[Nonviolenza] Telegrammi. 3864



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3864 del 16 settembre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Giovedi' 17 settembre in piazza delle erbe a Viterbo per il NO
2. Marco Bentivogli: Per il NO
3. Peppe Sini: Una postilla al testo che precede. Possiamo vincere, dobbiamo vincere
4. Marco Brando: Votero' NO. E ho dieci ragioni valide per farlo
5. Paola Celletti: Io voto NO
6. Tommaso Felicetti: Perche' votare No al referendum del 20 e 21 settembre
7. Vincenzo Iacovissi: Perche' votare NO al referendum
8. Enrico Peyretti: Ragionando sul referendum nel Centro studi "Sereno Regis" di Torino
9. Alessandro Cappelli intervista Mara Lapia
10. Associazione nazionale partigiani d'Italia: Perche' votiamo NO al referendum del 20-21 settembre
11. Segnalazioni librarie
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. GIOVEDI' 17 SETTEMBRE IN PIAZZA DELLE ERBE A VITERBO PER IL NO

Promossa dal "Comitato per il NO al taglio del parlamento" si svolgera' giovedi' 17 settembre dalle ore 18 alle ore 20 in piazza delle erbe a Viterbo la manifestazione unitaria conclusiva della campagna d'informazione, documentazione e coscientizzazione per il NO nel referendum del 20-21 settembre 2020.
All'iniziativa partecipa anche il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo.
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NO alla mutilazione del parlamento.
NO alla mutilazione della democrazia.
NO alla mutilazione dello stato di diritto fondato sulla separazione e il controllo dei poteri.
NO alla mutilazione dell'eguaglianza di diritti di tutte le cittadine e tutti i cittadini.
NO alla mutilazione della Costituzione repubblicana, democratica ed antifascista.
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NO all'antiparlamentarismo.
NO al fascismo.
NO alla barbarie.
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Per le ragioni espresse dalle donne che lottano contro la violenza alle donne, noi votiamo NO.
Per le ragioni espresse dall'Associazione nazionale partigiani d'Italia, noi votiamo NO.
Per le ragioni espresse da illustri costituzionaliste e costituzionalisti, noi votiamo NO.
Per le ragioni espresse da una prestigiosa associazione di magistrati, noi votiamo NO.
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Votando NO difendiamo l'ordinamento democratico e costituzionale.
Votando NO difendiamo la democrazia.
Votando NO difendiamo la dignita' e i diritti di tutte e di tutti ed il bene comune.
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Per le stesse ragioni per cui ci opponiamo alla guerra e a tutte le uccisioni, il 20-21 settembre noi votiamo NO.
Per le stesse ragioni per cui ci opponiamo al razzismo e a tutte le persecuzioni, il 20-21 settembre noi votiamo NO.
Per le stesse ragioni per cui ci opponiamo al maschilismo e a tutte le oppressioni, il 20-21 settembre noi votiamo NO.
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Domenica e lunedi' votiamo NO al regime della corruzione.
Domenica e lunedi' votiamo NO al golpe oligarchico.
Domenica e lunedi' votiamo NO al tentativo d'imporre l'incontrastato dominio dell'abuso e dell'arbitrio dei ricchi e dei potenti.
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Oppresse e oppressi, unitevi nell'impegno comune per il bene comune.
Oppresse e oppressi, unitevi nel NO alla menzogna, alla frode, alla violenza degli sfruttatori e degli oppressori.

2. DOCUMENTAZIONE. MARCO BENTIVOGLI: PER IL NO
[Dal sito www.ilfoglio.it riprendiamo questo intervento del 14 agosto 2020 col titolo "Noi per il No perderemo, ma meglio la sconfitta che una falsa vittoria" e il sommario "La sinistra italiana galleggia, insegue i populisti per cinismo anche sulla riduzione dei parlamentari. Finira' male"]

Per anni nelle fabbriche ho lottato contro i postumi dei troppi fondi di bottiglia non smaltiti dello stalinismo, sostenendo che le idee diverse bisogna imparare a definirle semplicemente "diverse" e che bisogna imparare piuttosto ad argomentare le proprie riuscendo ad esprimere in maniera articolata la contrarieta' alle idee altrui. Dunque non intendo fare l'errore di "etichettare" chi la pensa diversamente da me.
Tranne in un caso. Questo: "Non lasciare l'argomento della riduzione dei parlamentari ai populisti". Ecco. Questa espressione non sta in piedi. Ricorda chi ironicamente diceva: non lasciamo il monopolio del razzismo ai fascisti.
A parte battute e paradossi, se usciamo dalla bolla, tra le persone c'e' solo una cosa chiara: la confusione. E lasciare le cose sbagliate all'egemonia populista aiuta la chiarezza che nelle convergenze, sempre meno parallele, necessarie comunque all'azione di governo, si e' un po' smarrita.
E un primo passo e' proprio iniziare a lasciare il monopolio delle fesserie o delle idee sbagliate a chi ci ha costruito il proprio dna, a chi non vede scandalo nella mistificazione della verita', a chi ha un'idea della democrazia profondamente diversa dalla mia.
Siamo passati dalla celebre "di sconfitta in sconfitta verso la vittoria finale" ad aggrapparci alle vittorie altrui, per paura di perdere, anche quando negano ogni coerenza.
Zingaretti ha ragione: "senza legge elettorale e riforma organica della Costituzione" la riduzione dei parlamentari e' un pericolo per la democrazia. Bene, il Pd ha votato 3 volte No e 1 si' a patto che si facessero legge elettorale e riforma organica.
L'efficienza del Parlamento e la sua funzionalita', specie al Senato, peggiora con la riduzione dei parlamentari. Questo obiettivo si raggiungerebbe solo superando il bicameralismo paritario. Usare l'Inps, l'Anpal, fare le nomine delle autority di garanzia, dare meno rappresentativita' al Parlamento corrisponde al messaggio che "i politici non servono, potremmo sorteggiarli". Scusate, chiamatela come volete ma non e' altro che la pericolosa prosecuzione dell'opera di derisione della democrazia rappresentativa iniziata da decenni.
Il referendum sara' vinto da chi vuole la riduzione dei parlamentari, e proseguira' l'opera in cui troppi politici, anche mossi da buone intenzioni, continuano a segare il ramo buono dove sono seduti. Sono certo della sconfitta di chi votera' No come me. Ma sono ancor piu' convinto che chi vuole la riscossa del paese ha bisogno di sconfitte vere per avere un domani vittorie vere.
In tutto il mondo la sinistra fa i conti al suo interno per esternalizzare le enclave populiste che si erano annidate al loro interno. In Italia si inventano favole sui valori comuni. Qualcuno addirittura trova dignita' keynesiana (perche' ne ha letto un bignami mal riuscito) nella statalizzazione e nelle mance a pioggia. Il politico che galleggia e insegue il quotidiano non serve neanche piu' a se stesso.
Credo che le forze politiche, la politica debba aiutare anche convergenze, contagi tra forze politiche. Ma mettere insieme ceto e cinismo quotidiano produce alchimie note a tutti gli apprendisti stregoni.
Avete ragione, si vince se si e' tiepidi sull'obbligatorieta' dei vaccini, le assunzioni degli insegnanti senza concorso, se si tollera un po' di lavoro nero, di evasione fiscale, di furbate varie, su assistenzialismo, statalismo e sussidi. Se si e' cauti a dire ad un terrapiattista che e' un demente. Se si promette a chi e' in un'azienda in crisi di essere comprati dallo Stato. E' vero, le persone preferiscono essere ingannate un po'. Ma si vince il fallimento di un paese.
L'ultima campana per far diventare finalmente questa folla furba un popolo responsabile e una nazione, ' suonata. Allora il referendum lo perdo volentieri. Spero pero' di confrontarmi con argomenti avversi e non con i piccoli Berija di partito che per ragione di corrente (neanche di partito) cambiano idea tra il pranzo e la cena e nel frangente trattano tutti gli altri come traditori. Anche perche', quelli che inseguite sono stupiti ormai di cotanta disciplina e alcuni addirittura: "avevamo proposto questa fesseria e ci vengono anche dietro, a questo punto perche' fermarsi?". Dall'egemonia culturale di Gramsci siamo approdati a Zelig.
Ho un'altra proposta: mettiamo insieme l'Italia che si e' stufata dei furbi e dei cinici, di sconti e scorciatoie con i propri doveri e vuole iniziare a fare sul serio, costi quel che costi.

3. LE GLOSSE SCORTESI. PEPPE SINI: UNA POSTILLA AL TESTO CHE PRECEDE. POSSIAMO VINCERE, DOBBIAMO VINCERE

Non so perche' tante brave persone che giustamente voteranno NO al referendum sentono il bisogno di dichiarare che sono convinte di perdere.
So che quando si lotta, e si lotta su una questione cruciale, si deve lottare per vincere.
Il 20 e 21 settembre possiamo vincere.
Il 20 e 21 settembre dobbiamo vincere.
Lasciamo il pessimismo per tempi migliori.
Adesso tutte e tutti a votare NO.
Adesso tutte e tutti a spiegare a parenti ed amici, a colleghi e compagni, che occorre votare NO e sconfiggere per la terza volta - come gia' facemmo nel 2006 e nel 2016 - il piano golpista della P2.
NO all'antiparlamentarsmo, NO al fascismo, NO alla barbarie.

4. DOCUMENTAZIONE. MARCO BRANDO: VOTERO' NO. E HO DIECI RAGIONI VALIDE PER FARLO
[Dal sito www.ilfattoquotidiano.it col titolo "Taglio dei parlamentari, al referendum votero' No. E ho dieci ragioni valide per farlo"]

Prima di esprimere il mio punto di vista a proposito dell'imminente referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, voglio fare una premessa. L'abitudine italica a considerare nemici e poco di buono coloro che la pensano diversamente ha superato da tempo il limite di guardia. Lo dimostra anche una parte del dibattito intorno al referendum: mi riferisco non solo alle sempre piu' frequenti scazzottate sui social, ma anche ai commenti sui media da parte di autorevoli firme. Capisco che sia difficile resistere all'istinto della rissa, rinfocolato per scelta politica negli ultimi anni, pero' la democrazia dovrebbe basarsi anche (e forse soprattutto) sulla tolleranza. Detto questo, in occasione del referendum - nel rispetto di (opinabili) valori in cui mi riconosco - votero' "No" al taglio. Ecco il mio personalissimo decalogo.
1. Votero' "No" perche' credo che il popolo italiano, tanto piu' in questa fase segnata dal potere sempre maggiore dei vertici dei partiti (o di piattaforme che coincidono con i vertici), debba essere molto rappresentato in Parlamento, con tutte le sue sfaccettature. Riducendo l'attuale numero dei parlamentari da 945 a 600, per un totale di 400 deputati (oggi sono 630) e di 200 senatori (al momento sono 315), si riduce questa rappresentanza: 153.685 sono i cittadini che ogni deputato rappresenterebbe in media, neonati compresi; mentre ogni senatore ne rappresenterebbe 301.223. Il testo originario della Costituzione, nata dall'antifascismo, prevedeva un deputato ogni 80.000 abitanti (o frazioni superiori a 40.000) e un senatore ogni 200.000 abitanti (o frazioni superiori a 100.000).
2. Il fatto che nel mondo ci siano Paesi democratici con un rapporto minore rispetto al nostro tra cittadini e parlamentari (cosi' come ce ne sono con un rapporto maggiore) non mi interessa; non stiamo parlando di tasso di inquinamento ma di tasso di democrazia. Resto convinto del fatto che la previsione fatta dai padri della Costituzione rispondesse allora, come oggi, alle esigenze dell'Italia, con la sua storia e le sue caratteristiche.
3. La motivazione del "Si'" al taglio basata sui soldi che verrebbero risparmiati appare inconsistente. Le casse dello Stato, considerando una minore spesa di 81,6 milioni di euro l'anno, risparmierebbero soltanto lo 0,01%. Credo che la tutela della rappresentanza valga il costo annuale di un cappuccino per ciascuno di noi. Se proprio si vuole risparmiare, si taglino le spese oggi sostenute dallo Stato per ogni parlamentare, senza diminuire il numero degli eletti.
4. Un calo della rappresentanza democratica – oltretutto in mancanza di riforme elettorali che accompagnino questa riduzione – affida alle alte sfere dei partiti piu' potere nella selezione ( quella dei parlamentari succubi dei vertici) e nella deselezione (di coloro che sono considerati insubordinati e scomodi). Questi partiti sono gli stessi in balia, da anni, di una deriva leaderistica, che cavalca strumentalmente gli umori della gente, depotenzia la vita politica e aumenta la crisi delle idee nella sfera pubblica. Occorre contrastare questa deriva.
5. La maggior parte di chi votera' "Si'" al taglio lo fara' sull'onda di un sentimento di rivalsa (ampiamente coltivato – guarda caso – da certi leader) nei confronti dei parlamentari, giudicati parassiti nullafacenti e spesso corrotti; se davvero cosi' fosse, una loro riduzione percentualmente non altererebbe questa presunta vocazione, semmai favorirebbe gli opportunisti, capaci di adeguarsi alle aspettative di chi seleziona le candidature, salvo "tradire" in seguito. E' dunque, secondo me, preferibile una maggiore rappresentanza.
6. Una riduzione dei parlamentari non favorirebbe comunque la loro selezione. Per fare un esempio concreto, prendiamo il partito attualmente piu' rappresentato in Parlamento, il Movimento 5 stelle, che e' anche il portabandiera del taglio. I suoi leader si vantano di avere adottato il sistema piu' trasparente ed efficace nella selezione dei propri deputati e senatori. Eppure tra espulsioni e uscite, nel giugno scorso aveva gia' perso per strada 42 parlamentari su 343 eletti nel 2018; cioe', circa il 13 per cento in due anni. Un eventuale numero ridotto di persone eleggibili - vista la difficolta' nel selezionare i papabili - non avrebbe diminuito le percentuali dell'esodo e le sue conseguenze sulla stabilita' dei rapporti di forza, perche' il problema non sta nel numero di parlamentari ma nella debolezza e nella friabilita' dei partiti.
7. La riduzione dei parlamentari non appare connessa a una visione di riforma organica. Lo slogan principale di chi ne ha fatto una bandiera populista (legata all'esigenza di "mantenere le promesse", rispondendo a un pregiudizio vendicativo diffuso nei confronti dei parlamentari) e' "bisogna tagliare le poltrone". Perche'? Per far cosa? Mistero. Il presupposto da cui e' nato il taglio e' questo: un posto in Parlamento e' una poltrona dalla quale gli eletti traggono spesso vantaggi personali, quindi la politica non puo' essere considerata una professione nobile, indispensabile per far funzionare una democrazia liberale. Con questa logica, si smonta la credibilita' complessiva del Parlamento, anche se fosse composto – tanto per fare fantapolitica – soltanto da tre senatori e da tre deputati; mentre si coltiva il mito del leader illuminato solo al comando (mito smentito dalla storia dei totalitarismi).
8. Parlare di taglio di parlamentari si puo', non e' un tabu'; pero' e' indispensabile anche sapere in base a quale concezione del sistema democratico parlamentare se ne parla. Se lo si fa per migliorare il sistema e' un conto; se si tratta soltanto di "tagliare poltrone" per dare un senso alle promesse populiste dei leaderoni e leaderini di turno, il giudizio, dal mio punto di vista, e' negativo.
9. Questa visione anti-parlamentare viene proposta in un periodo storico in cui si tende a trasformare il Parlamento in un "votificio", troppo spesso chiamato a rapporto – non soltanto in Italia – esclusivamente per dire "Si'" o "No" ai decreti del governo di turno; per il resto, sembra considerato un freno fastidioso per l'attivita' dell'esecutivo. Mi pare un'ottima ragione per non indebolire Camera e Senato.
10. In sintesi, preferisco pagare il costo – che non e' un spreco – di una rappresentanza democratica forte in Parlamento, piuttosto che votare a favore di un taglio che e' stato preteso soltanto per questioni propagandistiche.

5. RIFLESSIONE. PAOLA CELLETTI: IO VOTO NO
[Riceviamo e diffondiamo]

La riforma sulla riduzione  dei parlamentari , giustificata dalla tesi populistica dei risparmi di spesa (peraltro irrisori), avra', a mio giudizio, ben altra portata ed effetti sul nostro ordinamento; comportera' una drastica riduzione della rappresentanza e pertanto un serio rischio per la democrazia.
Ritengo inaccettabile parlare di tagli alla spesa diminuendo il numero dei parlamentari; il parlamento e' lo strumento atto ad esprimere la massima espressione della democrazia e il taglio lineare previsto dalla legge, invece, renderebbe  quasi impossibile ai soggetti minoritari avere una partecipazione alla vita politica del Paese.
Ancor piu' grave e' il vulnus alla democrazia se mettiamo a raffronto la portata di questa riforma con il testo-base della nuova legge elettorale gia' votata in Commissione Affari Costituzionali della Camera il 10 settembre 2019, che prevede lo sbarramento al 5% e niente preferenze ma liste bloccate.
Paradossalmente, dopo aver fatto fuori le minoranze con il taglio dei parlamentari, il risultato del combinato disposto con la nuova legge elettorale sarebbe quello di trovarsi un Parlamento ancor piu' composto da nominati, in questo caso di partiti maggioritari, cioe' quelli che fino ad oggi hanno governato questo paese portando avanti la stessa identica politica neoliberista.
Si tratta di un vero e proprio tradimento della Costituzione e del suo principio cardine, quello della partecipazione e diritto del popolo a scegliersi i propri rappresentanti.
In un paese che investe oltre 26 miliardi all'anno in spese militari, che ha un'evasione fiscale di oltre 100 miliardi l'anno, che eroga stipendi milionari non solo a parlamentari ma anche a manager pubblici (basta vedere quelli della RAI), pensare di far cassa in questo modo e' semplicemente ridicolo.
D'altra parte non e' una novita', abbiamo gia' assistito ad altre riforme della Costituzione che andavano in questa direzione, come la riforma del Titolo V e il pareggio di bilancio.
In tempi in cui la vera legge che impera e' quella del mercato, attraverso l'illusione dei tagli alla spesa pubblica vengono ridotti i diritti dei cittadini, perche' le lobby capitalistiche hanno bisogno di indebolire le istituzioni e di avere governi manipolabili.
Il numero dei parlamentari italiani rapportato agli abitanti oggi e' perfettamente in linea con quelli europei. Se passasse la riforma saremo il paese che ha meno rappresentanti del popolo in tutta Europa e sarebbe un triste primato.
Questa non e' una  riforma contro il sistema, basta considerare il consenso che ha  ricevuto per capirlo: oltre il 90% degli attuali partiti hanno votato a favore.
La vera legge anticasta sarebbe  una nuova legge elettorale che  reintroduca le preferenze e restituisca al popolo la possibilita' di scegliere i propri rappresentanti con un sistema proporzionale senza sbarramenti.
La nostra bellissima Costituzione non va cambiata, va applicata!
Per questo io voto NO!

6. DOCUMENTAZIONE. TOMMASO FELICETTI: PERCHE0 VOTARE NO AL REFERENDUM DEL 20 E 21 SETTEMBRE
[Dalla "Gazzetta di Bologna" col titolo "Perche' votare No al referendum del 20 e 21 settembre" e il sottotitolo "Per Giuseppe Tesauro, presidente emerito della Corte Costituzionale: La riduzione dei parlamentari e' uno slogan elettorale, un'offesa ai valori della democrazia"]

"A dire di No si fa sempre in tempo", dice un detto popolare. Bene, questo tempo e' arrivato, ovvero il prossimo 20 (e 21) settembre al referendum costituzionale che prevede il taglio di un terzo del numero parlamentari alla Camera e al Senato. In soldoni, il taglio porterebbe i deputati a 400 e i senatori a 200 anziche' gli attuali 630 e 315. E' un voto che chiede, dunque, di modificare gli articoli della Costituzione in cui vengono decisi quanti devono essere in parlamento i nostri rappresentanti. Ma perche' tagliarli? Il Movimento 5 stelle, in prima fila per il Si' alla riforma, parla di un grosso risparmio economico, ma che in realta' sarebbe pari a 100 milioni di euro l'anno (circa un caffe' al giorno per ogni italiano). Briciole. La riforma e' per lo piu' bandiera del populismo e dello slogan "Mandiamoli a casa". Ma chi si manderebbe a casa votando Si'? I nostri rappresentanti. In poche parole, le nostre idee.
Oggi ci sono un deputato ogni 96mila abitanti e un senatore ogni 188mila abitanti. Con il taglio ci sarebbe un deputato ogni 151mila abitanti e un senatore ogni 302mila. Dopo la riforma diminuirebbe sensibilmente il numero di rappresentanti per abitante. Esempio: la Calabria avrebbe meno 40 per cento dei suoi rappresentanti (da 10 a 6 senatori). L'Abruzzo avrebbe 4 senatori invece che 7. La Basilicata passerebbe a 3 senatori invece che 7. Il Trentino, pero', perderebbe solo un seggio. E questa differenza aumenterebbe la disparita' di rappresentanza da regione a regione. Se la domanda fosse posta in altri termini: vorreste voi eliminare una possibile vostra rappresentanza in parlamento? Probabilmente direste gia' di No. Ma, furbamente, la domanda sul referendum e' posta diversamente: vorreste eliminare un terzo del Parlamento? A pelle, la prima risposta sarebbe: "Si', magari. Mandiamoli a casa questi privilegiati".
I parlamentari sono dei privilegiati, e' vero. Ma lo sono perche' sono alti i loro stipendi e i loro privilegi. Non perche' sono tanti. Sono tanti perche' piu' sono piu' rappresentano ognuno di noi. Questa e' democrazia. Tagliare il numero dei nostri rappresentanti vuol dire tagliare la democrazia. Non sarebbe meglio se tutti noi fossimo rappresentati da parlamentari piu' onesti? Il taglio del numero dei senatori e dei deputati non e' conseguenza di una qualita' maggiore. Votare Si' significa tagliare parte della nostra rappresentanza. Ecco perche' votare No difende le nostre idee e la democrazia.
Un taglio dei parlamentari poteva essere ragionevole se, pero', fosse stata fatta prima una legge che avesse modificato "il funzionamento delle nostre istituzioni", come sottolinea Romano Prodi che per questo motivo e' per il No a questa riforma. Cosi' come Matteo Rossini del comitato per il No di Bologna che, come si legge su "Repubblica", si richiama all'eredita' di Umberto Terracini per sottolineare che "il popolo italiano e' chiamato a difendere la sovranita' del Parlamento, cosi' come e' stata concepita dai padri costituenti". Per Giuseppe Tesauro, presidente emerito della Corte Costituzionale: "La riduzione dei parlamentari e' uno slogan elettorale, un'offesa ai valori della democrazia". E, aggiungo io, un'offesa al popolo che arriva proprio da quel populismo che continua a "“rigirare" il popolo con i suoi slogan.

7. DOCUMENTAZIONE. VINCENZO IACOVISSI: PERCHE' VOTARE NO AL REFERENDUM
[Dal sito www.avantionline.it]

L'ho fatto come studioso e appassionato del diritto costituzionale italiano e comparato. Ho deciso di schierarmi anche in questa veste per amore di verita' rispetto alle diverse inesattezze tecniche pronunciate da alcuni promotori del Si'.
Non e' vero, infatti, che questa sia una riforma storica perche' si limita, esclusivamente, ad un taglio lineare di deputati e senatori, senza incidere in alcun modo sui meccanismi decisionali della nostra democrazia e lasciando invariato l'intero assetto di rapporti tra gli organi costituzionali.
Non cambia il bicameralismo paritario, non muta la "doppia fiducia" delle Camere verso il Governo, non si snellisce il procedimento legislativo, non viene contenuto l'abuso della decretazione d'urgenza, della questione di fiducia e dei maxiemendamenti, non si rafforzano i poteri di controllo del Parlamento verso il Governo e i poteri d'intervento nel processo legislativo del Governo, non si riscrivono le competenze tra Stato e regioni, non viene introdotto lo stato d'emergenza, solo per fare alcuni esempi. Tutti aspetti di cui si discute da almeno quaranta anni e che, purtroppo, non hanno mai prodotto risultati concreti.
Nell'ambito degli svariati tentativi di riforma costituzionale falliti, dalla Commissione Bozzi del 1983 fino ad oggi, sono state certamente previste riduzioni della composizione delle Camere e in taluni casi anche una diversa modalita' di elezione di ciascuna di esse proprio per accrescere il differente ruolo assegnato ad un ramo rispetto ad un altro. Ma mai si e' parlato di tagliare la rappresentanza parlamentare sic et simpliciter, senza un disegno piu' o meno organico di revisione dell'assetto istituzionale in vigore.
Pertanto, quando ho letto che era stata scomodata per esigenze di propaganda addirittura la memoria di una delle migliori Presidenti d'assemblea parlamentare della nostra storia, l'on. Nilde Iotti, ho pensato che si stesse passando il segno, perche', come e' di tutta evidenza a chi abbia almeno sfogliato un resoconto parlamentare ovvero un testo di storia costituzionale italiana, mai la Iotti ha ipotizzato un taglio dei parlamentari svincolato da altre riforme complessive del sistema. Ed e' doveroso precisarlo per amore di verita' costituzionale.
La campagna referendaria avra' il proprio svolgimento e il proprio esito, e legittimamente ognuno produrra' i propri argomenti a favore o contro la riforma proposta. Ma i cittadini hanno il diritto di conoscere con esattezza su cosa dovranno pronunciarsi il 20 e 21 settembre: il taglio di deputati e senatori. Stop. I presunti correttivi, legge elettorale e regolamenti parlamentari verranno dopo quel voto, e non e' detto che risolvano i problemi di rappresentativita' politica territoriale che l'eventuale riduzione comportera'. Tutto per realizzare un risparmio di 96 centesimi di euro all'anno per cittadino. Meno di un caffe'. La democrazia puo' valere meno di un caffe'? Agli elettori l'ardua sentenza.
Per queste motivazioni, anche da studioso e appassionato della materia, votero' convintamente NO al referendum.

8. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: RAGIONANDO SUL REFERENDUM NEL CENTRO STUDI "SERENO REGIS" DI TORINO
[Riceviamo e diffondiamo]

Dal dibattito sul referendum al Centro studi "Sereno Regis" di Torino (registrato in www.serenoregis.org).
- La percentuale di parlamentari ogni 100.000 abitanti, facendo Italia = 1, risulta (se ho preso bene gli appunti): Gran Bretagna 1; Francia e Germania 0,9; Austria 2,1; Spagna 0,8. Se passa la riforma l'Italia avra' 0,7, meno di tutti.
- Mito del Parlamento come efficienza piu' che dialogo e confronto di argomenti e ragioni. Il mito della "governabilita'" sopra tutto riduce la rappresentanza. Parlamemto e' "parlare" piu' che "decisionismo": e' anzitutto confronto di idee e ragioni, perche' le decisioni abbiano un senso. Invece, chi riduce rappresentanza e dibattito lo vede come lotta di numeri, di forza, non di ragioni tese a comporre insieme il bene comune.
- I partiti dovrebbero rappresentare progetti politici, in base a idee della societa', a valori, a orientamenti ideali, da confrontare nel Parlamento.
- Anche il progetto di abolire l'art. 67 (non vincolo di mandato) significa vedere il parlamento come lotta di squadre, non di idee e ragioni. Cambiare idea puo' essere un basso commercio, ma puo' essere avere una idea nuova, correggere l'idea precedente, e ogni persona ha diritto di ripensare meglio. Inoltre, il parlamentare rappresenta la Nazione, gli elettori, non il partito: non e' uno strumento di questo.
- La riduzione del numero di parlamentari rischia di ridurre la stessa efficienza dei lavori: le molte commissioni (che lavorano anche in sede deliberante, sostituendo l'intero Parlamento) non sarebbero rappresentative di tutte la parti in proporzione. Dunque, anche cosi' la rappresentativita', che e' il valore del Parlamento, viene ridotta.
- Questa riforma, come altre (giustamente respinte), accresce l'invadenza del governo sul Parlamento; dell'esecutivo sul legislativo. Riducono la sovranita' del popolo (art. 1 Cost.) mentre spacciano una ingannevole ideologia populista.
- C'e' chi vota si' per salvare questo governo (la riforma e' voluta dai 5stelle) ma non vede che nel Parlamento ridotto chi prende una maggioranza consistente (e' possibile le destre, che hanno una cultura anti-costituzionale) puo' cambiare in punti gravi la Costituzione, senza referendum oppositivo.

9. DOCUMENTAZIONE. ALESSANDRO CAPPELLI INTERVISTA MARA LAPIA
[Dal sito www.linkiesta.it col titolo "Grillini per il No. Il referendum non e' un taglio alla casta ma una riduzione della rappresentanza, dice una deputata Cinquestelle" e il sommario "L'esponente sarda del Movimento, Mara Lapia, annuncia il suo voto contrario alla riduzione pura e semplice dei parlamentari. Il dissenso, all'interno del partito, e' in crescita anche se l'esito del referendum appare al momento scontato"]

"Chi si schiera per il No ha molti argomenti per motivare la sua posizione, ad esempio perche' non vuole accettare un taglio alla democrazia". Lo dice a Linkiesta Mara Lapia, deputata sarda del Movimento cinque stelle, che si e' dichiarata apertamente dalla parte del No al referendum del 20 e 21 settembre sul taglio dei parlamentari.
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- Alessandro Cappelli: Deputata Lapia, lei e' per il No al referendum, perche'?
- Mara Lapia: Il mio no, in controtendenza rispetto al mio movimento che peraltro ha sempre parlato di taglio ai costi della politica, non certo di taglio dei parlamentari, e non ha mai portato la questione al voto dei militanti, si basa essenzialmente su motivazioni di carattere giuridico. Da giurista, e da convinta assertrice della stringente attualita' della nostra Costituzione, non posso concepire che venga meno la rappresentanza popolare in seno ai due rami del Parlamento italiano. Se dovesse vincere il Si', i  deputati diminuirebbero da 630 a 400, i senatori da 315 a 200, esclusi i senatori a vita. Il Parlamento passerebbe cosi' da 945 a 600 membri, piu' i senatori a vita. Il taglio, che viene indicato come soluzione ai problemi di un apparato considerato costoso, non riuscirebbe a compensare in alcun modo il vulnus alla rappresentanza che per la nostra regione, la Sardegna, ma non solo, sarebbe importante se non devastante. Si rischia l'accorpamento tra regioni e io non posso accettare che la Sardegna, che gia' e' accorpata alla Sicilia alle europee, abbia meno rappresentanti del Trentino.
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- Alessandro Cappelli: Come avrebbe modificato la riforma per renderla accettabile?
- Mara Lapia: Non certo tagliando il numero dei parlamentari: ogni riforma deve passare per una riflessione attenta che non pregiudichi il diritto del popolo ad essere rappresentato. Ebbene, questa riflessione non solo non e' stata fatta ma non si e' neanche pensato di metter mano ad una nuova legge elettorale che, seppure seguendo due canali diversi – da un parte l'iter previsto per l'approvazione delle leggi costituzionali, dall'altra si tratta di una legge ordinaria – avrebbe potuto ridurre i danni. Se si altera in modo non equilibrato l'assetto parlamentare un'eventuale nuova riforma elettorale potrebbe di fatto scardinare la democrazia. Se si vogliono tagliare i costi della politica allora si pensi a tagliare l'appannaggio di deputati e senatori ma anche ai ministri, molti dei quali sommano all'indennita' ministeriale quella parlamentare, e ai loro esosi collaboratori. I risparmi ci sarebbero comunque ma non a scapito della rappresentanza.
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- Alessandro Cappelli: I parlamentari contrari alla riforma sono attaccati alle poltrone?
- Mara Lapia: Quelli che dicono No oggi sono quelli che motivano in maniera argomentata la loro posizione perche' hanno studiato a fondo la Costituzione e non accettano un taglio alla democrazia e non certo perche' sono attaccati alla poltrona. Io personalmente ho una professione che amo, faccio l'avvocato, e ne vado fiera. Non so, invece, se coloro i quali giustificano il loro Si' inveendo in maniera inconsulta contro ipotetici poltronari, uscendo da Montecitorio o Palazzo Madama abbiano un lavoro ad aspettarli.
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- Alessandro Cappelli: Chi sostiene il taglio dei parlamentari usa soprattutto due argomenti: risparmio economico ed efficienza del Parlamento. E' d'accordo su questo?
- Mara Lapia: La riforma e' diventata emblema nell'immaginario collettivo della guerra alla casta: il presupposto politico sui quali si fonda, tuttavia, si basa essenzialmente sul taglio della rappresentanza e della democrazia che e' cosa diversa rispetto al taglio dei costi della politica. Credo che la motivazione portata dal mio Movimento non sia realmente fondata. Innanzitutto perche' il risparmio effettivo sarebbe esiguo. Considerato il nuovo assetto, tra Camera e Senato i risparmi sarebbero, secondo l'Osservatorio dei conti pubblici di Cottarelli, sugli 80 milioni di euro all'anno. Ben poca cosa rispetto alla diminuzione dei rappresentanti del popolo che verrebbero a mancare ai territori, compresa la mia isola, la Sardegna, che da 25 parlamentari passerebbe a 16. Questo solo perche' si deve risparmiare lo 0,005 per cento e a fronte di una ipotizzato miglioramento dell'attivita' legislativa, che non e' detto ci sia, o di un ipotetico miglior controllo sull'esecutivo. Non credo che la qualita' dell'attivita' parlamentare sia in nessun modo legata al numero, al ribasso, dei rappresentanti del popolo. C'e' poi da dire che sono i parlamentari a portare nelle commissioni, dove si svolge il lavoro necessario all'iter legislativo, le istanze dei territori. Per cio' che riguarda la specificita' sarda ci sarebbe un dimezzamento dei nostri rappresentanti. E si perderebbe forza proprio nella difesa in aula e in commissione di queste istanze.
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- Alessandro Cappelli: Solo nelle ultime settimane alcuni esponenti del Movimento 5 stelle stanno dichiarando pubblicamente di essere per il No (a inizio agosto Linkiesta aveva sentito Andrea Colletti). Pensa che sia per colpa della scarsa rilevanza di questo referendum – che quindi attira l'attenzione solo in prossimita' del voto – o ci si sta rendendo conto che sostenere questo taglio dei parlamentari e' inutile?
- Mara Lapia: Io posso affermare con forza di non essere quella della ultima ora. Ho ribadito la mia posizione, subito dopo l'approvazione della legge, in un'intervista a Radio radicale sostenendo le mie ragioni e non nelle ultime settimane. Qualcuno si sta facendo forza adesso mentre qualcuno teme le ripercussioni. Se il Movimento ritiene di procedere con le espulsioni lo faccia ma io andro' avanti. Gia' e' stata una forzatura la legge sulla prescrizione, in attesa della riforma del processo penale che non e' mai stata fatta: io che ho studiato il diritto costituzionale ho paura degli effetti della Riforma e diro' No convintamente. Credo che questo timore stia iniziando a serpeggiare tra tanti miei colleghi, anche tra quelli che non si espongono per timore di sanzioni. Inoltre credo che l'attenzione degli italiani, che hanno mostrato di essere affezionati alla loro Costituzione, si stia risvegliando e che il tema del taglio dei parlamentari sia particolarmente sentito. Anche loro, i cittadini italiani, a differenza di chi sta portando avanti il Si' con una campagna demagogica, stanno capendo quanto la sconfitta del No possa essere deleteria per la nostra democrazia.
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- Alessandro Cappelli: Cosa le hanno detto dal partito, riguardo la sua posizione sul referendum?
- Mara Lapia: Nulla.
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- Alessandro Cappelli: Il Partito democratico sembra ancor piu' spaccato sul voto. E' possibile che questo referendum – magari unito al voto per le regionali – abbia conseguenze sul futuro dell'alleanza di governo?
- Mara Lapia: Credo che i partiti su questo argomento siano spaccati. Il Partito democratico e' stato costretto ad avallare questa consultazione ma sinceramente non so quale evoluzione potrebbe esserci nel caso di una sconfitta del Si'. Cio' che posso invece ribadire con forza e' che il timore di molti miei colleghi, anche di quelli che sostengono il governo, riguarda non tanto la tenuta del governo quanto il futuro della nostra democrazia.

10. REPETITA IUVANT. ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D'ITALIA: PERCHE' VOTIAMO NO AL REFERENDUM DEL 20-21 SETTEMBRE
[Dal sito dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia (www.anpi.it) riprendiamo il seguente vademecum per il referendum del 20-21 settembre 2020]

Associazione Nazionale Partigiani d'Italia: Perche' votiamo NO
Vademecum per il referendum del 20-21 settembre 2020
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Il 20 e 21 settembre si vota per il referendum confermativo della riforma costituzionale che riduce il numero di parlamentari; contemporaneamente si vota in sette Regioni, in piu' di mille Comuni per la tornata elettorale delle amministrative, per le elezioni suppletive nei collegi Sardegna 03 e Veneto 09 del Senato.
Con la riforma costituzionale il Parlamento passera' dagli attuali 630 deputati a 400 e dagli attuali 315 senatori a 200. E' un taglio di piu' del 36%.
La scelta di accorpare il referendum e il voto in una unica data per di piu' cosi' ravvicinata, immediatamente dopo il periodo festivo, rendera' impossibile fornire ai cittadini in campagna elettorale una adeguata informazione sul tema referendario, che e' molto importante perche' comporta una rilevante modifica della Costituzione.
Inevitabilmente tanti elettori, portati alle urne dalle contemporanee elezioni amministrative e regionali, saranno costretti a votare in modo frettoloso e superficiale, non avendo su fficienti elementi di conoscenza per giudicare se il taglio dei parlamentari proposto sia una scelta giusta, opportuna e ponderata, o meno.
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Dicono che in Europa l'Italia ha il numero piu' alto di parlamentari: non e' vero.
Dicono che si risparmieranno 500 milioni di euro a legislatura: non e' vero.
Dicono che ci sara' una maggiore efficienza del Parlamento: non e' vero.
Serve un Parlamento rappresentativo, forte e autorevole: e' una riforma scritta male.
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Dicono che in Europa l'Italia ha il numero piu' alto di parlamentari: non e' vero.
Fra i Paesi dell'Unione Europea l'Italia, rispetto al numero di abitanti, ha un numero di deputati molto basso, poco piu' di Francia, Olanda, Spagna e Germania, e meno, spesso molto meno di tutti gli altri Paesi.
[Per insormontabili difficolta' grafiche abbiamo qui omesso la riproduzione della tabella che puo' essere consultata nel sito www.anpi.it - ndr] Dal Dossier degli uffi ci studi di Camera e Senato. Con la riforma in Italia si avrebbe un deputato ogni 151.210 abitanti; diventerebbe il Paese Ue col minor numero di deputati per abitante (0.7 per 100.000). In altre parole diminuisce la rappresentanza.
In parole povere, con la riforma un deputato non rappresenterebbe piu' come prima in media 96.006 elettori, ma ben 151.210. Percio' per il deputato sara' molto piu' diffi cile rappresentare concretamente un numero cosi' elevato di cittadini. Questo e' il limite piu' grande della riforma, perche' colpisce la funzione piu' importante che dovrebbe avere il parlamento: la rappresentanza. Sara' poi piu' diffi cile, ed in alcuni casi impossibile, rappresentare adeguatamente le minoranze linguistiche e i partiti piu' piccoli. Inoltre tagliando cosi' i parlamentari potra' essere che in questa o quella regione siano eletti solo i candidati della maggioranza. Per questo la riforma e' l'ennesimo colpo ad un parlamento gia' duramente sminuito.
Nel corso degli ultimi decenni ci hanno raccontano che andava migliorata la governabilita' e per questo hanno umiliato la rappresentanza. Che vuol dire rappresentanza? Vuol dire agire su un mandato consapevole di altri, in loro nome. In questo caso, su mandato degli elettori. Che vuol dire governabilita'? Vuol dire garantire che il governo possa fare il suo lavoro a lungo e senza intoppi. In realta' per una presunta governabilita', hanno trascurato la rappresentanza. Infatti tanta gente non si sente rappresentata e non va piu' a votare. Con l'attuale legge elettorale di fatto l'elettore non decide chi eleggere, ma lo decide il capopartito o il capocorrente. E non e' vero che e' migliorata la governabilita'. Basti pensare alla crisi dell'ultimo governo ad agosto dell'anno scorso, quando il ministro dell'Interno ha deciso di far cadere il suo stesso governo. Che c'entra il parlamento?
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Dicono che si risparmieranno 500 milioni di euro a legislatura: non e' vero.
I tecnici aff ermano che la cifra esatta e' circa la meta', per l'esattezza 285 milioni di euro per legislatura, pari a 57 milioni all'anno. Si tratta dello 0,007 per cento della spesa pubblica. Una cifra insignificante.
Peraltro la riduzione dei costi come conseguenza della riduzione del numero di parlamentari e' un fatto del tutto marginale, perche' i costi di Camera e Senato sono determinati da moltissime voci e variano enormemente a parita' di numero dei parlamentari. Per esempio la Camera del Regno Unito costa molto meno di quella italiana a parita' di numero, mentre quella degli Stati Uniti costa di piu', nonostante il numero di rappresentanti (parlamentari) sia di 435, cioe' molto inferiore al numero attuale di deputati nel parlamento italiano.
Risparmiare e' giustissimo, e il primo a dare l'esempio dev'essere lo Stato. Ma un conto e' risparmiare, un altro conto e' tagliare a casaccio, senza criterio, solo per mettersi il fiore all'occhiello e dire "Abbiamo tagliato la casta!". Tutti i Paesi hanno dei costi per far funzionare le istituzioni. Ma i costi per far funzionare la democrazia sono degli investimenti perche' siano garantiti diritti e liberta'.
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Dicono che ci sara' una maggiore efficienza del Parlamento: non e' vero.
Dove sta scritto che avere meno parlamentari aumenti l'e fficienza? Ma in primo luogo che vuol dire e fficienza del Parlamento? Vuol dire maggiore capacita' di realizzare i suoi compiti. I compiti stabiliti con chiarezza dalla Costituzione sono tre: rappresentare i cittadini ("Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione"), legiferare ("La funzione legislativa e' esercitata collettivamente dalle due Camere"), controllare l'operato del governo in base a un rapporto fiduciario ("Il governo deve avere la fiducia delle due Camere"). Abbiamo gia' visto che la funzione di rappresentanza sara' fortemente svuotata. La funzione legislativa e' del tutto indipendente dal numero di parlamentari. Il controllo sull'operato del governo sara' presumibilmente meno e fficace, perche' un gruppo di parlamentari molto piu' ridotto sara' meno pluralista e piu' facilmente prono alle indicazioni del capogruppo.
Per di piu' diminuendo drasticamente il loro numero, in Aula e nelle Commissioni vi saranno meno parlamentari con competenze specifiche. Bisognera' comunque riscrivere i regolamenti delle Commissioni e dei gruppi parlamentari.
In sostanza a ffermare che con meno parlamentari aumentera' l'effi cienza e' un'aff ermazione non dimostrata in alcun modo, e percio' puramente propagandistica.
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Legge elettorale e elezione del Presidente della Repubblica: Scilla e Cariddi.
La riduzione del numero di parlamentari comporta necessariamente la modifica della legge elettorale.
Per salvaguardare in qualche modo la rappresentanza, ci vorrebbe una legge elettorale proporzionale che tuteli i piccoli partiti. Non c'e' ancora nulla.
Non solo: bisognera' cambiare ancora la Costituzione per l'elezione del Presidente della Repubblica. Infatti la Costituzione aff erma che "Il Presidente della Repubblica e' eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze". Ma se diminuisce di piu' di un terzo il numero dei parlamentari e si mantiene lo stesso numero di delegati regionali, si da' a questi ultimi un soverchiante potere di elezione a discapito di quello dei parlamentari. D'altra parte diminuendo il numero dei rappresentanti regionali, come necessario, c'e' il rischio di non assicurare la rappresentanza delle minoranze.
Un vero pasticcio che richiede una riformulazione dell'articolo della Costituzione per salvaguardare il potere del Parlamento senza punire le minoranze regionali.
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Chi non paga le tasse, chi ha sede fiscale all'estero: la vera casta.
La polemica contro i rappresentanti delle istituzioni come "la casta" e' inquietante. Ci sono i ricchissimi, che spesso le tasse non le pagano, o che hanno la sede fiscale all'estero. Ci sono grandi patrimoni che sembrano intoccabili. La vera casta. Ma su di loro, un muro di silenzio.
Diciamoci la verita': oggi, proprio quando i ricchi sono sempre piu' ricchi e i poveri sono sempre piu' poveri – basti pensare al dramma del virus – si difende un sistema che mantiene e aumenta le diseguaglianze, si difende una casta, quella vera. E si off ende e si umilia il parlamento, cioe' il cuore della rappresentanza politica, invece di restituirgli la sua funzione costituzionale.
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Serve un Parlamento rappresentativo, forte e autorevole: e' una riforma scritta male.
Questa riduzione del numero di parlamentari e' scritta male, senza alcuna seria motivazione e senza alcuna considerazione sulle conseguenze istituzionali. Non sembra progettata per migliorare il lavoro del Parlamento, ma per ridurne ancora le funzioni trasformandolo in uno strumento marginale della democrazia. Tanto minore e' il potere del Parlamento, tanto maggiore e' il potere del governo, cioe' dell'esecutivo. Ma oggi all'Italia serve proprio il contrario: una democrazia forte e' una democrazia che rappresenta fortemente i cittadini attraverso organismi autorevoli e riconosciuti a cui i cittadini rivolgono la loro fiducia. E' invece sulla sfiducia e sul qualunquismo che punta questa riforma: i continui attacchi al Parlamento – la "casta", le "poltrone" – rivelano un'avversione verso la democrazia rappresentativa molto pericolosa perche' puo' portare al successo dell'idea dell'uomo forte, idea che ha gia' portato una volta il Paese nel baratro.
Addio diritti!
Addio democrazia!
Non sprechiamo le conquiste di liberta' e democrazia donateci dalla Resistenza!
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Tagliare cosi' il numero dei parlamentari vuol dire tagliare il diritto di scegliere i nostri rappresentanti.
Noi votiamo NO.
Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
www.anpi.it - www.patriaindipendente.it

11. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Agota Kristof, Trilogia della citta' di K. (Il grande quaderno. La prova. La terza menzogna), Einaudi, Torino 1998, 2000, 2006, 2014, pp. IV + 384.
- Alan Sillitoe, Sabato sera, domenica mattina, Einaudi, Torino 1961, pp. 294.
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Riedizioni
- Jean Andreau, Raymond Descat, Gli schiavi nel mondo greco e romano, Il Mulino, Bologna 2009, Rcs, Milano 2020, pp. 240, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
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Maestre
- Armanda Guiducci, La mela e il serpente, Rizzoli, Milano 1974, 1988; pp. 312.
- Armanda Guiducci, Donna e serva, Rizzoli, Milano 1983, pp. 296.

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3864 del 16 settembre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
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