[Nonviolenza] Telegrammi. 3720



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3720 del 25 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Franco Fortini: Canto degli ultimi partigiani
2. Sosteniamo il Movimento Nonviolento
3. Prima che sia troppo tardi. Un appello
4. Una lettera da inviare al governo
5. Una lettera da inviare ai Comuni
6. Adriano Viarengo: Franco Venturi (2013)
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. MEMORIA. FRANCO FORTINI: CANTO DEGLI ULTIMI PARTIGIANI
[Da Franco Fortini, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2014, p. 24]

Sulla spalletta del ponte
Le teste degli impiccati
Nell'acqua della fonte
La bava degli impiccati.

Sul lastrico del mercato
Le unghie dei fucilati
Sull'erba secca del prato
I denti dei fucilati.

Mordere l'aria mordere i sassi
La nostra carne non e' piu' d'uomini
Mordere l'aria mordere i sassi
Il nostro cuore non e' piu' d'uomini.

Ma noi s'e' letta negli occhi dei morti
E sulla terra faremo liberta'
Ma l'hanno stretta i pugni dei morti
La giustizia che si fara'.


2. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Occorre certo sostenere finanziariamente con donazioni tutti i servizi pubblici che stanno concretamente fronteggiando l'epidemia. Dovrebbe farlo lo stato, ma e' tuttora governato da coloro che obbedienti agli ordini di Mammona (di cui "Celochiedonoimercati" e' uno degli pseudonimi) hanno smantellato anno dopo anno la sanita' e l'assistenza pubblica facendo strame del diritto alla salute.
Ed occorre aiutare anche economicamente innanzitutto le persone in condizioni di estrema poverta', estremo sfruttamento, estrema emarginazione, estrema solitudine, estrema fragilita'. Dovrebbe farlo lo stato, ma chi governa sembra piu' interessato a garantire innanzitutto i privilegi dei piu' privilegiati.
Cosi' come occorre aiutare la resistenza alla barbarie: e quindi contrastare la guerra e tutte le uccisioni, il razzismo e tutte le persecuzioni, il maschilismo e tutte le oppressioni. Ovvero aiutare l'autocoscienza e l'autorganizzazione delle oppresse e degli oppressi in lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani e la difesa della biosfera. Ovvero promuovere l'universale democrazia e la legalita' che salva le vite, solidarieta', la responsabilita' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e conforta e sostiene, la condivisione del bene e dei beni.
In questa situazione occorre quindi anche e innanzitutto sostenere le pratiche nonviolente e le organizzazioni e le istituzioni che la nonviolenza promuovono ed inverano, poiche' solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
E tra le organizzazioni che la nonviolenza promuovono ed inverano in Italia il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini e' per molte ragioni una esperienza fondamentale.
Chi puo', nella misura in cui puo', sostenga quindi il Movimento Nonviolento, anche con una donazione.
*
Per informazioni e contatti: Movimento Nonviolento, sezione italiana della W.R.I. (War Resisters International - Internazionale dei resistenti alla guerra)
Sede nazionale e redazione di "Azione nonviolenta": via Spagna 8, 37123 Verona (Italy)
Tel. e fax (+ 39) 0458009803 (r.a.)
E-mail: azionenonviolenta at sis.it
Siti: www.nonviolenti.org, www.azionenonviolenta.it
Per destinare il 5x1000 al Movimento Nonviolento: codice fiscale 93100500235
Per sostegno e donazioni al Movimento Nonviolento: Iban IT35 U 07601 11700 0000 18745455

3. REPETITA IUVANT. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI. UN APPELLO

Prima che sia troppo tardi il governo faccia uscire dalle carceri sovraffollate le persone li' ristrette e le trasferisca o nelle rispettive abitazioni o in altri alloggi adeguati in cui per quanto possibile siano anch'esse al riparo dal rischio di contagio che in tutti i luoghi sovraffollati e' enorme.
Gia' troppe persone sono morte.
Di seguito una bozza di lettera che proponiamo di inviare al Ministero della Giustizia, ed alcuni indirizzi utilizzabili a tal fine.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
*
La bozza di lettera
"Signor ministro della Giustizia,
come sa, con la fine del fascismo in Italia e' stata abolita la pena di morte, e la Costituzione repubblicana stabilisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita'".
Per contrastare l'epidemia di coronavirus e cercar di salvare vite umane sono state adottate - sia pure con grave ritardo - misure di distanziamento tra le persone, unico modo efficace di contenere il contagio.
Ma queste misure non possono essere adottate efficacemente in luoghi sovraffollati come le carceri italiane.
Cosicche' chi si trova nelle carceri italiane, come ristretto o come custode, e' esposto al piu' grave pericolo.
E' esposto al pericolo di essere contagiato e di rischiare la vita. E vive in una condizione di torturante paura senza potervi sfuggire.
E' palese che la permanenza in carcere, sic stantibus rebus, e' incompatibile con le indispensabili misure di profilassi per contenere il contagio; e' incompatibile con le norme sul cosiddetto "distanziamento sociale" (pessima formulazione con cui in queste settimane viene indicato il tenersi di ogni persona ad adeguata distanza dalle altre, volgarizzato col motto "restate a casa"); e' incompatibile con il fondamentale diritto di ogni essere umano alla tutela della propria vita.
Ne consegue che finche' l'epidemia non sia debellata occorre vuotare le carceri e - per dirla in breve - mandare tutti i detenuti nelle proprie case con l'ovvio vincolo di non uscirne.
Naturalmente vi saranno casi in cui cio' non sia possibile (i colpevoli di violenza domestica, ad esempio), ma anche questi casi particolari potranno essere agevolmente risolti con la collocazione in alberghi o altre idonee strutture in cui il necessario "distanziamento sociale" sia garantito.
Non si obietti che tale proposta e' iniqua: piu' iniquo, illecito e malvagio sarebbe continuare ad esporre insensatamente alla morte degli esseri umani.
E non si obietti che cosi' si rischia di non poter controllare l'effettiva costante permanenza in casa degli attuali detenuti: oggidi' non mancano affatto le risorse tecnologiche per garantire un efficace controllo a distanza che le persone attualmente ristrette destinatarie di tale provvedimento restino effettivamente nelle loro case (ovvero nelle abitazioni loro assegnate).
Ne' si obietti che cosi' si garantisce il diritto alla casa ai criminali mentre persone che non hanno commesso delitti ne sono prive: e' infatti primario dovere di chi governa il paese garantire un alloggio a tutte le persone che si trovano in Italia; nessuno deve essere abbandonato all'addiaccio o in una baracca, a tutte le persone deve essere garantita una casa: si cessi pertanto piuttosto di sperperare risorse pubbliche a vantaggio dei ricchi e si provveda a rispettare concretamente i diritti fondamentali di ogni persona, adempiendo ai doveri sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione della Repubblica italiana.
Signor ministro della Giustizia,
prima che sia troppo tardi si adottino i provvedimenti necessari per vuotare le carceri e mettere in sicurezza per quanto possibile la vita dei detenuti e del personale di custodia.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Voglia gradire distinti saluti,
Firma, luogo, data
Indirizzo del mittente"
*
Alcuni indirizzi utilizzabili
protocollo.gabinetto at giustizia.it,
fulvio.baldi at giustizia.it,
leonardo.pucci at giustizia.it,
gianluca.massaro at giustizia.it,
chiara.giacomantonio at giustizia.it,
roberto.natali at giustizia.it,
giuseppina.esposito at giustizia.it,
marcello.spirandelli at giustizia.it,
clelia.tanda at giustizia.it,
sabrina.noce at giustizia.it,
vittorio.ferraresi at giustizia.it,
andrea.giorgis at giustizia.it,
ufficio.stampa at giustizia.it,
andrea.cottone at giustizia.it,
gioele.brandi at giustizia.it,
mauro.vitiello at giustizia.it,
concetta.locurto at giustizia.it,
giampaolo.parodi at giustizia.it,
roberta.battisti at giustizia.it,
marina.altavilla at giustizia.it,
rita.andrenacci at giustizia.it,
dgmagistrati.dog at giustizia.it,
giuditta.rossi at giustizia.it,
antonia.bucci at giustizia.it,
paolo.attardo at giustizia.it,
tommaso.salvadori at giustizia.it,
daniele.longo at giustizia.it,
redazione at giustizia.it,
callcenter at giustizia.it,
*
Preghiamo chi ci legge di diffondere questa proposta anche ai mezzi d'informazione e ad altre persone di volonta' buona, associazioni ed istituzioni.

4. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AL GOVERNO

Gentilissima Ministra dell'Interno,
vorremmo sollecitare tramite lei il governo ad adottare con la massima tempestivita' le seguenti misure:
a) garantire immediati aiuti in primo luogo alle persone che piu' ne hanno urgente bisogno, e che invece vengono sovente scandalosamente dimenticate perche' emarginate ed abbandonate alla violenza, al dolore e alla morte, quando non addirittura perseguitate;
b) abrogare immediatamente le scellerate misure razziste contenute nei due cosiddetti "decreti sicurezza della razza" imposti dal precedente governo nel 2018-2019, scellerate misure razziste che violano i diritti umani e mettono in ancor piu' grave pericolo la vita di tanti esseri umani;
c) riconoscere a tutte le persone che vivono in Italia tutti i diritti che ad esse in quanto esseri umani sono inerenti, facendo cessare un effettuale regime di apartheid che confligge con il rispetto dei diritti umani, con la democrazia, con i principi fondamentali e i valori supremi della Costituzione della Repubblica italiana.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Ringraziandola per l'attenzione ed augurandole ogni bene,
Firma, luogo e data, indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare la lettera sono i seguenti:
segreteriatecnica.ministro at interno.it
caposegreteria.ministro at interno.it
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

5. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AI COMUNI

Egregio sindaco,
le scriviamo per sollecitare l'amministrazione comunale ad immediatamente adoperarsi affinche' a tutte le persone che vivono nel territorio del comune sia garantito l'aiuto necessario a restare in vita.
Attraverso i suoi servizi sociali il Comune si impegni affinche' tutti i generi di prima necessita' siano messi gratuitamente a disposizione di tutte le persone che non disponendo di altre risorse ne facciano richiesta.
Crediamo sia un dovere - un impegnativo ma ineludibile dovere - che il Comune puo' e deve compiere con la massima tempestivita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Confidando nell'impegno suo e dell'intera amministrazione comunale, voglia gradire distinti saluti
Firma, luogo e data
Indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica di tutti i Comuni d'Italia sono reperibili nei siti internet degli stessi.
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

6. MAESTRI. ADRIANO VIARENGO: FRANCO VENTURI (2013)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce apparsa ne Il contributo italiano alla storia del pensiero: Storia e politica]

Franco Venturi e' stato lo storico italiano della seconda meta' del Novecento di maggior rilievo internazionale, tanto per i suoi studi sulla Russia dell'Ottocento, tra cui, principale, Il populismo russo, quanto per i suoi studi sul Settecento, tra i quali l'imprescindibile Settecento riformatore.
*
La vita
Nato a Roma il 16 maggio 1914, Franco Venturi visse a Torino, dove il padre, Lionello (1885-1961), insegnava storia dell'arte presso la locale universita'. Arrestato per un breve periodo nel gennaio 1932 perche' sospetto di attivita' antifascista, raggiunse subito dopo il padre – "dispensato dal servizio" per non aver prestato il prescritto giuramento di fedelta' al regime nel proprio insegnamento – che si trovava a Parigi. Qui concluse gli studi liceali, intraprese gli studi storici presso la Sorbona, dove fu allievo di studiosi come Pierre Renouvin, Henri Hauser, Gustave Glotz, Charles Seignobos, Daniel Mornet, Henri Bedarida, e consegui' la laurea nel 1936, anno del suo primo viaggio in Unione Sovietica.
Successivamente, si segnalo' per una serie di studi che affrontavano in modo nuovo l'Illuminismo francese, mettendone in luce il valore politico e non solamente quello filosofico o letterario. A questa visione dell'Illuminismo lo portava anche il suo appassionato antifascismo. Sin dal 1933, infatti, aveva avuto inizio la sua collaborazione con il movimento di Carlo Rosselli, il settimanale "Giustizia e Liberta'" e i suoi "Quaderni", espressione di un antifascismo nuovo, inteso a superare, nell'accordo tra la pulsione egualitaria del socialismo e quella alla liberta' del liberalismo, le debolezze dei vecchi partiti italiani, sconfitti nel 1922, e prospettando la liberazione dell'Italia dal fascismo attraverso una vera e propria rivoluzione democratica. Di "Giustizia e Liberta'" Venturi diverra' uno dei dirigenti, con specifici incarichi per quanto concerneva la stampa dell'omonimo settimanale dopo l'assassinio di Rosselli. Particolarmente importante, sul piano intellettuale e politico, fu allora per lui l'amicizia con Aldo Garosci e Leo Valiani.
Venturi non pote' discutere la sua these sull'illuminista piemontese Francesco Dalmazzo Vasco a causa dell'ingresso a Parigi delle truppe tedesche. Nel tentativo di lasciare la Francia fu arrestato al confine spagnolo mentre cercava di arrivare in Portogallo, da dove avrebbe raggiunto i genitori negli Stati Uniti. Detenuto per cinque mesi nelle durissime carceri spagnole, fu estradato in Italia nel marzo 1941, imprigionato nel campo di concentramento di Monteforte Irpino e poi confinato ad Avigliano, in Basilicata. In quegli anni ebbe anche inizio la sua collaborazione con la casa editrice Einaudi di Torino.
Lasciato il confino dopo il 25 luglio 1943, fu, nell'agosto, tra i partecipanti alla fondazione del Movimento federalista europeo. Tornato in Piemonte, a partire dal settembre 1943 partecipo' alla costituzione delle prime formazioni partigiane in Val Pellice. Prese parte a tutte le fasi della Resistenza al nazifascismo in Piemonte come membro del Comitato esecutivo del Partito d'azione, ispettore delle formazioni piemontesi Giustizia e Liberta' e responsabile della stampa azionista subalpina. Particolarmente importanti, tra le pubblicazioni da lui curate, sono "Voci di officina" e i "Nuovi Quaderni di Giustizia e Liberta'". Dopo la Liberazione diresse, sino all'aprile 1946, il quotidiano azionista torinese "Giustizia e Liberta'".
Dal 1947 al 1950 fu addetto culturale presso l'ambasciata italiana di Mosca. Al suo rientro in Italia intraprese la carriera universitaria come docente, prima, presso l'Universita' di Cagliari (1951-55), poi di Genova (1955-58) e, infine, di Torino, dove coprira' la cattedra di storia moderna sino al 1984. Nel 1959 successe a Federico Chabod nella direzione della "Rivista storica italiana". Ricchissima di contatti, in ogni parte del mondo, fu la sua vita di studioso. Tuttavia egli rimase anche fedele a un piu' ristretto circolo di relazioni intellettuali in gran parte costituitosi nella giovinezza e nella Resistenza. Lo componevano personalita' di studiosi come Garosci, Valiani, Carlo Dionisotti, Arnaldo Momigliano, Alessandro Galante Garrone, ai quali si aggiunse Giorgio Agosti. Con l'eccezione di Momigliano, un gruppo "azionista" durato quanto la vita dei suoi componenti, anch'esso caratterizzato, pero', da un forte cosmopolitismo. La "Rivista storica italiana" (della cui direzione Momigliano e Valiani furono a lungo magna pars) costitui' per molti decenni l'ambito nel quale si concretizzarono spesso elementi di ricerca e discussione che ritroviamo negli scambi epistolari e nelle loro discussioni. Professore emerito dell'ateneo torinese, Venturi si spense a Torino il 14 dicembre 1994.
*
Una ricerca cosmopolitica
"Per professione ed attitudini, Venturi era un intellettuale, ma fu anche, fin dai primissimi esordi, uomo d'azione", ha osservato Michael Confino (Franco Venturi e la Russia, 2004, p. XVI). In effetti, l'attivita' intellettuale di Venturi e' inseparabile da quella politica. Nella sua formazione, piu' che gli studi alla Sorbona, contarono i contatti, attraverso il padre, con personalita' eminenti del mondo politico e intellettuale italiano: da Benedetto Croce a Gaetano Salvemini a Francesco Saverio Nitti, a Luigi Salvatorelli e, soprattutto, a Carlo Rosselli. Con Rosselli e gli uomini di Giustizia e Liberta' egli sviluppo' la sua passione politica e per gli studi storici, intesi come costantemente collegati (mescolando la lezione crociana e quella salveminiana) alle problematiche politiche del presente. Dalle giovanili letture gobettiane gli provenne l'attenzione agli individui e, in particolare, all'intelligencija, vista come quel gruppo sociale che possedeva la capacita' di elaborare, proporre e cercare di introdurre nella vita politica e sociale dei popoli migliori condizioni per una libera esistenza. La centralita' della figura dell'intellettuale nella propria concezione della storia fa anche si' che Venturi adotti largamente nel suo lavoro la forma della biografia politico-intellettuale dei suoi personaggi.
Nell'Illuminismo egli individuo' il grande movimento modernizzatore della societa' europea e, come affermera' in un interrogatorio di polizia, l'origine delle idee democratiche moderne. Esatto opposto delle tirannidi che allora venivano prevalendo in Europa. Ne colse anche la caratteristica di religione laica e umanistica, fatta di lotta contro la Chiesa, di passione, di vitalismo immanente, di entusiasmo, di impulso morale. In contrasto con l'interpretazione filosofico-letteraria dell'Illuminismo allora prevalente in Francia (Hazard, Mornet) e in Germania (Ernst Cassirer), Venturi punto' quindi a illustrarne l'aspetto politico. Egli riprendeva si' quella histoire des idees viva tra gli storici letterari francesi degli anni Venti e Trenta, ma vi innestava un'acuta sensibilita' politica. La sua impostazione storiografica, definibile come una "storia politica delle idee", non discendeva pero' da una teorizzazione aprioristica. Al contrario, essa non esiste in quanto definizione-descrizione del proprio operare: "fare storia delle idee era per Venturi una sfida metodologica permanente, da accogliere ad ogni nuova ricerca – ha scritto Bronislaw Baczko (Curiosita' storica e passioni repubblicane, in F. Venturi, Pagine repubblicane, 2004, p. X) – Tutto accade in concreto, nella ricerca stessa".
Diffidente rimase sempre nei confronti di troppo astratte riflessioni sulla metodologia storica, fu fortemente polemico verso le teorie marxiste della storia, il cui teleologismo gli riusciva inaccettabile e il cui economicismo vedeva all'origine della tirannide sovietica. Pur tra i primi a introdurre in Italia la lezione delle "Annales", diffido' poi delle successive evoluzioni in senso cliometrico e poi antropologico della storiografia francese, cosi' come della psicostoria e della microstoria. Dichiarera' in uno dei suoi rarissimi interventi sulla stampa quotidiana ("La Repubblica", 23 ottobre 1984): "Non appartengo a quella numerosa schiera di studiosi che, in Italia e fuori, sembrano continuamente scusarsi di essere soltanto degli storici, lasciando intendere in mille modi di essere poi in realta' dei filosofi, degli economisti, dei sociologi, degli antropologi, degli etnografi, ecc. ecc. Personalmente mi pare che la storia senza additivi sia del tutto sufficiente a riempire tutta intera una vita di ricerche e di studio".
Rivelatore della sua visione politica e' il saggio intitolato Socialismo di oggi e di domani (comparso nei "Quaderni dell'Italia libera", dicembre 1943, 17, a firma Leo Aldi). Era un attacco alla "tendenza a ripartire dalle posizioni di vent'anni fa", dal socialismo sconfitto dal fascismo o degenerato nel totalitarismo sovietico. "Il socialismo moderno – cosi' invece lo disegnava Venturi – non puo' infatti non essere profondamente antitotalitario", "non puo' non essere costruttivo" e "costruttivo – precisava – in primo luogo [in senso] politico ed istituzionale", superando il classismo marxista: "un peso schiacciante, perche' gli impedisce di porsi al centro della societa', di raggruppare intorno a se' tutto il mondo del lavoro, di porsi e risolvere i problemi di ricostruzione e di liberta', centrali oggi".
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Le opere dell'esilio e della Resistenza
Nella vasta produzione di Venturi si possono distinguere tre momenti principali, il primo dei quali e' costituito dal periodo dell'esilio e della Resistenza: centro dei suoi studi fu l'Illuminismo francese con la figura di Denis Diderot e il mondo dell'Encyclopedie. La piu' nota di queste opere e' senz'altro Jeunesse de Diderot (de 1713 a' 1753), ultimata nel 1938 e pubblicata a Parigi nel gennaio dell'anno successivo: "Per opera di Diderot e dei suoi – scriveva Venturi – l'Illuminismo prese al centro del XVIII secolo un aspetto politico che parve agli spauriti tradizionalisti un complotto, e che era invece la nascita di una nuova forza ideale e pratica" (Jeunesse de Diderot, 1939, trad. it. 1988, p. 203).
Diderot era cosi' strappato alla posizione di letterato di seconda fila, di pensatore senza sistema e restituito al piano nel quale emergeva la sua grandezza: quello politico. Il volume voleva appunto essere una "storia politica di Denis Diderot" (p. 23), "considerato come uno dei piu' notevoli tra gli uomini che seppero dare un significato politico all'illuminismo francese" (p. 22) e dar vita a un capolavoro che aveva "piu' di venti volumi in folio ed [aveva] un titolo che ha dato il nome a una scuola e ad un'epoca: l'Enciclopedia" (p. 22). Al mondo dell'Encyclopedie si riferiscono inoltre anche altri studi che avrebbero dovuto costituire una seconda parte del volume diderottiano, ma vedranno la luce solo nel dopoguerra: Le origini dell'Enciclopedia (1946) e L'antichita' svelata e l'idea di progresso in N. A. Boulanger (1722-1759) (1947), voluto da Croce per i tipi di Laterza. Il ruolo dell'URSS nell'Europa fascistizzata imponeva in quegli anni una riflessione sul comunismo. Era possibile che, andando alle sue radici settecentesche, vi si potesse cogliere una possibilita' di sviluppo anche in senso non totalitario, seguendo le suggestioni di Elie Halevy? Dagli scritti di Dom Deschamps e di Filippo Buonarroti Venturi avvio' allora la ricerca di una risposta che si prefisse di elaborare in una mai conclusa Storia del comunismo.
Di quella ricerca fa parte anche un'opera fra le sue piu' significative: lo studio su Alberto Radicati di Passerano (1954). Per quanto apparso molto piu' tardi, esso era frutto di un lavoro avviato almeno dal 1937, in parallelo con quelli su Francesco Dalmazzo Vasco, tanto che Venturi prospettava allora a Croce "una edizione degli illuministi piemontesi (raccolti intorno alle due figure principali di Radicati e di Vasco) che da molto tempo mi interessano" (Croce, Venturi, Carteggio, 6 febbraio 1938, 2008, p. 13). Un intento perseguito anche nell'immediato dopoguerra con la traduzione, mai pubblicata, di molti scritti del Radicati.
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La stagione "russa"
Venturi parti' per l'Unione Sovietica anche con l'intento di studiare l'impero zarista nel Settecento. Un altro, pero', se ne profilo' ben presto: "vorrei scrivere – comunicava ad Agosti – un libro, magari soltanto di carattere cronachistico, sul populismo russo" (3 settembre 1948, F. Venturi, Lettere da Mosca, in Franco Venturi e la Russia, 2004, p. 105). Il risultato del suo serrato lavoro alla biblioteca Lenin di Mosca furono, al suo rientro in Italia, i due volumi pubblicati di Il populismo russo (1952) con i quali inauguro' la seconda fase dei suoi studi. In essi si ripercorreva il lungo cammino di quella che Venturi definiva "una pagina di storia del socialismo europeo", il movimento populista, appunto, dai suoi ispiratori, Aleksandr I. Herzen, Michail A. Bakunin, Nikolaj G. Cernysevskij, sino alle organizzazioni Zemlja i volja ("Terra e liberta'") e Narodnaja volja ("Volonta' popolare") e all'attentato contro Alessandro II, nel 1881. Un'opera seguita, per quasi un decennio, da altri studi, Il moto decabrista e i fratelli Poggio (1956), Esuli russi in Piemonte dopo il '48 (1959), uno studio su Herzen e, soprattutto, dal dialogo/dibattito con lo storico Nikolaj M. Druzinin e altri colleghi sovietici, al quale presero parte, con Venturi, nelle pagine della "Rivista storica italiana" del 1961-1962, Momigliano e Pietro Rossi. Tutte tappe di un'attenzione e di una volonta' di forzare le chiusure sovietiche che non rimasero senza echi nella stessa Unione Sovietica. Gliene derivo' una larga e duratura notorieta' nel campo della russistica che pure non costitui' l'ambito principale della sua attivita' storiografica. La pubblicazione della traduzione francese e dell'edizione riveduta italiana (1972) diede poi a Venturi l'opportunita' di discutere le osservazioni dei molti recensori in un'amplissima introduzione.
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Il mondo riflesso nell'Italia dei lumi
Il progetto a lungo covato di realizzare una storia dell'Europa dei lumi venne trasformandosi negli anni. Si fece maggiormente centrato, inizialmente, sulla realta' dell’Italia del XVIII secolo. Ma nel corso dei decenni, sotto il titolo di Settecento riformatore, la grande opera della maturita' venturiana, si vennero racchiudendo una pluralita' di intenti. In parte quest'opera si collega fortemente anche ai volumi di Illuministi italiani, curati da Venturi per La letteratura italiana, storia e testi, diretta da Raffaele Mattioli, Pietro Pancrazi e Alfredo Schiaffini per l'editore Ricciardi tra il 1958 e il 1965. Questi volumi antologici comprendevano ampi brani delle opere degli intellettuali riformatori italiani del Settecento, con robusti profili biografici. Per riformatori erano intesi soltanto coloro che avevano avuto un contatto diretto con il mondo dell'economia, dell'amministrazione, delle cose e, quindi, non puri teorici dell'economia o puri esecutori e amministratori: piuttosto, i progettisti e propugnatori di riforme. La questione era centrale poiche' "il moto riformatore e' il filo rosso del nostro Settecento", e "quello dobbiamo seguire se vogliamo stabilire un vivo contatto con i problemi dell'Italia di quel secolo" (Settecento riformatore, I vol., 1969, p. XV). Occorreva cioe' fare "la storia del formarsi e svilupparsi, del distinguersi e ritrovarsi di quella volonta' di riforma che animo' allora individui e gruppi, portandoli ad esplorare e capire la realta' che li circondava e a cercar di modificarla" (p. XV).
Non pero' in senso namieriano (per quanto Venturi ammirasse sir Lewis Bernstein Namier). Al centro del suo interesse stavano le peculiarita' del pensiero del singolo personaggio e non, come in Namier, le costanti, per es., di ceto. Nel primo volume, sottotitolato Da Muratori a Beccaria, si ripercorrevano del XVIII secolo italiano gli anni tra la meta' dei Trenta e la meta' dei Sessanta. Fin dall'inizio, pero', come gia' Venturi aveva prospettato nel suo intervento sulla Circolazione delle idee al Congresso di Storia del Risorgimento del 1953, nel quale molti videro l'enunciazione di un piano di lavoro che l'avrebbe impegnato per il resto della vita, il caso italiano veniva considerato solo nel generale quadro dell'Illuminismo europeo, come elaborazione autonoma nell'ambito di un fenomeno pluricentrico quale fu l'Illuminismo, cosmopolitico per la sua stessa essenza. Anche per questo egli dichiarava subito di aver volto "le spalle, fin dai primi passi, ad ogni sentiero che rischiasse di condur[lo] in Parnaso" (p. XIII). Intento al quale rimarra' fedele: invano cercheremmo, trent'anni dopo, il nome di Carlo Goldoni nell'indice dei nomi dell'ultimo volume dell'opera pubblicato, dedicato alla Repubblica di Venezia.
Dopo un secondo volume, La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti (1976), che analizzava il riaprirsi, negli anni Sessanta, del conflitto tra societa' civile e organizzazione ecclesiastica e il mutarsi del giurisdizionalismo in volonta' di riforma, il terzo segno' un mutamento profondo. Non erano piu' solamente singole personalita' di riformatori a costituire la trama dell'opera, che si spostava piuttosto sull'analisi della formazione di una moderna opinione pubblica nell'Italia della seconda meta' del Settecento. La svolta che Venturi coglieva al passaggio tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta e Ottanta non si poteva piu' seguire "continuando unicamente a descrivere lo sviluppo delle idee e dei gruppi nei diversi centri della penisola", ma solo considerandola "anche nel suo assieme, in uno spaccato che permetta di cogliere le azioni e le reazioni del paese di fronte ai problemi che dominavano tutt'intera l'Europa di quegli anni" (p. XI). Anni che segnavano, come recitava il titolo del volume, La prima crisi dell'Antico Regime (1768-1776) (1979), per la quale piu' degli archivi diplomatici contavano le gazzette, i viaggiatori, i pubblicisti, i "progettisti e economisti" (p. XV).
Settecento riformatore illustrava quindi il ritmo dello spirito riformatore del secolo nel suo misurarsi con fenomeni che lo superavano e travolgevano in misura talora definitiva. L'ampia visione dell'Illuminismo che Venturi aveva prima delineato in importanti interventi congressuali (fondamentale quello al Convegno internazionale di Stoccolma, nel 1960) e poi nelle George Macaulay Trevelyan Lectures del 1969, tenute a Cambridge e pubblicate nel 1970 con il titolo di Utopia e riforma nell'illuminismo (e nel 1971 in inglese), veniva a confluire nell'opera sua maggiore che proponeva al lettore di porsi dal punto di vista con il quale un suo simile, vivente nella penisola italiana tra gli anni Settanta e Ottanta del Settecento, poteva guardare quel grande moto che attraversava l'Europa. Moto che egli aveva indagato nelle Lectures ponendolo "sotto le luci incrociate di alcuni problemi della storia delle idee", tra i quali era centrale "il problema del valore della tradizione repubblicana nella formazione e lo sviluppo dei lumi", arrivando poi "al cuore stesso del rapporto tra utopia e riforma", sia pure "da un solo punto di vista [...], quello del diritto di punire", per concludere con "un tentativo di ripercorrere la distribuzione geografica e il ritmo differenziato di sviluppo dell'illuminismo nell'Europa settecentesca" (p. 27). Al tempo stesso, quelle lezioni segnavano l'ultima tappa nel percorso venturiano: al tema "rivoluzione" (indicata con il termine utopia), stava succedendo ormai quello di "riforme", in un nesso univoco con i "lumi". Quasi un'ideale cerniera si puo' quindi individuare nella sua edizione, nel 1965, del Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria.
Negli stessi anni Venturi scrisse anche il poderoso saggio, L'Italia fuori d'Italia (1973), inserito nel terzo volume della Storia d'Italia einaudiana, che esponeva come, dal Settecento fino all'Unita', lo spazio italiano e i suoi problemi fossero stati visti dal mondo intellettuale europeo, ribaltando quindi l'ottica assunta nell'opera maggiore.
Quella osservazione degli eventi mondiali attraverso le fonti relative alla formazione di un'opinione pubblica nella penisola, acquistera' massimo rilievo nel volume successivo di Settecento riformatore, La caduta dell'Antico Regime (1776-1789) (1984), due ampi tomi che percorrevano lo spazio tra le due rivoluzioni atlantiche, per riprendere la terminologia di Robert R. Palmer. "Anche questo – sottolineava l'autore – come gli altri volumi del Settecento riformatore, intende guardare queste realta' cosmopolitiche attraverso l'Italia [...]. L'Italia e' come un prisma attraverso il quale si e' cercato di scomporre e ricomporre, di analizzare la realta' politica che giunge d'Oltralpe e d'Oltremare" (pp. XIII-XIV). La crisi dell'antico regime vi veniva colta soprattutto nelle rivolte delle periferie, a partire da quella americana.
Venturi si volse solo allora a completare, con gli anni Settanta e Ottanta, il quadro dell'Italia riformatrice del Settecento; e anche questa seconda parte si dilato' ben oltre un solo tomo. Tre sarebbero stati, intitolati L'Italia dei Lumi, secondo quanto l'autore stesso indicava introducendo brevemente il primo di essi: La rivoluzione di Corsica. Le grandi carestie degli anni sessanta. La Lombardia delle riforme (1987). Nel secondo sarebbe stato "ripreso il problema delle arcaiche repubbliche italiane, di Venezia e Genova" (p. XII). Il terzo sarebbe partito "dal Piemonte per passare allo Stato pontificio, per trovare infine il proprio centro in quello che fu, con la Lombardia e la Toscana, l'altro polo dell'Italia settecentesca, la Napoli illuminista degli anni della crisi finale dell'Antico regime" (p. XIII). Ma quando, nel 1990, comparve il tomo successivo, La Repubblica di Venezia (1761-1797), alla Serenissima, appunto, esso si limitava. L'anno prima, in una seduta dell'American historical association, Venturi aveva ancora ribadito le costanti del suo lavoro. Ricordera' Robert Burr Litchfield: "Il suo scopo in Settecento riformatore non era solo quello di delineare le vicissitudini dei riformatori attraverso gli sviluppi politici e le crisi degli ultimi decenni dell'Antico Regime, ma anche di illustrare il carattere cosmopolita ed internazionale dell'opinione pubblica europea nell'eta' dell'Illuminismo" (The English translation of "Settecento riformatore" and its Anglo-American reception, "Rivista storica italiana", 1996, 2-3, p. 357).
Venturi non pote' completare Settecento riformatore. Il cerchio della sua operosa vita si chiuse con un ritorno a Buonarroti. Avendo trovato un curioso scritto a lui attribuibile, ne trasse un articolo e, poi, insieme con Galante Garrone, un volumetto (La riforma dell'Alcorano). Esempio, nella fase estrema della sua vita, di quella circolazione delle idee che costituiva la base dell'opera sua. Senza, pero', trascurare mai il dato concreto: "giovani e meno giovani – aveva ammonito nel suo ultimo discorso pubblico, alle soglie della morte –, pensate sempre che le radici locali e le grandi idee che spazzano il cielo dell'Europa non possono mai essere separate" ("Linea d’ombra", 1995, 101, p. 15).
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L'eco cosmopolita di un'opera cosmopolita
Amplissima fu la discussione internazionale sull'opera di Venturi, come puo' illustrare anche una brevissima rassegna, limitata alla discussione delle sue maggiori opere.
La sua Jeunesse de Diderot riscosse apprezzamenti da Lucien Febvre ("C'est le travail d'un homme vivant sur le porteur d'idees vivantes", "Annales d'histoire sociale", 1940, 2, p. 46) e da recensori sulle maggiori riviste francesi. In Italia lo elogio', nella crociana "Critica", Adolfo Omodeo, che vi intravide con favore la nascita di "una piu' adeguata interpretazione del secolo dei lumi". Arthur M. Wilson, nel "Journal of modern history", la defini' "an important contribution to the intellectual history of the eighteenth century" (1940, 12, 2, p. 246).
Ancor piu' rilevante fu l'eco internazionale del Populismo russo. Isaiah Berlin ne introdusse l'edizione inglese (1961), ma gia' ne aveva scritto a Venturi, nel 1953, come di un capolavoro. Negli Stati Uniti Alexander Gerschenkron defini' l'opera "without precedent in any language, Russian not excluded", George Hugh Nicholas Seton-Watson sottolineo' anch'egli il fatto che si trattasse del "first comprehensive study in a western European language" sul tema, auspicandone una rapida traduzione in inglese e francese (quest'ultima comparira' pero' solo nel 1972). Diversi gli echi in Unione Sovietica. A livello ufficiale, Serafim A. Pokrovskij, nell'autorevole "Voprosy istorii" (Questioni di storia), ammise "l'attento studio" e il "profondo interesse" evidenziato nell'opera. Grande colpa, pero', rimaneva l'aver "trascurato gli straordinari lavori di Lenin". In Occidente Leonard Shapiro interpreto' questo parziale riconoscimento come derivante dalla condivisione, in URSS, del giudizio negativo di Venturi sul liberalismo russo ottocentesco. Negli anni krusheviani, ha riferito Valentina A. Tvardovskaja, poco manco' che un capitolo del Populismo venturiano venisse pubblicato a Mosca ed ebbe una risonanza notevole, tra gli studiosi sovietici (ovviamente del tutto ufficiosa), anche il gia' ricordato dibattito che si accese, nelle pagine della "Rivista storica italiana" e di "Istorija SSSR»", su temi come quello della liberta' nelle rivoluzioni russe e del marxismo-leninismo quale strumento conoscitivo della storia, come ha illustrato Vladimir V. Pugacev.
In Italia i volumi di Venturi riscossero grande apprezzamento, ma anche riserve significative in una discussione prevalentemente storiografica e ideologica, ben testimoniata da Giuseppe Berti che, con l'occhio dello storico marxista, sottolineo' nell'opera la mancanza di un "esame approfondito delle differenziazioni economiche e di classe" ("Rinascita", maggio-luglio 1952).
Internazionale fu anche la discussione su Utopia e riforma, favorita dalla pressoche' immediata edizione inglese. Keith M. Baker, per es., segnalo' l'opera come destinata a "surely become a classic". Il tema del repubblicanesimo nel Settecento – che avra' ampi sviluppi nella storiografia internazionale dei decenni successivi – venne subito colto come uno dei centri focali del volume e Michael Wilks rilevo' come sarebbe stato necessario meglio precisare tale concetto, mentre sottolineava come il lavoro contenesse anche "una rassegna splendidamente distruttiva della [...] vasta letteratura sull'argomento recentemente prodotta dagli studiosi" ("The English historical review", 1973, 88, p. 600), connettendolo anche con i saggi venturiani di Europe des Lumieres: recherches sur le 18e siecle, comparsi contemporaneamente.
Vastissima l'eco dei volumi di Settecento riformatore. A essi vennero dedicate non solo singole recensioni, ma anche piu' ampie discussioni e tavole rotonde, come, con particolare riferimento al terzo volume, il seminario tenutosi presso la Fondazione Luigi Einaudi di Torino l'8 dicembre 1985. Negli Stati Uniti, poi, nel 1989, l'American historical association aveva tenuto una seduta – sopra ricordata – a San Francisco, organizzata da Brendan Dooley, della Harvard University, intitolata The Eighteenth century of Reform: a roundtable discussion of Franco Venturi's "Settecento riformatore", del quale era stato allora tradotto in inglese il terzo volume, poi seguito dai due tomi del quarto. Accanto agli elogi alla gigantesca opera, vennero in quegli anni delineandosi anche osservazioni che rispecchiavano bene come il mutare dei tempi rendesse piu' difficile accoglierla senza alcune riserve. In particolare, torno' quella relativa all'"isolamento" dei riformatori venturiani: nell'eta' della contestualizzazione il fatto che Venturi lasciasse pochissimo spazio alle forze conservatrici veniva sempre piu' difficilmente accettato. In una certa misura gli intenti che avevano mosso la ricerca storica di Venturi, radicati nella cultura europea e italiana dei decenni centrali del XX sec., venivano colti con sempre maggior fatica.
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Opere
Una bibliografia (con 519 titoli) delle opere di Franco Venturi, a cura di Paola Bianchi e Leonardo Casalino, si trova in Il coraggio della ragione. Franco Venturi intellettuale e storico cosmopolita, a cura di L. Guerci, G. Ricuperati, Torino 1998, pp. 441-78. Si indicano di seguito solamente le opere piu' significative:
Jeunesse de Diderot (de 1713 a' 1753), Paris 1939 (trad. it. Palermo 1988).
Francesco Dalmazzo Vasco (1732-1794), Paris 1940.
Le origini dell'Enciclopedia, Roma-Firenze-Milano 1946 (seconda ed. riveduta, Torino 1963).
L'antichita' svelata e l'idea di progresso in N.A. Boulanger (1722-1759), Bari 1947.
Jean Jaures e altri storici della Rivoluzione francese, Torino 1948.
Il populismo russo, Torino 1952 (nuova ed. con l'aggiunta di una Introduzione, Torino 1972).
La circolazione delle idee, "Rassegna storica del Risorgimento", aprile-settembre 1954, 2-3, pp. 203-22.
Saggi sull'Europa illuminista, I, Alberto Radicati di Passerano, Torino 1954 (nuova ed. con il titolo Alberto Radicati di Passerano, a cura di S. Berti, Torino 2005).
Il moto decabrista e i fratelli Poggio, Torino 1956.
Illuministi italiani, III vol., Riformatori lombardi, piemontesi e toscani, a cura di F. Venturi, Milano-Napoli 1958; V vol., Riformatori napoletani, a cura di F. Venturi, Milano-Napoli 1962; VII vol., Riformatori delle antiche repubbliche, dei ducati, dello Stato pontificio e delle isole, a cura di G. Giarrizzo, G. Torcellan, F. Venturi, Milano-Napoli 1965.
Esuli russi in Piemonte dopo il '48, Torino 1959.
C. Beccaria, Dei delitti e delle pene. Con una raccolta di lettere e documenti relativi alla nascita dell'opera e alla sua fortuna nell'Europa del Settecento, a cura di F. Venturi, Torino 1965.
Historiens du XXe siecle. Jaures, Salvemini, Namier, Maturi, Tarle et Discussion entre historiens italiens et sovietiques, Geneve 1966.
Settecento riformatore, I vol., Da Muratori a Beccaria, Torino 1969; II vol., La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti (1758-1774), Torino 1976; III vol., La prima crisi dell'Antico Regime (1768-1776), Torino 1979; IV vol., La caduta dell’Antico Regime (1776-1789), t. 1, I grandi Stati dell'Occidente, t. 2, Il patriottismo repubblicano e i grandi imperi dell'Est, Torino 1984 (trad. inglese, Princeton 1989-1991); V vol., L'Italia dei lumi (1764-1790), t. 1, La rivoluzione di Corsica. Le grandi carestie degli anni Sessanta. La Lombardia delle riforme, t. 2 La Repubblica di Venezia (1761-1797), Torino 1987-1990.
Utopia e riforma nell'illuminismo, Torino 1970 (trad. ingl., Cambridge 1971).
L'Italia fuori d'Italia, in Storia d'Italia, III vol., Dal primo Settecento all'Unita', Torino 1973, pp. 987-1481.
Raccolte dei suoi scritti pubblicate dopo la sua scomparsa:
La lotta per la liberta'. Scritti politici, a cura di L. Casalino, Torino 1996.
Saggi preparatori per Settecento riformatore, con una nota introduttiva di E. Gabba e A. Venturi, "Atti della Accademia nazionale dei Lincei. Memorie", s. IX, 2002, 14, 2, pp. 41-183.
Pagine repubblicane, a cura di M. Albertone, Torino 2004.
La vastissima corrispondenza di Franco Venturi e' stata parzialmente pubblicata in varie sedi. Le piu' ricche sono:
L. Valiani, F. Venturi, Lettere (1943-1979), a cura di E. Tortarolo, introduzione di G. Vaccarino, Scandicci 1999.
Il carteggio Venturi-Cantimori dal 1945 al 1955, in G. Imbruglia, Illuminismo e storicismo nella storiografia italiana. In appendice il carteggio Venturi-Cantimori dal 1945 al 1955, Napoli 2003, pp. 361-478.
F. Venturi, Lettere da Mosca [a cura di A. Viarengo], in Franco Venturi e la Russia, con documenti inediti, a cura di A. Venturi, Milano 2004, pp. 27-130.
B. Croce, F. Venturi, Carteggio, a cura di S. Berti, Napoli-Bologna 2008.
A. Galante Garrone, F. Venturi, "La logica dell'amicizia e della ricerca storica convergono". Corrispondenza, 1947-1985, in A. Galante Garrone, F. Venturi, Vivere eguali. Dialoghi inediti intorno a Filippo Buonarroti, a cura di M. Albertone, Reggio Emilia 2009, pp. 129-72.
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Bibliografia
Numerosissimi sono stati i saggi su Venturi. Molti sono raccolti negli Atti di tre significativi convegni di studio:
Il coraggio della ragione. Franco Venturi intellettuale e storico cosmopolita, a cura di L. Guerci, G. Ricuperati, Torino 1998.
Franco Venturi e la Russia, con documenti inediti, a cura di A. Venturi, Milano 2004.
Il repubblicanesimo moderno. L'idea di repubblica nella riflessione storica di Franco Venturi, a cura di M. Albertone, Napoli 2006.
A Franco Venturi. Politica e storia, e' stato dedicato il fasc. 2-3, maggio-dicembre 1996, della "Rivista storica italiana".
L'attivita' politica di Venturi e' illustrata in L. Casalino, Influire in un mondo ostile. Biografia politica di Franco Venturi (1931-1956), Aosta 2006.

7. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Massimo Mila, Scritti civili, Einaudi, Torino 1995, pp. XXXVI + 388.
- Claudio Pavone, Alle origini della Repubblica, Bollati Boringhieri, Torino 1995, pp. XXII + 298.
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Riedizioni
- Emanuele Severino (a cura di), Il pensiero contemporaneo. Scienza, fenomenologia, esistenzialismo, Mondadori, Milano 2020, pp. 316, euro 9,90.
- Gianfranco Ravasi, Il libro della Sapienza, Mondadori, Milano 2020, pp. 144, euro 5,90.
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Maestre
- Donatella Di Cesare, Se Auschwitz e' nulla. Contro il negazionismo, Il melangolo, Genova 2012, pp. 128.
- Donatella Di Cesare, Crimini contro l'ospitalita'. Vita e violenza nei centri per gli stranieri, Il melangolo, Genova 2014, pp. 112.
- Donatella Di Cesare, Terrore e modernita', Einaudi, Torino 2017, pp. VI + 208.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3720 del 25 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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