[Nonviolenza] Telegrammi. 3668



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3668 del 4 marzo 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. "Linguaggio, grammatica, letteratura: risorse e tecniche della resistenza alla violenza e alla barbarie". Un incontro di riflessione a Viterbo
2. Siano finalmente processati i ministri del governo razzista per i crimini contro l'umanita' commessi nel 2018-2019
3. Abrogare gli scellerati ed incostituzionali "decreti sicurezza della razza"
4. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
5. Verso l'otto marzo
6. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"
7. Sostenere la Casa internazionale delle donne di Roma
8. Opporsi a tutte le guerre, opporsi a tutte le stragi, salvare tutte le vite
9. Roberto Galaverni ricorda Ernesto Cardenal
10. Enrico Santi ricorda Ernesto Cardenal
11. Marco Dotti intervista Ernesto Cardenal (2004)
12. Benito D'Ippolito: Una telefonata a Ernesto Cardenal
13. Segnalazioni librarie
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'

1. INCONTRI. "LINGUAGGIO, GRAMMATICA, LETTERATURA: RISORSE E TECNICHE DELLA RESISTENZA ALLA VIOLENZA E ALLA BARBARIE". UN INCONTRO DI RIFLESSIONE A VITERBO

La sera di martedi' 3 marzo 2020 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" si e' tenuto un incontro di riflessione sul tema: "Linguaggio, grammatica, letteratura: risorse e tecniche della resistenza alla violenza e alla barbarie. Una riflessione nonviolenta".
All'incontro ha preso parte Paolo Arena.
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Una breve notizia su Paolo Arena
Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica, di storia linguistica dell'Italia contemporanea. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta. Cura il sito www.letterestrane.it

2. REPETITA IUVANT. SIANO FINALMENTE PROCESSATI I MINISTRI DEL GOVERNO RAZZISTA PER I CRIMINI CONTRO L'UMANITA' COMMESSI NEL 2018-2019

Che siano finalmente processati i ministri del governo razzista per i crimini contro l'umanita' commessi nel 2018-2019.
Che siano finalmente processati i ministri del governo razzista per le flagranti violazioni del diritto internazionale e della legalita' costituzionale commesse nel 2018-2019.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
La strage degli innocenti nel Mediterraneo e' un crimine contro l'umanita'.
La schiavitu', le persecuzioni e l'apartheid in Italia sono un crimine contro l'umanita'.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.

3. REPETITA IUVANT. ABROGARE GLI SCELLERATI ED INCOSTITUZIONALI "DECRETI SICUREZZA DELLA RAZZA"

Nonostante che il governo razzista sia caduto ormai dalla scorsa estate, restano assurdamente, scandalosamente, obbrobriosamente ancora in vigore alcune delle sue scellerate ed incostituzionali misure razziste che violano fondamentali diritti umani, il diritto internazionale e la stessa Costituzione della Repubblica italiana.
Come ad esempio le misure razziste contenute negli infami "decreti sicurezza della razza".
Cosi' come e' giusto, necessario e urgente che finalmente tutti i ministri di allora siano tratti in tribunale a rispondere dei reati razzisti commessi, ugualmente e' giusto, necessario e urgente che quelle misure razziste ed incostituzionali siano abrogate.
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E' evidente che essendo restato al governo uno dei due partiti che diedero vita al criminale governo razzista nel 2018-2019, e che anzi lo stesso presidente del consiglio dei ministri attuale e' ancora quello che presiedette quel gabinetto razzista, ancora non e' stata pienamente ripristinata la democrazia e la legalita' costituzionale.
Ma e' altrettanto evidente che la democrazia e la legalita' costituzionale devono essere infine ripristinate; che deve cessare la violenza razzista; che quelle misure disumane devono essere abolite, e quei disumani ministri ed i complici loro devono essere allontanati dalle istituzioni democratiche.
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Contrastare il razzismo e il fascismo, ripristinare la vigenza dei diritti umani e della legalita' democratica, non sono compiti da subordinare a calcoli tattici e a giochi di palazzo, sono invece obbligo morale e civile, dovere fondativo dell'ordinamento democratico e della civile convivenza, sono indispensabile inveramento della Costituzione, sono la politica prima che si oppone alla folle barbarie, che si oppone alle stragi degli innocenti.
Cosicche' non si perda piu' tempo: siano immediatamente abrogati gli scellerati ed incostituzionali "decreti sicurezza della razza".
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Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Sia soccorsa, accolta e assistita ogni persona bisognosa di aiuto.
Siano rispettati tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.

4. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

5. INIZIATIVE. VERSO L'OTTO MARZO

Per l'otto marzo, Giornata internazionale di lotta delle donne per la liberazione dell'umanita' dalla violenza maschilista, ovunque possibile si promuovano iniziative di riflessione e di azione.

6. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"
[L'associazione e centro antiviolenza "Erinna" e' un luogo di comunicazione, solidarieta' e iniziativa tra donne per far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza fisica e psichica e lo stupro, reati specifici contro la persona perche' ledono l'inviolabilita' del corpo femminile (art. 1 dello Statuto). Fa progettazione e realizzazione di percorsi formativi ed informativi delle operatrici e di quanti/e, per ruolo professionale e/o istituzionale, vengono a contatto con il fenomeno della violenza. E' un luogo di elaborazione culturale sul genere femminile, di organizzazione di seminari, gruppi di studio, eventi e di interventi nelle scuole. Offre una struttura di riferimento alle donne in stato di disagio per cause di violenze e/o maltrattamenti in famiglia. Erinna e' un'associazione di donne contro la violenza alle donne. Ha come scopo principale la lotta alla violenza di genere per costruire cultura e spazi di liberta' per le donne. Il centro mette a disposizione: segreteria attiva 24 ore su 24; colloqui; consulenza legale e possibilita' di assistenza legale in gratuito patrocinio; attivita' culturali, formazione e percorsi di autodeterminazione. La violenza contro le donne e' ancora oggi un problema sociale di proporzioni mondiali e le donne che si impegnano perche' in Italia e in ogni Paese la violenza venga sconfitta lo fanno nella convinzione che le donne rappresentano una grande risorsa sociale allorquando vengono rispettati i loro diritti e la loro dignita': solo i Paesi che combattono la violenza contro le donne figurano di diritto tra le societa' piu' avanzate. L'intento e' di fare di ogni donna una persona valorizzata, autorevole, economicamente indipendente, ricca di dignita' e saggezza. Una donna che conosca il valore della differenza di genere e operi in solidarieta' con altre donne. La solidarieta' fra donne e' fondamentale per contrastare la violenza]

Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.
O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.
Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, facebook: associazioneerinna1998
Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

7. APPELLI. SOSTENERE LA CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE DI ROMA

L'esperienza della "Casa internazionale delle donne" di Roma e' da decenni di importanza fondamentale per tutte le donne e gli uomini di volonta' buona.
In questo momento la "Casa internazionale delle donne" ha urgente bisogno di un particolare sostegno.
Per informazioni e contatti: siti: www.lacasasiamotutte.it, www.casainternazionaledelledonne.org, e-mail: info at casainternazionaledelledonne.org

8. REPETITA IUVANT. OPPORSI A TUTTE LE GUERRE, OPPORSI A TUTTE LE STRAGI, SALVARE TUTTE LE VITE

Opporsi a tutte le guerre, opporsi a tutte le stragi, salvare tutte le vite.
E' tutto qui.

9. LUTTI. ROBERTO GALAVERNI RICORDA ERNESTO CARDENAL
[Dal sito www.corriere.it col titolo "Morto a 95 anni Ernesto Cardenal, poeta della rivoluzione in Nicaragua"]

E' molto difficile sottrarre la poesia di padre Ernesto Cardenal al drammatico contesto storico-politico in cui e' cresciuta e ha raggiunto la maturita'. Eppure e' proprio questo che il poeta nicaraguense - scomparso il primo marzo a Managua 95 anni - augurava ai propri versi: una vita al di la' dell'ingiustizia e del dolore, una durata che superasse il buio dei tempi e delle cose, una voce non coincidente con il male di cui pure a tutti gli effetti intendeva farsi carico.
E cosi' siamo gia' nel cuore del suo sistema poetico. Il grosso della sua opera, o comunque il suo nucleo piu' incandescente e' infatti estremamente reattivo nei confronti della particolare situazione del Nicaragua tra anni Cinquanta e Ottanta: la dittatura della famiglia Somoza, la rivoluzione sandinista in cui ebbe una parte molto attiva (fu anche ministro della Cultura per parecchi anni), la presa del potere nel 1979 da parte del Fronte sandinista di liberazione nazionale, ma poi anche gli eventi che ne seguirono, il governo di Daniel Ortega e tant'altro. Eppure si ha sempre l'impressione che al fondo di questo interesse immediato, frontale e in ogni caso decisivo per lo stato presente delle cose (spesso e volentieri al negativo), scorrano una complicita' con la vita, un sentimento di partecipazione alla natura e della concordia tra gli uomini che dell'impegno poetico rappresentano non tanto l'altro versante ma la giustificazione.
Un epigramma tra i piu' noti di Cardenal, scritto quando ancora i suoi versi erano confinati in un'esistenza clandestina, mostra come il poeta avesse avuto per tempo le idee ben chiare su questo punto fondamentale: "Le nostre poesie non si possono ancora pubblicare. / Circolano di mano in mano, manoscritte, / o copiate a ciclostile. Ma un giorno / si dimentichera' il nome del dittatore / contro il quale furono scritte, / e continueranno ad essere lette" (la traduzione, qui e piu' avanti, e' di Antonio Melis). Non si tratta affatto, dunque, di un elemento irrisolto o di una contraddizione, bensi' del campo di tensioni di cui le sue poesie si nutrono e di cui a sua volta il lettore dovrebbe in qualche modo farsi carico. Questa poesia e' scritta per tempi d'emergenza straordinaria, sia storico-politica sia sociale ("Davvero, vivo in tempi bui!", come gia' aveva scritto Bertolt Brecht in A coloro che verranno), ma in nome di qualcosa - chiamiamolo pure una benevolenza, un amore per l'uomo e le creature - che al presente appare vilipeso e conculcato. In ogni caso, la promessa della sua poesia non intende fermarsi al tempo per cui pure e' stata scritta.
Questo cristiano fornito di un'incrollabile fede antropologica, questo scrittore nato per essere un poeta della lode e cantare il proprio amore per Dio, per gli uomini e per la stessa creazione, e' stato anzitutto anche se non esclusivamente un poeta storicamente impegnato. Ha esercitato infatti la poesia come uno "strumento di liberazione" e di riscatto sociale, puntando tutto su una specie di pronto intervento poetico. La parola di Cardenal vuol essere infatti diretta, immediata, funzionale, e proprio per questo non convenzionale, antiletteraria. Un linguaggio semplice, comune, chiaro ed efficace, insomma, tutto inteso a condurre la poesia al di fuori dalla stanza separata della letteratura. Assieme a quello di alcuni compagni di strada il suo orientamento poetico fu chiamato non a caso, anche se con una definizione non troppo felice, exteriorismo. In realta', si trattava di una poesia che intendeva essere il piu' possibile concreta e diretta.
"L'uomo e' stato creato per l'amore; soltanto per amare il suo creatore. E tutto il tempo che non impiega in questo amore, e' tempo perduto", ha detto in un'occasione con un linguaggio molto vicino a quello dei mistici. Eppure il suo primo libro di riferimento e' costituito da acuminatissimi epigrammi contro la dittatura (appunto Epigrammi, del 1961), la privazione della liberta', gli abusi del potere, la violenza, le disparita' sociali; ed e' dunque un libro contro, un libro d'opposizione. Ma e' vero che anche in questo caso bisognera' riconoscere soprattutto il rapporto di nutrimento reciproco tra le due facce della medaglia. Non si e' certo trattato di un'acquisizione pacifica e senza conseguenze, ma in ogni caso in Cardenal fede religiosa e lotta politica, ispirazione creaturale e impegno, proprio come cattolicesimo e marxismo vanno di pari passo. Il poeta stesso non si e' stancato di ripeterlo, del resto.
"Le dittature entrano anche nella lingua", ha detto in un'altra occasione. Ed e' vero che, da poeta qual era, Cardenal non poteva non trovare nella poesia una specie di punto d'osservazione intensificato delle ricadute linguistiche dei comportamenti umani. E infatti: "Fortunato l'uomo che non legge gli annunci pubblicitari / e non ascolta le loro radio / e non crede nei loro slogan. // Sara' come un albero piantato accanto a una fonte". Cosi', dal punto di vista della poesia si puo' dire che la sua battaglia sia stata duplice: contro gli slogan e i luoghi comuni imposti dalle semplificazioni dell'autoritarismo, ma anche, piu' sottilmente, contro l'enfasi, la retorica, la vena celebrativa, l'epica a buon mercato. Il "monaco rivoluzionario", come lo ha definito David Maria Turoldo, che tradusse per intero uno dei suoi libri piu' apprezzati (Quetzalcoatl. Il serpente piumato), amava Walt Whitman e Ezra Pound, i cantori dell'uomo in sintonia col creato, anche se, per un lungo tratto della sua vicenda di poesia, lui stesso quel cantore ha potuto esserlo solo in modo rovesciato.

10. LUTTI. ENRICO SANTI RICORDA ERNESTO CARDENAL
[Dal sito www.larena.it col titolo "Addio a Ernesto Cardenal, monaco poeta"]

"Punto' il suo telescopio nell'immensita' della notte oscura e comincio' a cercare il Dio dell'universo. Affascinato dal mistero della vita umana immersa in questa immensita' imperscrutabile, scrisse il monumentale 'Cantico cosmico'. Adesso e' sicuramente bene accolto nella Via Lattea. Ci mancheranno il suo basco nero, la sua figura, la sua voce mentre ci legge una poesia, la sua santa indignazione contro la tirannia". Con queste parole, la scrittrice Gioconda Belli ha salutato l'amico poeta Ernesto Cardenal, tra i principali esponenti della cultura latinoamericana, morto domenica a 95 anni, in un ospedale di Managua, in Nicaragua.
Candidato piu' volte al Premio Nobel per la Letteratura, ha vinto il Premio Regina Sofia per la Poesia, il piu' importante in America Latina, e il Premio Internazionale Mario Benedetti, assegnato dall'Uruguay.
Cardenal era un mistico, ma le sue radici erano ben piantate per terra, come testimoniano le sue moltissime opere, dai "Salmi degli oppressi" al poema "Quetzalcoatl".
Nato nel 1929 a Granada, in una famiglia dell'aristocrazia nicaraguense, a cambiargli la vita fu l'incontro negli Stati Uniti con il monaco-scrittore Thomas Merton. Ordinato sacerdote nel 1965, in Nicaragua fondo' una comunita' nell'isola di Solentiname, diventata famosa in tutto il mondo, dove l'espressione artistica "primitivista" divenne un mezzo di riscatto dei piu' poveri. Fu li' che scrisse, con le parole dei pescatori, che vedevano in Gesu' il liberatore e nel Vangelo un messaggio di emancipazione sociale, il "Vangelo di Solentiname".
Grande protagonista della teologia della liberazione, insieme alla sua comunita' partecipo' alla lotta, con i guerriglieri del Fronte Sandinista, contro il dittatore Somoza. Dopo il trionfo della rivoluzione, il 19 luglio 1979, fu nominato ministro della Cultura nel governo nicaraguense. Insieme al fratello gesuita Fernando, anch'egli ministro, fu tra i promotori della Crociata di alfabetizzazione, presa ad esempio mondiale dall'Unesco. Grazie a quella campagna, in un Paese dove il tasso di analfabetismo era del 50 per cento, mezzo milione di persone impararono a leggere e scrivere.
Sospeso a divinis da papa Wojtyla, per il suo impegno nel governo il cui slogan era "Tra cristianesimo e rivoluzione non c'e' contraddizione", nel 2014 il monaco-poeta e' stato riabilitato da Francesco. "Mi sento identificato con questo Papa. E' meglio di come avremmo potuto sognare" ha detto in un'intervista.
Dal partito sandinista, ormai diventato strumento di potere personale di Daniel Ortega, di cui era diventato lucido oppositore, aveva preso le distanze gia' da molti anni. Lo scrittore Sergio Ramirez, gia' vicepresidente del governo rivoluzionario, lo definisce come uno dei grandi innovatori della lingua spagnola, creatore una nuova forma lirica, quella della narrazione nella poesia, che trasformo' Cardenal in un cronista del suo tempo.
Alla notizia della sua morte il vescovo ausiliare di Managua Silvio Jose' Baez l'ha salutato citando il Salmo 15 riscritto dal poeta: "Non c'e' gioia fuori di te. Io non sono un fan delle stelle del cinema, ne' dei leader politici, e non adoro i dittatori". "Adesso", ha scritto su Twitter, "lo puo' cantare davanti a Dio".

11. MEMORIA. MARCO DOTTI INTERVISTA ERNESTO CARDENAL (2004)
[Dal sito www.vita.it col titolo "Intervista. 'Il potere corrompe ogni cosa'. Ernesto Cardenal da Cristo alla Rivoluzione"]

"Bienvenido a Nicaragua Libre gracias a Dios y a la Revolucion" si leggeva su un murale di Managua. Il benvenuto era per Giovanni Paolo II che non gradi'. Ancor di meno gradì l'impegno con i sandinisti rivoluzionari di Ernesto Cardenal, monaco, poeta e teologo scomparso oggi. Riproponiamo una nostra intervista con lui.
"Le mie poesie non si potevano pubblicare - ci racconta Ernesto Cardenal - copiate, tuttavia, circolavano passando di mano in mano". "Ma un giorno - conclude il poeta nicaraguense - quando dalla memoria verra' finalmente cancellato il nome del dittatore contro cui furono scritte, continueranno ad essere lette". Con queste parole, che riecheggiano quelle di Epigramas - la raccolta pubblicata nel 1961, dopo le prove giovanili dei poemi storici dedicati alla devastazione della citta' natale di Granada da parte dei mercenari delle compagnie commerciali (Proclama del Conquistador del 1943, e Con Walker en Nicaragua del 1950) - Cardenal apriva definitivamente la propria poetica a una ricerca di chiara intonazione sociale e politica, in cui inevitabilmente forte era l'eco delle speranze, delle attese e delle disillusioni legate alla "conspiracion de abril", l'attentato tragicamente fallito contro il dittatore Somoza, a cui, nel 1954, non ancora trentenne aveva preso parte.
"Eravamo in molti - ricorda Cardenal - e il mio compito era quello di pedinare Somoza per capire se realmente si trovava nel suo palazzo". "Pero', uno di noi fu arrestato a nostra insaputa - leggiamo ne La santidad de la revolucion, libro in cui, a venti anni dai fatti, riprende il filo di un ricordo che non ha ancora smesso di sanguinare - e sotto tortura rivelo' il piano". Se Cardenal riusci' a fuggire dalla ritorsione somozista, molti tra i suoi compagni vennero catturati e seviziati fino alla morte, aprendo una ferita profonda nell'immaginario poetico e nel percorso politico dell'autore, culminato, negli anni successivi alla caduta della dittatura della famiglia Somoza, nella carica di Ministro della cultura, da lui ricoperta ininterrottamente dal 1979 al 1986. A capo del commando che voleva cambiare le sorti del Nicaragua figurava Adolfo Baez Bone, giustiziato dalla milizia governativa e sepolto in un luogo imprecisato, a cui Cardenal dedichera' alcune delle sue composizioni espressivamente piu' forti e stilisticamente compiute. Siglate "Anonimo nicaraguense", alcune di queste liriche, che sempre piu' assumevano la forma di epigrammi, iniziarono a circolare. Molte apparvero, infine, su riviste e periodici del centroamerica, e lo stesso Neruda riusci' a farne pubblicare alcune sulla "Gaceta de Chile".
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"Le dittature entrano anche nella lingua. I primi poemi contro Somoza tocco' a me scriverli, e furono epigrammi. La buona poesia si fa con cose concrete, che si gustano e si vedono. Bisogna partire da se', e poi tendere verso l'altro. Questo lavoro, per me, e' la rivoluzione"
(Ernesto Cardenal, 2004)
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Cardenal aveva imparato a servirsi della forma breve, incisiva e sentenziosa, dell'epigramma grazie al confronto con Marziale, di cui appronto' versioni in verita' molto libere. "C'e' tutta una tradizione letteraria nazionale contro la dittatura - spiegava Cardenal - ma i primi poemi contro Somoza tocco' a me scriverli, e furono degli epigrammi". Dicono molto, queste parole, di una costante predilezione per le forme semplici, e, al tempo stesso, di una precisione ricercata, mai priva di rigore, e di un lavoro sul verso che, negli anni della sua formazione, avvenuta tra l'Universita' di Citta' del Messico e la Columbia di New York, Cardenal ha imparato a scrostare dalla patina epico-retorica cara a certa poesia del tempo. Proprio da New York ebbe inizio la sua complicita' decennale - fatta di grandi confronti, e di scontri impliciti, mai dichiarati e forse anche inconsapevoli - con la grande poesia nordamericana e inglese, Walt Whitman, T. S. Eliot, William Carlos Williams, ed Ezra Pound in particolare.
Partendo da queste premesse, e da queste ascendenze per alcuni insospettate, per altri, forse, pretestuose, si puo' sperare di capire perche', riferendosi al lavoro sul linguaggio del primo Cardenal, Roberto Fernandez Retamar parlasse di "antipoesia". Una sovversiva esperienza di scrittura, capace, nei suoi giorni migliori, di spezzare la linea troppo netta che divide prosa e linguaggio poetico, esperienza di vita e arte come prassi "concretamente" vissuta. L'influenza che Pound ebbe su Cardenal - notava Mario Benedetti - consisteva, d'altronde, proprio in questa idea (che puo' apparire un po' scontata, se non ingenua) che "la poesia avvolge tutto": che non esistono temi o elementi di appannaggio esclusivo della prosa, piuttosto che della poesia". La poesia, ripete spesso Cardenal, "cabe todo".
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- Marco Dotti: Fin dalle sue prime esperienze poetiche, lei ha dichiarato di nutrire una costante attenzione "per le cose". Come se la scrittura dovesse modellarsi, o trasformarsi, al contatto con esse, riscoprendo, al contempo, grazie all'uso frequentissimo nella sua poesia di espressioni colloquiali e di termini prosaici, una specie di "luogo comune del linguaggio", una sorta di denominatore, minimo delle sensibilita' individuali. In questa ottica, lei e' stato fra i promotori di una corrente letteraria definita "exteriorismo". Ce ne vuole descrivere i punti principali?
- Ernesto Cardenal: L'"exteriorismo" e' la cifra, la chiave di volta di tutta la mia poesia. In verita', il termine e' infelice, poiche' non si tratta, ne' si tratto' mai, di una "scuola", nel senso in cui la intendono i fondatori di dogmi e legami. Fu Jose' Coronel Urtecho, con cui ho condiviso parte del mio cammino, a dare questo nome al nostro movimento nei primi anni '50. Non volevamo introdurre un altro "ismo", accanto ai molti che gia' c'erano, e a quelli, sempre piu' numerosi, che continuano e continueranno ad esserci. La questione era un'altra, volevamo rompere con il grado troppo intimista, retoricamente piegato su se stesso, della poesia ispanoamericana di quegli anni. Avremmo potuto e dovuto chiamarla, piuttosto, "poesia concreta", perche' di questo, in fondo, si trattava. Concreta, in opposizione a tutto quanto e' astratto, lontano dalla realta', dalle persone. Parole piene di idee, certamente, ma le idee le cercavamo e le trovavamo solo nelle cose. Poesia come atto rivoluzionario, come scelta di vita e resistenza, e come vocazione al cambiamento sociale. Poesia concreta, dunque, non surrealismo.
- Marco Dotti: A proposito di surrealismo, nel 1948 - dunque pochi anni prima che decideste di sfidare una certa tradizione poetica - Julio Cortazar forniva una delle migliori chiavi di lettura per intendere il surrealismo: "e' cosmovisione" - scriveva. E alludeva a una "visione" che non sembra possibile contrapporre a una concretezza di altro ordine o grado. Come descriverebbe quel che distanzia la sua visione del surrealismo da quella di Cortazar?
- Ernesto Cardenal: Messa in questi termini, non posso che accettare la definizione di Cortazar. Ma io intendevo qualcosa che suona astrattamente, che non pulsa, rispetto alla nostra idea di concretezza e di senso della realta'. La nostra era una specie di apertura, apertura alla grande poesia. Concreta e' la poesia cinese classica, l'ideogramma, quella giapponese, quella greca, tutta la poesia che chiamiamo "primitiva". Walt Whitman e Omero, Dante e Shakespeare sono "poesia concreta". Anche quella di Pound e' una poesia concreta e diretta.
- Marco Dotti: Nel 1980, su "Barricada", una rivista stampata a Managua, lei ha pubblicato un testo dal titolo "Unas reglas para escribir poesia": e' una sorta di breviario della composizione poetica, in dieci punti, molto precisi, in cui riprende temi e idee che gia' aveva elaborato e espresso negli anni '50. Ce li riassume?
- Ernesto Cardenal: Si', composi quel testo per dare un segno contro le "scuole" che in Nicaragua pretendevano di insegnare poesia semplicemente negandola nei fatti. In Nicaragua c'e' stata una guerra, ma un'altra guerra ancora piu' aspra si e' combattuta contro e dentro la Rivoluzione. Rosario Murillo, la moglie di Daniel Ortega - leader del fronte sandinista - ha condotto una battaglia personale contro la poesia e contro l'esteriorismo e, dunque, contro di me. Voleva imporre "ricette" artificiali e astratte per la poesia. Lei e altre persone servili hanno abusato del loro potere per togliere liberta' alla gente e imporre stretti dettami nelle scuole, dettami che di fatto erano la negazione di ogni poesia. Ma non si puo' privare della liberta' un poeta. Per questo, in quel decalogo, io non fornisco che poche regole, semplici e chiare, indicando una via, per quanto possibile, all'ispirazione di ognuno. Do solo alcune raccomandazioni. I versi devono essere liberi, secondo la propria sensibilita', ma non devono essere in rima; la rima va bene per le canzoni ed e' appropriata per le consegne militari: un esempio che portavo sempre a mo' di provocazione e' "Vencimos en la insurreccion - Venceremos en la alfabetizacion". In ogni caso, la buona poesia si fa con cose tangibili, che si gustano, che si vedono, e che si sentono. Ma, soprattutto, si tratta di ridurre e abbreviare, per quanto possibile. Bisognerebbe scrivere come se si trattasse di comporre un telegramma o disegnare un'insegna stradale. Certo, un poema puo essere molto lungo, ma ogni riga deve essere scritta con un linguaggio asciutto, cesellato, condensato.
- Marco Dotti: Torniamo a un episodio che fece il giro del mondo e lascio' ferite profonde, non solo in Nicaragua...
- Ernesto Cardenal: Dopo i saluti di protocollo, compresi quelli della guardia d'onore e della bandiera, il papa chiese al presidente Daniel Ortega, se poteva salutare anche i ministri. Naturalmente gli fu detto di si'; cosi' il papa si diresse verso di noi. Affiancato da Daniel e dal cardinal Casaroli comincio' a dare la mano ai ministri e, quando si avvicino' a me, io feci quello che, anche su consiglio del Nunzio, avevo previsto di fare se si fosse verificato questo caso: togliermi il basco e inginocchiarmi per baciargli l'anello. Ma egli non permise che glielo baciassi e, brandendo il dito come fosse un bastone, mi disse in tono di rimprovero: "Lei deve regolarizzare la sua situazione". Siccome io non risposi, torno' a ripetere la brusca ammonizione. E questo mentre eravamo inquadrati da tutte le telecamere del mondo. Ho l'impressione che tutto questo fu ben premeditato dal papa. E che le televisioni fossero avvisate. In realta', era ingiusta la reprimenda del papa perche' io avevo regolarizzato la mia situazione con la Chiesa. Noi sacerdoti che avevamo incarichi nel governo eravamo stati autorizzati dai vescovi, che avevano reso pubblica la loro autorizzazione (fino a quando il Vaticano ci proibi' di mantenere tali incarichi). E la verita' e' che cio' che piu' disgustava il papa della Rivoluzione del Nicaragua era che fosse una Rivoluzione che non perseguitava la Chiesa. Avrebbe voluto un regime come quello della Polonia, che era anticattolico in un Paese a maggioranza cattolica, e pertanto impopolare. Quello che neanche lontanamente avrebbe voluto era una Rivoluzione appoggiata massicciamente dai cristiani come era la nostra, in un Paese cristiano, e dunque una Rivoluzione molto popolare. E peggio ancora, la nostra era una Rivoluzione con dei sacerdoti.
- Marco Dotti: Lei crede che Giovanni Paolo II sia venuto in in Nicaragua per destabilizzare la Rivoluzione?
- Ernesto Cardenal: Si', ma le cose non andarono per il verso giusto. Il popolo era con noi e difese la Rivoluzione e, di conseguenza, la sua missione falli'. Scatto' allora il "piano-B": far vedere a tutti l'affronto che il Nicaragua faceva al Papa, per il tramite dei suoi ministri sacerdoti.
*
"Dietro al monastero, vicino alla strada,
esiste un cimitero di cose consumate,
dove giacciono il ferro arrugginito, pezzi
di stoviglie, tubi spezzati, fili di ferro attorcigliati,
scatole di sigarette vuote, segatura
e zinco, plastica vecchia, copertoni rotti,
che aspettano come noi la resurrezione"

(Ernesto Cardenal, "Dietro al monastero, vicino alla strada", traduzione di Antonio Melis)
*
- Marco Dotti: Nel 1969, dopo la sua ordinazione sacerdotale, lei ha dedicato un poema, Homenaje a los indios, alla visione, alla sensibilita', all'eredita' etica dei popoli precolombiani. Temi sui quali e' tornato nei suoi saggi, e, nel 1986, nel poema dedicati al mito tolteco di Quetzalcoatl, il "dio dei vinti", affrontando anche la questione politica dell'esodo. Trova che la sua lingua, a contatto con quanto si prefiggeva di rievocare, si sia modificata, o - per usare un aggettivo a lei caro - "purificata"?
- Ernesto Cardenal: Non sono un filologo e non ho lavorato sulla lingua come un ricercatore, ma mi affascinava il fatto che la poesia e il verso fossero la forma principale, la piu' naturale, di comunicazione di questi popoli. Le propongo un verso che dice "Verita' religiosa, e verita' politica, erano per il popolo una sola verita'". Gli indios custodivano un segreto, e "Il segreto di Machu Picchu" e' anche il titolo di un mio poema. Machu Picchu era invisibile, a suo modo. Dove i conquistadores credevano non vi fossero che macerie si celava l'anima india, immortalata in geroglifici inintelleggibili, ed evocata, a livello pololare, in tante canzoni sulla "paloma", l'uccello sacro, simbolo della dignita', della lotta, del rigore dei "vinti". Gli spagnoli sentivano cantare, sentivano quelle canzoni, ma non capivano che si trattava di parole di resistenza. Machu Picchu, infatti, era un centro di resistenza, un citta' che fuse quella lotta alla tradizione india, e il suo segreto e' stato custodito per molti secoli. Un giorno ho scritto, e lo ripeto qui, che "l'uomo dell'antica America per me altri non e' che l'americano del futuro". Ma non ho mai pretesto di scoprire qualche segreto nella lingua antica, o nella cultura nahuatl. La mia poesia e' razionale, sempre.
*
"Quell'uomo sta facendo la rivoluzione del Nicaragua ... una rivoluzione a suon di salmi, nella luce dell'antico Esodo ... E sono stati questi suoi canti che hanno infiammato le coscienze, che hanno sollevato il popolo: quasi avessero i poveri udito di nuovo la Voce parlante dalle fiamme dell'antico Roveto che nel deserto continua ad ardere senza consumarsi"
(p. David Maria Turoldo su Ernesto Cardenal)
*
- Marco Dotti: Nella sua esperienza poetica quale importanza ha avuto l'incontro con Thomas Merton? Ricordo la passione di Merton per l'Oriente, lo zen, le forme altre di ragione...
- Ernesto Cardenal: Merton ha avuto una grande influenza spirituale e "mistica" su di me, ma senza ricadute sulla mia poesia. Dalle note e dagli appunti inediti che ha lasciato si capisce che Merton, invece, e' stato influenzato, poeticamente, dalla mia scrittura. Hora cero fece una grande presa su di lui. La mia poetica e' sempre rimasta la stessa, sono cambiati i temi, i problemi, non altro. E i miei referenti erano soprattutto nordamericani. La mia ricerca e' sempre stata "exteriorista": le mie scelte, le mie esperienze, tra cui quella nel governo del Nicaragua libero, non hanno influito sulla mia ricerca poetica.
*
"Fortunato l'uomo che non segue le direttive del Partito
e non partecipa alle sue manifestazioni
e non si siede allo stesso tavolo con i gangsters
o con i generali nel Consiglio di Guerra
Fortunato l'uomo che non spia il suo fratello
o denuncia il suo compagno di scuola
Fortunato l'uomo che non legge gli annunci pubblicitari
e non ascolta le loro radio
e non crede nei loro slogan

Sara' come un albero piantato accanto a una fonte"

(Ernesto Cardenal, Salmo I, traduzione di Antonio Melis)
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- Marco Dotti: Proprio in Hora cero, la raccolta composta tra il 1959 e il 1960, dopo il trauma dell'insurrezione fallita contro Somoza, lei accenna a un processo di colonizzazione sottile, un lavoro lento di corruzione delle forme e del linguaggio: la "Compagnia - scrive - corrompe anche la prosa". E ancora, in un verso che segue: "Corrompono la prosa e corrompono il Congresso".
- Ernesto Cardenal: Corrompono ogni cosa, e' cosi' che agisce il potere. In Hora cero c'e' un epigramma in cui parlo di questa esigenza di purificare, tramite la poesia, il linguaggio di tutto un popolo. Le dittature, difatti, entrano anche dentro il linguaggio. E' difficile sradicarle, crescono tutto intorno, anche a distanza di anni fanno sentire il loro tarlo. In Nicaragua, ad esempio, dopo la rivoluzione che ci ha lasciato in eredita' liberta' e democrazia, la corruzione ha ricominciato a presentarsi come modo comune, quasi naturale, di gestire le cose, i rapporti, le forze. Se escludiamo il Venezuela, e forse il Brasile di Lula, tutta l'America latina si trova in questa condizione. Una corruzione generalizzata, che non mi pare, del resto, risparmi neppure altre parti del pianeta. L'importante e' fare un costante lavoro di critica, ricominciando da se', e da una forma di resistenza individuale. Partire da se', e poi tendere verso l'altro. Questa lavoro, per me, e' la rivoluzione.
- Marco Dotti: Dunque, ancora tra Cristo e Marx. D'altronde lei ha scritto che non si capirebbe Marx senza San Giovanni della Croce...
- Ernesto Cardenal: E' una frase non mia, mi e' stata attribuita molti anni fa; l'ha detta, in realta', un comunista francese, ma io la condivido.
- Marco Dotti: E Giovanni della Croce, lo capiremmo senza ricorrere a Marx?
- Ernesto Cardenal: Non credo (ride).
[questa conversazione risale all'8 settembre 2004]
*
L'autore
Ernesto Cardenal e' nato a Granada il 20 gennaio 1925. Ancora bambino, ha cominciato a scrivere testi poetici. Dopo aver conseguito il diploma presso il Colegio Centroamerica de los Jesuitas della sua citta' natale, si e' iscritto alla facolta' di lettere dell'Universita' Nazionale Autonoma di Citta' del Messico dove si e' laureato nel 1947. Fra il 1948 e il 1949 ha completato il percorso di studi con un dottorato presso la Columbia University di New York. Dopo alcuni mesi trascorsi in Europa, tra l'Italia, la Spagna e la Francia, nel 1950 e' ritornato in Nicaragua, dove e' entrato a far parte del gruppo antisomozista Union Nacional de Accion Popular. Nel 1957 e' ritornato negli Stati Uniti, ed e' entrato nel convento trappista di Gethsemane, nel Kentucky. Qui ha studiato insieme al teologo Thomas Merton e, compiuto il noviziato, nel 1965 è stato ordinato sacerdote. Soltanto un anno dopo, su un isolotto dell'arcipelago di Solentiname, sul lago del Nicaragua, Cardenal ha fondato una comunita' che ben presto, grazie alla lettura radicale del Vangelo sarebbe diventata una sorta di movimento politico composto in gran parte di campesinos, e che e' stato sciolto solo con le armi nel 1978. L'anno seguente e' stato nominato ministro della cultura nel Governo di ricostruzione nazionale. Attualmente vive a Managua. Dalla sua vasta bibliografia poetica, ricordiamo: Hora cero (1960); Epigramas (1961); Salmos (1967); Cántico cosmico (1999). Da segnalare, inoltre, la curatela, da parte di Cardenal, di un'Antologia de poesia primitiva (Alianza, 1987). La storia della sua vita e' raccontata nei tre tomi dell'autobiografia Vida perdida (Barral, 1999). In italiano, alcune tra le sue opere sono edite dalla casa editrice Cittadella di Assisi, che, nel corso degli anni, ha pubblicato: Grido. Salmo agli oppressi (a cura di Giuseppina Pompei, 1971); Canto all'amore (a cura di Miranda Montorzi, 1974) Monaco e poeta. Dalla rivoluzione alla contemplazione politica (a cura di Miranda Montorzi e Giuseppina Pompei, 1974); A Cuba (trad. di Filippo Gentiloni, 1975); Voli di vittoria (a cura di Antonio Melis, 1984). Presso altri editori sono apparsi: La vita e' sovversiva (a cura di Antonio Melis, Accademia 1977), Quetzalcoatl, il serpente piumato (trad. di David Maria Turoldo, Mondadori, 1989).

12. LUTTI. BENITO D'IPPOLITO: UNA TELEFONATA A ERNESTO CARDENAL

I.
Ho sollevato la cornetta del telefono
e non ho fatto nessun numero
ho aspettato che il suono da intermittente si facesse continuo
so gia' che Cardenal e' morto
ne' ho mai avuto il suo numero di telefono
ne' quello di Marilyn Monroe o di Nelson Mandela
e non telefono mai a nessuno
uso il telefono soltanto per ascoltare quel suono
che da intermittente diventa continuo
e sembra dire l'irruzione della morte.

II.
Sono stato giovane quando essere giovane
significava volere la liberazione dell'umanita' intera
ogni persona oppressa che insorgeva
subito ci riconoscevamo fratelli e sorelle
nella sapienza di tutte le vittime condividendo il pane
e il dolore
che aveva un senso e il senso era
che ancora non era umana l'umanita'
ma lo diveniva lottando contro ogni oppressione
lo diveniva lottando per la giustizia la liberta' la misericordia
che ogni essere umano riconosce e raggiunge
sono vecchio e non ho dimenticato.

III.
Ernesto Cardenal fu allora per noi un simbolo di molte cose
il volto della rivoluzione sandinista
la poesia che s'inverava nelle strade
nel sentimento del toccarsi finalmente del cielo e della terra
del mito e della storia dell'utopia che passa dalla parola all'atto
nell'umano sentire e pensare e dire ed agire il bene comune
nello stare insieme affinche' piu' nessuno
fosse abbandonato al male e alla morte.

IV.
Dico sempre che antifascismo e nonviolenza
sono due nomi per dire la stessa cosa
e a chi mi chiede di spiegare cosa
dico che non c'e' nulla da spiegare
ognuno deve capirlo da se'
e per capirlo solo questo conta
porsi dalla parte delle vittime
recare memoria di tutte le vittime
lottare perche' non vi siano piu' vittime
e allora tutto e' chiaro
solo opponendosi a tutti i poteri oppressivi
solo mettendo in comune il bene e i beni
solo lottando per la salvezza di tutte le vite
solo riconoscendo e difendendo l'eguale diritto di ogni persona
alla vita alla dignita' alla solidarieta'
solo contrastando tutte le guerre e le uccisioni
solo cosi' avra' termine questa carneficina
che chiamano storia del mondo ed e' invece soltanto
la storia del nulla che tutto divora
la storia del male che abbiamo il dovere
di contrastare con azione incessante
di contrastare con azione concorde
di contrastare senza illusioni.

V.
Che gli esseri umani possano essere resi schiavi
affamati violati sfigurati uccisi
questo accade ogni giorno
che questo quotidiano scandalo non cessi di farti orrore
e questo orrore non ti paralizzi
ti indigni bensi' e ti faccia insorgere
ti porti ad unirti a tutte le oppresse
e tutti gli oppressi nella lotta
che all'orrore si oppone e rivendica
il diritto di ogni essere umano
alla liberta'
alla felicita'
alla responsabilita' per il mondo.

VI.
Ernesto Cardenal sapeva
che sempre ci parlano i morti
tutti i morti anche i piu' lontani
e che la loro voce fa crescere l'erba
e muove il respiro e le onde del mare
e sostiene le stelle del cielo
e quella voce chiama ogni essere umano
ad essere l'intera umanita'
a riconoscere l'intera umanita'
in ogni altro essere umano
a volere che il mondo vivente
viva e che viva ogni persona
una vita degna una vita bella
chi sa ascoltare questa voce
capisce che occorre farsene eco
capisce che occorre condividere il pane
capisce che occorre cantare e camminare insieme
e contrastare ogni violenza.

VII.
Muoiono tutti gli esseri umani
e morto e' anche Ernesto Cardenal
non muoiono i suoi doni e la sua lotta
non muore l'umanita' che tutte e tutti insieme siamo.

Congedo
E tu che leggi queste righe spente
sii tu a proseguire la sua lotta
di tutte le persone buone la lotta
di tutte le vittime innocenti l'appello
contro tutte le oppressioni
contro tutte le uccisioni
resisti tu al fascismo che torna
soccorri tu chi di aiuto ha bisogno
su questa strada tra Gerusalemme e Gerico
su questa strada tra Auschwitz ed Hiroshima
su questo crinale apocalittico
sii tu l'umanita' come dovrebbe essere
rispondi tu al telefono.

13. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Les Iversen, Farmaci e sostanze, le Scienze, Roma 2020, pp. 160, euro 7,90.
*
Riletture
- AA. VV., Incontri con Hans-Georg Gadamer, Bompiani, Milano 2000, pp. 140.
- Donatella Di Cesare, Gadamer, Il Mulino, Bologna 2007, pp. 326.
*
Riedizioni
- Maria G. Navarro, Gadamer, Rba, Milano 2017, pp. 156, euro 9,99.

14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

15. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3668 del 4 marzo 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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