[Nonviolenza] Telegrammi. 3041



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3041 del 20 aprile 2018
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

Sommario di questo numero:
1. Comitato Nepi per la Pace: Gioia e gratitudine per il novantaseiesimo compleanno di monsignor Dante Bernini
2. Enrico Peyretti: Una proposta
3. Rete italiana disarmo, Tavolo interventi civili di pace: Vi diciamo dove sono i pacifisti
4. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
5. L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari
6. Aldo Capitini: Principi dell'addestramento alla nonviolenza
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. ANNIVERSARI. COMITATO NEPI PER LA PACE: GIOIA E GRATITUDINE PER IL NOVANTASEIESIMO COMPLEANNO DI MONSIGNOR DANTE BERNINI
[Dal Comitato Nepi per la Pace riceviamo e diffondiamo]

Il comitato Nepi per la Pace esprime i piu' affettuosi auguri a monsignor Dante Bernini che il 20 aprile compie novantasei anni.
Don Dante Bernini e' una delle figure piu' fulgide, di esempio e riferimento nell'impegno per la pace in Italia e in Europa.
In questa occasione gli rinnoviamo la nostra gratitudine per la sua vita spesa al servizio e nell'impegno per la pace, la giustizia, in difesa dei diritti di tutte le persone e particolarmente dei piu' poveri, e in azioni e progetti di solidarieta' realizzati anche nei paesi africani.
In tempi come questi gravati da sanguinose guerre senza fine, violenze  indicibili e minacce nucleari abbiamo sempre piu' bisogno della voce e dell'esempio di persone come don Dante Bernini.
Di seguito una breve nota biografica con le motivazioni  del riconoscimento che la citta' di Viterbo gli ha tributato nel 2014 nella Giornata internazionale della nonviolenza.
"Don Dante Bernini, vescovo emerito della diocesi di Albano, gia' presidente della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale Italiana e gia' membro della "Comece'" (Commission des Episcopats de la Communaute' Europeenne), una delle figure piu' illustri dell'impegno di pace, solidarieta', nonviolenza, che nell'arco dell'intera sua vita come sacerdote e come docente e' stato costantemente impegnato per la pace e per la giustizia, nella solidarieta' con i sofferenti e gli oppressi, nell'impegno per la salvaguardia del creato, nella promozione della nonviolenza, unendo all'adempimento scrupoloso dei prestigiosi incarichi di grande responsabilita' un costante ascolto di tutti coloro che a lui venivano a rivolgersi per consiglio e per aiuto, a tutti sempre offrendo generosamente il suo conforto e sostegno, la sua parola buona e luminosa e l'abbraccio suo saldo e fraterno, la citta' di Viterbo grata per il suo impegno di pace".

2. EDITORIALE. ENRICO PEYRETTI: UNA PROPOSTA
[Ringraziamo di cuore Enrico Peyretti per questo intervento dal titolo originale "La guerra regna - Disperati, noi speriamo. E lavoriamo - Una proposta"]

I. Premesse per una proposta
La guerra tortura i popoli e distrugge le case, cioe' la vita, chiude i bambini nell'inferno fin dalla nascita, condanna 70 milioni di profughi a non avere dove posare il capo per riposare, e dove lavorare per vivere da cittadini.
Siria, Yemen, Sudan, Congo, eccetera, continuate voi la litania dolorosa della morte inflitta con le armi, con l'economia di rapina e con la diseguaglianza violenta.
Tutti quanti hanno sentimenti di umanita' sono offesi e disperati. Siamo offesi e disperati. Non vediamo soluzioni, ma accanitamente vogliamo soluzioni dei conflitti senza morte, con la parola disarmata del dialogo, con la ragione umana intelligente della vita - che ci distingue dalle bombe "intelligenti" -, col coraggio che la dignita' esige.
Offesi e disperati, ma non rassegnati, e dunque inventivi. Dobbiamo inventare soluzioni pacifiche, altrimenti non siamo degni di vivere. Invece di suicidarci, proponiamo e ci offriamo.
Il potere  e il dovere di vivere tutti, senza uccidere e distruggere, appartiene ai popoli, prima che ai capi politici. Un capo e' legittimo se serve la vita dei popoli, tutti i popoli, e non solo del suo. Se fa politica di potenza, e' delinquente internazionale, nemico di tutti. Non vogliamo la sua morte, ma il suo ritorno alla saggezza, oppure alla vita privata, destituito di potere segli altri.
*
II. Proposta
Vorremmo essere capaci di correre dove famiglie e bambini sono bombardati, le loro case distrutte. Vorremmo essere capaci di fare scudo umano alla loro vita, esercitare il primo e ultimo dei diritti umani a favore di chi e' offeso nel diritto di vivere senza minaccia.
Qualche tentativo di interposizione umana, con la forza della vita disarmata, e' stato fatto in passato (esempio: Sarajevo 1992). Ogni tentativo giusto non rimane senza frutto, anche se non subito, ma nel tempo successivo.
Proposta: ci sono dappertutto persone, uomini e donne, che rappresentano i popoli, o perche' scelti liberamente, ma anche informalmente, per qualita' morali, per saggezza, per bonta' personale, per ricerca e amore della bellezza nelle arti, per dedizione ai piu' poveri, per liberta' di parola, per capacita' di interpretare e dar voce ai sentimenti comuni, per intensita' di vita spirituale, per cultura aperta alle varie culture umane, per passione della giustizia, per semplice onesta' popolare. Queste persone rappresentano la migliore umanita' dei popoli nella sostanza reale, ancor piu' che attraverso i meccanismi democratici, preziosi e irrinunciabili, ma inquinati, come vediamo dappertutto, da interessi privati e volonta' di dominio. Senza assolutamente sostituire ne' delegittimare le forme democratiche, che sono irrinunciabili, oggi le voci dell'umanita' dei popoli, ignorate, tacitate, impedite, deformate, devono farsi sentire: non per decidere le controversie, ma per obbligare moralmente, con la forza della verita' umana, i responsabili politici a decidere in modo umano, per la vita giusta e libera, per la mediazione tra i diversi bisogni e i diversi interessi, senza uso della morte e della prepotenza.
Senza falsa umilta' (non sono tempi di finezze formali), queste persone si riconoscano tra loro, anche di culture e idee diverse, si convochino a vicenda, uomini e donne, piu' famosi o meno famosi presso i popoli. Usino bene, per una volta, la fama meritata, deposto ogni orgoglio e vanto personale, parlino alla gente non per farsi ammirare, ma per servire la vita di tutti. Se sono ricchi, impegnino il loro denaro. Si radunino a Ginevra, sede europea delle Nazioni Unite. Vadano insieme a Damasco, luogo oggi emblematico, dove si spara e si bombarda, vadano senza vanto, con coraggio fisico, disponibili ad usare la vita in difesa della vita. Rappresentino noi tutti come ambasciatori di fatto della volonta' di vita giusta e libera di tutti, dal bambino nato ieri nell'orrore, che ci invoca in modo irresistibile, fino al vecchio che vuol morire in pace tra i suoi, nel suo paese. Si mettano a fianco dei popoli torturati. Sappiano di essere piu' forti dei bombardatori stragisti.
Paghi le spese del viaggio l'Onu - nulla piu' di questo e' nelle sue competenze e doveri - e paghiamole noi stessi, contribuendo generosamente, noi tutti che comprendiamo un'azione come questa.
Sia questa una assemblea umana spontanea, in uno dei luoghi della guerra oscena. Ogni persona famosa chiami e porti con se' un'altra persona sconosciuta - rendiamoci disponibili con coraggio - che rappresenti i milioni e miliardi di umili sconosciuti, che sono la carne violentata dell'umanita'.
Sara' come la crociata disarmata dei bambini? Perche' no? I bambini ingenui hanno la pura sapienza della vita. C'e' una forza della vita, superiore alle forze della morte, del dominio, delle armi, dell'economia feroce che divora le persone, della politica che tradisce i popoli. Ma sara' soprattutto un'azione che svergogna e obbliga i decisori politici, i lanciatori di missili contro terra e case, gli spargitori di veleni che uccidono il respiro, i trasmettitori di falsita' che uccidono la conoscenza. Sara' un'azione che denuda i potenti violenti - "Il re e' nudo" grido' il bambino mentre tutti fingevano di vederlo vestito - e li mostra per cio' che sono e fanno: nemici della vita, delle vittime, e di noi spettatori offesi. Noi non li odiamo, vogliamo solo che ritornino nell'umanita'. Siamo umani, ridiventiamo umani, restiamo umani.
Sara' possibile? Sara' efficace? Avete altre migliori idee che ci riscattino dalla vergogna di assistere all'uccisione dell'umanita', nei corpi e negli animi?
Parliamone, confrontiamoci. Aiutiamoci l'un l'altro.

3. DOCUMENTAZIONE. RETE ITALIANA DISARMO, TAVOLO INTERVENTI CIVILI DI PACE: VI DICIAMO DOVE SONO I PACIFISTI
[Da molte persone ed associazioni amiche riceviamo e diffondiamo questo intervento dal titolo originale "Scoop: vi diciamo dove sono i pacifisti"]

Venerdi' 13 aprile in Piazza Santi Apostoli a Roma abbiamo tenuto una conferenza stampa per presentare l'appello "Cessate il fuoco!" che ha avuto l'adesione di oltre 100 organizzazioni, tra associazioni, sindacati, partiti, comitati, gruppi e singole persone, segno di grande unita' e convergenza, che ha dato il via ad una mobilitazione pacifista su tutto il territorio nazionale, che e' ancora in corso.
A parte le solite lodevoli eccezioni, come Avvenire e alcune agenzie di stampa, i giornalisti dei grandi quotidiani come Corriere e Repubblica erano assenti, salvo poi, il giorno dopo i bombardamenti, domandarsi "dove sono finiti i pacifisti?" e affidare i commenti a politici ed opinionisti esterni al movimento per la pace.
Certo, se non li si cerca la' dove sono, i pacifisti e' poi difficile trovarli.
Oggi ad esempio siamo nuovamente a Roma per lanciare una forte azione giudiziaria contro le autorita' italiane e alcune aziende per l'export di armi all'Arabia Saudita, assieme ad ong yemenite che denunciano le responsabilita' italiane negli attacchi aerei sauditi contro i civili. In Yemen la crisi umanitaria e' ancor piu' grave di quella siriana.
Sarebbe utile potersi confrontare per far conoscere all'opinione pubblica le nostre proposte e le tante iniziative che, con non poca fatica ed in isolamento mediatico e "politico" stiamo realizzando in Italia e nei luoghi di guerre. Sarebbe questo un servizio informativo utile, necessario al paese.
I giornalisti da salotto, quelli che si divertono ad intervistarsi tra di loro e ad esternare opinioni sull'annosa questione "dove sono i pacifisti?", dovrebbero cimentarsi con due tipologie della loro nobile professione, troppo spesso dimenticate: il giornalismo d'inchiesta e il giornalismo di guerra.
Sarebbero obbligati ad abbandonare lo stereotipo su cui si sono adagiati da decenni, quello del pacifista che ad ogni rumor di guerra scende in piazza per agitare la bandiera arcobaleno, pronti ad accusarlo di volta in volta di inutilita', di antiamericanismo, di velleitarismo o di ingenuita'; se invece non lo vedono, eccoli pronti a dire che il pacifismo e' morto. La stessa attitudine affligge purtroppo tanti politici che rispolverano il tema della pace quando vogliono distrarre l'opinione pubblica da problemi interni ai loro partiti.
Se i direttori dei giornali, anziche' limitarsi ad aprire le loro agende per intervistare i soliti esponenti, spesso autoproclamatisi rappresentanti del movimento, incaricassero qualche giornalista di fare lo sforzo di un'inchiesta, scoprirebbero cose molto interessanti.
Scoprirebbero che il pacifismo inane, da Ottocento, fu gia' superato storicamente ad inizio novecento proprio da Gandhi, che volto' pagina passando dal pacifismo imbelle alla nonviolenza attiva: "il pacifismo codardo e' la malattia infantile della nonviolenza coraggiosa". Sara' bene, quindi, che i critici del movimento pacifista odierno si aggiornino, poiche' sono rimasti indietro di oltre un secolo.
Oggi il movimento pacifista e nonviolento e' maturo e non si fa dettare l'agenda politica dai titoli di giornale, ma segue una propria strategia, conduce le proprie campagne, costruisce e allarga reti di relazioni, agisce dentro i conflitti reali, pur scontrandosi con l'indifferenza o l'ostilita' della politica e la grande difficolta' a trovare interlocutori nelle istituzioni. Non lo si trova nelle piazza a fare marce autoreferenziali. Lo si trova a lavorare sul campo, dentro ai movimenti che vogliono cambiare la realta' in meglio.
Oggi i pacifisti possono mettere in atto capacita' di studio, elaborazione ed analisi: dal controllo dell'export di armi alle denunce sulle falle del progetto F35, fino alla capacita' di scoperchiare il caso della fornitura di armi italiane all'Arabia Saudita, coinvolta nel conflitto nello Yemen, che stanno provocando una vera e propria catastrofe umanitaria. Sulla Siria, sui venti di guerra nel Medio Oriente, nel Mediterraneo, sui disastri delle politiche belliche delle potenze militari, i pacifisti hanno analisi approfondite e proposte concrete per un cambio di rotta necessario. Sicuramente possono e vogliono fare di piu' per incoraggiare gli scambi tra la nostra societa' civile e gli attivisti per i diritti umani e la pace sull'altra sponda del Mediterraneo.
I pacifisti nonviolenti hanno lavorato decenni ed ora hanno formato e inviato all'estero oltre un centinaio di giovani del servizio civile come Corpi Civili di Pace in aree di conflitto o a rischio, vere missioni di pace, non militari. Vi sono poi decine di migliaia di giovani che ogni anno svolgono il servizio civile nazionale, protagonisti nell'attuare il dovere costituzionale della difesa della Patria, che non e' solo difesa militare.
Il pacifismo italiano attua anche una politica di relazioni e solidarieta' internazionale. Volontari e cooperanti italiani partecipano a progetti di riconciliazione e gestione nonviolenta dei conflitti in luoghi difficili. E' un modo per aiutare la nascita e lo sviluppo dei movimenti nonviolenti anche in contesti di guerra.
Si potrebbe poi fare un lungo elenco delle Campagne messe in atto e risultate vincenti, come quella contro le bombe a grappolo, contro le mine antiuomo, il trattato sul commercio delle armi, e da ultimo il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari, per cui Ican e le organizzazioni italiane partner hanno ottenuto il Nobel per la pace 2017.
Sono solo alcune piste di lavoro per chi avesse voglia di uscire dalla redazione e consumare un po' di suole delle scarpe. Sono moltissime le sedi dei movimenti per la pace dove trovare materiali, archivi, indirizzi, persone che vale la pena intervistare. Per gli opinionisti piu' pigri possiamo suggerire di dare una letta, e qualche volta anche pubblicare, i tanti comunicati stampa che le reti della pace e del disarmo emettono frequentemente, come quello firmato da oltre 100 sigle associative e sindacali la scorsa settimana il giorno prima dei bombardamenti a guida statunitense sulla Siria, un segno di grande unita' e convergenza.
E per quelli ancora piu' pigri, consigliamo la lettura dei siti delle associazioni pacifiste e di alcune riviste, come Nigrizia, Mosaico di pace, Azione nonviolenta, dove si pui' leggere un ottimo giornalismo di pace.
Ultimo suggerimento: oltre a chiedersi "dove sono i pacifisti", ogni tanto ci si chieda anche dove sono le missioni militari: quante sono, cosa fanno, quanto costano, che risultati hanno ottenuto; sara' molto interessante comparare costi e benefici nel settore militare e costi e benefici nel settore della prevenzione nonviolenta dei conflitti.
"La nonviolenza e' lo stile di una politica per la pace", lo dice Papa Francesco; se ne potrebbero accorgere anche i direttori dei grandi giornali.
In fondo il giornalismo e' la ricerca della verita', e la verita' e' sempre la prima vittima della guerra.
Rete italiana disarmo, Tavolo interventi civili di pace
Sottoscrivono, inoltre, le seguenti associazioni aderenti: Mao Valpiana, Movimento Nonviolento; Martina Pignatti Morano, Un ponte per; don Albino Bizzotto, Beati i costruttori di pace; don Renato Sacco, Pax Christi; Maurizio Simoncelli, Archivio Disarmo; Licio Palazzini, Arci Servizio Civile; Tonio dell'Olio, Pro Civitate Christiana; Angela Dogliotti Marasso, Centro Studi Sereno Regis; Luisa Morgantini, Assopace Palestina; Pierluigi Biatta, Opal; Francesco Ambrosi, Movimento Internazionale della Riconciliazione; Vittorio Bellavite, Noi siamo chiesa; Tiziana Volta, Mondo senza guerra e senza violenza; Alessandro Capuzzo, Comitato pace e convivenza Danilo Dolci.
Per contatti stampa: Movimento Nonviolento, tel. 3482863190 o 0458009803.

4. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

5. REPETITA IUVANT. L'ITALIA SOTTOSCRIVA E RATIFICHI IL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017.
Salvare le vite e' il primo dovere.

6. MATERIALI. ALDO CAPITINI: PRINCIPI DELL'ADDESTRAMENTO ALLA NONVIOLENZA
[Riproponiamo ancora una volta il testo del capitolo ottavo, "Principi dell'addestramento alla nonviolenza", del libro di Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, Milano s. d. (ma 1967). Successivamente il libro e' stato ristampato nel 1989 da Linea d'ombra edizioni, Milano (con minimi tagli nella nota bibliografica). E' stato poi integralmente incluso in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992 (alle pp. 253-347).
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Tra le opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' ancora quella a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); ma notevole ed oggi imprescindibile e' anche la recente antologia degli scritti a cura di Mario Martini, Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004, 2007; delle singole opere capitiniane sono state recentemente ripubblicate: Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989, Edizioni dell'asino, Roma 2009; Elementi di un'esperienza religiosa, Cappelli, Bologna 1990; Colloquio corale, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2005; L'atto di educare, Armando Editore, Roma 2010; cfr. inoltre la raccolta di scritti autobiografici Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; La religione dell'educazione, La Meridiana, Molfetta 2008; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Piu' recente e' la pubblicazione di alcuni carteggi particolarmente rilevanti: Aldo Capitini, Walter Binni, Lettere 1931-1968, Carocci, Roma 2007; Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008; Aldo Capitini, Guido Calogero, Lettere 1936-1968, Carocci, Roma 2009. Tra le opere su Aldo Capitini: a) per la bibliografia: Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Bibliografia di scritti su Aldo Capitini, a cura di Laura Zazzerini, Volumnia Editrice, Perugia 2007; Caterina Foppa Pedretti, Bibliografia primaria e secondaria di Aldo Capitini, Vita e Pensiero, Milano 2007; segnaliamo anche che la gia' citata bibliografia essenziale degli scritti di Aldo Capitini pubblicati dal 1926 al 1973, a cura di Aldo Stella, pubblicata in Il messaggio di Aldo Capitini, cit., abbiamo recentemente ripubblicato in "Coi piedi per terra" n. 298 del 20 luglio 2010; b) per la critica e la documentazione: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Mario Martini (a cura di), Aldo Capitini libero religioso rivoluzionario nonviolento. Atti del Convegno, Comune di Perugia - Fondazione Aldo Capitini, Perugia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Gian Biagio Furiozzi (a cura di), Aldo Capitini tra socialismo e liberalismo, Franco Angeli, Milano 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; Maurizio Cavicchi, Aldo Capitini. Un itinerario di vita e di pensiero, Lacaita, Manduria 2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; Alarico Mariani Marini, Eligio Resta, Marciare per la pace. Il mondo nonviolento di Aldo Capitini, Plus, Pisa 2007; Maura Caracciolo, Aldo Capitini e Giorgio La Pira. Profeti di pace sul sentiero di Isaia, Milella, Lecce 2008; Mario Martini, Franca Bolotti (a cura di), Capitini incontra i giovani, Morlacchi, Perugia 2009; Giuseppe Moscati (a cura di), Il pensiero e le opere di Aldo Capitini nella coscienza delle giovani generazioni, Levante, Bari 2010; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; e Amoreno Martellini, Fiori nei cannoni. Nonviolenza e antimilitarismo nell'Italia del Novecento, Donzelli, Roma 2006; c) per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato ed i volumi bibliografici segnalati sopra]

Una parte del metodo nonviolento, tra la teoria e la pratica, spetta all'addestramento alla nonviolenza. Le ragioni principali per cui e' necessaria questa parte sono queste:
a) l'attuazione della nonviolenza non e' di una macchina, ma di un individuo, che e' un insieme fisico, psichico e spirituale;
b) la lotta nonviolenta e' senza armi, quindi c'e' maggior rilievo per i modi usati, per le qualita' del carattere che si mostra;
c) una campagna nonviolenta e' di solito lunga, e percio' e' utile un addestramento a reggerla, a non cedere nemmeno per un istante;
d) la lotta nonviolenta porta spesso sofferenze e sacrifici; bisogna gia sapere che cosa sono, bisogna che il subconscio non se li trovi addosso improvvisamente con tutto il loro peso;
e) le campagne nonviolente sono spesso condotte da pochi, pochissimi, talora una persona soltanto; bisogna che uno si sia addestrato a sentirsi in minoranza, e talora addirittura solo, e perfino staccato dalla famiglia.
I maestri di nonviolenza si sono trovati davanti al problema dell'addestramento, sia per riprodurre nel combattente nonviolento le qualita' fondamentali del "soldato", sia per trarre dal principio della nonviolenza cio' che essa ha di specifico. Si sa che le qualita' del guerriero sono formate e addestrate fin dai tempi della preistoria e si ritrovano perfino al livello della vita animale. Le qualita' del nonviolento hanno avuto una formazione piu' incerta, meno consistente ed energica, per la stessa ragione che la strategia della pace e' meno sviluppata della strategia della guerra. Ma, prima che Gandhi occupasse il campo della nonviolenza con il suo insegnamento, il piu' preciso e articolato che mai fosse avvenuto, indubbiamente ci sono stati addestramenti alla nonviolenza, contrapposti a quelli violenti; esempi di monaci buddisti, i primi cristiani, i francescani, che hanno lasciato indicazioni preziose in questo campo, che qui non e' possibile elencare. Ma basti pensare all'armonia della posizione di Gesu' Cristo espressa in quella raccolta di passi che e' detta "il discorso della montagna", dove e' il suscitamento di energia per resistere, per incassare i colpi, ricordando il "servo di Dio" come era stato espresso da Isaia (cap. LIII): "Maltrattato, tutto sopportava umilmente"; l'enunciazione del rapporto con le cose, del valore della prassi, ma anche l'elemento contemplativo, come un mondo migliore gia' dato in vista all'immaginazione nelle beatitudini, messe giustamente in principio perche' sono l'elemento piu' efficace nell'addestramento, anche piu' della preghiera.
Gli Esercizi spirituali di Sant'Ignazio, il fondatore della Compagnia dei Gesuiti, sono un testo famoso di addestramento spirituale, e il loro esame puo' essere utile per vedere il carattere di quell'addestramento incentrato sulla persona di Gesu' Cristo, sull'istituzione della Chiesa romana, sull'obbedienza assoluta come se si fosse cadaveri: tali caratteri vanno posti insieme con quelli dell'addestramento militare, che e' chiuso nell'immedesimazione con un Capo o Sovrano, nella difesa di un'istituzione che e' lo Stato, nell'obbedienza che e' rinuncia a scelte e ad iniziative; "chiuso", perche' il metodo nonviolento non discende da un Capo, ma e' aperto a immedesimarsi con tutte le persone, a cominciare dalle circostanti: non fa differenza tra compagni e non compagni, perche' e' aperto anche agli avversari che considera uniti nella comune realta' di tutti; ne' puo' fare dell'obbedienza un principio di assoluto rilievo, perche' l'addestramento nonviolento tende a formare abitudini di consenso e di cooperazione, riducendo l'obbedienza a periodi non lunghi per i quali essa venga concordata, per condurre un'azione particolare.
I piu' grandi valori spirituali escono da una concezione aperta, non chiusa; essi sono per tutti, non per un numero chiuso di persone. Cosi e' per es. la musica; essa parla come da un centro, ma il suo raggio e' infinito, oltre il cerchio di coloro che in quel momento sono presenti: ci sono altri che l'ascoltano per radio e altri, infinitamente, che potranno ascoltarla. Cosi' e' l'azione nonviolenta: essa e' compiuta da un centro, che puo' essere di una persona o di un gruppo di persone; ma essa e' presentata e offerta affettuosamente al servizio di tutti: essa e' un contributo e un'aggiunta alla vita di tutti. Questo animo e' fondamentale nell'addestramento alla nonviolenza: sentirsi centro rende modesti e pazienti, toglie la febbre di voler vedere subito i risultati, toglie la sfiducia che l'azione non significhi nulla. Anche se non si vede tutto, l'azione nonviolenta e' come un sasso che cade nell'acqua e causa onde che vanno lontano. Questo animo di operare da un centro genera a poco a poco il sentimento della realta' di tutti., dell'unita' che c'e' tra tutti gli esseri, un sentimento molto importante per la nonviolenza, che e' incremento continuo del rapporto con tutti.
*
Elementi storici, ideologici, psicologici dell'addestramento
Entriamo ora nell'esame dei vari elementi che compongono l'addestramento. E vediamo come primi due elementi storici, uno particolare ed uno generale:
a) nella situazione storica in cui si vive bisogna accertare cio' contro cui si deve lottare nonviolentemente: un'oppressione, uno sfruttamento, un'ingiustizia, un'invasione ecc.; questo accertamento e' uno stimolo per raccogliere le energie e per indurre ad un attento esame della concreta situazione;
b) l'elemento storico generale e' la persuasione del posto che oggi ha la nonviolenza nella storia dell'umanita': se si tiene presente il quadro generale attuale si vede che ai grandi Stati-Imperi politico-militari che si stanno formando, bisogna contrapporre, come al tempo dei primi cristiani, un agire assolutamente diverso, una valutazione dell'individuo, una fede che congiunge persone diverse e lontane. Sentire che questo e' il momento per l'apparizione e il collegamento del mondo nonviolento fa capire che oggi non valgono piu' le vecchie ideologie che assolutizzavano la patria: oggi la patria suprema e' la realta' di tutti, da cui viene il rifiuto di divinizzare gli Stati e i loro Capi, di bruciare il granello d'incenso in loro onore.
Anche gli elementi ideologici sono essenziali nell'addestramento:
a) lo studio delle teorie della nonviolenza, la lettura dei grandi episodi e delle grandi campagne, l'escogitazione di casi in cui uno potrebbe trovarsi per risolverli con la nonviolenza; l'informazione su cio' che e' stato finora fatto con il metodo nonviolento e le frequenti discussioni con gruppi nonviolenti e anche con estranei alla nonviolenza, per ricevere obbiezioni, critiche, disprezzo o ridicolo;
b) il mutamento della considerazione abituale della vita come amministrazione tranquilla del benessere: il sapere bene che in questa societa' sbagliata i nonviolenti sono in un contrasto, che la loro vita sara' scomoda, che e' normale per loro ricevere colpi, essere trattati male, veder distrutti oggetti propri.
Da questi due elementi ideologici conseguono due tipi di esercizi:
1. il primo e' la meditazione (che puo' essere fatta dalla persona singola o dal gruppo nonviolento in circolo silenzioso) di qualche evento culminante delle passate affermazioni della nonviolenza. Esempi: Gesu' Cristo al momento dell'arresto, quando riaffermo' chiaramente la sua differenza dal metodo della rivolta armata; la marcia del sale effettuata da Gandhi; la visita di San Francesco al Sultano per superare le crociate sanguinose; l'angoscia dell'aviatore di Hiroshima;
2. il secondo e' la scuola di nonviolenza istituita appositamente (come hanno fatto i negri d'America) per abituarsi a ricevere odio, offese, ingiurie, colpi (esempi: parolacce, percosse, oggetti lanciati; essere arrestato, legato).
Vediamo ora alcuni elementi psicologici:
a) il nonviolento e' convinto che la cosa principale non e' vincere gli altri, ma comportarsi secondo nonviolenza; nelle dispute il nonviolento non vuota tutto il sacco delle critiche, delle accuse, degli argomenti a proprio vantaggio, e lascia sempre qualche cosa di non detto, come un silenzioso regalo all'avversario; naturalmente evita le ingiurie, quelle che si imprimono per sempre come fuoco nell'animo dell'avversario, e che pare aspettassero il momento adatto per esser dette. Il nonviolento pensa che l'avversario e' un compagno di viaggio; e puo' avere fermezza e chiarezza, senza amareggiarlo;
b) il nonviolento e' convinto che non e' la fretta a vincere, ma la tenacia, l'ostinazione lunga, come la goccia che scava la pietra, come la cultura che cresce a poco a poco, come il corallo (il paragone e' del Gregg) si forma lentamente ed e' durissimo. La pressione nonviolenta e' lenta e instancabile: e' difficile che se e' cosi, non riesca. Perde chi cede, chi si stanca, chi ha paura;
c) il persuaso della nonviolenza, formandosi, viene collocando la nonviolenza al contro delle passioni, degli altri affetti, dei sentimenti; cioe' non e' necessario che egli faccia il vuoto nel mondo dei suoi sentimenti, perche' il vuoto potrebbe inaridire la stessa nonviolenza; ma egli stabilisce, con un lungo esercizio di scelte e di freni, la prospettiva che mette al centro lo sviluppo della nonviolenza, e tutto il resto ai lati;
d) l'interno ordine psicologico puo' essere aiutato dalla persuasione che la nonviolenza conta su una forza diversa da quella dei meccanismi naturali (la scienza non dice di aver esaurito l'elenco delle forze che agiscono sulla realta'): questa forza diversa puo' essere chiamata lo Spirito, puo' essere personificata in Dio, e la preghiera e' uno dei modi per stabilire e rafforzare il proprio ordine interno;
e) un altro elemento di forza interiore e' quello conseguito con decisione come voti, rinunce, digiuni: sono eventi importanti che influiscono sulla psiche, le danno il senso di una tensione elevata, la preparano a situazioni di impegno.
Da questi elementi psicologici conseguono importanti modi di comportamento:
1. la costante gentilezza e pronta lealta' verso tutti; la gentilezza e' un'espressione della vita nonviolenta, come una volta l'eremitismo era una posizione della vita religiosa; gentilezza vuol dire anche tono generalmente calmo e chiaro della voce;
2. la cura della pulizia personale, degli abiti, delle cose circostanti; essa suscita rispetto verso se stessi e rispetto negli altri verso il nonviolento, mentre e' facile destare violenza contro chi e' sporco, puzza, non si lava ed e' trascurato nel vestito e nelle sue cose;
3. un buon umore e spesso lo humor (dice giustamente il Gregg che corrisponde alla "umilta'" raccomandata un tempo). Insomma il nonviolento lascia ridere gli altri su di se', e si associa spesso a loro;
4. l'attenzione a mantenersi in buona salute e capaci di resistere agli sforzi, mediante la sobrieta', regole igieniche, cure, e' utile al nonviolento per possedere una riserva di energia per affrontare prove straordinarie.
*
Gli elementi sociali
Gli elementi sociali hanno importanza preminente nell'addestramento. Vediamone alcuni:
a) Una prova di apertura sociale e' la nonmenzogna. E' noto quanta importanza abbia la veracita' nei voti gandhiani, nei voti francescani. San Francesco una volta accetto' che fosse messo un pezzo di pelliccia all'interno della tonaca dove questa urtava sulla sua piaga, purche' un identico pezzo di pelliccia fosse messo all'esterno, nella parte corrispondente. La nonmenzogna rende gli altri potenzialmente presenti alla propria vita, stabilisce che cio' che uno pensa, e' potenzialmente di tutti.
b) Un addestramento di alta qualita' sociale e' l'unirsi con altri per costituire assemblee periodiche per la discussione dei problemi locali e generali, per esercitare il controllo dal basso su tutte le amministrazioni pubbliche. I nonviolenti sono i primi animatori di questa attivita' aperta che comprende tutti, e fa bene a tutti, e che si realizza con la regola del dialogo di "ascoltare e parlare".
c) Un'attivita' particolare esercitano i nonviolenti per diffondere tra tutti la lotta contro la guerra, la sua preparazione e la sua esecuzione.
d) I nonviolenti impiantano un'attivita' continua di aiuto sociale nel mondo circostante, sia associandosi nei Pronti Soccorsi, sia realizzando iniziative di visite ai carcerati, di aiuto agli ex-carcerati, di visitare malati, di educazione e ricreazione dei fanciulli, di educazione degli adulti, di cura dei vecchi, di aiuto alla salute pubblica, di amicizia con i miseri. I nonviolenti fanno le loro campagne nonviolente, movendo da una normale attivita' di servizio sociale precedente alla campagna e tornando ad essa, appena finita la campagna con successo o no: e' anche un modo per ritemprare le forze, per non incassare inerti una sconfitta.
e) Il Gregg ha molto insistito, anche in un saggio speciale, sull'importanza del lavoro manuale nell'addestramento alla nonviolenza perche' crea un senso di fratellanza nel fare qualche cosa con gli altri ben visibilmente, e abitua alla disciplina, a sottomettersi pazientemente ad uno scopo.
f) Un altro elemento sociale e' il cantare insieme, fare balli popolari, passeggiate ed esecuzioni e sport collettivi, mangiare insieme.
g) Qualcuno suggerisce anche di sostituire a quello che e' l'orgoglio dei soldati per le glorie del loro "reggimento", l'affermazione di cio' che il gruppo nonviolento ha fatto. Ma fondamentale e' far comprendere che le azioni nonviolente sono per tutti, e, non soltanto per il centro che le promuove.
h) Affiancata all'addestramento nella nonviolenza, e' la conoscenza di leggi, per il caso dell'urto con la polizia o lo Stato, con arresti, processi, prigionia.
L'addestramento e' necessario per dare una solida preparazione alle situazioni. I nonviolenti debbono avere una serie di abitudini consolidate e possedere una serie di previsioni di probabili conseguenze delle loro azioni nonviolente. Il Gregg cita l'utilita' dell'imparare a nuotare come segno dei passaggio al possesso di un'abitudine, della paura iniziale e dell'aiuto venuto anche da altri nell'addestramento. Chi ha provato che cosa sia la prigione per un notevole periodo, sa quanto sarebbe utile prepararsi a. sdrammatizzare l'avvenimento nel proprio animo, visitando le prigioni, aiutando gli ex-carcerati ecc. Anche la nonviolenza e' certamente danneggiata dagli improvvisatori, da coloro che pretendono di creare tutto sul momento; che sono quelli che si stancano prima. E la nonviolenza, se per un quarto e' amorevolezza, e per un altro quarto e' conoscenza, per due quarti e' coraggiosa pazienza.
E' stato detto giustamente che gli iniziatori del metodo scientifico non potevano prevedere quali risultati esso avrebbe dato; e cosi' sara' del metodo nonviolento.

7. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Thomas Hobbes, Pagine scelte e commentate, Rcs, Milano 2017, pp. 208, euro 6,90. A cura di Gianni Paganini.
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Riletture
- Aldo Palazzeschi, Tre imperi... mancati. Cronaca 1922-1945, Vallecchi, Firenze 1945, Mondadori, Milano 2016, pp. XLII + 238.
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Riedizioni
- Svetlana Aleksievic, Tempo di seconda mano, Bompiani, Milano 2014, 2018, pp. 780, euro 14.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3041 del 20 aprile 2018
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

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