant'Ignazio, il fondatore della Compagnia dei Gesuiti, sono un testo famoso di addestramento spirituale, e il loro esame puo' essere utile per vedere il carattere di quell'addestramento incentrato sulla persona di Gesu' Cristo, sull'istituzione della Chiesa romana, sull'obbedienza assoluta come se si fosse cadaveri: tali caratteri vanno posti insieme con quelli dell'addestramento militare, che e' chiuso nell'immedesimazione con un Capo o Sovrano, nella difesa di un'istituzione che e' lo Stato, nell'obbedienza che e' rinuncia a scelte e ad iniziative; "chiuso", perche' il metodo nonviolento non discende da un Capo, ma e' aperto a immedesimarsi con tutte le persone, a cominciare dalle circostanti: non fa differenza tra compagni e non compagni, perche' e' aperto anche agli avversari che considera uniti nella comune realta' di tutti; ne' puo' fare dell'obbedienza un principio di assoluto rilievo, perche' l'addestramento nonviolento tende a formare abitudini di consenso e di cooperazione, riducendo l'obbedienza a periodi non lunghi per i quali essa venga concordata, per condurre un'azione particolare.
I piu' grandi valori spirituali escono da una concezione aperta, non chiusa; essi sono per tutti, non per un numero chiuso di persone. Cosi e' per es. la musica; essa parla come da un centro, ma il suo raggio e' infinito, oltre il cerchio di coloro che in quel momento sono presenti: ci sono altri che l'ascoltano per radio e altri, infinitamente, che potranno ascoltarla. Cosi' e' l'azione nonviolenta: essa e' compiuta da un centro, che puo' essere di una persona o di un gruppo di persone; ma essa e' presentata e offerta affettuosamente al servizio di tutti: essa e' un contributo e un'aggiunta alla vita di tutti. Questo animo e' fondamentale nell'addestramento alla nonviolenza: sentirsi centro rende modesti e pazienti, toglie la febbre di voler vedere subito i risultati, toglie la sfiducia che l'azione non significhi nulla. Anche se non si vede tutto, l'azione nonviolenta e' come un sasso che cade nell'acqua e causa onde che vanno lontano. Questo animo di operare da un centro genera a poco a poco il sentimento della realta' di tutti., dell'unita' che c'e' tra tutti gli esseri, un sentimento molto importante per la nonviolenza, che e' incremento continuo del rapporto con tutti.
*
Elementi storici, ideologici, psicologici dell'addestramento
Entriamo ora nell'esame dei vari elementi che compongono l'addestramento. E vediamo come primi due elementi storici, uno particolare ed uno generale:
a) nella situazione storica in cui si vive bisogna accertare cio' contro cui si deve lottare nonviolentemente: un'oppressione, uno sfruttamento, un'ingiustizia, un'invasione ecc.; questo accertamento e' uno stimolo per raccogliere le energie e per indurre ad un attento esame della concreta situazione;
b) l'elemento storico generale e' la persuasione del posto che oggi ha la nonviolenza nella storia dell'umanita': se si tiene presente il quadro generale attuale si vede che ai grandi Stati-Imperi politico-militari che si stanno formando, bisogna contrapporre, come al tempo dei primi cristiani, un agire assolutamente diverso, una valutazione dell'individuo, una fede che congiunge persone diverse e lontane. Sentire che questo e' il momento per l'apparizione e il collegamento del mondo nonviolento fa capire che oggi non valgono piu' le vecchie ideologie che assolutizzavano la patria: oggi la patria suprema e' la realta' di tutti, da cui viene il rifiuto di divinizzare gli Stati e i loro Capi, di bruciare il granello d'incenso in loro onore.
Anche gli elementi ideologici sono essenziali nell'addestramento:
a) lo studio delle teorie della nonviolenza, la lettura dei grandi episodi e delle grandi campagne, l'escogitazione di casi in cui uno potrebbe trovarsi per risolverli con la nonviolenza; l'informazione su cio' che e' stato finora fatto con il metodo nonviolento e le frequenti discussioni con gruppi nonviolenti e anche con estranei alla nonviolenza, per ricevere obbiezioni, critiche, disprezzo o ridicolo;
b) il mutamento della considerazione abituale della vita come amministrazione tranquilla del benessere: il sapere bene che in questa societa' sbagliata i nonviolenti sono in un contrasto, che la loro vita sara' scomoda, che e' normale per loro ricevere colpi, essere trattati male, veder distrutti oggetti propri.
Da questi due elementi ideologici conseguono due tipi di esercizi:
1. il primo e' la meditazione (che puo' essere fatta dalla persona singola o dal gruppo nonviolento in circolo silenzioso) di qualche evento culminante delle passate affermazioni della nonviolenza. Esempi: Gesu' Cristo al momento dell'arresto, quando riaffermo' chiaramente la sua differenza dal metodo della rivolta armata; la marcia del sale effettuata da Gandhi; la visita di San Francesco al Sultano per superare le crociate sanguinose; l'angoscia dell'aviatore di Hiroshima;
2. il secondo e' la scuola di nonviolenza istituita appositamente (come hanno fatto i negri d'America) per abituarsi a ricevere odio, offese, ingiurie, colpi (esempi: parolacce, percosse, oggetti lanciati; essere arrestato, legato).
Vediamo ora alcuni elementi psicologici:
a) il nonviolento e' convinto che la cosa principale non e' vincere gli altri, ma comportarsi secondo nonviolenza; nelle dispute il nonviolento non vuota tutto il sacco delle critiche, delle accuse, degli argomenti a proprio vantaggio, e lascia sempre qualche cosa di non detto, come un silenzioso regalo all'avversario; naturalmente evita le ingiurie, quelle che si imprimono per sempre come fuoco nell'animo dell'avversario, e che pare aspettassero il momento adatto per esser dette. Il nonviolento pensa che l'avversario e' un compagno di viaggio; e puo' avere fermezza e chiarezza, senza amareggiarlo;
b) il nonviolento e' convinto che non e' la fretta a vincere, ma la tenacia, l'ostinazione lunga, come la goccia che scava la pietra, come la cultura che cresce a poco a poco, come il corallo (il paragone e' del Gregg) si forma lentamente ed e' durissimo. La pressione nonviolenta e' lenta e instancabile: e' difficile che se e' cosi, non riesca. Perde chi cede, chi si stanca, chi ha paura;
c) il persuaso della nonviolenza, formandosi, viene collocando la nonviolenza al contro delle passioni, degli altri affetti, dei sentimenti; cioe' non e' necessario che egli faccia il vuoto nel mondo dei suoi sentimenti, perche' il vuoto potrebbe inaridire la stessa nonviolenza; ma egli stabilisce, con un lungo esercizio di scelte e di freni, la prospettiva che mette al centro lo sviluppo della nonviolenza, e tutto il resto ai lati;
d) l'interno ordine psicologico puo' essere aiutato dalla persuasione che la nonviolenza conta su una forza diversa da quella dei meccanismi naturali (la scienza non dice di aver esaurito l'elenco delle forze che agiscono sulla realta'): questa forza diversa puo' essere chiamata lo Spirito, puo' essere personificata in Dio, e la preghiera e' uno dei modi per stabilire e rafforzare il proprio ordine interno;
e) un altro elemento di forza interiore e' quello conseguito con decisione come voti, rinunce, digiuni: sono eventi importanti che influiscono sulla psiche, le danno il senso di una tensione elevata, la preparano a situazioni di impegno.
Da questi elementi psicologici conseguono importanti modi di comportamento:
1. la costante gentilezza e pronta lealta' verso tutti; la gentilezza e' un'espressione della vita nonviolenta, come una volta l'eremitismo era una posizione della vita religiosa; gentilezza vuol dire anche tono generalmente calmo e chiaro della voce;
2. la cura della pulizia personale, degli abiti, delle cose circostanti; essa suscita rispetto verso se stessi e rispetto negli altri verso il nonviolento, mentre e' facile destare violenza contro chi e' sporco, puzza, non si lava ed e' trascurato nel vestito e nelle sue cose;
3. un buon umore e spesso lo humor (dice giustamente il Gregg che corrisponde alla "umilta'" raccomandata un tempo). Insomma il nonviolento lascia ridere gli altri su di se', e si associa spesso a loro;
4. l'attenzione a mantenersi in buona salute e capaci di resistere agli sforzi, mediante la sobrieta', regole igieniche, cure, e' utile al nonviolento per possedere una riserva di energia per affrontare prove straordinarie.
*
Gli elementi sociali
Gli elementi sociali hanno importanza preminente nell'addestramento. Vediamone alcuni:
a) Una prova di apertura sociale e' la nonmenzogna. E' noto quanta importanza abbia la veracita' nei voti gandhiani, nei voti francescani. San Francesco una volta accetto' che fosse messo un pezzo di pelliccia all'interno della tonaca dove questa urtava sulla sua piaga, purche' un identico pezzo di pelliccia fosse messo all'esterno, nella parte corrispondente. La nonmenzogna rende gli altri potenzialmente presenti alla propria vita, stabilisce che cio' che uno pensa, e' potenzialmente di tutti.
b) Un addestramento di alta qualita' sociale e' l'unirsi con altri per costituire assemblee periodiche per la discussione dei problemi locali e generali, per esercitare il controllo dal basso su tutte le amministrazioni pubbliche. I nonviolenti sono i primi animatori di questa attivita' aperta che comprende tutti, e fa bene a tutti, e che si realizza con la regola del dialogo di "ascoltare e parlare".
c) Un'attivita' particolare esercitano i nonviolenti per diffondere tra tutti la lotta contro la guerra, la sua preparazione e la sua esecuzione.
d) I nonviolenti impiantano un'attivita' continua di aiuto sociale nel mondo circostante, sia associandosi nei Pronti Soccorsi, sia realizzando iniziative di visite ai carcerati, di aiuto agli ex-carcerati, di visitare malati, di educazione e ricreazione dei fanciulli, di educazione degli adulti, di cura dei vecchi, di aiuto alla salute pubblica, di amicizia con i miseri. I nonviolenti fanno le loro campagne nonviolente, movendo da una normale attivita' di servizio sociale precedente alla campagna e tornando ad essa, appena finita la campagna con successo o no: e' anche un modo per ritemprare le forze, per non incassare inerti una sconfitta.
e) Il Gregg ha molto insistito, anche in un saggio speciale, sull'importanza del lavoro manuale nell'addestramento alla nonviolenza perche' crea un senso di fratellanza nel fare qualche cosa con gli altri ben visibilmente, e abitua alla disciplina, a sottomettersi pazientemente ad uno scopo.
f) Un altro elemento sociale e' il cantare insieme, fare balli popolari, passeggiate ed esecuzioni e sport collettivi, mangiare insieme.
g) Qualcuno suggerisce anche di sostituire a quello che e' l'orgoglio dei soldati per le glorie del loro "reggimento", l'affermazione di cio' che il gruppo nonviolento ha fatto. Ma fondamentale e' far comprendere che le azioni nonviolente sono per tutti, e, non soltanto per il centro che le promuove.
h) Affiancata all'addestramento nella nonviolenza, e' la conoscenza di leggi, per il caso dell'urto con la polizia o lo Stato, con arresti, processi, prigionia.
L'addestramento e' necessario per dare una solida preparazione alle situazioni. I nonviolenti debbono avere una serie di abitudini consolidate e possedere una serie di previsioni di probabili conseguenze delle loro azioni nonviolente. Il Gregg cita l'utilita' dell'imparare a nuotare come segno dei passaggio al possesso di un'abitudine, della paura iniziale e dell'aiuto venuto anche da altri nell'addestramento. Chi ha provato che cosa sia la prigione per un notevole periodo, sa quanto sarebbe utile prepararsi a. sdrammatizzare l'avvenimento nel proprio animo, visitando le prigioni, aiutando gli ex-carcerati ecc. Anche la nonviolenza e' certamente danneggiata dagli improvvisatori, da coloro che pretendono di creare tutto sul momento; che sono quelli che si stancano prima. E la nonviolenza, se per un quarto e' amorevolezza, e per un altro quarto e' conoscenza, per due quarti e' coraggiosa pazienza.
E' stato detto giustamente che gli iniziatori del metodo scientifico non potevano prevedere quali risultati esso avrebbe dato; e cosi' sara' del metodo nonviolento.
3. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: COME INVENTAI L'ARMA FINE DI MONDO
L'idea mi venne da quel film, si', quello. Ci ho pure preso il nome: l'arma fine di mondo, che e' un nome divertente. Un po' di umorismo ci vuole. Nel mestiere che faccio sono tutte persone tristi e insopportabili, o malinconiche fino alla catatonia o irascibili come mortaretti, chi non ti annoia ti fa schizzare la bile, si credono tutti di essere chissacchi', invidiosi e rancorosi come l'ortica, perennemente afflitti da non sanno neppure cosa. Io invece, non faccio per vantarmi, sono un cuorcontento. Lo sapete come si dice, no? Cuorcontento, il ciel l'aiuta. E a me il cielo m'ha aiutato perche' mentre ero li' che mi scervellavo a leggere 'sto Aistai che non ci si capiva una mazza, di botto mi venne 'st'idea. E se... magari ci vinciamo la guerra. Che poi ce l'abbiamo vinta davvero. Pero' l'obiettivo mio, cioe' l'ispirazione quando ci ho avuto l'idea, non era mica solo di vincere la guerra. Era di farla finita col mondo. per questo l'ho chiamata cosi', l'arma fine di mondo, come in quel film. Pero' c'era un problema, il solito problema: che per ottenere il risultato grosso occorreva farla grossa. Ora, come si fa a costruire un'arma fine di mondo grossa abbastanza, cioe' grossa - per dire - quanto la Svizzera, o l'Australia? E' un'impresa attualmente impossibile, intendo dire allo stato attuale delle tecnologie, che la scienza si sa va avanti veloce ma la tecnologia arranca sempre col fiato grosso e la lingua di fuori, te la raccomando la tecnologia, roba da ingegneri, da geometri, da ragionieri. E quindi si era in un vicolo cieco, un cul de sac, un'impasse. Allora si deve passare al piano B, che sarebbe di farne invece di una sola grossa, una milionata normali, anzi, meglio una miliardata normali, che c'e' il rischio che pero' neppure bastano. Per questo ho presentato al governo il progetto di farne otto miliardi, una per ogni cristiano che c'e' oggi sul pianeta (e qualcuna di riserva); e' un'impresa titanica, non dico di no, ma al Presidente l'idea gli e' piaciuta e mi ha detto che si puo' fare e ha stanziato subito subito il conquibus che il pubblico erario a questo serve. Poi si tratta di distribuirle, una a ogni abitante del pianeta, che pure questa e' un'impresa ciclopica, ma se si fa una convenzione con Amazon dice che entro una settimana ci si riesce. Poi il resto e' facile: dalla televisione si dice a che ora farle scoppiare tutte insieme, e via. Pure se c'e' qualche defezione - che i disfattisti ci sono sempre, si sa - i sondaggi dicono che il 90% se glielo dice la televisione obbediscono sempre. E cosi il progetto ha la sua verifica sperimentale.
Ho scritto questo report casomai ci fosse qualche civilta' aliena che un giorno capitasse da queste parti. L'ho inventata io, che se non finiva tutto era premio Nobel sicuro e finalmente mi sistemavo.
4. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: ENEA
Ho capito, ho capito, c'e' da fondare Roma, ho capito.
Pero' non e' che se ci fermiamo qui a Cartagine un altro po' chissa' che succede, no? Roma la fondiamo lo stesso, un po' piu' tardi, che non muore nessuno per dieci minuti o dieci giorni di ritardo. Siamo stati dieci anni a fare quella cavolo di guerra che io lo dicevo che finiva male che si vedeva subito, dieci anni ci siamo stati e poi con quel bel risultato, e adesso si deve fare tutto di corsa? Neanche una pausa? Neanche una vacanzetta che ce la saremmo pure meritata, no? No, adesso si deve correre a Roma, a Roma, neanche fosse una commedia di Cechov. E basta sempre con tutta 'sta prescia, che a fare le cose sempre di prescia poi si sa che non ne viene bene mai una.
5. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: LA VOCAZIONE
Dalla palestra m'avevano cacciato. "Qui gli spacciatori non ci mettono piede".
Dal bar m'avevano cacciato. "Se ti rivedo da queste parti dico a Filippone e Carciostruzzo di pensarci loro, a buon intenditor...".
M'avevano cacciato pure dalla banda. "A forza di spararti monnezza nelle vene e' sicuro che finisci per fare la spia, e allora smamma adesso senza che ti dobbiamo rompere le ossa, okay?".
Amici non ce ne avevo piu' neppure uno, con tutte le fregature che avevo mollato in giro.
Mio padre m'aveva detto che se mi vedeva vicino a casa o alla bottega prima mi sparava colla doppietta e dopo s'avvicinava per vedere se ero proprio io e darmi il colpo di grazia.
Ridotto com'ero ridotto mi sono arruolato nell'esercito del bene. Il coltello da sub gia' ce l'avevo.
6. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: L'UNTORE
Secondo me e' un mestiere come un altro. Ci ha i suoi rischi e i suoi inconvenienti, non dico di no. Ma anche le sue soddisfazioni. Per esempio quando stermini un'intera famiglia di ricconi. Si credevano che sarebbe stato sempre rose e fiori, eh? latte e miele, eh? E adesso beccati la peste bubbonica, con questo schifo di bubboni che e' per questo che la chiamano la peste bubbonica. A me, quando stermino una famiglia di ricconi, ci godo proprio. E mi pare di svolgere, come posso dire, una funzione, una missione, un ufficio, ecco, un ufficio sacro. Non vorrei bestemmiare, no, pero' sento che e' un atto di giustizia, un atto della mano di domineddio, si'. E io sono quella mano. Insomma, uno ci ha bisogno di qualche gratificazione, no? Specialmente di questi tempi.
Poi, certo, ci sono pure tutti quegli altri che ricconi non erano e che crepano a cataste, a cataste crepano. Se mi dispiace? E perche'? Tanto, con la vita che facevano pure prima non e' che stavano meglio, e cosi' se non altro sono testimoni, anzi, piu' che testimoni, partecipi; anzi, no: protagonisti, ecco, protagonisti di un evento storico. Dico: la peste a Milano. Se non e' un evento storico questo.
7. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: UNA PARTITELLA
- Ci facciamo una partitella?
- Come dice, scusi?
- Dico: ci facciamo una partitina a carte?
- A carte?
- Si', a carte. Per ingannnare il tempo. Il viaggio e' lungo...
- Ma come si fa? servirebbero le carte, e un tavolo...
- E che problema c'e'? Le carte le ho io, e come tavolo possiamo usare la sua cartella, scusi se mi permetto, eh...
- In effetti il viaggio e' lungo. Pero' sa, senza offesa, io preferirei farmi una dormitina.
- Ah, in questo caso chiedo scusa, se preferisce un sonnellino, come darle torto?
- Sa, io prendo sempre questo treno delle sei, e siccome abito un po' lontano mi alzo alle quattro, quattro e mezza, cosi' sul treno recupero un po' del sonno perduto.
- Troppo giusto, troppo giusto. E poi, se non la capisco io che sono un pendolare come lei...
- Ah si'? Non l'avevo mai notata, eppure prendo questo treno da almeno vent'anni.
- Ah, io no, questo treno e' la prima volta che lo prendo.
- Ah, ecco. E come mai oggi ha preso questo treno, cosi' presto intendo dire...
- Eh, ho dovuto, ho dovuto. Sa, il lavoro.
- Certo, il lavoro e' lavoro.
- Ecco, appunto.
- Io sto al ministero dell'interno.
- Ah, congratulazioni.
- Grazie. E lei?
- Ah, no, io non sono un ministriale. Senza offesa, eh, che un bel posticino ministeriale, come si dice, e' il sogno di ogni italiano perbene.
- Si dice cosi'? Non l'avevo mai sentito.
- Si dice, si dice cosi'. Lo vede? Lei e' proprio fortunato.
- Fortunato?
- Ad avere un posto al ministero.
- Ah, allora si'.
- Ma adesso la lascio al suo pisolino.
- Veramente adesso mi sarei svegliato e non lo so piu' se mi va di provare a dormicchiare ancora un po'. Magari leggo, che ci ho qui nella cartella un Maigret che me lo porto da un po' di giorni e non riesco a finirlo, con tutto che mi appassiona proprio.
- Eh, Simenon e' Simenon.
- Altroche'. Solo che la mattina all'andata preferisco schiacciare un pisolino, e la sera al ritorno sono stanco e non mi va di leggere, cosi' non lo finisco mai. Pero' me lo porto, non si sa mai.
- La capisco, la capisco, anche a me piace leggere.
- Io leggo poco, veramente, e mi dispiace, perche se ci avessi il tempo leggerei molto di piu'.
- Anch'io, anch'io, e' proprio cosi' anche per me, se ci avessi il tempo... ma come si fa?
- Gia', come si fa?
- Il lavoro...
- Il lavoro e poi la casa.
- La casa, si'.
- Mai che uno possa starsene in santa pace.
- Esatto, esatto.
- Quasi quasi adesso, se l'invito vale ancora, me la farei questa partitina.
- Vale, vale, una partitella e' il modo migliore per passare un paio d'ore mentre il treno ci porta a destinazione, eh?
- E allora prendo la cartella, l'appoggio sulle mie ginocchia...
- Anche sulle mie, se preferisce.
- No, no, non serve. Cioe', se per lei e' troppo lontana...
- No, no, e che ci vuole, mi chino un po'...
- No, no, ha ragione, mi scusi sa, l'appoggiamo sulle mie e sulle sue, proprio in mezzo tra i sedili, cosi', eh, che ne dice?
- Perfetto, perfetto. Prendo il mazzo delle carte.
*
- Ramino o poker?
- Preferirei ramino, lei che dice?
- Ramino, ramino. Lo avrei scelto anch'io.
- E' una vita che non gioco a carte.
- Non mi dica.
- E' che non ci ho l'occasione, sa, torno a casa tardi, gli amici li frequento poco. E poi mi devo alzare presto la mattina, verso le quattro, le quattro e mezza. Da giovane no.
- Non me lo dica, non me lo dica, da giovani si' che la vita era vita.
- E' proprio cosi', invece poi gli anni passano, e s'invecchia.
- S'invecchia si', eccome se si invecchia. Non mi faccia parlare non mi faccia.
- Gli acciacchi, eh?
- Acciacchi, acciacchi, altro che acciacchi.
- Non me lo dica.
- Vero?
- Eh.
- Eh.
- Eh. Chi alza la carta piu' alta da' le carte?
- Come no, prego.
- Sette.
- Tre. A lei.
- Grazie.
- Ah, dimenticavo...
- Cosa?
- Cosa ci giochiamo.
- Non e' necessario giocarci qualcosa.
- Ma qualcosa bisogna pur giocarsi, altrimenti che partita e'?
- Cosi', per svago.
- Si', ma lo svago per essere completo richiede anche l'attenzione, l'impegno, senno' e' pura perdita di tempo.
- Ma e' un passatempo.
- Lo e', lo e'. E insieme e' anche qualche altra cosa, no?
- E cos'altro e' oltre che un passatempo? Si gioca per distrarsi, no?
- Esatto, appunto. E' proprio cosi', per distrarsi, cioe' per trarsi fuori dalla noia della ripetizione meccanica dei gesti.
- E' un punto di vista interessante, lo sa?
- Per questo ci vuole una posta, senza una posta si perde tutto il sapore del gioco.
- D'accordo allora, e cosa propone di giocarci?
- Le nostre vite.
- Come, scusi?
- Le nostre vite.
- Temo di non capire.
- Le nostre vite. Chi vince si prende la vita di chi perde.
- Lei e' proprio un burlone, lo sa?
- No. Non scherzo mai quando gioco. Avanti, dia le carte.
- Guardi, forse...
- Dia le carte, le ho detto.
- Insomma, non e' questo il tono.
- Dai le carte, ha accettato di fare la partita, no? Adesso non puo' tornare indietro.
- Veramente non capisco.
- Non c'e' niente da capire, giochiamo questa partita e vediamo chi vince e chi muore.
- Allora no, mi scusi ma...
- Sta' zitto e da' le carte.
- Ma come si permette?
- Gioca e basta. vediamo chi vince e chi muore.
- Ma chi si crede di essere?
- Vuoi veramente che te lo dica? Ancora non l'hai capito?
8. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: UNO BRAVO
Il problema di essere uno bravo e' che devi essere bravo sempre.
Per esempio: metti che sei Omero, no? Che ce lo sanno tutti che sei il piu' sapiente di tutti, con tutto che sei pure cieco. E allora te ne stai sulla spiaggia a prendere il sole in santa pace e arrivano quei pescatori che si erano strafatti di crack e ti dicono quella scemenza d'indovinello dei pidocchi, che - forza, diciamo la verita' - non era facile per niente azzeccarla. E ti scoppia il cuore. Cosi', per quella scemenza dei pidocchi, che piu' tardi a quei babbei gli e' pure dispiaciuto che senza rendersene neppure conto, e senza intenzione che non ci avevano nessun motivo che lo conoscevano solo di vista e non gli aveva fatto niente a nessuno, avevano fatto morire Omero, che era il piu' sapiente dei sette sapienti di Grecia, i magnifici sette; che era il primo e il principe di tutti i poeti.
Oppure Rambo: che se gli fanno uno sgarro, che ne so, metti per esempio che si sono sbagliati a dargli il resto del cappuccino col cornetto alla cassa del bar. E lui, poveraccio, che deve fare? Siccome e' Rambo, deve distruggere tutto il bar con chi c'e' dentro (che poi la cassiera gli piaceva pure e se non era troppo timido cento volte aveva pensato di chiederle se poteva invitarla a cena), e mica solo il bar gli tocca distruggere: pure il parcheggio davanti al bar con tutte le macchine e i camion deve demolire, e poi bruciare il paese e cospargere le macerie di sale. Solo perche' e' Rambo e la gente se lo aspetta e non puoi deludere il pubblico.
Essere uno bravo e' un affaraccio, ve lo dico io.
9. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Edith Bruck, Chi ti ama cosi', Marsilio, Venezia 1974, 1995, pp. 114.
- Edith Bruck, Signora Auschwitz. Il dono della parola, Marsilio, Venezia 1999, pp. 96.
- Alba de Cespedes, Nessuno torna indietro, Mondadori, Milano 1938, 1966, pp. 300.
- Alba de Cespedes, Quaderno proibito, Mondadori, Milano 1952, Nuova iniziativa editoriale, Roma 2006, pp. 240.
- Anna Maria Ortese, Il mare non bagna Napoli, Adelphi, Milano 1994, 2016, pp. 184.
- Anna Maria Ortese, L'Iguana, Adelphi, Milano 1986, 2016, pp. 208.
- Fabrizia Ramondino, L'isola riflessa, Einaudi, Torino 1998, 2017, pp. IV + 156.
- Fabrizia Ramondino, Un giorno e mezzo, Einaudi, Torino 1988, 2001, pp. IV + 210.
10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
11. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3915 del 6 novembre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
*
Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
Per non ricevere piu' il notiziario e' sufficiente recarsi in questa pagina: https://lists.peacelink.it/sympa/signoff/nonviolenza
Per iscriversi al notiziario, invece, l'indirizzo e' https://lists.peacelink.it/sympa/subscribe/nonviolenza
*
L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e' centropacevt at gmail.com
- Prev by Date: [Nonviolenza] Alcune parole dette il 4 novembre 2020 a Viterbo
- Next by Date: [Nonviolenza] Telegrammi. 3916
- Previous by thread: [Nonviolenza] Alcune parole dette il 4 novembre 2020 a Viterbo
- Next by thread: [Nonviolenza] Telegrammi. 3916
- Indice: