[Nonviolenza] Telegrammi. 3805



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3805 del 19 luglio 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. John Lewis
2. Giobbe Santabarbara: Ricordando la strage di via D'Amelio
3. Quattro cose da fare subito contro il razzismo, la schiavitu', l'apartheid
4. Alcune poesie di Emily Dickinson tradotte da Cristina Campo
5. Alcune poesie di Emily Dickinson tradotte da Margherita Guidacci
6. Alcune poesie di Emily Dickinson tradotte da Barbara Lanati
7. Una poesia di Emily Dickinson tradotta da Giovanni Giudici
8. Una poesia di Emily Dickinson tradotta da Mario Luzi
9. Una poesia di Emily Dickinson tradotta da Eugenio Montale
10. Una poesia di Emily Dickinson tradotta da Amelia Rosselli
11. Su Emily Dickinson (2006)
12. Omero Dellistorti: Angeli
13. Omero Dellistorti: Nomen omen
14. Omero Dellistorti: Dal meccanico
15. Omero Dellistorti: Un accompagnatore
16. Segnalazioni librarie
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento
18. Per saperne di piu'

1. LUTTI. JOHN LEWIS

E' deceduto John Lewis, militante antirazzista, testimone della dignita' umana.
Con gratitudine che non si estingue lo ricordiamo.

2. MEMORIA. GIOBBE SANTABARBARA: RICORDANDO LA STRAGE DI VIA D'AMELIO

Il 19 luglio del 1992 stavo ancora una volta cambiando casa. A quel tempo non avevo ne' televisione ne' radio ne' computer (sebbene lavorassi in un settimanale che credo realizzassimo gia' tutto su Mac portandolo in tipografia per la stampa gia' fotocomposto). Seppi della strage da un notiziario telefonico che non so se ci sia ancora. Fu una mazzata. Credo che innumerevoli altre persone abbiano provato lo stesso sentimento. Il 23 maggio, neppure due mesi prima, c'era stata la strage di Capaci.
Ricordo insieme lo sconforto e il furore. Pensai, come tutti, che la mafia stava sterminando i migliori tra i nostri compagni che non eravamo stati capaci di difendere. E pensai, come tutti, che occorreva resistere. Pensai ai resistenti di Stalingrado che salvarono l'umanita' dal trionfo hitleriano.
Fu Antonino Caponnetto che diede pubblica voce a quel condiviso sentire.
Dapprima con quella sua frase di sconfinato dolore, di lutto immedicabile, di disperazione abissale.
E poi con quel discorso funebre che chiamo' l'umanita' intera alla lotta, quel discorso funebre che ho riletto innumerevoli volte ogni volta di nuovo piangendo di commozione.
*
Qui dovrei forse dire che in quegli anni anche noi a Viterbo, un ridotto gruppo di persone amiche, eravamo impegnati a livello locale nella lotta di cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano le figure piu' rappresentative: la lotta contro il potere mafioso; e quindi contro la penetrazione mafiosa anche nell'Alto Lazio, e quindi contro il regime della corruzione e l'economia illegale del potere mafioso complici, e quindi contro il modello di sviluppo di servitu' funzionale alla signoria territoriale dei poteri criminali, e quindi contro il cruciale versante finanziario di quel sistema di potere, e quindi contro la costellazione di poteri - occulti e palesi - e il reticolo di cointeressenze, e di subalternita', e di rassegnazione, che fungeva da brodo di coltura e da invaso di consenso alla pervasiva penetrazione del potere mafioso tanto nella societa' quanto nelle istituzioni.
E' una lotta che non abbiamo mai abbandonato, ma che nel corso degli anni si e' fatta sempre piu' difficile, fino a chiuderci da oltre vent'anni in condizioni di effettuale isolamento, tali da cancellarne quasi la memoria al livello dei mezzi d'informazione dominanti e quindi dell'opinione pubblica sempre piu' profondamente manipolata; sono cose che chi e' giovane oggi non trova agevolmente su internet, dove crede di avere a disposizione tutto cio' che c'e' da sapere, ed invece subisce incosciente e indifeso il morso e il comando dei poteri piu' barbari. Ma non e' di queste vicende che qui si vuol dire.
*
Qui si vuol dire invece di quanto necessario sia che la memoria della strage di via D'Amelio di cui ricorre l'anniversario - e con essa la memoria di tutte le stragi di mafia - non sia offuscata, sfigurata e tradita in una sorta di narrazione epica, di spettacolo rituale, che la falsifica e narcotizza, la respinge in un passato remoto e mitico, cosi' occultando (e forse anche esplicitamente mirando a soffocarne comprensione e realizzazione) quali siano i compiti attuali di ogni persona di volonta' buona cui la viva memoria di quella tragedia convoca ancora: grida sempre il sangue degli innocenti assassinati.
Qui si vuol dire che proseguire la lotta che fu di Falcone e Borsellino, e di chi cadde con loro, richiede innanzitutto un impegno nitido e intransigente nel presente, un impegno fondato su, e nutrito da, un'analisi concreta della situazione concreta: l'analisi adeguata e necessaria che svolge dagli anni Settanta il "Centro siciliano di documentazione" di Palermo a Giuseppe Impastato intitolato ed animato luminosamente da Umberto Santino ed Anna Puglisi: decisiva esperienza e punto di riferimento indispensabile di ogni riflessione e di ogni prassi che alla mafia vuole concretamente opporsi.
Qui si vuol dire che fare memoria di quelle stragi significa lottare oggi contro tutti i poteri criminali e contro tutte le stragi.
Qui si vuol dire che vi e' un solo modo per ricordare onestamente, degnamente, le persone assassinate in via D'Amelio e con esse tutte le vittime del terrorismo mafioso: e questo solo modo e' proseguire la lotta contro i poteri criminali, contro il regime della corruzione, contro il modo di produzione e riproduzione sociale dei vampiri, contro il "disordine costituito" dei carnefici e il comitato d'affari dei cannibali.
*
Una e la stessa e' la lotta contro il potere mafioso e per la democrazia, per la legalita' che salva le vite, per la piena vigenza della Costituzione antifascista che invera e prosegue la Resistenza dell'umanita' contro il male assoluto che l'umanita' denega.
Una e la stessa e' la lotta contro il potere mafioso e per la difesa nitida e intransigente, concreta e coerente, dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
Una e la stessa e' la lotta contro il potere mafioso e per salvare dalla catastrofe l'intero mondo vivente unica casa comune dell'umanita' intera.
Una e la stessa e' la lotta contro il potere mafioso e contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni - il maschilismo essendo la prima radice e il primo paradigma di tutte le violenze e le oppressioni.
*
Ricordare le vittime della strage di via D'Amelio del 19 luglio 1992, ricordare Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina, significa chiedere ancora verita' e giustizia per tutte le vittime; significa agire qui ed ora perche' cessino tutte le stragi, per salvare tutte le vite.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la liberazione comune, per la salvezza dell'umanita' e della biosfera.
Solo la nonviolenza, che a tutte le violenze si oppone, puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
*
In calce si allega il testo dell'indimenticabile orazione funebre tenuta da Antonino Caponnetto ai funerali di Paolo Borsellino.
* * *
Allegato. Antonino Caponnetto: Una preghiera laica ma fervente
[E' il testo della "preghiera laica ma fervente" pronunciata da Antonino Caponnetto ai funerali di Paolo Borsellino il 24 luglio 1992 a Palermo, presente il Presidente della Repubblica Scalfaro]
Queste sono le parole di un vecchio ex magistrato che e' venuto nello spazio di due mesi due volte a Palermo con il cuore a pezzi a portare l'ultimo saluto ai suoi figli, fratelli e amici con i quali ho diviso anni di lavoro di sacrificio di gioia, anche di amarezza. Soltanto poche parole per un ricordo, per un doveroso atto di contrizione che poi vi diro' e per una preghiera laica ma fervente.
Il ricordo e' per l'amico Paolo, per la sua generosita', per la sua umanita', per il coraggio con cui ha affrontato la vita e con cui e' andato incontro alla morte annunciata, per la sua radicata fede cattolica, per il suo amore immenso portato alla famiglia e agli amici tutti. Era un dono naturale che Paolo aveva, di spargere attorno a se' amore. Mi ricordo ancora il suo appassionato e incessante lavoro, divenuto frenetico negli ultimi tempi, quasi che egli sentisse incombere la fine. Ognuno di noi e non solo lo Stato gli e' debitore; ad ognuno di noi egli ha donato qualcosa di prezioso e di raro che tutti conserveremo in fondo al cuore, e a me in particolare mancheranno terribilmente quelle sue telefonate che invariabilmente concludeva con le parole: "Ti voglio bene Antonio" ed io replicavo "Anche io ti voglio bene Paolo".
C'e' un altro peso che ancora mi opprime ed e' il rimorso per quell'attimo di sconforto e di debolezza da cui sono stato colto dopo avere posato l'ultimo bacio sul viso ormai gelido, ma ancora sereno, di Paolo. Nessuno di noi, e io meno di chiunque altro, puo' dire che ormai tutto e' finito.
Pensavo in quel momento di desistere dalla lotta contro la delinquenza mafiosa, mi sembrava che con la morte dell'amico fraterno tutto fosse finito. Ma in un momento simile, in un momento come questo coltivare un pensiero del genere, e me ne sono subito convinto, equivale a tradire la memoria di Paolo come pure quella di Giovanni e di Francesca.
In questi pochi giorni di dolore trascorsi a Palermo che io vi confesso non vorrei lasciare piu', ho sentito in gran parte della popolazione la voglia di liberarsi da questa barbara e sanguinosa oppressione che ne cancella i diritti piu' elementari e ne vanifica la speranza di rinascita. E da qui nasce la mia preghiera dicevo laica ma fervente e la rivolgo a te, presidente, che da tanto tempo mi onori della tua amicizia, che e' stata sempre ricambiata con ammirazione infinita. La gente di Palermo e dell'intera Sicilia, ti ama presidente, ti rispetta, e soprattutto ha fiducia nella tua saggezza e nella tua fermezza. Paolo e' morto servendo lo Stato in cui credeva cosi' come prima di lui Giovanni e Francesca. Ma ora questo stesso Stato che essi hanno servito fino al sacrificio, deve dimostrare di essere veramente presente in tutte le sue articolazioni, sia con la sua forza sia con i suoi servizi. E' giunto il tempo, mi sembra, delle grandi decisioni e delle scelte di fondo, non e' piu' l'ora delle collusioni degli attendismi dei compromessi e delle furberie, e dovranno essere, presidente, dovranno essere uomini credibili, onesti, dai politici ai magistrati, a gestire con le tue illuminate direttive questa fase necessaria di rinascita morale: e' questo a mio avviso il primo e fondamentale problema preliminare ad una vera e decisa lotta alla barbarie mafiosa. Io ho apprezzato le tue parole, noi tutti le abbiamo apprezzate, le tue parole molto ferme al Csm dove hai parlato di una nuova rinascita che e' quella che noi tutti aspettiamo, e laddove anche con la fermezza che ti conosco hai giustamente condannato, censurato, quegli errori che hanno condotto martedi' pomeriggio a disordini che altrimenti non sarebbero accaduti perche' nessuno voleva che accadessero.
Solo cosi' attraverso questa rigenerazione collettiva, questa rinascita morale, non resteranno inutili i sacrifici di Giovanni, di Francesca, di Paolo e di otto agenti di servizio. Anche a quegli agenti che hanno seguito i loro protetti fino alla morte va il nostro pensiero, la nostra riconoscenza, il nostro tributo di ammirazione. Tra i tanti fiori che ho visto in questi giorni lasciati da persone che spesso non firmavano nemmeno il biglietto come e' stato in questo caso, ho visto un bellissimo lilium, splendido fiore il lilium, e sotto c'erano queste poche parole senza firma: "Un solo grande fiore per un solo grande uomo solo". Mi ha colpito, presidente, questa frase che mi e' rimasta nel cuore e credo che mi rimarra' per sempre.
Ma io vorrei dire a questo grande uomo, diletto amico, che non e' solo, che accanto a lui batte il cuore di tutta Palermo, batte il cuore dei familiari, degli amici, di tutta la Nazione. Caro Paolo, la lotta che hai sostenuto fino al sacrificio dovra' diventare e diventera' la lotta di ciascuno di noi, questa e' una promessa che ti faccio solenne come un giuramento.

3. REPETITA IUVANT. QUATTRO COSE DA FARE SUBITO CONTRO IL RAZZISMO, LA SCHIAVITU', L'APARTHEID

1. far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro;
2. abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia;
3. abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani;
4. formare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
*
Chiediamo ad ogni persona di volonta' buona, ad ogni associazione ed istituzione democratica di premere nonviolentemente affinche' finalmente almeno nel nostro paese siano riconosciuti tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.
Chiediamo ad ogni persona di volonta' buona, ad ogni associazione ed istituzione democratica di insorgere nonviolentemente in difesa della legalita' che salva le vite; in difesa della democrazia che ogni essere umano riconosce e rispetta e conforta e sostiene; in difesa della Costituzione antifascista che nessun essere umano abbandona tra gli artigli della violenza, dell'ingiustizia, della sofferenza e della morte; in difesa di ogni essere umano e dell'umanita' tutta.
Tutte e tutti siamo esseri umani in cammino. Tutte e tutti abbiamo bisogno di aiuto. Tutte e tutti siamo esposti al male e alla morte. Tutte e tutti possiamo e dobbiamo recarci reciproco aiuto.
Sconfiggere il male facendo il bene.
Abolire la violenza con la forza della nonviolenza.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.

4. REPETITA IUVANT. ALCUNE POESIE DI EMILY DICKINSON TRADOTTE DA CRISTINA CAMPO
[Da Cristina Campo, La Tigre Assenza, Adelphi, Milano 1991, 2001, pp. 85-90, ma l'ordine in cui le abbiamo qui disposte e' quello dedotto dalla cronologia dell'opera dickinsoniana, ed utilizzato anche in Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, in cui le "versioni d'autrice" di Cristina Campo sono alle pp. 1643-1646.
Emily Dickinson - poetessa imprescindibile - visse ad Amherst, Massachusetts, tra il 1830 e il 1886; molte le edizioni delle sue poesie disponibili in italiano con testo originale a fronte (tra cui quella integrale, a cura di Marisa Bulgheroni: Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005; ma vorremmo segnalare anche almeno la fondamentale antologia curata da Guido Errante: Emily Dickinson, Poesie, Mondadori, Milano 1956, poi Guanda, Parma 1975, e Bompiani, Milano 1978; e la vasta silloge dei versi e dell'epistolario curata da Margherita Guidacci: Emily Dickinson, Poesie e lettere, Sansoni, Firenze 1961, Bompiani, Milano 1993, 2000); per un accostamento alla sua figura e alla sua opera: Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson. L'alfabeto dell'estasi, Feltrinelli, Milano 1998, 2000; Marisa Bulgheroni, Nei sobborghi di un segreto. Vita di Emily Dickinson, Mondadori, Milano 2002. Ebbe a scrivere della sua opera Luciano Bonfrate: "Mi capita di usare dei suoi versi / come fosser sentenze di sibilla / della mia vita specchio, e vi scintilla / cio' che trovai, che non trovai, che persi"]

Per sempre al suo fianco camminare,
la piu' piccola dei due,
cervello del suo cervello, sangue del suo sangue,
due vite, un Essere, ora.

Per sempre del suo fato gustare,
se dolore, la piu' larga parte,
se gioia, mettere il mio pezzo in disparte
per quel diletto cuore.

Tutta la vita conoscersi l'un l'altro
senza poterci mai imparare,
e piu' tardi un mutamento chiamato "Paradiso" -
rapito vicinato d'uomini
che appena scoprono cio' che ci inquietava
senza il vocabolario!

*

Che tedio attendere
se non vicino a te,
l'ho saputo iersera
quando si volle avvincermi
forse vedendomi
affaticata o sola
o per cedere quasi
alla pena silente.
Io mi volsi, ducale -
a te solo spettava
quel gesto - un porto solo
vale a questa nave.
Nostra la ventura
per un selvaggio mare
meglio che un ancoraggio
non diviso da te.
A noi piu' tosto il carico
di un perenne viaggio
che le Odorose Isole
desolate di te.

*

Imparai finalmente che cosa la casa poteva essere,
come sarei stata ignorante
dei graziosi modi del costume,
come goffa all'inno

intorno al nostro nuovo focolare, se non per questo,
questa mappa del cammino
la cui memoria mi annega, come il battesimo
di un celestiale mare.

Quali mattine nel nostro giardino, immaginate,
quali api per noi a ronzare,
con solo uccelli a interrompere
il mormorio del nostro tema.

E un compito per ciascuno quando il gioco sia finito,
il tuo problema della mente,
il mio qualche effetto piu' frivolo,
un pizzo o una canzone.

Il pomeriggio insieme trascorso
e il crepuscolo per i sentieri
qualche soccorso a piu' povere vite
viste piu' povere attraverso i nostri doni.

E poi ritorno, e notte e casa,
una nuova e piu' divina cura,
finche' l'aurora ci richiami in scena
trasmutati, piu' vividi.

Questa sembra una casa e casa non e'
ma cio' che quel luogo potrebb'essere
mi affligge come un sole calante
dove l'aurora sa che cosa essere!

*

Che faro' io quando turba l'estate,
quando la rosa e' matura?
Quando le uova svolino in melodia
da un carcere d'acero: - che faro' io?
Che faro' io quando dai cieli in gorgheggio
cada su me una canzone?
Quando al ranuncolo dondoli tutto il meriggio
l'ape sospesa - che mai faro' io?
E quando lo scoiattolo si colmera' le tasche
e guarderanno le bacche...
Resistero' io a quelle candide facce
se tu da me sei lontano?
Al pettirosso non sarebbe gran pena:
volano tutti i miei beni.
Io non ho ali: a che servono, dimmi,
i miei tesori perenni?

*

Tocca leggero la dolce
chitarra della natura
se non conosci ancora
la canzone.
O d'ogni uccello
ti accusera' lo sguardo
che ti facesti bardo
innanzi l'ora.

*

Morte e' il pieghevole corteggiatore
che vince alla fine.
E' un vagheggiare furtivo
condotto sulle prime
per pallide insinuazioni
e oscuri avvicinamenti:
magnifico alfine di trombe
e un equipaggio a due posti
che ti rapisce in trionfo
a nozze sconosciute -
a parentele vibranti
come le porcellane.

5. REPETITA IUVANT. ALCUNE POESIE DI EMILY DICKINSON TRADOTTE DA MARGHERITA GUIDACCI
[Da Emily Dickinson, Poesie, Rizzoli, Milano 1979, Rcs Quotidiani, Milano 2004]

L'acqua e' insegnata dalla sete.
La terra, dagli oceani traversati.
La gioia, dal dolore.
La pace, dai racconti di battaglie.
L'amore, da un'impronta di memoria.
Gli uccelli, dalla neve.

*

E' poca cosa il pianto,
sono brevi i sospiri:
pure, per fatti di questa misura
uomini e donne muoiono!

*

Fra le mie dita tenevo un gioiello
quando mi addormentai.
La giornata era calda, era tedioso il vento
e dissi: "Durera'" -

Sgridai al risveglio le dita incolpevoli,
la gemma era sparita -
Ora solo un ricordo di ametista
a me rimane -

*

E' questa la mia lettera al mondo
che mai non scrisse a me -
semplici annunzi che da' la natura
con tenera maesta'.

Il suo messaggio e' consegnato a mani
per me invisibili.
Per amor suo, miei dolci compaesani,
benignamente giudicatemi!

*

Tutto imparammo dell'amore:
alfabeto, parole,
un capitolo, il libro possente,
poi la rivelazione termino'.

Ma negli occhi dell'altro
ciascuno contemplava un'ignoranza
divina, ancora piu' che nell'infanzia;
l'uno all'altro, fanciulli,

tentammo di spiegare
quanto era per entrambi incomprensibile.
Ahi, com'e' vasta la saggezza
e molteplice il vero!

*

Come se il mare separandosi
svelasse un altro mare,
questo un altro, ed i tre
solo il presagio fossero

d'un infinito di mari
non visitati da riva -
il mare stesso al mare fosse riva -
questo e' l'eternita'.

*

L'incertezza e' piu' ostile della morte.
La morte, anche se vasta,
e' soltanto la morte e non puo' crescere.
All'incertezza invece non v'e' limite,

perisce per risorgere
e morire di nuovo,
e' l'unione del nulla
con l'immortalita'.

*

Abbiamo prima sete - e' l'atto di natura -
e dopo, quando stiamo per morire,
chiediamo supplichevoli un po' d'acqua
a dita che ci passano vicine.

Ed e' figura d'un bisogno piu' alto,
la cui risposta adeguata
sono le grandi acque occidentali
chiamate eternita'.

*

Molte volte pensai giunta la pace
quando la pace era tanto lontana;
cosi' i naufraghi credono di vedere la terra
nel centro del mare,

e indeboliti lottano, soltanto per scoprire,
come me disperati,
quante rive fittizie
vengano prima del porto.

*

Io canto per riempire l'attesa:
annodarmi la cuffia,
richiudere la porta di casa
e non altro ho da fare,

finche' risuoni vicino il suo passo,
e insieme camminiamo verso il giorno,
l'uno all'altro narrando di come cantammo
per scacciare la tenebra.

*

Da un'asse all'altra avanzavo
cosi' lenta, prudente.
Sentivo le stelle sul capo,
e sotto i piedi il mare.

Questo solo sapevo: un altro passo
poteva essere l'ultimo.
Ed avevo quell'andatura incerta
che chiamano esperienza.

*

Immensita' d'argento
con funi di sabbia
a trattenerla, perche' non cancelli
una pista che chiamano la terra.

*

Come stanno silenti le campane
nelle torri, finche', gonfie di cielo,
balzano con piedi argentei
in melodia frenetica!

*

Il Paradiso dipende da noi.
Chiunque voglia
vive nell'Eden, nonostante Adamo
e la cacciata.

*

Questi giorni febbrili condurli alla foresta
dove le fresche acque strisciano intorno al muschio
e l'ombra sola devasta il silenzio:
pare talvolta che questo sia tutto.

*

Non sappiamo di andare quando andiamo.
Noi scherziamo nel chiudere la porta.
Dietro, il destino mette il catenaccio,
e non entriamo piu'.

*

Tutti coloro che perdiamo qualcosa ci togono;
resta ancora uno spicchio sottile,
che come luna, qualche torbida notte,
obbedira' al richiamo delle maree.

*

E' un errore di calcolo:
"Vien poi l'eternita'"
diciamo, come fosse una stazione.
Mentre e' tanto vicina
che mi accompagna nella passeggiata
e condivide la mia casa
ed amico non ho piu' pertinace
di questa eternita'.

*

E' l'immortalita' forse un veleno
che gli uomini ne sono cosi' oppressi?

6. REPETITA IUVANT. ALCUNE POESIE DI EMILY DICKINSON TRADOTTE DA BARBARA LANATI
[Da Emily Dickinson, Poesie, Savelli, Roma 1976]

Chi non conosce il successo
ne apprezza la dolcezza.
Solo chi ne prova acre bisogno
conosce il sapore di un nettare.

Non uno della purpurea folla che oggi
ha conquistato la bandiera
con tanta chiarezza sapra' definire
la vittoria come chi

in agonia, battuto
nello sfaldarsi del proprio sentire
registra limpidi e lacerati
i lontani stridori del trionfo.

*

L'acqua, la insegna la sete.
La terra - gli oceani trascorsi.
Lo slancio - l'angoscia -
La pace - la raccontano le battaglie -
L'amore, i cumuli della memoria -
Gli uccelli, la neve.

*

Tenevo un gioiello tra le dita -
e mi addormentai -
la giornata era tepida, i venti monotoni -
dissi: "durera'".

Al risveglio rimproverai le mie oneste dita,
la pietra era sparita.
E adesso, un ricordo d'ametista
e' tutto cio' che mi resta.

*

La "Speranza" e' quella cosa piumata -
Che artigliata all'anima -
Canta melodie senza parole -
E non smette - mai -

E la senti - dolcissima - nel vento -
E dura deve essere la tempesta -
Capace di intimidire il piccolo uccello
Che ha dato calore a tanti -

Io l'ho sentito nel paese piu' gelido -
E sui mari piu' alieni -
Eppure mai, nemmeno allo stremo,
Ha chiesto una briciola - di me.

*

Questa e' la mia lettera al mondo
che non ha mai scritto a me -
semplici cose che la natura
ha detto - con tenera maesta'.

Il suo messaggio e' affidato
a mani che non posso vedere -
Per amore di lei - amici miei dolci -
con tenerezza giudicate - me.

*

Chiedeva da bere, una Tigre, in agonia
Filtrai il deserto -
dalla roccia, una goccia
raccolsi e la portai nella mano.

Le pupille regali, nella morte offuscate
scrutai, per trovare
nella retina, un'unica visione
dell'acqua e di me.

Non per colpa mia: che ero corsa piano.
Non per colpa sua: che era morta
quando stavo per raggiungerla, ormai,
ma perche', era un fatto, essa era gia' morta.

*

Dapprima e' la sete - processo naturale -
Poi - il momento della morte -
La supplica - di un poco d'acqua -
Da dita che passano vicine -

Segno di un piu' sottile bisogno -
cui unica, armonica, compensa,
sono le grandi acque a occidente -
chiamate Immortalita'.

*

Uno piu' uno - fanno uno -
Basta con il due che -
E' appropriato alle scuole -
Ma non per le scelte interiori -

La vita, appunto, o la morte -
O l'eterno -
Due, sarebbe troppo -
Per le capacita' di un'anima -

*

Io canto per consumare l'attesa -
Allacciare la cuffia
chiudere la porta di casa,
non mi resta nent'altro da fare

quando, all'avvicinarsi del suo passo finale
viaggeremo verso il Giorno
raccontandoci di come abbiamo cantato
per tenere lontana la notte.

*

Atto primo: il ritrovamento
Atto secondo: la perdita
Atto terzo: la spedizione
alla ricerca del vello d'oro.

Atto quarto: nessuna scoperta
Atto quinto: nessun equipaggio
Infine: nessun vello d'oro
Un'unica impostura - anche Giasone.

*

Un ovunque di argento
con corde di sabbia
a impedirgli di cancellare
la Traccia chiamata Terra.

*

Come per altre cose, l'amore a un certo punto
ci sta stretto: lo riponiamo nel cassetto -
poi un giorno si rivelera' di foggia antiquata -
come i costumi indossati dai re.

*

Per alcuni
Quando e' detta,
La parola muore.
Per me
Proprio quel giorno
Comincia a vivere.

*

Di pianeti e di fiori
Facciamo conoscenza,
Ma con noi stessi,
C'e' l'etichetta
L'imbarazzo
E il terrore.

*

Per fare un prato ci vuole del trifoglio
e un'ape, un trifoglio e un'ape
e sogni ad occhi aperti.
E se le api sono scarse,
bastano i sogni.

*

Che l'amore e' tutto cio' che c'e',
E' tutto quello che sappiamo dell'amore;
E' abbastanza, il carico in teoria
proporzionale al solco.

7. REPETITA IUVANT. UNA POESIA DI EMILY DICKINSON TRADOTTA DA GIOVANNI GIUDICI
[Da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1650 (questa, e le altre traduzioni di Giudici presenti nel volume da cui citiamo erano gia' apparse nella silloge di traduzioni poetiche di Giovanni Giudici, Addio, proibito piangere, Einaudi, Torino 1982)]

Presentimento - e' la lunga ombra - sul prato -
Annunziatrice che il sole se ne va -

Avvertimento all'erba abbrividita
Che la tenebra - presto scendera' -

8. REPETITA IUVANT. UNA POESIA DI EMILY DICKINSON TRADOTTA DA MARIO LUZI
[Da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1658]

C'e' una solitudine di spazio,
una solitudine di mare,
una di morte, ma
faranno lega tutte quante
a paragone con quell'estremo punto,
quella polare ritrosia
di un'anima ammessa a se medesima.
Finita infinita'.

9. REPETITA IUVANT. UNA POESIA DI EMILY DICKINSON TRADOTTA DA EUGENIO MONTALE
[Da Eugenio Montale, Quaderno di traduzioni, Edizioni della Meridiana, 1948, Mondadori, Milano 1975, p. 49 (col titolo: Tempesta); poi anche in Eugenio Montale, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1984, 2005, p. 742; ed ovviamente in Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1659]

Con un suono di corno
il vento arrivo', scosse l'erba;
un verde brivido diaccio
cosi' sinistro passo' nel caldo
che sbarrammo le porte e le finestre
quasi entrasse uno spettro di smeraldo:
e fu certo l'elettrico
segnale del Giudizio.
Una bizzarra turba di ansimanti
alberi, siepi alla deriva
e case in fuga nei fiumi
e' cio' che videro i vivi.
Tocchi del campanile desolato
mulinavano le ultime nuove.
Quanto puo' giungere,
quanto puo' andarsene,
in un mondo che non si muove!

10. REPETITA IUVANT. UNA POESIA DI EMILY DICKINSON TRADOTTA DA AMELIA ROSSELLI
[Da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1666]

Una Parola fatta Carne e' di rado
E tremando condivisa
Ne' forse allora riportata
Ma non avro' dunque sbagliato
Ciascun di noi ha assaporato
Con estasi segreta
Proprio quel dibattuto cibo
Secondo nostra specifica forza -

Una Parola che respira chiaramente
Non ha potere di morire
Coesiva quanto lo Spirito
Puo' spirare se Egli -
"Fatto Carne e vissuto tra di noi"
Fosse condiscendenza
Come questo consenso del Linguaggio
Quest'amata Filologia

11. REPETITA IUVANT. SU EMILY DICKINSON (2006)

Emily Dickinson e' un enigma e uno specchio (come ogni voce, come ogni persona). Volto, parola che convoca, alla meraviglia, all'infinito, alla responsabilita'.

12. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: ANGELI

E quelle sarebbero intelligenze purissime?
E starebbero a svolazzare tutto il giorno con la chitarrella o lo spadone in mano, se fossero intelligenze purissime?
*
E quello sarebbe l'esercito e il coro di Domineddio? E chi si credono di essere, gli alpini? L'Armata rossa?
Vorrei proprio vederli sul Don, con le alucce di pollo congelate.
*
Si fa presto a dire angeli, ma poi quando vai a guardare non sono mica quelle gran bellezze che dicono tutti. Adesso poi che c'e' la chirurgia estetica, e che ci vuole a metter su un bel musetto, un bel visin ciribiribin?
E i vestiti? Non c'e' una sartoria, una boutique in Paradiso? Ancora si vestono con le lenzuola come nei film di antichi romani. E andiamo, cerchiamo di non essere ridicoli.
*
A me tutte 'ste storie di teologia mi sono sempre sembrate tutte buffonate, ma le piu' buffonate di tutte sono 'ste storie di angeli, ve lo dico io e date retta a uno stupido che pero' sulle cose ci ragiona con la testa sua e non faccio per dire ma ho visto la mia parte di mondo.
Gli angeli custodi che stanno giorno e notte li' a fare i guardoni e la spia, i santi vergini e martiri che fanno i miracoli e piangono lacrime di sangue come i tisici lo sputano, i profeti che se erano davvero profeti invece di finire in galera facevano tredici tutte le settimane e adesso stavano a godersi la vita a Ibiza o ai Caraibi; ma per favore, ma facciamo le persone serie, la gente civile, qui siamo nel Duemila, adesso basta con tutte 'ste fandonie, 'ste panzane da Corriere dei piccoli. Ancora con gli angeli, ma dico, e potevamo vincere la guerra? Gli angeli, oh gesummaria, nel nuovo millennio ancora con queste superstizioni che gli stranieri ci ridono dietro. E basta, no?
I diavoli invece, quelli si'.

13. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: NOMEN OMEN

Adesso gia' era una bella fregatura fare Dissolvi di cognome. No, non dite niente, l'ho gia' sentita cento miliardi di volte.
Ma io non lo so che gli frullava nella zuccaccia sua vuota al padre mio quando mi diede pure 'sto nome di Cupio, che e' un nome che neppure esisteva prima che lo dessero a me.
Una volta gliel'ho chiesto perche', ma lui mi disse che non se lo ricordava piu'. Ma era sempre ubriaco, cosi' non ci potevi mai fare conto su quello che diceva.
A mia madre non gliel'ho mai potuto chiedere perche' e' morta giovane, di parto. Il mio parto.
Comunque da ragazzino non ci facevo neppure caso, e' crescendo che ho pensato che doveva averci un significato se mi avevano dato 'sto nome.
Qui adesso devo fare una parentesi, perche' magari voi che ne sapete, allora ve lo spiego io: "Cupio Dissolvi" ci ha un significato. Sissignore, un significato. E' latino, e vuole dire uno che ci ha voglia di morire.
Adesso l'avete capito perche' fo il mestiere che fo?

14. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: DAL MECCANICO

- La verita'? Non ne vale la pena.
- Come sarebbe che non ne vale la pena?
- Non ne vale la pena, e' da buttare.
- Da buttare?
- Allo sfascio. Lo dico contro il mio interesse, eh, io le riparo le macchine.
- E questa non si puo' riparare?
- E che vuole riparare? La nevralgia del trigemino non c'e' niente da fare, se la deve tenere.
- Se e' per questo ci sono abituato.
- E i denti, li ha visti i denti?
- Quelli che restano.
- Appunto. E perdera' anche questi, lo sa, no?
- Almeno smetteranno di dolere.
- E non se ne e' accorto che il dolore resta anche quando il dente non c'e' piu'? Ma lei, scusi se glielo dico, lei dorme in piedi.
- Magari ci riuscissi, il fatto e' che non dormo neppure sdraiato, con tutte le ossa che mi fanno male.
- Infatti, non se ne accorge che e' tutto arrugginito? Me lo ha detto lei quali contorsioni deve fare per allacciarsi le scarpe, e non dico altro per discrezione, ma si capisce, si capisce che se uno non ce la fa piu' ad arrivare ad allacciarsi le scarpe...
- No, un momento, con grande sforzo pero' ci riesco.
- Con grande sforzo, infatti. E non le chiedo come fa a tagliarsi le unghie dei piedi, non glielo chiedo.
- Grazie.
- E il tremore?
- Come, prego?
- Il tremore, il tremore, non se ne accorge?
- Si' che me ne accorgo.
- Non riesce neppure a mettere una firma leggibile non riesce.
- Questo no, e' che ho sempre scritto male.
- E scommetto che ogni volta che si versa il caffe' meta' va nella tazzina e meta' sul tavolino.
- E lei che ne sa?
- E che ci vuole a capirlo? Ha una coordinazione oculo-manuale da marionetta, scommetto che una volta su due che prova ad afferrare qualcosa, quella le sfugge, le casca da tutte le parti, sembra una di quelle comiche, se le ricorda?
- Si' che me le ricordo. Erano belle le vecchie comiche.
- E l'equilibrio.
- Gia', l'equilibrio, insomma, un po' periclitante.
- E la memoria?
- Direi abbastanza bene, grazie.
- Bene bene?
- Insomma, nell'insieme direi di si'.
- Lo dice perche' ci sono io, ma se fosse solo direbbe un'altra cosa, e' vero?
- Non so, da soli si pensano tante di quelle cose.
- E' vero, per questo facciamo finta di essere in due, no?
- Eh si'.
- Comunque il mio parere gliel'ho detto: la macchina e' da buttare. E via.
- E via.
- E via.
- A dirla cosi' sembra facile.
- E' facile, dipende solo da lei.
- Ma, come posso dire, e' che ci sono affezionato.
- Non e' vero.
- Si' che e' vero.
- Non e' vero, se ci era affezionato se ne prendeva cura, no?
- Forse a modo mio l'ho fatto.
- Ma non dica corbellerie.
- D'accordo, non me ne sono preso cura.
- E questo e' il risultato. Fine della partita.
- Che brutta espressione.
- Non ci sono espressioni belle per dire quello che stiamo dicendo.
- E le persone a cui voglio bene?
- Ce ne sono?
- Penso di si', che diamine.
- Che diamine, se voleva loro il bene che dice, avrebbe dovuto dimostrarlo quando era in tempo, no?
- Avrei dovuto.
- E invece.
- E invece.
*
- E quindi?
- E quindi cosa?
- Non c'e' altro da fare?
- Direi di no.
- Magari qualche riparazione qua e la', giusto per tirare avanti ancora un po'.
- E a che servirebbe? Lo dico nel suo interesse, e' da buttare e basta.
- Va bene, grazie comunque.
- Di niente, mi dispiace di non aver potuto esserle utile.
- Dispiace anche a me. Quanto le devo per il disturbo?
- Niente, niente, che vuole che sia.
- Insisto, la prego.
- Va bene, allora mi dia cinquanta euro e le faccio subito la fattura.
- Grazie.
- Grazie a lei.

15. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: UN ACCOMPAGNATORE

L'agenzia per cui lavoro? Un nome grosso, ma abbiamo un accordo di riservatezza. Tanto, se vi serve, la trovate da soli. Poi, oggi, con internet...
Il servizio? E' costoso, ma efficiente. Per questo e' costoso, perche' e' efficiente. L'efficienza e' tutto.
E' semplice: voi dovete solo dire il soggetto e versare l'anticipo. Al resto pensiamo noi, in tempi ragionevoli, con la strumentazione adatta. Dopo versate il saldo ed e' tutto fatto.
Come ho cominciato? E' riservato.
Quanti lavori? Un buon numero. Tutti portati a termine.
No, non e' stressante, e' solo un lavoro. Se la preparazione e' accurata, che la preparazione deve essere accurata, poi e' un attimo. Non c'e' neppure il tempo di starci a pensare poi, che bisogna sbrigarsi a sparire che e' quella la parte che richiede tempestivita' e concentrazione, ma quando tutto e' preparato bene, che problema c'e'? Poi e' fatta, chi ci pensa piu'?
I contatti, i pagamenti, tutto su internet. Nessuno vede mai nessuno. A parte la persona da accompagnare, e' chiaro.
Perche' ve ne parlo? Perche' mi piace fare due chiacchiere con chi accompagno. Eh, si'.

16. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- John Locke, Scritti sulla tolleranza, Utet, Torino 1997, 2005, pp. 780.
- Don Lorenzo Milani, Tutte le opere, Mondadori, Milano 2017, 2 tomi per pp. CXXXVIII + 1396 (tomo primo) + VI + 1432 (tomo secondo).
*
Riedizioni
- Murakami Haruki, Vento & flipper, Einaudi, Torino 2013, 2016, Rcs, Milano 2020, pp. IV + 236, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
*
Fantascienza
- N. K. Jemisin, La quinta stagione, Mondadori, Milano 2019, 2020, pp. 400, euro 9,90.

17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

18. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3805 del 19 luglio 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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