[Nonviolenza] Telegrammi. 3869
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 3869
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- Date: Sun, 20 Sep 2020 19:18:13 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3869 del 21 settembre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. David Graeber
2. Rossana Rossanda
3. Giobbe Santabarbara: Le hai telefonato alla zia Cunegonda? Gli hai telefonato al ragionier Filini? Una lettera privata all'amico suo Leporello
4. L'appello del Comitato donne per il NO al referendum: "E invece NO"
5. L'appello di 183 costituzionalisti per il NO al referendum
6. "Il manifesto": Referendum costituzionale sul taglio del parlamento, dieci motivi per dire NO
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'
1. LUTTI. DAVID GRAEBER
E' deceduto David Gaeber, antropologo, militante e pensatore anarchico.
Con gratitudine lo ricordiamo.
2. LUTTI. ROSSANA ROSSANDA
E' deceduta Rossana Rossanda, la nostra maestra piu' sapiente, la piu' autorevole, la piu' esigente.
Con gratitudine la ricordiamo.
3. L'ORA. GIOBBE SANTABARBARA: LE HAI TELEFONATO ALLA ZIA CUNEGONDA? GLI HAI TELEFONATO AL RAGIONIER FILINI? UNA LETTERA PRIVATA ALL'AMICO SUO LEPORELLO
"Qui habet aures audiendi audiat"
Carissimo Leporello,
ti sei ricordato di telefonare alla zia Cunegonda per dirle di votare NO alla controriforma antiparlamentare, anticostituzionale e antidemocratica?
Ti sei ricordato di telefonare al ragionier Filini per dirgli di votare NO all'antiparlamentarismo, NO al fascismo, NO alla barbarie?
Ti sei ricordato di telefonare ai sarchiaponi del circolo bocciofilo per dirgli di votare NO all'instaurazione della dittatura dei ricchi e dei malvagi?
Ti sei ricordato di telefonare alle amiche del gruppo di lettura dei romanzi di Jane Austen per dirgli di votare NO al piano golpista dei razzisti, dei militaristi, degli schiavisti e dei maschilisti?
Ti sei ricordato di telefonare ai vecchi compagni dei tempi del Pdup per dirgli di votare NO al ritorno del regime della violenza padronale e squadrista?
Ti sei ricordato di telefonare ai compagni di quartiglio e zecchinetta all'osteria dello Zozzone per dirgli di votare NO alla mutilazione del parlamento?
Ti sei ricordato di telefonare ai ragazzi del centro sociale per dirgli di votare NO alla cancellazione della presenza delle e dei rappresentanti delle oppresse e degli oppressi nelle istituzioni della repubblica nata dalla Resistenza?
Ti sei ricordato di telefonare agli amici della Caritas per dirgli di votare NO alla mutilazione della democrazia?
Ti sei ricordato di telefonare alle compagne del collettivo femminista per dirgli di votare NO alla mutilazione della nostra dignita', delle nostre liberta'?
Ti sei ricordato di telefonare al compare Turiddu per dirgli di votare NO alla mutilazione della Costituzione repubblicana?
Ti sei ricordato di telefonare a Jake e Elwood per dirgli di votare NO ai nazisti dell'Illinois?
Ti sei ricordato di telefonare al catalogo delle belle che amo' il padron tuo (in Italia seicento e quaranta) per dirgli di votare NO a chi nega l'eguaglianza di diritti, la sovranita' popolare e il suffragio universale?
Ti sei ricordato di telefonare a Sandro Pertini che abbiamo ancora bisogno di lui?
Insomma, lo vogliamo vincere questo referendum? Bisogna convincere ancora qualche altra persona a votare NO.
Ci vogliamo dare da fare prima che sia troppo tardi? Bisogna convincere ancora qualche altra persona a votare NO.
Li vogliamo cercare questi ultimi voti che servono per salvare ancora una volta la repubblica democratica ed antifascista? Bisogna convincere ancora qualche altra persona a votare NO.
Lo vogliamo contrastare il progetto piduista di annientare la democrazia ed imporre la tirannide? Bisogna convincere ancora qualche altra persona a votare NO.
Alza il telefono questa mattina, e chiamale le persone alle quali vuoi bene, e poi tutte e tutti a votare NO.
NO alla controriforma anticostituzionale, antiparlamentare e antidemocratica.
NO all'antiparlamentarismo, NO al fascismo, NO alla barbarie.
Ci vediamo stasera a cena, viene anche il Commendatore, e pure Scardanelli. Con osservanza,
Giobbe Santabarbara, vecchio militante e funzionario di un estinto partito della classe operaia, collaboratore del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
4. REPETITA IUVANT. L'APPELLO DEL COMITATO DONNE PER IL NO AL REFERENDUM: "E INVECE NO"
Il referendum sul taglio dei parlamentari prevede una riduzione dei seggi in entrambe le Camere, andando a modificare gli artt. 56, 57 e 59 della Costituzione.
Si passerebbe cosi' da 630 a 400 seggi alla Camera e da 315 a 200 seggi al Senato, con un taglio complessivo di 345 parlamentari, pari al 36,5%. Tra questi, verrebbero ridotti i parlamentari eletti all'estero (18 a 12).
Con il taglio dei seggi, aumenta il numero di abitanti per parlamentare. Per ciascun deputat* si passa da 96.006 a 151.210 abitanti* e per ciascun senator* da 188.424 a 302.420 abitanti*. Di conseguenza, nel caso di approvazione, sara' necessario ridefinire i collegi elettorali tramite una nuova legge che richiedera' ulteriore tempo per l'approvazione.
Dunque la riforma costituzionale, in assenza di una contestuale riforma elettorale e dei partiti, e' un salto nel buio che compromette la rappresentanza parlamentare e il ruolo stesso del Parlamento.
I vari comitati del No e il documento dei 183 costituzionalisti e costituzionaliste hanno evidenziato in via generale i rischi della riforma che qui sintetizziamo:
- La riforma svilisce il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentativita', senza offrire vantaggi apprezzabili ne' sul piano dell'efficienza delle istituzioni democratiche ne' su quello del risparmio della spesa pubblica sia perche' si tratta di risparmi irrisori sia perche' la democrazia ha un valore che non puo' essere sacrificato per esigenze di risparmio.
- La riforma riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza dei territori con il rischio che alcune Regioni finirebbero con l'essere sottorappresentate rispetto ad altre. Un Senato composto da 200 membri non puo' rappresentare tutte le identita' politiche, sociali, culturali ed economiche se ogni eletto dovra' rappresentare circa 300mila abitanti.
- La riforma non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto perche' non introduce alcuna differenziazione tra le due Camere ma si limita semplicemente a ridurne i componenti, il cui numero costituisce una caratteristica del Parlamento e non del bicameralismo perfetto.
- La riforma confonde la qualita' dei rappresentanti con il ruolo stesso dell'istituzione rappresentativa. Non c'e' nessuna evidenza che diminuendo il numero dei parlamentari se ne innalzi il livello qualitativo. L'unico effetto che sicuramente produce e' una penalizzazione delle minoranze e un abbassamento del pluralismo politico.
- La riforma non prevede che sia garantito un corretto ed essenziale lavoro delle Commissioni al Senato anche per dare l'opportunita' alle minoranze di rappresentare le proprie ragioni. L'eventualita' di accorpare fra loro le Commissioni esistenti non garantisce che le minoranze possano influire proficuamente sui processi decisionali del Parlamento.
- Con il taglio dei parlamentari la selezione delle candidature da parte delle dirigenze dei partiti o degli stessi leader (gia' oggi fortemente guidata non sempre da criteri di competenza ma piuttosto da quelli di fedelta') sarebbe ancor piu' determinata da considerazioni non valoriali.
- Infine se non si avesse anche una modifica della disciplina elettorale, si verrebbe a creare uno squilibrio circa la rappresentativita' delle Camere tale da non permettere un'agevole formazione di una maggioranza stabile di governo.
A questi argomenti si aggiungono le perplessita' sugli effetti negativi che si avrebbero sulla rappresentanza politica delle donne.
- Mancanza di riforma elettorale e di una legge sulla democrazia interna dei partiti: in assenza di questi interventi – necessariamente correlati – si accentua il potere dei capipartito e l'importanza dei finanziamenti delle lobbies. Le donne sono ancora marginalizzate nei luoghi decisionali politici ed economici, quindi avranno minori chances di essere elette.
- Muta il rapporto con l'elettorato, e dunque con i territori: l'eliminazione di 230 deputati e 115 senatori muta il rapporto di rappresentanza e affievolisce il legame con i territori, penalizzando ad esempio le esperienze delle donne come amministratrici locali. I dati sulle competizioni elettorali mostrano minore visibilita' delle donne nei media e nelle tribune politiche. Risultera' ancora piu' esigua la possibilita' di accesso ai media (che e' decisa dai capipartito) e quindi di essere elette.
- Leadership maschile nei partiti e nei movimenti: l'entrata in Parlamento e' nominalmente aperta a tutti, ma di fatto risulta rigidamente controllata dai partiti. Questo dato mostra di avere un effetto relativamente negativo sulle chances di carriera politica delle donne. La misura prevista nella legge elettorale volta all'incremento della rappresentanza femminile non ha consentito il raggiungimento del 40% di donne elette.
- Ruoli centrali negli organi parlamentari: i dati tendono a confinare la rappresentanza femminile in aree settoriali e a ricostruire situazioni di marginalita' all'interno del Parlamento: e' significativo il fatto che le donne siano assenti in dicasteri importanti quali quelli economici e che siano prevalentemente presenti nelle commissioni parlamentari che trattano questioni tradizionalmente considerate come di pertinenza delle donne.
- Distorsioni sulla rappresentanza territoriale: minore rappresentanza delle regioni piu' piccole e dei partiti minori – se non vi e' un mutamento profondo nei partiti - concentrera' la scelta sui soli candidati uomini, come dimostrano i principali report nazionali e internazionali.
- Mancanza di una campagna informativa e uso di un linguaggio demagogico dell'antipolitica che offende la democrazia parlamentare. E' molto grave che la riforma costituzionale sia priva di un adeguato dibattito pubblico, anche all'interno dei partiti, e comunque si fondi su un linguaggio proprio dell'antipolitica. L'assunto di fondo della riforma si basa sul discredito del ruolo dei parlamentari e dell'Istituzione, ma non si preoccupa affatto di migliorare il processo di formazione delle leggi. La gran parte dei movimenti femministi che hanno promosso norme di garanzia sono mosse dalla convinzione che la democrazia parlamentare e la democrazia paritaria siano strettamente connesse.
Per queste ragioni di fatto la riforma penalizzera' l'elezione delle donne perche' meno rappresentanti significa competizione piu' dura e piu' cooptazione e piu' difficolta' per le donne di essere elette.
Anche per questo come donne e come cittadine voteremo NO al referendum del 20 e 21 settembre!
Prime firmatarie
Antonella Anselmo, Fulvia Astolfi, Paola Manfroni, Laura Onofri, Mia Caielli, Marina Calamo Specchia, Paola Bocci, Michela Marzano, Daniela Colombo, Marcella Corsi, Giovanna Badalassi, Francesca Romana Guarnieri, Carla Marina Lendaro, Stefania Cavagnoli, Giorgia Serughetti, Giovanna Martelli, Lella Palladino, Maura Cossutta, Norma De Piccoli, Anna Maria Buzzetti, Anna Lisa Maccari, Paola d'Orsi , Paola Mereu, Marina Gennari, Orsa Pellion di Persano, Francesca Ricardi, Annalisa Ricardi, Marina Cosi, Michela Quagliano, Cinzia Ballesio, Manuela Ghinaglia, Nadia Mazzardis, Concetta Contini, Simonetta Luciani, Paola Alessandri, Ilaria Boiano, Silvana Appiano, Mirella Ferlazzo, Anna Ruocco, Fernanda Penasso, Beatrice Pizzini, Giusi Fasano, Paola Guazzo, Daniela Aragno, Stefania Graziani, Eleonora Data, Rosanna Paradiso, Maria Luisa Dall'Armi, Micaela Cappellini, Manuela Manera, Marina Ponzetto, Roberta Giangrande, Anna Santarello, Maria Luisa Dodero, Claudia Apostolo, Donatella Caione, Paola Berzano, Sonia Martino, Enrica Guglielmotti, Sofia Massia, Stefanella Campana, Enrica Baricco, Maria Elvira Renzetti, Mariangela Marengo, Vilma Nicolini, Luisella Zanin, Carmen Belloni, Giuliana Brega, Patrizia de Michelis, Maria Letizia Spasari, Patrizia Soldini, Gabriella Anselmi, Susanna Panzieri, Anna Sburlati, Sandra Basaglia, Paola Ferrero...
Per aderire scrivere a: einveceNO.alreferendum at gmail.com
5. REPETITA IUVANT. L'APPELLO DI 183 COSTITUZIONALISTI PER IL NO AL REFERENDUM
[Dal sito www.huffingtonpost.it riprendiamo questo appello sottoscritto da 183 costituzionalisti pubblicato il 24 agosto 2020]
Le ragioni del nostro NO al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari
In risposta all'appello del Direttore della testata online "Huffington Post" Mattia Feltri, pubblicato lo scorso 8 agosto, le sottoscritte e i sottoscritti, docenti, studiose e studiosi di diritto costituzionale, intendono spiegare le ragioni tecniche per le quali si oppongono alla riforma sulla riduzione del numero dei parlamentari, illustrando i rischi per i principi fondamentali della Costituzione che la revisione comporta.
Si precisa che il presente documento scaturisce da un'iniziativa autonoma e totalmente indipendente sia dal Coordinamento per la democrazia costituzionale (CDC), sia dal Comitato nazionale per il No al taglio del Parlamento, cosi' come da ogni altro ente, organismo e associazione, esprimendo considerazioni frutto esclusivamente dell'elaborazione collettiva dei sottoscrittori.
Il testo di legge costituzionale sottoposto alla consultazione referendaria, introducendo una riduzione drastica del numero dei parlamentari (da 945 componenti elettivi delle due Camere si passerebbe a 600), avrebbe un impatto notevole sulla forma di Stato e sulla forma di governo del nostro ordinamento. Tanti motivi inducono a un giudizio negativo sulla riforma: qui si illustrano i principali.
1) La riforma svilisce, innanzitutto, il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentativita', senza offrire vantaggi apprezzabili ne' sul piano dell'efficienza delle istituzioni democratiche ne' su quello del risparmio della spesa pubblica.
I fautori della riforma adducono, a sostegno del "SI'" al referendum, la riduzione di spesa che la modifica della composizione delle Camere determinerebbe. Si tratta, pero', di un argomento inaccettabile non soltanto per l'entita' irrisoria dei tagli di cui si parla, ma anche perche' gli strumenti democratici basilari (come appunto l'istituzione parlamentare) non possono essere sacrificati o depotenziati in base a mere esigenze di risparmio.
La riduzione del numero dei parlamentari non deriverebbe, inoltre, da una riforma ragionata del bicameralismo perfetto (il vigente assetto parlamentare in base al quale le due Camere si trovano nella stessa posizione e svolgono le medesime funzioni). Tale sistema non sarebbe toccato dalla legge costituzionale oggetto del referendum.
Spesso si fa riferimento agli esempi di altri Stati ma non puo' correttamente compararsi il numero dei componenti delle Camere italiane con quello di altre assemblee parlamentari in termini astratti, senza tenere conto del numero degli elettori (e, dunque, del rapporto eletti/elettori). Si trascura, inoltre, che in molti degli ordinamenti assunti come termini di paragone si riscontrano forme di governo e tipi di Stato diversi dai nostri.
2) La riforma presuppone che la rappresentanza nazionale possa essere assorbita nella rappresentanza di altri organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, Consigli comunali, ecc.), contro ogni evidenza storica e contro la giurisprudenza della Corte costituzionale.
I fautori della riforma sostengono ancora che la riduzione del numero dei parlamentari non arrecherebbe alcun danno alle esigenze della rappresentativita' perche' sarebbero gia' tanti gli organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, consigli comunali, ecc.) la cui formazione dipenderebbe dal voto dei cittadini. La rappresentanza nazionale, secondo questa tesi, potrebbe trovare un'espressione parcellizzata in altri luoghi istituzionali. A prescindere, pero', da ogni altra considerazione sul ruolo e sulle competenze degli organi elettivi richiamati (ad esempio, i Consigli regionali italiani non sono paragonabili ai parlamenti degli Stati membri di una federazione), si puo' ricordare che la Corte costituzionale ha chiarito che "solo il Parlamento e' sede della rappresentanza politica nazionale, la quale imprime alle sue funzioni una caratterizzazione tipica ed infungibile".
Basta leggere, del resto, le materie attribuite dalla Costituzione alla competenza esclusiva del legislatore statale (e considerare l'interpretazione estensiva che di molte di queste materie ha dato la stessa Corte costituzionale nella sua giurisprudenza) per avere un'idea dell'importanza delle Camere.
3) La riforma riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza di interi territori.
Per quanto riguarda la nuova composizione del Senato, alcune Regioni finirebbero con l'essere sottorappresentate rispetto ad altre. Cosi', ad esempio, l'Abruzzo, con un milione e trecentomila abitanti, avrebbe diritto a quattro senatori, mentre il Trentino-Alto Adige, con le sue due province autonome e con una popolazione complessiva di un milione di abitanti, avrebbe in tutto sei senatori; e ancora la Liguria, con cinque seggi, avrebbe una rappresentanza al Senato, in sostanza, della sola area genovese.
4) La riforma non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto (anche se e' spesso presentata dai suoi sostenitori come un intervento volto a raggiungere gli stessi obiettivi di precedenti progetti di riforma, diretti a rendere piu' efficiente l'istituzione parlamentare).
Come si e' gia' detto, l'attuale riforma non introduce alcuna differenziazione tra le due Camere ma si limita semplicemente a ridurne i componenti, il cui elevato numero costituisce una caratteristica del Parlamento e non del bicameralismo perfetto. Tale assetto, in teoria, potrebbe anche essere modificato senza alterare in modo cosi' incisivo il numero dei parlamentari, anche solo per il tramite di una contestuale riforma dei regolamenti parlamentari di Camera e Senato. Al contrario, se si considerano i problemi di rappresentanza di alcuni territori regionali che la riforma comporterebbe, risulta che paradossalmente la legge in questione finirebbe con l'aggravare, anziche' ridurre, i problemi del bicameralismo perfetto.
5) La riforma appare ispirata da una logica "punitiva" nei confronti dei parlamentari, confondendo la qualita' dei rappresentanti con il ruolo stesso dell'istituzione rappresentativa. La revisione costituzionale sembra essere espressione di un intento "punitivo" nei confronti dei parlamentari – visti come esponenti di una "casta" parassitaria da combattere con ogni mezzo – ed e' il segno di una diffusa confusione del problema della qualita' dei rappresentanti con il ruolo dell'organo parlamentare. Non e' dato riscontrare, tuttavia, un rapporto inversamente proporzionale tra il numero dei parlamentari e il livello qualitativo degli stessi. Una simile riduzione dei componenti delle Camere penalizzerebbe soltanto la rappresentanza delle minoranze e il pluralismo politico e potrebbe paradossalmente produrre un potenziamento della capacita' di controllo dei parlamentari da parte dei leader dei partiti di riferimento, facilitato dal numero ridotto degli stessi componenti delle Camere.
Non puo' trascurarsi, inoltre, lo squilibrio che si verrebbe a determinare qualora, entrata in vigore la modifica costituzionale, non si avesse anche una modifica della disciplina elettorale, con essa coerente, tale da assicurare – nei limiti del possibile – la rappresentativita' delle Camere e, allo stesso tempo, agevolare la formazione di una maggioranza (sia pur relativamente) stabile di governo.
E' illusorio, in conclusione, pensare alle riforme costituzionali come ad azioni dirette a causare shock a un sistema politico-partitico incapace di autoriformarsi, nella speranza che l'evento traumatico possa innescare reazioni benefiche. Una cattiva riforma non e' meglio di nessuna riforma. Semmai e' vero il contrario. Respingendo questa riforma perche' monca e destabilizzante, ci sarebbe spazio per proposte equilibrate che mantengano intatti i principi fondanti del nostro ordinamento costituzionale; al contrario sarebbe piu' difficile mettere in discussione una riforma appena avallata dal corpo elettorale. Occorrono, in definitiva, interventi idonei ad apportare miglioramenti al sistema nel rispetto della democraticita' e della rappresentativita' delle istituzioni.
Per queste ragioni i sottoscritti voteranno convintamente "NO"!
[Seguono le firme]
6. REPETITA IUVANT. "IL MANIFESTO": REFERENDUM COSTITUZIONALE SUL TAGLIO DEL PARLAMENTO, DIECI MOTIVI PER DIRE NO
[Dal quotidiano "Il manifesto" riprendiamo questo articolo del 20 agosto 2020 dal titolo "Referendum costituzionale sul taglio del parlamento: perche' No" e il sommario "Tra un mese il voto. L'etichetta della legge e' semplice: 230 deputati e 115 senatori in meno. Ma il contenuto e' pericoloso. Dieci motivi per dire di No"]
1. A conti fatti si risparmia la meta'
Cominciamo da qui, dai soldi, perche' e' l'argomento "forte" del Movimento 5 Stelle, sebbene non originale. Quattro anni fa, infatti, era stato il Pd (Renzi) a scrivere sui suoi manifesti che "Basta un si' per cancellare poltrone e stipendi" – e' noto che quel referendum costituzionale lo vinsero i no. Sul manifesto dei grillini c'e' scritto adesso "1 miliardo per i cittadini", a tanto ammonterebbe il risparmio ottenuto con 345 "stipendi" parlamentari in meno.
La cifra e' fortemente esagerata: per raggiungerla ci vorrebbero dieci anni (due legislature) e 100 milioni di risparmi l'anno. I 5 Stelle giurano che saranno tanti ma e' facile smentirli. Gli ultimi bilanci di camera e senato indicano infatti tra indennita' e rimborsi una spesa di 144,885 milioni di euro per i deputati e 79,386 milioni per i senatori. Il che vuol dire che 230 deputati in meno garantirebbero un risparmio di 52,9 milioni e la rinuncia a 115 senatori significherebbe risparmiare 28,530 milioni.
Anche cosi' la promessa grillina non e' rispettata, il totale fa 81,430 milioni in meno l'anno, non 100. Ma e' un calcolo fatto al lordo delle tasse, perche' lo stato recupera una parte dell'indennita' sotto forma di Irpef e di addizionali regionali e comunali. Sono circa dieci milioni di gettito per i deputati e sei per i senatori. Il risparmio netto quindi e' piu' basso: 42,7 milioni per i deputati e 22,7 milioni per i senatori, totale 65,4 milioni l'anno.
C'e' di piu': una quota dei rimborsi che spettano ogni anno ai deputati e ai senatori e' destinata a pagare i collaboratori. Chi vuole tagliare le "poltrone" non ha ancora mai detto di volere parimenti licenziare gli assistenti (e per certi versi, anzi, il loro numero potrebbe addirittura salire, vedremo piu' avanti). Il vero risparmio netto dunque puo' essere calcolato in 36 milioni per i deputati e 17 milioni per i senatori, per un totale che e' quasi la meta' di quello annunciato dai sostenitori del si'.
*
2. Non si toccano altre voci
Ma e' giusto mettere tanta attenzione ai risparmi, quando si parla di un'istituzione come il parlamento? Se la vostra risposta e' comunque si', e anche 50 milioni l'anno non vi sembrano affatto trascurabili, e' bene considerare che questo risparmio ottenuto tagliando la rappresentanza permetterebbe di fare economia sulle spese annuali di camera e senato soltanto per il 2,5%. Per avere un metro di paragone, si puo' considerare che le spese totali di camera e senato per il personale (stipendi e previdenza, parliamo quindi di tutti tranne che degli eletti) sono di circa 350 milioni l'anno. Vale a dire sette volte quello che si risparmierebbe rinunciando a 230 deputati e 115 senatori. Queste spese non saranno toccate.
Cinquanta milioni all'anno vuol dire che per arrivare al miliardo di minori spese reclamizzato da Di Maio (che ha anche gia' pubblicato uno schema di cosa intende fare, subito, con quei soldi) bisognera' arrivare alla fine di quattro legislature intere con il parlamento ridimensionato. A partire dalla prossima (se vincono i si'). Quindi appuntamento al 2043.
Intanto gli economisti dell'Osservatorio sui conti pubblici italiani guidato da Carlo Cottarelli hanno calcolato per il taglio di 445 parlamentari un risparmio molto vicino a quello che abbiamo stimato noi, per loro sono 57 milioni l'anno. E hanno aggiunto che si tratta appena dello 0,007% della spesa pubblica italiana (camera e senato hanno bilanci autonomi, ma evidentemente i risparmi comporterebbero minori trasferimenti pubblici). Dividendo infine il risparmio annuo per tutta la popolazione italiana, l'Osservatorio sui conti pubblici ha concluso che si tratta dell'equivalente di un caffe' (0,95 centesimi) all'anno per ognuno di noi 60 milioni. In cambio di un bel taglio alla rappresentanza.
*
3. Giu' il rapporto tra eletti e popolo
La rappresentanza, eccoci al punto. Gli aspetti da valutare sono due. Il primo e' il rapporto tra il numero degli abitanti e il numero dei parlamentari (deputati e senatori). Piu' e' alto questo rapporto, meno i cittadini sono rappresentati, nel senso che un parlamentare deve rappresentare una fetta maggiore di "popolo". Allora facile capire perche' negli ultimi cento anni i deputati siano sempre cresciuti, prendiamo come riferimento la legislatura del 1919 perche' fu la prima in cui entro' in funzione l'attuale aula di Montecitorio (e fu l'ultima legislatura senza Benito Mussolini tra i banchi), allora gli italiani non arrivavano a 40 milioni.
Dal 1919 a oggi i deputati sono aumentati di 112 unita' (erano allora 518), sempre crescendo con l'eccezione delle due legislature elette con il sistema plebiscitario durante il regime fascista. Curiosita': in quel periodo i seggi per i deputati furono ridotti proprio a 400 come si intende fare adesso. Nel 1948 la Costituzione non previde un numero fisso di deputati e senatori. I primi avrebbero dovuto essere uno ogni 80mila abitanti o frazione superiore ai 40mila, mentre i senatori sarebbero stati uno ogni 200mila abitanti o frazione superiore a 100mila. Di conseguenza nella prima legislatura i deputati furono 572 e i senatori 237.
Il rapporto con la popolazione fu congelato nel 1963, quando una riforma costituzionale stabili' un numero fisso di parlamentari: 630 deputati e 315 senatori (piu' i senatori a vita e gli ex presidenti della Repubblica). Malgrado siano trascorsi quasi sessant'anni da quelle riforma costituzionale, il rapporto tra elettori ed eletti e' rimasto su per giu' lo stesso: e' un po' aumentato alla camera, dove oggi c'e' un deputato ogni 96mila abitanti ed e' un po' diminuito al senato, dove c'e' oggi un senatore ogni 192mila abitanti. Con il taglio queste proporzioni sarebbero stravolte.
*
4. Diventeremo gli ultimi tra i paesi Ue
"L'Italia e' il paese con il numero piu' alto di parlamentari". Quante volte lo avete sentito dire dalla propaganda per il si'? Talvolta lo slogan viene appena un po' corretto aggiungendo "elettivi" a "parlamentari", tanto e' evidentemente falso: basta dire che nel Regno Unito i parlamentari sono piu' di 1.400. Ma a Londra ci sono i lords che hanno una funzione e soprattutto una carica, non elettiva, imparagonabile a quella dei nostri rappresentanti del popolo.
Problema simile c'e' con molte altre camere "alte" degli altri paesi, che spesso sono non elettive o rappresentano le autonomie locali o gli stati federati. Piu' facile il raffronto con le camere "basse", ovunque elette direttamente dal popolo. Oggi l'Italia con i suoi 96mila abitanti per deputato e' uno degli stati con maggiore rappresentativita': piu' del Regno Unito (un deputato ogni 102mila abitanti), piu' dell'Olanda (uno ogni 114mila), della Germania e della Francia (entrambe hanno un deputato ogni 116mila abitanti) e piu' della Spagna (uno ogni 133mila).
Un rapporto maggiore tra elettori ed eletti rispetto al nostro c'e' in Danimarca, Finlandia, Svezia, Belgio, Polonia, Grecia e Portogallo, tra gli altri. Non e' corretto pero' dire, come dicono i 5 Stelle, che con la riforma l'Italia si "allineera'" ai maggiori paesi europei. Il taglio di 230 deputati infatti portera' il nostro rapporto fino a un deputato ogni 151mila elettori. Diventeremmo cioe' di colpo il paese con la peggiore rappresentativita' tra tutti i 28 appartenenti all'Unione europea. E di gran lunga, visto che dopo di noi ci sarebbe la Spagna, ferma a un deputato ogni 133mila abitanti.
Peraltro a Madrid la camera "alta" e' a composizione mista – in parte e' eletta a suffragio universale, in parte e' designata dalle comunita' autonome – comunque piu' grande del nuovo senato italiano (266 senatori contro i nostri 200) per una popolazione assai inferiore (46 milioni contro i nostri 60 milioni).
*
5. Territori penalizzati (chi piu', chi meno)
Ma il problema della rappresentanza e' anche un altro e riguarda i territori. Perche' diminuendo notevolmente il numero degli eletti a livello nazionale, meno 230 deputati e meno 115 senatori come detto, diminuisce ovviamente quello dei rappresentanti dei singoli territori. Fino a diventare un numero esiguo, questo e' vero soprattutto al senato.
Con 196 senatori (quattro sono destinati a essere eletti all'estero) da distribuire nelle venti regioni – confermate le "quote minime" di un senatore in Valle d'Aosta e due in Molise – il taglio sara' pesante dappertutto. Ma non ugualmente pesante. Per esempio la Toscana perdera' sei senatori (da 18 a 12), con un taglio del 33,3%. Sotto la media nazionale, che e' del 36,5%. Piu' penalizzato il Friuli Venezia Giulia, che subira' un taglio del 42,9%, stessa percentuale dell'Abruzzo (entrambe le regioni passeranno da 7 a 4 senatori). Male anche la Calabria, con meno 40% (da 10 a 6 senatori).
Ma soprattutto a essere penalizzate saranno l'Umbria e la Basilicata, che passeranno da 7 a 3 senatori, per entrambe meno 57,1%. Un abisso paragonato al Trentino Alto Adige, che – per via delle due province autonome alle quali e' stato garantito un numero uguale di senatori – perdera' in totale appena un seggio, scontando una diminuzione della rappresentanza parecchio sotto la media nazionale: meno 14,3%.
Il risultato di questa distribuzione e' la fotografia di un'Italia diseguale, dove in Trentino Alto Adige in media ci sara' un seggio elettivo per il senato ogni 171mila abitanti. E in Sardegna un seggio elettivo ogni 328mila abitanti, vale a dire quasi il doppio. Naturalmente questo ha effetti anche sulla rappresentanza politica, penalizzando le liste meno forti, oltre che sulla rappresentanza territoriale.
Come cercheremo di spiegare nella prossima scheda.
*
6. La soglia di sbarramento "naturale"
Della legge elettorale parleremo altrove, ma intanto e' bene ricordare che i partiti – maggioranza e opposizione – si stanno attualmente dividendo attorno alla questione della soglia di sbarramento. Nella proposta all'esame della camera questa soglia e' fissata al 5% e c'e' chi la considera, con buone ragioni, eccessiva. Ma e' solo la soglia "esplicita", quella che e' scritta nella legge. Assai piu' alta e' la soglia "implicita", quella che concretamente le liste dovranno raggiungere per sperare di avere un eletto, questo proprio perche' gli eletti nel collegio sono molto pochi.
Ancora una volta dunque il problema si pone soprattutto al senato. Per esempio, in Liguria dove si eleggeranno, se il taglio sara' approvato, solo cinque senatori, superare il 5% non servira' a niente, visto che la soglia "implicita" sara' di oltre il doppio (circa il 12,5%). La Basilicata con i suoi tre senatori soltanto vedra' all'opera una soglia effettiva di quasi il 20%: raggiungibile secondo gli attuali sondaggi soltanto da due partiti. Il problema, attenuato, si pone anche alla camera.
Al senato e' piu' pesante perche' si aggiunge la previsione costituzionale in base alla quale la camera "alta" deve essere eletta su base regionale. Questo vuol dire che un partito per conquistare rappresentanti sul territorio deve superare entrambi gli sbarramenti a livello regionale, quello legale e quello "naturale" (il secondo e' di regola piu' alto del primo).
A questo secondo problema si sta cercando di porre rimedio con una riforma costituzionale appena all'inizio dell'iter parlamentare: cancellerebbe la base regionale per l'elezione del senato, introducendo come per la camera la base circoscrizionale. Resta il problema che partiti piccoli, quando sul territorio si eleggono pochissimi rappresentanti, sono condannati a restare fuori.
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7. Lavori piu' difficili, meno efficienza
Poco male, si dira', se tutto questo servira' a rendere il parlamento piu' efficiente. Perche' e' questo l'altro argomento ricorrente nei discorsi dei sostenitori del si'. Meno parlamentari significa lavori piu' spediti, posto l'indimostrato teorema che un parlamento e' tanto piu' efficiente quanti atti legislativi produce. Spesso e' vero il contrario.
In ogni caso, e' proprio cosi'? In realta' oggi – anche prima dello stato di emergenza, che ha esasperato i problemi – l'attivita' parlamentare e' impostata secondo i ritmi del governo. Decreti legge da esaminare entro la scadenza e questioni di fiducia sono la regola. Il problema della sottomissione del potere legislativo alle esigenze di quello esecutivo, di vecchia data, non sara' per niente scalfito dalla diminuzione del numero dei parlamentari.
Soprattutto perche' questa viene fatta con un chiaro intento antiparlamentare, visto che si tratta di rinunciare a un costo considerato improduttivo. Nella realta' la camera e il senato, condannati da un bicameralismo paritario – che non e' nemmeno scalfito da questa riforma – possono comunque lavorare in sincrono, portando avanti contemporaneamente progetti di legge diversi.
I lavori delle commissioni poi non saranno per nulla facilitati, visto che i regolamenti prevedono che possano andare avanti con un terzo dei commissari presenti: il che significa nove deputati o cinque senatori. Un numero troppo basso per un serio lavoro redigente.
A meno di non poter contare su uno staff molto largo e molto competente, come per esempio avviene nel senato degli Stati Uniti, dove i pochi senatori hanno a disposizione risorse enormi per gli uffici e i collaboratori. In conclusione, quindi, per avere garantita nel nuovo parlamento a ranghi ridotti almeno l'efficienza attuale, bisognera' spendere di piu'.
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8. Regolamenti superati, ma non cambiati
C'e' il famoso accordo di maggioranza, che aveva previsto alcune condizioni perche' il Pd e gli altri alleati dei 5 Stelle dessero il via libera al taglio dei parlamentari. Il si' c'e' stato ma le condizioni, chiamate "riequilibri", non si sono realizzate. Non si e' realizzata anzi non e' stata neanche approvata in commissione quella legge elettorale a base proporzionale che dovrebbe recuperare – ma solo un po' – la perdita di rappresentativita' che certamente derivera' dal taglio lineare dei parlamentari.
E non si sono realizzate le altre riforme costituzionali che, giusto o sbagliato che sia, Pd e Leu avevano considerato sufficienti a "riequilibrare" le istituzioni: l'equiparazione dell'elettorato attivo e passivo di camera e senato, la riduzione dei delegati regionali per l'elezione del presidente della Repubblica e la gia' citata introduzione della base circoscrizionale anche per l'elezione del senato.
Ma dove si avverte tutta l'incompletezza della riforma costituzionale voluta dei 5 Stelle e' nel mancato aggiornamento dei regolamenti parlamentari. Che sono stati scritti per i numeri attuali dei senatori e deputati e prevedono una serie di soglie a garanzia soprattutto delle minoranze. Trenta deputati, per esempio, oggi possono chiedere l'inversione dell'ordine del giorno, chiedere la votazione a scrutinio segreto, presentare subemendamenti agli emendamenti del governo: ovviamente 30 su 630 e' molto diverso rispetto a 30 su 400.
Le liste piu' piccole avranno difficolta' a formare un gruppo (20 deputati e 10 senatori), persino a entrare in tutte le attuali 14 commissioni e nelle giunte. In definitiva la vita delle minoranze sara' piu' difficile. I regolamenti, si dice, possono essere cambiati. E' vero, ma a parte che non sara' facile – serve la maggioranza assoluta e c'e' il voto segreto – non ci si doveva pensare prima?
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9. Il pasticcio del voto all'estero
Probabilmente non e' il principale, ma un bel problema il taglio dei parlamentari lo pone anche per la rappresentanza degli italiani all'estero. Rappresentanza prevista da una riforma pensata male (Tremaglia) e realizzata peggio, ma che in ogni caso oggi stabilisce (legge 459 del 2001) che i deputati e senatori eletti all'estero siano scelti con il sistema proporzionale e l'indicazione della preferenza.
Oggi la circoscrizione estera piu' grande e' quella europea (oltre due milioni e mezzo di residenti iscritti all'Aire) a seguire quella dell'America meridionale (un milione e mezzo), assai piu' piccole le circoscrizioni dell'America centrosettentrionale e di Africa, Asia e Oceania.
Non avendo avuto il coraggio di rinunciare ai seggi assegnati all'estero, con il taglio dei parlamentari nazionali e' stata tagliata anche la delegazione estera, percentualmente un po' meno: si passa infatti da 12 a 6 deputati e da 8 a 4 senatori. Il risultato e' che il deputato eletto nella circoscrizione piu' piccola (Africa, Asia, Oceania) sara' tre volte piu' rappresentativo di quello eletto nella circoscrizione piu' grande (Europa).
Il pasticcio principale e' stato fatto con i senatori, che essendo solo quattro giocoforza saranno uno per circoscrizione, che sia una circoscrizione grandissima o piccolissima. Avremo cosi' un senatore in rappresentanza dell'Europa intera, con tutto quello che significa in termini di campagna elettorale (impossibile e/o dispendiosissima) e rappresentanza. Ma anche con il tradimento del principio proporzionale stabilito dalla legge: tutti i collegi senatoriali delle circoscrizioni estero saranno nei fatti dei collegi uninominali. Il seggio andra' infatti a chi prende un voto in piu' e a lui soltanto.
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10. Un sacrificio lineare slegato da tutto
I difetti e le mancanze di questa riforma costituzionale sono tali che anche i sostenitori del si' a volte ricorrono all'argomento definitivo: in fondo sono quasi quarant'anni (dalla prima commissione bicamerale per le riforme) che si propone la riduzione dei parlamentari. E' vero, ma mai era stata proposta come un taglio lineare senza altri interventi sull'impianto istituzionale.
E' vero anche che per la riduzione si e' schierata in passato la sinistra, soprattutto dopo che le assemblee (legislative) regionali hanno ampliato e spostato verso il basso la rappresentanza. Ma la proposta (Ferrara, Rodota', 1985) anche in quel caso era di sistema e soprattutto prevedeva il monocameralismo. Una sola camera di 600 deputati eletta con una legge proporzionale non avrebbe tutti i problemi in termini di penalizzazione della rappresentanza territoriale e politica che ha invece la riforma dei 5 Stelle.
Riforma, quest'ultima, comparsa per la prima volta in un documento ufficiale nella nota di aggiornamento al Def del settembre 2018 (governo gialloverde Conte-Salvini) legata pero' a doppio filo con l'introduzione della "democrazia diretta". Velocissimo l'iter di approvazione: dalla prima lettura della prima deliberazione (febbraio 2019 al senato) alla seconda lettura della seconda deliberazione (ottobre 2019 alla camera) sono passati appena otto mesi.
Difficile trovare precedenti cosi' rapidi di riforme costituzionali negli ultimi venti anni. Persino l'abolizione della pena di morte nel 2007 e l'introduzione della parita' di genere nell'accesso alle cariche elettive nel 2003 sono state piu' meditate. L'unica modifica costituzionale che e' stata approvata a questa velocita' (anche a maggioranza qualificata) e' stata l'introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione nel 2012.
Quasi tutti se ne sono pentiti.
7. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Alessandro Visca, Martin Luther King. Il sogno spezzato, Rcs, Milano 2020, pp. 160, euro 6,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
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Riletture
- Azar Nafisi, Leggere Lolita a Teheran, Adelphi, Milano 2004, 2009, pp. 384.
- Daniela Padoan, Le pazze. Un incontro con le madri di Plaza de Mayo, Bompiani, Milano 2005, pp. 432.
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Riedizioni
- Renzo Bistolfi, Il coraggio della signora maestra, Tea, Milano 2016, Gedi, Roma 2020, pp. 254, euro 7,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
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Classici
- Georges Duby, Michelle Perrot (a cura di), Storia delle donne in Occidente, Laterza, Roma-Bari, 1990-1992, 1994-1996, 5 voll. (vol. I. L'Antichita', a cura di Pauline Schmitt Pantel, pp. XVIII + 606; vol. II. Il Medioevo, a cura di Christiane Klapisch-Zuber, pp. VIII + 600; vol. III. Dal Rinascimento all'eta' moderna, a cura di Natalie Zemon Davis e Arlette Farge, pp. VI + 568; vol. IV. L'Ottocento, a cura di Genevieve Fraisse e Michelle Perrot, pp. VI + 618; vol. V. Il Novecento, a cura di Françoise Thebaud, pp. VI + 714).
- Simone Weil, Quaderni, Adelphi, Milano 1982-1993, quattro volumi per complessive pp. 1846.
8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
9. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3869 del 21 settembre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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