[Nonviolenza] La nonviolenza contro il razzismo. 386



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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Numero 386 del 16 febbraio 2020

In questo numero:
1. Breve litania della nonviolenza
2. Siano finalmente processati i ministri del governo razzista per i crimini contro l'umanita' commessi nel 2018-2019
3. Abrogare gli scellerati ed incostituzionali "decreti sicurezza della razza"
4. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
5. Sergio Casali: Il pensiero e la critica letteraria femminista (parte terza)
6. Sergio Casali: Il pensiero e la critica letteraria femminista (parte quarta)
7. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"
8. Della nonviolenza dispiegata al sole ad asciugare

1. REPETITA IUVANT. BREVE LITANIA DELLA NONVIOLENZA

La nonviolenza non e' la luna nel pozzo.
La nonviolenza non e' la pappa nel piatto.
La nonviolenza non e' il galateo del pappagallo.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' la ciancia dei rassegnati.
La nonviolenza non e' il bignami degli ignoranti.
La nonviolenza non e' il giocattolo degli intellettuali.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' il cappotto di Gogol.
La nonviolenza non e' il cavallo a dondolo dei generali falliti.
La nonviolenza non e' la Danimarca senza il marcio.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' l'ascensore senza bottoni.
La nonviolenza non e' il colpo di carambola.
La nonviolenza non e' l'applauso alla fine dell'atto terzo.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' il museo dell'esotismo.
La nonviolenza non e' il salotto dei perdigiorno.
La nonviolenza non e' il barbiere di Siviglia.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' la spiritosaggine degli impotenti.
La nonviolenza non e' la sala dei professori.
La nonviolenza non e' il capello senza diavoli.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' il ricettario di Mamma Oca.
La nonviolenza non e' l'albero senza serpente.
La nonviolenza non e' il piagnisteo di chi si e' arreso.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' la quiete dopo la tempesta.
La nonviolenza non e' il bicchiere della staffa.
La nonviolenza non e' il vestito di gala.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' il sapone con gli gnocchi.
La nonviolenza non e' il film al rallentatore.
La nonviolenza non e' il semaforo sempre verde.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' il jolly pescato nel mazzo.
La nonviolenza non e' il buco senza la rete.
La nonviolenza non e' il fiume dove ti bagni due volte.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' l'abracadabra degli stenterelli.
La nonviolenza non e' il cilindro estratto dal coniglio.
La nonviolenza non e' il coro delle mummie del gabinetto.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' niente che si veda in televisione.
La nonviolenza non e' niente che si insegni dalle cattedre.
La nonviolenza non e' niente che si serva al bar.
La nonviolenza e' solo la lotta contro la violenza.

2. REPETITA IUVANT. SIANO FINALMENTE PROCESSATI I MINISTRI DEL GOVERNO RAZZISTA PER I CRIMINI CONTRO L'UMANITA' COMMESSI NEL 2018-2019

Che siano finalmente processati i ministri del governo razzista per i crimini contro l'umanita' commessi nel 2018-2019.
Che siano finalmente processati i ministri del governo razzista per le flagranti violazioni del diritto internazionale e della legalita' costituzionale commesse nel 2018-2019.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
La strage degli innocenti nel Mediterraneo e' un crimine contro l'umanita'.
La schiavitu', le persecuzioni e l'apartheid in Italia sono un crimine contro l'umanita'.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.

3. REPETITA IUVANT. ABROGARE GLI SCELLERATI ED INCOSTITUZIONALI "DECRETI SICUREZZA DELLA RAZZA"

Nonostante che il governo razzista sia caduto ormai dalla scorsa estate, restano assurdamente, scandalosamente, obbrobriosamente ancora in vigore alcune delle sue scellerate ed incostituzionali misure razziste che violano fondamentali diritti umani, il diritto internazionale e la stessa Costituzione della Repubblica italiana.
Come ad esempio le misure razziste contenute negli infami "decreti sicurezza della razza".
Cosi' come e' giusto, necessario e urgente che finalmente tutti i ministri di allora siano tratti in tribunale a rispondere dei reati razzisti commessi, ugualmente e' giusto, necessario e urgente che quelle misure razziste ed incostituzionali siano abrogate.
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E' evidente che essendo restato al governo uno dei due partiti che diedero vita al criminale governo razzista nel 2018-2019, e che anzi lo stesso presidente del consiglio dei ministri attuale e' ancora quello che presiedette quel gabinetto razzista, ancora non e' stata pienamente ripristinata la democrazia e la legalita' costituzionale.
Ma e' altrettanto evidente che la democrazia e la legalita' costituzionale devono essere infine ripristinate; che deve cessare la violenza razzista; che quelle misure disumane devono essere abolite, e quei disumani ministri ed i complici loro devono essere allontanati dalle istituzioni democratiche.
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Contrastare il razzismo e il fascismo, ripristinare la vigenza dei diritti umani e della legalita' democratica, non sono compiti da subordinare a calcoli tattici e a giochi di palazzo, sono invece obbligo morale e civile, dovere fondativo dell'ordinamento democratico e della civile convivenza, sono indispensabile inveramento della Costituzione, sono la politica prima che si oppone alla folle barbarie, che si oppone alle stragi degli innocenti.
Cosicche' non si perda piu' tempo: siano immediatamente abrogati gli scellerati ed incostituzionali "decreti sicurezza della razza".
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Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Sia soccorsa, accolta e assistita ogni persona bisognosa di aiuto.
Siano rispettati tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.

4. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

5. MATERIALI. SERGIO CASALI: IL PENSIERO E LA CRITICA LETTERARIA FEMMINISTA (PARTE TERZA)
[Riproponiamo ancora una volta la seguente dispensa predisposta dall'autore nell'aprile 2004 per il secondo semestre dell'anno accademico 2003/2004 del corso su "Femminismo, studi di genere e letteratura latina" che abbiamo ripreso dal sito www.uniroma2.it]

3. Il femminismo radicale americano e la nascita della critica letteraria femminista (fine anni Sessanta - meta' anni Settanta)
Contenuto del capitolo
In questo capitolo tracceremo un profilo del cosiddetto "femminismo della seconda ondata", quello che si sviluppa a partire dal 1968, detto anche femminismo "radicale". Il nuovo movimento nasce negli Stati Uniti e si diffonde rapidamente negli altri paesi occidentali. Vedremo alcune delle principali figure di questa fase: Shulamith Firestone (La dialettica dei sessi, 1970), Kate Millett (La politica del sesso, 1970), Germaine Greer (L'eunuco femmina, 1970). Vedremo anche come in questo periodo si sviluppa anche un femminismo lesbico, che trovera' in seguito una sistemazione teorica per opera della poetessa Adrienne Rich. Chiudera' il capitolo l'antropologa Gayle Rubin, che nel 1975 introduce nel dibattito corrente l'opposizione tra sesso (determinato biologicamente) e genere (costruito socialmente).
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3. 1. Il femminismo radicale: "il personale e' politico"
Tra il 1968 e il 1969 nasce un nuovo femminismo, che sara' detto "radicale", in quanto si pone come suo obiettivo quello di andare alle "radici" del predominio maschile sulle donne: "Alle radici del predominio dei maschi c'e' una supremazia assoluta nella sfera della sessualita' e della riproduzione, nella quale una differenza biologica, anatomica, fisiologica, 'sessuale' nel senso letterale del termine, viene trasformata dagli uomini, con tutti i mezzi fino alla violenza piu' brutale (lo stupro e/o la minaccia di esso, sempre incombente su qualsiasi donna), in differenza di 'ruoli' sociali e familiari, di 'genere' che impone alla donna un ruolo subordinato all'uomo" (Restaino (2002) pp. 32-3).
Dal Now e dalla "New Left" ai gruppi radicali. In parte il femminismo radicale venne creato da donne che erano state attive nel Now ed erano insoddisfatte da quello che ritenevano essere il conservatorismo di quell'organizzazione. Nel 1967 al convegno annuale del Now un gruppo di donne di New York abbandonarono il Now e formarono una prima organizzazione femminista radicale, "The October 17th Movement" ("Il movimento 17 ottobre"), poi chiamato "The Feminists".
Il femminismo radicale era in larga parte costituito da donne la cui precedente attivita' politica si era svolta in diverse organizzazioni della "New Left" ("Nuova Sinistra"). E' il caso, per esempio, di donne come Shulamith Firestone (vedi par. 3. 3) e Jo Freeman, che fondarono l'organizzazione "Radical Women" a New York nell'autunno del 1967. Queste due donne avevano in precedenza presentato una serie di richieste delle donne a un convegno della New Left, nella primavera di quell'anno. Nessuna delle loro richieste era stata considerata seriamente, e questo aveva fatto credere loro che fosse necessario creare organizzazioni di donne separate.
L'inferiorita' della donna come fatto culturale. Le prime organizzatrici del femminismo radicale condividevano con il resto della New Left la convinzione che la natura di gran parte dell'ingiustizia politica fosse sistemica. Esse usarono il termine "radicale" per esprimere la loro posizione, con l'intenzione di significare appunto la loro volonta' di andare "alle radici" del predominio maschile sulle donne. Le femministe radicali vedevano l'attivita' delle donne del Now o di altre organizzazioni femminili negli affari o nelle professioni come "riformista", utile e necessaria ma fondamentalmente improduttiva. Esse pensavano infatti che le critiche che il femminismo liberale muoveva alla relazioni tra uomo e donna sia nella vita domestica che in quella pubblica non andassero abbastanza a fondo, e anche che il femminismo liberale non tenesse conto dell'importanza del genere, e delle relazioni sociali della vita domestica, nello strutturare tutta la vita sociale. La fiducia nel potere della legge di porre rimedio alla ineguaglianza donna-uomo testimoniava una mancanza di approfondimento del "sistema sesso-ruolo", quelle pratiche ed istituzioni importanti nel creare e mantenere le differenze sesso-ruolo. Di particolare importanza era la famiglia, poiche' era la' che gli uomini e le donne biologiche imparavano i costituenti culturali della mascolinita' e della femminilita', e imparavano le differenze fondamentali di potere che erano una componente necessaria di entrambe.
In sostanza, per le femministe radicali, lo status politico ed economico inferiore delle donne non era che un sintomo di un problema piu' fondamentale: uno status inferiore e una mancanza di potere inscritta nel ruolo della femminilita'. Il femminismo radicale sfidava le credenza dominanti secondo cui gli elementi costitutivi di questo ruolo, come le capacita' e l'interesse delle donne nell'allevamento dei figli, o la mancanza di aggressivita', o persino il contenuto degli interessi sessuali delle donne, fossero "naturali". Si argomentava invece che tutte le differenze tra uomini e donne, tranne certe differenze biologiche, fossero culturali. Gli elementi costitutivi del sistema sesso-ruolo erano costruzioni sociali, e, cosa piu' importante, tali costruzioni erano fondamentalmente antitetiche agli interessi delle donne. Le norme incorporate nella femminilita' scoraggiavano le donne dallo sviluppare le loro capacita' intellettuali, artistiche e fisiche. Mentre la "mascolinita'" incarnava certi tratti associati con lo stato adulto, come forza fisica, razionalita' e controllo emotivo, la "femminilita'" in parte incarnava tratti associati con l'infanzia, come debolezza e irrazionalita'. La fonte del problema doveva essere trovata nella casa e nella famiglia, dove le ragazze e i ragazzi ricevevano le loro prime lezioni sulle differenze tra i sessi e dove le donne e gli uomini adulti mettevano in pratica le lezioni che avevano imparato.
Nuove modalita' dell'organizzazione politica. Il femminismo radicale genero' anche nuove forme di organizzazione politica. Le organizzazioni come il Now usavano i tradizionali metodi politici per migliorare lo status delle donne: mandavano telegrammi, facevano attivita' di lobbying al Congresso, talvolta marciavano e facevano dimostrazioni. Anche le femministe radicali marciavano e facevano dimostrazioni, ma l'intento era diverso: non volevano necessariamente cambiare il modo di pensare della gente per farla votare in modo diverso, ma cambiare il modo di pensare della gente per farla vivere in modo diverso. Questo concetto di organizzazione politica era riassunto nell'espressione "consciousness-raising" ("autocoscienza" in Italia). Nei primi anni del femminismo radicale un metodo usato era lo "street theatre" (teatro di strada). Nell'autunno del 1968 ci fu un evento che attiro' l'attenzione dell'opinione pubblica sullo "Women's Lib": le femministe radicali di New York fecero una manifestazione ad Atlantic City in occasione del concorso di Miss America, incoronando una pecora come "Miss America", e gettando accessori femminile come reggiseni, bigodini, ciglia finte e parrucche in un "Freedom Trash Can" ("pattumiera della liberta'"). Fu in seguito a questo evento che il movimento si guadagno' la qualifica di "brucia-reggiseni" nei media.
I "gruppi di autocoscienza". La forma piu' diffusa assunta dall'autocoscienza in quegli anni fu la discussione-confessione di gruppo ("gruppi di autocoscienza"). Le donne si riunivano per parlare dei problemi che i ruoli sessuali ponevano loro nella vita quotidiana. Questa attenzione all'"esperienza personale" (riassunta nello slogan "il personale e' politico") ebbe grandissima influenza sulla direzione che il femminismo statunitense imbocco'. A livello teorico, infatti, essa comporto' una concentrazione di interesse sulla famiglia e sulla vita personale. Questo porto' inevitabilmente a un confronto con la psicoanalisi, che venne criticata da molte femministe in quanto accusata di riflettere in modo acritico e non-politico i pregiudizi dominanti riguardo al genere, a partire dalla posizione di supremazia ricoperta dall'uomo nella famiglia e nella societa'.
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3. 2. Il Redstockings Manifesto
Il nome "Redstockings" ("calze rosse") venne coniato negli Stati Uniti (a New York) nel 1969. Esso combina "blue stockings", il termine attribuito con intento denigratorio alle donne colte e progressiste nel Settecento e Ottocento, con il "rosso" della rivoluzione sociale. Il gruppo Redstockings e' stato uno dei primi gruppi radicali femministi della fine degli anni Sessanta, creatore di alcuni degli slogan e delle parole d'ordine piu' diffuse all'epoca. Il Redstockings Manifesto (datato 6 luglio 1969) e' la loro dichiarazione di intenti. I primi articoli del manifesto possono dare un'idea abbastanza chiara del tono della polemica del gruppo.
"I. Dopo secoli di lotta politica individuale e preliminare, le donne di stanno unendo per raggiungere la loro liberazione finale dalla supremazia maschile. Il movimento 'Redstockings' e' dedicato a costruire questa unita' e a conquistare la nostra liberta'.
II. Le donne sono una classe oppressa. La nostra oppressione e' totale, e coinvolge ogni aspetto delle nostre vite. Siamo sfruttate come oggetti sessuali, generatrici, serve domestiche, e forza-lavoro a basso costo. Siamo considerate esseri inferiori, il cui unico scopo e' quello di allietare le vite degli uomini. La nostra umanita' e' negata. Il nostro comportamento prescritto e' forzato dalla minaccia della violenza fisica...
III. Noi identifichiamo gli agenti della nostra oppressione negli uomini. La supremazia maschile e' la forma di dominio piu' antica e piu' basilare. Tutte le altre forme di sfruttamento e di oppressione (razzismo, capitalismo, imperialismo, etc.) sono estensioni della supremazia maschile: gli uomini dominano le donne; pochi uomini dominano il resto degli uomini. Tutte le strutture di potere attraverso la storia sono state dominate dagli uomini. Gli uomini hanno controllato tutte le istituzioni politiche, economiche e culturali, e hanno sostenuto questo controllo con la forza fisica. Essi hanno usato il loro potere per mantenere le donne in una posizione inferiore. Tutti gli uomini ricevono benefici economici, sessuali, e psicologici dalla supremazia maschile. Tutti gli uomini hanno oppresso le donne".
Nel 1973, veterane del gruppo rifondarono "Redstockings", e l'associazione e' attiva ancora oggi (www.redstockings.org).
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3. 3. Shulamith Firestone
Una delle personalita' piu' importanti di questo nuovo femminismo statunitense e' Shulamith Firestone (1945). Nata in Canada da una ricca famiglia ebraica, studio' all'Art Institute di Chicago, dove divenne un'attivista nelle agitazioni per i diritti civili e contro la guerra in Vietnam della meta' degli anni Sessanta. Delusa dal maschilismo dei "rivoluzionari" della controcultura, fondo' a New York l'organizzazione "Radical Women", che molti considerano il primo collettivo moderno femminista. Nel 1969 e' tra le fondatrici del gruppo "Redstockings".
L'opera piu' importante di Firestone, scritta quando aveva 25 anni, e' The Dialectic of Sex: the Case for Feminist Revolution, intr. by Rosalind Delmar, The Women's Press, New York-London 1970, dedicata a Simone de Beauvoir. Il libro di Firestone si caratterizza per il suo fondarsi sulla biologia come base per l'analisi. A suo parere, le cause ultime dell'oppressione delle donne sono le differenze biologiche tra donne e uomini. Il fatto che le donne generino e allattino i figli rende necessaria una forma basica di famiglia in cui le donne sono sostanzialmente dipendenti da altri in un modo in cui non lo sono gli uomini. Da questo sbilanciamento basato sulla biologia risultano gli sbilanciamenti di potere che hanno caratterizzato tutte le societa' umane. Tuttavia, per Firestone la biologia non e' un destino ineluttabile. Gli sviluppi tecnologici nella riproduzione dei figli uniti a cambiamenti culturali nell'allevamento dei figli porranno fine alla "tirannia della famiglia biologica".
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3. 4. Kate Millett: la "politica del sesso"
Il libro della saggista, scrittrice e scultrice Kate Millett (1934), Sexual Politics, Avon, New York 1970, ha un'importanza particolare per il nostro discorso, in quanto esso si puo' considerare il capostipite della critica letteraria femminista.
Come moltre altre pensatrici del femminismo radicale, Millett vede la causa principale dell'oppressione delle donne nella "politica del sesso", o "sessismo", o "patriarcalismo", cioe' nel dominio sessuale dell'uomo sulla donna. Nel suo libro (che derivava dalla sua tesi di dottorato alla Columbia University) Millett analizza varie opere letterarie di autori come D. H. Lawrence, Henry Miller, Norman Mailer e Jean Genet, mettendone in luce i pregiudizi maschilisti e il sessismo.
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3. 4. Germaine Greer: L'eunuco femmina
Un enorme successo di pubblico a livello internazionale ha nel 1970 il libro di Germaine Greer, The Female Eunuch (1970), trad. it. L'eunuco femmina, Bompiani, Milano 1972. Greer e' nata a Melbourne, Australia, nel 1939, ma si e' trasferita per gli studi in Gran Bretagna, dove e' rimasta e ora insegna Letteratura inglese e comparata all'universita' di Warwick. All'epoca, L'eunuco femmina suscito' grande sensazione per l'irruenza polemica con cui l'autrice attaccava l'istituzione del matrimonio ed esaltava la libera espressione della sessualita'. Recentemente Greer ha pubblicato il "seguito" del suo best-seller, The Whole Woman (1999), tradotto in italiano nello stesso anno (La donna intera, Mondadori, Milano). Il libro ha suscitato un certo sconcerto per quelli che sono sembrati dei voltafaccia della scrittrice, e per certe prese di posizioni assai discutibili...
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3. 5. Il femminismo lesbico e la nascita dei "Lesbian Studies"
Il femminismo lesbico e' una componente importante nel panorama del femminismo radicale, anche se per almeno un decennio incontrera' molte resistenze anche da parte dello stesso movimento femminista.
Il gruppo "Radicalesbians". Un articolo che contribui' in modo decisivo allo sviluppo del femminismo lesbico e' "The Woman Identified Woman" ("La donna identificata donna", 1971) del gruppo noto come "Radicalesbians". Questo articolo sosteneva che le donne devono eliminare il bisogno dell'approvazione maschile e la pratica di identificarsi con credenze e valori maschili, entrambi componenti essenziali di una cultura misogina. Le autrici ritenevano che un mezzo importante per raggiungere questi obiettivi e rimuovere l'autodisprezzo che le donne hanno per se stesse fosse amare altre donne, sia intellettualmente che sessualmente.
Adrienne Rich: esistenza lesbica e continuum lesbico. L'autrice che dara' il maggior contributo teorico a questa corrente del femminismo e' la studiosa e poetessa Adrienne Rich (1929; vedi anche parr. 4. 2, 9. 1) con il suo articolo "Compulsory Heterosexuality and Lesbian Existence", in C. R. Stimpson, E. S. Pearson (edd.), Women, Sex, and Sexuality, Chicago, Chicago University Press, 1980, che contribuira' a dare alla teoria lesbica uno status di "legittimita'" e rispettabilita' teorica. Rich vede nell'eterossessualita' non la condizione naturale della sessualita' femminile, ma un'"istituzione" imposta dal predominio maschile. La donna, in realta', ha potenzialita' sessuali che non sono riducibili alla sola eterosessualita'; tra queste, il lesbismo. Rich distingue due concetti: l'"esistenza lesbica" e' "il riconoscimento della presenza storica delle lesbiche" e "la nostra costante elaborazione del significato di tale esistenza"; il "continuum lesbico" consiste invece in "una serie di esperienze - sia nell'ambito di una vita singola di ogni donna che attraverso la storia - in cui si manifesta l'interiorizzazione di una soggettivita' femminile e non solo il fatto che una donna abbia avuto o consciamente desiderato rapporti sessuali con un'altra donna". Per Rich sia l'esistenza che il continuum dell'esperienza lesbica esprimono la potenzialita' della donna in quanto donna. In questo l'autrice si differenzia dalle femministe lesbiche piu' radicali (come Judith Butler, vedi par. 7. 6), che respingeranno l'identificazione al femminile dell'esperienza lesbica, che significherebbe sottomettersi al modello maschile, e si dichiareranno "non-donne" e "non-uomini".
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3. 6. Gayle S. Rubin e il sistema "sesso-genere"
Gayle S. Rubin, antropologa, esponente del femminismo lesbico, e' autrice di un saggio enormemente influente (pare che sia in assoluto il piu' citato articolo di antropologia, almeno negli Stati Uniti), "The Traffic in Women: Notes on the 'Political Economy' of Sex", in M. Rayna Reiter (ed.), Towards an Anthropology of Women, New York, Monthly Review Press, 1975, pp. 157-210. Rubin, sulle orme di Mitchell, usa la psicoanalisi per una critica generale della cultura patriarcale che si basa sullo scambio delle donne da parte degli uomini. E' in questo saggio che viene introdotta per la prima volta nel discorso scientifico l'espressione sex-gender system (sistema sesso-genere) per indicare "quell'insieme di soluzioni con cui una societa' trasforma la sessualita' biologica in un prodotto dell'attivita' umana".
Il concetto esprime dunque la distinzione (posta gia', come si e' visto sopra, da Simone de Beauvoir) tra il "sesso" (sex) come fatto biologico e il "genere" (gender) come fatto sociale, cui corrispondono, in inglese, le due diverse coppie di aggettivi: female/male e feminine/masculine.
"'Femminilita'' e 'mascolinita'' sono, quindi, costruzioni socio-culturali a partire dalla differenza biologica, che funzionano convertendo questa in opposizione gerarchica, secondo un rapporto dominatore/dominato costante, anche se i contenuti ideologici dell'opposizione variano storicamente e geograficamente" (Izzo, in Izzo (1996) p. 57).
Rubin, nelle sue conclusioni, attenua la contrapposizione conflittuale estrema con il maschio propria del femminismo radicale, suggerendo la possibilita' di un "recupero" degli uomini che permetta di sorpassare il "sistema sesso-genere". Un modo per raggiungere questo obiettivo e' comune a varie pensatrici femministe dell'epoca (vedi par. 4. 3): la cura dei figli dovrebbe essere responsabilita' comune ad entrmabi i genitori; in tal modo, verrebbero meno le condizioni che originano il complesso di Edipo e il conseguente formarsi dei "ruoli" di maschio e di femmina.
Negli anni successivi, Rubin dara' contributi allo sviluppo della riflessione lesbica, soprattutto nel suo articolo "Thinking Sex" (1984).
(Parte terza - segue)

6. MATERIALI. SERGIO CASALI: IL PENSIERO E LA CRITICA LETTERARIA FEMMINISTA (PARTE QUARTA)

4. Temi femministi degli anni Settanta e Ottanta (I): la critica della psicoanalisi, la riflessione sulla maternita' e l'"etica della cura"
Contenuto del capitolo
In questo capitolo ci soffermeremo su alcuni dei temi che hanno piu' interessato la riflessione femminista nel periodo immediatamente successivo a quello del femminismo radicale. Dopo l'ostilita' iniziale verso la psicoanalisi, le pensatrici femministe si impegnano in una rielaborazione critica del pensiero freudiano, a partire da Juliet Mitchell (Psicoanalisi e femminismo, 1974). Le femministe rivolgono la loro attenzione in particolare al tema della maternita', con Adrienne Rich (Nato di donna, 1976), Nancy Chodorow (La funzione materna, 1978), Dorothy Dinnerstein (La sirena e il minotauro, 1977). La riflessione femminista sulla morale porta alcune di loro a sviluppare la cosiddetta "etica della cura" (Carol Gilligan, Con vice di donna, 1982).
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4. 1. Psicoanalisi e femminismo: Juliet Mitchell
Le prime neofemministe avevano guardato con molto sospetto alla psicoanalisi, vista come espressione di un punto di vista patriarcale. La situazione cambia alla meta' degli anni Settanta, soprattutto in seguito alla pubblicazione nel 1974 di Psychoanalysis and Feminism di Juliet Mitchell, la femminista socialista inglese a cui abbiamo gia' accennato sopra (par. 2. 4) (trad. it. Psicoanalisi e femminismo, Einaudi, Torino 1976). In esso, all'interno di un impianto marxista althusseriano relativo alla ideologia e alla rivoluzione culturale, si sosteneva che la tradizione freudiana (soprattutto nello sviluppo datole da Jacques Lacan) forniva un'interpretazione del potere paterno nell'inconscio femminile, di cui il femminismo aveva bisogno se voleva confrontarsi con successo con l'ordine culturale del patriarcato. Nel libro vengono illustrati i molti malintesi e fraintendimenti della teoria freudiana da parte delle prime femministe a cominciare da Simone de Beauvoir fino alle contemporanee Kate Millett e Betty Friedan. Mitchell e' stata tra le prime a ribadire con fermezza che fare i conti con la psicoanalisi e' importante per il femminismo. Il suo studio si serve del lavoro dell'antropologo Levi-Strauss, il quale sostiene che il patriarcato dipende dallo scambio delle donne e dal tabu' dell'incesto. Secondo Mitchell patriarcato e capitalismo sono due forze che interagiscono tra loro: se il socialismo puo' ribaltare il capitalismo, solo la psicoanalisi puo' sovvertire il patriarcato.
Successivamente Mitchell ha pubblicato numerosi saggi di critica letteraria, alcuni dei quali ispirati al lavoro fondamentale della psicologa femminista americana Phyllis Chesler, Women and Madness (1972; 2a ed. 1997), trad. ital. Le donne e la pazzia, Einaudi, Torino 1977.
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4. 2. La riflessione su donna e maternita' negli Stati Uniti: Adrienne Rich.
Abbiamo visto sopra (par. 3. 5; cfr. 9. 1) Adrienne Rich come esponente di punta del pensiero lesbico. Rich si era sposata a 24 anni e aveva avuto tre figli. Venti anni dopo racconta la sua difficile esperienza di moglie e soprattutto di madre nel suo libro Of Woman Born: Motherwood as Experience and Institution, Bantam, New York 1976 (trad. it. Nato di donna, Garzanti, Milano 1977). Per quanto Rich sottolinei le difficolta' dell'essere madre, ella respinge la visione negativa della maternita' che era espressa da femministe radicali come Shulamith Firestone (par. 3. 3). Rich protesta invece con forza contro la funzione materna come "istituzione" imposta alla donna dal potere maschile. Fino a tempi recenti, nella maggior parte dei casi il parto non era una libera scelta delle donne, ma piuttosto qualcosa che capitava loro: "Per la maggior parte delle donne il parto non ha implicato nessun tipo di scelta, e pochissima consapevolezza. Fin dai tempi preistorici, l'idea del travaglio e' stata associata a paura, angoscia fisica o morte, a una marea di superstizioni, disinformazione, teorie teologiche e mediche, in breve a tutto cio' che ci hanno insegnato che dovremmo provare, da una vittimizzazione volontaria a un senso di realizzazione estatica".
Rich protesta con forza contro la "sottrazione" alle donne della gravidanza e del parto da parte degli uomini, che controllano il corpo delle donne, e deplora che l'educazione dei bambini sia stata presa in carico da psichiatri di sesso maschile e da altri esperti che fanno sentire le donne incompetenti persino in quello che si supporrebbe essere loro "naturale". Rich critica la visione dell'uomo che concepisce se stesso in contrapposizione alla natura, e auspica l'asserzione da parte delle donne della loro affinita' con la natura.
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4. 3. Nancy Chodorow e Dorothy Dinnerstein
Il libro della sociologa femminista americana (in seguito diventata psicoanalista) Nancy Chodorow (1944) Reproduction of Mothering: Psychoanalysis and the Sociology of Gender, University of California Press, Berkeley 1978 (trad. it. La funzione materna: Psicoanalisi e sociologia del ruolo materno, La Tartaruga, Milano 1991) ha avuto notevole influenza su molte ricerche femministe. Chodorow, rifacendosi alle teorie della scuola psicoanalitica delle "relazioni oggettuali", sosteneva che il senso di se' femminile e' riprodotto da una struttura genitoriale in cui la madre e' quella cui spetta principalmente il compito della cura dei figli, e che figli e figlie si sviluppano diversamente a seconda che questo compito di cura parentale spetti primariamente al genitore dello stesso sesso o al genitore di sesso diverso. Le figlie giungono a definirsi in quanto connesse o in relazione con gli altri. I figli maschi, invece, finiscono per definirsi come separati dagli altri, o meno correlati. Un'implicazione delle affermazioni di Chodorow e' che il compito di genitore dovrebbe essere equamente ripartito fra padre e madre, in modo che i figli di entrambi i sessi possano essere seguiti, nel loro sviluppo, sia da un individuo dello stesso sesso sia da un individuo di sesso diverso.
Successivamente, Chodorow si e' spostata a un contesto microsociale, che chiama "psicoanalisi in se'" o "per se stessa" (Feminism and Psychoanalytic Theory, Polit, Cambridge 1989).
Dorothy Dinnerstein. Conclusioni analoghe a quelle di Chodorow, con l'affermazione della necessita' del "dual parenting" ("doppio genitorato"), sono raggiunte da Dorothy Dinnerstein, nel libro The Mermaid and the Minotaur: Sexual Arrangements and Human Malaise, Harper and Row, New York 1977. La sirena ("mermaid") e il minotauro sono due mostri che simboleggiano rispettivamente la "natura" femminile e quella maschile. Queste due "nature" non sono un dato naturale, ma sono il prodotto dell'attuale modalita' di cura dei figli, caratterizzata dalla totale assenza del padre nella fase pre-edipica.
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4. 4. L'"etica della cura": Carol Gilligan e Virginia Held
La psicologa Carol Gilligan espresse, nel libro In a Different Voice: Psychological Theory and Women's Develoment, Harvard University Press, Cambridge MA 1982 (trad. it. Con voce di donna. Etica e formazione della personalita', Feltrinelli, Milano 1987, 1992), la sua idea della "voce diversa" con cui ragazze e donne esprimono il proprio modo di intendere i problemi morali. Come Chodorow, Gilligan approva la tendenza all'affiliazione che sarebbe tipica soprattutto delle donne, e la loro attitudine ad interpretare le proprie responsabilita' morali in funzione dei propri rapporti con gli altri. E' solo il pregiudizio maschile che considera di maggior valore l'autonomia e l'indipendenza personale rispetto all'interesse per gli altri e all'attuazione dei rapporti. La voce di donne esprime l'"etica della cura", dei rapporti interpersonali; la voce dell'uomo esprime l'etica del diritto e della giustizia formale. Questa tesi di Gilligan incontrera' approvazione da parte di molte studiose, ma anche critiche, attirandosi l'accusa di "essenzialismo" ("essenzialismo" e' "l'idea di una natura femminile essenziale, originaria, preesistente al sociale, non modificata da differenze di classe e di razza", Izzo (1996) p. 67).
Virginia Held. Della corrente di pensiero che si rifa' all'"etica della cura" teorizzata da Gilligan fanno parte altre studiose importanti, come Virginia Held, autrice del libro Feminist Morality: Transforming Culture, Society, and Politics, The University of Chicago Press, Chicago 1993 (trad. it. Etica femminista. Trasformazioni della coscienza e societa' post-patriarcale, Feltrinelli, Milano 1997), in cui sviluppa la teoria morale allargando alla sfera sociale l'esperienza della maternita' e della cura dei figli.
(Parte quarta - segue)

7. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"
[L'associazione e centro antiviolenza "Erinna" e' un luogo di comunicazione, solidarieta' e iniziativa tra donne per far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza fisica e psichica e lo stupro, reati specifici contro la persona perche' ledono l'inviolabilita' del corpo femminile (art. 1 dello Statuto). Fa progettazione e realizzazione di percorsi formativi ed informativi delle operatrici e di quanti/e, per ruolo professionale e/o istituzionale, vengono a contatto con il fenomeno della violenza. E' un luogo di elaborazione culturale sul genere femminile, di organizzazione di seminari, gruppi di studio, eventi e di interventi nelle scuole. Offre una struttura di riferimento alle donne in stato di disagio per cause di violenze e/o maltrattamenti in famiglia. Erinna e' un'associazione di donne contro la violenza alle donne. Ha come scopo principale la lotta alla violenza di genere per costruire cultura e spazi di liberta' per le donne. Il centro mette a disposizione: segreteria attiva 24 ore su 24; colloqui; consulenza legale e possibilita' di assistenza legale in gratuito patrocinio; attivita' culturali, formazione e percorsi di autodeterminazione. La violenza contro le donne e' ancora oggi un problema sociale di proporzioni mondiali e le donne che si impegnano perche' in Italia e in ogni Paese la violenza venga sconfitta lo fanno nella convinzione che le donne rappresentano una grande risorsa sociale allorquando vengono rispettati i loro diritti e la loro dignita': solo i Paesi che combattono la violenza contro le donne figurano di diritto tra le societa' piu' avanzate. L'intento e' di fare di ogni donna una persona valorizzata, autorevole, economicamente indipendente, ricca di dignita' e saggezza. Una donna che conosca il valore della differenza di genere e operi in solidarieta' con altre donne. La solidarieta' fra donne e' fondamentale per contrastare la violenza]

Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.
O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.
Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, facebook: associazioneerinna1998
Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

8. REPETITA IUVANT. DELLA NONVIOLENZA DISPIEGATA AL SOLE AD ASCIUGARE

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza la politica necessaria.
Chiamiamo nonviolenza l'occhio che vede e piange.
Chiamiamo nonviolenza la lotta per l'abolizione di tutte le guerre.
Chiamiamo nonviolenza la lotta che abroga ogni servitu'.
Chiamiamo nonviolenza questo accampamento notturno nel deserto.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'amicizia che non tradisce.
Chiamiamo nonviolenza il ponte di corda teso sull'abisso.
Chiamiamo nonviolenza la fine della paura della morte.
Chiamiamo nonviolenza la fine della minaccia della morte.
Chiamiamo nonviolenza aver visto e alba e tramonto con limpido cuore.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il tappeto volante.
Chiamiamo nonviolenza il voto unanime per la salvezza degli assenti.
Chiamiamo nonviolenza il cielo stellato.
Chiamiamo nonviolenza il rispetto della vita altrui.
Chiamiamo nonviolenza il sonno dei giusti e dei giusti la veglia.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il silenzio che non spaventa.
Chiamiamo nonviolenza la telefonata che ferma l'esecuzione.
Chiamiamo nonviolenza il libro che ti fa ridere e piangere.
Chiamiamo nonviolenza il viaggio senza bagagli.
Chiamiamo nonviolenza il suono dell'arcobaleno.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il pasto in comune.
Chiamiamo nonviolenza il miracolo della nascita.
Chiamiamo nonviolenza la voce che risponde.
Chiamiamo nonviolenza la porta che si apre allo straniero.
Chiamiamo nonviolenza la lotta contro la violenza.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il dono e la rinuncia.
Chiamiamo nonviolenza la leggerezza sui corpi.
Chiamiamo nonviolenza la parola che suscita le praterie.
Chiamiamo nonviolenza il soffio che estingue gli incendi.
Chiamiamo nonviolenza l'infinito respiro del mare.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'umanita' come dovrebbe essere.
Chiamiamo nonviolenza la coscienza del limite.
Chiamiamo nonviolenza il ritrovamento dell'anello di Salomone.
Chiamiamo nonviolenza gl'immortali principi dell'Ottantanove.
Chiamiamo nonviolenza l'ironia e la pazienza.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il riconoscimento della pluralita' delle persone e dei mondi.
Chiamiamo nonviolenza la distruzione di tutte le armi assassine.
Chiamiamo nonviolenza non nascondere la nostra ignoranza.
Chiamiamo nonviolenza rifiutarsi di mentire.
Chiamiamo nonviolenza la scelta di fare la cosa che salva le vite.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza una giornata di sole sulla strada.
Chiamiamo nonviolenza la scuola di Spartaco e della Rosa Rossa.
Chiamiamo nonviolenza la certezza morale del figlio della levatrice.
Chiamiamo nonviolenza la legge nuova del figlio del falegname.
Chiamiamo nonviolenza le tre ghinee di Virginia.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza questo atto di riconoscimento e di riconoscenza.
Chiamiamo nonviolenza il giro della borraccia.
Chiamiamo nonviolenza questo colloquio corale.
Chiamiamo nonviolenza la Resistenza antifascista.
Chiamiamo nonviolenza l'uscita dallo stato di minorita'.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza parlare e ascoltare.
Chiamiamo nonviolenza la stazione sempre aperta.
Chiamiamo nonviolenza lo specchio e la sorgente.
Chiamiamo nonviolenza sentire il dolore degli altri.
Chiamiamo nonviolenza prendersi cura del mondo.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.

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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Numero 386 del 16 febbraio 2020
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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