[Nonviolenza] Telegrammi. 3826
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 3826
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Sat, 8 Aug 2020 19:04:18 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3826 del 9 agosto 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Ricordando Alex Langer e Paolo Finzi, costruttori di ponti, combattenti nonviolenti per la liberazione dell'umanita'
2. Donatella Di Cesare ricorda Paolo Finzi
3. "LaBoje Spazio Sociale" ricorda Paolo Finzi
4. Olmo Losca ricorda Paolo Finzi
5. Andrea Semplici ricorda Paolo Finzi
6. "Zapruder" ricorda Paolo Finzi
7. "Rete Italiana per il Disarmo" e "Senzatomica": A 75 anni dai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki e' ora di cancellare le armi nucleari dalla storia
8. Augusto D'Angelo: Don Bruno Nicolini
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'
1. AMICIZIE. RICORDANDO ALEX LANGER E PAOLO FINZI, COSTRUTTORI DI PONTI, COMBATTENTI NONVIOLENTI PER LA LIBERAZIONE DELL'UMANITA'
A distanza di tanti anni l'una dall'altra due persone valorose, che per noi sono stati anche due amici molto cari, oltre che maestri e compagni di lotte, ci hanno lasciato nel piu' tragico dei modi, ponendo volontariamente fine ai propri giorni.
Il 3 luglio del 1995 Alex Langer, nella campagna fiorentina; era nato nel 1946.
Il 20 luglio 2020 Paolo Finzi, lungo la linea ferroviaria nei pressi di Forli'; era nato nel 1951.
Non sono le sole persone della cui generosa vicinanza e benevolenza abbiamo avuto la fortuna e il privilegio di fruire che hanno cessato di vivere con un gesto volontario, che anch'esso ci interpella nel profondo, come nel profondo le loro vite, le loro esperienze e riflessioni, ci hanno interpellato e vieppiu' persuaso all'impegno comune per il bene comune dell'umanita'.
Ma in Alex e in Paolo vi erano alcune qualita' comuni che sempre ci hanno commosso: la mitezza che ascolta e comprende ed accoglie e lenisce il dolore e umanizza la vita, la virtu' dialogica e maieutica, l'essere costruttori di ponti tra diversi, l'essere combattenti nonviolenti per la liberazione dell'umanita', il loro urgente incessante assoluto schierarsi dalla parte delle vittime e contro tutti i poteri oppressivi.
Persone cosi' e' naturale che vivano nel conflitto, che sperimentino quotidianamente l'incomprensione, lo scacco, l'angoscia, e non di rado la persecuzione; che agiscano in contesti critici, nel vivo delle lotte, tra le contraddizioni piu' laceranti; e che sperimentino i limiti piu' dolorosi, le prove piu' incerte; e che nei loro esperimenti di verita', nel loro operare per la condivisione del bene e dei beni, debbano incontrare sovente la banalita' del male e il male radicale che sono una stessa cosa.
Eppure sono persone entusiaste della vita, della bellezza del mondo, sempre pronte ad andare dove vengono chiamate, sia per prendere parte a una lotta, sia per partecipare a un incontro di convivialita' nel senso forte che Ivan Illich attribuiva a questa parola, sia per recare una testimonianza, una parola saggia e sapiente, o la memoria di ferite che non si rimarginano.
E nel loro andare, nel loro tessere relazioni e confortare animi, chiarire situazioni ed esortare al vero e al giusto e al bene, nel loro ricordare, nel loro condividere, nel loro lottare, sempre portano la luce dell'ironia (soprattutto dell'autoironia) e della pazienza; ma un'ironia che non e' mai ne' futile ne' gratuita; e una pazienza che non e' mai corriva o rassegnata; no, la loro era l'attitudine di quel verso di Franco Fortini: "ironia che resiste, e contesa che dura".
*
Poi, naturalmente, c'erano anche le differenze, e tutto cio' che connota l'esistenza di un essere umano che non si svolge mai "in vitro" ma sempre tra i turbini e le lacerazioni, tra i limiti e le contraddizioni, nelle scelte impegnative e nelle decisioni irreversibili da prendere sempre senza il tempo necessario, da prendere sempre sotto la pressione degli eventi, da prendere sempre nella coscienza della complessita' delle situazioni, tra le perplessita' e le incertezze, e sovente senza la possibilita' di avvalersi del vecchio principio di precauzione, perche' la violenza, la menzogna e la barbarie dei poteri oppressivi, schiavisti e sterministi sempre preme ed e' sul punto di dilagare, e allora qui e adesso tu, proprio tu devi opporti, tu, proprio tu, devi essere l'argine. Cosciente di correre il rischio che quella pressione, quel peso insostenibile, quella macchina divoratrice, quel vuoto orrore affamato di vite umane, ti spezzi, ti spazzi via, e la tua azione resistente, la tua azione misericorde, la tua azione generosa e doverosa sia stata vana.
Alex Langer era cresciuto in un ambiente multietnico e multiculturale tra vivi attriti e vivi incroci, cattolico come don Milani, militante della nuova sinistra nel decennio fiammeggiante e corrusco, aggettante e tragico, a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta, fu poi tra i fondatori del movimento dei Verdi, e tenne insieme le ragioni della liberazione dell'umanita', della difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, della convivenza e della condivisione del bene e dei beni, della difesa della natura, negli ultimi anni della sua vita lottando con tutte le sue forze contro i poteri totalitari e genocidi che menavano strage nel cuore d'Europa nell'indifferenza generale.
Paolo Finzi, figlio di resistenti antifascisti, giunto giovanissimo all'ideale anarchico, compagno di lotta di Pino Pinelli, fu il piu' giovane degli anarchici perseguitati dopo la strage di piazza Fontana; fondo' ed e' stato lungo cinque decadi lo "spiritus rector" di "A. Rivista anarchica", che e' una delle piu' belle riviste di politica e cultura che esistono in Italia; impegnato in tutte le riflessioni e ricerche libertarie, in tutte le lotte anarchiche e nonviolente, ha scritto libri (e poi anche altre pubblicazioni multimediali) su due figure luminose dell'anarchia: Errico Malatesta e Alfonso Failla, sulla Resistenza di Matilde Bassani Finzi sua madre; sul popolo rom e sul suo sterminio da parte dei nazisti; su Fabrizio De Andre' di cui fu amico ed esegeta; e sia su "A" sia in dossier e altri testi specifici molto ha scritto sul contributo anarchico alla Resistenza, su Pino Pinelli e sulla strage di Stato, su molti temi e molte figure che insieme costituiscono una costellazione di studi e ricerche di vastita' e profondita' tali da meravigliare chi non immagina che si possa essere insieme uno strenuo militante nel vivo delle lotte ed uno studioso e un suscitatore di studi cosi' aperto, ad un tempo rigoroso e poliedrico, capace di dare sensibile ascolto - e restituire fedele rappresentazione ed aggettante interpretazione - ad ogni esperienza e riflessione che arricchisse la teoria e le pratiche libertarie, solidali, di difesa nitida e intransigente - e di comprensione accurata e accudente - della dignita' umana e del mondo vivente.
*
L'ecologista per antonomasia Alex Langer e l'anarchico per antonomasia Paolo Finzi.
Ma abbiamo la convinzione che certi epiteti stereotipati non rendessero loro piena giustizia.
L'ecologia integrale (equosolidale, sociale e nonviolenta) di Alex, e l'anarchia integrale (di opposizione a tutti gli stati, a tutte le chiese, a tutti i poteri) di Paolo, non configurano due universi di discorso separati ed incomunicabili, ma al contrario sono esperienze fortemente intrecciate, costantemente aperte e reciprocamente attrattive, come tutte le esperienze e riflessioni femministe, ecologiste, socialiste, libertarie, antispeciste, nonviolente, che tutte convergono in una speranza e prospettiva di umanesimo integrale, di liberazione comune, di convivenza solidale, di relazione universalmente rispettosa e accudente fra tutti gli esseri umani, e fra gli esseri umani e gli altri esseri viventi e l'intero mondo vivente.
Noi crediamo che molte differenze tra le persone, i movimenti, le organizzazioni e finanche le istituzioni orientate in modo rigoroso alla resistenza contro ogni oppressione, alla condivisione di tutto il bene e di tutti i beni, alla liberazione dell'umanita', alla difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani e alla difesa e all'accudimento della biosfera, siano piu' di linguaggio che di sostanza: e che figure come quella di Alexander Langer e quella di Paolo Finzi siano illuminante testimonianza di questa profonda unita' d'intenti e di orientamento verso il bene comune che unisce i soggetti individuali e collettivi che sull'umana esistenza ragionano con visione non offuscata, con non alienata coscienza, con viva empatia e nitida intellezione. Come ci hanno insegnato Simone Weil e Hannah Arendt, Rosa Luxemburg e Virginia Woolf.
Capita raramente tra gli uomini: cosi' forte e' il peso e lo stigma di millenni di tradizione oppressiva maschilista e patriarcale; solo il pensiero delle donne, il movimento di liberazione delle donne costituiscono la corrente calda e il massimo inveramento storico della nonviolenza in cammino, di tutte le esperienze e riflessioni intese a promuovere la liberazione dell'umanita' e la salvezza dell'intero mondo vivente.
Tra i non molti uomini postisi concretamente, esistenzialente, empaticamente alla scuola del pensiero e delle lotte delle donne Alex e Paolo sono stati un esempio e un appello.
Nel loro sentire ed agire non li guastava la presunzione ne' il rancore, che pure offuscano tante persone dotate di buone qualita'; preferivano subire ingiurie anziche' commettere torti; e sceglievano comunque di opporsi sempre ad ogni abuso, ad ogni oppressione, ad ogni iniquita', sceglievano comunque di essere sempre realmente, pienamente solidali con le vittime, con tutte le vittime. Erano parte del movimento delle oppresse e degli oppressi, sapevano di avere un ruolo anche - per cosi' dire - pedagogico, ma della loro autorevolezza intellettuale e morale non abusarono mai per imporre un'autorita' personale, ne' per ottenere privilegi o gratificazioni.
*
Chi materialmente scrive queste righe, che ha cercato di vivere secondo quel consiglio di Epicuro ("lathe biosas") pur avendo dedicato - nei limiti delle sue capacita' e possibilita' - alla lotta politica contro l'oppressione e l'ingiustizia l'intera vita, tante volte resto' sorpreso ricevendo da entrambi un'affettuosa, generosa attenzione (visite e abbracci, lettere e telefonate, pubblicazioni in dono, inviti a prendere parte a iniziative); e sentiva che uguale attenzione sapevano riservare a tutte le persone che avevano incrociato lungo i sentieri delle loro vite; persone che ricordavano una per una e che tenevano insieme in una trama relazionale che prefigurava l'internazionale futura umanita', la civile convivenza, la societa' universale in cui da ciascuno sia donato secondo le sue capacita' e a ciascuno sia donato secondo i suoi bisogni: il sogno e il programma della prima Internazionale allo stato nascente, e di ogni autentico movimento di liberazione, di ogni persona che si ferma a pensare e nella sua mente, nel suo cuore, riscopre la regola aurea di ogni morale decente: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te; sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.
Li ricordiamo quindi come si deve ricordare ogni persona, e massime le persone amate: per l'insieme della vita (in cui, certo, c'e' anche il momento della morte, ma che quel momento non fagociti e non annichilisca il senso e il valore dell'intero cammino percorso e degli ideali affermati e vissuti fino all'estremo), per quanto di buono hanno saputo donare, per l'esempio e le seminagioni e le sementi che lasciano.
Ricordandoli cosi', Alex Langer e Paolo Finzi, ci esortano ancora alla lotta nonviolenta per la liberazione comune e per l'accudimento dell'intero mondo vivente; ci esortano ancora ad opporci al fascismo ed a tutti i poteri oppressivi.
Tessitori di pace, intransigenti difensori dei diritti umani di tutti gli esseri umani - il diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta', a una sobria felicita', alla condivisione del bene e dei beni -; persuasi della nonviolenza concretamente agita nel conflitto necessario; li ricordiamo e li salutiamo ancora una volta con gratitudine che non si estingue. Ed ai loro familiari ed amici e compagni una volta ancora attestiamo la nostra vicinanza.
*
Ed e' anche nel ricordo della loro lotta, del loro esempio, del loro lascito, naturalmente senza la pretesa di interpretarli e di rappresentarli e sapendo che su alcune nostre proposte di riflessione e d'iniziativa potevano ovviamente avere opinioni diverse e fin opposte, che ancora una volta riproponiamo ad ogni persona di volonta' buona quattro impegni su cui da anni - da decenni - veniamo insistendo:
1. riconoscere a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro, ove necessario mettendo a disposizione adeguati mezzi di trasporto pubblici e gratuiti; e' l'unico modo per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani;
2. abolire la schiavitu' e l'apartheid in Italia; riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto": un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia;
3. abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese; si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani;
4. formare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza; poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Abolire le guerre e le armi, abolire ogni struttura oppressiva, abolire ogni schiavitu', riconoscere l'umanita' di ogni essere umano.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la liberazione dell'umanita' e la salvezza dell'intero mondo vivente.
La nonviolenza e' in cammino. La nonviolenza e' il cammino dell'umanita' verso l'universale solidarieta'.
2. MEMORIA. DONATELLA DI CESARE RICORDA PAOLO FINZI
[Da twitter]
Ha interrotto la sua vita Paolo Finzi, compagno anarchico, figlio di ebrei combattenti nella Resistenza, arrestato con Pinelli, amico di De Andre', penna raffinata, animo poetico, voce di una rivoluzione mai spenta, mente di "A - rivista anarchica".
Lo abbraccio, desolata, nel ricordo.
3. MEMORIA. "LABOJE SPAZIO SOCIALE" RICORDA PAOLO FINZI
[Dalla pagina facebook de "LaBoje Spazio Sociale" riprendiamo questo ricordo del 23 luglio 2020 dal titolo "E' morto Paolo Finzi: un ricordo"]
"Paolo si e' tolto la vita con lucida consapevolezza, esercitando – da ateo libertario qual era – il diritto di disporre della propria vita, in piena e lucida autonomia.
(...) E' stato egoista? Si'. Ha lasciato una scia di dolore, coinvolgente famigliari e compagni anarchici.
(...) Lui, che aveva dedicato la sua vita alla liberazione degli umani, non aveva piu' speranza. Non l'ha negata. L'ha lasciata agli altri.
Si e' sentito, tristemente, a fine corsa. E ne ha preso atto: con dignita' e coerenza, ha camminato per un'ora incontro a un treno, che poi veloce l'ha travolto.
Ha camminato guardando in faccia la morte, che l'ha liberato.
Con dissenso, con comprensione, con stima, con dolore, con amore.
Enrico".
Prendiamo in prestito le parole di Enrico, il fratello di Paolo Finzi, per unirci al cordoglio e al saluto ad un uomo, un intellettuale, un compagno prezioso che abbiamo avuto la fortuna di ospitare a LaBoje lo scorso novembre.
Abbiamo appreso con sgomento la notizia della sua morte, e i nostri pensieri vanno ai famigliari e ai compagni di Paolo, anarchico libertario e libero che non si riconosceva piu' in questo mondo.
La terra gli sia lieve.
4. MEMORIA. OLMO LOSCA RICORDA PAOLO FINZI
[Dal sito https://frecceinversi.wordpress.com riprendiamo questo ricordo del 21 luglio 2020 dal titolo "E' morto Paolo Finzi: un ricordo"]
Ieri mattina sono stato informato dalla mia famiglia che mia sorella era stata ricoverata in ospedale, a Milano, con una febbre molto alta, piu' delle complicazioni associate al covid. Mi sono precipitato alla stazione di Cesena, nel primo pomeriggio, ma il treno non arrivava. Un'ora di ritardo, poi due. Dal megafono hanno cominciato a dire che la tratta Cesena-Bologna era bloccata; un capotreno ha detto: "forse una ragazza si e' gettata sotto i binari". Ho passato una giornata da incubo, non potevo prendere il treno e nello stesso tempo mi dispiaceva per quella ragazza. Dopo due ore ho deciso di tornare dalla mia amica che mi ospita a Cesena.
Questa mattina, all'alba, torno alla stazione e riesco a prendere il treno. Sono seduto, preoccupato per mia sorella, e' giovane. La mia sorella piccina, come dico io, e nello stesso tempo penso a quella ragazza del giorno prima. Mi arriva una telefonata quando sono a Bologna, e' un caro amico di Milano, in lacrime. Mi dice che Paolo Finzi, il giorno prima, aveva deciso di lasciare anche lui questo mondo. Mi dice che lo ha voluto fare nei pressi di Forli'. Si e' seduto sui binari (cosi' me lo immagino).
No, non era una ragazza ieri, il capotreno aveva sbagliato, era il mio vecchio amico Paolo. E' talmente assurdo che sembra un film. Ero a Cesena pensando a mia sorella e Paolo era a pochi km da me. Le sensazioni si accavallano. Ho perso 4 amici per il covid in tre mesi. E ora Paolo.
Paolo non stava bene fisicamente gia' da tempo ma quasi nessuno aveva capito il suo dolore esistenziale, la sua stanchezza. Quasi nessuno capisce la stanchezza della nostra mente.
Ho conosciuto personalmente Paolo Finzi diversi anni fa, me lo presento' Faustone, un vecchio anarchico (uno di quegli anarchici che ancora oggi non ha internet, facebook, nulla, ma quando parla di anarchia ti siedi con gli occhi a cuore e capisci che non serve a niente la tecnologia davanti alla passione). Paolo lo conoscevo gia', di nome, fin da ragazzino perche' leggevo la rivista A, e lui come redattore era noto. La sua storia, da libertario, iniziava in quel tremendo dicembre del 1969. Come conoscevo di nome Aurora Failla, la sua compagna, figlia di Alfonso Failla, una sorta di leggenda nel movimento anarchico del dopoguerra, e non solo quello italiano. Li conobbi a un pranzo nella loro casina sul mare, tra Carrara e Massa; nel salotto una stampa in bronzo originale raffigurante Malatesta. Rimasi mezz'ora ad osservarla. Una giornata bellissima, passata a cantare le canzoni anarchiche tutti insieme, con Paolo, Aurora, sua sorella e la famiglia venuta dalla Francia. Eravamo in 10 e cantammo fino a sera. Un ricordo indelebile. Un ricordo bello.
Da quel giorno, ogni volta che ci incontravamo in giro per l'Italia, parlavamo e ci scambiavamo sempre idee. Dalle giornate alla Scighera di Milano alle salite alla statua di Canzi (il mitico partigiano anarchico) in montagna, in alta val trebbia, dalle ore a dialogare di Faber e don Gallo ai Rom, un popolo che amavamo entrambi. Organizzai insieme ad altri compagni anche delle sue presentazioni. L'ho visto l'ultima volta a Firenze, dove ho presentato il mio libro di poesie alla vetrina internazionale libertaria, mi sembrava preoccupato ma sorrideva.
Gli ho regalato il mio libro di poesie e ridendo gli ho detto: "tanto non le leggi!". Rise anche lui. Aveva gli occhi velati, in quel momento pensai a mio padre.
Non eravamo sempre in accordo nel pensiero libertario, ricordo una discussione animata ad Alessandria, al laboratorio anarchico Perlanera, lui con le sue idee, io con le mie. Si parlava del cinquantenario del massacro di Pinelli e di piazza fontana. Ma ci rispettavamo profondamente. Mio padre mi diceva sempre: "Non devi incazzarti se discuti con i compagni e le compagne, e' normale. L'anarchia e' un universo di idee, solo i fascisti vanno d'accordo perche' hanno una sola idea e con quella marciano. Ma gli anarchici hanno tante idee quanto i granelli di sabbia in un deserto, perche' sono pieni di entusiasmo per un mondo e una societa' diversa. E ognuno puo' dare un apporto all'Idea. Ricordati sempre che gli anarchici non sono mai nemici, sono solo litigarelli".
Era tenero mio padre. Lui che aveva subito i bombardamenti degli americani nella seconda guerra mondiale, la repressione, il manicomio, le stragi dello Stato, credeva nell'amicizia mai nell'odio (non sopportava i fascisti questo si'). Nella liberta' credeva ed e' per questo che le discussioni tra anarchiche e anarchici lo appassionavano. Secondo lui arricchivano. E anche il mio vecchio amico Faustone, con la barba alla Bakunin, che mi aveva fatto conoscere Paolo Finzi, ancora oggi crede alla stessa cosa.
Abbiamo perso tutti qualcosa; quando muore una persona che crede alla solidarieta' e al mutuo appoggio (ognuno alla propria maniera) si perde. E oggi mi sento di aver perso; mi mancheranno le discussioni accese.
Sono sceso dal treno, preoccupato per mia sorella. La stazione e' un forno, il caldo ti prende in gola (queste fottute mascherine) e la strada e' una pista a 40 gradi.
E allora, cristo, perche' mi tremano le gambe e ho i brividi...
Che la terra, caro Paolo, ti sia sempre leggera. Ciao
5. MEMORIA. ANDREA SEMPLICI RICORDA PAOLO FINZI
[Dal sto www.andreasemplici.it riprendiamo questo testo del 26 luglio 2020 dal titolo "Ti prego, salta via da quei binari"]
A Paolo sarebbe piaciuta l'osteria di via San Biagio, a Matera. Ne conosceva l'esistenza. Perche' "A - Rivista Anarchica" e', da tempo, sul bancone, accanto al vino e alla birra. Paolo Finzi, assieme a molti altri compagni, era stato il fondatore della rivista, ne era il direttore, anche se dopo, quarantanove anni di lavoro, si ostinava a definirsi "un redattore". Avrebbe sorriso Paolo nel vedere quella piccola insegna: "Malatesta". Lui che ha scritto una monografia su Errico Malatesta.
Non ho conosciuto Paolo. Nei miei due anni milanesi cercai i luoghi celebri dell'anarchia italiana. Scighera, Bovisa, Ponte della Ghisolfa. Sapevo che Paolo era il piu' giovane fra i compagni fermati dopo la strage di Piazza Fontana. Allora, aveva 18 anni ed era amico di Pino Pinelli. Due anni dopo, nel 1971, nasceva la rivista "A".
Scrive Paolo Cognetti che Paolo "riempiva i posti dove entrava". Questo lo posso immaginare. Era stato amico e complice di Fabrizio De Andre'. Ho sempre pensato che fra anarchici vi sia un patto di amicizia che non puo' essere scalfito. Vi e' uno sguardo comune, un'intesa silenziosa.
Leggo che Enrico, il fratello di Paolo, ha scritto: "Ha camminato un'ora incontro a treno, che poi veloce lo ha travolto". Paolo ha scelto di morire. Con una determinazione che stordisce. Ho pensato ad Alex. Alex Langer che scelse di morire in una delle piu' belle colline di Firenze: niente lo fermo' nel suo lento cammino verso la morte. Sono testardi, gli uomini giusti.
Paolo ha camminato per un'ora incontro a un treno lungo la ferrovia emiliana. Vorrei avergli gridato: "Scansati, salta via dai binari". Come avrei voluto farlo con Alex: "Fermati". Questo lo pensi, da stupido, solo dopo. E Paolo non lo conoscevo. Non puoi premere il tasto "rewind".
Alex, con il suo ultimo messaggio, ci invito' a continuare in cio' che e' giusto. I compagni della rivista anarchica promettono di "continuare a navigare in direzione ostinata e contraria".
Io, perdonatemi, ho voglia di fermarmi.
6. MEMORIA. "ZAPRUDER" RICORDA PAOLO FINZI
[Dalla pagina facebook della rivista "Zapruder"]
Se n'e' andato Paolo Finzi (1951-2020), il piu' giovane anarchico fermato il 12 dicembre 1969 dopo la strage di PiazzaFontana, militante di Bandiera Nera con Pinelli e altr*, animatore del Ponte della Ghisolfa e fondatore di "A. Rivista anarchica", che ha contribuito a costruire per quasi 50 anni.
Noi ricordiamo quando venne a parlarci con Giovanna Boursier del doppio DVD con libro "A forza di essere vento", proiettato al simposio del 2008 in coda al dialogo "Stranieri ovunque" (successivamente trasformato nel n. 19 di "Zapruder").
Ciao, Paolo!
7. L'ORA. "RETE ITALIANA PER IL DISARFMO" E "SENZATOMICA": A 75 ANNI DAI BOMBARDAMENTI DI HIROSHIMA E NAGASAKI E' ORA DI CANCELLARE LE ARMI NUCLEARI DALLA STORIA
[Riceviamo e diffondiamo]
Comunicato stampa di Rete Italiana per il Disarmo e Senzatomica: E' necessario cambiare rotta per eliminare per sempre il rischio di distruzione nucleare. Basta formule geopolitiche ed equilibri strategici: ripartiamo dalla nostra umanita' e dalla volonta' delle persone. L'Italia abbia il coraggio di un passo storico.
*
Anche nell'anniversario del primo utilizzo militare a Hiroshima dell'energia atomica l'appello della societa' civile internazionale verso i Governi di tutto il mondo rimane lo stesso: ricordiamoci della nostra umanita' ed eliminiamo le armi nucleari. A 75 anni da quella immane catastrofe, seguita poi dal bombardamento di Nagasaki del 9 agosto, che ha cancellato dalla faccia della terra un'intera citta' e centinaia di migliaia di vite dobbiamo fermarci e cambiare rotta. Non e' piu' possibile basare una falsa idea di sicurezza sulla minaccia di utilizzare le piu' terribili armi mai concepite dall'uomo; armamenti che hanno impatti incalcolabili e ingestibili sulle citta', sull'ambiente, sulla cultura e su generazioni intere. Ripartiamo dall'esempio dei sopravvissuti, in particolare gli Hibakusha, e di tutti coloro che hanno subito nel corso dei decenni ferite e dolori devastanti anche solo dai test nucleari. Da quest'esempio dobbiamo trarre il coraggio di una strada nuova che rompa con le formule sterili dei vecchi equilibri geopolitici e strategici e abbia invece il coraggio di ripartire dalla volonta' diffusa, anche in Italia, delle popolazioni tutto il mondo. La maggioranza delle persone vuole eliminare dalla storia le armi nucleari e cosi' eliminare uno dei grandi rischi globali che viviamo in questa epoca storica.
Istituzioni, Ong e movimenti attivi sui temi del disarmo si stanno mobilitando in tutto il mondo con l'obiettivo di trasformare la ricorrenza di un cosi' tragico evento in energia propulsiva per la realizzazione di un mondo libero dalle armi nucleari!
Concretamente, la tappa fondamentale a cui si sta puntando consiste nell'entrata in vigore del Trattato per la messa al bando delle armi nucleari (Tpnw). Manca solamente la ratifica di dieci Stati affinche' il Trattato entri in vigore, e' dunque un momento in cui il contributo della societa' civile di tutto il mondo risulta davvero cruciale. Rete italiana per il Disarmo e Senzatomica si uniscono a questa mobilitazione ponendo ancora una volta all'attenzione del Governo italiano lo strumento del Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpnw): un trattato votato nel 2017 dalle Nazioni Unite che potrebbe diventare la strada giusta per giungere finalmente a un disarmo nucleare che in questi decenni tutti hanno evocato ma nessuno si e' impegnato a costruire. Un percorso diffuso e condiviso voluto dai sopravvissuti alle bombe e ai test nucleari e promosso dalla campagna Ican primo Nobel per la Pace 2017 di cui anche le nostre organizzazioni fanno parte.
La nostra richiesta e' che non debbano passare altri 75 anni per vedere passi concreti di eliminazione delle armi nucleari, che rimangono un rischio impossibile da accettare o gestire anche se rimangono silenti negli arsenali: basta infatti una minima degenerazione nella situazione della politica internazionale (come accaduto in questi ultimi anni) per ritrovarsi di nuovo con un rischio concreto di guerra nucleare. Siamo certamente lontani dai livelli di testate della fine della Guerra Fredda, ma numerosi studi e analisi dimostrano come anche un "piccolo" conflitto combattuto con questi ordigni porterebbe ad impatti non affrontabili da nessuna struttura di sanita' o welfare per miliardi di persone. Un pericolo migliaia di volte piu' pericoloso della pandemia che stiamo vivendo, ma che ancora non ha convinto i leader mondiali a investire nella Pace e non nelle armi. Chiediamo al Governo italiano di trovare il coraggio per un passo storico e per guidare verso una strada nuova i Paesi che ospitano armi nucleari (circa 50 state nelle due basi di Aviano e Ghedi) e usufruiscono dell'ombrello delle potenze nucleari. Non e' cosi' che si difendono le popolazioni e si costruisce la pace: ci vuole un atto di coraggio!
Per ricordare i 75 anni che ci separano da Hiroshima e Nagasaki diverse sono le iniziative in corso. In particolare Senzatomica ha organizzato una campagna di comunicazione web tramite i suoi canali social con la pubblicazione dal dal 3 al 9 agosto di approfondimenti su vari aspetti cardine riguardanti il disarmo nucleare.
Per il 6 agosto sono invece due le iniziative promosse da organizzazioni della Rete italiana per il Disarmo: ad Aviano con i "Beati i costruttori di Pace" e a Verona con il Movimento Nonviolento e molte altre organizzazioni locali. Tutti insieme diffonderemo la consapevolezza sia delle catastrofiche conseguenze dell'uso delle armi nucleari che sull'importanza delle azioni locali per produrre cambiamenti globali, siamo convinti di poter dare il nostro contributo alla campagna "Italia Ripensaci" che chiede alle autorita' italiane di rivedere la propria posizione riguardo al Tpnw e di cominciare un percorso verso la ratifica dello stesso. Ci aspettiamo che il governo Conte possa raccogliere questa richiesta finalmente dare riscontro alla volonta' della maggioranza degli italiani e delle italiane.
6 agosto 2020, settantacinquesimo anniversario del bombardamento atomico di Hiroshima
Per ulteriori contatti:
Senzatomica – ufficiostampa at senzatomica.it – +39 338 6167247
Rete Italiana per il Disarmo – segreteria at disarmo.org – +39 328 3399267
8. MEMORIA. AUGUSTO D'ANGELO: DON BRUNO NICOLINI
[Dal sito www.romasette.it riprendiamo questo articolo del 17 dicembre 2019 dal titolo "Don Bruno Nicolini, a fianco degli zingari, oltre la frontiera del pregiudizio" e il sommario "Chiamato a Roma da Montini nel 1964, spese la vita a fianco di un popolo che amo' profondamente e fino all'ultimo giorno. La fondazione dell'Opera nomadi"]
Nel settembre del 1965, mentre il Concilio Vaticano II si avviava alla conclusione, si tenne alle porte di Roma, a Pomezia, un pellegrinaggio particolare: quello di tutti i gitani d'Europa, voluto da Paolo VI. A quell'evento che si tenne tra il 25 ed il 27 settembre e' stato dedicato un bel volume (Susanna Placidi, Una giornata particolare. L'incontro di Paolo VI con gli zingari a Pomezia, Tau, 2017). Il Papa scelse quella data e visito' il campo che accoglieva i pellegrini il 26 settembre. Era il giorno del suo compleanno, e volle passarlo con loro. Si tratto' di un incontro storico che intendeva manifestare al mondo l'amore di Dio per quei "pellegrini perpetui", per quei "viandanti senza riposo", invitandoli a trovare il loro posto nel cuore della Chiesa. Fu il segno di una Madre che si faceva per la prima volta, manifestatamente, vicina al popolo che tanto amava. Paolo VI opero' con quel percorso tra i palazzi Apostolici e Pomezia una riconciliazione profonda con un popolo spesso messo ai margini, perseguitato, sterminato nei lager nazisti, considerandolo composto non da stranieri di cui sospettare ma da fratelli carissimi. Li defini' "amati figli di questa Chiesa".
Tra gli organizzatori di quell'incontro c'era don Bruno Nicolini, un prete nato nel profondo nord italiano, che consacro' la sua vita agli zingari, a comunicare loro il Vangelo, a farli sentire parte della famiglia cristiana. Chiamato a Roma da Papa Montini nel 1964, don Bruno continuo' a spendere la sua vita a fianco di un popolo che amo' profondamente e fino all'ultimo giorno della sua vita. Don Nicolini era nato a Bolzano il 13 gennaio 1927. Il padre, Angelo, faceva il ferroviere, e la madre accudiva la famiglia. La famiglia, arricchita anche da una sorella e un fratello, visse alcuni trasferimenti (prima a Trento, poi a Mondovi') a causa del lavoro del padre ma dal 1938 fu di nuovo stabilmente a Bolzano. Il giovane entro' in seminario e visse il dramma della seconda guerra mondiale in prima persona, costretto a nascondersi nei boschi trentini per sfuggire ai rastrellamenti tedeschi. Il 29 giugno 1950 venne ordinato sacerdote a Trento, inviato poi nella parrocchia di Pinzolo dove si diede da fare per affiancare alla chiesa un oratorio efficiente. Poi fu parroco a Trento e per breve tempo a Levico Terme. A Bolzano insegno' religione nella scuola commerciale. Fu in quegli anni che si avvicino' alla pastorale per gli zingari e nel 1959 fu incaricato dalla diocesi di Trento di occuparsi di questo nuovo fronte. Poi se ne occupo' anche a Bolzano, dove nel 1963 fondo' l'Opera Nomadi, una associazione senza scopo di lucro che aveva tra gli obiettivi quelli di favorire l'integrazione delle minoranze rom, sinte e camminanti nella societa' italiana, di ottenere il loro riconoscimento come minoranza etnica e linguistica e di contrastare i pregiudizi diffusi. L'Opera nomadi nel 1966 si diede una struttura regionale e nel 1970 fu eretta come ente morale.
Don Bruno giunse a Roma nel 1964 per partecipare al primo convegno internazionale per la pastorale agli zingari promosso dall'allora Sacra Congregazione Concistoriale e presieduto dal cardinale Carlo Confalonieri e diretto dal vescovo di Digne Bernardin Collin, primo vescovo incaricato degli zingari in Francia. Fu in quell'occasione che don Bruno conobbe un gruppo di cappellani che per lui rappresentarono gli "apostoli": coloro che avevano iniziato un cammino di vicinanza agli zingari, avendo preso consapevolezza dell'eccezionalità di quel popolo incontrato nei campi di sterminio nazisti, col quale avevano condiviso la sofferenza estrema, rimanendo edificati dalla dignita' dei suoi componenti e della profonda spiritualita' espressa in piccoli gesti di riconoscenza e di tenerezza, in una situazione drammatica. Il Congresso termino' con un'udienza particolare in cui il Papa accolse la proposta di un pellegrinaggio degli zingari: quello che venne poi realizzato e coronato nell'incontro con Paolo VI a Pomezia. Il mese successivo all'incontro, nell'ottobre 1965, Paolo VI istitui' l'Opus Apostalatus Nomadum, annesso alla Sacra Congregazione per i vescovi, che poi sarebbe confluito poi nel Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti.
Intanto don Bruno, ormai stabilitosi a Roma, prese ad insegnare religione al liceo classico Dante Alighieri e nel giugno 1967 venne nominato segretario internazionale dell'Opus Apostolatus Nomadum. Affianco' al suo impegno sul campo l'attivita' di approfondimento culturale convinto, come scrisse nel suo libro Famiglia Zingara edito nel 1969, che fosse necessario "affrontare un lavoro di ricerca e di studio, per offrire un contributo concreto a quanti, sacerdoti e laici, sono impegnati nell'apostolato agli zingari". Insieme a Mirella Karpati, nel 1978 diede vita al "Centro studi zingari" di Roma, ma gia' dal 1965 aveva dato vita alla rivista Lacio Drom (che in romanes significa "Buon Viaggio"), per approfondire temi culturali, come quelli della lingua e della storia del porrajmos (lo sterminio nazista degli zingari), il rapporto con le istituzioni.
Opero' costantemente per continuare a tenere il suo popolo avvinghiato al cuore della Chiesa: fu lui a scrivere per Papa Woytjla da poco eletto il saluto che nella benedizione Urbis et Orbi del Natale 1978 fu letto anche nella lingua romanes; fu lui il regista, assieme a don Matteo Zuppi, della visita di Giovanni Paolo II a un piccolo accampamento di zingari, mentre il Papa si recava in visita nella parrocchia di Santa Rita a Tor Bella Monaca nel gennaio 1984. Nel suo lungo ministero don Nicolini non ha mai rinunciato al sogno che potesse nascere una nuova cultura della solidarieta' e a tale proposito – come ricorda Susanna Placidi in una pagina della biografia che sta completando su questa grande, e non sempre compresa, figura di prete "romano" – diceva: "Quando la stagione dell'intolleranza verso gli zingari sara' finalmente chiusa, non sara' proprio questo un segno emblematico della societa' nuova, quella multi-razziale, multi-etinica, multi-culturale?". La sua vita, spesa andando a trovare i suoi amici nei campi infangati con la sua vecchia utilitaria, voleva rappresentare la restituzione di un amore con cui la Chiesa voleva risarcire i secoli in cui gli zingari sono stati dimenticati e disprezzati, richiamando tutti alla necessita' di cambiare il proprio sguardo sulla storia di quel popolo.
Nel 2006 la citta' di Roma assegno' a don Bruno per il suo lungo impegno il Premio Campidoglio. E fu di don Bruno l'idea di edificare al Divino Amore, il santuario dei romani, una Chiesa a cielo aperto come meta di pellegrinaggio e di preghiera per i Rom e i Sinti, in cui fare memoria anche dello sterminio subito per opera del nazismo. La sua vita, quasi al termine, ottenne un grande momento di consolazione l'11 giugno del 2011, quando Benedetto XVI convoco' a Roma l'incontro mondiale dei Rom in San Pietro. Ormai anziano e fragile, ha vissuto gli ultimi anni della sua vita in una casa della Comunita' di Sant'Egidio, continuando a essere informato dei progressi e dei problemi del popolo che tanto amava dagli amici che continuavano la sua opera. Li' si e' spento il 17 agosto 2012.
Celebrando il suo funerale nella basilica di Santa Maria in Trastevere, il 18 agosto 2012, l'allora vescovo ausiliare di Roma e oggi arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Zuppi, che lo conosceva da decenni, disse: "Lo accompagniamo con molto affetto nell'ultimo tratto del suo cammino, lui peraltro morto nel giorno della memoria di San Rocco, santo pellegrino, che superava anche la frontiera piu' difficile, quella che allontana dalla sofferenza e dalla malattia. Bruno ha cercato di superare la frontiera del pregiudizio".
9. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Donatella Di Cesare, Se Auschwitz e' nulla. Contro il negazionismo, Il melangolo, Genova 2012, pp. 128.
- Donatella Di Cesare, Crimini contro l'ospitalita'. Vita e violenza nei centri per gli stranieri, Il melangolo, Genova 2014, pp. 112.
- Donatella Di Cesare, Terrore e modernita', Einaudi, Torino 2017, pp. VI + 208.
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Riedizioni
- Maurizio Bettini, Nascere. Storie di donne, donnole, madri ed eroi, Einaudi, Torino 2018, Rcs, Milano 2020, pp. 512, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Mario Bonaccorso, Irene Banos Ruiz, Che cosa e' la bioeconomia, Edizioni Ambiente, 2019, Rcs, Milano 2020, pp. 192, euro 7,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
11. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3826 del 9 agosto 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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