[Nonviolenza] Telegrammi. 3341



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3341 del 27 marzo 2019
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. "L'opera di Alberto Moravia e la denuncia del fascismo". Un incontro di studio a Viterbo
2. Un appello all'Onu
3. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
4. L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari
5. Sostenere la Casa internazionale delle donne di Roma
6. Martin Luther King: Un discorso del 5 dicembre 1955
7. Martin Luther King: Un tamburo maggiore per la rettitudine
8. Martin Luther King: Sogni non realizzati
9. Martin Luther King: Sono stato sulla cima della montagna
10. Segnalazioni librarie
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. INCONTRI. "L'OPERA DI ALBERTO MORAVIA E LA DENUNCIA DEL FASCISMO". UN INCONTRO DI STUDIO A VITERBO

Si e' svolto la sera di martedi' 26 marzo 2019 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" un incontro di studio sul tema: "L'opera di Alberto Moravia e la denuncia del fascismo".
All'incontro ha preso parte Paolo Arena.
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Una breve notizia su Paolo Arena
Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica, di storia linguistica dell'Italia contemporanea. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta. Cura il sito www.letterestrane.it
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I partecipanti all'incontro hanno ancora una volta denunciato la criminale disumanita' del governo italiano che nega soccorso e accoglienza ai naufraghi in pericolo di morte nel Mediterraneo.
I partecipanti all'incontro hanno ancora una volta espresso pieno sostegno ai sindaci ed ai presidenti delle Regioni che hanno denunciato l'incostituzionalita' delle scellerate misure razziste imposte dal governo della disumanita'.
I partecipanti all'incontro hanno riaffermato il dovere di opporsi al razzismo e a tutte le persecuzioni; il dovere di impegnarsi in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.

2. REPETITA IUVANT. UN APPELLO ALL'ONU

Egregio Segretario Generale dell'Onu,
rivolgiamo a lei, e tramite lei anche al Consiglio di Sicurezza e all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, un urgente appello ad intervenire nei confronti del governo italiano per contrastare i crimini razzisti che esso da mesi sta commettendo contro l'umanita'.
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In particolare segnaliamo i seguenti crimini:
1. Omissione di soccorso nei confronti di naufraghi in pericolo di morte, e sabotaggio dei soccorritori volontari che salvano vite umane nel Mediterraneo, negando loro approdo in porti sicuri in Italia.
2. Conclamata volonta', espressa in piu' forme ed occasioni, di far si' che i naufraghi superstiti siano respinti in Libia, dove essi tornerebbero con tutta probabilita' ad essere vittime di segregazione in lager, schiavitu', torture e costante pericolo di morte.
3. Persecuzione razzista ed effettuale favoreggiamento della riduzione in schiavitu' attraverso criminali e criminogene misure contenute nel cosiddetto "decreto sicurezza della razza".
4. Sequestro di persona aggravato, reato per il quale i complici del governo che siedono in Senato hanno impedito alla magistratura italiana di procedere nei confronti del Ministro dell'Interno reo confesso, garantendo cosi' una scandalosa impunita' al ministro e al governo.
5. Reiterata istigazione all'odio razzista e apologia del delitto di omissione di soccorso.
6. Violazione di convenzioni internazionali, di leggi ordinarie, e della stessa Costituzione della Repubblica italiana, al fine di attuare una criminale politica razzista.
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E' in atto in Italia un vero e proprio colpo di stato che mira ad instaurare un regime razzista, violatore dei diritti umani, negatore dei principi fondamenti e dei supremi valori della democrazia, dello stato di diritto, della dignita' umana.
L'Onu, che ha proclamato la Dichiarazione universale dei diritti umani, deve intervenire in difesa delle vittime dei crimini razzisti commessi dal governo italiano, deve intervenire a sostegno dell'ordinamento giuridico costituzionale democratico italiano, deve intervenire per impedire che in Italia s'imponga il razzismo, l'anomia, la barbarie.
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Cento anni fa in Italia nasceva il fascismo: averlo lungamente sottovalutato ai suoi esordi e negli anni successivi, ha poi provocato la piu' immane tragedia del XX secolo.
Non si commetta di nuovo lo stesso errore.
Si contrasti subito la criminale politica razzista e golpista del governo italiano.
Ci si opponga subito alle abominevoli violazioni dei diritti umani di cui essa consiste.
Ci si adoperi subito per difendere in Italia la democrazia, la legalita' costituzionale, lo stato di diritto, la civile convivenza.
Nelle forme adeguate ed opportune, ma subito, senza esitazioni e senza ambiguita', l'Onu intervenga nei confronti del governo italiano per far cessare i crimini razzisti in corso.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.

3. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

4. REPETITA IUVANT. L'ITALIA SOTTOSCRIVA E RATIFICHI IL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017.
Salvare le vite e' il primo dovere.

5. APPELLI. SOSTENERE LA CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE DI ROMA

L'esperienza della "Casa internazionale delle donne" di Roma e' da decenni di importanza fondamentale per tutte le donne e gli uomini di volonta' buona.
In questo momento la "Casa internazionale delle donne" ha urgente bisogno di un particolare sostegno.
Per informazioni e contatti: siti: www.lacasasiamotutte.it, www.casainternazionaledelledonne.org, e-mail: info at casainternazionaledelledonne.org

6. MAESTRI. MARTIN LUTHER KING: UN DISCORSO DEL 5 DICEMBRE 1955
[Nuovamente riproduciamo il seguente testo e nuovamente ringraziamo l'indimenticabile amico Fulvio Cesare Manara per averci messo a disposizione l'antologia di scritti e discorsi di Martin Luther King da lui curata, Memoria di un volto: Martin Luther King, Dipartimento per l'educazione alla nonviolenza delle Acli di Bergamo, Bergamo 2002. Il testo seguente e' quello del discorso tenuto da Martin Luther King all'assemblea della Montgomery Improvement Association, Holt Street Baptist Church, Montgomery, Alabama, 5 dicembre 1955. La traduzione italiana e' di Fulvio Cesare Manara, il testo originale e' in The Papers of Martin Luther King, jr, vol. III, Birth of a New Age, December 1955 - December 1956, Clayborne Carson (Ed.), Berkeley, University of California Press, 1997, pp. 71-74]

Amici miei, siamo di certo molto lieti nel vedere ciascuno di voi qui questa sera. Siamo qui stasera per una faccenda grave. In un senso generale, siamo qui perche' prima di tutto e innanzi tutto siamo cittadini americani, e siamo decisi ad esercitare la nostra cittadinanza nel suo significato piu' pieno. Siamo qui anche a causa del nostro amore per la democrazia, perche' abbiamo la radicata convinzione che la democrazia, quando da un fragile foglio di carta si traduce nella concretezza di un atto, e' la migliore forma di governo che esista sulla terra.
Ma siamo qui in un senso piu' specifico, a causa della situazione dei bus di Montgomery. Siamo qui perche' siamo determinati a fare in modo di correggere questa situazione. Non si tratta di una situazione nuova. Il problema esiste da moltissimo tempo. Da molti anni a questa parte i neri di Montgomery e in molte altre regioni sono stati afflitti dalla paralisi delle paure che li immobilizzano sugli autobus della nostra comunita'. In cosi' tante occasioni i neri hanno subito intimidazioni e sono stati umiliati e colpiti - oppressi - a causa del puro e semplice fatto di essere neri. Non ho tempo stasera di precisare la storia di questi numerosi casi. Molti di essi sono ora perduti nella fitta nebbia della dimenticanza, ma almeno uno rimane fisso innanzi a noi, vivido.
Proprio l'altro giorno, proprio lo scorso martedi' per essere esatti, uno dei cittadini migliori di Montgomery - non uno dei migliori cittadini neri, ma uno dei migliori cittadini di Montgomery - e' stato prelevato da un autobus e portato in prigione ed arrestato, perche' aveva rifiutato di alzarsi per cedere il proprio posto ad una persona bianca. Ora la stampa vorrebbe che noi credessimo che ella ha rifiutato di lasciare un posto nella sezione riservata ai neri, ma io voglio che questa sera voi sappiate che non esiste una sezione riservata ai neri. La legge non e' stata mai resa chiara su questo punto. Ora io credo di parlare con autorita' legale - non che abbia alcuna autorita' legale, ma penso di parlare con un'autorita' legale alle mie spalle - e affermo che la legge, l'ordinanza, l'ordinanza cittadina non e' stata mai resa chiara (2).
La signora Rosa Parks e' una brava persona. E, siccome doveva accadere, sono lieto che sia accaduto ad una persona come la signora Parks, perche' nessuno puo' dubitare sulla illimitata estensione della sua integrita'. Nessuno puo' mettere in dubbio l'altezza del suo carattere, nessuno puo' dubitare della profondita' del suo impegno cristiano e della sua devozione agli insegnamenti di Gesu'. E sono lieto, visto che doveva avvenire, che sia avvenuto ad una persona che nessuno puo' definire come un fattore di disturbo nella comunita'. La signora Parks e' una brava persona cristiana, modesta, e tuttavia c'e' integrita' e carattere in lei. E proprio perche' si e' rifiutata di alzarsi, ella e' stata arrestata.
E voi sapete, amici miei, viene un tempo in cui la gente si stanca di essere calpestata dal tallone di ferro dell'oppressione. Viene un tempo, amici miei, in cui la gente si stanca di essere immersa nell'abisso dell'umiliazione, dove si fa esperienza dello squallore di una lamentosa disperazione. Viene un tempo in cui la gente si stanca di essere scacciata dallo scintillante sole estivo della vita, e lasciata in piedi in mezzo al freddo pungente di un novembre alpino. Viene un tempo.
E siamo qui, siamo qui stasera perche' ora siamo stanchi. E voglio dire che non siamo qui per far ricorso alla violenza. Non lo abbiamo mai fatto. Voglio che sia noto in tutta Montgomery e in tutta la nazione che siamo cristiani. Crediamo nella religione cristiana. Crediamo negli insegnamenti di Gesu'. L'unica arma che abbiamo nelle nostre mani stasera e' l'arma della protesta. E' tutto.
E certo, certo, questa e' la gloria dell'America, pur con tutti i suoi difetti. Questa e' la gloria della nostra democrazia. Se fossimo chiusi dentro la cortina di ferro di una nazione comunista non potremmo far questo. Se fossimo caduti nella prigione di un regime totalitario non potremmo far questo. Ma la grande gloria della democrazia americana e' il diritto di protestare per i diritti. Amici miei, non permettiamo a nessuno di farci sentire che le nostre azioni sono paragonate a quelle del Ku Klux Klan o a quelle del "Consiglio dei cittadini bianchi". Non ci saranno croci bruciate, in nessuna fermata degli autobus di Montgomery. Non ci sara' alcuna persona bianca spinta fuori dalla sua casa e portata in una strada appartata per essere linciata per non aver cooperato. Non ci sara' fra noi alcuno che si alzera' per sfidare la Costituzione di questa nazione. Noi ci siamo riuniti qui solo a causa del nostro desiderio di vedere esistere il diritto. Amici miei, voglio che sia noto che stiamo per agire con decisa e coraggiosa determinazione per ottenere giustizia sugli autobus in questa citta'.
E noi non abbiamo torto, non siamo nel torto in cio' che facciamo. Se noi siamo nel torto, allora e' nel torto la Corte Suprema di questa nazione. Se noi siamo nel torto, la Costituzione degli Stati Uniti e' nel torto. Se noi siamo nel torto, Iddio onnipotente e' nel torto. Se noi siamo nel torto, allora Gesu' di Nazaret era solo un sognatore utopista, che non e' mai sceso sulla terra. Se noi siamo nel torto, la giustizia e' una menzogna. L'amore non ha alcun significato. E noi, qui a Montgomery, siamo ben decisi a lavorare e a batterci finche' la giustizia non scorrera' come l'acqua, e la rettitudine come una poderosa corrente (3).
Voglio dirvi che in tutte le nostre azioni dobbiamo tenerci uniti. L'unita' e' la grande esigenza di quest'ora, e se saremo uniti potremo ottenere molte delle cose che non solo desideriamo, ma meritiamo giustamente. E non vi lasciate spaventare da nessuno. Noi non abbiamo paura di quel che facciamo, perche' lo facciamo nel rispetto della legge. Nella nostra democrazia americana non c'e' mai un momento in cui dobbiamo pensare di essere nel torto se protestiamo. Noi ci riserviamo questo diritto. Quando i lavoratori ovunque in questa nazione si resero conto che sarebbero stati messi sotto i piedi dal potere capitalistico, non c'e' stato nulla di sbagliato se si sono organizzati ed hanno protestato per i loro diritti.
Noi, i diseredati di questa terra, noi che siamo stati oppressi tanto a lungo, siamo stanchi di attraversare la lunga notte della cattivita'. Ed ora stiamo per uscirne verso l'aurora della liberta', della giustizia e dell'uguaglianza. Lasciatemi dire, amici, mentre mi accingo a concludere, per darvi giusto qualche idea sul perche' siamo qui riuniti, che noi dobbiamo avere - e voglio sottolinearlo, in ogni nostra azione, in ogni nostra decisione qui stasera e nel corso della settimana -, dobbiamo avere Dio al centro. Facciamo in modo di essere cristiani in tutte le nostre azioni. Ma voglio dirvi stasera che per noi non e' sufficiente parlare di amore, l'amore e' uno dei punti cardine della fede cristiana. C'e' un altro lato, che si chiama giustizia. E la giustizia e' realmente amore in azione. La giustizia e' l'amore che corregge cio' che si rivolta contro l'amore.
Lo stesso Dio Onnipotente non e' solo il Dio che sta semplicemente la' e dice con Osea "Ti amo Israele". Egli e' anche il Dio che si leva di fronte alla nazione e afferma: "State calmi e sappiate che io sono Dio, e che se non mi obbedite spezzero' la spina dorsale del vostro potere e vi sbattero' fuori dall'orbita delle vostre relazioni internazionali e interne" (4). Schierarsi al fianco dell'amore e' sempre giustizia, e noi stiamo solo usando gli strumenti della giustizia. Non solo usiamo gli strumenti della persuasione, ma abbiamo capito che dobbiamo far ricorso agli strumenti della forza legittima. Questa faccenda non e' soltanto un processo educativo, e' anche un processo legislativo.
Mentre ci troviamo qui stasera, e mentre ci prepariamo per quel che accadra', cerchiamo di uscire di qui con una decisa e coraggiosa determinazione a rimanere tutti uniti. Noi lavoreremo insieme. Quando nel futuro saranno scritti i libri di storia, qualcuno dovra' dire che proprio qui, a Montgomery, "c'era un popolo, un popolo nero, capelli crespi e carnagione scura, un popolo che ha avuto il coraggio morale di alzarsi per far valere i propri diritti. E cosi' facendo hanno instillato un nuovo significato nelle vene della storia e della civilta'". E faremo tutto questo. Dio ci permetta di farlo prima che sia troppo tardi. E mentre procediamo con il nostro programma, pensiamo a tutto questo.
*
Note
1. King, Stride toward Freedom: The Montgomery Story, New York, Harper & Row, 1958, pp. 59-60. Le citazioni che King fa dal discorso in quest'opera (pp. 61-63) differiscono un poco dalle sue effettive parole.
2. Per abitudine gli autisti degli autobus potevano richiedere ai passeggeri neri di spostarsi indietro, una fila alla volta, quando la precedente sezione bianca era pienamente occupata e altri passeggeri bianchi dovevano prendere posto.
3. Amos, 5, 24.
4. King si riferisce a Osea, 11, 1. Si riferisce probabilmente anche al Salmo 46, 10.

7. MAESTRI. MARTIN LUTHER KING: UN TAMBURO MAGGIORE PER LA RETTITUDINE
[Nuovamente riproduciamo il seguente testo e nuovamente ringraziamo l'indimenticabile amico Fulvio Cesare Manara. Il testo seguente e' la traduzione di "The Drum Major Instinct", sermone pronunciato nella chiesa battista di Ebenezer, Atlanta, il 4 febbraio 1968]

Ogni tanto, immagino, tutti noi pensiamo in modo realistico al giorno in cui resteremo vittime di quello che e' il definitivo comune denominatore della vita: quella cosa che chiamiamo morte. Tutti noi ci pensiamo. E di tanto in tanto io penso alla mia morte, e penso al mio funerale. Non ci penso in maniera morbosa. Di tanto in tanto mi domando: "Che cosa vorrei che dicessero?". E stamani lascio a voi la parola.
Quel giorno mi piacerebbe che si dicesse: Martin Luther King junior ha cercato di dedicare la vita a servire gli altri.
Quel giorno mi piacerebbe che si dicesse: Martin Luther King junior ha cercato di amare qualcuno.
Vorrei che diceste, quel giorno, che ho cercato di essere giusto sulla questione della guerra.
Quel giorno vorrei che poteste dire che ho davvero cercato di dar da mangiare agli affamati.
E vorrei che poteste dire, quel giorno, che nella mia vita ho davvero cercato di vestire gli ignudi.
Vorrei che diceste, quel giorno, che ho davvero cercato, nella mia vita, di visitare i carcerati.
Vorrei che diceste che ho cercato di amare e servire l'umanita'.
Si', se volete dire che sono stato un tamburo maggiore, dite che sono stato un tamburo maggiore per la giustizia. Dite che sono stato un tamburo maggiore per la pace. Sono stato un tamburo maggiore per la rettitudine.
E tutte le altre cose di superficie non conteranno. Non avro' denaro da lasciare dietro di me. Non avro' le cose belle e lussuose della vita da lasciare dietro di me. Ma io voglio avere soltanto una vita impegnata da lasciarmi alle spalle. Ed e' tutto quel che volevo dire.
Se riesco ad aiutare qualcuno mentre passo, se riesco a rallegrare qualcuno con una parola o con un canto, se riesco a mostrare a qualcuno che sta andando nella direzione sbagliata, allora non saro' vissuto invano. Se riesco a fare il mio dovere come dovrebbe un cristiano, se riesco a portare la salvezza a un mondo che e' stato plasmato, se riesco a diffondere il messaggio come il Maestro ha insegnato, allora la mia vita non sara' stata invano.

8. MAESTRI. MARTIN LUTHER KING: SOGNI NON REALIZZATI
[Nuovamente riproduciamo il seguente testo e nuovamente ringraziamo l'indimenticabile amico Fulvio Cesare Manara. Il testo seguente e' quello del sermone pronunciato nella chiesa battista di Ebenezer, ad Atlanta, il 3 marzo 1968]

Immagino che uno dei grandi tormenti della vita sia che non smettiamo mai di cercare di terminare quel che non puo' essere terminato. Ci viene imposto di farlo. E cosi' anche noi, come Davide, in tante circostanze della vita dobbiamo arrenderci ai fatti: i nostri sogni non si sono realizzati.
La vita e' una serie continua di sogni infranti. Il Mahatma Gandhi si e' adoperato per anni e anni per l'indipendenza del suo popolo. Ma Gandhi ha dovuto arrendersi al fatto di essere stato assassinato e di morire con il cuore spezzato, perche' il paese che voleva unificare alla fine e' stato diviso fra India e Pakistan, in conseguenza del conflitto fra indu' e musulmani.
Woodrow Wilson sognava una Lega delle Nazioni, ma e' morto prima che la promessa fosse esaudita.
L'apostolo Paolo a un certo punto dice di voler andare in Spagna. Era il suo sogno piu' grande, portare il vangelo in quella regione. Paolo non e' mai andato in Spagna; e' finito nella cella di un carcere a Roma. Cosi' e' la vita.
Tanti fra i nostri antenati cantavano canti di liberta'. E sognavano il giorno in cui sarebbero potuti uscire dalla schiavitu', dalla lunga notte dell'ingiustizia. E cantavano certe piccole canzoni: "Nessuno sa i guai che ho patito, nessuno lo sa, soltanto Gesu'". Pensavano a giorni migliori e accarezzavano il loro sogno. E dicevano: "Sono tanto felice, perche' i dolori non durano per sempre. Tra poco, tra poco, potro' deporre il mio pesante fardello" (1). E cantavano cosi' perche' avevano un sogno grande e potente; ma molti di loro sono morti senza vederlo realizzato.
E ciascuno di voi, in un certo modo, sta costruendo una specie di tempio.
La lotta c'e' sempre. Ogni tanto ci fa perdere di coraggio. Ogni tanto diventa molto deludente. Alcuni di noi cercano di costruire un tempio della pace. Facciamo dichiarazioni contro la guerra, protestiamo, ma e' come se con la testa volessimo abbattere un muro di cemento. Sembra che non serva a niente. E molto spesso, mentre si cerca di costruire il tempio della pace si rimane soli; si resta scoraggiati; si resta smarriti.
Ebbene, cosi' e' la vita. E quel che mi rende felice e' che attraverso la prospettiva del tempo riesco a sentire una voce che grida: "Forse non sara' per oggi, forse non sara' per domani, ma e' bene che sia nel tuo cuore. E' bene che tu ci provi". Magari non riuscirai a vederlo. Il sogno puo' anche non realizzarsi, ma e' comunque un bene che tu abbia un desiderio da realizzare. E' bene che sia nel tuo cuore.
*
Adesso, lasciatemi aggiungere un altro punto. Ogni volta che vi accingete a costruire un tempio creativo, di qualunque genere sia, dovete accettare il fatto che nel cuore dell'universo esiste una tensione tra bene e male. L'induismo descrive questa situazione come una lotta fra illusione e realta'. La filosofia platonica la descriveva come una lotta fra il corpo e l'anima. Lo zoroastrismo, una religione antichissima, la descriveva come una tensione fra il dio della luce e il dio delle tenebre. Il giudaismo tradizionale e il cristianesimo la descrivono come una tensione fra Dio e Satana. Comunque vogliate chiamarla, nell'universo esiste la lotta fra il bene e il male.
Ebbene, non si tratta di una lotta collocata da qualche parte laggiu', nelle forze esterne dell'universo, e' una lotta strutturale alla nostra stessa vita. Gli psicologi hanno cercato di affrontare la questione alla loro maniera, e quindi la descrivono in vari modi. Secondo Freud, questa tensione e' la tensione fra quelli che egli chiama Es e Super?io. Alcuni di noi pensano che sia una tensione fra Dio e l'uomo.
Comunque, in ciascuno di noi, c'e' una guerra in corso. E' una guerra civile. Non conta chi sei, non conta dove vivi, nella tua vita c'e' una guerra civile in corso.
E ogni volta che tu ti disponi a essere buono, qualcosa ti strattona, ti dice di essere malvagio. Succede nella tua vita. Ogni volta che ti predisponi ad amare, qualcosa comincia a tirarti dalla sua parte, cercando di farti arrivare a odiare. Ogni volta che vorresti essere buono e dire cose gentili sugli altri, qualcosa ti spinge a essere geloso e invidioso e a diffondere malignita' sul loro conto. C'e' una guerra civile in corso.
In tutti noi esiste una sorta di schizofrenia, come la chiamerebbero gli psicologi e gli psichiatri. E a volte tutti noi in qualche modo sappiamo di avere dentro un mister Hyde e un dottor Jekyll. E alla fine dobbiamo esclamare, insieme a Ovidio, il poeta latino: "Vedo le cose migliori della vita e le approvo, ma quelle che faccio sono le cose malvagie". Alla fine ci tocca essere d'accordo con Platone, e dire che l'indole dell'uomo e' come un uomo che guida un carro con due cavalli testardi, ciascuno dei quali vuole andare in una direzione diversa. Oppure, a volte ci tocca esclamare addirittura, come fa sant'Agostino nelle Confessioni: "Signore, purificami, ma non subito" [Confessioni, lib. VIII, cap. 7]. Alla fine, ci tocca esclamare con l'apostolo Paolo: "E cosi' non faccio quel bene che voglio; faccio invece il male che non voglio" [Rm, 7, 19]. Oppure, alla fine dobbiamo dire con Goethe che "in me c'e' stoffa sufficiente per un galantuomo e per un farabutto".
Nel cuore della natura umana esiste una tensione: e ogni volta che ci disponiamo a sognare i nostri sogni o a costruire i nostri templi, dobbiamo essere cosi' onesti da riconoscerlo.
*
In ultima analisi, Dio non ci giudica per i singoli incidenti o per i singoli errori che commettiamo, ma per la tendenza generale della nostra vita. In ultima analisi, Dio sa che i suoi figli sono deboli e sono fragili. In ultima analisi, quel che Dio chiede e' che il vostro cuore sia retto.
E' la questione che vorrei sollevare con voi: il vostro cuore e' retto? Se non lo e', raddrizzatelo oggi; chiedete a Dio di raddrizzarlo. Fate che di voi si possa dire: "Magari non avra' raggiunto la vetta piu' alta, magari non avra' realizzato tutti i suoi sogni, pero' ha tentato". Non e' forse meraviglioso che si possa dire di voi una cosa simile? "Ha tentato di essere un uomo buono. Ha tentato di essere un uomo giusto. Ha tentato di essere un uomo onesto. Aveva buon cuore". E mi sembra di sentire una voce che attraverso l'eternita' grida: "Io ti accetto. Tu hai ricevuto la mia grazia perche' era nel tuo cuore. Ed e' molto bene che fosse nel tuo cuore".
Non so per quanto riguarda voi, ma io posso rendere una testimonianza. Non e' il caso che andiate a dire in giro che Martin Luther King e' un santo. No davvero. Stamani voglio che sappiate che sono un peccatore come tutti i figli di Dio. Pero' voglio essere un uomo buono. E un giorno voglio sentire una voce che mi dice: "Ti accolgo e ti benedico, perche' hai tentato. E' bene che cio' fosse nel tuo cuore".
*
Note
1. King cita due celebri esempi della tradizione spiritual: Nobody Knows e By and By.

9. MAESTRI. MARTIN LUTHER KING: SONO STATO SULLA CIMA DELLA MONTAGNA
[Nuovamente riproduciamo il seguente testo e nuovamente ringraziamo l'indimenticabile amico Fulvio Cesare Manara. Il testo seguente e' quello dell'intervento tenuto nel tempio del vescovo Charles J. Mason, a Memphis, Tennessee, il 3 aprile 1968; Martin Luther King fu assassinato il giorno dopo]

E sapete, se mi trovassi al principio dei tempi, e avessi la possibilita' di godere della visione generale e panoramica di tutta la storia umana fino a oggi, e l'Onnipotente mi dicesse: "Martin Luther King, in quale epoca ti piacerebbe vivere?", io con la mente volerei sull'Egitto, e guarderei i figli di Dio compiere il loro meraviglioso tragitto dalle buie carceri dell'Egitto attraverso il Mar Rosso, nel deserto, e avanti verso la terra promessa. E nonostante la magnificenza della visione, non mi fermerei.
Proseguirei verso la Grecia, e con la mente mi rivolgerei al monte Olimpo. E vedrei Platone, Aristotele, Socrate, Euripide e Aristofane riuniti intorno al Partenone, e li guarderei passeggiare mentre dibattono gli eterni e grandi problemi della realta'. Ma non mi fermerei.
Andrei ancora avanti, fino all'epoca della massima fioritura dell'impero romano, e vedrei come si svolgono gli eventi, da un imperatore all'altro, da un condottiero all'altro. Ma non mi fermerei.
Passerei all'epoca del Rinascimento, per avere un rapido quadro di cio' che quel periodo ha fatto per la vita culturale ed estetica dell'uomo. Ma non mi fermerei.
Vorrei anche percorrere i luoghi dove ha vissuto l'uomo di cui porto il nome, e osserverei Martin Lutero affiggere le sue novantacinque tesi sul portale del duomo di Wittenberg. Ma non mi fermerei.
Poi arriverei al 1863, vedrei un presidente titubante di nome Abraham Lincoln arrivare finalmente alla conclusione di dover firmare il Proclama dell'emancipazione. Ma non mi fermerei.
Tornerei ai primi anni Trenta, e vedrei un uomo lottare per risolvere i problemi provocati dallo stato di bancarotta della nazione, e uscirsene con una eloquente esclamazione: "Non abbiamo da temere nient'altro che la nostra stessa paura". Ma non mi fermerei.
Cosa strana, mi rivolgerei all'Onnipotente e gli direi: "Se mi permetterai soltanto di vivere qualche anno nella seconda meta' del Ventesimo secolo, saro' contento".
*
Ebbene, e' un'affermazione strana, questa, perche' il mondo e' tutto sottosopra. Il paese e' malato; la terra e' in pena, c'e' grande confusione. E' un'affermazione strana. Ma in qualche modo io so che le stelle si possono vedere soltanto se e' abbastanza buio. E in questo periodo del XX secolo io vedo l'azione di Dio. Nel nostro mondo accade qualcosa; le masse si stanno sollevando; e oggi, dovunque si radunino, che sia a Johannesburg in Sudafrica; a Nairobi in Kenya; ad Accra nel Ghana; a New York; ad Atlanta in Georgia; a Jackson nel Mississippi; o a Memphis nel Tennessee, il grido e' sempre uguale: "Vogliamo essere liberi".
E c'e' un'altra ragione per cui sono contento di vivere nel nostro tempo: siamo stati costretti ad arrivare a un punto in cui dovremo affrontare i problemi che gli uomini hanno cercato di risolvere lungo tutta la storia. La sopravvivenza esige che li affrontiamo. Da anni ormai gli uomini parlano di guerra e di pace; ma ormai non possono piu' limitarsi a parlarne. A questo mondo non e' piu' questione di scegliere tra violenza e nonviolenza; si tratta di scegliere: o nonviolenza o nonesistenza. Ecco a che punto siamo oggi.
E anche nella rivoluzione dei diritti umani, se non si fa qualcosa, e in fretta, per far uscire i popoli di colore del mondo dai loro lunghi anni di poverta', dai lunghi anni in cui sono stati feriti e messi da parte, il mondo intero e' destinato alla rovina. Ebbene, io sono proprio contento che Dio mi abbia concesso di vivere in quest'epoca, di vedere lo svolgersi degli eventi. E sono contento che mi abbia concesso di essere qui a Memphis.
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Ricordo, ricordo bene quando i neri si limitavano ad andare in giro, come ha detto tante volte Ralph, grattandosi dove non prudeva e ridendo quando nessuno faceva loro il solletico. Ma quei tempi sono finiti. Adesso facciamo sul serio, e siamo determinati a ottenere il posto che ci spetta di diritto nel mondo che Dio ha creato. E proprio qui sta il punto. Non abbiamo intrapreso una campagna di protesta negativa, non abbiamo intrapreso discussioni negative con nessuno; diciamo che siamo determinati a essere uomini; siamo determinati a essere popolo. Diciamo che siamo figli di Dio. E se siamo figli di Dio, non dobbiamo vivere come siamo costretti a vivere.
E dunque, che cosa significa tutto questo nella grande epoca storica che stiamo vivendo? Significa che dobbiamo restare uniti. Dobbiamo restare uniti e conservare l'unita'. Sapete, ogni volta che il faraone voleva prolungare il tempo della schiavitu' in Egitto, per riuscirci ricorreva al suo espediente prediletto. Quale era? Faceva in modo che gli schiavi combattessero fra loro. Ma ogni volta che gli schiavi sono uniti, nella corte del faraone succede qualcosa, e lui non riesce piu' a tenere schiavi gli schiavi. Quando gli schiavi si mettono insieme, comincia l'uscita dalla schiavitu'. Allora, conserviamo l'unita'.
Non permetteremo ai manganelli di fermarci. Nel nostro movimento nonviolento siamo maestri nel disarmare le forze di polizia; loro non sanno piu' che cosa fare. L'ho visto succedere tante volte. Mi ricordo a Birmingham, in Alabama, durante quella magnifica lotta, quando tutti i giorni partivamo dalla chiesa battista della sedicesima strada. Uscivamo dalla chiesa a centinaia, e Bull Connor ordinava di sguinzagliare i cani, e i cani arrivavano. Ma noi andavamo incontro ai cani cantando: "Non permettero' a nessuno di farmi tornare indietro". Poi Bull Connor diceva: "Aprite gli idranti". E, come vi dicevo l'altra sera, Bull Connor non conosceva la storia. Conosceva una specie di fisica che non so perche' non aveva nessun rapporto con la metafisica che conoscevamo noi. Si trattava del fatto che esiste un genere di fuoco che nessun'acqua riesce a spegnere. E noi andavamo incontro agli idranti. Noi conoscevamo l'acqua. Se eravamo battisti, o appartenevamo a qualche altra confessione cristiana, eravamo stati battezzati per immersione. Se eravamo metodisti, o di qualche altra confessione, eravamo stati spruzzati: ma in ogni modo, conoscevamo l'acqua. Non poteva fermarci.
Cosi', continuavamo a camminare incontro ai cani, e li guardavamo; e andavamo avanti, incontro agli idranti, e li guardavamo. E non facevamo altro che continuare a cantare: "Sopra la mia testa, nell'aria, vedo la liberta'".
E poi ci prendevano e ci mettevano nei cellulari, e a volte ci stavamo pigiati come sardine. E ci buttavano dentro, e il vecchio Bull diceva: "Portateli via". Loro lo facevano, e noi salivamo nel cellulare cantando "We Shall Overcome". E di tanto in tanto finivamo in prigione, e vedevamo i carcerieri guardare attraverso gli spioncini e commuoversi per le nostre preghiere e per le nostre parole e le nostre canzoni. C'era un potere in questo, al quale Bull Connor non riusciva ad abituarsi, e cosi' abbiamo finito col trasformare Bull [toro] in un vitello, e abbiamo vinto la nostra lotta di Birmingham.
Dobbiamo dedicarci a questa lotta fino alla fine. Non ci sarebbe tragedia peggiore che fermarsi a questo punto, a Memphis. Dobbiamo andare fino in fondo. Quando faremo la nostra marcia, dovete partecipare. Anche se vuol dire lasciare il lavoro, anche se vuol dire lasciare la scuola, venite lo stesso. Forse voi non siete in sciopero, ma o andremo su' insieme, o finiremo giu' insieme. Cerchiamo di sviluppare una specie pericolosa di altruismo.
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Un giorno un uomo ando' a trovare Gesu', perche' voleva discutere con lui su argomenti riguardanti le questioni fondamentali della vita. Voleva tendere un trabocchetto a Gesu', e dimostrargli che lui sapeva qualcosa di piu' di Gesu', per riuscire a confonderlo. La questione sarebbe potuta senz'altro finire in una disputa filosofica e teologica. Invece Gesu' la fece subito scendere dalle nuvole, e la colloco' nella situazione di una curva pericolosa della strada fra Gerusalemme e Gerico. E si mise a parlare di un uomo che si era imbattuto nei briganti. Ricorderete che un levita e un sacerdote passarono sull'altro lato della strada: non si fermarono per aiutarlo. Alla fine, passo' un uomo di un'altra razza. Smonto' dalla cavalcatura, e decise di non essere compassionevole per procura. Si chino' su di lui, invece, gli presto' i primi soccorsi, aiuto' quell'uomo nel bisogno. Gesu' conclude dicendo che era lui l'uomo buono, era lui il grande uomo, perche' era capace di proiettare l'"io" nel "tu", e di prendersi cura del proprio fratello.
Ebbene, sapete, noi esercitiamo molta immaginazione nel tentativo di stabilire come mai il sacerdote e il levita non si sono fermati. A volte diciamo che avevano fretta di arrivare a un'assemblea ecclesiale, a un raduno di religiosi, e dovevano affrettarsi verso Gerusalemme per non arrivare in ritardo alla riunione. In altri casi possiamo ipotizzare che ci fosse una legge religiosa, per cui chi doveva svolgere una cerimonia religiosa non doveva toccare il corpo di un essere umano nelle ventiquattro ore precedenti la cerimonia stessa. E in qualche caso cominciamo a chiederci se forse per caso non stessero andando a Gerusalemme, o piuttosto a Gerico, per fondare un'Associazione per il perfezionamento della strada di Gerico. Potrebbe anche darsi. Magari pensavano che fosse meglio affrontare il problema partendo dalle radici, dalle cause, invece che lasciarsi impantanare in un risultato su scala individuale.
Ma io voglio raccontarvi che cosa mi suggerisce la mia immaginazione. Potrebbe darsi che quei due uomini abbiano avuto paura. Vedete, la strada di Gerico e' una strada pericolosa. Ricordo quando sono andato per la prima volta a Gerusalemme, insieme alla signora King. Avevamo noleggiato una macchina e viaggiavamo da Gerusalemme a Gerico. E appena arrivammo su quella strada io dissi a mia moglie: "Ora capisco perche' Gesu' ha scelto questo posto per ambientare la sua parabola". E' una strada tutta curve; proprio l'ideale per un agguato. E' una strada pericolosa. All'epoca di Gesu' aveva preso il nome di "Passo del sangue'. E allora, capite, puo' darsi che il sacerdote e il levita abbiano gettato un'occhiata a quell'uomo steso in terra e si siano chiesti se i briganti fossero ancora nei paraggi. Oppure, magari hanno pensato che l'uomo steso a terra facesse finta; che fingesse di essere stato derubato e ferito, per saltar loro addosso, che volesse attirarli per un assalto veloce e facile. Ah, si'. E quindi, la prima domanda che il sacerdote si fa, la prima domanda che il levita si fa, e' questa: "Se mi fermo a soccorrere quest'uomo, che cosa mi capitera'?".
Ma poi e' passato il buon samaritano, e ha rovesciato la domanda: "Se non mi fermo a soccorrere quest'uomo, che cosa gli succedera'?".
Ecco la domanda che avete di fronte stasera. Non e' "se mi fermo a dare una mano agli operai della nettezza urbana, che cosa succedera' al mio lavoro?". Non e' "se mi fermo a dare una mano agli operai della nettezza urbana, che cosa ne sara' delle ore che di solito passo nel mio studio di pastore tutti i giorni e tutte le settimane?". La domanda non e' "se mi fermo per soccorrere quest'uomo nel bisogno, che cosa mi accadra'?". La domanda e': "se non mi fermo per aiutare gli operai della nettezza urbana, che cosa accadra' a loro?". Questa e' la domanda.
Questa sera alziamoci con maggiore disponibilita'. Prendiamo posizione con maggiore determinazione. E continuiamo ad avanzare in queste giornate di grande potenza, in queste giornate di sfida, per far si' che l'America diventi come dovrebbe essere. Abbiamo l'occasione di rendere l'America migliore. E io voglio ringraziare Dio, ancora una volta, per avermi concesso di esser qui con voi.
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Sapete, parecchi anni fa mi trovavo a New York per firmare le copie del mio primo libro. E mentre stavo seduto tutto preso da dediche e autografi, si avvicino' una donna nera, un'alienata. L'unica cosa che le sentii dire fu: "E' lei Martin Luther King?". Io guardavo in basso, perche' stavo scrivendo, e risposi: "Si'".
E un attimo dopo sentii qualcosa che mi dava un colpo sul petto. Prima che me ne rendessi conto, quella donna pazza mi aveva pugnalato. Mi portarono di corsa allo Harlem Hospital. Era un sabato pomeriggio, era gia' buio. La lama era andata in profondita', e dalla radiografia si vide che la punta sfiorava l'aorta, l'arteria principale. Se ti perforano l'aorta, anneghi nel tuo stesso sangue; sei finito. La mattina dopo, sul "New York Times" scrissero che se avessi anche solo starnutito, sarei morto.
Ebbene, a tre o quattro giorni dall'operazione, dopo che mi avevano aperto il torace e avevano estratto la lama, mi permisero di andare in giro per l'ospedale sulla sedia a rotelle. Mi lasciarono leggere un po' della posta che era arrivata per me: da tutti gli stati e dall'estero erano arrivate lettere gentili. Ne lessi qualcuna, ma ce n'e' una che non dimentichero' mai. Mi avevano scritto anche il presidente e il vicepresidente, ma ho dimenticato che cosa dicevano i loro telegrammi. Il governatore dello stato di New York era venuto a trovarmi e mi aveva scritto una lettera, ma ho dimenticato che cosa diceva la sua lettera.
C'era invece un'altra lettera, scritta da una bambina, una ragazzina che studiava al liceo di White Plains. Io guardai la sua lettera e non la dimentichero' mai. Diceva semplicemente: "Gentile professor King, frequento la quarta ginnasio nel liceo di White Plains". E continuava: "Non dovrebbe avere importanza, ma vorrei dire che sono bianca. Ho letto sul giornale della sua disgrazia e delle sue sofferenze. E ho letto anche che se avesse starnutito, sarebbe morto. E le scrivo semplicemente per dirle che sono tanto contenta che non abbia starnutito".
Vorrei dire che anch'io sono contento di non avere starnutito. Perche', se avessi starnutito, non mi sarei trovato da queste parti nel 1960, quando in tutto il Sud gli studenti cominciarono a prendere posto ai banchi delle caffetterie. E io sapevo che proprio mettendosi a sedere in realta' si stavano schierando a favore della parte migliore del sogno americano, e riportavano il paese a quelle grandi sorgenti della democrazia scavate dai padri fondatori nella Dichiarazione di indipendenza e nella Costituzione.
Se avessi starnutito, non mi sarei trovato da queste parti nel 1961, quando decidemmo di cominciare un viaggio per la liberta' e per mettere fine al segregazionismo sui mezzi di trasporto da uno stato all'altro.
Se avessi starnutito, non sarei stato da queste parti nel 1962, quando i neri di Albany, in Georgia, decisero di drizzare la schiena: e ogni volta che uomini e donne drizzano la schiena, riescono ad arrivare da qualche parte, perche' se stai diritto e non pieghi la schiena nessuno ti puo' montare addosso.
Se avessi starnutito, non sarei stato da queste parti nel 1963, quando la popolazione nera di Birmingham, nell'Alabama, e' riuscita a risvegliare la coscienza di questo paese e ottenere l'approvazione della legge sui diritti civili.
Se avessi starnutito, un po' piu' tardi in quello stesso anno, in agosto, non avrei avuto l'occasione di raccontare all'America di un sogno che avevo avuto.
Se avessi starnutito, non sarei stato a Selma, nell'Alabama, e non avrei assistito al grande movimento che si e' avuto in quella citta'.
Se avessi starnutito, non sarei venuto a Memphis per vedere una comunita' che si stringe intorno ai fratelli e alle sorelle che soffrono. Sono proprio contento di non avere starnutito.
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Ho lasciato Atlanta stamani, e mentre stavamo per partire - sull'aereo eravamo in sei - il pilota ci ha detto, attraverso l'interfono: "Scusate il ritardo, ma abbiamo sull'aereo il professor Martin Luther King. E per assicurarci che tutte le valigie fossero state controllate, e per essere sicuri che sull'aeroplano fosse tutto in ordine, abbiamo dovuto verificare con cura tutto quanto. E abbiamo tenuto l'aereo sotto protezione e sorvegliato per tutta la notte".
Poi sono arrivato a Memphis. E alcuni hanno cominciato a riferire le minacce, o a parlare delle minacce che erano state fatte, o a dire quel che mi sarebbe potuto accadere a causa di qualche nostro fratello bianco malato.
Ebbene, non so che cosa accadro' d'ora in poi; ci aspettano giornate difficili. Ma davvero, per me non ha importanza, perche' sono stato sulla cima della montagna. E non m'importa. Come chiunque, mi piacerebbe vivere a lungo: la longevita' ha i suoi lati buoni. Ma adesso non mi curo di questo. Voglio fare soltanto la volonta' di Dio. E Lui mi ha concesso di salire fino alla vetta. Ho guardato al di la', e ho visto la terra promessa. Forse non ci arrivero' insieme a voi. Ma stasera voglio che sappiate che noi, come popolo, arriveremo alla terra promessa. E stasera sono felice. Non c'e' niente che mi preoccupi, non temo nessun uomo. I miei occhi hanno visto la gloria dell'avvento del Signore.

10. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Adrian Ratto, Voltaire, Rba, Milano 2017, pp. 158, euro 9,99.
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Riletture
- Franca Ongaro Basaglia, Salute/malattia. Le parole della medicina, Einaudi, Torino 1982, pp. VI + 290.
- Silvia Vegetti Finzi, Storia della psicoanalisi, Mondadori, Milano 1986, 1994, pp. XIV + 454.
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Riedizioni
- Marina Cattaruzza, Marcello Flores, Simon Levis Sullam, Enzo Traverso (a cura di), Storia della Shoah. Volume 3. La Soluzione finale, Utet, Torino 2005, 2006, Rcs, Milano 2019, pp. X + 294, euro 9,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3341 del 27 marzo 2019
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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