[Nonviolenza] Telegrammi. 3904



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3904 del 26 ottobre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Germano Nicolini
2. Ricordando Roberto Domenicucci nel secondo anniversario della scomparsa
3. Rileggendo Aldo Capitini nella seconda giornata della "Settimana internazionale per il disarmo" promossa dall'Onu
4. Giobbe Santabarbara: In memoria di Rossana Rossanda
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. LUTTI. GERMANO NICOLINI

E' deceduto Germano Nicolini, eroico comandante partigiano.
Con gratitudine lo ricordiamo.

2. AMICIZIE. RICORDANDO ROBERTO DOMENICUCCI NEL SECONDO ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA

Due anni fa, il 25 ottobre 2018, moriva Roberto Domenicucci, antropologo, docente, preside, uomo sapiente e saggio, di forte impegno morale e civile, persona amabile e generosa, un indimenticabile amico.
Persone come Roberto hanno illuminato la vita di chi le ha incontrate.
*
Anche nel suo ricordo proseguiamo quindi nell'impegno nonviolento contro la guerra e tutte le uccisioni.
Anche nel suo ricordo proseguiamo quindi nell'impegno nonviolento contro il razzismo e tutte le persecuzioni.
Anche nel suo ricordo proseguiamo quindi nell'impegno nonviolento contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Anche nel suo ricordo proseguiamo quindi nell'impegno nonviolento contro ogni schiavitu', contro ogni devastazione, contro l'ingiustizia, l'iniquita', l'abuso, la violenza.
Anche nel suo ricordo proseguiamo quindi nell'impegno nonviolento in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani, per il bene comune dell'umanita' intera, in difesa dell'intero mondo vivente di cui l'umana famiglia e' insieme parte e custode, per la comune responsabilita' e l'universale condivisione del bene e dei beni.
*
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.
In questo tragico tempo di pandemia, di sofferenze abissali e di assurde violenze, di barbarie dilagante e disperata cecita', il ricordo di Roberto Domenicucci, il suo esempio e il suo magistero, e' un sostegno e un conforto, un appello e una guida all'azione responsabile e solidale, all'azione giusta, all'azione buona.

3. INIZIATIVE. RILEGGENDO ALDO CAPITINI NELLA SECONDA GIORNATA DELLA "SETTIMANA INTERNAZIONALE PER IL DISARMO" PROMOSSA DALL'ONU

E' in corso dal 24 al 30 ottobre la "Settimana internazionale per il disarmo" promossa dall'Onu.
Come ogni anno il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo aderisce all'iniziativa.
Giorno per giorno proporremo alla riflessione alcuni testi di autrici ed autori rappresentativi della cultura della pace, dei diritti umani, della nonviolenza.
In calce a questa nota riproponiamo uno scritto di Aldo Capitini.
*
Solo con il disarmo si potra' abolire la guerra.
Solo con la nonviolenza si potra' sconfiggere la violenza.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
Aldo Capitini: Ragioni della nonviolenza
[Riproduciamo un estratto dall'opuscolo che riporta alcuni testi di Aldo Capitini, Teoria della nonviolenza, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia 1980 (richiedibile presso la redazione di "Azione nonviolenta", e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org).
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Tra le opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' ancora quella a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); ma notevole ed oggi imprescindibile e' anche la recente antologia degli scritti a cura di Mario Martini, Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004, 2007; delle singole opere capitiniane sono state recentemente ripubblicate: Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989, Edizioni dell'asino, Roma 2009; Elementi di un'esperienza religiosa, Cappelli, Bologna 1990; Colloquio corale, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2005; L'atto di educare, Armando Editore, Roma 2010; cfr. inoltre la raccolta di scritti autobiografici Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; La religione dell'educazione, La Meridiana, Molfetta 2008; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Piu' recente e' la pubblicazione di alcuni carteggi particolarmente rilevanti: Aldo Capitini, Walter Binni, Lettere 1931-1968, Carocci, Roma 2007; Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008; Aldo Capitini, Guido Calogero, Lettere 1936-1968, Carocci, Roma 2009. Tra le opere su Aldo Capitini: a) per la bibliografia: Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Bibliografia di scritti su Aldo Capitini, a cura di Laura Zazzerini, Volumnia Editrice, Perugia 2007; Caterina Foppa Pedretti, Bibliografia primaria e secondaria di Aldo Capitini, Vita e Pensiero, Milano 2007; segnaliamo anche che la gia' citata bibliografia essenziale degli scritti di Aldo Capitini pubblicati dal 1926 al 1973, a cura di Aldo Stella, pubblicata in Il messaggio di Aldo Capitini, cit., abbiamo recentemente ripubblicato in "Coi piedi per terra" n. 298 del 20 luglio 2010; b) per la critica e la documentazione: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Mario Martini (a cura di), Aldo Capitini libero religioso rivoluzionario nonviolento. Atti del Convegno, Comune di Perugia - Fondazione Aldo Capitini, Perugia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Gian Biagio Furiozzi (a cura di), Aldo Capitini tra socialismo e liberalismo, Franco Angeli, Milano 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; Maurizio Cavicchi, Aldo Capitini. Un itinerario di vita e di pensiero, Lacaita, Manduria 2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; Alarico Mariani Marini, Eligio Resta, Marciare per la pace. Il mondo nonviolento di Aldo Capitini, Plus, Pisa 2007; Maura Caracciolo, Aldo Capitini e Giorgio La Pira. Profeti di pace sul sentiero di Isaia, Milella, Lecce 2008; Mario Martini, Franca Bolotti (a cura di), Capitini incontra i giovani, Morlacchi, Perugia 2009; Giuseppe Moscati (a cura di), Il pensiero e le opere di Aldo Capitini nella coscienza delle giovani generazioni, Levante, Bari 2010; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; e Amoreno Martellini, Fiori nei cannoni. Nonviolenza e antimilitarismo nell'Italia del Novecento, Donzelli, Roma 2006; c) per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato ed i volumi bibliografici segnalati sopra]
1. La nonviolenza prende in considerazione il nostro rapporto con gli altri esseri viventi, con la fiducia di renderlo sempre piu' reciprocamente amichevole, comprensivo, soccorrente, lieto, malgrado le difficolta' che gli altri stessi possono metterci. Questa fiducia non cessa di colpo al confine degli esseri umani e spera anche per gli esseri viventi non umani; ma si rende conto che la storia con la sua spinta vitale ha separato da noi finora questi esseri (animali e piante) in forme di piu' difficile educazione, trasformazione, liberazione.
2. La nonviolenza e' aperta all'esistenza, alla liberta', allo sviluppo di ogni essere. Quando nel Settecento sono stati banditi i principi di liberta', eguaglianza, fratellanza, non e' stato fatto tutto. La liberta' era piu' la liberta' propria come diritto che la liberta' degli altri come dovere; l'eguaglianza era un bel principio, ma si fermava a meta' perche' restavano i miseri e gli sfruttati; la fratellanza era piu' quella generica con i lontani che quella difficile, nonviolenta e perdonante verso i vicini.
3. La bellezza della nonviolenza e' che essa preferisce non di distruggere gli avversari, ma di lottare con loro in modo nobile e dignitoso, con il metodo nonviolento, che fa bene, prima o poi, a chi lo applica e a chi lo riceve. In fondo e' piu' coraggioso volere vivi e ragionanti gli avversar!, che farli a pezzi.
4. Ma sarebbe errore credere che la nonviolenza consista nel non far nulla, nell'incassare i colpi, le cattiverie e le stupidaggini degli altri. La nonviolenza e' sveglia e attiva, e protesta apertamente, anzi cerca i modi non solo per convincere gli autori delle ingiustizie, ma per informare l'opinione pubblica, di cui ha la massima considerazione: la nonviolenza per nessuna ragione crede che si possa sospendere la liberta' e la possibilita' abbondante di informazione e di critica per tutti, fino all'ultimo essere umano. Anche qui la nonviolenza attua al massimo un principio del Settecento, che la borghesia ha poi alterato a proprio vantaggio: la formazione libera dell'opinione pubblica, comprendente tutti.
5. La nonviolenza puo' rinnovare veramente la vita interna di un paese, perche' nell'insieme di un'opinione pubblica, tutta sveglia e obbiettivamente informata, porta eventuali piani di non collaborazione e perfino, in casi estremi, di disobbedienza civile, che servono a bloccare iniziative autoritarie dall'alto. In Italia un popolo privo di esatta informazione e critica responsabilita' fu portato ad uccidere e a morire, e poi al popolo privo del metodo di opposizione nonviolenta fu imposta una dittatura. L'uso del metodo nonviolento avrebbe salvato e trasformato l'Europa, a cominciare dall'Italia e dalla Germania.
6. Trasformare la situazione interna dei paesi vuoi dire anche avere un continuo promovimento di campagne giuste e rinnovatrici, in cose piccole e in cose grandi, e senza portare il terrorismo della guerra civile nelle strade e nelle case. E' un metodo nuovo, il tenere attiva una societa' con il metodo nonviolento, controllando e smascherando, protestando e agitando, sacrificandosi e cosi educando i giovanissimi a cercare coraggiosamente di migliorare le societa' dal di dentro. Anche qui la nonviolenza salva i giovani, occupandoli bene (rivoluzione permanente).
7. La nonviolenza e' strettamente congiunta col punto a cui e' giunta la guerra, con la sua attrezzatura tecnica e le armi nucleari. L'esasperazione della ferocia e della vastita' distruttiva della guerra, specialmente dopo Hiroshima, ha posto il problema di arrivare a un altro modo di condurre le lotte e la stessa difesa. Come ci si difende alle frontiere da missili che varcano i continenti e in pochi minuti distruggono citta', specialmente le industrie, i civili? Si puo' arrischiare una tale strage e un tale avvelenamento dell'educazione delle generazioni? Dietro e dopo le soluzioni provvisorie dell'equilibrio del terrore, mentre e' enorme nel mondo la fabbricazione di armi di tutte le specie e la loro distribuzione anche ai popoli sottosviluppati, la nonviolenza prepara la svolta storica del possesso in tutto il mondo di un metodo di lotta che esclude la distruzione dei nemici, attraverso la non collaborazione con il male, la solidarieta' aperta dei giusti. Questo metodo non ha bisogno di armi e percio' di appoggiarsi ad una nazione con industrie capaci di darle, come sono costretti a fare i guerriglieri violenti, che usano anche i vecchi modi del terrorismo tra gli avversari e della tortura dei prigionieri.
8. Il metodo nonviolento esige prima di tutto qualita' di coraggio, tenacia, sacrificio, e di non perdere mai l'amore; poi esige un addestramento fisico e psicologico, ma possibile anche per persone di forze modeste. Un metodo in cui un cieco puo' essere piu' utile di un gigante. Cosi il metodo nonviolento si rivela come la possibilita' di partecipazione attiva, appassionata ed eroica, di persone che non hanno altro che il loro animo e le loro giuste esigenze: la nonviolenza le valorizza, illumina, e rende presenti anche moltitudini di donne, di giovinetti, folle del Terzo Mondo, che entrano nel meglio della civilta', che e' l'apertura amorevole alla liberazione di tutti. E allora perche' essere cosi' esclusivi (razzisti) verso altre genti? Oramai non e' meglio insegnare, si', l'affetto per la terra dove si nasce, ma anche tener pronte strutture e mezzi per accogliere fraternamente altri, se si presenta questo fatto? La nonviolenza e' un'altra atmosfera per tutte le cose e un'altra attenzione per le persone, e per cio' che possono diventare.
9. Davanti a questa svolta storica in anni e decenni, il prevalere di gruppi violenti per un certo periodo rimane un episodio. L'unica forza che scava loro il terreno e' la nonviolenza, ma ci puo' volere pazienza, tempo, costanza. E' vero che un atto di violenza puo' fronteggiare un altro atto di violenza, ma poi? Nel quadro generale e' meglio attuare un altro metodo. Si possono conservare ancora forze coercitive per piccoli fatti, di ordine quotidiano, ma nel piu' e nell'insieme e' il metodo del rapporto nonviolento che va risolto e articolato sempre piu'. In esso, nel fatto che esso e' amorevolezza, approfondimento dell'unita', festa della vicinanza, inizio di una storia nuova con nuovi modi di realizzarsi, sta il compenso per i sacrifici della lotta nonviolenta e per il ritardo delle vittorie.
10. La nonviolenza e' la porta da aprire per non sentirsi soli. La nonviolenza cerca sempre di essere con gli altri. E questo e' molto importante oggi, perche' sta dilagando il bisogno di una democrazia diretta, dal basso, con il controllo di tutti su tutto. Contro i poteri imperiali dei capi degli eserciti e delle industrie che li servono (private o statali), la democrazia diretta costituira' i suoi strumenti con la continua guida della nonviolenza, per smontare la varia violenza dei potenti (violenza burocratica, giudiziaria, nella scuola, nel lavoro, negli enti di assistenza, nella stampa e nella radio), non con assalti sanguinari che non trasformerebbero, ma con la preparazione al controllo serio e aperto.
11. Dire nonviolenza e' come dire apertura in tutti i campi, occuparsi degli esseri viventi in modo concreto e aiutarli (che e' anche un modo per avere forza in se stessi); tenersi pronti per sostenere cause giuste e meritare il nome di essere perfettamente leale; riconoscere che negli errori degli altri c'e' sempre una qualche responsabilita' e possibilita' attiva per noi; perdonare facilmente al passato nella serieta' di impegni migliori per il futuro; invidiare Dio che puo' conoscere piu' da vicino tutti gli esseri e aiutarli infinitamente; tendere a costituire comunita' di vita con piu' persone e famiglie in modo che ci sia uno scambio piu' attivo e un'educazione comune dei piccoli; essere piu' sensibili ad ogni altro valore pratico e contemplativo (l'onesta', l'umilta', la musica, ecc.); essere piu' fermi nella serieta' e severita' quando occorra (per esempio contro le ingiuste e molli raccomandazioni); cercare di estendere il rispetto della vita quando e' possibile (per esempio col vegetarianesimo, ma facendolo bene perche' non sia dannoso) e assecondare dalla fanciullezza la zoofilia; utilizzare l'appassionamento universale per la massima valorizzazione degli esseri per arricchire l'attenzione nel tu rivolto a un singolo essere, perche' non sia isolato e stagnante; attuare quotidianamente la gentilezza costante, senza ipocrisia e con franchezza; portare in ogni situazione un'aggiunta di ragionevolezza umana e di comprensione reciproca; garantire una riserva di serenita' per il fatto che la nonviolenza e' qualche cosa di piu' rispetto alla semplice amministrazione della vita.
12. La nonviolenza non sta in un individuo astratto, ma e' da individui a individui in situazioni, strutture, grandi problematiche e urgenti realizzazioni. Un modo in cui si fa presente e', come abbiamo visto, quello del pacifismo integrale. Il che vuol dire non solo il rifiuto di collaborare alla guerra e guerriglia, e a cio' che inevitabilmente le accompagna, il terrorismo contro i civili e la tortura sui prigionieri; ma anche la scelta del disarmo unilaterale, unito all'addestramento all'azione del metodo nonviolento. Percio' la nonviolenza indica il pericolo dell'equilibrio del terrore, durante il quale eserciti e industria alimentano di armi tutto il mondo, da cui conflitti grandi e piccoli; indica gli spegnimenti della democrazia che vengono fatti per allinearsi in grandi blocchi politico-militari; mostra l'immenso consumo di denari nelle spese militari invece che nello sviluppo civile. Le Nazioni Unite, come insieme di sforzi per dominare razionalmente le situazioni difficili e per provocare continuamente la cooperazione, sono sostenibili, anche perche' tutte le trasformazioni rivoluzionarie che la nonviolenza porta, sono sempre il fondamento e l'integrazione di quelle decisioni razionali e giuridiche che gli uomini prendono, quando esse sono un bene per tutti. Certo, il nonviolento non si scalda per il governo mondiale, che potrebbe diventare arbitrario e oppressivo, ma per il suscitamento di consapevoli e bene orientate moltitudini nonviolente dal basso.
13. La nonviolenza vuole la liberazione di tutti, e non cessa mai di portare l'eguaglianza a tutti i livelli. Ora un problema molto importante e' che l'uomo non subisca la violenza mediante il lavoro. Il lavoro e' uno dei modi che l'uomo ha (non il solo) per esprimere la sua personalita', ed e' percio' positivo, un diritto-dovere, una partecipazione alla comunita'. Ma va sempre piu' realizzato il fatto che ogni lavoro e' verso tutti, e in certo senso pubblico, non privato e sottoposto a condizioni di servitu' e di sfruttamento. Difendere e sviluppare la posizione di tutti i lavoratori vuol dire renderli sempre piu' capaci di eguaglianza di fruizione della vita comune, nei beni materiali e nei beni culturali, mediante la formazione nell'adolescenza e mediante il tempo libero, e capaci di partecipazione attiva, civica, critica, costruttiva. Percio' i provvedimenti per cui la proprieta' viene resa pubblica e controllata, cioe' aperta e non chiusa (socialismo) snidano la violenza sostanziale di chi si vale della proprieta' per alienare gli uomini staccandoli dal loro pieno sviluppo nonviolento e creativo sul piano orizzontale di tutti.
14. Il grande fatto della meta' di questo secolo e' il discorso sul potere. La nonviolenza, meglio di ogni altro atteggiamento, puo' indicare quanta violenza si annidi nel vecchio potere. Si e' constatato che la statalizzazione della proprieta' non toglie la durezza del potere. Non basta far cadere le posizioni della proprieta' privata perche "il potere operaio" abbia il diritto di tutto costruire. Il problema non e' che nuova gente arrivi, in un modo o in un altro, al potere; ma che il potere sia esercitato in modo nuovo; altrimenti e' meglio continuare a lottare e formare un terreno piu' favorevole per arrivare ad un "potere nuovo", magari cominciando da forme di potere locale, dove e' meglio possibile attuare tipi di "potere aperto", che conta sulla costante collaborazione degli altri e possibilmente di tutti.
15. Che fa la nonviolenza davanti alla legge? La scruta per intenderla, per integrarla con l'animo, per migliorarla, per ridurre la violenza. La legge, come decisione razionale, che riguarda azioni da comandare o da impedire, non puo' essere respinta senz'altro per sostituirla con la naturale istintivita' individualistica umana. La legge e' una conquista della ragione, e spesso merita di essere aiutata. Ma il nonviolento l'aiuta a modo suo. L'accetta quando e' molto buona. Consiglia di sostituire progressivamente alla esclusiva fiducia nei mezzi coercitivi, lo sviluppo di mezzi educativi e di controllo cooperante di tutti. Fa campagne per sostituire leggi migliori, quando le attuali sono insoddisfacenti e sbagliate. Errato e' insegnare a ubbidire sempre alle leggi e a non volerle riformare, come se non esistesse la coscienza e la ragione. La nonviolenza aiuta a capire che non basta dire: "Noi siamo autonomi e ci diamo percio' le nostre leggi". Bisogna aggiungere: "E le nostre leggi hanno l'orientamento di realizzare la nonviolenza come apertura all'esistenza, alla liberta', allo sviluppo di tutti".
16. In questo tempo in cui la nonviolenza allarga e approfondisce le sue responsabilita', essa si trova davanti il potere delle autorita' religiose, e l'urto e' inevitabile. Tali autorita' pretendono di decidere su violenza e nonviolenza. La nonviolenza porta una sua prospettiva, di un sacro aperto e non chiuso, del valore di raggiungere l'orizzonte di tutti come superiore al cerchio dei credenti. Il credente nonviolento finisce col trovarsi piu' volentieri a fianco del nonviolento di un'altra fede che con l'"autorita'" della propria fede. Lo spirito di autoritarismo che pervade tutto il corpo ecclesiastico cerca di scacciare proprio quello spirito della nonviolenza aperto all'interesse per ogni singolo nel suo contributo e nel suo sviluppo, e impone una assenza di violenza che e' passiva obbedienza. Ben altro e' la nonviolenza aperta, che non ha paura di nessuna autorita', ed e' sicura di farsi valere prima o poi.
17. La nonviolenza non e' soltanto una cosa della vita e nella vita. Nel suo sforzo continuo di migliorare il rapporto tra gli esseri, e di congiungere piu' saldamente la vita del singolo con la vita di tutti, avviene effettivamente un'influenza sulla cosi' detta "natura", che e' la vitalita', la volonta' di forza, di vita come vita, come piacere, come guadagno e profitto, come potenza, come riposo utile, come schiacciante energia dal seno stesso della realta' fisica. Il Vesuvio sterminatore osservato dal Leopardi e che uccise tanta gente; l'acqua di un'inondazione, che copre indifferente un sasso e il volto di un bambino, sono aspetti della natura. Ma natura e' anche la vitalita' che spinge il bambino a nascere e a crescere; la forza che ci affluisce ogni giorno mediante il cibo, il riposo, l'aria. Non si puo' tagliare da noi tutta la natura; ma si puo' scegliere: o svilupparci come bruta natura, o svilupparci come crescente nonviolenza verso gli esseri, rimediando la crudelta' della natura e proseguendola nel buono, nel vivo, trasformandola progressivamente. Perche' al limite estremo c'e' la sua trasformazione e il suo portarsi al servizio di tutti gli esseri affratellati. Un atto di nonviolenza e' percio' anche un atto di speranza in questa trasformazione della cruda forza della natura.
18. Ma la nonviolenza non soltanto progredisce come rapporto. Essa qualche volta ha a che fare direttamente con la morte: e' rifiuto di dare quella morte determinata, e' constatazione dell'impotenza davanti ad una morte, e' l'improvviso trovarsi a dire un tu ad un essere che ci sembra non lo riceva piu' perche' e' morto. Il nonviolento, che fonda molto della sua decisione sul rispetto della vita, puo' anche semplicemente confermare, davanti alla morte, il proposito di non darla, e accomunare i morti in una cara memoria dei singoli e in una generale pieta'. Ma puo' anche considerare ogni morte come una crocifissione che la natura fa di ogni essere, come l'impero di Roma la faceva per i ribelli; e se ogni morte e' una crocifissione, il morto non e' spento ma risorge nella compresenza di tutti. Cosi la nonviolenza puo' condurre a vivere questo grande mistero della compresenza di tutti, viventi e morti.
19. Vista ora nell'insieme di queste possibili attuazioni e prese di influenza e di azione su una realta' che oggi parrebbe cosi' contraria ad essere penetrata dalla nonviolenza, essa mostra il suo posto, l'aggiunta che fa al mondo presente. E' facile la profezia che ancora gli imperi militari-industriali del mondo concentreranno forze immani. Ma la nonviolenza ha cominciato ad aprire in ogni paese un conto, in cui ognuno puo' depositare via via impegni e iniziative. Se si pensa alla creativita' teorica e pratica di pochi decenni, si sente la crescita potenziale di una Internazionale della nonviolenza. Bisogna riconoscere che, indipendentemente dalle altre sue teorie, Gandhi, con la formazione del metodo di azione nonviolenta, ha dato il piu' grande contributo all'era della nonviolenza; e cosi ogni altro grande attuatore del metodo nonviolento, e suo testimone, ci e' fratello e padre. Nessuna paura e nessuna fretta, nessuna gelosia e nessuna presunzione, per l'organizzazione: possono sorgere innumerevoli centri per l'addestramento alle tecniche del metodo nonviolento.
20. E se da questo largo quadro torniamo al semplice e singolo individuo che prende interesse per la nonviolenza, che prova a sceglierla, che vede di poter resistere al pensiero della violenza come soluzione, che non s'impiglia nella casistica dello schiaffo e del non schiaffo, del bambino ucciso e non ucciso, perche' non tutto sta li', e bisogna rifarsi al quadro generale, vediamo che Io stesso processo di sviluppo c'e' in grande come c'e' in piccolo, nel mondo e nel singolo individuo. Noi abbiamo ancora molta violenza addosso, come ce l'ha il mondo. Se uno per togliersela si isolasse da eremita, sbaglierebbe, perche' si priverebbe di tutte le occasioni per far progredire in se' e nel mondo la nonviolenza, che e' amore concreto, e per riprenderla, se l'avesse trascurata.
(Dalla rivista "Azione nonviolenta", agosto-settembre 1968)

4. MEMORIA. GIOBBE SANTABARBARA: IN MEMORIA DI ROSSANA ROSSANDA

Cosi' tanto ha contato la Rossanda nella mia vita (di minimo militante di provincia, diciamolo subito, e null'altro che quidam de populo) che prima di riuscire a scrivere queste poche righe di commiato ho dovuto lasciar passare qualche settimana.
Ma so che il suo ricordo continuera' ad accompagnarmi, come quello di Primo Levi, per il resto della vita. Perche' in verita' quando penso, o dico, o scrivo qualcosa in cui mi sembra che l'estro o il furore, l'amarezza o l'indignazione abbiano prevalso sul chiaro e sereno argomentare e sulla misericordia che a tutte le persone e' dovuta, mi chiedo sempre: che ne penserebbe Primo Levi? che ne penserebbe la Rossanda? E di certe espressioni latrate rabbiose mi pento e le casso.
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Non sempre sono stato d'accordo con lei (non che questo abbia qualche importanza, se non per me), e reco ancora come una ferita, che dolora e non cicatrizza, la rottura tra il partito e il giornale sul finire degli anni Settanta. Sentii come una mutilazione il fatto che la Rossanda non fosse piu' con noi, che lei e gli altri della redazione del nostro quotidiano avessero privilegiato l'avventura esclusivamente giornalistica anziche' quella del partito che pure insieme avevamo fondato, che ci si privasse, ovvero rapinasse (noi militanti che non eravamo nel mondo delle redazioni, della cultura e delle metropoli, ovvero: del privilegio di classe della borghesia, e sia pure intellettuale) di quella voce che per noi era ben piu' di un foglio da leggere e da diffondere (e quante domeniche della mia gioventu' ho passato per le strade del paese a proporre "Il manifesto" a chi incontravo, e quindi a discutere interminabilmente - in crocchi che talvolta diventavano di dieci e piu' persone - dell'universo e dintorni. E' stata una scuola eccellente; ho imparato li' l'arte del dibattere - e del comiziare, anche - piu' che dai dialoghi socratici e dalle concioni ciceroniane).
Ero nella segreteria della federazione provinciale del Pdup per il comunismo, ed il giornale era per me quotidiano nutrimento. Quando qualcosa non mi andava giu' prendevo carta e penna e al giornale scrivevo lettere roventi di appassionato amore e non meno appassionata rabbia. Una volta mi accadde che una compagna che lavorava al giornale mi fece sapere che una mia lettera aveva irritato la Rossanda, che era come trovarsi dinanzi al Minosse dantesco. A quei tempi al cospetto della Rossanda si poteva solo mettersi sull'attenti e telegrafare "Obbedisco".
Cosi' quella rottura fra giornale e partito fu una tragedia. Poi nell'84 si sciolse anche il partito di cui ero stato funzionario. Sic transit gloria mundi. Ormai lo so bene che sempre e solo si passa di lutto in lutto, di rottura in rottura, di fallimento in fallimento (con qualche eccezione, certo, ma rara). E che devi continuare la lotta senza aspettarti mai altra certezza e sollievo che non sia il tuo fermo ristare nel campo delle oppresse e degli oppressi a contrastare tutti i poteri che sempre e solo sono assassini.
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Molti anni dopo, erano gli anni '90 credo, alcuni compagni molto piu' giovani di me invitarono la Rossanda a tenere una conferenza nel paese in cui, in un'era geologica successiva a quella che ho prima evocato ed anch'essa ormai piu' remota delle guerre puniche, ero o ero stato consigliere comunale (eletto in una lista che metteva insieme quel che restava della vecchia nuova sinistra con nuove esperienze di aggregazione e di impegno).
Andai ad ascoltarla religiosamente, neppure mi presentai per dirle che avevamo condiviso una lontana esperienza alla quale avevo preso parte proprio perche' all'appello suo (e di Pintor, e di Magri e Milani, e della Castellina e della Menapace) anche io ero accorso (e, lo annoto per inciso, fu la scelta che decise della mia vita poiche' tutte le scelte - non dico solo quelle politiche, ma quelle esistenziali - che ho fatto dopo sono state segnate dalla intransigente fedelta' a quella fatta allora, comunista antitotalitaria e nonviolenta).
La trovai uguale e cambiata. Me ne dovetti andare prima della fine della conferenza, forse se fossi restato oggi ricorderei una gioia in piu', o un dolore, o entrambi.
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Ho continuato a leggerla sul "Manifesto", che ormai da decenni e' un'altra cosa da quella che mi aveva commosso e catturato da giovane negli anni Settanta, ma anche un giornale per sopravvivere si adatta ai tempi (e non sempre restandone indenne, oserei dire).
La Rossanda no. Era ed e' restata fedele a se stessa, ma nel nuovo contesto degli anni Novanta, e poi Duemila, lo sentivi che era anche lei spaesata, senza piu' un luogo che fosse il suo ubi consistam, il suo hic manebimus optime (guarda tu se mi devono sempre riaffiorare alla memoria e alla penna certi modi di dire da vecchio barbogio o da leguleio mancato).
Negli ultimi anni (ma quando dico gli ultimi anni dico gli ultimi venti, trenta o quarant'anni) aveva acconsentito a raccogliere in volume alcuni suoi scritti e conversazioni, e finanche le sue memorie; ne sono sortiti libri che amo. Non solo "La ragazza del secolo scorso", ma anche - e forse soprattutto - "Anche per me"; e gli altri volumi che quieti ammuffiscono in casa mia ed accompagnano cosi' la mia senilita'. Li ho adesso davanti, da L'anno degli studenti a Le altre; da Un viaggio inutile a Note a margine; da Quando si pensava in grande a Il film del secolo, a Questo corpo che mi abita; ai libri con Manuela Fraire (La perdita), con Filippo Gentiloni (La vita breve), con Pietro Ingrao ed altri (quegli Appuntamenti di fine secolo, del '95, che sono forse il lascito maggiore della riflessione politica ingraiana e sua).
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Tu lo sai che le persone muoiono, ma quando muoiono e' sempre una coltellata che ti squarcia: senti che ti viene strappato un pezzo di carne, o di anima, e che il mondo non e' piu' quello di prima, e' piu' misero e vuoto, e buio e sporco; non lo so perche' mi sembra piu' buio e piu' sporco, ma mi sembra cosi'.
Ormai della generazione delle maestre e dei maestri ne restano pochi di sopravvissuti. E quelli della mia generazione abbiamo gia' cominciato a morire da un pezzo, alcuni anche molti anni fa: noi non abbiamo conosciuto le guerre nel nostro paese, ma altri orrori, altri massacri si'.
Mi chiedo se abbiamo saputo restare fedeli a quello che le compagne e i compagni della generazione della Resistenza ci hanno insegnato, se abbiamo saputo portare avanti la lotta. E temo di no. Mi guardo intorno e vedo solo il dilagare del fascismo, della barbarie, della stoltezza e della disumanita'. Moriro' con questo rammarico, con questa amara sensazione di fallimento. Ma finche' siamo vivi, ebbene, continuiamo la lotta. Come scriveva Guenther Anders in chiusa delle sue "Tesi sull'eta' atomica": "Se siamo disperati, che ce ne importa? Continuiamo come se non lo fossimo".

5. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Franco Basaglia, Se l'impossibile diventa possibile, Comunita', 2020, pp. 52, euro 8.
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Riletture
- Jean P. Sasson, Schiave, Sperling & Kupfer, Milano 1994, Fabbri, Milano 2004, pp. XIV + 244.
- Pinar Selek, La casa sul Bosforo, Fandango, Roma 2018, Gedi, Roma 2018, pp. 302.
- Samar Yazbek, Passaggi in Siria, Sellerio, Palermo 2017, Gedi, Roma 2019, pp. 288.
- Xinran, La meta' dimenticata, Sperling & Kupfer, Milano 2002, Rba, Milano 2009, pp. XXII + 248.
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Riedizioni
- Jose Luis Gallego, Plastic Detox. 50 idee per ridurre la plastica nella vita di tutti i giorni, Garzanti, Milano 2019, Rcs, Milano 2020, pp. 192, euro 7,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3904 del 26 ottobre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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