[Nonviolenza] Telegrammi. 3855



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3855 del 7 settembre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. "Selbstdenken". La sera di sabato 5 settembre a Cura di Vetralla si e' tenuto un incontro per il NO al referendum
2. Domenico Gallo: I numeri del referendum
3. "Area democratica per la giustizia": Il taglio dei parlamentari e' un vulnus per la democrazia
4. Alex Zanotelli: Digiuno di giustizia il 9 Settembre
5. Ancora una volta chiediamo
6. "L'Italia aderisca al Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari". Una lettera aperta alla Presidente del Senato e al Presidente della Camera
7. Per sostenere "A. Rivista anarchica", ricordando Paolo Finzi
8. Maria Grazia Giannichedda: Clima di restaurazione sulla riforma psichiatrica
9. Enrico Peyretti: Contro il culto dei caduti in guerra. Per il dialogo cristiano-islamico
10. Ancora un lamento del vecchio
11. Segnalazioni librarie
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. INCONTRI. "SELBSTDENKEN". LA SERA DI SABATO 5 SETTEMBRE A CURA DI VETRALLA SI E' TENUTO UN INCONTRO PER IL NO AL REFERENDUM

La sera di sabato 5 settembre 2020 a Cura di Vetralla (Vt) il responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo, Peppe Sini, ha tenuto una conversazione argomentando le ragioni del NO al referendum del 20-21 settembre.
In particolare il responsabile della struttura nonviolenta viterbese ha evidenziato come sia necessario opporre un fermo NO alla manomissione della Costituzione, un fermo NO alla mutilazione del parlamento, un fermo NO all'estromissione delle minoranze dalle istituzioni rappresentative, un fermo NO alla negazione della separazione e del controllo dei poteri, un fermo NO allo svuotamento della democrazia; un fermo NO all'antiparlamentarismo, un fermo NO al fascismo, un fermo NO alla barbarie.
Di seguito una sintesi degli argomenti svolti.
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No pasaran
Occorre opporre un fermo NO alla mutilazione del Parlamento finalizzata a ridurlo a uno zimbello nelle mani dei capibastone delle macchine politiche oligarchiche e a uno scendiletto del governo di insipienti e irresponsabili al servizio di burattinai avidi di potere, corruttori e totalitari.
Occorre opporre un fermo NO alla manomissione della Costituzione repubblicana: strozzare il Parlamento che e' l'unico dei tre poteri dello stato diretta espressione della sovranita' popolare significa far saltare l'equilibrio dell'ordinamento istituzionale e con esso la separazione e il controllo dei poteri, la democrazia e lo stato di diritto.
Occorre opporre un fermo NO alla palese volonta' di cancellare ogni possibilita' di rappresentanza istituzionale del movimento delle sfruttate e degli sfruttati, delle oppresse e degli oppressi: la riforma imposta da Conte, Salvini e Di Maio mira infatti a un parlamento in cui siano presenti solo i maggiordomi dei ricchi e dei potenti.
Occorre opporre un fermo NO alle manovre miranti ad imporre il ritorno all'assolutismo, alla sudditanza, alla schiavitu'.
Occorre opporre un fermo NO alla deriva dalla democrazia all'oligarchia, alla dittatura, alla barbarie.
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Heart of Darkness
I messeri che hanno imposto la scellerata riforma costituzionale a cui dobbiamo opporre un fermo NO, sono gli stesso gentiluomini di ventura che nell'anno in cui hanno governato insieme hanno commesso orribili e obbrobriose violazioni della Costituzione della Repubblica italiana, orribili e obbrobriose violazioni del diritto internazionale, orribili e obbrobriose violazioni dei diritti umani, fino ad arrivare al'infamia delle infamie di cercar di impedire che naufraghi in pericolo di morte venissero soccorsi, fino ad arrivare ad essere complici e finanziatori dei criminali poteri libici che imprigionano, torturano e fanno morire esseri umani innocenti nei lager.
I messeri che hanno imposto la scellerata riforma costituzionale a cui dobbiamo opporre un fermo NO, sono i ministri ed ex-ministri che hanno imposto e che mantengono in vigore antileggi hitleriane che fanno orrore all'umanita' intera.
I messeri che hanno imposto la scellerata riforma costituzionale a cui dobbiamo opporre un fermo NO, sono i ministri ed ex-ministri responsabili di crimini contro l'umanita', di omissione di soccorso, di persecuzioni razziste, dell'imposizione nel nostro paese di un regime di apartheid.
I messeri che hanno imposto la scellerata riforma costituzionale a cui dobbiamo opporre un fermo NO, sono i ministri ed ex-ministri che insistono nel volere imporre umiliazioni, violenze e addirittura deportazioni a esseri umani innocenti.
I messeri che hanno imposto la scellerata riforma costituzionale a cui dobbiamo opporre un fermo NO, sono i ministri ed ex-ministri mentitori sistematici, eversori dall'alto, tracotanti egoisti le cui mani sono sporche del sangue della strage degli innocenti in corso nel Mediterraneo.
Per i crimini razzisti commessi durante il loro governo in combutta per questi ministri ed ex-ministri le competenti magistrature dovrebbero disporre al termine di equi processi l'interdizione perpetua da tutti i pubblici uffici.
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La democrazia costa soldi, il fascismo solo sangue
La retorica dei soldi che restano nel portafogli, unico grottesco argomento dei sostenitori della sciagurata riforma costituzionale a cui occorre opporre un fermo NO, e' semplicemente ignobile e fraudolenta.
Ai governanti ed ex-governanti ladri e sperperatori diciamo: si risparmino i soldi pubblici tagliando le scellerate, colossali, mostruose spese per gli armamenti assassini.
Ai governanti ed ex-governanti ladri e sperperatori diciamo: si risparmino i soldi pubblici tagliando le abominevoli, gigantesche spese militari e facendo cessare la complicita' con organizzazioni terroriste come la Nato.
Ai governanti ed ex-governanti ladri e sperperatori diciamo: si risparmino i soldi pubblici tagliando gli scellerati sprechi del ceto politico e le infinite ruberie clientelari e nepotiste.
Ai governanti ed ex-governanti ladri e sperperatori diciamo: i costi della democrazia, i costi della legalita' che salva le vite, sono necessari e benedetti. L'ideologia e la retorica che pretendono di abolire la democrazia perche' e' costosa, sono un'ideologia e una retorica fasciste, il cui scopo e' instaurare la dittatura dei ricchi e dei violenti, dei rapinatori e degli abusatori.
La democrazia costa soldi, il fascismo solo sangue. Noi preferiamo la democrazia che salva le vite al fascismo che le vite sopprime.
NO all'antiparlamentarismo che e' l'anticamera del fascismo. NO al razzismo e al militarismo. No alla dittatura dei ricchi. NO a un regime in cui al posto delle leggi e della liberta' c'e' la dittatura del libretto degli assegni e del passo dell'oca.
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Rappelle-toi Barbara
Come hanno dimostrato 183 illustri costituzionalisti in un loro inconfutabile appello:
1) Occorre opporre un fermo NO a una riforma che "svilisce il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentativita'".
2) Occorre opporre un fermo NO a una riforma che "presuppone che la rappresentanza nazionale possa essere assorbita nella rappresentanza di altri organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, Consigli comunali, ecc.), contro ogni evidenza storica e contro la giurisprudenza della Corte costituzionale".
3) Occorre opporre un fermo NO a una riforma che "riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza di interi territori".
4) Occorre opporre un fermo NO a una riforma che "non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto".
5) Occorre opporre un fermo NO a una riforma che "appare ispirata da una logica 'punitiva' nei confronti dei parlamentari, confondendo la qualita' dei rappresentanti con il ruolo stesso dell'istituzione rappresentativa".
Come ha scritto l'Associazione nazionale partigiani d'Italia nel suo appello per il NO: "Non sprechiamo le conquiste di liberta' e democrazia donateci dalla Resistenza. Tagliare cosi' il numero dei parlamentari vuol dire tagliare il diritto di scegliere i nostri rappresentanti. Noi votiamo NO".
NO alla manomissione della Costituzione, NO alla mutilazione del parlamento, NO all'estromissione delle minoranze dalle istituzioni rappresentative, NO alla negazione della separazione e del controllo dei poteri, NO allo svuotamento della democrazia.
NO all'antiparlamentarismo, NO al fascismo, NO alla barbarie.
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Repetita iuvant
Come e' scritto nell'"appello nonviolento per il NO al referendum":
No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia' profondamente ferita a un regime sempre piu' antidemocratico ed eslege, sempre piu' protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all'antiparlamentarismo, che alla separazione e all'equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell'intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l'autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l'umanita'.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita' e virtu', che asservisce la societa' alla menzogna e alla violenza".
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Al fin della licenza
All'ascolto, alla scuola e alla sequela di Rosa Luxemburg e di Hannah Arendt, di Simone Weil e di Virginia Woolf, il 20-21 settembre votiamo NO.

2. DOCUMENTAZIONE. DOMENICO GALLO: I NUMERI DEL REFERENDUM
[Dal sito www.noaltagliodelparlamento.it RIPRENDIAMO QUESTO INTERVENTO DEL 4 SETTEMBRE 2020]

E' molto interessante la copertina del "Fatto quotidiano" di ieri (3 settembre). Sotto il titolo: questi votano No, vengono pubblicate le facce in formato gigante di politici di lungo corso, provenienti da storie diverse (uno dei quali sta scontando una condanna per corruzione) ma accomunati dal No al taglio del Parlamento.
Il concetto e': sono i mostri della vecchia politica che si oppongono, come meglio specificato nelle pagine interne, dove compare anche la foto di Di Maio che strappa con soddisfazione una fila di poltrone di carta per festeggiare la storica riforma voluta dai 5 Stelle.
Non ci scandalizza che l'organo di stampa della campagna per il Si' ricorra a questa scenografia. In realta' l'unico motivo che puo' spingere la gente ad approvare la riforma e' la profonda antipatia popolare verso il ceto dei "politici", percepiti come una casta a cui la riduzione dei seggi in Parlamento infligge una severa punizione.
Man mano che si sta sgretolando l'argomento del risparmio dei costi per il bilancio dello Stato, poiche' lo 0,007 per cento (calcolato dall'Osservatorio dei conti pubblici di Cottarelli) mette a nudo l'inconsistenza della motivazione formalmente posta a fondamento della riforma, l'unica strada per assicurarsi il consenso e' quella di soffiare sul fuoco dell'antipolitica. E' un gioco pericoloso perche' in fondo c'e' la delegittimazione delle istituzioni rappresentative, dal disprezzo del Parlamento si arriva facilmente alla richiesta dell'uomo forte.
Perche' si arrivi ad una scelta consapevole da parte del corpo elettorale occorre riportare il dibattito alla nuda concretezza dei dati reali. Poiche' la riforma ci parla di numeri e' dai numeri che bisogna partire.
A cominciare dall'Assemblea costituente, che non stabili' un numero fisso di seggi, ma indico' il rapporto ideale fra la popolazione ed i suoi rappresentanti in Parlamento, fissando questo rapporto in un seggio di Deputato ogni 80.000 abitanti ed un seggio di senatore ogni 200.000 abitanti.
Con la riforma costituzionale del 1963 il numero dei parlamentari venne cristallizzato in 630 Deputati e 315 Senatori. All'epoca il Senato prevedeva 237 seggi, questo numero fu giudicato insufficiente per assicurare la funzionalita' dell'istituzione, di qui la scelta di incrementare in modo significativo i seggi, mentre per la Camera, che all'epoca contava 590 seggi, l'incremento non di scostava dal rapporto previsto dall'Assemblea costituente.
Attualmente il rapporto fra abitanti e Parlamentari e' di un seggio di deputato ogni 96.000 abitanti ed un seggio di Senatore ogni 192.000 abitanti. Con la riforma avremo un Deputato ogni 151.000 abitanti ed un Senatore ogni 303.000 abitanti. Se si fa il raffronto fra il numero dei deputati e la popolazione negli Stati membri dell'Unione Europea, l'Italia, con un rapporto di 0,7 ogni centomila abitanti finisce all'ultimo posto, superando la Spagna, che prevede un seggio ogni 133.000 abitanti (0,8).
Gli inconvenienti della riforma si concentrano soprattutto sul Senato dove la distribuzione dei seggi in proporzione alla popolazione deve fare i conti col principio che l'elezione dei senatori avviene su base regionale.
Nel testo vigente della Costituzione, nessuna Regione puo' avere un numero di senatori inferiore a 7, tranne la Valle d'Aosta (1) ed il Molise (2). Con la riforma si stabilisce che nessuna Regione o Provincia autonoma puo' avere un numero di Senatori inferiori a tre.
La conseguenza sara' che l'Umbria e la Basilicata passano da 7 a 3 senatori, subendo una riduzione della rappresentanza del 57,1%.
Abbiamo visto che per eleggere un Senatore occorrono in media 303.000 abitanti per collegio, ma il voto non e' uguale per tutti. Grazie al privilegio concesso al Trentino Alto Adige (che subisce una riduzione della rappresentanza solo del 14,3%), il voto di un calabrese o di un sardo vale la meta' del voto di un abitante del Trentino-Alto Adige.
Infatti la Calabria con una popolazione di quasi due milioni di abitanti (1.959.050), elegge 6 senatori, quanti ne elegge il Trentino con una popolazione di circa un milione di abitanti (1.029.475). Per essere piu' precisi in Calabria occorrono 326.508 voti (in Sardegna 327.872) per eleggere un Senatore, mentre in Trentino ne bastano 171.579.
A questa situazione bisogna aggiungere gli effetti distorsivi che derivano dalla legge elettorale vigente (approvata proprio in vista della riforma costituzionale) che ha fissato in 3/8 il rapporto fra i collegi uninominali ed i seggi da eleggere nei collegi plurinominali.
Per effetto di questa legge i collegi uninominali al Senato passano da 116 a 74. Di conseguenza i nuovi collegi uninominali avranno una dimensione amplissima. Per ogni seggio la popolazione media sara' di circa 800.000 abitanti. Con delle significative differenze, in Friuli Venezia Giulia, l'unico collegio elettorale contiene una popolazione di 1.220.291 persone. In Abruzzo il collegio elettorale e' formato da 1.307.309 abitanti. In Calabria, essendovi 404 Comuni, ognuno due collegi uninominali dovra' comprendere circa 200 comuni.
I numeri nello loro incontrastabile oggettivita' smascherano la grande menzogna del taglio dei privilegi della casta, quando, al contrario, l'oggetto di questa drastica riduzione e' il diritto dei cittadini italiani ad essere rappresentati e a far giungere la loro voce in Parlamento.
Allontanando sempre di piu' i rappresentanti dai cittadini e dal territorio, si accrescera', anziche' diminuire, il senso di sfiducia nei confronti del Parlamento e della democrazia costituzionale, favorendo la deriva verso una democrazia illiberale sul modello dell'Ungheria o della Polonia.

3. REPETITA IUVANT. "AREA DEMOCRATICA PER LA GIUSTIZIA": IL TAGLIO DEI PARLAMENTARI E' UN VULNUS PER LA DEMOCRAZIA
[Dal sito www.noaltagliodelparlamento.it riprendiamo il seguente intervento del primo settembre 2020 dal titolo "Taglio dei parlamentari: un vulnus per la democrazia" e il sommario "Si rischia un Parlamento meno rappresentativo, meno efficiente, meno pluralista, perche' privo dei contributi di tanti territori e delle minoranze", apparso originariamente nel sito www.areadg.it]

A breve i cittadini italiani saranno chiamati a pronunciarsi con referendum confermativo sulla legge di revisione costituzionale dal titolo: "Modifiche agli artt. 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari". La legge n. 249/2019 prevede un drastico taglio, pari a 36,5%, dei componenti di Camera e Senato (che passano rispettivamente da 630 a 400 e da 315 a 200), fissa a cinque il numero dei senatori a vita, riduce da sei a quattro il numero dei senatori eleggibili nella Circoscrizione Estero, abbassa a tre il numero minimo di senatori assegnato ad ogni regione, con l'eccezione del Molise e della Valle d'Aosta per le quali il numero minimo di senatori e' fissato rispettivamente a due e ad uno, mentre le province autonome di Trento e Bolzano sono equiparate alle regioni e per esse il numero minimo e' fissato a tre per ciascuna provincia.
Si tratta di un referendum confermativo per il quale non e' previsto un quorum: a prescindere dalla partecipazione al voto, se dovessero prevalere i "si'", con le prossime elezioni le rappresentanze parlamentari saranno ridotte di oltre un terzo e cio' in assenza della riforma della legge elettorale.
Secondo i sostenitori della legge, questa dovrebbe portare tre risultati: allineare il numero dei nostri rappresentati in Parlamento alle medie degli altri Parlamenti, in particolare di quelli europei, sull'assunto che quello italiano sia eccessivo; ridurre i costi della politica; assicurare maggiore efficienza al nostro Parlamento. Ma molti autorevoli costituzionalisti hanno assunto posizioni fortemente critiche, osservando che si tratta di una riforma che non realizza gli obiettivi prefissati e rischia, invece, di produrre effetti distorsivi sulla qualita' della nostra democrazia. La riforma, comportando un taglio lineare di oltre un terzo dei parlamentari, non assicura un recupero di efficienza del Parlamento, specie in assenza di riforma dei Regolamenti parlamentari e delle procedure di approvazione delle leggi; determinera', invece, un sensibile rallentamento, se non la paralisi, del lavoro parlamentare e delle Commissioni, aggravandone l'inefficienza.
Quanto ai costi, affrontando il tema senza inseguire le spinte populiste dell'antipolitica, si deve riconoscere che la democrazia ha costi che occorre sostenere per assicurare il funzionamento delle istituzioni repubblicane da cui dipende la garanzia delle liberta' fondamentali, il cui valore non e' comparabile con il declamato risparmio. Sul quale, peraltro, nessuno e' stato in grado, finora, di fornire dati affidabili: i sostenitori della legge parlano di un risparmio di 500 milioni a legislatura; i detrattori lo stimano in 50 milioni o poco piu'. Nessuno e' in grado di fornire dati certi e verificabili. Quale che sia l'entita' del risparmio, esso non incidera' realmente sui costi del Parlamento. Il taglio ridurra' solo le indennita' di mandato, ma non le spese, certo piu' cospicue, di funzionamento delle camere; soprattutto non incidera' sui costi realmente inutili della politica, sugli enti superflui, sulle spese fuori controllo, sugli sprechi e sui privilegi, sulle pratiche degenerative ed illegali.
Quanto all'allineamento del numero dei nostri parlamentari alle medie di quelli europei, le comparazioni hanno dimostrato che l'argomento e' suggestivo e demagogico; certo e' che, invece, se la riforma andra' a regime, l'Italia sara' tra i paesi europei con il minor numero di rappresentanti eletti in Parlamento.
Occorre allora, molto seriamente, domandarsi se un risparmio di spesa incerto, e scarsamente incidente sui costi della politica, costituisca un vantaggio tanto significativo da giustificare gli effetti distorsivi che la riforma rischia di determinare sulla democrazia, sulla rappresentanza politica e sul pluralismo. Effetti che rischiano di aggravarsi in assenza della riforma della legge elettorale, aumentando la distanza tra la politica e i cittadini elettori; perche' in presenza della legge elettorale attuale, nelle quale la composizione delle liste e' decisa dalle segreterie dei partiti, la riduzione del numero degli eleggibili accresce il ruolo di queste ultime, che finiranno con l'occupare ogni spazio di rappresentanza, e determina una marcata marginalizzazione delle minoranze, se non la loro espulsione dal Parlamento. Ne' potranno trovare adeguata rappresentanza tutte le differenti realtà territoriali del nostro Paese, perche' la riforma penalizza i territori piu' fragili che non potranno piu' portare in Parlamento le loro istanze e bisogni, ma anche la ricchezza di idee e visioni che le periferie del nostro Paese spesso sono capaci di esprimere.
Cio' si inserirebbe in un quadro istituzionale che gia' registra un progressivo e preoccupante svilimento del ruolo del Parlamento rispetto al Governo, attuato attraverso l'irrigidimento della disciplina di partito, fino alla sostanziale imposizione del vincolo di mandato, il costante ricorso alla decretazione d'urgenza, alla legge delega e al voto di fiducia, il sistematico accantonamento delle proposte di legge di iniziativa parlamentare per dare corso piu' rapido a quelle governative.
Il risultato sara' un Parlamento meno rappresentativo, meno efficiente, meno pluralista, perche' privo dei contributi di tanti territori e delle minoranze, ed omologato alle direttive del Governo. Un vulnus per la democrazia rappresentativa voluta dalla Costituzione che rischia di aggravare la crisi di credibilita' nella quale da tempo versano le istituzioni del nostro Parlamento, sempre piu' distanti dai cittadini.

4. INIZIATIVE. ALEX ZANOTELLI: DIGIUNO DI GIUSTIZIA IL 9 SETTEMBRE
[Dalla mailing list del Digiuno Di Giustizia (per contatti: digiunodigiustizia at hotmail.com) riceviamo e diffondiamo]

Rilanciamo con rinnovato vigore il "Digiuno di giustizia in solidarieta' con i migranti" di fronte al Parlamento italiano il prossimo mercoledi' 9 settembre, al mattino dalle ore 11 alle 14, cosi' ci ha concesso la Questura di Roma.
Un digiuno di protesta perche' ben poco di quanto promesso dal governo Conte 2, nel campo dell'immigrazione, e' stato realizzato. I Decreti Sicurezza (puro razzismo!) sono ancora li', i porti italiani sono ancora chiusi, le navi delle ong sono spesso impedite per futili motivi di operare nel Mediterraneo, la petroliera danese Etienne, che ha salvato 27 migranti, da un mese sta aspettando un porto per farli sbarcare. Senza dimenticare le centinaia di morti in mare quest'estate, perche' nessun governo ha risposto al loro grido disperato di aiuto. E' ora che il governo italiano la smetta di finanziare la Guardia Costiera libica responsabile di crimini orrendi. Non possiamo accettare questa palese violazione di diritti umani.
p. Alex Zanotelli a nome del Digiuno di Giustizia in solidarieta' con i migranti

5. REPETITA IUVANT. ANCORA UNA VOLTA CHIEDIAMO

Ancora una volta chiediamo che  si realizzino immediatamente quattro semplici indispensabili cose:
1. riconoscere a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro, ove necessario mettendo a disposizione adeguati mezzi di trasporto pubblici e gratuiti; e' l'unico modo per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani;
2. abolire la schiavitu' e l'apartheid in Italia; riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto": un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia;
3. abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese; si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani;
4. formare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza; poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
*
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.

6. REPETITA IUVANT. "L'ITALIA ADERISCA AL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI". UNA LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE DEL SENATO E AL PRESIDENTE DELLA CAMERA

Gentilissima Presidente del Senato della Repubblica,
gentilissimo Presidente della Camera dei Deputati,
ricorrendo nei giorni scorsi il LXXV anniversario delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, tanto il Presidente della Repubblica, quanto Lei, Presidente del Senato, e Lei, Presidente della Camera, ha e avete diffuso messaggi di cordoglio per le vittime e di esortazione all'impegno affinche' simili orrori non abbiano a ripetersi mai piu' e si proceda quindi verso il disarmo, la pace, la cooperazione fra tutti i popoli nel riconoscimento della comune umanita' di tutti gli esseri umani; nella consapevolezza che le armi atomiche mettono in pericolo l'esistenza stessa dell'umanita' nel suo insieme.
Orbene, come e' noto, il 7 luglio 2017 una conferenza ad hoc dell'Onu ha adottato il necessario e non piu' rinviabile "Trattato per la proibizione delle armi nucleari", che entrera' in vigore dopo che almeno cinquanta Stati lo avranno sottoscritto e ratificato.
L'Italia e' tra i paesi che questo fondamentale Trattato ancora non lo hanno ne' sottoscritto, ne' ratificato.
In mancanza di questa firma ogni dichiarazione da parte dei piu' autorevoli rappresentanti istituzionali del nostro paese di cordoglio per le vittime e di apprensione per le sorti dell'umanita', ogni appello da parte dei piu' autorevoli rappresentanti istituzionali del nostro paese all'impegno altrui in assenza del nostro, rischia di apparire - ahinoi - come un vaniloquio, un esercizio di retorica, un atto di ipocrisia. E siamo certi che non erano questi il sentimento e l'intenzione vostra e del Presidente della Repubblica.
Come gia' innumerevoli associazioni umanitarie ed innumerevoli cittadine e cittadini, vi esortiamo pertanto anche noi ad assumere un impegno concreto, preciso e non piu' rinviabile: adoperarvi affinche' l'Italia sottoscriva e ratifichi nel piu' breve tempo possibile il Trattato Onu del 7 luglio 2017 per la proibizione delle armi nucleari.
E' in vostro potere convocare le Conferenze dei capigruppo di entrambi i rami del Parlamento affinche' l'organo legislativo del nostro ordinamento giuridico deliberi un documento in tal senso che impegni e vincoli l'esecutivo.
E' in vostro potere promuovere il pronunciamento del Parlamento italiano.
E' in vostro potere far si' che l'Italia finalmente si esprima con un atto giuridico cogente in pro del bene comune dell'umanita' aderendo al Trattato che impedisca alle armi atomiche di tenere sotto ricatto e minacciare di distruzione l'intera famiglia umana.
Le ragioni per farlo le avete enunciate voi stessi, cosi' come il Presidente della Repubblica, pochi giorni fa. A quelle vostre sentite parole date effettuale seguito, date autentico inveramento.
Ve lo chiedono tutte le associazioni umanitarie, l'intera comunita' scientifica, tutte le cittadine e tutti i cittadini di volonta' buona; ve lo chiede una lettura avvertita della nostra Costituzione, della Carta delle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti umani; ve lo chiede l'umanita' intera; ve lo chiedono le generazioni future.
Augurandovi ogni bene,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 12 agosto 2020

7. INIZIATIVE. PER SOSTENERE "A. RIVISTA ANARCHICA", RICORDANDO PAOLO FINZI

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8. RIFLESSIONE. MARIA GRAZIA GIANNICHEDDA: CLIMA DI RESTAURAZIONE SULLA RIFORMA PSICHIATRICA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 agosto 2020]

Sono passati quarant'anni da quel 29 agosto 1980 in cui Franco Basaglia se n'e' andato quasi all'improvviso, ma la lontananza sembra, se possibile, ancora maggiore.
Si e' spenta infatti anche l'eco delle discussioni non di rado feroci e delle lotte che hanno animato i primi vent'anni della riforma psichiatrica, la "legge 180" del 1978. Basaglia ha avuto il tempo di partecipare alle prime fasi: gli ultimi testi degli Scritti mostrano il suo sguardo lungo sulla portata e il futuro della "180" e della riforma sanitaria; le Conferenze brasiliane (1979) ne raccontano il nascere; interviste e articoli sui quotidiani testimoniano l'instancabile disponibilita' di Basaglia al dibattito e anche alla polemica, quando i primi detrattori della "180" presero la parola mentre la maggioranza remava contro in silenzio, dai direttori di manicomio che organizzavano le "dimissioni selvagge" alle lobby di psichiatri comunisti che osteggiavano il suo incarico nella Regione Lazio.
Con la morte di Basaglia lo scontro culturale e politico si fece piu' duro, Basaglia stesso fu accusato delle peggiori cose, in Parlamento decine di disegni di legge cercarono di disfare la "180" ma era ancora molto forte il movimento di psichiatri e amministratori locali che gia' prima della legge avevano cercato di organizzare alternative al manicomio, e poi c'erano quelle che all'epoca si chiamavano "esperienze esemplari", che divennero il riferimento del movimento dei familiari, anzi delle familiari, madri e sorelle di persone internate in quei manicomi che non offrivano buoni argomenti a chi si riprometteva di restaurarli.
Sarebbe certo utile ripercorrere gli anni dimenticati in cui la riforma guadagno' terreno e consistenza fino ai governi Prodi e D'Alema, che avviarono le prime e in fondo le sole politiche di salute a livello nazionale e sembro' davvero possibile una riforma sostanziale della psichiatria.
Ma riandare a quella fase non aiuta a capire piu' di tanto l'estraneita' di Basaglia ai sistemi sanitari che abbiamo sotto gli occhi e ai linguaggi attuali della psichiatria.
Per capire l'oggi dobbiamo andare soprattutto ai primi dieci anni del nuovo secolo, quando dilagarono con poche resistenze i processi che hanno immiserito e pervertito i servizi di salute mentale fino al degrado attuale, evidenziato, forse accresciuto, certo non causato dalla mazzata del Covid19.
Quei primi anni Duemila hanno segnato la vittoria e insieme la normalizzazione della riforma, e anche la compromissione, forse non definitiva, della capacita' della legge "180" di orientare in senso realmente antimanicomiale il sistema della salute mentale e le professioni "psy", psichiatri, psicologi, infermieri e affini.
Con il Duemila sono stati chiusi gli ultimi ospedali psichiatrici: centomila letti smobilitati in trent'anni in un processo avviato prima della riforma e che tutti i paesi ricchi hanno poi intrapreso. Tutta la psichiatria, anche l'establishment, si intesto' questo risultato, e si disse che la psichiatria entrava finalmente a pieno titolo nella medicina. Ma e' proprio questo il problema.
Basaglia immaginava – lo scrisse, e il lavoro di Trieste lo dimostra – che la psichiatria della riforma avrebbe potuto portare dentro la medicina corpi vivi, uomini e donne, storie di persone e di luoghi, pezzi di societa', cittadini con diritti, bisogni, parola.
Questo avrebbe chiesto la creazione di servizi di comunita', permeabili al contesto sociale e capaci di prendersene cura tramite la cura delle persone.
E' accaduto l'esatto contrario.
La medicina del posto letto e della diagnosi, interessata piu' alla malattia che al malato, ha continuato a riprodurre sotto le bandiere della riforma una psichiatria di ambulatori, assediati dalle liste d'attesa e gestiti da operatori che non hanno mai visto le case dei pazienti; una psichiatria di servizi ospedalieri di diagnosi e cura che comminano dure quanto per fortuna brevi esperienze di internamento, in locali chiusi dove si usano contenzione meccanica e farmacologica e le persone sono private degli oggetti personali e della possibilita' di comunicare; una psichiatria che ha fatto crescere una pletora di "residenze" variamente denominate, dove il tempo passa senza progetto ne' senso, focolai di infelicita' e talvolta di virus.
I medici, gli infermieri, gli psicologi che oggi lavorano in questo sistema, in gran parte malpagati e precari, di Basaglia non sanno nulla, ne' della legge "180" ne' della riforma sanitaria ne' di cosa siano un servizio di comunita' e una politica pubblica di salute, o se ne sanno e' per scelta propria, dal momento che le facolta' di medicina e di psicologia non si occupano di questi temi, ignorano del tutto Basaglia ed evitano ogni discorso critico su salute, malattia, medicina.
Sta qui, in questa restaurazione, la radice del degrado di oggi, nel quale hanno influito le ideologie dell'aziendalismo e della concorrenza tra pubblico e privato, il fiorire delle repubblichette sanitarie regionali, l'assenza di fondi pubblici per la ricerca, lo strapotere di "Big Pharma".
E la politica? Oggi neppure le forze politiche che difendono la sanita' pubblica hanno una visione forte che consenta di negoziare in modo non subalterno con i corpi professionali e con i poteri economici che dominano il campo sanitario.
Potrebbero provare a costruirla questa visione, insieme con i sistemi di servizi, i gruppi e i movimenti che resistono a lavorare in chiave di salute pubblica.
Di queste cose bisognerebbe parlare ripensando a Basaglia, senza celebrarlo con necrologi che accrescono la lontananza e la tristezza.

9. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: CONTRO IL CULTO DEI CADUTI IN GUERRA. PER IL DIALOGO CRISTIANO-ISLAMICO
[Riceviamo e volentieri diffondiamo.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; Elogio della gratitudine, Cittadella, Assisi 2015; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, di seguito riprodotta, che e' stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68]

Una tradizione orale attribuita al profeta Muhammad afferma:
Ho sentito dire all'inviato di Dio: "Quando due si affrontano armati di spada, l'ucciso e l'uccisore andranno all'inferno". 
Al-Ahnaf, figlio di Qays: "Questo per l'uccisore. Ma perche' anche per l'ucciso?".
L'inviato di Dio: "Perche' bramava uccidere il suo compagno".
(al-Buhari, Detti e fatti del profeta dell'Islam, a cura di Virginia Vacca, Sergio Noja, Michele Vallaro, Utet, Torino 2009, p. 89)
*
Contro il culto dei caduti in guerra, celebrati e offesi nei monumenti guerreschi, eretti in tutti i nostri piu' piccoli paesi. Pero', tenendo conto che molti di questi poveri soldati sono stati vittime di chi li ha comandati e costretti. Moltssimi non volevano uccidere, ma solo salvarsi e tornare alle loro case, campi e famiglie. Alcuni veri eroi hanno disobbedito a chi comanda di uccidere. Chi costringe altri alla guerra e' molto piu' peccatore.
Quando andiamo al bellissimo Parco della Maddalena, qui a Torino, e vediamo gli oltre 4.000 cippi dei caduti torinesi nella guerra 1915-'18, sentiamo compassione per loro, e indignazione per governanti e militari che li usarono come pedine nel gioco del potere mortale. E poi eressero sulla vetta della collina un osceno monumento alla Vittoria. E sentiamo anche compassione, e chiediamo il perdono di Dio anche per chi, con le tenebre nel cuore, getta la propria vita contro la vita degli altri.
Ascoltiamo questa parola del profeta Muhammad. Se non sbaglio, pochi cristiani hanno rimproverato l'ucciso in guerra come l'uccisore: i morti-uccisori di questa parte sono considerati nobili eroi, e i soldati dell'altra parte soltanto assassini. La prima vittima della guerra e' sempre la verita'.
Musulmani, cristiani, ogni persona dal cuore buono, impariamo sempre gli uni dagli altri, sulla via del bene.

10. PAROLE AL VENTO. ANCORA UN LAMENTO DEL VECCHIO

I.
Tutto quello che hai fatto e' stato inutile
tutto quello per cui hai lottato e' stato sconfitto
hai praticato la negazione
e poi la negazione della negazione
e poi la negazione della negazione della negazione
e' ovvio ti restino solo macerie
e fame di vento.

I mali che hai commesso sono stati risibili
ma il bene omesso enorme.

Ora che sei una sola ulcera
nulla ti strazia di piu' che guardare il tuo passato
di sale di nebbia di sogni
travolti o abortiti.

Scrivi queste cose e sai che sono false
scrivi queste cose e sai che sono vere.

II.
Almeno avessi giocato
a tombola al gioco dell'oca a chi spara per primo
almeno avessi viaggiato
sull'alto respiro del mare tra i sassi gli sterpi gli olivi
almeno avessi generato figli
che piangono e ridono e gridano ho fame
almeno avessi fatto qualche sproposito
di quelli che poi si raccontano all'osteria
per anni e anni e anni e anni ancora.

III.
Nella menzogna vissi
ma almeno senza paura.

Tra gente malvagia vissi
ma almeno senza rimorsi.

Conobbi la corsa dei porci i vestiti di stracci
le armi di legno e di ferro le lune morte nei pozzi
e vidi in lontananza l'utopia.

Frequentai le bettole e le piazze vuote
le vecchie case dei morti
i campi di erba medica le vigne
cento volte per sprezzo ho afferrato le ortiche
mai seppi cosa fosse la rancura.

E invece fu solo menzogna
e invece fu solo una fuga
immobile affinche' credesse l'orco
che tu fossi gia' morto
che tu fossi un ricordo un sogno uno spettro.

IV.
Tutte le cose che ho studiato con fatica
tutte oramai le ho scordate.

E tutte le cose che ho vissuto
e' come se fossero affare di un altro.

Mi chiedo cosa mi leghi alle persone
che sono stato e che non sono piu'.

V.
Questo e' vecchiaia
non un deserto ma una palude
non uno scendere lento nell'acqua densa del tempo
ma giu' dalla scale del tempo un ruzzolare uno scapicollarsi
non uno specchio che si offusca nobile
ma l'inarrestabile metamorfosi
in nudo verme che si contrae e geme.

VI.
Non scriverle queste cose
non dirle a nessuno.

Continua in quello che fai
fa' finta di non sentirlo
il dolore che ti stritola
fa' finta di niente
cammina
cammina ancora.

VII.
Continua la lotta contro gli oppressori
resisti alla violenza del potere
condividi il pane e il vino e la tenda
soccorri accogli assisti chiunque ha bisogno di aiuto.

Salvare le vite
e' il primo dovere.

Oppresse e oppressi di tutti i paesi
unitevi.

11. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Anna Bravo, La conta dei salvati. Dalla Grande Guerra al Tibet: storie di sangue risparmiato, Laterza, Roma-Bari 2013, pp. VI + 246.
- Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003, pp. 290.
- Giovanna Providenti (a cura di), La nonviolenza delle donne, Quaderni Satyagraha - Libreria Editrice Fiorentina, Pisa-Firenze 2006, pp. 288.
- Adrienne Rich, Nato di donna, Garzanti, Milano 1977, 1996, 2000, pp. 422.
- Sara Ruddick, Maternal Thinking. Toward a Politics of Peace, Ballantine Books, New York 1990, pp. XII + 292.
- Virginia Woolf, Le tre ghinee, La Tartaruga, Milano 1975, Feltrinelli, Milano 1987, pp. 256.
*
Riedizioni
- Paul Veyne, La societa' romana, Laterza, Roma-Bari 1990, Rcs, Milano 2020, pp. 272, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3855 del 7 settembre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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