[Nonviolenza] Telegrammi. 3748
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- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Fri, 22 May 2020 20:35:02 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3748 del 23 maggio 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Benito D'Ippolito: Nel giorno della strage di Capaci
2. Contro mafia ed apartheid
3. Proposta di una lettera da inviare al governo
4. Proposta di una lettera da inviare ai Comuni
5. Sosteniamo il Movimento Nonviolento
6. Alcune poesie di Sylvia Plath
7. Alcuni estratti da Leo Loewenthal, "I roghi dei libri"
8. Omero Dellistorti: Dispiaceri
9. Omero Dellistorti: Mfecane
10. Omero Dellistorti: Sbudellone
11. Omero Dellistorti: Una lettera a Topolino
12. Segnalazioni librarie
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'
1. MEMORIA. BENITO D'IPPOLITO: NEL GIORNO DELLA STRAGE DI CAPACI
Mi sembrano false le commemorazioni
fatte da chi mai si oppose
ai poteri mafiosi
al regime della corruzione suo complice
all'economia della rapina e dello sperpero
alla dominazione razzista e schiavista
al modo di produzione al modello di sviluppo al sistema di potere
che alla maggior parte dell'umanita'
nega il diritto a una vita degna
ed incessatemente il mondo vivente avvelena e devasta
Per essere degni di ricordare
Giovanni Falcone e i suoi compagni
devi essere salito sulla stessa barricata
e il resto e' silenzio o ciarla o suppurante
spettacolo infame di complici e buffoni
Noi non diciamo
andatevene tutti e lasciateci piangere da soli i nostri morti
noi diciamo
la lotta continua
compagne e compagni
non e' mai troppo tardi per entrare in questa lotta
e non e' mai troppo presto
2. L'ORA. CONTRO MAFIA ED APARTHEID
Nessuno e' libero finche' qualcuno e' schiavo
Nelle campagne italiane da anni si sta riproducendo un regime di schiavitu' e di segregazione, di effettuale apartheid, governato dittatorialmente dai poteri mafiosi, dall'economia illegale, dal caporalato, con la complicita' di pubblici amministratori e pubblici funzionari razzisti e conniventi, con la complicita' di chi governa il paese e delle disumane antileggi hitleriane imposte e mantenute da governi ipso facto violatori della dignita' umana.
E' una tragedia ormai pluridecennale: l'aveva gia' fatta emergere drammaticamente nel 1989 l'atroce omicidio di Jerry Essan Masslo, fuggito dal Sudafrica dell'apartheid per poi morire assassinato in Italia, a Villa Literno.
E troppe altre morti si sono susseguite da allora nel nostro paese, una strage infinita causata da schiavitu' e razzismo, nelle campagne e non solo.
Quando finira' questo scandalo, quando finira' questa vergogna?
Cosa diranno di noi gli storici futuri quando dovranno constatare che a settantacinque anni dalla sconfitta del nazifascismo in Italia continuavano schiavitu' e razzismo?
La lotta contro schiavitu' e razzismo, cosi' come la lotta contro il potere mafioso, ci riguarda tutte e tutti.
La liberta' e' una e indivisibile, nessuno e' libero finche' qualcuno e' schiavo.
*
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'
Occorre quindi regolarizzare immediatamente lo status giuridico e la condizione amministrativa di tutte le persone che si trovano in Italia, a tutte riconoscendo immediatamente tutti i diritti sociali, civili, politici, tutti i diritti umani inerenti a tutti gli esseri umani.
Occorre abrogare immediatamente tutte le folli e scellerate misure razziste ed incostituzionali imposte da governi ebbri e criminali, a cominciare dai due cosiddetti "decreti sicurezza".
Occorre che l'Italia torni alla civilta', al rispetto della legalita' che salva le vite, al rispetto del diritto internazionale, al rispetto della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.
Se non si riconoscono tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani presenti nel nostro paese, cio' significa che chi governa l'Italia continua a violare la stessa Costituzione della Repubblica italiana, che e' la legge a fondamento di tutte le altre leggi italiane, la legge che e' il cuore pulsante del nostro ordinamento giuridico, del nostro sistema istituzionale, della nostra civile convivenza.
Se non si riconoscono tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani presenti nel nostro paese, cio' significa che chi governa l'Italia continua ad imporre un regime razzista e schiavista incompatibile con lo stato di diritto, incompatibile con la democrazia, incompatibile con la civilta' giuridica e con la dignita' umana.
Se non si riconoscono tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani presenti nel nostro paese, cio' significa che chi governa l'Italia e' un criminale e un complice di criminali.
Si torni quindi al rispetto rigoroso e intransigente della Costituzione repubblicana che riconosce e difende i diritti umani di tutti gli esseri umani, che fa obbligo alle istituzioni di recare aiuto a chi di aiuto ha bisogno, che riconosce il diritto d'asilo a tutte le persone che nel loro paese d'origine non hanno i diritti che la Costituzione garantisce ai cittadini italiani.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
*
"Una persona, un voto"
E ci si decida finalmente a riconoscere che chi vive in un luogo e' in quel luogo che deve poter esercitare tutti i suoi umani diritti, e' in quel luogo che deve poter vivere una vita degna, nel rispetto e nell'aiuto reciproco: e che quindi ogni persona deve avere anche il diritto di partecipare democraticamente alle decisioni pubbliche che la sua stessa vita riguardano: "una persona, un voto" e' da sempre il motto e la bandiera della democrazia.
In Italia ancor oggi a milioni e milioni di persone che vivono stabilmente qui e perlopiu' da molti anni, che danno un contributo fondamentale all'economia e alla vita civile, i cui figli hanno studiato e studiano nelle scuole italiane e sono gia' parte dell'Italia di domani come i loro genitori sono gia' parte dell'Italia di oggi, ebbene, a questi milioni e milioni di persone oneste e generose sono ancora assurdamente, scelleratamente negati quei diritti e quella dignita' per il cui universale riconoscimento i martiri della Resistenza diedero la vita; quei diritti e quella dignita' che sono l'umanita' dell'umanita'; quei diritti e quella dignita' che sono il concreto fondamento, la sostanza stessa della repubblica democratica ed antifascista.
E' un dolore immenso e indicibile dover riconoscere che in Italia l'orrore e l'infamia del razzismo, e l'orrore e l'infamia del potere mafioso, ancora non siano stati sconfitti.
*
Le braccianti e i braccianti che ci hanno salvato la vita
Questi mesi di epidemia hanno messo a nudo una volta di piu' la fragilita' intrinseca e il bisogno di mutuo soccorso che caratterizzano ogni umana esistenza, ogni umana comunita', l'intera umana famiglia.
In questi mesi di epidemia se la catastrofe e'stata contenuta e' stato anche e soprattutto grazie alle braccianti e ai braccianti che hanno garantito l'approvvigionamento delle nostre mense, che ci hanno sfamato con il loro lavoro, sovente rischiando la loro vita, sovente subendo abusi indicibili.
Al contrario delle ripugnanti menzogne della retorica razzista, la verita' e' che le braccianti e i braccianti ci hanno salvato la vita.
Il minimo che si possa fare e' riconoscere questa verita', e far cessare quegli abusi.
Il minimo che si possa fare e' riconoscere loro tutti i diritti inerenti ad ogni essere umano.
Il minimo che si possa fare e' far cessare la schiavitu', il caporalato, la dittatura mafiosa nelle campagne e non solo.
Il minimo che si possa fare e' riconoscere a questi nostri fratelli e a queste nostre sorelle la liberta', l'eguaglianza, la solidarieta' che ad ogni essere umano e' dovuta.
Il minimo che si possa fare e' compiere questo atto di riconoscimento, e di riconoscenza.
*
L'ora della verita'
Siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Il nostro primo dovere di esseri umani e' salvare le vite: soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Ogni essere umano e' un essere umano, e in quanto tale ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Siano immediatamente abrogate tutte le obbrobriose misure razziste ed incostituzionali imposte da governanti perversi e disumani.
Sia immediatamente finalmente legiferato il pieno riconoscimento di tutti i diritti sociali, civili e politici a tutte le persone che si trovano in Italia.
S'inveri la volonta' della Resistenza, la verita' della repubblica costituzionale, la sostanza dello stato di diritto, il cuore della democrazia, il valore umano e l'umana giustizia cui e' ordinata ogni legittima umana istituzione.
Si contrasti la mafia e l'apartheid.
3. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AL GOVERNO
Gentilissima Ministra dell'Interno,
vorremmo sollecitare tramite lei il governo ad adottare con la massima tempestivita' le seguenti misure:
a) garantire immediati aiuti in primo luogo alle persone che piu' ne hanno urgente bisogno, e che invece vengono sovente scandalosamente dimenticate perche' emarginate ed abbandonate alla violenza, al dolore e alla morte, quando non addirittura perseguitate;
b) abrogare immediatamente le scellerate misure razziste contenute nei due cosiddetti "decreti sicurezza della razza" imposti dal precedente governo nel 2018-2019, scellerate misure razziste che violano i diritti umani e mettono in ancor piu' grave pericolo la vita di tanti esseri umani;
c) riconoscere a tutte le persone che vivono in Italia tutti i diritti che ad esse in quanto esseri umani sono inerenti, facendo cessare un effettuale regime di apartheid che confligge con il rispetto dei diritti umani, con la democrazia, con i principi fondamentali e i valori supremi della Costituzione della Repubblica italiana.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Ringraziandola per l'attenzione ed augurandole ogni bene,
Firma, luogo e data, indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare la lettera sono i seguenti:
segreteriatecnica.ministro at interno.it
caposegreteria.ministro at interno.it
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.
4. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AI COMUNI
Egregio sindaco,
le scriviamo per sollecitare l'amministrazione comunale ad immediatamente adoperarsi affinche' a tutte le persone che vivono nel territorio del comune sia garantito l'aiuto necessario a restare in vita.
Attraverso i suoi servizi sociali il Comune si impegni affinche' tutti i generi di prima necessita' siano messi gratuitamente a disposizione di tutte le persone che non disponendo di altre risorse ne facciano richiesta.
Crediamo sia un dovere - un impegnativo ma ineludibile dovere - che il Comune puo' e deve compiere con la massima tempestivita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Confidando nell'impegno suo e dell'intera amministrazione comunale, voglia gradire distinti saluti
Firma, luogo e data
Indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica di tutti i Comuni d'Italia sono reperibili nei siti internet degli stessi.
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.
5. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Occorre certo sostenere finanziariamente con donazioni tutti i servizi pubblici che stanno concretamente fronteggiando l'epidemia. Dovrebbe farlo lo stato, ma e' tuttora governato da coloro che obbedienti agli ordini di Mammona (di cui "Celochiedonoimercati" e' uno degli pseudonimi) hanno smantellato anno dopo anno la sanita' e l'assistenza pubblica facendo strame del diritto alla salute.
Ed occorre aiutare anche economicamente innanzitutto le persone in condizioni di estrema poverta', estremo sfruttamento, estrema emarginazione, estrema solitudine, estrema fragilita'. Dovrebbe farlo lo stato, ma chi governa sembra piu' interessato a garantire innanzitutto i privilegi dei piu' privilegiati.
Cosi' come occorre aiutare la resistenza alla barbarie: e quindi contrastare la guerra e tutte le uccisioni, il razzismo e tutte le persecuzioni, il maschilismo e tutte le oppressioni. Ovvero aiutare l'autocoscienza e l'autorganizzazione delle oppresse e degli oppressi in lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani e la difesa della biosfera. Ovvero promuovere l'universale democrazia e la legalita' che salva le vite, solidarieta', la responsabilita' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e conforta e sostiene, la condivisione del bene e dei beni.
In questa situazione occorre quindi anche e innanzitutto sostenere le pratiche nonviolente e le organizzazioni e le istituzioni che la nonviolenza promuovono ed inverano, poiche' solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
E tra le organizzazioni che la nonviolenza promuovono ed inverano in Italia il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini e' per molte ragioni una esperienza fondamentale.
Chi puo', nella misura in cui puo', sostenga quindi il Movimento Nonviolento, anche con una donazione.
*
Per informazioni e contatti: Movimento Nonviolento, sezione italiana della W.R.I. (War Resisters International - Internazionale dei resistenti alla guerra)
Sede nazionale e redazione di "Azione nonviolenta": via Spagna 8, 37123 Verona (Italy)
Tel. e fax (+ 39) 0458009803 (r.a.)
E-mail: azionenonviolenta at sis.it
Siti: www.nonviolenti.org, www.azionenonviolenta.it
Per destinare il 5x1000 al Movimento Nonviolento: codice fiscale 93100500235
Per sostegno e donazioni al Movimento Nonviolento: Iban IT35 U 07601 11700 0000 18745455
6. MAESTRE. ALCUNE POESIE DI SYLVIA PLATH
[Riproponiamo ancora una volta alcune poesie di Sylia Plath estratte da Sylvia Plath, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2013, traduzione di Anna Ravano.
Sylvia Plath (Boston, 27 ottobre 1932 - Londra, 11 febbraio 1963) e' tra le maggiori voci poetiche del Novecento. Tra le opere di Sylvia Plath: Diari, Adelphi, Milano 1998, 2004; Johnny Panic e la Bibbia dei sogni, Mondadori, Milano 1986, 2003; La campana di vetro, Mondadori, Milano 1968, 2002; Lady Lazarus e altre poesie, Mondadori, Milano 1976, 1999; Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2013. Tra le opere su Sylvia Plath: Sylvia Plath in immagini e parole, Edizioni Ripostes, Salerno-Roma 1996; Plath. Vita, poetica, opere scelte, Il sole 24 ore, Milano 2008]
Tulipani
I tulipani sono troppo eccitabili, qui e' inverno.
Guarda com'e' tutto bianco, quieto, coperto di neve.
Sto imparando la pace, distesa quietamente, sola,
come la luce posa su queste pareti bianche, questo letto, queste mani.
Non sono nessuno; non ho nulla a che fare con le esplosioni.
Ho consegnato il mio nome e i miei vestiti alle infermiere,
la mia storia all'anestesista e il mio corpo ai chirurghi.
Mi hanno sistemato la testa fra il cuscino e il risvolto del lenzuolo
come un occhio fra due palpebre bianche che non vogliono chiudersi.
Stupida pupilla, deve assorbire tutto.
Le infermiere passano e ripassano, non danno disturbo,
passano come gabbiani diretti nell'interno, in cuffia bianca,
le mani affaccendate, ciascuna identica all'altra,
sicche' e' impossibile dire quante sono.
Il mio corpo e' un ciottolo per loro, lo accudiscono come l'acqua
accudisce i ciottoli su cui deve scorrere, lisciandoli piano.
Mi portano il torpore nei loro aghi lucenti, mi portano il sonno.
Ora che ho perso me stessa, sono stanca di bagagli -
la mia ventiquattrore di vernice come un portapillole nero,
mio marito e mia figlia che sorridono dalla foto di famiglia;
i loro sorrisi mi si agganciano alla pelle, ami sorridenti.
Ho lasciato scivolar via le cose, cargo di trent'anni
ostinatamente aggrappata al mio nome e al mio indirizzo.
Con l'ovatta mi hanno ripulito dei miei legami affettivi.
Impaurita e nuda sulla barella col cuscino di plastica verde
ho visto il mio servizio da te', i cassettoni della biancheria, i miei libri
affondare e sparire, e l'acqua mi ha sommerso.
Sono una suora, adesso, non sono mai stata cosi' pura.
Io non volevo fiori, volevo solamente
giacere con le palme arrovesciate ed essere vuota, vuota.
Come si e' liberi, non ti immagini quanto -
E' una pace cosi' grande che ti stordisce,
e non chiede nulla, una targhetta col nome, poche cose.
E' a questo che si accostano i morti alla fine; li immagino
chiudervi sopra la bocca come un'ostia della Comunione.
Sono troppo rossi anzitutto, questi tulipani, mi fanno male.
Li sentivo respirare gia' attraverso la carta, un respiro
sommesso, attraverso le fasce bianche, come un neonato spaventoso.
II loro rosso parla alla mia ferita, vi corrisponde.
Sono subdoli: sembrano galleggiare, e invece sono un peso,
mi agitano con le loro lingue improvvise e il loro colore,
dodici rossi piombi intorno al collo.
Nessuno mi osservava prima, ora sono osservata.
I tulipani si volgono a me, e dietro a me alla finestra,
dove una volta al giorno la luce si allarga lenta e lenta si assottiglia,
e io mi vedo, piatta, ridicola, un'ombra di carta ritagliata
tra l'occhio del sole e gli occhi dei tulipani,
e non ho volto, ho voluto cancellarmi.
I vividi tulipani mangiano il mio ossigeno.
Prima del loro arrivo l'aria era calma,
andava e veniva, un respiro dopo l'altro, senza dar fastidio.
Poi i tulipani l'hanno riempita come un frastuono.
Ora s'impiglia e vortica intorno a loro cosi' come un fiume
s'impiglia e vortica intorno a un motore affondato rosso di ruggine.
Concentrano la mia attenzione, che era felice
di vagare e riposare senza farsi coinvolgere.
Anche le pareti sembrano riscaldarsi.
I tulipani dovrebbero essere in gabbia come animali pericolosi,
si aprono come la bocca di un grande felino africano,
e io mi accorgo del mio cuore, che apre e chiude
la sua coppa di fiori rossi per l'amore che mi porta.
L'acqua che sento sulla lingua e' calda e salata, come il mare,
e viene da un Paese lontano quanto la salute.
18 marzo 1961
*
Papa'
Non mi vai piu', no,
non mi vai piu', scarpa nera,
in cui per trent'anni ho vissuto
come un piede, povera e bianca,
senza osare respiro o starnuto.
Ho dovuto ucciderti, papa'.
Sei morto prima che avessi il tempo -
Pesante come marmo, otre pieno di Dio,
orrida statua con un alluce grigio,
grosso come una foca di Frisco
e la testa nell'Atlantico bizzarro
dove fiotta verde oliva sul blu
nelle acque della bella Nauset.
Pregavo per riaverti, un tempo.
Ach, du.
In lingua tedesca, nel paese polacco
spianato dal rullo compressore
di guerre, guerre, guerre.
Ma il nome del paese e' comune.
Il mio amico polacco dice
che ce n'e' dozzine.
E cosi' non ho mai saputo
dove piantasti il piede, la radice,
e di parlarti non mi e' mai riuscito.
La lingua mi si attaccava al palato,
presa in trappola dal filo spinato.
Ich, ich, ich, ich,
e sempre mi bloccavo li'.
Ogni tedesco mi sembrava te
e la lingua era oscena,
una locomotiva, un treno
che mi portava via ciuff ciuff come un ebreo.
Un ebreo ad Auschwitz, Belsen, Dachau.
Ho cominciato a parlare da ebrea.
Potrei anche esserlo, ebrea.
Le nevi del Tirolo, la birra chiara di Vienna
non sono cosi' genuine e pure.
Con l'ava zingara e la mia strana sorte
e il mio mazzo di tarocchi, le mie carte,
un po' ebrea lo sono forse.
Mi hai sempre fatto paura, tu,
con la tua Luftwaffe, il tuo ostrogoto,
il tuo baffetto ben curato,
l'occhio ariano, cosi' blu.
Uomo-panzer, uomo-panzer, ah tu -
Non Dio, una svastica piuttosto,
cosi' nera che il cielo si arresta.
Tutte le donne amano il fascista,
lo stivale in faccia, il brutale
cuore brutale di un bruto par tuo.
Nella foto che ho di te, papa',
sei ritto davanti alla lavagna.
Invece del piede hai il mento fesso,
ma sei un diavolo lo stesso,
sei sempre l'uomo nero che
azzanno' e squarcio' in due Il mio cuore rosso.
Ti seppellirono che avevo dieci anni.
A venti cercai di morire
e tornare, tornare, tornare da te.
Anche le ossa potevano bastare.
Ma mi tirarono fuori dal sacco,
e mi rincollarono pezzo su pezzo.
E allora capii cosa fare.
Mi fabbricai un modello di te,
un uomo in nero con un'aria da Meinkampf,
un amante del bastone e del torchio.
E pronunciai il mio si', il mio si'.
Eccomi dunque alla fine, papa'.
Il telefono nero e' strappato,
sradicato, le voci non ci strisciano piu'.
Se ho ucciso un uomo, ho fatto il bis -
Il vampiro che si spaccio' per te
e mi succhio' il sangue per un anno,
per sette, se proprio vuoi saperlo, va'!
Torna pure nella fossa, papa'.
C'e' un palo nel tuo cuoraccio nero
e a quelli del paese non sei mai piaciuto.
Adesso ballano e ti pestano coi piedi.
Che eri tu l'hanno sempre saputo.
Papa', papa', bastardo, e' finita.
12 ottobre 1962
*
Circo a tre piste
Sotto la tenda da circo di un uragano
progettato da un dio ubriaco
il mio prodigo cuore esplode ancora
in una furia di pioggia color champagne
e i frammenti prillano come una banderuola
tra gli applausi delle angeliche schiere.
Ardita come la morte e disinvolta
invado la mia tana del leone;
una rosa di rischio mi fiammeggia nella chioma,
ma schiocco la frusta con mortale bravura
e difendo con una sedia le mie ferite perigliose
mentre hanno inizio i morsi d'amore.
Come Mefistofele beffardo,
celato nelle vesti di un illusionista,
il mio demone fatale volteggia su un trapezio,
tra un turbinio di coniglietti alati,
per poi sparire con diabolica scioltezza
in un fumo che mi brucia la vista.
7. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA LEO LOEWENTHAL, "I ROGHI DEI LIBRI"
[dal sito www.tecalibri.info riprendiamo i seguenti estratti dal libro di Leo Loewenthal, I roghi dei libri, Treccani, Roma 2019]
Da pagina 19
I roghi dei libri (1984)
"La' dove si danno alle fiamme i libri, si finisce per bruciare anche gli uomini". La citazione da Heinrich Heine, che puo' servire da motto per questo colloquio, ha un predecessore in William Shakespeare. Nella seconda scena del terzo atto della Tempesta, quando Calibano, lo schiavo ottuso e irrazionale, spinge il cameriere ubriaco Trinculo e il buffone squattrinato Stefano a uccidere l'umanista Prospero, incalzando per ben tre volte i suoi congiurati a bruciare, prima dell'omicidio, la biblioteca di Prospero, che egli ha salvato nell'esilio.
"Nel pomeriggio come ti dicevo,
ama dormire: allora lo puoi uccidere:
- ma, prima, cerca di levargli i libri -
tu puoi schiacciargli il capo con un ceppo,
oppure aprirgli il ventre con un palo,
o tagliargli la gola col coltello.
Prima, ricorda di levargli i libri:
senza libri, e' uno sciocco come me,
e non ha un solo spirito al comando;
[...]
Ma brucia i suoi libri".
Un terzo testimone, che possiamo coinvolgere nella questione, e' Johann Wolfgang Goethe. Nel quarto libro della prima parte di Poesia e verita' racconta di quando, da giovane, era stato costretto a essere "testimone di diverse esecuzioni" e cosi' dice: "Merita ricordare che fui presente anche al rogo di un libro. [...] Vedere applicare una punizione a un oggetto inanimato aveva veramente in se' qualcosa di terribile". Al pari di Heine e Shakespeare, Goethe associa la distruzione di un libro a quella di un uomo. Si tratta spesso di qualcosa di piu' di una semplice metafora. Nelle guerre di religione fra cattolici e protestanti in Francia, nel 1559, viene bruciato un libraio: accanto a lui c'e' una forca a cui sono appese la Bibbia e il Nuovo Testamento, che a loro volta verranno bruciate. Durante l'ancien regime sono frequenti i casi in cui il parlamento ordina che un libro messo all'indice venga bruciato pubblicamente da un boia, ovviamente in aggiunta all'esecuzione dell'autore stesso. Un'immagine particolarmente orrenda della simultanea distruzione di un libro e un uomo si trova in una procedura piuttosto diffusa al tempo delle guerre di religione, in cui le pagine di una Bibbia proibita sono spinte a forza dentro la bocca e le piaghe dei protestanti uccisi.
Il calendario di Calibano ha molte date. Il primo grande rogo di libri nel mondo occidentale risale probabilmente alla distruzione delle biblioteche ebraiche durante la rivolta dei Maccabei nel 168. I primi imperatori romani fanno bruciare gli scritti degli esponenti repubblicani insieme con tutti i libri degli oracoli e delle profezie, mentre Diocleziano e Costantino gareggiano nel rogo prima della letteratura cristiana e poi di quella pagana. L'orgia di roghi degli scritti ebraici durante il Medioevo non ha eguali. Il 13 maggio 1248, a Parigi, vengono bruciate venti carrettate di libri ebraici. Qualcosa deve essersi salvato, infatti, nel 1309, vengono bruciati altri tre carri pieni di libri. Il rituale del carro ricorda i trasporti in autocarro dei libri che nel 1933 furono raccolti e bruciati dagli studenti nazisti. Pensiamo di nuovo agli autodafe' di libri sia protestanti sia cattolici del XVI e XVII secolo e al rogo delle opere piu' importanti della letteratura illuminista di Voltaire, Denis Diderot, Jean-Jacques Rousseau, Claude-Adrien Helvetius, Paul Henri Dietrich d'Holbach nel XVIII secolo. Sarebbe dovuta bruciare anche l'Enciclopedia ma, dal momento che era costata molti soldi, la Chiesa e il governo preferirono richiuderla negli armadi dei veleni. Neanche la Rivoluzione francese e' libera da queste escursioni nella "pornografia del potere", come Peter Brown, uno dei miei colleghi a Berkeley; ha chiamato le distruzioni dei libri; il commissario dell'esercito del Basso Reno dispone, nel 1794, che tutti i libri ebraici vengano distrutti in un autodafe'. Mi accontento di queste poche indicazioni.
Piu' a lungo mi sono occupato di questo fenomeno, maggiori sono stati gli esempi che ho incontrato. Essi non si limitano solamente al mondo europeo dei tempi antichi. Cosi', per esempio, il fondatore della dinastia cinese, Shi Huang Ti, nel III secolo a.C., dispone il rogo degli scritti confuciani e di altri testi storici e filosofici. Ogni volta che le cosiddette nazioni cristiane sono entrate in conflitto con le altre civilta', la distruzione dei libri fu all'ordine del giorno. Nel XVI secolo, il primo vescovo del Messico brucia i libri degli aztechi, e una generazione piu' tardi un delegato di questo vescovo condanna al rogo i testi dei maya. Il cardinale Ximenes, l'antagonista del moro Almansor nella tragedia di Heine, da cui e' tratta la citazione "la' dove si danno alle fiamme i libri, si finisce per bruciare anche gli uomini", intorno al 1500, dopo la sconfitta degli arabi, ordina il rogo di piu' di un milione di libri in una pubblica piazza di Vivarramba, nel processo di eliminazione della civilta' moresca. L'Inquisizione ha portato avanti periodicamente azioni simili.
A questo punto ci si dovrebbe aspettare che il rogo di libri, ossia il terrore organizzato e tollerato contro la vita dello spirito, costituisca un importante oggetto di ricerca della scienza politica e storica. Scopriamo, invece, con sorpresa, che le cose non stanno cosi' e che mancano indagini storicamente diffuse riguardo a tale questione. Che sia all'opera un meccanismo psicologico di difesa?
*
Da pagina 31
La procedura millenaria del rogo e' di particolare rilevanza. Concordo pienamente con George L. Mosse che, nel suo importante libro sulla nazionalizzazione delle masse, mette in relazione il rituale del rogo con la lotta contro i demoni. Non c'e' alcun altro mezzo come il rogo per rendere totale una distruzione. I terremoti, come eventi naturali, o la distruzione di citta', come fenomeno storico, lasciano dietro di se' delle rovine e dalle rovine si puo' ricostruire un passato. Dalla cenere non rinasce niente, se non la fenice del mito. Questo lo sapevano bene le elite al potere in tutti i tempi.
Ovviamente ci sono grandi differenze tra i meccanismi sociali, per esempio di un impero cinese o romano, che portano alla distruzione dei libri: da una parte un regime la cui autorita' viene rafforzata e la cui classe elevata non ha bisogno ne' tollera azioni popolari, e dall'altra parte il nazismo al tempo della presa del potere. Il popolo come attore manipolato calca le scene della storia. Esso deve reprimere a tal punto la consapevolezza della propria esistenza soggiogata nella societa' da non giungere nemmeno ad avere coscienza della differenza tra se' e il potere. Il rituale distruttivo del nazismo esplicita chiaramente la perversa nuova creazione storica del Reich millenario: l'eliminazione del passato e' il motivo portante del discorso di Joseph Goebbels durante l'autodafe' di Berlino nel maggio 1933: "Per questo e' bene, in quest'ora notturna, affidare alle fiamme lo spirito degenerato del passato. Questa e' un'azione radicale, importante e simbolica [...], che deve essere documentata davanti a tutto il mondo: qui viene demolita la base spirituale della Repubblica di novembre [la Repubblica di Weimar], ma da queste macerie si alzera' vittoriosamente la fenice di un nuovo spirito". Come capite, si tratta di cenere di un passato totalmente cancellato, da cui deve nascere la fenice: creatio ex nihilo. Per ironia della sorte, e' una cenere comunista ed ebraica, quella da cui deve rinascere la fenice nazista. Che invito per una interpretazione psicanalitica! Il presente diventa il passato. La storia inizia adesso, in questo momento, come Hanns Johst ha gia' formulato nel 1932: "Lo Stato e la civilta' nazionalsocialista sono identici". Non esiste una civilta' prima del nazionalsocialismo, cosi' come pero' non ce n'e' una dopo.
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Da pagina 44
Nell'ultimo anno del regime nazista ho esposto in un articolo alcune considerazioni sul destino dell'individuo nell'epoca del terrore. Il moderno sistema del terrore mi sembrava dimostrare la riuscita atomizzazione dell'individuo. La de-umanizzazione messa in atto dal terrore consiste innanzitutto nel totale assorbimento della popolazione nella collettivita', che impedisce qualsiasi comunicazione tra individui - malgrado o piuttosto come conseguenza proprio dell'enorme apparato comunicativo, a cui i singoli sono ora esposti. Oggi aggiungerei che, in questo processo psicologico di massa, il rogo dei libri deve aver rappresentato un importante meccanismo. Sotto le condizioni del terrore il singolo non e' mai solo ed e' sempre solo. Si pietrifica e diventa insensibile non solo in rapporto agli altri, ma anche verso se stesso. La paura gli inibisce di avere reazioni spontanee sia emotive sia intellettuali. Lo stesso atto del pensare diventa una sciocchezza: lo mette infatti in pericolo di vita. Sarebbe stupido non essere stupidi e, come conseguenza, un instupidimento generale colpisce la popolazione terrorizzata. Le persone cadono in uno stato di paralisi e stordimento, paragonabile a una sorta di coma morale. Di certo la trasformazione di un uomo da individuo, la cui essenza consiste nella condivisione di esperienze e ricordi, a un mero fascio di reazioni frammentate ha avuto conseguenze piu' profonde tra le vittime inermi prigioniere del terrore rispetto a chi viveva in popoli "liberi". La differenza, tuttavia, e' in ultima istanza solo di grado. La vita di ognuno diventa una catena di shock attesi, evitati o subiti, e queste esperienze frammentate portano alla frammentazione dell'individuo. In una societa' terroristica, dove tutto e' pianificato nel dettaglio, il progetto per gli individui consiste in questo: per loro non c'e' ne' puo' esserci un progetto. L'uomo diventa un semplice oggetto, un fascio di riflessi condizionati, con cui impara a reagire a una serie illimitata di shock preparati e calcolati.
8. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: DISPIACERI
Ci ho il dispiacere di aver fatto qualche cattiva azione, come tutti.
Ci ho il dispiacere di non aver imparato a nuotare, che avrei potuto fare il marinaio nei mari del sud che l'avventura mi e' sempre piaciuta.
Ci ho il dispiacere di non aver visto tanti posti belli, ma siccome non li ho visti che ne so se poi erano belli veramente o era solo la pubblicita' che li faceva sembrare belli.
Ci ho il dispiacere di non aver fatto qualche grande scoperta o invenzione a beneficio del genere umano, ma non era mica facile e poi bisognava aver studiato parecchio.
Ci ho il dispiacere di aver perso un mucchio di buone occasioni per starmene zitto, magari campavo meglio.
Ci ho il dispiacere di non aver fatto il calciatore, che mi ci sentivo portato.
Ci ho il dispiacere di tutti gli anni passati a fare il lavoro che ho fatto, e non mi fate dire altro.
Ci ho il dispiacere di non aver mai comprato una televisione, che allora mi pareva una bella idea e invece era proprio una fesseria.
Ci ho il dispiacere di non essere stato miliardario che avrei potuto fare un sacco di carita' e invece niente.
Ci ho il dispiacere di non essere restato al paese, che allora mi faceva schifo e invece si stava sempre meglio dello schifo dove sono stato poi.
Ci ho il dispiacere di non avere mai fumato, che magari mi prendeva un cancro ma almeno avevo fumato.
Ci ho il dispiacere di non aver imparato le lingue straniere, che allora volendo potevo piantare tutto e andarmene in Belgio, in Australia, in Brasile.
Ci ho il dispiacere di non aver amato abbastanza mia moglie, prima di ucciderla perche' l'amavo troppo.
9. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: MFECANE
Io l'ho sempre pensata cosi': che se fai una cosa tanto vale che la fai bene.
Giochi a pallone? E allora devi fare tanti gol e beccarne pochi. Quello che conta e' vincere la partita. Non ci ho ragione? C'e' qualcuno che invece ci ha gusto a perdere? Io non credo, non credo proprio.
Nel lavoro mio il problema e' che le partite non finiscono mai. Perche' finche' c'e' quell'altra squadra vuole sempre la rivincita. E allora non sei mai sicuro di aver vinto. Io sono per la sicurezza, voi no? E la sicurezza c'e' un modo solo, si sa. Che la devi eliminare dal campionato l'altra squadraccia, la devi eliminare tutta.
Ora, certe volte non e' possibile. Per esempio le forze dell'ordine, la magistratura, non e' che le puoi eliminare tutte, no? Perche' lo stato - morammazzati loro, quella massa di ladroni - quanti ostacoli al libero commercio tu elimini tanti lo stato li sostituisce, e che ci vuole? lo fa con i soldacci nostri, morammazzato.
Io sarei pure per l'utopia, per il superuomo, per tutte quelle fregnacce li' che ognuno fa il porco comodo suo come gli pare, pero' l'ordine ci vuole. E all'ordine ci pensiamo noi, che sappiamo come si fa e gestiamo il libero commercio e facciamo girare l'economia, mica ceci. Pero' non e' che e' facile levarselo di torno lo stato, perche' qualcuno ci deve pensare, che ne so, a finanziare gli appalti che poi ce li sughiamo noi, quelli succulenti e quegli altri pure, che fregare i soldi a quei ladroni dello stato io ci ho gusto piu' che in tutti gli altri bisini che ci sto dentro che gioco ricco mi ci ficco dico io. Perche', voi no? Andiamo, non fate i santarellini.
E allora lo stato morammazzato ci tocca tenercelo, massa di ladroni, rubagalline e parassiti che non sono altro.
Ci tocca tenerci pure quella serqua di burini che pagano il pizzo. Sono proprio quattro spiccioli, ma sono sempre quattro spiccioli, e se sei un uomo d'affari non devi mandare sprecato niente, e allora teniamoci pure quelli.
E poi c'e' tutto l'apparato dell'organizzazione: esecutori, contabili, addetti ai trasporti, logistica varia: sono un branco di scimmie senza cervello ma servono pure quelli, e allora teniamoceli, finche' non sgarrano e allora via, ma finche' non sgarrano bisogna tenerceli, e gia' c'e' un affollamento che non vi dico.
E poi tutta la minutaglia, i vassalli, i valvassori e i valvassini fino ai servi della gleba: da quello che smercia le bionde per strada a quella che per strada le facciamo smerciare se stessa, al pusher, al croupier, insomma tutte le merci che producono merci, cioe' reddito per l'organizzazione. Questa e' economia politica, etica protestante e spirito del capitalismo.
Non si tira il collo alla gallina dalle uova d'oro, anche se certe volte ti verrebbe proprio voglia. Ma tu sei il buon pastore del gregge, e le pecore che devi tosare le devi pure accudire quanto basta. La gente e' una mandria, senza buone maniere e senza cervello, per questo ci serve il madriano e il mandriano sono io e l'organizzazione. La civilta' e' organizzazione. La civilta', i soldi, le bocche da fuoco. L'organizzazione e' tutto, senno' e' il caos, il comunismo che s'e' visto com'e' finito: che abbiamo vinto noi, morammazzati. Ne so centomila io, io m'informo, ci ho il computer, leggo Il Sole 24 ore, non come dicono in televisione, che barbari ci saranno loro che infatti vedi come hanno rimbecillito la gente che io dico meglio per noi, meglio per noi, che piu' sono imbecilli e piu' e' facile spremergli i piccioli e tenerli ognuno nel gabbiotto suo.
Insomma, ci tocca essere umanitari con un sacco di gente. Che io poi in fondo in fondo mi considero un umanista, come Lorenzo de' Medici. Che pure lui prestava a strozzo e quando servivia la mano pesante non si faceva ridere dietro, faceva quello che doveva fare, e lo faceva presto e bene; e poi scriveva le poesie. A me di scrivere le poesie non mi piace, pero' faccio le fotografie artistiche: a certe gaglioffe che mica gli faccio solo le fotografie, eh. Poi le metto su Instagram. Le fotografie. Ci ho pure una pagina facebook, pero' con un prestanome che il nome mio e' meglio che resta riservato, e' per la privacy, noi uomini d'affari ci teniamo al rispetto della privacy.
Umanitari sempre. Con le organizzazioni rivali pero' no. E' la legge della concorrenza, del libero mercato. La torta e' piccola, non e' che puoi fare una tavolata lunga come la storia del Pistello, come la camicia di Meo, come la coda lunga delle storie con la coda lunga.
Io sono per la diplomazia, sempre. Per esempio se uno non paga subito gli si da' tempo una settimana. Siamo gente civile. E con quei ladroni morammazzati dello stato ladrone pure: non sono uno tirchio, lo so che per far girare bene gli ingranaggi bisogna ungere, e io ungo, ungo. 'Sta mandria di parassiti che certe volte penso che gli ci vorrebbe un annetto di comunismo con Stalin e tutto, Siberia e Raus. Ma siccome sono un uomo d'affari, ungo, ungo. Morammazzati loro e tutto lo stato, le regioni, le province, i comuni, gli uffici tecnici, l'inps, l'agenzia delle entrate, i caramba e la pula. Tutti ostacoli al libero commercio, tutti nemici del progresso civile, tutti comunisti che ci hanno la fissa di voler impedire la rivoluzione liberale e liberista, l'America agli Americani. Ci vorrebbe il duce, ci vorrebbe.
E invece sempre la diplomazia, che e' la regina delle battaglie, come la fanteria. Ce lo so. Pero' so pure un'altra cosa, ne so parecchie ma so pure questa: che un ostacolo va rimosso subito prima che diventa troppo ingombrante. Subito. Si chiama tempestivita'. Cioe' che bisogna agire come una tempesta: tu pesta subito e porta a termine il lavoro. Abbattere gli ostacoli, cosi' avanza il progresso. Ordine e progresso ci vuole.
Perche' questo l'ho imparato da giovane e poi non l'ho scordato piu', che e' la prima regola di tutte le regole: se meni uno, ammazzalo. Cosi' hai rispettato la sua dignita', no? L'hai ammazzato, e allora non gli vengono i cattivi pensieri, il complesso d'inferiorita', il risentimento e tutte quelle altre panzane che ci campano i dottori dei cervelli e i tribunali della repubblica, morammazzati pure loro, tutte braccia sottratte all'agricoltura dico io. E non gli viene neppure la voglia di vendicarsi. Se uno e' morto gli passa pure la voglia di vendicarsi. Ed e' di esempio per le teste calde. Ordine e disciplina ci vuole.
A me mi piace il duca Valentino, l'avete letto Machiavelli? Io si'. Pure Rodolfo Valentino quando ballava il tango, che modestia a parte anche io il tango lo ballo come un principe. Un uomo d'affari deve saper fare tutto.
Magari adesso era il tempo del Rinascimento, voglio vedere se qualcuno mi chiamava mafioso.
10. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: SBUDELLONE
La verita'? La verita' e' che me lo sono messo da me il mio nome d'arte.
Come mi venne in mente? Adesso ve lo racconto.
Dopo aver fatto quel ch'avevo fatto ero entrato al bar per andare al cesso a darmi una lavata che ero tutto sporco degli schizzi di sangue di quel porco, e il barista nuovo che non mi conosceva mi dice: "Aho', qui nun s'entra cosi'". Allora io: "Ah no? E come s'entra?". "S'entra puliti, mo' pussa via". A me pussa via non me l'ha detto mai nessuno e visto che allora allora ne avevo gia' scannato uno non e' che ci avevo problemi a fare il bis, cosi' ho sgarrato pure quello screanzato cosi' s'imparava a fare l'impertinente.
Neppure il tempo di tirargli fuori il coltello dalla trippa con tutte le frattaglie che venivano giu', che Ruggeretto che stava li' che giocava a carte dice: "Ma che fai, Cicciobbo'". Cicciobbo' era come mi chiamavano da regazzino perche' ero un po' sovrappeso, e non m'era mai piaciuto che mi chiamavano cosi'. "Che fo?", rispondo, "Sbudello". Poi andai al cesso a lavarmi le mani e mentre ero li' mi venne in mente che Sbudello era un bel soprannome. Poi pero' la gente, che e' piu' stupida di una crastica e non vede l'ora di metterlo in mostra che e' piu' stupida di una crastica, l'ha cambiato in Sbudellone, che qui da noi tutti i nomi finiscono o in one o in accio, e se uno ci ha ancora il padre vivo se non ci ha un soprannome proprio suo personale ci ha il soprannome del padre con l'aggiunta di ino e di etto e quando il padre crepa allora diventa one o accio. Perche' succede non lo so, sono cose che le dovrebbero studiare i professori d'italiano e poi insegnarle nelle scuole, invece delle tabelline, le coniugazioni, gli antichi romani, e tutta quella roba che non gliene frega niente a nessuno perche' e' lontana dalla vita vera.
A me mi piaceva di piu' Sbudello, ma alla fine pure Sbudellone poteva andare bene. Sempre meglio di Cicciobbomba.
11. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: UNA LETTERA A TOPOLINO
Caro Signor Topolino,
le scrivo all'indirizzo del Suo giornale non conoscendo quello della Sua privata residenza, e del resto non vorrei disturbarLa violando la Sua privacy.
Sono un fedele lettore del Suo Giornale da molti anni e vorrei in primo luogo congratularmi con Lei per le Sue avventure e per il garbo con cui Le racconta.
Sono un fedele lettore anche di Diabolik, Jacula, Messalina, Tex ed altri giornaletti, ma il Suo Giornale mi sembra il migliore perche' e' piu' di cultura e non ci sono gli ammazzamenti e le porcherie.
A me gli ammazzamenti e le porcherie non piacciono, io sono una Brava Persona.
Le scrivo questa lettera su suggerimento del mio avvocato d'ufficio per segnalarLe un errore giudiziario di cui sono vittima incolpevole e innocente.
In quanto vittima incolpevole e innocente so di poter contare sulla Sua bonta' e sul Suo aiuto.
Le vorrei quindi chiedere se potesse, a titolo gratuito e come Opera di Bene poiche' il sottoscritto non dispone di mezzi di fortuna, svolgere un'inchiesta indipendente sui fatti di sangue a me attribuiti e dei quali mi dichiaro, professo e protesto incolpevole e innocente.
Le due ragazzine, che riposino in pace, neanche le conoscevo.
E poi si sa, l'uomo e' uomo.
RingraziandoLa fin d'ora per la Sua attenzione e per la Sua gentilezza, confidando in un pronto intervento, La ringrazio di tutto cuore e Le auguro tanta salute e buon lavoro.
*
Post scriptum: vorrei anche iscrivermi al pregiato Suo Club di Topolino, ma non ho risorse finanziarie; sarebbe possibile iscriversi gratis? Potrebbe il Club mettermi a disposizione a titolo gratuito e come Opera di Bene un avvocato un po' migliore di questo che mi hanno dato d'ufficio? Che adesso non voglio dire niente che e' meglio che non dico niente, pero' non sono per niente soddisfatto, per niente proprio.
Mi risponda, La prego; anche solo un Suo cenno di riscontro per me avrebbe un grande significato, stante la Sua fama e il Suo prestigio, che lei e' proprio una Gran Brava Persona, che io La seguo sempre attraverso il Suo Giornale.
Mi aiuti, qui ho paura. Anche se lo avessi fatto (e non dico che l'ho fatto, che anzi io mi dichiaro, professo e protesto incolpevole e innocente), erano solo due zozzette che gli piaceva stuzzicare i bei giovanotti come me, non vedo perche' adesso lo Stato deve rovinare la vita a un giovane promettente come me per una scemenza come quella.
Resto in attesa, grazie, grazie, e Le porgo i piu' distinti saluti ed auguri di ogni Bene a Lei e alla sua Gentile Famiglia.
12. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- AA. VV., Il vincolo interno, volume monografico di "Limes. Rivista italiana di geopolitica", n. 4, aprile 2020, Gedi, Roma 2020, pp. 352 (+ 20 pp. di tavole), euro 15.
*
Riletture
- Miguel de Cervantes Saavedra, Tutte le opere, Mursia, Milano 1972, 1978, 2 voll. rispettivamente di pp. XII + 1310 e pp. VI + 1266.
*
Riedizioni
- Gianfranco Ravasi, Ezechiele e i profeti postesilici, Mondadori, Milano 2020, pp. 134, euro 5,90.
*
Maestre
- Adrienne Rich, Nato di donna, Garzanti, Milano 1977, 1996, 2000, pp. 422.
13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
14. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3748 del 23 maggio 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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