[Nonviolenza] Telegrammi. 3831
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- Date: Thu, 13 Aug 2020 20:39:04 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3831 del 14 agosto 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Pedro Casaldaliga
2. Tullio Levi
3. No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
4. Ancora una volta chiediamo
5. "L'Italia aderisca al Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari". Una lettera aperta alla Presidente del Senato e al Presidente della Camera
6. Giuliana Sgrena ricorda Cristina Cattafesta
7. Edoardo Bai, Carlotta, Daniela e Silvia Cattafesta ricordano Cristina Cattafesta
8. Le compagne del Cisda ricordano Cristina Cattafesta
9. Mariagiulia, Sarah, Laura e tutti gli amici dell'anima ricordano Cristina Cattafesta
10. "Pagine ebraiche" ricorda Paolo Finzi
11. La Rete Due della Radiotelevisione Svizzera ricorda Paolo Finzi
12. Paolo Finzi: Camillo Berneri (1972)
13. Per sostenere "A. Rivista anarchica", ricordando Paolo Finzi
14. Segnalazioni librarie
15. La "Carta" del Movimento Nonviolento
16. Per saperne di piu'
1. LUTTI. PEDRO CASALDALIGA
E' deceduto il nostro compagno Pedro Casaldaliga.
Aveva per motto: "Non possedere niente, non appropriarsi di niente, non chiedere niente, non tacere niente, e soprattutto non uccidere nessuno".
Con gratitudine che non si estingue lo ricordiamo.
2. LUTTI. TULLIO LEVI
E' deceduto Tullio Levi, uomo saggio e generoso, esempio di forte impegno civile, costruttore di pace.
Con gratitudine che non si estingue lo ricordiamo.
3. APPELLI. NO ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE CHE MUTILA LA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA E MIRA AD IMPORRE UN REGIME TOTALITARIO NEL NOSTRO PAESE
Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia' profondamente ferita a un regime sempre piu' antidemocratico ed eslege, sempre piu' protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all'antiparlamentarismo, che alla separazione e all'equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell'intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l'autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l'umanita'.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita' e virtu', che asservisce la societa' alla menzogna e alla violenza.
4. REPETITA IUVANT. ANCORA UNA VOLTA CHIEDIAMO
Ancora una volta chiediamo che si realizzino immediatamente quattro semplici indispensabili cose:
1. riconoscere a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro, ove necessario mettendo a disposizione adeguati mezzi di trasporto pubblici e gratuiti; e' l'unico modo per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani;
2. abolire la schiavitu' e l'apartheid in Italia; riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto": un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia;
3. abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese; si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani;
4. formare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza; poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
*
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
5. REPETITA IUVANT. "L'ITALIA ADERISCA AL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI". UNA LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE DEL SENATO E AL PRESIDENTE DELLA CAMERA
Gentilissima Presidente del Senato della Repubblica,
gentilissimo Presidente della Camera dei Deputati,
ricorrendo nei giorni scorsi il LXXV anniversario delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, tanto il Presidente della Repubblica, quanto Lei, Presidente del Senato, e Lei, Presidente della Camera, ha e avete diffuso messaggi di cordoglio per le vittime e di esortazione all'impegno affinche' simili orrori non abbiano a ripetersi mai piu' e si proceda quindi verso il disarmo, la pace, la cooperazione fra tutti i popoli nel riconoscimento della comune umanita' di tutti gli esseri umani; nella consapevolezza che le armi atomiche mettono in pericolo l'esistenza stessa dell'umanita' nel suo insieme.
Orbene, come e' noto, il 7 luglio 2017 una conferenza ad hoc dell'Onu ha adottato il necessario e non piu' rinviabile "Trattato per la proibizione delle armi nucleari", che entrera' in vigore dopo che almeno cinquanta Stati lo avranno sottoscritto e ratificato.
L'Italia e' tra i paesi che questo fondamentale Trattato ancora non lo hanno ne' sottoscritto, ne' ratificato.
In mancanza di questa firma ogni dichiarazione da parte dei piu' autorevoli rappresentanti istituzionali del nostro paese di cordoglio per le vittime e di apprensione per le sorti dell'umanita', ogni appello da parte dei piu' autorevoli rappresentanti istituzionali del nostro paese all'impegno altrui in assenza del nostro, rischia di apparire - ahinoi - come un vaniloquio, un esercizio di retorica, un atto di ipocrisia. E siamo certi che non erano questi il sentimento e l'intenzione vostra e del Presidente della Repubblica.
Come gia' innumerevoli associazioni umanitarie ed innumerevoli cittadine e cittadini, vi esortiamo pertanto anche noi ad assumere un impegno concreto, preciso e non piu' rinviabile: adoperarvi affinche' l'Italia sottoscriva e ratifichi nel piu' breve tempo possibile il Trattato Onu del 7 luglio 2017 per la proibizione delle armi nucleari.
E' in vostro potere convocare le Conferenze dei capigruppo di entrambi i rami del Parlamento affinche' l'organo legislativo del nostro ordinamento giuridico deliberi un documento in tal senso che impegni e vincoli l'esecutivo.
E' in vostro potere promuovere il pronunciamento del Parlamento italiano.
E' in vostro potere far si' che l'Italia finalmente si esprima con un atto giuridico cogente in pro del bene comune dell'umanita' aderendo al Trattato che impedisca alle armi atomiche di tenere sotto ricatto e minacciare di distruzione l'intera famiglia umana.
Le ragioni per farlo le avete enunciate voi stessi, cosi' come il Presidente della Repubblica, pochi giorni fa. A quelle vostre sentite parole date effettuale seguito, date autentico inveramento.
Ve lo chiedono tutte le associazioni umanitarie, l'intera comunita' scientifica, tutte le cittadine e tutti i cittadini di volonta' buona; ve lo chiede una lettura avvertita della nostra Costituzione, della Carta delle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti umani; ve lo chiede l'umanita' intera; ve lo chiedono le generazioni future.
Augurandovi ogni bene,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 12 agosto 2020
6. LUTTI. GIULIANA SGRENA RICORDA CRISTINA CATTAFESTA
[Dal quotidiano "Il manifesto dell'11 agosto 2020 col titolo "Un sorriso indimenticabile, dalla parte degli ultimi"]
Se n'e' andata, determinata nelle sue scelte fino all'ultimo. Cristina Cattafesta e' scomparsa venerdi' mattina, lasciando un grande vuoto, ovunque sia passata, perche' non c'era situazione disperata di cui lei non si facesse carico. Soprattutto delle donne afghane, fin dai tempi dei taleban, quando, nel 1999, ha fondato il Coordinamento italiano di solidarieta' con le donne afghane (Cisda). Ma anche l'Algeria, la Palestina fino al Rojava. Ha vissuto intensamente superando gli ostacoli che la vita ci riserva, fino alla malattia che in pochi mesi l'ha stroncata, a soli 64 anni. Cristina lascia, insieme ai ricordi di chi ha vissuto con lei esperienze indimenticabili, una grande eredita': l'amicizia con tante donne, di diversi paesi, che ha fatto conoscere al mondo della solidarieta' italiana, costruendo legami che dovremo mantenere e coltivare.
I ricordi ci rendono Cristina indimenticabile. All'indomani dell'11 settembre dovevo partire per il Pakistan, passaggio obbligato per cercare di arrivare in Afghanistan. Mi occorrevano contatti, informazioni, l'indirizzo di una guest house a poco prezzo, cosa non facile visto che giornalisti da tutto il mondo stavano atterrando a Islamabad. Chi meglio di Cristina poteva orientarmi? Gia' frequentava quei luoghi per aiutare le donne afghane fuggite ai taleban nei campi profughi. Immediatamente Cristina mi ha dato tutte le informazioni, non solo, alla fine ha deciso di venire con me. Il suo aiuto e' stato prezioso. Io potevo lavorare senza preoccuparmi di tutte le questioni pratiche che ti portano via la maggior parte del tempo: mi metteva da parte un piatto di riso per la cena e mi accompagnava all'internet cafe', quando era gia' notte fonda, a spedire il pezzo. Quando, dopo quindici giorni ha dovuto andarsene – al lavoro non poteva piu' giustificare la sua assenza – mi aveva raccomandato a tutti gli ospiti della guest house, giornalisti stranieri, gli italiani erano al Marriott.
Lei con la sua solarita' non aveva difficolta' a stabilire rapporti. Non solo per le donne afghane, Cristina si metteva in gioco con tutti i suoi contatti per le donne algerine o curde senza risparmio, con estrema generosita'. C'era sempre, potevi contare su di lei per qualsiasi causa anche disperata, come succede spesso a chi si schiera con gli ultimi, e c'era con il suo sorriso, il suo ottimismo. Che a volte non bastano, come due anni fa quando e' stata fermata dalle autorita' turche mentre stava monitorando le elezioni. Anche dietro le sbarre pero' era riuscita a fare tesoro della sua esperienza, mentre la solidarieta' suscitata era la testimonianza del riconoscimento per il suo impegno. In questo momento non voglio pensare solo al vuoto che lascia ma al suo sorriso e alla sua determinazione che richiedono un impegno per non abbandonare i progetti che ci ha lasciato.
7. LUTTI. EDOARDO BAI, CARLOTTA, DANIELA E SILVIA CATTAFESTA RICORDANO CRISTINA CATTAFESTA
[Dal quotidiano "Il manifesto dell'11 agosto 2020]
Con Cristina nel cuore, desideriamo ringraziare nel modo piu' sentito i medici e tutto il personale di Cascina Brandezzata, che hanno saputo accompagnare Cristina con grande professionalita', umanita' e delicatezza nei suoi ultimi giorni. Un saluto affettuoso e un ringraziamento speciale anche alle amiche e agli amici e alle compagne e ai compagni che ci sono stati vicini in questi giorni tristi.
Edoardo Bai, Carlotta, Daniela e Silvia Cattafesta
8. LUTTI. LE COMPAGNE DEL CISDA RICORDANO CRISTINA CATTAFESTA
[Dal quotidiano "Il manifesto dell'11 agosto 2020]
Cristina, ci hai lasciate. Dopo una malattia dolorosa, intensa e rapida, tanto da non consentirci di realizzare cosa stesse accadendo. Ne', per tante, di abbracciarti, un'ultima volta. E, nel dolore, ci siamo rifugiate nelle numerose immagini dei momenti che ciascuna di noi ha condiviso con te, tra decenni di attivita' politica in Italia, appuntamenti in giro per l'Europa e dozzine di delegazioni nel paese dove tu, per prima tra noi, hai lasciato il cuore. L'Afghanistan. Immagini, sempre, di sorrisi e complicita', rassicuranti e divertenti, nonostante le difficolta' di certi impegni, che ci hanno legate profondamente. Come compagne, come amiche. Siamo unite dall'importanza che ha la storia di ogni persona: sei stata capace di accogliere e sollecitare il bello, di tessere reti e creare ponti, oltre ogni confine e durata nel tempo. Hai raccolto sogni adolescenti e li hai trasformati in realta', con spontaneita' e vicinanza, schiettezza e sensibilita'. In tante abbiamo affidato a te le nostre difficolta' se non, talvolta, un pezzo di vita, e tu le hai fatte tue, mostrando una cura e un'umanita' che raramente si incontrano. Ci lasci, in un tempo sospeso, con un'eredita' collettiva immensa: ci impegneremo a custodirla, strette intorno alla tua presenza indelebile, alla tua mancanza incolmabile.
Le tue compagne del Cisda
9. LUTTI. MARIAGIULIA, SARAH, LAURA E TUTTI GLI AMICI DELL'ANIMA RICORDANO CRISTINA CATTAFESTA
[Dal quotidiano "Il manifesto dell'11 agosto 2020]
"Ci vuole vita per amare la vita!"... E Cristina, la sua, l'ha vissuta pienamente: con gioia, con rara generosita', con coraggio, fino alla fine. Che onore e che fortuna averla avuta come amica! La porteremo sempre nel nostro cuore, la nostra instancabile battagliera, e cercheremo di raccogliere il suo testimone.
Mariagiulia, Sarah, Laura e tutti gli amici dell'anima
10. MEMORIA. "PAGINE EBRAICHE" RICORDA PAOLO FINZI
[Dal sito di "Moked" riprendiamo questa segnalazione dal titolo "Paolo Finzi, ebraismo ed anarchia"]
"Non tu ma l'opera che hai iniziato ti rende indispensabile per l'umanita'!". Scrisse cosi` il poeta anarchico ed ebreo Erich Muehsam (1878–1934), ucciso dai nazisti nel campo di concentramento di Orianenburg. Parole che Francesco Moises Bassano ha richiamato per ricordare la figura di un altro anarchico, recentemente scomparso: Paolo Finzi.
A lui, al suo lavoro come direttore della rivista anarchica "A", al suo rapporto con l'ebraismo e alla sua visione di liberta' e' dedicato un recente colloquio della redazione di "Pagine ebraiche" con lo storico Claudio Venza, gia' professore di Storia della Spagna contemporanea all'Universita' di Trieste.
"Finzi era una persona molto attenta, puntuale, puntigliosa. Era rispettoso dell'interlocutore, lo ascoltava e spesso gli chiedeva di collaborare ad 'A. rivista anarchica'. Una realta' che lui portava avanti da quasi trent’anni praticamente da solo. Era per lui un impegno a tutto tondo. 'L'amor mio' come diceva una canzone", spiega Venza, ritraendo poi il carattere di Finzi legato alla sua visione del mondo. "Un individualista certamente, ma va considerato che nell'anarchismo l'individualismo non e' un peccato. Anzi. Non e' solamente una tendenza ma una componente indispensabile. Un movimento organizzato richiede un accordo tra piu' individui, un accordo che e' una forma di collaborazione che rispetti l'individuo per cui questi e' completamente libero dentro il movimento" in questo caso, appunto, anarchico. Ovvero, spiega il docente, un movimento che contesta "ogni societa' gerarchica, contro lo Stato inteso come apparato repressivo e quindi per le liberta', l'eguaglianza e altri valori importanti come la liberta' e l'autonomia dei singoli soggetti". Valori a cui si richiamava Finzi nel suo lavoro e impegno.
11. MEMORIA. LA RETE DUE DELLA RADIOTELEVISIONE SVIZZERA RICORDA PAOLO FINZI
[Dal sito della Radiotelevisione Svizzera (www.rsi.ch) riprendiamo questa segnalazione a firma di Marco Pagani dal titolo "Addio a Paolo Finzi, riferimento storico del pensiero anarchico"]
Una figura storica del pensiero anarchico, tra i fondatori del circolo della Ghisolfa di Milano, arrestato nel 1969 dopo la strage di piazza Fontana nell'ambito di una violentissima campagna mediatica che culmino' con l'assassinio dell'anarchico Pinelli, Paolo Finzi e' stato per tanti anni anche il direttore di "A – Rivista Anarchica". E in questa veste e' stato tante volte ospite di Rete Due.
Lo ricordiamo a pochi giorni dalla sua scomparsa, con la collaboratrice della rivista Carlotta Pedrazzini.
12. MEMORIA. PAOLO FINZI: CAMILLO BERNERI (1972)
[Da "A. Rivista anarchica" n. 16 del novembre-dicembre 1972, articolo firmato con lo pseudonimo Camillo Levi, con il titolo "Camillo Berneri" e il sottotitolo "L'intellettuale anarchico come militante rivoluzionario"]
"Mi mando' a chiamare, lui che non mi aveva mai parlato, per dirmi: 'Dunque ci lascia'. Ma soggiunse: 'Ma resta sempre nel socialismo'. E questa parola mi fu di sollievo, che' mi pareva triste di veder allontanarsi quello che allora ero: l'unico studente militante della citta' socialistissima" (1).
Cosi' Camillo Berneri, ormai adulto, ricordava l'unico colloquio da lui avuto con Camillo Prampolini, figura di punta del socialismo riformista, quando nel 1915 si dimise dalla Federazione Giovanile Socialista di Reggio Emilia, per passare definitivamente nelle file del movimento anarchico.
Il giovane studente Berneri, nato a Lodi (Milano) nel 1897, abbandono' cosi' a soli diciott'anni il socialismo riformista e legalitario del Partito Socialista, ricco gia' di mesi intensi di attivita' politica, di meditazioni, di lunghi colloqui con l'operaio anarchico reggiano Torquato Gobbi, che favori' in lui il primo maturarsi della sua coscienza anarchica; ricco soprattutto di un grande desiderio di dare attivita' alla lotta per la rivoluzione socialista libertaria ed egualitaria.
*
Guerra, fascismo, bolscevismo
Durante i tre lunghi anni del servizio militare, Berneri svolse un'intensa attivita' anti-militarista nelle caserme, in stretto collegamento con i compagni di fuori; espulso dalla Scuola militare di Modena come "sovversivo", fu condotto al fronte sotto scorta, ed ebbe successivamente modo di farsi denunciare due volte al tribunale di guerra. Durante lo sciopero generale del luglio 1919 fu confinato a Pianosa, e nell'anno successivo partecipo' all'occupazione delle fabbriche, a moti locali antifascisti, ed in particolare alla preparazione armata della lotta contro le squadracce fasciste come membro di una speciale Commissione costituita dall'Unione Anarchica Fiorentina.
Gli sguardi del movimento operaio italiano, e non solo di quello, erano intanto sempre puntati al lontano sterminato impero zarista, ed alla profonda rivoluzione che ivi avveniva, e di cui giungevano in Italia notizie parziali, contraddittorie, che spesso riferivano piu' di desideri che di effettive realta'. Questo spiega il completo capovolgimento di opinioni di Berneri nei confronti dei bolscevichi e del ruolo che giocarono nella rivoluzione russa. Dapprima Berneri partecipo' al crescente entusiasmo per Lenin ed i suoi seguaci, entusiasmo che contagio' quasi tutti i settori del movimento dei lavoratori, al giungere delle prime notizie dalla Russia. Furono appunto queste notizie confuse e pur concordemente positive che fecero scrivere a Berneri, allora ventiduenne, che "in Russia il bolscevismo ha rinnovato, in modo radicale e sistematico, i sistemi rappresentativi" (2).
Ma appena si fecero piu' precise le informazioni riguardanti il corso realmente imposto dai bolscevichi alla rivoluzione sovietica, Berneri prese nettamente le distanze dai comunisti autoritari di Lenin, criticandone innanzitutto lo spirito gregario e militarista (3), giungendo infine ad una valida critica globale del leninismo come diretta conseguenza dell'ideologia autoritaria marxista. Sara' questa una costante fondamentale del pensiero del rivoluzionario lodigiano, che con questa chiara visione libertaria si dedichera' alla riscoperta ed allo studio critico dei "classici" dell'anarchismo, sempre legando studio attento ed approfondito a quotidiana militanza politica.
*
I liberali del socialismo
Laureatosi in filosofia all'Universita' di Firenze, allievo particolarmente caro a Gaetano Salvemini, Berneri dal 1922 al '26 insegno' in varie citta' italiane, sempre continuando la sua attivita' politica, e soprattutto collaborando alla stampa anarchica italiana e straniera. Non solo a questa stampa indirizzo' comunque i suoi scritti, come testimoniano, ad esempio, i suoi scritti comparsi su Rivoluzione Liberale, il settimanale torinese diretto da Piero Gobetti che fu pubblicato a Torino dal febbraio '22 all'ottobre '25.
In una lettera allo stesso Gobetti, Berneri difese l'autonomia dal marxismo e la validita' attuale del pensiero economico anarchico (e soprattutto Proudhon) in contrasto con l'accentramento economico-politico teorizzato ed attuato dai marxisti. Proponendo una serie di studi sul liberalismo economico nel socialismo, Berneri affermava che "ne risulterebbe, fra le tante cose interessanti, questa verita' storica: esser stati gli anarchici, in seno all'Internazionale, i liberali del socialismo". E per spiegar meglio che cosa intendesse con questa affermazione certo per molti audace, ma non per questo meno vera, aggiungeva che "storicamente, cioe' nella loro funzione di critica e di opposizione al comunismo autoritario e centralizzatore, lo sono tutt'ora" (4).
Sempre impellente fu in Berneri la coscienza che molto c'era ancora da scoprire, da studiare e da ristudiare, ed egli stesso dedico' tanta parte di se' allo studio di vari aspetti libertari nel movimento di emancipazione umana, costantemente attento agli spunti autonomistici ed antiautoritari nelle lotte passate e presenti. Ma il fascismo ormai imperante rese sempre piu' dura la vita di Berneri, nel tentativo di intimidirlo con aggressioni e di isolarlo cingendogli intorno quasi un "cordone di sicurezza". Sia la sua attivita' di professore, sia la sua attivita' politica furono progressivamente controllate e limitate, fino al punto che Berneri fu costretto, avendo rifiutato il giuramento di fedelta' al fascismo richiesto agli insegnanti, a prendere nell'aprile del 1926 la via dell'esilio, passando clandestinamente il confine con la Francia, latore di importanti informazioni ai compagni gia' all'estero.
*
L'operaiolatria
Senza soluzione di continuita', Berneri prese immediatamente il suo posto di lotta nel movimento anarchico internazionale, e piu' in particolare negli ambienti dell'emigrazione antifascista italiana a Parigi. Mai pote' comunque aver tregua, poiche' le autorita' francesi mal tolleravano l'attivita' rivoluzionaria di un compagno come Berneri, che godeva ormai della stima di tanti e tanti compagni; le sue peregrinazioni dunque continuarono senza sosta, cosi' come si susseguirono le espulsioni dai vari paesi in cui cercava di stabilirsi. La Francia, il Belgio, l'Olanda, il Lussemburgo, la Germania ed ancora altri paesi lo ebbero a cercar stabilita' sul proprio territorio, e lo espulsero, lo minacciarono, lo condannarono.
Pure in questa continua tensione, Berneri non solo continuo' a militare, ma anche a spedire articoli a giornali anarchici di tutto il mondo, polemizzando con i traditori ed i denigratori dell'anarchismo, e sostenendo utili polemiche anche con molti compagni sui temi fondamentali della lotta libertaria.
Nel polemizzare, Berneri rifiuto' sempre i facili giochi di parole per aver ragione dell'avversario, puntando invece sul concreto, cercando di mostrare, con la massima chiarezza, le contraddizioni centrali del pensiero dell'interlocutore. Cio' spiega perche' la rilettura di tante pagine critiche di Berneri sia utile non solo come testimonianza storica, ma anche e soprattutto come documento politico attuale.
Il suo saggio sull'operaiolatria (5) resta uno degli esempi piu' lampanti in proposito. Al di la' delle singole persone citate, Berneri attacco' in queste dieci pagine uno dei luoghi comuni piu' diffusi, allora come ora, nel movimento socialista in generale: si tratta di quell'assurda posizione di "privilegio" nella lotta rivoluzionaria che tanta parte del movimento socialista, sotto la perniciosa influenza marxista, ha sempre attribuito ad una mitica classe operaia, che dovrebbe esercitare addirittura la propria dittatura sui contadini e sulle altre forze interessate alla rivoluzione socialista. Coerentemente con le sue posizioni di sempre, Berneri nego' in questo saggio l'esistenza stessa di una qualsiasi forma di cultura operaia, se non "come simbiosi parassitaria della cultura vera, che e' ancora borghese e medio-borghese"; e, negando la stessa possibilita' di esistenza di una autonoma cultura operaia, Berneri nego' l'esistenza anche di quell'operaio ideale del marxismo e del socialismo che lui defini' un "personaggio mitico".
Il discorso di Berneri, in questo saggio come altrove, piu' che affermare una vera politica, tese sempre a respingere tanti luoghi comuni che impedivano lo sviluppo del pensiero e della lotta libertaria.
Il rifiuto di ogni prevenzione anti-contadina, anzi l'esaltazione del ruolo rivoluzionario spesso avuto dagli organizzatori e da molti nuclei contadini, rientravano in questa sua concezione rigorosamente umana ed antiautoritaria dell'anarchismo.
Il discorso polemico di Berneri fu sempre dettato da esigenze costruttive nel movimento anarchico, e di cio' testimoniano sia la sua instancabile attivita' sia la sua concezione generale dell'anarchismo, per cui sempre alla polemica contro l'operaiolatria si accompagno' la altrettanto dura polemica con i detrattori tout-court dell'anarco-sindacalismo.
Con il suo consueto equilibrio di giudizi, Berneri sostenne che, pur non essendo privo di difetti, l'anarco-sindacalismo, come organizzazione specificamente libertaria dei lavoratori, era - ed e' tuttora - una necessita' inderogabile per gli anarchici. Di pari passo va la sua valutazione positiva del "sovietismo" (cioe' dei consigli operai), di cui Berneri sempre approvo' lo spirito inizialmente libertario, rifiutandone completamente la degenerazione burocratica imputabile soprattutto alle manovre politiche dei bolscevichi. A chi gli fece notare la contraddizione esistente fra l'ideale anarchico e la prassi anarco-sindacalista, Berneri opportunamente rispose che "l'anarchismo, se vuole agire nella storia e diventare un grande fattore di storia, deve aver fede nell'anarchia, come una possibilita' sociale che si realizza nelle sue approssimazioni progressive. (...) L'anarchismo e' piu' vivo, piu' vasto, piu' dinamico. Egli e' un compromesso tra l'idea ed il fatto, tra il domani e l'oggi. L'anarchismo procede in modo polimorfo, perche' e' nella vita. E le sue deviazioni stesse sono la ricerca di una rotta migliore" (6).
*
La polemica con Carlo Rosselli
In questa sua concezione originalmente pragmatica e critica dell'anarchismo, Berneri, scevro di ogni e qualsiasi preoccupazione "purista", si ritrovo' a polemizzare con i piu' significativi rappresentanti delle correnti non-anarchiche dell'emigrazione italiana antifascista. La sua decisa totale ripulsa del socialismo autoritario risulta non solo dai suoi continui attacchi ai bolscefascisti, ma anche nella sua costante attenzione a sottolineare gli equivoci non meno pericolosi di qualsiasi cedimento al mito statale, come accadde appunto all'ideologia del movimento antifascista Giustizia e Liberta', il cui principale esponente, Carlo Rosselli, si trovera' in seguito fianco a fianco di Berneri in alcune fasi della rivoluzione spagnola del '36.
La polemica fra il rivoluzionario lodigiano e Carlo Rosselli, pubblicata sui numeri di Giustizia e Liberta' del dicembre '35 sotto forma di quattro lettere, servi' a Berneri, ormai quasi quarantenne, per fare chiaramente il punto sui compiti che avrebbero dovuto assumersi gli anarchici in seno alla rivoluzione italiana. Il problema che secondo lui si sarebbe posto ai comunisti libertari era "quello di scegliere tra l'integralismo tradizionalista e un possibilismo che, pur mantenendo fisso lo sguardo alla stella polare dell'Idea, ci permetta di incunearci fecondamente nella linea di frattura delle forze rivoluzionarie" (7). Questo eclettismo, questa coscienza della necessita' di sapersi adattare alle situazioni specifiche per meglio modificare la realta', furono e sono un dato importante, e per certi aspetti nuovo, nella concezione della lotta libertaria; ed e' particolarmente significativo che Berneri abbia apertamente teorizzato questa sua concezione pragmatista nel momento stesso in cui attaccava alla radice l'equivoco di fondo di Rosselli e del suo movimento: quello cioe' di non rifiutare lo stato, e di soffocare cosi' nell'equivoco (ed in un domani nell'inevitabile tradimento) anche le istanze libertarie presenti. Berneri sempre vide, nello svolgersi della lotta rivoluzionaria, che comunque sarebbe sempre giunto il momento in cui si sarebbe prodotta inevitabilmente una linea di frattura nell'arco delle forze rivoluzionarie; e questa frattura non avrebbe potuto costituirsi se non sul problema della liberta', sul terreno della quale socialisti autoritari e libertari si sarebbero scontrati. Che queste previsioni di Berneri si siano realizzate l'ha dimostrato, pochi mesi dopo questa cordiale ma decisa polemica, la rivoluzione spagnola.
*
Catalogna libertaria
"Lo scoppio della rivoluzione spagnola, nel luglio 1936, fu la vera liberazione di Berneri, l'attimo tanto atteso per poter dare finalmente tutto se stesso, anima e corpo, alla causa della rivoluzione anarchica": cosi' ebbe a dire Giovanna Caleffi Berneri, la compagna della sua vita che gli sopravvisse, continuando a militare nel movimento. E Berneri fu appunto fra i primi ad accorrere in terra di Catalogna, dove una solida tradizione di propaganda e di lotta anarchica ed anarco-sindacalista erano la migliore garanzia per uno sviluppo libertario della rivoluzione in corso.
Fu dunque fra i fondatori della Colonna Italiana, composta perlopiu' da anarchici, e ne fu delegato politico, partecipando ai primi duri combattimenti sul fronte antifascista, fra cui la famosa battaglia di Monte Pelato. Successivamente si stabili' a Barcellona, capitale della Catalogna e massimo centro dell'anarchismo spagnolo. In stretto contatto con i compagni spagnoli della F.A.I. (Federazione anarchica Iberica) e della C.N.T. (Confederazione nazionale del lavoro, il sindacato libertario spagnolo), Berneri partecipo' a tanti momenti di lotta e di costruzione rivoluzionaria, organizzando, tenendo i contatti, scrivendo, essendo il piu' possibile presente di persona, e soprattutto redigendo il giornale anarchico in lingua italiana Guerra di classe, la cui lettura resta a tutt'oggi indispensabile per la comprensione del pensiero e dell'opera non solo di Berneri, ma di tanta parte dell'anarchismo militante. Nei pochi numeri che poterono essere pubblicati il rivoluzionario lodigiano insiste' continuamente sull'inscindibile binomio lotta antifascista - rivoluzione sociale, attaccando duramente chi invece sosteneva che la prima doveva comunque essere anteposta alla seconda. Contro il pericolo fascista, contro il disinteresse ed i tradimenti delle democrazie borghesi, contro tutte le manovre bassamente politiche (e sempre antilibertarie) dello stalinismo, Berneri non si stanco' mai di sottolineare che la vittoria contro tutte queste forze indirettamente coalizzate non avrebbe potuto essere ottenuta che sullo slancio di una vasta e continua mobilitazione popolare; intendendo per mobilitazione non solo l'aspetto militare del termine, ma anche piu' generalmente la costruzione quotidiana dell'autogestione nei luoghi di lavoro ed in tutte le collettivita'.
Questo chiaro disegno politico libertario si scontro' subito con la politica dei comunisti succubi di Stalin e del Comintern. Non solo. Berneri dovete anche polemizzare duramente contro la tendenza ministerialista nel movimento anarchico spagnolo, contro quei compagni cioe' che sostennero la necessita' di accettare posti di governo, prima regionale e poi addirittura nazionale, al fianco di altre forze antifasciste, fra cui i comunisti.
In una famosa lettera aperta alla compagna spagnola Federica Montseny (che aveva accettato un posto di governo), Berneri sottolineo' polemicamente: "E' l'ora di rendersi conto se gli anarchici stanno al governo per far da vestali ad un fuoco che sta per spegnersi o vi stanno ormai soltanto per far da berretto frigio a politicanti trescanti con il nemico o con le forze della restaurazione della "repubblica di tutte le classi"... Il dilemma: guerra-rivoluzione - non ha piu' senso. Il dilemma e' uno solo: o la vittoria su Franco mediante la guerra rivoluzionaria o la sconfitta" (8). L'atteggiamento coerentemente rivoluzionario di Berneri era inaccettabile per i comunisti stalinisti, che lo fecero avvertire, subito dopo la pubblicazione della lettera sopracitata alla Montseny, da Antonov-Ovseenko, tramite la Generalita' di Catalogna, che rischiava grosso se avesse continuato ad esporre pubblicamente il proprio pensiero: di cio' Berneri avverti' immediatamente i suoi amici a Parigi, ed e' per questo che quest'informazione e' sopravvissuta alla sua morte.
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L'assassinio
Camillo Berneri si assunse poi la pubblica responsabilita' di difendere a spada tratta il P.O.U.M. (piccolo ma combattivo partito comunista di generica ispirazione trotskista) dagli attacchi dei comunisti spagnoli, che ne chiedevano l'eliminazione come forza sostanzialmente alleata del fascismo e del disfattismo, calunnie destituite di ogni fondamento, messe in giro dai burocrati stalinisti con la ferma intenzione di eliminare definitivamente un concorrente pericoloso perche' sinceramente rivoluzionario, ed alieno dai compromessi e dalle false unita' sostenute dai burocrati rossi alle dipendenze di Mosca. Non aveva infatti scritto la Pravda del 17 dicembre 1936: "In quanto alla Catalogna e' cominciata la pulizia degli elementi trotzkisti e anarco-sindacalisti, opera che sara' condotta con la stessa energia con la quale la si condusse in Russia"?
Di fronte a tanto livore controrivoluzionario Berneri insorse pubblicamente, e la sua presa di posizione fu pubblicata sull'Adunata dei Refrattari (9). "Contro le mire egemoniche e le manovre oblique del P.S.U.C. noi dobbiamo instancabilmente ed energicamente affermare l'utilita' della libera concorrenza politica in seno agli organismi sindacali e l'assoluta necessita' dell'unita' d'azione antifascista. Bisogna evitare i toni zoccolanti, le prediche francescane. Bisogna dire ben alto che chiunque insulta e calunnia il P.O.U.M. e ne chieda la soppressione e' un sabotatore della lotta anti-fascista che non va tollerato. Questa nostra presa di posizione, oltre che aderire alle necessita' della grave ora e rispondere allo spirito dell'anarchismo, costituisce la migliore profilassi contro la dittatura controrivoluzionaria che vieppiu' si profila nel programma di restaurazione democratica del P.S.U.C. e nella disgiunzione tra rivoluzione e guerra di alcuni rivoluzionari miopi e disorientati".
Cosi', con questa solita chiarezza, Berneri difese il P.O.U.M. dalla campagna di calunnie imbastita dagli stalinisti. Questi ultimi risposero nell'unico modo a loro concepibile, per battere un avversario cosi' preparato, onesto, deciso a esprimere la propria opinione senza chiedere "imprimatur" a chicchessia: la risposta dello stalinismo fu l'assassinio. Arrestato la sera del 5 maggio 1937 a casa sua da agenti in borghese ed in divisa al soldo della G.P.U. (la polizia politica staliniana), scomparve, ed il suo corpo fu raccolto dalla Croce Rossa sulla Piazza della Generalita', trafitto da colpi d'arma da fuoco. Sulla Rambla, a poca distanza, fu trovato anche il corpo di Francesco Barbieri, altro anarchico italiano volontario antifascista in Spagna, grande amico e collaboratore di Berneri, che era stato arrestato con lui.
Erano in corso in quei primi giorni del maggio '37 violenti scontri armati fra i lavoratori della C.N.T. e le varie polizie para-comuniste, impegnate unicamente nella repressione dei moti e delle istanze popolari libertarie. Nonostante il clima fosse ormai piu' che surriscaldato, l'assassinio di Berneri assunse subito un suo significato particolare, odiosa e delinquenziale risposta dei comunisti autoritari alle critiche precise e motivate di un sincero rivoluzionario: la tragedia di Kronstadt e dell'Ucraina si ripeteva in Catalogna ed in tutta la Spagna, come Berneri - facile profeta - aveva previsto.
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Note
1. Da Pensieri e Battaglie, edito a cura del Comitato Camillo Berneri, Parigi 1938, pag. 41.
2. Da "L'autodemocrazia" su Volonta' (Ancona) del 1-6-1919; come altri articoli di Berneri citati successivamente, questo trovasi riprodotto negli Scritti scelti di Camillo Berneri Pietrogrado 1917/Barcellona 1937 pubblicati da Sugar editore nel 1964 a cura di P. C. Masini e di A. Sorti.
3. Vedansi, p. es., gli articoli "L'attesa di Lenin" su Il grido della rivolta (Firenze) del 26-6-1920 e "Bolscevismo e militarismo" su Umanita' Nova del 29-10-1921.
4. La lettera di Berneri a Gobetti fu pubblicata su Rivoluzione Liberale (Torino) del 24-4-1923, sotto il titolo "Il liberismo dell'Internazionale".
5. "L'operaiolatria", pubblicato in opuscolo dal gruppo d'edizioni libertarie di Brest nel 1934.
6. Da "Sovietismo, anarchismo ed anarchia" pubblicato su L'Adunata dei Refrattari (New York) del 15-10-1932.
7. Da Giustizia e Liberta' (Parigi) del 27-7-1936, sotto il titolo "Discussione sul federalismo e l'autonomia".
8. La lettera aperta alla compagna Federica Montseny e' stata integralmente riprodotta in appendice al gia' citato Pensieri e Battaglie.
9. Pubblicata sotto il titolo "Noi e il P.O.U.M." su L'Adunata dei Refrattari (New York) del primo e dell'8 maggio 1937.
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14. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Franco Basaglia, Franca Ongaro Basaglia (a cura di), Crimini di pace, Einaudi, Torino 1975, pp. X + 486.
- Laura Forti (a cura di), L'altra pazzia, Feltrinelli, Milano 1975, 1979, pp. 360.
- Franca Ongaro Basaglia, Salute/malattia, Einaudi, Torino 1982, pp. 278.
- Luigi Onnis, Giuditta Lo Russo (a cura di), La ragione degli altri, Savelli, Roma 1979, pp. 672.
15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
16. PER SAPERNE DI PIU'
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TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3831 del 14 agosto 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
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