[Nonviolenza] Telegrammi. 3825
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 3825
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- Date: Fri, 7 Aug 2020 20:50:29 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3825 dell'8 agosto 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Cristina Cattafesta
2. "Far cessare la strage". Il 6 agosto si e' svolta a Viterbo una iniziativa in memoria dei morti sul lavoro promossa dall'Usb
3. Enrico Peyretti: Ieri sera
4. Pasquale Pugliese: Senza coscienza. 75 anni dopo Hiroshima e Nagasaki siamo ancora dentro al male assoluto
5. Alcuni testi di Primo Levi
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'
1. LUTTI. CRISTINA CATTAFESTA
E' deceduta Cristina Cattafesta, impegnata nella solidarieta' internazionale, per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Con gratitudine che non si estingue la ricordiamo.
2. L'ORA. "FAR CESSARE LA STRAGE". IL 6 AGOSTO SI E' SVOLTA A VITERBO UNA INIZIATIVA IN MEMORIA DEI MORTI SUL LAVORO PROMOSSA DALL'USB
Per iniziativa dell'Unione sindacale di base (Usb) giovedi' 6 agosto si e' svolta a Viterbo una iniziativa in memoria dei morti sul lavoro e contro lo sfruttamento assassino.
L'iniziativa, che si e' svolta anche negli scorsi anni e che si ripetera' anche nei prossimi, ricorda i braccianti uccisi nel foggiano il 4 e 6 agosto 2018, vittime del razzismo, del caporalato e del lavoro nero, e con essi ricorda tutte le vittime del lavoro. Ma ricordava anche le vittime della bomba di Hiroshima del 6 agosto 1943 e di tutte le guerre e le dittature, le vittime della strage degli innocenti nel Mediterraneo e dello schiavismo e dell'apartheid in Italia, e le vittime morte per mancanza di adeguata assistenza sanitaria e di tempestivi provvedimenti pubblici in questi mesi di epidemia.
*
La commemorazione e' iniziata alle ore 18 con la deposizione di una corona in via Caduti sul lavoro, accompagnata con interventi e letture.
E' poi proseguita in piazza della Repubblica, dove dalle 18,30 si sono tenuti altri interventi di riflessione e di testimonianza ed altre letture (di profondo impatto emotivo le letture drammaturgiche di Pietro Benedetti ed Olindo Cicchetti), ed e' stato infine deposto un mazzo di fiori nel luogo in cui anni fa mori' tragicamente un lavoratore migrante.
Tra gli intervenuti, che hanno proposto analisi e testimonianze tutte preziose, anche Luca Paolocci, Elisa Bianchini, Ada Tomasello, Carlo Mezzetti, Paolo Sabatini, e un acuto e appassionato giovane rappresentante di un'organizzazione giovanile del movimento operaio.
Tra gli interventi anche quello, conclusivo, del responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera", Peppe Sini, di cui di seguito proponiamo una estrema sintesi ricostruita a memoria alcune ore dopo.
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La strage dei lavoratori, assassinati dalla logica intrinseca e dal concreto funzionamento del modo di produzione capitalistico che massimizza il profitto esercitando lo sfruttamento ai livelli piu' elevati e distruttivi a danno dei diritti, della salute e della sicurezza degli esseri umani sfruttati, e a danno della natura e quindi della biosfera, dell'unico mondo vivente casa comune dell'intera umanita'.
Una strage che cresce di anno in anno, poiche' sempre piu' la violenza dei ricchi impone alla crescente massa planetaria dei poveri feroci patti leonini, con condizioni di lavoro sempre piu' degradate, un ambiente di lavoro e di vita sempre piu' nocivo, un crescente ricatto e la costante minaccia di precipitare tra gli "scarti" che i poteri dominanti condannano alla sofferenza, alla disperazione, alla morte.
Contro questa strage, per far cessare questa strage, ogni persona di volonta' buona deve lottare.
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La strage dei migranti nel Mediterraneo, nei lager libici, lungo le vie di fuga da paesi in guerra, da regimi totalitari, dalla violenza terrorista e mafiosa, da luoghi sconvolti dalle carestie, dai disastri climatici e ambientali, dal colonialismo e dall'imperialismo, dalla schiavitu', dalla negazione assoluta dei diritti umani.
Strage dei migranti che in Italia prosegue con la riduzione in schiavitu' nelle campagne e nei centri abitati, lungo le strade sotto gli occhi di tutti, nei roghi delle baraccopoli, nelle aggressioni razziste, nelle persecuzioni e nell'apartheid, con i campi di concentramento e le deportazioni, con l'omicidio per mano mafiosa di chi lotta per i diritti umani, con la violenza mostruosa e assassina delle antileggi hitleriane imposte dai governi degli ultimi decenni e ancora in massima misura in vigore nonostante siano palesemente incostituzionali, palesemente incivili, palesemente illegali, palesemente disumane.
Contro questa strage, per far cessare questa strage, ogni persona di volonta' buona deve lottare.
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E la strage del Covid, che ha avuto proporzioni enormi nel nostro paese per l'irresponsabilita' tracotante e scellerata dei governanti centrali e regionali che hanno cinicamente omesso o ritardato gli interventi necessari, che hanno preso misure inadeguate, che hanno lungamente preferito privilegiare gli interessi padronali anziche' salvare vite umane innocenti; gli stessi governanti centrali e regionali che nel corso dei decenni hanno devastato il servizio sanitario pubblico, massacrato il diritto alla salute, saccheggiato e dissipato risorse pubbliche che invece erano necessarie per salvare le vite umane.
Oggi tutti vedono la criminale follia dei Trump e dei Bolsonaro, ma questa criminale follia nei mesi scorsi e'stata anche la caratteristica del governo centrale e di vari governi regionali italiani.
Contro questa strage, per far cessare questa strage, ogni persona di volonta' buona deve lottare.
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E la strage delle guerre, che sempre e solo uccidono gli esseri umani. La follia delle armi che sempre e solo sono nemiche dell'umanita'. Nell'anniversario della bomba di Hiroshima del 6 agosto 1945 dobbiamo riconoscere che Hiroshima e' lo stato del mondo; che la tremenda lezione di quell'orrore non e' stata ancora compresa; dobbiamo assistere alla prosecuzione di guerre fratricide, poiche' tutte le guerre sono fratricide, poiche' tutti gli esseri umani appartengono all'unica umana famiglia che abita questo unico mondo vivente che conosciamo.
Occorre abolire le guerre, occorre abolire le armi, occorre far cessare tutte le uccisioni. Ed occorre che le ingentissime risorse oggi assurdamente, oscenamente sperperate per uccidere gli esseri umani siano finalmente utilizzate invece per salvare le vite, per garantire una vita degna a tutti gli esseri umani, per risanare la biosfera. Abolire la guerra, gli eserciti e le armi e' il compito piu' urgente dell'umanita'.
Contro questa strage, per far cessare questa strage, ogni persona di volonta' buona deve lottare.
*
Tutte queste stragi sono una stessa strage.
La tragedia mondiale dell'epidemia di questi mesi dovrebbe aver fatto capire a tutte le persone due cose: che siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente; che potremo sopravvivere solo se realizzeremo giustizia sociale e protezione della biosfera, ovvero se condivideremo i beni ed agiremo responsabilmente in difesa della vita altrui, non solo di tutti gli esseri umani presenti, ma anche delle generazioni future, ma anche degli altri esseri viventi non umani, ma anche del mondo vivente nel suo insieme. E' giunta l'ora della responsabilita'. E' giunta l'ora della solidarieta' che sola puo' salvarci tutte e tutti, e' giunta l'ora della necessita' della condivisione del bene e dei beni. E quindi lotta per la liberazione dell'umanita' e impegno per la salvezza dell'intero mondo vivente sono ormai una stessa cosa.
E' necessario che l'avidita' di pochi ebbri e sciagurati vampiri sia sconfitta dalla responsabilita', dalla solidarieta', dalla condivisione che ogni essere umano riconosca e raggiunga, difenda e conforti. E' necessario che cessi il tempo dell'abuso ed inizi il tempo del diritto, della legalita' che salva le vite, dell'umanizzazione dell'umanita'.
Contro ogni strage, per far cessare ogni strage, ogni persona di volonta' buona deve lottare.
*
E per cominciare occorre che si realizzino immediatamente quattro semplici indispensabili cose:
1. riconoscere a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro, ove necessario mettendo a disposizione adeguati mezzi di trasporto pubblici e gratuiti; e' l'unico modo per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani;
2. abolire la schiavitu' e l'apartheid in Italia; riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto": un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia;
3. abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese; si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani;
4. formare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza; poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
*
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'. Siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente. Ogni vittima ha il volto di Abele. Salvare le vite e' il primo dovere.
Occorre insorgere nonviolentemente in difesa della legalita' che salva le vite. Occorre insorgere nonviolentemente in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre insorgere nonviolentemente in difesa dell'umanita' intera e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla guerra e a tutte le uccisioni; occorre opporsi al razzismo e a tutte le persecuzioni; occorre opporsi al maschilismo (che e' la prima radice e il primo paradigma di tutte le violenze) e a tutte le oppressioni.
Occorre porsi all'ascolto e alla sequela del movimento di liberazione delle donne, che e' il maggiore inveramento storico e la corrente calda della nonviolenza in cammino.
Occorre opporsi al male facendo il bene. Occorre sconfiggere la violenza con la nonviolenza. Mai piu' schiavitu', mai piu' abusi, mai piu' indifferenza.
Occorre proseguire la resistenza antifascista fino alla liberazione dell'umanita' intera. Mai piu' Auschwitz, mai piu' Hiroshima. Alla scuola di Rosa Luxemburg e di Hannah Arendt. Alla scuola di Simone Weil e di Virginia Woolf. Alla scuola di Marinella Garcia e di Berta Caceres. Alla scuola di Wangari Maathai e di Marielle Franco.
La Costituzione della repubblica italiana, cosi' come la Dichiarazione universale dei diritti umani, sono una guida per l'azione.
Ogni vittima ha il volto di Abele. Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'. Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto. Chi salva una vita salva il mondo. Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la liberazione comune dell'umanita'.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la salvezza dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
3. L'ORA. ENRICO PEYRETTI: IERI SERA
[Riceviamo e diffondiamo.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; Elogio della gratitudine, Cittadella, Assisi 2015; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68]
Ieri sera, nella commemorazione di Hiroshima in piazza Carignano a Torino, ho detto due cose che tutti potevamo dire, nel sentimento comune.
1) Onore, rispetto, amore alle vittime di tutte le guerre e violenze, di cui Hiroshima e' il simbolo piu' atroce. La vita tolta non e' riparabile qui, ma l'offesa e' colmata e guarita dal nostro impegno per ristabilire relazioni umane giuste, vitali.
2) la societa' umana mondiale, unica famiglia di popoli, deve vietare moralmente e giuridicamente tutte le armi omicide, a cominciare dalle nucleari. La semplice minaccia e' crimine e offesa. Il semplice possesso e' criminale disposizione alla strage.
Diventiamo umani, dai nostri cuori personali, al lavorare insieme per la pace positiva, alle istituzioni giuridiche e politiche planetarie.
4. L'ORA. PASQUALE PUGLIESE: SENZA COSCIENZA. 75 ANNI DOPO HIROSHIMA E NAGASAKI SIAMO ANCORA DENTRO AL MALE ASSOLUTO
[Dal prezioso sito di "Azione nonviolenta" (www.azionenonviolenta.it).
Pasquale Pugliese si presenta cosi' nel sito citato: "Sono impegnato da molti anni nel Movimento Nonviolento, oggi nella segreteria nazionale, e faccio parte della redazione di 'Azione nonviolenta', rivista fondata nel 1964 da Aldo Capitini. A Reggio Emilia, dove ho scelto di vivere, dopo aver partecipato negli anni a reti, coordinamenti e campagne ho contribuito a fondare e ad animare la Scuola di Pace. In occasione del Cinquantesimo anniversario della morte di Capitini ho pubblicato una Introduzione alla filosofia della nonviolenza di Aldo Capitini. Elementi per la liberazione dalla violenza"]
"Su uno dei ponti di Hiroshima c'e' un uomo che canta e pizzica le corde di uno strumento. Guardatelo. Dove vi aspettate di trovare il volto, non troverete il volto, ma una cortina: perché non ha piu' volto. Dove vi aspettate di trovare la mano, non troverete una mano, ma un artiglio d'acciaio: perche' non ha piu' mano. Finche' non riusciremo a raggiungere lo scopo per cui ci siamo radunati qui, e non avremo esorcizzato il pericolo che, alla sua prima manifestazione ha portato via duecentomila uomini, quell'automa sara' su quel ponte e cantera' la sua canzone. E finche' sara' su quel ponte, sara' su tutti i ponti che conducono al nostro futuro comune. Come atto d'accusa, e come messaggero. Riscattiamo quell'uomo dal suo ufficio. Facciamo quanto occorre perche' sia possibile dirgli: 'Non sei piu' necessario: puoi lasciare il tuo posto'" (Guenther Anders. Essere o non essere. Diario di Hiroshima e Nagasaki, 1961).
Lo scorso 23 gennaio – prima che la pandemia da covid-19 esplodesse nella dimensione planetaria che conosciamo – gli scienziati del Bulletin of the Atomic Scientist portavano a soli 100 secondi dalla mezzanotte nucleare le lancette dell'"Orologio dell'apocalisse" che dal 1947 indicano metaforicamente quanto "tempo" ci distanzia dall'estinzione: mai le lancette sono state cosi' vicine a indicare la catastrofe, neanche nel momento piu' pericoloso della "corsa agli armamenti" propriamente detta. A 75 anni dalla distruzione di Hiroshima e Nagasaki, l'umanita' e' ancora sotto scacco di circa 14.000 testate nucleari, enormemente piu' potenti di quelle che gli Usa scaricarono sulle due citta' giapponesi, provocando oltre duecentomila morti, non per vincere una guerra il cui destino – dopo la resa della Germania nazista – era ormai segnato, ma per posizionarsi geo-strategicamente come potenza nucleare nel dopo guerra, come gli storici hanno ormai ampiamente dimostrato.
Il 6 e il 9 agosto di 75 anni fa fu commesso un vero e proprio crimine contro l'umanita', che ha spalancato per sempre le porte dell'inferno atomico, che solo per caso (o per miracolo) non ha ancora cancellato gli esseri viventi dalla faccia della terra, come dimostra – per esempio – la vicenda, ancora troppo poco nota, della disobbedienza ai protocolli atomici da parte del tenente colonnello sovietico Stanislav Petrov, l'uomo che – mettendo da parte la disciplina militare – impedi' lo scoppio di una guerra nucleare nella notte del 26 settembre del 1983, interrompendo gli automatismi della follia. E finendo dimenticato.
"Se non bastasse – scrive il fisico Angelo Baracca su Left n. 31/2020 – il presidente Usa, Donald Trump, ha smantellato pezzo per pezzo il pur carente regime di non proliferazione. Trump ha quindi incentivato progetti di nuove mini-testate nucleari le quali dietro un'illusione di poter condurre una guerra nucleare limitata ne aggravano a dismisura il rischio. Oggi questo rischio e' piu' alto che in tutti i 75 anni passati. Che si tratti di attacchi deliberati o per errore". Anche per questo gli sforzi della societa' civile internazionale stanno cercando faticosamente di richiudere quelle porte dell'inferno "criminali e immorali" – come ha definito papa Francesco, nella sua visita a Hiroshima, non solo l'uso ma anche "il possesso delle armi atomiche" – attraverso la Campagna per l'abolizione delle armi nucleari (Ican) che ha portato prima al voto alle Nazioni Unite, il 7 luglio del 2017, il Trattato internazionale di proibizione delle armi nucleari e poi alla consegna del Premio Nobel per la Pace alla stessa Campagna internazionale.
Le armi nucleari presenti oggi sul pianeta sono possedute da nove Stati, anche se il 90% sono russe e statunitensi, ma per entrare in vigore ed essere vincolante sul piano giuridico internazionale il Trattato Onu dev'essere ratificato da almeno 50 Stati: ad oggi e' stato sottoscritto da 40 Paesi e nessuno di essi e' una potenza nucleare. Anche l'Italia – nel cui territorio sono presenti una settantina di testate nucleari americane nei siti di Aviano e di Brescia, che fanno del nostro Paese un primario bersaglio atomico – non ha ancora ne' discusso ne' ratificato il Trattato, nonostante la campagna italiana a cura di Rete Italiana Disarmo e Senzatomica. Del resto il disarmo non e' nell'agenda della politica, anzi il nostro Paese continua a dotarsi di cacciabombardieri F35 capaci di trasportare anche armi nucleari. Ossia, il male assoluto.
"Attraverso la nostra agonia e il nostro puro desiderio di sopravvivenza, di ricostruire le nostre vite dalle ceneri, noi hibakusha abbiamo compreso che la nostra missione è avvertire il mondo del pericolo di queste armi apocalittiche – ha detto Setsuko Thurlow, hibakusha, cioe' sopravvissuta ai bombardamenti atomici alla consegna del Premio Nobel alla Campagna Ican –. C'e' pero' chi ancora si rifiuta di considerare quanto accaduto a Hiroshima e Nagasaki un'atrocita', un crimine di guerra. C'e' chi ancora crede alla visione propagandistica delle "buone bombe" che hanno messo fine a una "guerra giusta". Sono miti come questi che hanno portato a una disastrosa corsa agli armamenti – una corsa che continua ancora oggi. Nove nazioni minacciano ancora oggi di incenerire intere citta', distruggere la vita sulla terra, rendere il nostro bellissimo mondo inospitale per le generazioni future. Lo sviluppo di armi nucleari non rappresenta l'ascesa di un paese verso la grandezza, ma la sua discesa nei recessi piu' bui della depravazione. Queste armi non costituiscono un male necessario: esse rappresentano il male assoluto".
Eppure, 75 anni dopo, ne siamo ancora pienamente dentro. Senza la coscienza di esserci.
5. MAESTRI. ALCUNI TESTI DI PRIMO LEVI
[Riproponiamo ancora una volta i seguenti testi.
Primo Levi e' nato a Torino nel 1919, e qui e' tragicamente scomparso nel 1987. Chimico, partigiano, deportato nel lager di Auschwitz, sopravvissuto, fu per il resto della sua vita uno dei piu' grandi testimoni della dignita' umana ed un costante ammonitore a non dimenticare l'orrore dei campi di sterminio. Le sue opere e la sua lezione costituiscono uno dei punti piu' alti dell'impegno civile in difesa dell'umanita'. Opere di Primo Levi: fondamentali sono Se questo e' un uomo, La tregua, Il sistema periodico, La ricerca delle radici, L'altrui mestiere, I sommersi e i salvati, tutti presso Einaudi; presso Garzanti sono state pubblicate le poesie di Ad ora incerta; sempre presso Einaudi nel 1997 e' apparso un volume di Conversazioni e interviste. Altri libri: Storie naturali, Vizio di forma, La chiave a stella, Lilit, Se non ora, quando?, tutti presso Einaudi; ed Il fabbricante di specchi, edito da "La Stampa". Ora l'intera opera di Primo Levi (e una vastissima selezione di pagine sparse) e' raccolta nei due volumi delle Opere, Einaudi, Torino 1997, a cura di Marco Belpoliti, cui si e' aggiunto un terzo volume, Opere complete III, Einaudi, Torino 2018, sempre a cura di Marco Belpoliti, che raccoglie conversazioni, interviste, dichiarazioni, bibliografia e indici. Tra le opere su Primo Levi: AA. VV., Primo Levi: il presente del passato, Angeli, Milano 1991; AA. VV., Primo Levi: la dignita' dell'uomo, Cittadella, Assisi 1994; Marco Belpoliti, Primo Levi, Bruno Mondadori, Milano 1998; Massimo Dini, Stefano Jesurum, Primo Levi: le opere e i giorni, Rizzoli, Milano 1992; Ernesto Ferrero (a cura di), Primo Levi: un'antologia della critica, Einaudi, Torino 1997; Ernesto Ferrero, Primo Levi. La vita, le opere, Einaudi, Torino 2007; Giuseppe Grassano, Primo Levi, La Nuova Italia, Firenze 1981; Gabriella Poli, Giorgio Calcagno, Echi di una voce perduta, Mursia, Milano 1992; Anna Bravo, Raccontare per la storia, Einaudi, Torino 2014; Claudio Toscani, Come leggere "Se questo e' un uomo" di Primo Levi, Mursia, Milano 1990; Fiora Vincenti, Invito alla lettura di Primo Levi, Mursia, Milano 1976. Cfr. anche il sito del Centro Internazionale di Studi Primo Levi (www.primolevi.it)]
Primo Levi: Shema'
[Da Primo Levi, Ad ora incerta (ma e' anche l'epigrafe che apre Se questo e' un uomo), ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 525]
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo e' un uomo,
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un si' o per un no.
Considerate se questa e' una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza piu' forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo e' stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
10 gennaio 1946
*
Primo Levi: Alzarsi
[Da Primo Levi, Ad ora incerta (ma e' anche l'epigrafe che apre La tregua), ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 526]
Sognavamo nelle notti feroci
Sogni densi e violenti
Sognati con anima e corpo:
Tornare; mangiare; raccontare.
Finche' suonava breve sommesso
Il comando dell'alba:
"Wstawac":
E si spezzava in petto il cuore.
Ora abbiamo ritrovato la casa,
Il nostro ventre e' sazio,
Abbiamo finito di raccontare.
E' tempo. Presto udremo ancora
Il comando straniero:
"Wstawac".
11 gennaio 1946
*
Primo Levi: Si immagini ora un uomo...
[Da Primo Levi, Se questo e' un uomo, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, p. 21]
Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sara' un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignita' e discernimento, poiche' accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potra' a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinita' umana; nel caso piu' fortunato, in base ad un puro giudizio di utilita'. Si comprendera' allora il duplice significato del termine "Campo di annientamento"...
*
Primo Levi: Che appunto perche'...
[Da Primo Levi, Se questo e' un uomo, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, p. 35]
Che appunto perche' il Lager e' una gran macchina per ridurci a bestie, noi bestie non dobbiamo diventare; che anche in questo luogo si puo' sopravvivere, e percio' si deve voler sopravvivere, per raccontare, per portare testimonianza; e che per vivere e' importante sforzarci di salvare almeno lo scheletro, l'impalcatura, la forma della civilta'. Che siamo schiavi, privi di ogni diritto, esposti a ogni offesa, votati a morte quasi certa, ma che una facolta' ci e' rimasta, e dobbiamo difenderla con ogni vigore perche' e' l'ultima: la facolta' di negare il nostro consenso.
*
Primo Levi: Verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945
[Da Primo Levi, La tregua, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, pp. 205-206]
La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla (...).
Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi (...).
Non salutavano, non sorridevano, apparivano oppressi, oltre che da pieta', da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volonta' buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa.
*
Primo Levi: Hurbinek
[Da Primo Levi, La tregua, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, p. 216]
Hurbinek, che aveva tre anni e forse era nato in Auschwitz e non aveva mai visto un albero; Hurbinek, che aveva combattuto come un uomo, fino all'ultimo respiro, per conquistarsi l'entrata nel mondo degli uomini, da cui una potenza bestiale lo aveva bandito; Hurbinek, il senzanome, il cui minuscolo avambraccio era pure stato segnato col tatuaggio di Auschwitz; Hurbinek mori' ai primi giorni del marzo 1945, libero ma non redento. Nulla resta di lui: egli testimonia attraverso queste mie parole.
*
Primo Levi: Approdo
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 542]
Felice l'uomo che ha raggiunto il porto,
Che lascia dietro se' mari e tempeste,
I cui sogni sono morti o mai nati;
E siede e beve all'osteria di Brema,
Presso al camino, ed ha buona pace.
Felice l'uomo come una fiamma spenta,
Felice l'uomo come sabbia d'estuario,
Che ha deposto il carico e si e' tersa la fronte
E riposa al margine del cammino.
Non teme ne' spera ne' aspetta,
Ma guarda fisso il sole che tramonta.
10 settembre 1964
*
Primo Levi: La bambina di Pompei
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 549]
Poiche' l'angoscia di ciascuno e' la nostra
Ancora riviviamo la tua, fanciulla scarna
Che ti sei stretta convulsamente a tua madre
Quasi volessi ripenetrare in lei
Quando al meriggio il cielo si e' fatto nero.
Invano, perche' l'aria volta in veleno
E' filtrata a cercarti per le finestre serrate
Della tua casa tranquilla dalle robuste pareti
Lieta gia' del tuo canto e del tuo timido riso.
Sono passati i secoli, la cenere si e' pietrificata
A incarcerare per sempre codeste membra gentili.
Cosi' tu rimani tra noi, contorto calco di gesso,
Agonia senza fine, terribile testimonianza
Di quanto importi agli dei l'orgoglioso nostro seme.
Ma nulla rimane fra noi della tua lontana sorella,
Della fanciulla d'Olanda murata fra quattro mura
Che pure scrisse la sua giovinezza senza domani:
La sua cenere muta e' stata dispersa dal vento,
La sua breve vita rinchiusa in un quaderno sgualcito.
Nulla rimane della scolara di Hiroshima,
Ombra confitta nel muro dalla luce di mille soli,
Vittima sacrificata sull'altare della paura.
Potenti della terra padroni di nuovi veleni,
Tristi custodi segreti del tuono definitivo,
Ci bastano d'assai le afflizioni donate dal cielo.
Prima di premere il dito, fermatevi e considerate.
20 novembre 1978
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Primo Levi: Non ci sono demoni...
[Da Primo Levi, La ricerca delle radici, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 1519]
Non ci sono demoni, gli assassini di milioni di innocenti sono gente come noi, hanno il nostro viso, ci rassomigliano. Non hanno sangue diverso dal nostro, ma hanno infilato, consapevolmente o no, una strada rischiosa, la strada dell'ossequio e del consenso, che e' senza ritorno.
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Primo Levi: Partigia
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 561]
Dove siete, partigia di tutte le valli,
Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse?
Molti dormono in tombe decorose,
Quelli che restano hanno i capelli bianchi
E raccontano ai figli dei figli
Come, al tempo remoto delle certezze,
Hanno rotto l'assedio dei tedeschi
La' dove adesso sale la seggiovia.
Alcuni comprano e vendono terreni,
Altri rosicchiano la pensione dell'Inps
O si raggrinzano negli enti locali.
In piedi, vecchi: per noi non c'e' congedo.
Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna,
Lenti, ansanti, con le ginocchia legate,
Con molti inverni nel filo della schiena.
Il pendio del sentiero ci sara' duro,
Ci sara' duro il giaciglio, duro il pane.
Ci guarderemo senza riconoscerci,
Diffidenti l'uno dell'altro, queruli, ombrosi.
Come allora, staremo di sentinella
Perche' nell'alba non ci sorprenda il nemico.
Quale nemico? Ognuno e' nemico di ognuno,
Spaccato ognuno dalla sua propria frontiera,
La mano destra nemica della sinistra.
In piedi, vecchi, nemici di voi stessi:
La nostra guerra non e' mai finita.
23 luglio 1981
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Primo Levi: Il superstite
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 576]
a B. V.
Since then, at an uncertain hour,
Dopo di allora, ad ora incerta,
Quella pena ritorna,
E se non trova chi lo ascolti
Gli brucia in petto il cuore.
Rivede i visi dei suoi compagni
Lividi nella prima luce,
Grigi di polvere di cemento,
Indistinti per nebbia,
Tinti di morte nei sonni inquieti:
A notte menano le mascelle
Sotto la mora greve dei sogni
Masticando una rapa che non c'e'.
"Indietro, via di qui, gente sommersa,
Andate. Non ho soppiantato nessuno,
Non ho usurpato il pane di nessuno,
Nessuno e' morto in vece mia. Nessuno.
Ritornate alla vostra nebbia.
Non e' mia colpa se vivo e respiro
E mangio e bevo e dormo e vesto panni".
4 febbraio 1984
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Primo Levi: Contro il dolore
[Da Primo Levi, L'altrui mestiere, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 675]
E' difficile compito di ogni uomo diminuire per quanto puo' la tremenda mole di questa "sostanza" che inquina ogni vita, il dolore in tutte le sue forme; ed e' strano, ma bello, che a questo imperativo si giunga anche a partire da presupposti radicalmente diversi.
*
Primo Levi: Canto dei morti invano
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 615]
Sedete e contrattate
A vostra voglia, vecchie volpi argentate.
Vi mureremo in un palazzo splendido
Con cibo, vino, buoni letti e buon fuoco
Purche' trattiate e contrattiate
Le vite dei vostri figli e le vostre.
Che tutta la sapienza del creato
Converga a benedire le vostre menti
E vi guidi nel labirinto.
Ma fuori al freddo vi aspetteremo noi,
L'esercito dei morti invano,
Noi della Marna e di Montecassino
Di Treblinka, di Dresda e di Hiroshima:
E saranno con noi
I lebbrosi e i tracomatosi,
Gli scomparsi di Buenos Aires,
I morti di Cambogia e i morituri d'Etiopia,
I patteggiati di Praga,
Gli esangui di Calcutta,
Gl'innocenti straziati a Bologna.
Guai a voi se uscirete discordi:
Sarete stretti dal nostro abbraccio.
Siamo invincibili perche' siamo i vinti.
Invulnerabili perche' gia' spenti:
Noi ridiamo dei vostri missili.
Sedete e contrattate
Finche' la lingua vi si secchi:
Se dureranno il danno e la vergogna
Vi annegheremo nella nostra putredine.
14 gennaio 1985
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Primo Levi: Agli amici
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 623]
Cari amici, qui dico amici
Nel senso vasto della parola:
Moglie, sorella, sodali, parenti,
Compagne e compagni di scuola,
Persone viste una volta sola
O praticate per tutta la vita:
Purche' fra noi, per almeno un momento,
Sia stato teso un segmento,
Una corda ben definita.
Dico per voi, compagni d'un cammino
Folto, non privo di fatica,
E per voi pure, che avete perduto
L'anima, l'animo, la voglia di vita.
O nessuno, o qualcuno, o forse un solo, o tu
Che mi leggi: ricorda il tempo
Prima che s'indurisse la cera,
Quando ognuno era come un sigillo.
Di noi ciascuno reca l'impronta
Dell'amico incontrato per via;
In ognuno la traccia di ognuno.
Per il bene od il male
In saggezza o in follia
Ognuno stampato da ognuno.
Ora che il tempo urge da presso,
Che le imprese sono finite,
A voi tutti l'augurio sommesso
Che l'autunno sia lungo e mite.
16 dicembre 1985
*
Primo Levi: La vergogna del mondo
[Da Primo Levi, I sommersi e i salvati, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, pp. 1157-1158]
E c'e' un'altra vergogna piu' vasta, la vergogna del mondo. E' stato detto memorabilmente da John Donne, e citato innumerevoli volte, a proposito e non, che "nessun uomo e' un'isola", e che ogni campana di morte suona per ognuno. Eppure c'e' chi davanti alla colpa altrui, o alla propria, volge le spalle, cosi' da non vederla e non sentirsene toccato: cosi' hanno fatto la maggior parte dei tedeschi nei dodici anni hitleriani, nell'illusione che il non vedere fosse un non sapere, e che il non sapere li alleviasse dalla loro quota di complicita' o di connivenza. Ma a noi lo schermo dell'ignoranza voluta, il "partial shelter" di T. S. Eliot, e' stato negato: non abbiamo potuto non vedere. Il mare di dolore, passato e presente, ci circondava, ed il suo livello e' salito di anno in anno fino quasi a sommergerci. Era inutile chiudere gli occhi o volgergli le spalle, perche' era tutto intorno, in ogni direzione fino all'orizzonte. Non ci era possibile, ne' abbiamo voluto, essere isole; i giusti fra noi, non piu' ne' meno numerosi che in qualsiasi altro gruppo umano, hanno provato rimorso, vergogna, dolore insomma, per la colpa che altri e non loro avevano commessa, ed in cui si sono sentiti coinvolti, perche' sentivano che quanto era avvenuto intorno a loro, ed in loro presenza, e in loro, era irrevocabile. Non avrebbe potuto essere lavato mai piu'; avrebbe dimostrato che l'uomo, il genere umano, noi insomma, eravamo potenzialmente capaci di costruire una mole infinita di dolore; e che il dolore e' la sola forza che si crei dal nulla, senza spesa e senza fatica. Basta non vedere, non ascoltare, non fare.
*
Primo Levi: Il nocciolo di quanto abbiamo da dire
[Da Primo Levi, I sommersi e i salvati, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, pp. 1149-1150]
L'esperienza di cui siamo portatori noi superstiti dei Lager nazisti e' estranea alle nuove generazioni dell'Occidente, e sempre piu' estranea si va facendo a mano a mano che passano gli anni (...).
Per noi, parlare con i giovani e' sempre piu' difficile. Lo percepiamo come un dovere, ed insieme come un rischio: il rischio di apparire anacronistici, di non essere ascoltati. Dobbiamo essere ascoltati: al di sopra delle nostre esperienze individuali, siamo stati collettivamente testimoni di un evento fondamentale ed inaspettato, fondamentale appunto perche' inaspettato, non previsto da nessuno. E' avvenuto contro ogni previsione; e' avvenuto in Europa; incredibilmente, e' avvenuto che un intero popolo civile, appena uscito dalla fervida fioritura culturale di Weimar, seguisse un istrione la cui figura oggi muove al riso; eppure Adolf Hitler e' stato obbedito ed osannato fino alla catastrofe. E' avvenuto, quindi puo' accadere di nuovo: questo e' il nocciolo di quanto abbiamo da dire.
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Primo Levi: Al visitatore
[Da Primo Levi, testo pubblicato per l'inaugurazione del Memorial in onore degli italiani caduti nei campi di sterminio nazisti, ora in Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, pp. 1335-1336]
La storia della Deportazione e dei campi di sterminio, la storia di questo luogo, non puo' essere separata dalla storia delle tirannidi fasciste in Europa: dai primi incendi delle Camere del Lavoro nell'Italia del 1921, ai roghi di libri sulle piazze della Germania del 1933, alla fiamma nefanda dei crematori di Birkenau, corre un nesso non interrotto. E' vecchia sapienza, e gia' cosi' aveva ammonito Heine, ebreo e tedesco: chi brucia libri finisce col bruciare uomini, la violenza e' un seme che non si estingue.
E' triste ma doveroso rammentarlo, agli altri ed a noi stessi: il primo esperimento europeo di soffocazione del movimento operaio e di sabotaggio della democrazia e' nato in Italia. E' il fascismo, scatenato dalla crisi del primo dopoguerra, dal mito della "vittoria mutilata", ed alimentato da antiche miserie e colpe; e dal fascismo nasce un delirio che si estendera', il culto dell'uomo provvidenziale, l'entusiasmo organizzato ed imposto, ogni decisione affidata all'arbitrio di un solo.
Ma non tutti gli italiani sono stati fascisti: lo testimoniamo noi, gli italiani che siamo morti qui. Accanto al fascismo, altro filo mai interrotto, e' nato in Italia, prima che altrove, l'antifascismo. Insieme con noi testimoniano tutti coloro che contro il fascismo hanno combattuto e che a causa del fascismo hanno sofferto, i martiri operai di Torino del 1923, i carcerati, i confinati, gli esuli, ed i nostri fratelli di tutte le fedi politiche che sono morti per resistere al fascismo restaurato dall'invasore nazionalsocialista.
E testimoniano insieme a noi altri italiani ancora, quelli che sono caduti su tutti i fronti della II Guerra Mondiale, combattendo malvolentieri e disperatamente contro un nemico che non era il loro nemico, ed accorgendosi troppo tardi dell'inganno. Sono anche loro vittime del fascismo: vittime inconsapevoli.
Noi non siamo stati inconsapevoli. Alcuni fra noi erano partigiani; combattenti politici; sono stati catturati e deportati negli ultimi mesi di guerra, e sono morti qui, mentre il Terzo Reich crollava, straziati dal pensiero della liberazione cosi' vicina.
La maggior parte fra noi erano ebrei: ebrei provenienti da tutte le citta' italiane, ed anche ebrei stranieri, polacchi, ungheresi, jugoslavi, cechi, tedeschi, che nell'Italia fascista, costretta all'antisemitismo dalle leggi di Mussolini, avevano incontrato la benevolenza e la civile ospitalita' del popolo italiano. Erano ricchi e poveri, uomini e donne, sani e malati.
C'erano bambini fra noi, molti, e c'erano vecchi alle soglie della morte, ma tutti siamo stati caricati come merci sui vagoni, e la nostra sorte, la sorte di chi varcava i cancelli di Auschwitz, e' stata la stessa per tutti. Non era mai successo, neppure nei secoli piu' oscuri, che si sterminassero esseri umani a milioni, come insetti dannosi: che si mandassero a morte i bambini e i moribondi. Noi, figli di cristiani ed ebrei (ma non amiamo queste distinzioni) di un paese che e' stato civile, e che civile e' ritornato dopo la notte del fascismo, qui lo testimoniamo.
In questo luogo, dove noi innocenti siamo stati uccisi, si e' toccato il fondo delle barbarie. Visitatore, osserva le vestigia di questo campo e medita: da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo. Fa che il tuo viaggio non sia stato inutile, che non sia stata inutile la nostra morte. Per te e per i tuoi figli, le ceneri di Auschwitz valgano di ammonimento: fa che il frutto orrendo dell'odio, di cui hai visto qui le tracce, non dia nuovo seme, ne' domani ne' mai.
6. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- AA. VV., Il turco alla porta, volume monografico di "Limes. Rivista italiana di geopolitica", n. 7, luglio 2020, Gedi, Roma 2020, pp. 334 (+ 20 pp. di tavole), euro 15.
*
Riletture
- Lucetta Scaraffia, Rinnegati. Per una storia dell'identita' occidentale, Laterza, Roma-Bari 1993, 2002, pp. XII + 212.
*
Riedizioni
- Giovanni De Luna, La Resistenza perfetta, Feltrinelli, Milano 2015, Gedi Roma 2020, pp. 272, euro 7,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica).
- Dacia Maraini, La ragazza di via Maqueda, Rcs, Milano 2009, 2020, pp. 304, euro 7,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
8. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3825 dell'8 agosto 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
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