[Nonviolenza] Alfio Pannega. Un ricordo approssimandosi il decennale della scomparsa



ALFIO PANNEGA. UN RICORDO APPROSSIMANDOSI IL DECENNALE DELLA SCOMPARSA

Il 30 aprile saranno dieci anni che Alfio Pannega e' morto.
E credo che sara' la prima volta, in conseguenza delle misure di contenimento dell'epidemia, che alcuni di noi suoi vecchi amici non ci incontreremo per ricordarlo insieme. Cosi' non resta che mettere per iscritto le cose che non potremo dirci intorno a un tavolo.
Era un uomo libero e un poeta; era un compagno: l'antica luminosa parola che designa la persona che condivide il suo pane con chi non ne ha.
Era un proletario, uno sfruttato, e un combattente per la liberazione dell'umanita' intera, un antifascista che sapeva come Primo Levi che la lotta contro la violenza e l'ingiustizia non finisce mai.
Viveva assai poveramente, ed era di una generosita' sconfinata.
S'indignava per ogni ingiustizia e non nutriva odio per nessuno.
Era un militante comunista libertario, un amico della nonviolenza. Sapeva come Gandhi che tra mezzi e fini vi e' lo stesso rapporto che c'e' tra il seme e la pianta, e che chi vuole lottare per la liberazione dell'umanita' deve essere perfettamente consapevole che questa lotta comincia aiutando chi ti e' vicino, chi incontri per strada, chi bussa alla tua porta. In ogni essere umano riconoscendo l'umanita' intera, riconoscimento che e' insieme riconoscenza.
Tutto comprendeva, e soprattutto il cuore delle persone e del mondo; era sapiente della sapienza appresa dal vivo contatto con la fatica e con la sofferenza, e dall'amore per Dante e per gli altri classici tre-cinquecenteschi della nostra letteratura che serbava viventi e integri nella memoria; sapeva fare tutto, con la meditata pazienza e la sicura lentezza di chi conosce per esperienza il lavoro artigiano, il lavoro operaio, il lavoro dei campi, i tempi della natura, la resistenza delle cose che invita alla fabrilita', di chi sa prendersi cura del mondo vivente ed ama che vivano gli animali e le piante cosi' come gli esseri umani, e il cielo e la terra. Trovarsi con lui seduti in cerchio intorno a un tavolo o in mezzo a un campo a condividere ragionamenti, a condividere il pane e il vino, era trovarsi alla scuola della gioia, e sentire con kantiana meraviglia il legame del cielo stellato e della legge morale.
Condivideva con tutte e tutti il bene e i beni. E la maggiore delle sue imprese io credo che sia aver educato all'amore per la verita', al rispetto per la vita, alla cura per gli esseri viventi - e per le parole che vivono anch'esse ed hanno quella potenza di cui diceva Gorgia agli ateniesi, e allora tu adoperati affinche' sempre le tue di bene siano apportatrici -, all'impegno morale e civile, alla nonviolenza vissuta e sentita vibrare in ogni intima fibra, tanti giovani che con lui hanno condiviso l'esperienza del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", e che sono stati la felicita' della sua vocazione di saggio pedagogo.
Delle lotte di cui fu protagonista ancora negli ultimi mesi della sua vita ricordo almeno quella per salvare la preziosa area del Bulicame da una devastazione insensata, e quella per rivendicare il diritto di ogni essere umano ad avere una casa.
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Sarebbe una buona cosa se le tante persone che lo hanno conosciuto - a Viterbo piu' o meno tutti, poiche' per tanti anni percorse le vie della citta' col suo carretto trainato a mano a raccogliere cartoni ed altri imballaggi che poi riciclava, e con tutti scambiava un motto di saluto, una parola scherzosa e fragrante - trovassero il modo di tramandare il loro ricordo di Alfio non solo negli aneddoti raccontati tra amici ma anche acconsentendo a una registrazione, a una trascrizione di essi che resti per coloro che verranno, come un monumento da edificare alla cultura popolare, alla storia generosa e resistente della citta'.
E sarebbe bene che le istituzioni democratiche della citta' promuovessero una tale iniziativa.
Noi vecchi amici abbiamo amaro il cruccio di non aver saputo, con le nostre limitate personali risorse, sin qui realizzarla se non per lampi e frammenti - e penso con gratitudine al libro curato dalla "Banda del racconto", alle fotografie dell'indimenticabile Mario Onofri e di altri amici, all'opera teatrale di Pietro Benedetti, ad altre testimonianze e iniziative ancora, a cominciare da chi tiene ancora in vita per quanto possibile l'esperienza che Alfio condivise e di cui fu quasi eroe eponimo negli ultimi vent'anni della sua esistenza.
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Sovente in questi giorni di epidemia mi sono detto che avrei voluto poter con Alfio ragionare insieme su quello che e' necessario dire, su quello che e' necessario fare, come era nostra abitudine. E ragionando insieme, in reciproca maieutica, cercar di vedere con chiarezza la sofferenza e l'ingiustizia, e insieme cercare il modo di contrastarle; cercare la via di ridurre la sofferenza, di soccorrere le vittime, di porre un argine al dolore del mondo, di agire per la comune liberazione. Ogni ragionamento di quei civil conversari era insieme un appello a insorgere contro la violenza, contro l'iniquita', contro ogni abuso e contro ogni patimento.
Cosi' mi accade di pensare che se Alfio fosse qui, oggi, insieme denunceremmo l'insipienza e l'irresponsabilita' dei governanti che con la loro inerzia, la loro intempestivita', la loro stolta sicumera, il loro sfrenato egoismo, non hanno agito per tempo ed adeguatamente per fermare il contagio: ed hanno cosi' effettualmente favorito una strage che poteva e doveva essere ridotta ai minimi termini.
Ancora oggi ogni giorno muoiono centinaia di persone, quando ormai da mesi potevano e dovevano essere state attuate le misure adeguate che avrebbero salvato migliaia di vite.
Ancora oggi non sono state messe a disposizione di tutte le persone le fondamentali protezioni atte a impedire il contagio e salvare la vita.
Ancora oggi non vengono effettuati tutti i necessari controlli per individuare e circoscrivere e contrastare il contagio.
Ancora oggi non vengono intraprese tutte le indispensabili azioni di contrasto del contagio.
Ancora oggi le persone piu' bisognose di aiuto non ricevono aiuti adeguati.
Ancora oggi chi piu' ha bisogno di aiuto subisce ostracismo e abbandono, quando non anche persecuzione.
Tutto cio' e' mostruoso, e tutte le menzogne della propaganda, tutte le astuzie della retorica, tutta la pressione di una macchina comunicativa orientata alla mistificazione, alla narcosi e all'occultamento dei crimini, non basta a nascondere un cosi' ciclopico, abissale orrore.
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Sarebbe insorto Alfio Pannega dinanzi a questo orrore, dinanzi a questo massacro.
Un massacro che non e' affatto mera conseguenza di una imprevedibile fatalita', inevitabile esito di un virus incontrollabile, scempio dovuto a un destino cinico e baro. No. La strage in corso e' dovuta soprattutto alla negligenza, alla stoltezza, all'ignavia, all'avidita' e alla ferocia dei potenti che avevano gli strumenti adeguati per contrastare efficacemente il contagio, ed invece hanno di fatto abbandonato nelle fauci del morbo le persone piu' fragili, le piu' sofferenti, le piu' impoverite, le piu' derubate.
La catastrofe della strage da Covid-19 e' anche e innanzitutto l'esito dell'ignoranza, del menefreghismo e quindi della violenza dei potenti.
Quale scandalosa immoralita', e quale irredimibile tradimento della stessa legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico, la Costituzione della Repubblica italiana che afferma il dovere di rispettare e difendere la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Verra' un giorno che i governanti felloni saranno giudicati per la catastrofe provocata dalla loro insipienza, dalla loro irresponsabilita'.
Cosi' come verra' un giorno in cui saranno giudicati i governanti razzisti che nel 2018-2019 hanno commesso abominevoli crimini contro l'umanita' ostacolando il soccorso di naufraghi innocenti e perseguitando proditoriamente le persone piu' inermi e piu' esposte.
Verra' quel giorno, ma gia' oggi occorre fare quanto possibile per fermare subito il contagio e per salvare le vite che e' possibile salvare.
Verra' quel giorno, ma gia' oggi occorre che le istituzioni democratiche garantiscano a tutte le persone i beni di prima necessita' e tutte le cure e le necessarie protezioni dal morbo.
Verra' quel giorno, ma gia' oggi occorre che i pubblici poteri tornino a rispettare la morale e il diritto, la legalita' che salva le vite, il legato dei martiri della Resistenza inciso nella Costituzione della repubblica.
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Ecco, ogni volta che penso ad Alfio penso ai nostri doveri attuali. La sua memoria resta viva una fiamma e un appello all'azione nonviolenta per denunciare, smascherare e contrastare la violenza dei potenti; un appello all'azione nonviolenta per soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto; un appello a condividere il bene e i beni; un appello a salvare le vite.
A dieci anni dalla morte Alfio Pannega vive nel ricordo e nell'azione che a tutte le sofferenze, a tutte le oppressioni, a tutte le ingiustizie, a tutte le violenze si oppone.
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In calce a queste righe ancora una volta allego una minima notizia biografica su Alfio, e una trascrizione delle parole dette al suo funerale.

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo

Viterbo, 28 aprile 2020

Mittente: "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile ricevere gratuitamente abbonandosi attraverso il sito www.peacelink.it

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Allegato primo: Una minima notizia su Alfio Pannega
Alfio Pannega nacque a Viterbo il 21 settembre 1925, figlio della Caterina (ma il vero nome era Giovanna), epica figura di popolana di cui ancor oggi in citta' si narrano i motti e le vicende trasfigurate ormai in leggende omeriche, deceduta a ottantaquattro anni nel 1974. E dopo gli anni di studi in collegio, con la madre visse fino alla sua scomparsa, per molti anni abitando in una grotta nella Valle di Faul, un tratto di campagna entro la cinta muraria cittadina. A scuola da bambino aveva incontrato Dante e l'Ariosto, ma fu lavorando "in mezzo ai butteri della Tolfa" che si appassiono' vieppiu' di poesia e fiori' come poeta a braccio, arguto e solenne declamatore di impeccabili e sorprendenti ottave di endecasillabi. Una vita travagliata fu la sua, di duro lavoro fin dalla primissima giovinezza. La raccontava lui stesso nell'intervista che costituisce la prima parte del libro che raccoglie le sue poesie che i suoi amici e compagni sono riusciti a pubblicare pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa (Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide Ghaleb Editore, Vetralla 2010): tra innumerevoli altri umili e indispensabili lavori manuali in campagna e in citta', per decine di anni ha anche raccolto gli imballi e gli scarti delle attivita' artigiane e commerciali, recuperando il recuperabile e riciclandolo: consapevole maestro di ecologia pratica, quando la parola ecologia ancora non si usava. Nel 1993 la nascita del centro sociale occupato autogestito nell'ex gazometro abbandonato: ne diventa immediatamente protagonista, e lo sara' fino alla fine della vita. Sapeva di essere un monumento vivente della Viterbo popolare, della Viterbo migliore, e il popolo di Viterbo lo amava visceralmente. E' deceduto il 30 aprile 2010, non risvegliandosi dal sonno dei giusti.
Molte fotografie di Alfio scattate da Mario Onofri, artista visivo profondo e generoso compagno di lotte che gli fu amico e che anche lui ci ha lasciato anni fa, sono disperse tra vari amici di entrambi, ed altre ancora restano inedite nell'immenso, prezioso archivio fotografico di Mario, che tuttora attende curatela e pubblicazione.
Negli ultimi anni il regista ed attore Pietro Benedetti, che gli fu amico, ha sovente con forte empatia rappresentato - sulle scene teatrali, ma soprattutto nelle scuole e nelle piazze, nei luoghi di aggregazione sociale e di impegno politico, di memoria resistente all'ingiuria del tempo e alla violenza dei potenti - un monologo dal titolo "Allora ero giovane pure io" dalle memorie di Alfio ricavato, personalmente interpretandone e facendone cosi' rivivere drammaturgicamente la figura.
La proposta di costituire un "Archivio Alfio Pannega" per raccogliere, preservare e mettere a disposizione della collettivita' le tracce della sua vita e delle sue lotte, e' restata fin qui disattesa.
Alcuni testi commemorativi sono stati piu' volte pubblicati sul notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino", ad esempio negli "Archivi della nonviolenza in cammino" nn. 56, 57, 58, 60; cfr. anche il fascicolo monografico dei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 265 ed ancora i "Telegrammi della nonviolenza in cammino" nn. 907-909, 1172, 1260, 1261, 1272, 1401, 1622-1624, 1763, 1971, 2108-2113, 2115, 2329, 2331, 2334-2335, 2476-2477, 2479, 2694, 2833, 3049, 3051-3052, 3369-3373, 3448, 3453, 3515-3517, i fascicoli di "Coi piedi per terra" n. 546 e 548-552, e "Voci e volti della nonviolenza" nn. 687-691, 754-755, 881, il fascicolo di "Ogni vittima ha il volto di Abele" n. 170, i fascicoli di "Una persona, un voto" nn. 88-90, 206, 209, i fascicoli de "La domenica della nonviolenza" nn. 420 e 511, i fascicoli de "La nonviolenza contro il razzismo" nn. 202-206, 213, 437-438.

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Allegato secondo: Alcune parole per Alfio Pannega (2010)
[Ricostruite a memoria - e frettolosamente poi scritte - questo sono, se non le esatte parole, alcune delle cose dette il primo maggio 2010 al cimitero di Viterbo dinanzi al feretro di Alfio Pannega]

Questo uomo aveva la bonta' e l'ira dei profeti, di coloro che sanno dire la verita' in faccia alle persone e al mondo: con la virtu' della misericordia verso tutte le creature sofferenti, e con la virtu' dell'indignazione contro ogni ingiustizia.
Aveva la pazienza di Giobbe: fedele sempre al vero e al giusto, senza mai un cedimento al male, senza mai una meschinita', senza mai una vilta'.
Recava la verita' di Qohelet: sapeva che tutto e' vanita' di vanita' e fame di vento, e che proprio per questo e' dovere di ciascuno recare aiuto a tutti, giacche' e' meglio essere in due che uno solo, poiche' chi e' solo, se lungo il cammino della vita inciampa, allora cade e non si risolleva, ma se ha compagni essi lo sosterranno, reciprocamente si sosterranno.
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Era un poeta, educato alla lingua e alla musica e alla tempra di Dante del cui capolavoro sapeva declamare a memoria interi canti, e cresciuto alla scuola dei poeti a braccio, per i quali la poesia e il pane, il lavoro quotidiano e l'estro armonico, la cruda realta' e la sublime bellezza sono una stessa cosa.
Ed era un testimone, e non di una generica viterbesita', formula astratta e vuota, ma di quella Viterbo popolare, civile, resistente, antifascista, che fu anche quella di Achille Poleggi e di Sauro Sorbini.
Ed era un esempio della sublime e luminosa dignita' e generosita' dei poveri: tutto cio' che era suo era di tutti, tutti accoglieva ed aiutava; all'ora della consumazione in comune dei pasti prima accudiva gli animali, poi gli ospiti e solo alla fine mangiava anche lui.
Era un educatore alla solidarieta' con tutti i viventi: e le persone che hanno condiviso con lui un tratto di strada, un'ora del giorno, da lui hanno imparato questo dovere nativo, sorgivo, elementare: di essere con gli altri e per gli altri.
Ed e' stato un dono, un dono grande, per chi ha avuto la fortuna, la grande fortuna, di averlo piu' intimamente conosciuto.
E che quest'uomo sia vissuto tra noi resta un'alta ragione di orgoglio per questa citta', che oggi gli rende omaggio.
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Ma detto questo ancora non e' detto tutto, e forse non e' detto ancora l'essenziale.
Gia' anziano, sofferente dei malanni di una travagliata vita di vicissitudini e fatiche, e dimorante allora in umana solitudine in una zona abbandonata della citta', 17 anni fa Alfio ebbe una seconda nascita, una seconda vita, partecipando fin dal primo giorno all'occupazione dell'ex-gazometro e alla nascita quindi del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", e del centro sociale e' stato simbolo e anima, il cuore pulsante, e il centro sociale si e' riconosciuto in lui: in questi 17 anni lui e' stato il centro sociale e il centro sociale e' stato lui; e questi 17 anni da quell'estate del 1993 sono stati gli anni di un amore reciproco cosi' appassionato che ieri vedendo nella camera ardente, presso il centro sociale allestita, sgambettare e giocare ai piedi del feretro, o dalle braccia dei giovani genitori guardarlo e salutarlo, bambini di pochi anni e di non molti mesi, e insieme vedendo Giselle che venne al centro sociale bambina ed ora e' una meravigliosa giovane donna, tu vedevi che grande fioritura di vita e di bellezza Alfio ha saputo coltivare con l'esempio amorevole ed autorevole della sua dignita', della sua generosita'. E che grande eredita' lascia di umanita' fraterna e sororale, di persone sensibili e solidali, che alla scuola del suo esempio sono cresciute splendide.
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E ci sono questi ultimi anni, dalla fine del 2007 a oggi, caratterizzati soprattutto dalla sua lotta per il diritto alla casa: Alfio getto ' il suo cuore e la sua vita stessa nella lotta per il diritto di ogni essere umano ad avere un tetto, per il diritto sociale alla casa, per il diritto umano alla casa. Ed e' un dolore grande per noi che restiamo che sia deceduto senza che quel diritto almeno lui abbia potuto vederlo riconosciuto. Un dolore che non potremo dimenticare.
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E poi ci sono questi ultimi mesi, questi ultimi felici mesi, mesi che per Alfio sono stati forse i piu' gioiosi della sua vita da tanto tempo a questa parte.
La realizzazione del libro delle sue poesie, arricchito di un'ampia intervista ed impreziosito da tante stupende fotografie; un ringraziamento grande va a tutte le persone che hanno reso possibile questa pubblicazione, adempiendo quello che era da molti anni un suo profondo desiderio e una promessa solenne che i compagni del centro sociale a lui e a se stessi avevano fatto.
E con il libro, le sue presentazioni pubbliche con immensa e commossa partecipazione popolare, e la mostra fotografica sulla sua vita, e la lectio magistralis che tenne alla Sala Regia del Comune conclusa, dopo aver esortato ancora una volta i piu' giovani al sapere e alla generosita', con quel gesto sublime del rifiuto di un'onorificenza finche' non fosse stato riconosciuto un diritto, il diritto alla casa.
Con quel discorso e con quel gesto la grande cultura, la vera civilta', e l'autentica dignita' umana facevano irruzione nelle stanze del palazzo, divenivano ora di verita', sfida all'ipocrisia, alla menzogna e all'ingiustizia.
E poi ancora i manifesti col suo volto a segnalare l'emergenza casa, e la sottoscrizione pubblica promossa in suo nome cui lui magnanimamente acconsenti' ancora una volta mettendo tutto se stesso nella lotta per un diritto di tutti.
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Ma anche detto questo forse non e' ancora detto cio' che e' decisivo: per molti di noi, e mi perdonerete se qui il discorso si fa piu' intimo, Alfio e' stato un maestro e un compagno, di vita e di lotte. Un maestro e un compagno di vita: nella piena condivisione del pane, e di tutto. E un compagno di lotte, contro la guerra, contro razzismo, discriminazione, sfruttamento. Sempre dalla parte degli ultimi, degli umiliati e offesi, degli oppressi, dell'umanita in lotta per la liberazione.
E in lotta per l'ambiente casa comune, per la difesa qui a Viterbo del Bulicame, il Bulicame cantato da Dante e a un tiro di sasso dal centro sociale; e resta indimenticabile per chi lo visse quel suo meraviglioso discorso tenuto al Bulicame in quella notte in cui proprio dinanzi alle sorgenti e alle pozze di acqua sulfurea manifestammo in molti per salvare quel prezioso bene ambientale e culturale dalla devastazione cui lo avrebbe condannato la realizzazione di un mega-aeroporto nocivo, distruttivo e fuorilegge.
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Alfio Pannega non e' mai stato riducibile a un'immaginetta pittoresca di una Viterbo che fu coi suoi antichi mestieri e le sue vetuste tradizioni che vanno scomparendo, non e' mai stato un personaggio museale, da mummificare e archiviare; al contrario: fino all'ultimo dei suoi giorni Alfio e' stato un vitale, ardente, consapevolissimo militante del movimento degli oppressi in lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani; per la difesa della natura che conosceva intimamente, essere vivente per essere vivente, animale per animale, pianta per pianta; per la liberazione dell'umanita' dallo sfruttamento e dall'oppressione, per l'uscita da questa preistoria verso il regno della liberta'.
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Oggi e' il primo maggio, e per il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, per il movimento delle oppresse e degli oppressi, e' il giorno della memoria e dell'impegno per la liberazione dell'umanita' dalla violenza dello sfruttamento; e vedete come sono strane e imprevedibili le coincidenze della vita: accingendoci proprio in questo giorno a recare l'estremo saluto ad Alfio, l'indomito combattente antifascista e il lavoratore che conosceva per averli sperimentati tutti i piu' faticosi mestieri - di pastore e di contadino, di artigiano e di operaio -, per noi da oggi il primo maggio lo sara' due volte quell'appello alla lotta solidale contro l'ingiustizia: nel ricordo dei martiri di Chicago uccisi nell'Ottocento dalla violenza del potere perche' lottavano per i diritti dei lavoratori, e nel ricordo di Alfio: e' la stessa memoria, e' la stessa lotta.
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Molti anni fa, commemorando Duilio Mainella, Sauro Sorbini concluse la sua orazione funebre col canto della Marsigliese, simbolo della lotta dell'umanita' contro la tirannide; vorrei oggi almeno ricordare le parole del refrain di quel canto composto un secolo dopo a rivendicare le ragioni dell'umanita' e della lotta per la sua liberazione proprio mentre la reazione persecutrice dilagava con la caccia all'uomo e le fucilazioni dei comunardi parigini, quel canto che e' l'Internazionale, che da quasi un secolo e mezzo e' il canto di quanti si levano a contrastare ogni oppressione: "Su', lottiam, l'ideale / nostro fine sara' / l'internazionale / futura umanita'".
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Ed ora che, con quelle indimenticabili parole di Paolo nella seconda lettera a Timoteo, di Alfio Pannega possiamo dire che ha concluso la sua corsa dopo aver combattuto la buona battaglia senza perdere la tenerezza, ora che Alfio ha compiuto la sua vita che e' stata fino all'ultima ora la vita di un giusto, ora sta a noi che restiamo di essere fedeli a quello che ci ha donato, che ci ha insegnato, e testimoniarlo a nostra volta, con le parole ed ancor piu' con gli atti, continuando la sua lotta, continuando a mettere in pratica i suoi insegnamenti; e se posso rivolgermi in particolare a tutti gli amici piu' vicini, a tutti i compagni che hanno condiviso e che proseguiranno, che proseguiremo insieme, l'esperienza del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di Viterbo, ogni volta che accadra' che qualcuno vi chieda, ci chieda, "Chi era Alfio Pannega?", ebbene, che noi tutti che lo abbiamo conosciuto e che lo abbiamo avuto nostro compagno si possa essere degni di rispondere, testimoniandolo con ogni nostra azione: "Io sono Alfio Pannega, Viterbo e' Alfio Pannega, l'umanita' e' Alfio Pannega".

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