[Nonviolenza] Telegrammi. 3813



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3813 del 27 luglio 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Con la scomparsa di Paolo Finzi la nonviolenza ha perso un maestro e un compagno
2. I familiari ricordano Paolo Finzi
3. Abn onlus ricorda Paolo Finzi
4. Il Club Tenco ricorda Paolo Finzi
5. Massimo Pisa Ricorda Paolo Finzi
6. Giampiero Rossi ricorda Paolo Finzi
7. "Veganzetta" ricorda Paolo Finzi
8. Quattro cose da fare subito contro il razzismo, la schiavitu', l'apartheid
9. Lorenzo Milani: Lettera ai cappellani militari toscani che hanno sottoscritto il comunicato dell'11 febbraio 1965
10. Segnalazioni librarie
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. MEMORIA. CON LA SCOMPARSA DI PAOLO FINZI LA NONVIOLENZA HA PERSO UN MAESTRO E UN COMPAGNO

Con la scomparsa di Paolo Finzi, illustre studioso, perspicuo saggista e generoso militante anarchico, la nonviolenza in cammino ha perso un maestro e un compagno.
Un maestro sapiente e accudente, capace di ascolto, di comprensione e di consiglio, di porre le giuste ineludibili domande e di donare una parola saggia e schiudente, di vedere sempre le persone oltre le idee e i fatti, di cogliere, interpretare, preservare e liberare cio' che di umano vi e' nella storia e nelle storie.
Un compagno mite e generoso, fedele alla verita', sempre disposto a soccorrere chiunque di aiuto avesse bisogno, sempre disposto a condividere il bene ed i beni, un oppositore nitido e intransigente di tutti i poteri violenti, un resistente contro tutti i fascismi comunque camuffati, una persona che salvava le vite.
Ma non solo la nonviolenza perde un maestro e un compagno: la cultura e la vita civile italiana hanno perso un intellettuale e un militante che sempre di piu' negli anni futuri sara' riconosciuto come una delle figure maggiori dell'impegno morale e civile di questi tragici e cruciali decenni.
Ma soprattutto hanno perso un fratello tutte le oppresse e tutti gli oppressi che in Paolo Finzi hanno avuto un compagno di lotte, un difensore dei diritti inerenti ad ogni persona e del bene comune, un organizzatore infaticabile, un chiarificatore delle ragioni della lotta, un educatore al vero e al giusto, alla liberta' e alla comprensione, alla misericordia che insorge contro ogni oppressione, contro ogni menzogna, contro ogni violenza.
*
Paolo Finzi non e' stato soltanto un grande intellettuale libertario, un esemplare militante anarchico, e un testimone, uno studioso, uno storico, un pubblicista e un conferenziere sempre attento, sempre acuto, sempre rigoroso sotto il profilo intellettuale, morale, politico. Un umanista e un combattente per la liberazione dell'umanita' consapevole sempre del nesso che unisce i mezzi e i fini.
E' stato un punto di riferimento per persone ed esperienze assai diverse tra loro, che in lui, nel suo riflettere ed agire costantemente dialogici,  trovavano le ragioni dell'unita' sostanziale delle loro lotte e delle loro speranze.
Di "A. Rivista anarchica", la rivista di cui era fondamentale animatore, ha fatto una delle migliori riviste mensili italiane ed internazionali di politica e cultura, di ricerca teorica ed esperienziale, di riflessione etica e politica, di indagine antropologica e sociale, di documentazione e di dibattito non solo per l'area libertaria, ma per tutte le persone di volonta' buona, tutte.
Fu giovanissimo tra gli anarchici perseguitati nei giorni della strage di stato, serbo' viva memoria di Pino Pinelli e ne continuo' la lotta; scrisse libri fondamentali su illustri figure del movimento anarchico come Errico Malatesta e Alfonso Failla (padre della sua compagna Aurora), pubblico' molti studi e contribui' intensamente a promuovere una vasta e sempre piu' estesa opera storiografica sul pensiero libertario e sul movimento anarchico che costituisce una fonte e un apporto imprescindibili per l'intera storiografia contemporanea e per gli studi filosofici, politici e sociali.
Preziose fra tante altre pubblicazioni - anche multimediali - il volume sulla luminosa figura della madre Matilde Bassani Finzi partigiana, i lavori sulla cultura e i diritti del popolo rom, sull'amico Fabrizio De Andre', su altre figure ed esperienze antifasciste e libertarie.
Innumerevoli le iniziative di solidarieta' in cui fu impegnato, sempre in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani, sempre opponendosi ad ogni potere oppressivo, a tutti gli abusi, ad ogni struttura che nega la liberta' e la verita' umana.
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Nel ricordo di Paolo Finzi, alla scuola di Paolo Finzi, dobbiamo proseguire nella lotta contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Nel ricordo di Paolo Finzi, alla scuola di Paolo Finzi, dobbiamo proseguire nella lotta in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, in difesa dell'intero mondo vivente.
Nel ricordo di Paolo Finzi, alla scuola di Paolo Finzi, dobbiamo proseguire nel contrasto a tutte le strutture che negano l'eguale dignita' e la costitutiva liberta' di tutti gli esseri umani.
Nel ricordo di Paolo Finzi, alla scuola di Paolo Finzi, dobbiamo proseguire nella solidarieta' con tutte le vittime di tutte le oppressioni, di tutte le menzogne, di tutte le violenze.
Nel ricordo di Paolo Finzi, alla scuola di Paolo Finzi, dobbiamo perseverare nella condivisione del bene e dei beni, nella costruire di una societa' di persone libere ed eguali in cui da ciascuna sia donato secondo le sue capacita' ed a ciascuna sia donato secondo i suoi bisogni.
Paolo Finzi volle e seppe essere l'umanita' come dovrebbe essere. Che l'esempio della sua intera vita ci ispiri e ci sostenga.
Possa la grata memoria dei tanti doni che ci ha lasciato temperare in questi giorni di lutto il dolore lancinante della perdita.
Alla compagna di tutta la vita Aurora, ai figli, ai familiari tutti, alle compagne e ai compagni di "A. Rivista anarchica" e delle tante altre imprese da lui promosse e condivise vada in queste ore anche la nostra affettuosa vicinanza.

2. MEMORIA. I FAMILIARI RICORDANO PAOLO FINZI
[Dalla pagina on line dei necrologi del "Corriere della sera"]

Il fratello Enrico con Terry, la sorella Valeria, i nipoti Cosimo e Federico con Matilde e Camilla ricordano con amore e rispetto Paolo Finzi, uomo buono e retto, mite libertario appassionato, intellettuale militante, tenero famigliare.
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Caro cugino sarai sempre nel nostro ricordo di uomo giusto e buono.
Luciano, Marina, Roberto e famiglie
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Partecipano al lutto Giulio Curiel e Lunella Rivetti.

3. MEMORIA. ABN ONLUS RICORDA PAOLO FINZI
[Dalla pagina on line dei necrologi del "Corriere della sera"]

Consiglieri e soci di Abn Associazione per il Bambino Nefropatico Onlus ricordano con profonda gratitudine il grande sostegno ed il significativo aiuto ricevuto in tanti anni da Paolo Finzi e sono vicini alla moglie Aurora, ai figli e ai fratelli Enrico e Valeria nella memoria del generoso supporto con cui la famiglia ha sostenuto Abn.
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Partecipano al lutto Giuseppe Cavagna di Gualdana, Fabio Sereni, Iria Cornaggia Medici, Regi Tesoro.

4. MEMORIA. Il CLUB TENCO RICORDA PAOLO FINZI
[Dal sito www.sanremonews.it col titolo "Il Club Tenco esprime il proprio dolore e la propria vicinanza alla famiglia e alla redazione per la scomparsa di Paolo Finzi" e il sommario "Figura rara di intellettuale appassionato, di inossidabile coerenza e di rara umanita'"]

Ci ha lasciati Paolo Finzi, fondatore, direttore e anima di A-Rivista Anarchica.
Figura rara di intellettuale appassionato, di inossidabile coerenza e di rara umanita'. Amico di Fabrizio De Andre', ha sempre dedicato ampi spazi alla canzone d'autore. L'edizione del Tenco 2019 lo ha visto tra i protagonisti, come relatore pomeridiano e come giornalista premiante sul palco dell'Ariston.
Il Club esprime il proprio dolore e la propria vicinanza alla famiglia e alla redazione.

5. MEMORIA. MASSIMO PISA RICORDA PAOLO FINZI
[Dalla cronaca di Milano del quotidiano "La Repubblica" del 21 luglio 2020 col titolo "Morto Paolo Finzi, la memoria degli anarchici della Milano degli Anni di piombo" e il sommario "Aveva 68 anni, si e' fatto travolgere volontariamente da un treno a Forli' lunedi' pomeriggio. Nel '68 entro' nel circolo del Ponte della Ghisolfa, di cui faceva parte anche Giuseppe Pinelli. Nel dicembre 1969 fu il piu' giovane anarchico fermato per la strage di Piazza Fontana"]

Ha scelto di andarsene dove e come ha voluto, libertario fino in fondo, anche nella decisione di farla finita dopo una lunga depressione e problemi di salute, anche in famiglia, che ne avevano fiaccato l'animo e piegato la sensibilita'. Quest'ultima, e la memoria, sono sempre state la parte prevalente dell'agire e della produzione di Paolo Finzi, milanese 68enne, militante anarchico fin dall'adolescenza e poi tante altre cose: la Crocenera - la societa' di mutuo soccorso che aiutava anche gli attivisti in carcere - la fondazione di A/Rivista anarchica che ha diretto a lungo pur rifiutando l'etichetta e il concetto stesso di direttore, l'amicizia politica e musicale con Fabrizio De Andre' di cui e' stato promotore infaticabile, l'impegno con la Fondazione Gaber a Rosignano, la testimonianza di una stagione irripetibile. Finzi e' morto lunedi' pomeriggio, travolto da un treno a qualche chilometro dalla stazione di Forli', dov'era andato per l'ennesima iniziativa culturale. Il macchinista ha raccontato alla Polfer di aver visto un uomo gettarsi volontariamente dalla massicciata sui binari, senza riuscire a frenare. Non ha lasciato messaggi.
Il suo battesimo del fuoco lo aveva avuto, come tutta la sua generazione, la sera del 12 dicembre 1969. Fini' fermato per la strage di piazza Fontana, come tanti anarchici, in questura, nello stanzone al quarto piano dell'Ufficio Politico insieme a Giuseppe Pinelli, a Sergio Ardau e a tanti altri militanti del Ponte della Ghisolfa e dello Scaldasole. Aveva 18 anni appena compiuti, Paolo Finzi, frequentava il terzo liceo al Carducci di Milano e quel giorno era a letto con l'influenza, come altri milioni di italiani in quel periodo. Per questo venne rilasciato, a differenza del 41enne ferroviere che tre notti dopo trovo' la morte.
Finzi comparve una settimana dopo davanti al giudice Ugo Paolillo, a rilasciare la sua testimonianza sulla fine di Pinelli. Tutte le altre - sull'innocenza del manovratore della stazione Garibaldi e su quella di Pietro Valpreda, sulla morte dell'anarchico pisano Franco Serantini (il "sovversivo" raccontato da Corrado Stajano) e sulla violenza politica di un decennio di morti di Stato - Paolo Finzi le urlo' in piazza e le scrisse su carta. Su quel settimanale, "A", bonariamente descritta come "la prima delle riviste sull'alfabeto" che fu una trincea intellettuale per quell'universo anarchico che dovette difendersi dall'infamia dello stragismo.
L'amicizia con "Faber" arrivo' dopo, traeva i suoi semi dai sentimenti anarchici di De Andre' cantati soprattutto in Storia di un impiegato del 1973 ma crebbe come passione intellettuale, ludica, umana. Sul maestro della canzone genovese, Finzi ha curato speciali e documentari, raccolte e serate di divulgazione e racconto. Le stesse che, per decenni, ha tenuto sulle stragi di Stato e sulle ingiustizie subite dai compagni di militanza. Lo aveva fatto anche per il cinquantesimo anniversario di piazza Fontana, con qualche coda polemica che ha avvelenato il dibattito all'interno della stessa comunita' anarchica. Poi la malattia. E la decisione di andarsene, pianta da tanti sul web, a cominciare da Silvia e Claudia Pinelli, le figlie del ferroviere, "18esima vittima della strage", che lo hanno avuto come amico e compagno di viaggio.

6. MEMORIA. GIAMPIERO ROSSI RICORDA PAOLO FINZI
[Dal "Corriere della Sera"]

La sera del 12 dicembre 1969 anche lui fu portato in questura, insieme a Giuseppe Pinelli e agli altri anarchici militanti dei circoli Ponte della Ghisolfa e Scaldasole. Paolo Finzi era il piu' giovane: studente di terza liceo classico, diciottenne da un mese e febbricitante. Anche per questo fu rilasciato dagli uffici in cui Pinelli mori' tre giorni dopo.
Paolo Finzi e' morto lunedi' pomeriggio, travolto da un treno poco lontano dalla stazione di Forli'. Il macchinista ha raccontato di aver visto un uomo lanciarsi verso i binari. Aveva 68 anni, quasi tutti vissuti nel segno dell'anarchia, soffriva di crisi depressive e agli amici aveva sempre detto: decidero' io come andarmene.
"Maestro di anarchia e di etica, di dialogo e confronto. Uomo brillante, intelligente, sensibile e gentile - e' il ricordo dei colleghi di A-Rivista anarchica, da lui fondata nel 1971 e mai abbandonata -. Ci ha insegnato il dubbio e la riflessione, l'ascolto e il rispetto profondo e sincero. Continueremo a navigare in direzione ostinata e contraria, portando avanti un progetto che era la sua casa e la sua vita, nel solco del suo impegno e dei suoi ideali di liberta' e giustizia".
E un ricordo arriva anche dal direttivo del Club Tenco ("Figura rara di intellettuale appassionato, di inossidabile coerenza e di rara umanita'"), perche' Finzi era stato a lungo amico di Fabrizio De Andre' e vicino a quel mondo di artisti. Al cantautore genovese ha dedicato moltissime iniziative di studio e racconto, cosi' come alla stagione terribile delle stragi di Stato, inaugurata proprio quel 12 dicembre 1969.
"Autorevole nel mondo anarchico ma mai supponente, sempre aperto al dialogo e convintamente non violento - lo ricorda Claudia Pinelli - proveniva da una famiglia ebrea e aveva sempre mantenuto vivo l'interesse verso la religione".
In collaborazione con l'Anpi aveva condotto ricerche storiche sul ruolo degli anarchici nella Resistenza, ma al tempo stesso, in perfetta sintonia con l'amico De Andre', si era impegnato per anni alla condizioni di rom e sinti, andando di persona nei campi della periferia milanese. Un impegno sfociato nella produzione di un documentario: "A forza di essere vento. Lo sterminio nazista degli zingari". Intanto ha continuato a reggere, tra mille difficolta', le sorti della rivista anarchica. Fino al momento in cui ha deciso altro per se'.

7. MEMORIA. "VEGANZETTA" RICORDA PAOLO FINZI
[Dal sito della rivista on line "Veganzetta. Notizie dal mondo vegan e antispecista" (www.veganzetta.org) col titolo "Un saluto a Paolo Finzi"]

La scomparsa di Paolo Finzi avvenuta lunedi' 20 luglio e' una gran brutta notizia che rattrista davvero molto. Paolo ha scelto di andarsene e senza alcun dubbio d'ora in poi manchera' la sua disponibilita' a gettare ponti tra realta' e visioni diverse, la grande curiosita' e schiettezza.
Grazie a lui su A-Rivista Anarchica (della quale era fondatore e responsabile) sono stati numerosi gli articoli pubblicati nel tempo su argomenti come il veganismo etico e l'antispecismo, indispensabili per alimentare il dibattito sulla liberazione animale anche in ambito anarchico.

8. REPETITA IUVANT. QUATTRO COSE DA FARE SUBITO CONTRO IL RAZZISMO, LA SCHIAVITU', L'APARTHEID

1. far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro;
2. abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia;
3. abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani;
4. formare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
*
Chiediamo ad ogni persona di volonta' buona, ad ogni associazione ed istituzione democratica di premere nonviolentemente affinche' finalmente almeno nel nostro paese siano riconosciuti tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.
Chiediamo ad ogni persona di volonta' buona, ad ogni associazione ed istituzione democratica di insorgere nonviolentemente in difesa della legalita' che salva le vite; in difesa della democrazia che ogni essere umano riconosce e rispetta e conforta e sostiene; in difesa della Costituzione antifascista che nessun essere umano abbandona tra gli artigli della violenza, dell'ingiustizia, della sofferenza e della morte; in difesa di ogni essere umano e dell'umanita' tutta.
Tutte e tutti siamo esseri umani in cammino. Tutte e tutti abbiamo bisogno di aiuto. Tutte e tutti siamo esposti al male e alla morte. Tutte e tutti possiamo e dobbiamo recarci reciproco aiuto.
Sconfiggere il male facendo il bene.
Abolire la violenza con la forza della nonviolenza.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.

9. TESTI. LORENZO MILANI: LETTERA AI CAPPELLANI MILITARI TOSCANI CHE HANNO SOTTOSCRITTO IL COMUNICATO DELL'11 FEBBRAIO 1965
[Ridiffondiamo ancora una volta il testo della "Lettera ai cappellani militari toscani che hanno sottoscritto il comunicato dell'11 febbraio 1965", uno dei documenti poi raccolti, insieme alla successiva "Lettera ai giudici" (l'autodifesa milaniana al processo in cui fu imputato proprio per aver scritto quella lettera aperta), nel volume intitolato L'obbedienza non e' piu' una virtu', che costituisce uno dei grandi testi a sostegno dell'obiezione di coscienza contro ogni guerra, contro ogni esercito, contro ogni uccisione.
Lorenzo Milani nacque a Firenze nel 1923, proveniente da una famiglia della borghesia intellettuale, ordinato prete nel 1947. Opera dapprima a S. Donato a Calenzano, ove realizza una scuola serale aperta a tutti i giovani di estrazione popolare e proletaria, senza discriminazioni politiche. Viene poi trasferito punitivamente a Barbiana nel 1954. Qui realizza l'esperienza della sua scuola. Nel 1958 pubblica Esperienze pastorali, di cui la gerarchia ecclesiastica ordinera' il ritiro dal commercio. Nel 1965 scrive la lettera ai cappellani militari da cui derivera' il processo i cui atti sono pubblicati ne L'obbedienza non e' piu' una virtu'. Muore dopo una lunga malattia nel 1967; era appena uscita la Lettera a una professoressa della scuola di Barbiana. L'educazione come pratica di liberazione, la scelta di classe dalla parte degli oppressi, l'opposizione alla guerra, la denuncia della scuola classista che discrimina i poveri: sono alcuni dei temi su cui la lezione di don Milani resta di grande valore. Opere di Lorenzo Milani e della scuola di Barbiana: don Lorenzo MIlani, Tutte le opere, Mondadori, Milano 2017 (finalmente disponibile, e' l'accurata e integrale edizione di riferimento lungamente attesa). Edizioni delle opere singole: Esperienze pastorali, L'obbedienza non e' piu' una virtu', Lettera a una professoressa, pubblicate tutte presso la Libreria Editrice Fiorentina (Lef). Postume sono state pubblicate le raccolte di Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, Mondadori; le Lettere alla mamma, Mondadori; e sempre delle lettere alla madre l'edizione critica, integrale e annotata, Alla mamma. Lettere 1943-1967, Marietti. Altri testi sono apparsi sparsamente in volumi di diversi autori. La casa editrice Stampa Alternativa ha meritoriamente effettuato la ripubblicazione di vari testi milaniani in edizioni ultraeconomiche e criticamente curate. La Emi ha recentemente pubblicato, a cura di Giorgio Pecorini, lettere, appunti e carte varie inedite di don Lorenzo Milani nel volume I care ancora. Altri testi e documenti ha pubblicato ancora la Lef (Il catechismo di don Lorenzo; Una lezione alla scuola di Barbiana; La parola fa eguali). Opere su Lorenzo Milani: sono ormai numerose; fondamentali sono: Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani. Dalla parte dell'ultimo, Rizzoli, Milano 1993; Giorgio Pecorini, Don Milani! Chi era costui?, Baldini & Castoldi, Milano 1996; Mario Lancisi (a cura di), Don Lorenzo Milani: dibattito aperto, Borla, Roma 1979; Ernesto Balducci, L'insegnamento di don Lorenzo Milani, Laterza, Roma-Bari 1995; Gianfranco Riccioni, La stampa e don Milani, Lef, Firenze 1974; Antonio Schina (a cura di), Don Milani, Centro di documentazione di Pistoia, 1993. Segnaliamo anche l'interessante fascicolo monografico di "Azione nonviolenta" del giugno 1997. Segnaliamo anche il fascicolo Don Lorenzo Milani, maestro di liberta', supplemento a "Conquiste del lavoro", n. 50 del 1987. E ancora: Gerlando Lentini, Don Lorenzo Milani servo di Dio e di nessun altro, Gribaudi, Torino 1973; Giampiero Bruni, Lorenzo Milani profeta cristiano, Lef, Firenze 1974; Renato Francesconi, L'esperienza didattica e socio-culturale di don Lorenzo Milani, Cpe, Modena 1976; Piero Lazzarin, Don Milani, Edizioni Messaggero Padova, Padova 1984; Francesco Milanese, Don Milani. Quel priore seppellito a Barbiana, Lef, Firenze 1987; Giuseppe Guzzo, Don Lorenzo Milani. Un itinerario pedagogico, Rubbettino, Soveria Mannelli 1988; Giovanni Catti (a cura di), Don Milani e la pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1988, 1990; Francuccio Gesualdi, Jose' Luis Corzo Toral, Don Milani nella scrittura collettiva, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1992.Tra i testi apparsi di recente: Domenico Simeone, Verso la scuola di Barbiana, Il segno dei Gabrielli, Negarine 1996; Michele Ranchetti, Gli ultimi preti, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1997; David Maria Turoldo, Il mio amico don Milani, Servitium, Sotto il Monte (Bg) 1997; Liana Fiorani, Don Milani tra storia e attualita', Lef, Firenze 1997, poi Centro don Milani, Firenze 1999; AA. VV., Rileggiamo don Lorenzo Milani a trenta anni dalla sua morte, Comune di Rubano 1998; Centro documentazione don Lorenzo Milani e scuola di Barbiana, Progetto Lorenzo Milani: il maestro, Firenze 1998; Liana Fiorani, Dediche a don Milani, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2001; Edoardo Martinelli, Pedagogia dell'aderenza, Polaris, Vicchio di Mugello (Fi) 2002; Marco Moraccini (a cura di), Scritti su Lorenzo Milani. Una antologia critica, Il Grandevetro - Jaca Book, Santa Croce sull'Arno (Pi) - Milano 2002; Mario Lancisi, Alex Zanotelli, Fa' strada ai poveri senza farti strada, Emi, Bologna 2003; Mario Lancisi, No alla guerra!, Piemme, Casale Monferrato 2005; Sergio Tanzarella, Gli anni difficili, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2007, 2008; Jose' Luis Corzo Toral, Lorenzo Milani. Analisi spirituale e interpretazione pedagogica, Servitium, Sotto il Monte (Bergamo) 2008; Frediano Sessi, Il segreto di Barbiana, Marsilio, Venezia 2008; Sandra Gesualdi e Pamela Giorgi (a cura di), Barbiana e la sua scuola. Immagini dall'archivio della Fondazione Don Lorenzo Milani, Inprogress-Aska - Fondazione Don Lorenzo Milani, Firenze 2014]

Da tempo avrei voluto invitare uno di voi a parlare ai miei ragazzi della vostra vita. Una vita che i ragazzi e io non capiamo.
Avremmo pero' voluto fare uno sforzo per capire e soprattutto domandarvi come avete affrontato alcuni problemi pratici della vita militare. Non ho fatto in tempo a organizzare questo incontro tra voi e la mia scuola.
Io l'avrei voluto privato, ma ora che avete rotto il silenzio voi, e su un giornale, non posso fare a meno di farvi quelle stesse domande pubblicamente.
Primo, perche' avete insultato dei cittadini che noi e molti altri ammiriamo. E nessuno, ch'io sappia, vi aveva chiamati in causa. A meno di pensare che il solo esempio di quella loro eroica coerenza cristiana bruci dentro di voi una qualche vostra incertezza interiore.
Secondo, perche' avete usato, con estrema leggerezza e senza chiarirne la portata, vocaboli che sono piu' grandi di voi.
Nel rispondermi badate che l'opinione pubblica e' oggi piu' matura che in altri tempi e non si contentera' ne' d'un vostro silenzio, ne' d'una risposta generica che sfugga alle singole domande. Paroloni sentimentali o volgari insulti agli obiettori o a me non sono argomenti. Se avete argomenti saro' ben lieto di darvene atto e di ricredermi se nella fretta di scrivere mi fossero sfuggite cose non giuste.
Non discutero' qui l'idea di Patria in se'. Non mi piacciono queste divisioni.
Se voi pero' avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi diro' che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.
Abbiamo dunque idee molto diverse. Posso rispettare le vostre se le giustificherete alla luce del Vangelo o della Costituzione. Ma rispettate anche voi le idee degli altri. Soprattutto se son uomini che per le loro idee pagano di persona.
Certo ammetterete che la parola Patria e' stata usata male molte volte. Spesso essa non e' che una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la Patria e valori ben piu' alti di lei.
Non voglio in questa lettera riferirmi al Vangelo. E' troppo facile dimostrare che Gesu' era contrario alla violenza e che per se' non accetto' nemmeno la legittima difesa.
Mi riferiro' piuttosto alla Costituzione.
Articolo 11 "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli...".
Articolo 52 "La difesa della Patria e' sacro dovere del cittadino".
Misuriamo con questo metro le guerre cui e' stato chiamato il popolo italiano in un secolo di storia.
Se vedremo che la storia del nostro esercito e' tutta intessuta di offese alle Patrie degli altri dovrete chiarirci se in quei casi i soldati dovevano obbedire o obiettare quel che dettava la loro coscienza. E poi dovrete spiegarci chi difese piu' la Patria e l'onore della Patria: quelli che obiettarono o quelli che obbedendo resero odiosa la nostra Patria a tutto il mondo civile? Basta coi discorsi altisonanti e generici. Scendete nel pratico. Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldati. L'obbedienza a ogni costo? E se l'ordine era il bombardamento dei civili, un'azione di rappresaglia su un villaggio inerme, l'esecuzione sommaria dei partigiani, l'uso delle armi atomiche, batteriologiche, chimiche, la tortura, l'esecuzione d'ostaggi, i processi sommari per semplici sospetti, le decimazioni (scegliere a sorte qualche soldato della Patria e fucilarlo per incutere terrore negli altri soldati della Patria), una guerra di evidente aggressione, l'ordine d'un ufficiale ribelle al popolo sovrano, la repressione di manifestazioni popolari?
Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano di ogni guerra. Quando ve ne sono capitate davanti agli occhi o avete mentito o avete taciuto. O volete farci credere che avete volta volta detto la verita' in faccia ai vostri "superiori" sfidando la prigione o la morte? se siete ancora vivi e graduati e' segno che non avete mai obiettato a nulla. Del resto ce ne avete dato la prova mostrando nel vostro comunicato di non avere la piu' elementare nozione del concetto di obiezione di coscienza.
Non potete non pronunciarvi sulla storia di ieri se volete essere, come dovete essere, le guide morali dei nostri soldati. Oltre a tutto la Patria, cioe' noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. E se manteniamo a caro prezzo (1.000 miliardi l'anno) l'esercito, e' solo perche' difenda colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene: la sovranita' popolare, la liberta', la giustizia. E allora (esperienza della storia alla mano) urgeva piu' che educaste i nostri soldati all'obiezione che all'obbedienza.
L'obiezione in questi 100 anni di storia l'han conosciuta troppo poco. L'obbedienza, per disgrazia loro e del mondo, l'han conosciuta anche troppo.
Scorriamo insieme la storia. Volta volta ci direte da che parte era la Patria, da che parte bisognava sparare, quando occorreva obbedire e quando occorreva obiettare.
1860. Un esercito di napoletani, imbottiti dell'idea di Patria, tento' di buttare a mare un pugno di briganti che assaliva la sua Patria. Fra quei briganti c'erano diversi ufficiali napoletani disertori della loro Patria. Per l'appunto furono i briganti a vincere. Ora ognuno di loro ha in qualche piazza d'Italia un monumento come eroe della Patria.
A 100 anni di distanza la storia si ripete: l'Europa e' alle porte.
La Costituzione e' pronta a riceverla: "L'Italia consente alle limitazioni di sovranita' necessarie...". I nostri figli rideranno del vostro concetto di Patria, cosi' come tutti ridiamo della Patria Borbonica. I nostri nipoti rideranno dell'Europa. Le divise dei soldati e dei cappellani militari le vedranno solo nei musei.
La guerra seguente 1866 fu un'altra aggressione. Anzi c'era stato un accordo con il popolo piu' attaccabrighe e guerrafondaio del mondo per aggredire l'Austria insieme.
Furono aggressioni certo le guerre (1867-1870) contro i Romani i quali non amavano molto la loro secolare Patria, tant'e' vero che non la difesero. Ma non amavano molto neanche la loro nuova Patria che li stava aggredendo, tant'e' vero che non insorsero per facilitarle la vittoria. Il Gregorovius spiega nel suo diario: "L'insurrezione annunciata per oggi, e' stata rinviata a causa della pioggia".
Nel 1898 il Re "Buono" onoro' della Gran Croce Militare il generale Bava Beccaris per i suoi meriti in una guerra che e' bene ricordare. L'avversario era una folla di mendicanti che aspettavano la minestra davanti a un convento a Milano. Il Generale li prese a colpi di cannone e di mortaio solo perche' i ricchi (allora come oggi) esigevano il privilegio di non pagare tasse. Volevano sostituire la tassa sulla polenta con qualcosa di peggio per i poveri e di meglio per loro. Ebbero quel che volevano. I morti furono 80, i feriti innumerevoli. Fra i soldati non ci fu ne' un ferito ne' un obiettore. Finito il servizio militare tornarono a casa a mangiar polenta. Poca perche' era rincarata.
Eppure gli ufficiali seguitarono a farli gridare "Savoia" anche quando li portarono a aggredire due volte (1896 e 1935) un popolo pacifico e lontano che certo non minacciava i confini della nostra Patria. Era l'unico popolo nero che non fosse ancora appestato dalla peste del colonialismo europeo.
Quando si battono bianchi e neri siete coi bianchi? Non vi basta di imporci la Patria Italia? Volete imporci anche la Patria Razza Bianca? Siete di quei preti che leggono la Nazione? Stateci attenti perche' quel giornale considera la vita d'un bianco piu' che quella di 100 neri. Avete visto come ha messo in risalto l'uccisione di 60 bianchi nel Congo, dimenticando di descrivere la contemporanea immane strage di neri e di cercarne i mandanti qui in Europa?
Idem per la guerra di Libia.
Poi siamo al '14. L'Italia aggredi' l'Austria con cui questa volta era alleata.
Battisti era un Patriota o un disertore? E' un piccolo particolare che va chiarito se volete parlare di Patria. Avete detto ai vostri ragazzi che quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti?
Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su 508)? Era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, non chiamava forse a una "inutile strage"? (l'espressione non e' d'un vile obiettore di coscienza ma d'un Papa canonizzato).
Era nel '22 che bisognava difendere la Patria aggredita. Ma l'esercito non la difese. Stette a aspettare gli ordini che non vennero. Se i suoi preti l'avessero educato a guidarsi con la Coscienza invece che con l'Obbedienza "cieca, pronta, assoluta" quanti mali sarebbero stati evitati alla Patria e al mondo (50.000.000 di morti). Cosi' la Patria ando' in mano a un pugno di criminali che violo' ogni legge umana e divina e riempiendosi la bocca della parola Patria, condusse la Patria allo sfacelo. In quei tragici anni quei sacerdoti che non avevano in mente e sulla bocca che la parola sacra "Patria", quelli che di quella parola non avevano mai voluto approfondire il significato, quelli che parlavano come parlate voi, fecero un male immenso proprio alla Patria (e, sia detto incidentalmente, disonorarono anche la Chiesa).
Nel '36 50.000 soldati italiani si trovarono imbarcati verso una nuova infame aggressione: Avevano avuto la cartolina di precetto per andar "volontari" a aggredire l'infelice popolo spagnolo.
Erano corsi in aiuto d'un generale traditore della sua Patria, ribelle al suo legittimo governo e al popolo suo sovrano. Coll'aiuto italiano e al prezzo d'un milione e mezzo di morti riusci' a ottenere quello che volevano i ricchi: blocco dei salari e non dei prezzi, abolizione dello sciopero, del sindacato, dei partiti, d'ogni liberta' civile e religiosa.
Ancor oggi, in sfida al resto del mondo, quel generale ribelle imprigiona, tortura, uccide (anzi garrota) chiunque sia reo d'aver difeso allora la Patria o di tentare di salvarla oggi. Senza l'obbedienza dei "volontari" italiani tutto questo non sarebbe successo.
Se in quei tristi giorni non ci fossero stati degli italiani anche dall'altra parte, non potremmo alzar gli occhi davanti a uno spagnolo. Per l'appunto questi ultimi erano italiani ribelli e esuli dalla loro Patria. Gente che aveva obiettato.
Avete detto ai vostri soldati cosa devono fare se gli capita un generale tipo Franco? Gli avete detto che agli ufficiali disobbedienti al popolo loro sovrano non si deve obbedire?
Poi dal '39 in la' fu una frana: i soldati italiani aggredirono una dopo l'altra altre sei Patrie che non avevano certo attentato alla loro (Albania, Francia, Grecia, Egitto, Jugoslavia, Russia).
Era una guerra che aveva per l'Italia due fronti. L'uno contro il sistema democratico. L'altro contro il sistema socialista. Erano e sono per ora i due sistemi politici piu' nobili che l'umanita' si sia data.
L'uno rappresenta il piu' alto tentativo dell'umanita' di dare, anche su questa terra, liberta' e dignita' umana ai poveri.
L'altro il piu' alto tentativo dell'umanita' di dare, anche su questa terra, giustizia e eguaglianza ai poveri.
Non vi affannate a rispondere accusando l'uno o l'altro sistema dei loro vistosi difetti e errori. Sappiamo che son cose umane. Dite piuttosto cosa c'era di qua dal fronte. Senza dubbio il peggior sistema politico che oppressori senza scrupoli abbiano mai potuto escogitare. Negazione d'ogni valore morale, di ogni liberta' se non per i ricchi e per i malvagi. Negazione d'ogni giustizia e d'ogni religione. Propaganda dell'odio e sterminio d'innocenti. Fra gli altri lo sterminio degli ebrei (la Patria del Signore dispersa nel mondo e sofferente).
Che c'entrava la Patria con tutto questo? e che significato possono piu' avere le Patrie in guerra da che l'ultima guerra e' stata un confronto di ideologie e non di patrie?
Ma in questi cento anni di storia italiana c'e' stata anche una guerra "giusta" (se guerra giusta esiste). L'unica che non fosse offesa delle altrui Patrie, ma difesa della nostra: la guerra partigiana.
Da un lato c'erano dei civili, dall'altra dei militari. Da un lato soldati che avevano obbedito, dall'altra soldati che avevano obiettato.
Quali dei due contendenti erano, secondo voi, i "ribelli", quali i "regolari"?
E' una nozione che urge chiarire quando si parla di Patria. Nel Congo p. es. quali sono i "ribelli"?
Poi per grazia di Dio la nostra Patria perse l'ingiusta guerra che aveva scatenato. Le Patrie aggredite dalla nostra Patria riuscirono a ricacciare i nostri soldati.
Certo dobbiamo rispettarli. Erano infelici contadini o operai trasformati in aggressori dall'obbedienza militare. Quell'obbedienza militare che voi cappellani esaltate senza nemmeno un "distinguo" che vi riallacci alla parola di San Pietro: "Si deve obbedire agli uomini o a Dio?". E intanto ingiuriate alcuni pochi coraggiosi che son finiti in carcere per fare come ha fatto San Pietro.
In molti paesi civili (in questo piu' civili del nostro) la legge li onora permettendo loro di servir la Patria in altra maniera. Chiedono di sacrificarsi per la Patria piu' degli altri, non meno. Non e' colpa loro se in Italia non hanno altra scelta che di servirla oziando in prigione.
Del resto anche in Italia c'e' una legge che riconosce un'obiezione di coscienza. E' proprio quel Concordato che voi volevate celebrare. Il suo terzo articolo consacra la fondamentale obiezione di coscienza dei Vescovi e dei Preti.
In quanto agli altri obiettori, la Chiesa non si e' ancora pronunziata ne' contro di loro ne' contro di voi. La sentenza umana che li ha condannati dice solo che hanno disobbedito alla legge degli uomini, non che son vili. Chi vi autorizza a rincarare la dose? E poi a chiamarli vili non vi viene in mente che non s'e' mai sentito dire che la vilta' sia patrimonio di pochi, l'eroismo patrimonio dei piu'?
Aspettate a insultarli. Domani forse scoprirete che sono dei profeti. Certo il luogo dei profeti e' la prigione, ma non e' bello star dalla parte di chi ce li tiene.
Se ci dite che avete scelto la missione di cappellani per assistere feriti e moribondi, possiamo rispettare la vostra idea. Perfino Gandhi da giovane l'ha fatto. Piu' maturo condanno' duramente questo suo errore giovanile. Avete letto la sua vita?
Ma se ci dite che il rifiuto di difendere se stesso e i suoi secondo l'esempio e il comandamento del Signore e' "estraneo al comandamento cristiano dell'amore" allora non sapete di che Spirito siete! che lingua parlate? come potremo intendervi se usate le parole senza pesarle? se non volete onorare la sofferenza degli obiettori, almeno tacete!
Auspichiamo dunque tutto il contrario di quel che voi auspicate: Auspichiamo che abbia termine finalmente ogni discriminazione e ogni divisione di Patria di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise che morendo si son sacrificati per i sacri ideali di Giustizia, Liberta', Verita'.
Rispettiamo la sofferenza e la morte, ma davanti ai giovani che ci guardano non facciamo pericolose confusioni fra il bene e il male, fra la verita' e l'errore, fra la morte di un aggressore e quella della sua vittima.
Se volete diciamo: preghiamo per quegli infelici che, avvelenati senza loro colpa da una propaganda d'odio, si son sacrificati per il solo malinteso ideale di Patria calpestando senza avvedersene ogni altro nobile ideale umano.
Lorenzo Milani sac.

10. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- AA. VV., Dopo il virus un mondo nuovo? (2), volume monografico di "MicroMega", n. 5, 2020, Gedi, Roma 2020, pp. 232, euro 15.
- Chiara Baradel e Carla Severini, Il bambino e i nonni. Una presenza importante nella crescita, Rcs, Milano 2020, pp. 128, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
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Riletture
- Frida Kahlo, Nel mio cuore, nel mio sogno, Abscondita, 2002, Rcs, Milano 2014, pp. 112.
- Frida Kahlo, From Frida with love. Lettere di Frida Kahlo, 24 ore cultura, Milano 2018, pp. 96.
- Rebecca Beltran, Frida Kahlo, Rba, Milano 2019, pp. 190.
- Andrea Kettenmann, Frida Kahlo, Taschen, Koeln 2001, pp. 96.
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Riedizioni
- Pier Mannuccio Mannucci, Margherita Fronte, Cambiamo aria! Come difenderci dai danni dell'inquinamento, Baldini-Castoldi, Milano 2017, Rcs, Milano 2020, pp. 192, euro 7,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Gianfranco Ravasi, Il libro dell'Apocalisse, Mondadori, Milano 2020, pp. 120, euro 5,90.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3813 del 27 luglio 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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