[Nonviolenza] Telegrammi. 3913



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3913 del 4 novembre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Bartolomeo Sorge
2. Cosa significa riconoscere che ogni vittima ha il volto di Abele
3. "La ricerca della verita' nel giornalismo e nella letteratura". Un incontro di studio a Viterbo con Paolo Arena
4. Omero Dellistorti: Io non sono razzista, pero'...
5. Omero Dellistorti: La camicia nuova
6. Omero Dellistorti: La mania
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. LUTTI. BARTOLOMEO SORGE

E' deceduto Bartolomeo Sorge, religioso e teologo, politologo, persona di forte impegno civile.
Con gratitudine lo ricordiamo.

2. L'ORA. COSA SIGNIFICA RICONOSCERE CHE OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

Cosa significa riconoscere che ogni vittima ha il volto di Abele?
Significa riconoscere che siamo un'unica umana famiglia in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Significa decidere di opporsi a tutte le uccisioni.
Significa decidere che salvare le vite e' il primo dovere.
*
Di seguito il testo integrale dell'appello "Ogni vittima ha il volto di Abele" promosso dal Movimento Nonviolento, da Peacelink, da altre esperienze nonviolente.
4 novembre 2020: non festa ma lutto. Ogni vittima ha il volto di Abele
Meno armi piu' salute, ridurre drasticamente le spese militari e devolvere i fondi a sanita', assistenza, ricerca e servizi pubblici
Proponiamo che il 4 novembre (nel rispetto delle norme per il contenimento della pandemia) si svolgano commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.
Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'inutile strage della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.
Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.
Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.
Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.
Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.
A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.
Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.
Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
Per questo sosteniamo la richiesta che l'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017 entrato in vigore dopo la cinquantesima ratifica nei giorni scorsi.
Per questo chiediamo una drastica riduzione delle spese militari che gravano sul bilancio dello stato italiano per l'enorme importo di decine e decine di milioni di euro al giorno. Riteniamo essenziale l'avvio di una politica di disarmo, poiche' le armi sempre e solo uccidono gli esseri umani. I fondi pubblici oggi destinati a strutture e strumenti di morte siano invece utilizzati in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani e del mondo vivente. La pandemia ha dimostrato quanto sia importante, preziosa e vitale la sanita' pubblica, la tutela e la salubrita' dell'ambiente, la difesa e il sostegno dei piu' fragili e indifesi, dei piu' sfruttati e impoveriti, dei piu' emarginati ed oppressi della societa', ovvero il riconoscimento dell'eguaglianza di dignita' e diritti di tutti gli esseri umani. Abolire le guerre e garantire piu' salute e diritti per tutte e tutti. Meno armi – strumenti di morte – e piu' risorse per sanita' e assistenza, previdenza e protezione sociale, servizi pubblici per tutte e tutti. Siano drasticamente ridotte le spese militari, e i fondi pubblici cosi' risparmiati siano utilizzati per la sanita', l'assistenza, la ricerca scientifica orientata al bene comune dell'umanita', la difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutte e tutti, la condivisione del bene e dei beni. Per questo sosteniamo la Campagna "Un'altra difesa e' possibile", che prevede l'istituzione di un Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta.
Pace, disarmo, smilitarizzazione. Tutela della salute di tutte e tutti.
Solo la pace salva le vite. Salvare le vite e' il primo dovere.
Movimento Nonviolento
per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. e fax: 0458009803, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it
PeaceLink
per contatti: e-mail: info at peacelink.it, abruzzo at peacelink.it, sito: www.peacelink.it
Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo
per contatti: e-mail: centropacevt at gmail.com  web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
*
Cosa significa riconoscere che ogni vittima ha il volto di Abele?
Significa che occorre abolire tutte le guerre, tutti gli eserciti, tutte le armi.
Significa che occorre soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Significa che occorre unire le forze di tutti gli esseri umani per la salvezza comune dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.

3. INCONTRI. "LA RICERCA DELLA VERITA' NEL GIORNALISMO E NELLA LETTERATURA". UN INCONTRO DI STUDIO A VITERBO CON PAOLO ARENA

La sera di martedi' 3 novembre 2020 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" si e' tenuto un incontro di studio sul tema: "La ricerca della verita' nel giornalismo e nella letteratura: casi di studio, ipotesi interpretative e percorsi di ricerca in America e in Europa".
L'incontro si e' svolto nel piu' assoluto rispetto delle misure di sicurezza previste dall'ultimo Dpcm per prevenire e contrastare la diffusione del coronavirus.
All'incontro ha preso parte Paolo Arena.
*
Una minima notizia su Paolo Arena
Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica, di storia linguistica dell'Italia contemporanea. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta. Cura il sito www.letterestrane.it

4. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: IO NON SONO RAZZISTA, PERO'...

Razzista io? Ma di che? Io sono uno moderno, a me mi piace Bionze', se uno vede Bionze' e fa il razzista io dico che e' malato e deve farsi curare. Ma da uno bravo, eh. E quell'altra che faceva la donna-gatto in quel film, eh? Che fai, la butti via? I razzisti gli serve una visita dall'oculista, ve lo dico io.
E poi io non ci ho tempo per queste scemenze. A me m'interessa solo della magica Roma e della nazionale. Pure il ciclismo, quando c'e' il Giro o il Tour.
Io sono uno moderno, ci ho interesse per la vita vera, le discoteche, la roba buona, le bonazze a poco prezzo, ma pure quelle che costano un po' di piu', se vale la pena. E certe volte eccome se vale la pena.
Mi tengo in forma, a casa ci ho una palestra olimpionica, e mi vesto come si deve, non come certi trucidi che tu li guardi da lontano col binocolo e gia' ti accorgi che puzzano. Eccheccavolo, se uno non ci ha un po' di stile nella vita resta sempre uno straccione. E a me i pezzentoni mi danno la nausea mi danno.
Che io poi sono un animale notturno, un Apache, un Predator, sono come uno della Deltaforze e dell'Effebbihai mess'insieme, ci ho pure il Suv, che fa sempre la sua figura. Si rimorchia facile col Suv, e la gente ti rispetta.
Professionalmente sto nel terziario avanzato, distribuzione al dettaglio delle buone medicine, avete capito quali, non fate i finti tonti che tanto io ce lo so. In quanto imprenditore postmoderno e postindustriale ce lo so come va il mercato della felicita', e i clienti li sgamo con un'occhiata. E ci ho piu' clienti io del supermercato. Senza neppure bisogno della pubblicita', anzi: magari potrei farlo io il testimonial in televisione, che ne so, per una palestra, per una finanziaria, per i biscotti della nonna o il dopobarba da macho. Ci ho la bella presenza e il business fiorente. Emano successo ed ispiro fiducia, me lo dicono tutte le bellone. E sono pure allegro e linguasciolta e - non fo per dire - ci ho il mio fascino di bel tenebroso in carriera. Dai clienti mi fo chiamare Mister, oppure Boss. Eh, se uno ci sa fare. Ed io modestia a parte ci so fare, cavalco la tigre, sto sulla cresta del'onda.
Fino alla settimana scorsa, porca della miseriaccia zozza.
*
Che mercoledi' scorso arrivano 'sti nigeriani con la robaccia loro a prezzi stracciati. Non dovrebbe neppure esserci gara, no? invece la clientela mia, con tutto che l'avevo fidelizzata mollichella a mollichella, che ti fa? Ti tradisce per comprare l'immondizia di quei, di quei, di quei: neofiti, ecco.
Allora che fo? Prendo il mitra? No, il mitra non lo posso prendere che Rudolfone non vuole, che dice che non si deve fare il Far West. Quando c'e' qualche grana Rudolfone vuole che si va da lui che sa come si fa a mettere a posto le cose senza fare casino, che se fai casino poi arriva la madama, le telecamere, e insomma il mercato ne risente.
Cosi' vo da Rudolfone e gli dico cosi' e cosi', 'st'africani qui, eccetera eccetera. E Rudolfone? Invece di difendere la patria e il Pil mi dice che li ha autorizzati lui e che devo portare pazienza che c'e' posto per tutti e tanto chi vuole la roba buona lo sa che deve venire da me. Pazienza? Ci rimetto uno sbraco di baiocchi e devo pure portare pazienza? Ma lui dice che o e' cosi' o cambio zona. Cambio zona? E dove vado che e' tutto pieno come un uovo? Come se Rudolfone non ce lo sapesse. Allora glielo dico chiaro e tondo: ma non e' che mi vuoi fare le scarpe, eh? E lui: Se ti volevo fare le scarpe mica stavamo qui adesso. Ah no? dico io. Eh si', dice lui. Ho capito, dico io. Bravo, dice lui. Cosi' me ne vo. Bel bastardo, che pero' la percentuale sua a fine mese la vuole fino all'ultimo centavo, il sor giuda, il sor bruteccassio, il sor griso dei miei stivali.
Se rosicavo? Eccome se rosicavo. Pero' non e' che potevo mettermi contro Rudolfone, che senno' lui m'affoga nel cemento e ciao core. Pero' e' vero pure che nessuno ci ha mai provato, che magari se uno ci prova se lo pappa lui il cuore di Rudolfone e non Rudolfone il suo, e si libera un posto. E' il darwinismo sociale, ragazzi. Pero' poi si deve anche tener conto pure del fatto che alla fine Rudolfone e' solo quello che controlla il settore nord-est del natio borgo selvaggio, sopra Rudolfone c'e' Pecorino, e Pecorino come niente ti manda il gruppo di fuoco, che lui pensa in grande e non gliene frega niente di fare casino quando serve di fare casino. Pero' chi lo sa se magari Pecorino gia' sta pensando che Rudolfone ormai e' un pesce lesso e a controllare il settore ci vorrebbe uno nuovo, uno dinamico, giovane e scattante come me, che si tiene in forma. E chi lo sa? Bisognerebbe saperlo. L'intelligence e' tutto, io le seguo tutte le serie in tv.
Perche' non sono andato da Pecorino? Provateci voi, e poi me lo sapete raccontare. Anzi, no: poi non raccontate piu' niente a nessuno. Perche' a Pecorino non gli piace che si saltano gli scalini della gerarchia, lui e' della vecchia scuola, si mette ancora la camicia nera, e chi prova a saltare la scala gerarchica magari non lo sapeva ma ha fatto l'ultima capriola della vitaccia sua, un botto per aria come i rospi e le castagnole. Un botto solo e via.
Cosi' ero bello che imbottigliato. Ci avevo qualche soldino da parte, ma si sa che durano poco perche' se sei un imprenditore di successo devi mantenere un tenore di vita confacente; e poi devi investire sempre in ricerca e sviluppo perche' se ti fermi un attimo sei out, il mercato e' andato avanti e tu resti indietro e non e' come al Giro o al Tour che ci hai i gregari che riprendono il gruppo in fuga e tu arrivi placido placido con tutto il gruppone al rettilineo del traguardo coi gregari che ti portano in testa per farti fare lo sprint vincente comodo comodo; enno', qui se resti indietro sei fatto. E' l'economia, bellezza, il libero mercato. Lo spettacolo deve continuare.
Cosi' pensa che ti ripensa non sapevo piu' che fare. Di mettermi d'accordo coi baluba non mi sconfinferava manco per niente, che nel business nostro quando si vede che uno cede e' un attimo: ti trovi i piranha pure nelle mutande, con decenza parlando, e prima che conti fino a tre t'hanno gia' spolpato fino all'osso. E' cosi' che va, sono gli spiriti animali del capitalismo rampante, le quattro tigri, gli eroici furori. Di cambiare settore e buttarmi sulle armi o sulle bagasce o sulle scommesse significava entrare in guerra con tutti gli operatori gia' resenti nel settore, oltre che con Rudolfone, e si sa come va a finire se vuoi fare la parte di Maciste solo contro contro tutti: diventi carne tritata prima di finire la sigaretta. Era veramente una situazione critica, proprio una gran confusione sotto il cielo.
*
Finche' m'e' venuta l'ideona.
Tra i clienti affezionati ci ho pure Pizzardino. Pizzardino, si', quello che il padre fa il vigile urbano, senno' perche' lo chiamano Pizzardino?
Pizzardino e' giovane e ci ha la moto e pure il casco. Ed e' sempre a rota. Sempre. Il che lo rende malleabile nei negozi giuridici. Niente male, questa dei negozi giuridici, eh? Se uno ha fatto tre anni di ragioneria si vede. E prima, quando ho detto del griso, l'avevate capita? L'avete visto lo sceneggiato dei Promessi sposi? Io si'.
Cosi' lo chiamo e gli dico che gli voglio fare un bel regalo se lui mi fa uno spaccetto facile facile. E figuriamoci.
Adesso, chi opera nel libero mercato lo sa come funzionano le cose. Cosi' io ci ho la mia piccola collezione di aggeggetti vari. Per quando servono. E adesso serviva.
*
Se e' andato tutto bene? E c'e' da chiederlo?
Verso sera, che era gia' buio abbastanza, Pizzardino strafatto come un'ameba (eh? ganza pure questa, no?) tutto di nero vestito col casco integrale parcheggia la moto nel vicoletto del ricottaro che fa angolo con Piazza della Vittoria e zitto zitto quatto quatto a piedi nella penombra come l'uomo in frac se ne va a fare la consegna del pacco regalo al prete. Lo deposita proprio davanti alla porta della chiesa, appiccia la miccia e via. Un bel botto. Gli scheggioni (che il pacco era bello imbottito di chiodi a quattro punte) arrivarono non solo dentro i tre bar della piazza, ma fino ai giardinetti che c'e' sempre qualche coppietta d'imbecilli posizionati nel posto sbagliato al momento sbagliato, la gente e' proprio stupida.
Adesso veniva la parte geniale del piano: avevo spiegato a Pizzardino che prima di dileguarsi nelle tenebre doveva gridare due volte quello strillo che fanno i baluba terroristi, avete capito quale, una specie di "A baccala', a baccala'!". Non era difficile. Infatti ci riusci' pure Pizzardino, con tutto che era strafatto come un sargasso (e questa, eh?). E via nel cuore della notte, e dopo un po' di gincana si presenta al committente per il bonus, che io sono uno generoso, lo sanno tutti.
Gli avevo dato appuntamento nello stradone dietro il campo sportivo, che c'e' un dislivello del terreno, una scarpatella di una decina di metri che non ti vede nessuno e intorno sono tutti rovi e immondizia. Gli chiedo se aveva fatto tutto, lui riferisce da bravo caporale: collocamento pacco, esplosione con strage, duplice strillo del baccala', e fuga nelle tenebre senza lasciare tracce. Bene, dico, cosi' si fa. E gli passo il sacchetto del paradiso artificiale in plurime dosi; lui ringrazia educatamente, ci salutiamo da vecchi amici, gli lascio fare due passi e lo trapasso con cinque revolverate cinque nel collo, tra il casco e il giubbotto da fighetto. Poi lo raggiungo e finisco il lavoro col coltellino da frutta (io lo chiamo cosi', ma e' mezzo metro d'acciaio con un lato seghettato che ci puoi affrontare un alligatore e aprircelo dalla punta del naso fino alla fine della coda). Ottimo, senza neppure sporcarmi. Recupero il pacchetto che gli affari sono affari e sequestro il portafogli. Ispeziono la moto e tutto regolare. Poi prendo la tanica che avevo sul Suv, irroro la moto e irroro la salma per cremarli entrambi che anche questa e' cultura, e' civilta'. Accendo, resto li' mezzo minuto a verificare che fratello fuoco fa il dovere suo, e poi via, che c'e' ancora un sacco di lavoro da fare.
Cinque minuti e arrivo in piazza che pare la stazione di Bologna, ve la ricordate? Ch'e' successo, strillo. L'attentato, l'attentato, dice la gente. E chi e' stato, ristrillo. Non si sa, dice la gente. Come non si sa, strillo allora, che non lo avete sentito che il terrorista ha strillato "A baccala', a baccala'"? siete piu' stupidi della luna siete, questo e' il terrorismo che fanno quei negri senza dio che rubano il lavoro agli italiani e offendono la patria e la religione nostra, porco di quel porco (e qui ci misi giu' un bestemmione come si deve, che alla gente nostra gli piace).
E allora che si fa, continuo, si sta qui a buscarle da questa banda di marocchini, a casa nostra?
Come un sol uomo si sollevo' la piazza (quelli che non erano morti o feriti, gli altri restarono sdraiati), e siccome il pomeriggio avevo gia' allungato un bel regaletto a Barbanera e ai suoi boys (che sarebbero la curva della squadra cittadina quando gioca, e quando non ci sono le partite sono loro la squadra, la squadretta neonazista che io la sponsorizzo perche' quando serve sono sempre sevizievoli), su mia strategica indicazione si erano tenuti lontani dalla piazza all'ora del fattaccio, ma adesso erano tutti li' con le catene, i tondini, le lame, le taniche, le corde insaponate e tutto il resto dell'attrezzatura, pronti a fare il dovere loro e a guidare la spedizione patriottica: una centuria all'adiacente piazzetta dove i nigeriani tenevano quello schifo di discount all'aperto, il bazar clandestino della malora, e un'altra al centro d'accoglienza dove dormono gli altri disgraziati musi neri che non c'entravano niente ma quando ci vuole ci vuole e non si puo' fare chi figli e chi figliastri.
Tempo un paio d'ore e giustizia sommaria era fatta. La pula e i caramba chiusero un occhio, che l'ho gia' detto prima che io so essere generoso.
Il giorno dopo sui giornali e le televisioni campeggiava l'attentato terroristico e l'orrore dei poveri cristiani ammazzati dai baluba. Dei baluba mandati al creatore per doverosa rappresaglia a nessuno parve il caso di dare notizia. E' come quella canzoncella di una volta: si fa ma non si dice. Siamo gente moderna, ci abbiamo la civilta'. Pure le comodita'. E ce le teniamo strette le comodita'. Ci ho ragione, no?
La sera dopo mi telefona Rudolfone per dirmi che adesso voleva una percentuale maggiorata (dal 10% solito al 15) e che la piantassi di fare casino. Ci mettemmo d'accordo sul 12%, siamo uomini d'affari.

5. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: LA CAMICIA NUOVA

"Ti abbiamo fatto un regalo, speriamo che ti piace". "Certo che mi piace", ho detto io prima ancora di scartarlo. Era una camicia. Nera. Mia moglie insistette che la provassi subito, eventualmente la potevano cambiare. Mi da' sempre fastidio quando fa cosi', le dissi che me la sarei misurata prima di andare a letto. Ma lei insistette, e i bambini erano li', insomma, dovetti dire di si'. Andai in camera, mi tolsi la camicia che avevo addosso, misi la nuova: mi stava a pennello. Tornai in sala e tutti furono contenti. Basta cosi' poco a far contente le persone. Poi tornai in camera e mi rimisi la camicia che avevo prima, e quella nuova la sistemai su una stampella nell'armadio. La sera a letto mia moglie mi disse: "Te la metterai, si', la camicia nuova?". "Si', si'", risposi. "I bambini ci tengono, lo sai". "Lo so, lo so. Buonanotte, adesso".
*
Per qualche giorno non ci ho pensato piu', e nessuno ne ha piu' parlato. Ma ogni volta che la mattina cambiavo la camicia mi chiedevo se dovevo mettermi quella, ma decidevo sempre di no, quasi automaticamente, senza pensarci sopra. Una sera mia moglie mi chiede: "Che, non ti piace?". "Non mi piace che?". "La camicia nuova". "Perche'?". "Perche' non la metti". "No, no, mi piace, domani la metto". "I bambini ci tengono, l'hanno scelta loro". "Lo so, lo so, domattina me la metto".
Ma la mattina dopo non me la misi. Pero' ci pensai. Non sapevo bene perche', ma mi dava fastidio dovermela mettere per obbligo. E chi glielo aveva chiesto di regalarmi una camicia? Anzi: chi gli aveva mai chiesto nessun regalo. A me i regali non piacciono. Non li faccio e non li voglio ricevere. Insomma non me la misi. La sera mia moglie non disse niente, e fece bene.
Pero' adesso ci pensavo tutte le mattine a quella stramaledetta camicia che faceva bella mostra nel mio armadio. "Prima o poi dovro' metterla", pensai, "Oltretutto mi sta pure bene". Cosi' una mattina mi decisi e la infilai.
*
Fu subito una sensazione strana. Adesso non direi di disgusto, ma comunque spiacevole. Mi fermai davanti allo specchio a chiedermi perche'. Perche' era nera, certo. E una camicia nera in Italia ha un significato che non ha in nessun'altra parte del mondo, immagino. E siccome mia moglie e' sudamericana, anche se vive qui da quanto? da trent'anni almeno, che e' stata adottata da una famiglia italiana che era bambina, ecco, per lei quel colore non significa niente, che ne sa? Ma per me si', una camicia nera significa il fascismo.
Ho pensato subito che io per strada con la camicia nera non mi ci volevo far vedere. Poi mi sono detto di non fare il ragazzino. Chi ci fa piu' caso al colore di una camicia? Ma io si', io ci faccio caso. Stavo per togliermela quando ho pensato che evidentemente avevo un ben misero concetto di me se pensavo che non potevo indossare una camicia nera: io sono sempre io, non e' il vestito che decide. Certo, una divisa militare non me la metterei, i paramenti sacerdotali di una qualunque religione nemmeno, ma una normale camicia gialla o rossa o verde o nera che mi cambiava? Pero' ripensandoci di camicie gialle o rosse o verdi non ne avevo, le avevo tutte o bianche o celesti o blu o a righe. Ma a dire il vero neppure me le ero comprate io, me le comprava mia moglie: tutti i vestiti che ho li ha comprati mia moglie, io li metto e basta. Non ho mai dato nessuna importanza ai vestiti. Basta che non siano vistosi, mi piace esser discreto, non essere notato, tutto qui. E la camicia nera invece si notava, eccome. Perlomeno io la notavo. Magari gli altri no, ma io si'. Non mi piaceva. Me la tolsi e la rimisi sulla stampella. Era un po' sgualcita adesso. Di sicuro mia moglie se ne accorgeva che era sgualcita e di sicuro capiva subito che me l'ero messa e poi me l'ero tolta di nuovo. E di tutto avevo voglia tranne che di dover perdere tempo a spiegarle perche' me l'ero messa e poi me l'ero levata, che me l'avrebbe chiesto di sicuro, sicuro come una messa. Cosi' decisi di metterla, e chi se ne frega.
Ero gia' in ritardo, che e' una cosa che odio. A me piace essere puntuale. Avrei dovuto fare una corsa fino alla stazione, ma a me di correre non mi piace per niente. oltretutto non sono piu' un giovanotto. E poi con quella camicia nera. Che anche se sotto la giacca e la cravatta se ne vedeva poca, pero' si vedeva. Non riuscivo a decidermi e ormai neppure se correvo come un disperato facevo in tempo a prenderlo il treno. Cosi' pensai che potevo prendere il treno successivo e intanto telefonare all'ufficio che facevo tardi. Che pero' non mi piace per niente dover telefonare che faccio tardi, non mi piace dover sentire i commenti e il tono dei commenti, non mi piace e basta. Cosi' invece di dire che avevo perso il treno dissi che mi sentivo male e che restavo a casa. Che almeno cosi' ci avevo una giornata libera, e me ne potevo stare a casa da solo in liberta' almeno tutta la mattina che i bambini erano a scuola e mia moglie al lavoro. Era un secolo che non potevo stare a casa mia da solo.
*
Cosi' ero restato a casa, pensavo che avrei fatto un sacco di cose, invece era finita che mi ero seduto davanti alla televisione a cambiare canale di continuo senza neppure guardare niente. Mi annoiavo. E piu' mi annoiavo e piu' mi irritavo. Come diavolo le era venuto in mente a quella cretina di mia moglie di farmi quel regalo da fascisti. Si', i figli. Ma quali figli, figurarsi, era stata lei a decidere, ci avrei giurato. Magari lo sapeva che era un regalo da fascisti, e me lo aveva fatto apposta, per offendermi. Fui sul punto di levarmela la maledetta camicia, per bruciarla. Ma bruciarla dove? Nel lavandino? E il fumo? Noi stiamo in un condominio, il giardino non ce l'ho, e neppure un camino dentro casa, che ci abbiamo i termosifoni - che oltretutto sono sempre rotti e si bubbola dal freddo tutto l'inverno. Quella cretina, che adesso mi chiedevo come m'era venuto in mente di sposarmela. Magari neppure era mio. E poi aveva dovuto abortire lo stesso. Certo che se ne fanno di scemenze da giovani. E si pagano dopo. Si pagano per tutta la vita. Che se avessi continuato col gruppo rock psichedelico, magari oggi chi lo sa. Invece no, fesso che non sono altro. Le dice bene che sono una persona civile, e un compagno. E lei mi regala la camicia nera, brutta ... La camicia nera a me, che sono sempre stato un compagno e a tutte le manifestazioni, a tutte. Per il Vietnam, per il Cile, tutte. Ci ho ancora le opere scelte del Che, magari un giorno le cerco giu' in garage e me le rileggo. Pure Kerouac. Mi pare d'essere uno scarafaggio con questa camiciaccia nera. Sicuro che l'ha fatto apposta, davanti fa sempre mille moine ma questo e' proprio, come cavolo si chiama, il lapsus freudiano, ecco come si chiama. Ha gettato la maschera. Fascista io, eh? Te lo farei vedere io che e' un marito fascista, altro che cavoli. Come una regina l'ho sempre trattata, come una regina, ed ecco come mi ripaga. Certo, non dico che le scappatelle mie non le ho avute, ma quando lei me l'ha chiesto ho sempre negato tutto, perche' dovevo offenderla? Cosi' ho sempre negato tutto, per non offenderla. E che dovevo fare? Dovevo dirle che con lei non ci avevo piu' gusto invece con quelle sventole di slave, di nigeriane, di marocchine, di so un cavolo io da dove venivano, ma quel che e' certo e' che per venti euro venti gli facevi fare quello che ti pareva. Invece lei? Le ho dato un cognome, una casa, tutto. Mi e' costata piu' di una figlia femmina mi e' costata. Insomma, e' vero che ha contribuito pure lei alle spese, quel che e' giusto e' giusto, tutti gli anni che mi facevo e non lavoravo la baracca l'ha mandata avanti lei, l'ha tirata lei la carretta, e chi lo nega? Pero' non era umiliante per me? Non mi mortificava che lei lavorava e io no? Per questo andavo a letto con quelle altre, che poi non era mica amore, era solo sesso, che si compra e si vende, come se uno si abbona a una palestra o a una scuola di ballo, no? Io a lei le ho sempre voluto bene, con tutto che m'ha umiliato per tutta la vita, che non dice mai niente ma glielo leggo negli occhi che pensa di essere meglio di me, la cagna. Che le dovrei dare una ripassata cosi' se lo ricorda chi e' il signore e padrone. Le dice bene che sono un compagno e certe cose non le fo. Quando mi facevo si', e' vero, la menavo, la menavo tanto, ma era perche' mi facevo e mi servivano i soldi. Pero' devo dirlo che quando la volevo mandare a battere e lei si e' rifiutata, ecco, oggi sono contento che si e' rifiutata, anche se li' per li' gliene ho date tante che fini' all'ospedale e dovette dichiarare che era cascata dalle scale, che neanche c'erano le scale dove abitavamo allora che stavamo al pianterreno.
Pero' me ne ha pure combinate di certe, che io non ci penso perche' sono un uomo, come si dice, magnanimo, magnanimo ecco, perche' senno', come quella volta che diceva che avevo molestato Angioletta, che ci vuole il coraggio di una bestia per dire che un padre amorevole come me poteva aver voluto fare del male alla carne della sua carne e al sangue del suo sangue. Che poi all'Angioletta di sicuro che le era pure piaciuto, perche' non fo per dire ma me lo dicono tutte quelle che rimorchio che ci so fare, le slave, le nigeriane, le marocchine, le so un cavolo io da dove arrivano. Ma la madraccia sua, che poi sarebbe la mogliaccia mia, a dire che all'Angioletta le avevo fatto male, e che ero questo e quello. Intanto se una e' femmina e' normale che la prima volta le fai male, e' la natura, la fisiologia femminile. Poi le avro' fatto male la prima volta magari, le volte dopo no, o comunque di meno, no? Oltretutto sono il padre, no? Ma quella strega della mogliaccia mia insisteva, e cosi' la dovetti castigare. Che a me se c'e' una cosa che non mi piace e' quando il marito mena la moglie. Pero' quella volta l'ho dovuta proprio castigare. Poi ha smesso di scocciare. Si vede che l'ha capito che Angioletta e' contenta. Angioletta non dice mai niente, sta zitta zitta e a testa bassa, si vede lontano un chilometro che e' contenta. E ubbidiente, non come la madraccia sua che ogni volta una discussione.
*
Adesso s'era fatta l'ora di pranzo e nel frigorifero non c'era niente di pronto. E io di mettermi a cucinare non ci ho voglia. Lo saprei fare, che sono uno che sa fare tutto, che non ci ho bisogno dell'aiuto di nessuno io, pero' adesso non mi andava. Era meglio se ero andato al lavoro. A quello schifo di lavoro. Non lo so. Magari potevo fare un salto al supermercato, ma con questa camiciaccia nera da fascista addosso non mi andava. Potevo levarmela, e' chiaro, che ci voleva? Ma mi faceva rabbia di dovermela levare, come se dessi ragione a quella porca di mia moglie che di sicuro avra' pensato che cosi' mi vergognavo, e invece, guarda un po', io non mi vergogno di niente. Mi hai comprato la camicia nera? E io me la metto, guarda un po'. Che io me ne frego della camicia nera, io me ne frego di tutto.
Pero' tra un po' arrivavano da scuola quelle pesti di Angioletta, di Ninetto e di Carlottina - Carlottina adesso ha sei anni ed e' troppo piccola ma magari tra un paio d'anni... e magari qualche volta pure insieme a Angioletta, una cosa a tre, come dicono i francesi. Ma non divaghiamo, chissa' a che ora arrivano da scuola. Magari pretendono pure che gli preparo il pranzo visto che sono a casa. Certo, se non c'era Ninetto era pure divertente, ma quel rospo come faccio a levarmelo di torno? Di riempirlo di spiccioli per mandarlo ialla sala giochi non mi va, i soldi miei me li spendo io, non lui, che magari ci si compra la droga che se ce lo becco lo ammazzo di botte. Quando lavorera' spendera', adesso stia contento che non lo caccio di casa. Magari in collegio, ma di spenderci i soldi per tenerlo in collegio solo per potermene stare tranquillo con Angioletta e Carlottina, andiamo, ma che pensieri mi vengono? E che i soldi li trovo per strada? Il collegio e' una spesa, allora meglio mandarlo in riformatorio, chi lo sa se ci sono ancora, o una casa-famiglia. Magari potrei pure trovare il modo per levarmi di torno pure la mogliaccia mia, ma i soldi che porta a casa servono pure quelli, e allora bisogna che me la tengo, con tutto che mi ha proprio rotto, eh, con tutte le sue pretese, e adesso pure quest'affronto qui, la camicia nera a me. A chi l'hai detto fascista, eh? Statti accorta che io sono caro e buono ma se mi prendono i cinque minuti... La camicia nera. Ma pensa.
E piu' ci pensavo e piu' mi c'infuriavo.
Poi sono arrivate le tre carognette e Angioletta ha preparato da mangiare per loro e pure per me, il babbino suo. Io pero' la camicia nera me l'ero levata che tanto a casa mia posso stare pure in canottiera, e' casa mia, e oltretutto con questo caldo.
Ninetto fa: "Ah ba', ma com'e' che sei gia' a casa?". "E a te che te ne frega? Mangia e va' a fare i compiti, forza". E Angioletta, allora: "No, resta". Come come? Diedi una manata sul tavolino che feci saltare per aria tutto quel che c'era. Poi, rivolto a Ninetto: "Ho detto che fili in camera tua a fare i compiti, avanti marsch, vedi tu se non ti ci chiudo a chiave"; poi, rivolto a Angioletta: "Adesso porti la piccinina dalla signora Aurelia e le chiedi se la puo' guardare lei, e poi torni qua che mi sa che ti devo proprio insegnare l'educazione". E allora la viperetta che fa? Dice no. No, dice.
"Come come?", dico io.
"No", dice lei, "Carlotta resta qui, e resta qui pure Giannino, che io da sola con te non ci voglio restare". Ecco che succede ad allevare i figli secondo principi libertari ed antiautoritari, ecco che succede: che poi ti mancano di rispetto.
Andai in camera da letto e mi misi la camicia nera. Adesso mi pareva che mi ci sentivo proprio bene. Tornai in cucina e mi sfilai la cintura.

6. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: LA MANIA

I poveracci ci hanno tutti questa mania di voler lavorare.
Per questo restano poveracci. E crepano come crepano.
Se invece di essere fessi prendessero esempio dai ricchi lo capirebbero quello che si deve fare per migliorarsi: rubare. Rubare e ammazzare.
Io, non fo per dire, l'ho capito subito. Ho fatto il liceo classico.

7. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Cristina Campo, La Tigre Assenza, Adelphi, Milano 1991, 2001, pp. 320.
- Eleonora Missana, L'etica nel pensiero contemporaneo, Paravia, Torino 2000, pp. 212.
*
Riedizioni
- Lorenzo Braccesi, Arrivano i barbari. Le guerre persiane tra poesia e memoria, Laterza-Rcs, Roma-Bari - Milano 2020, pp. 208, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
*
Classici
- Madame de Lafayette, La princesse de Cleves, Garnier Flammarion, Paris 1966, 1985, pp. 190.
- Madame de Sevigne', Lettres, Garnier Flammarion, Paris 1976, 1993, pp. 448.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3913 del 4 novembre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
*
Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
Per non ricevere piu' il notiziario e' sufficiente recarsi in questa pagina: https://lists.peacelink.it/sympa/signoff/nonviolenza
Per iscriversi al notiziario, invece, l'indirizzo e' https://lists.peacelink.it/sympa/subscribe/nonviolenza
*
L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e' centropacevt at gmail.com