[Nonviolenza] Voci e volti della nonviolenza. 870



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Numero 870 del 17 aprile 2018

In questo numero:
1. Alcuni fogli volanti del 2000, 2001 e 2002
2. Quelli che festeggiano il quattro novembre
3. Una meditazione
4. Tre antipoesie
5. Come l'Orco ti soggioga
6. Nuove antipoesie
7. Ballata per una Regina morta ammazzata sulla strada tra Tuscania e Tarquinia nell'estate del duemilauno
8. Litania dei morti in preghiera
9. Canzone della strada che tutti sappiamo dove va a finire
10. Chiamare una guerra "giustizia infinita"
11. Sopra un verso di Dante
12. D'improvviso
13. Una meditazione del giorno dopo
14. Viaggiando in treno
15. Nell'anniversario della notte dei cristalli
16. tra il settembre e il novembre del '38
17. Vecchi volantini degli anni Novanta

1. MATERIALI. ALCUNI FOGLI VOLANTI DEL 2000, 2001 e 2002

Riproponiamo qui alcuni fogli volanti apparsi nel nostro notiziario nel 2000, nel 2001 e nel 2002.

2. QUELLI CHE FESTEGGIANO IL QUATTRO NOVEMBRE

I.

Quelli che festeggiano la guerra vinta
festeggiano la guerra persa dagli altri.

I vivi marciano, s'abbracciano i vivi, i morti
giacciono, giacciono senza piu' risveglio.

Tutto cio' che e' stato distrutto
e' divenuto seme di nuove distruzioni.
Tutto cio' che e' sopravvissuto
e' l'odio che lo ha tenuto in piedi.

Molti i malvagi
prima della guerra
dopo la guerra
solo i malvagi.

A guerra finita i governanti
si stringono la mano, e dalla stretta
il sangue ancora stilla delle vittime.
A guerra finita i governati
stringono l'ultima lettera dei morti
sulle macerie in nota di cicogna.

L'ultima guerra sempre ne prepara
una nuova. Piu' vasta e piu' crudele.

II.

Dell'esercito l'unica utile
ragionevole riforma
e' la sua abolizione.

3. UNA MEDITAZIONE

Udii una voce che mi comandava:
che nessun uomo resti solo.

Lunga e fredda e' la notte, nessuno
sia abbandonato al freddo e all'orco.

Lungo e' il cammino e poche le provviste:
nessuno osi rubare la borraccia.

Chi abbandonera' il ferito verra' abbandonato,
chi irridera' lo zoppo sara' umiliato,
chi osera' colpire uno dei piccoli
sciagura a lui, mai sara' perdonato.

L'ombra, la fonte, i frutti del mondo
sono di tutti. Sappia l'ingordo
che cio' che lui di troppo
ha preso, a qualcun altro manchera'.

Udii una voce che mi domandava:
tu cosa hai fatto dinanzi al dolore?

4. TRE ANTIPOESIE

Nessuno deleghi nessuno; nessuno
s'illuda di essere foglia, nessuno
si lasci ridurre a pezzo di ferro, nessuno
accetti di essere meno di un essere umano
che ha scienza del bene e del male.

*

Contrastare il militarismo,
anche dentro di noi.

contrastare l'autoritarismo,
anche dentro di noi.

La violenza del potere che opprime contrastarla
anche dentro di noi.

Come puoi contrastare il fascismo
se non lo contrasti anche dentro di te.

*

Non moltiplicare le carte, il gioco
e' gia' cosi' difficile.

Non moltiplicare le grida, le grida
che assordano.

Non moltiplicare le merci, le pseudopersone
che assediano e spengono la vita.

Non moltiplicare le piaghe, al male
si puo' si deve resistere.

Non moltiplicare altro
che il pane, che i pesci.

5. COME L'ORCO TI SOGGIOGA

Come l'Orco ti soggioga: ti rende uguale a lui, e solo allora si fa vincere, e divorare. E tu diventi l'Orco.

6. NUOVE ANTIPOESIE

Leggo di illusi che sperano che i ricchi
possano fare qualcosa di buono per i poveri:
come potrebbero essere ricchi
se non derubassero i poveri?

*

Il volto dell'altro che nudo ti appare
e tu non divorarlo il nudo volto
dell'altro doloroso che ti appare.

*

A cosa servono le parole
se non a contrastare la morte?

A cosa serve il linguaggio
se non a impedire le uccisioni?

7. BALLATA PER UNA REGINA MORTA AMMAZZATA SULLA STRADA TRA TUSCANIA E TARQUINIA NELL'ESTATE DEL DUEMILAUNO

Ci sono cose che non sai come dirle
e allora le scrivi a righe interrotte.

Dilaniata dai randagi la salma
e' stata scoperta giorni addietro
di una giovane donna nigeriana
resa schiava in Italia e venduta
come carne e cavita' sulla strada
tra Tuscania e Tarquinia, tra le tombe
etrusche, le romaniche chiese, le ubertose
campagne che vanno alla maremma.

Leggo sui giornali gli impietosi
dettagli di cronaca nera, gli empi
segni di sempre da quando Caino
al campo invito' suo fratello.

Leggo sui giornali, i giornali locali
(non e' notizia da cronaca italiana
una persona annientata e abbandonata ai cani:
e' invece fatto
che sconvolge l'ordine del mondo, ma di questo
sapevano dire Eschilo e Mimnermo, non le aulenti
di petrolio pagine quotidiane).

E dunque leggo sui giornali locali:
dicono che si chiamasse Regina, venisse
dalla Nigeria, presa e recata
schiava in italia, dicono
chi l'abbia uccisa non sapersi.

E invece io so chi l'ha uccisa:
anche se non l'ho mai vista ne' da viva ne' ormai resa cosa
immota e deturpata. Io so
chi l'ha uccisa, e lo sappiamo tutti.

E non solo l'eventuale fruitore di servigi
che in un raptus puo' averle torto il collo
a quel piccolo giocattolo che costava quattro soldi

e non solo il racket che fornisce
carne giovane e fresca di fanciulle ai lupi
che usciti di scuola o dall'ufficio
sulle loro carcasse di ferro perlustrano
i fiumi d'asfalto alla caccia di prede

e non solo lo stato italiano che vede
tanto orrore per le sue strade
e non agisce per salvare le vite
concrete di esseri umani, non agisce
per far valere quella legge che vieta
nel nostro paese la schiavitu'

e non solo.
Io stesso mi sento le mani
sporche di sangue, io stesso che so
che a questo orrore resistere occorre
e che da anni non so fare altro
che spiegare come applicare
quell'articolo della legge 40
combinato con quell'altro articolo
del codice penale e come e qualmente
le istituzioni potrebbero salvare
la vita di tante Regine assassinate.
E nulla di piu' ho saputo fare.

E queste parole che ho aggiunto
avrei voluto tacerle.

8. LITANIA DEI MORTI IN PREGHIERA

Leggo sul giornale la notizia assente
lungo una strada una discarica abusiva
sulla discarica deposti, scaricati
morti asfissiati sei giovani migranti:
sei clandestini, leggo sul giornale
che aggiunge: il tir
partendo in fretta e furia
con una ruota ha calcato il capo spento
di uno dei morti, schiacciandolo
facendone scempio.

Vedo
la scena tutta: la strada, il grande camion
il cumulo maleodorante dei rifiuti
la fretta di sgravare a terra il carico
inerte, lo sguardo da lupo il fiato affannoso
le bestemmie masticate in gola
di chi scaglia tra i residui i residui
corpi. Vedo
il camion pesante macigno, il fumo
dei gas di scappamento, il crocchiare
orribile che non posso, non posso dire.
E vedo ancora
come sacchi quei corpi rotti
che attendono l'alba, il giorno, il passaggio
delle automobili, il sole
che alto si leva, il tempo
che passa e che fermenta, finche' viene
qualcuno e si ferma
ed e' tardi.
Poi vedo che arrivano uomini molti,
si fermano auto e furgoni, ed e' tardi.
Vengono le telecamere, le macchine
fotografiche, un momento ancora,
ancora un momento prima di gettare
un velo pietoso, il pubblico cannibale
vuole vedere il sangue, lo scempio.
Poi tutto si avvolge. Tutto torna nero.
Tutto resta nero, e nel nero un piu' cupo
nero che sembra quasi rosso. E un silenzio
tumescente.

Leggo il giornale, uno dei poveri
cristi ammazzati cosi' dalle leggi di Schengen e dalle mafie
transnazionali cui lo stato ha appaltato
il mercato del diritto a fuggire
dalla morte altra morte trovando,
leggo il giornale uno dei cristi poveri
stringeva ancora in mano una piccola, una piccola coroncina
da preghiera.

Mentre affogavano tra le balle di cotone
pregavano, pregavano i miseri clandestini.

Ascoltala tu la loro pia preghiera.
Ascoltala tu, che leggi queste righe.
Tu poni mano a far cessar la strage.

Ipocrita lettore, mio simile, mio frate.
Ascoltala tu la voce dei morti
e poni mano tu, poniamo mano insieme, a far cessar la strage.

9. CANZONE DELLA STRADA CHE TUTTI SAPPIAMO DOVE VA A FINIRE

E questa e' la strada che tutti conosciamo
e che porta a piazza della morte.

Il volto sfatto, gli occhi neri di pece
grida il dio televisione che ha sete di sangue
che ha sete di sangue di oceani di sangue
e cantano lieti i fedeli in processione

lungo la strada che tutti conosciamo
e che porta a piazza della morte.

L'uomo di scienza si e' molto affaticato
tra i suoi lambicchi e sopra i testi sacri
e il distillato delle sue ricerche
e' che ora basta spingere un bottone:

s'apre la botola che tutti conosciamo
si capitombola a piazza della morte.

Non e' forse il nostro un paese libero?
Esistendo paia di scarpe non abbiamo forse due piedi?
Non e' bello che all'ora di cena
il presidente parli alla nazione?

Ci esorta a progredire nella marcia
trionfale verso piazza della morte.

Forse che non abbiamo ragione di essere indignati?
Forse che non e' chiaro, diciamolo forte,
che il Signor Dio (il Vero Dio, il Nostro)
e' dalla nostra parte ed e' imbattuto?

E allora giu', a capofitto, per il corso conosciuto
che mena certo a piazza della morte.

E non e' forse dalla nostra il diritto?
E il medagliere olimpico piu' colmo?
E chi le guida le macchine da corsa?
Chi mangia piu' carne di tutti?

La scriviamo noi la segnaletica stradale
e tutta dice: a piazza della morte.

Noi, noi siamo i migliori, i nostri elenchi
del telefono sono i piu' massicci, espettorano
le nostre ciminiere piu' in alto
delle nuvole. E blindate abbiamo le porte.

Lungo la strada che tutti conosciamo
che porta dritti a piazza della morte.

Ogni casa un cortile, in ogni garage
due automobili, in ogni stanza
uno schermo, in ogni mensola
un fucile a pompa.

Questa e' la strada, la strada che amiamo
e proprio in fondo e' piazza della morte.

La carne umana si vende a un tanto al chilo
gli affari sono affari, schizzano i tassi
del colesterolo; i decreti, gli assegni, i ribassi
sono serviti alla mensa dei gangster

che sanno bene quale sia la strada
che ti ritrovi a piazza della morte.

E adesso si fa sera e sono stanco
di batter la grancassa e sventolare
eroico il vessillo della patria
ma nondimeno seguito a marciare

lungo la strada solita che sorte
sappiamo bene, in piazza della morte.

10. CHIAMARE UNA GUERRA "GIUSTIZIA INFINITA"

Chiamare una guerra "giustizia infinita"
vuol dire: "questa guerra
non finira' giammai".

Invece finira':
con il genere umano.

11. SOPRA UN VERSO DI DANTE

"Sarebbe dunque loro speme vana?"

Migliaia, milioni di anni
per imparare a camminare eretti.
Trovare dal nulla il linguaggio, da dentro la gola
cacciar fuori parole e frasi e pensieri,
costruire case, ponti, biciclette,
inventare l'ombrello e la compassione,
scrivere libri che fanno parlare
Qohelet e Leopardi con me secoli dopo,
vincere la paura del mostro oceano,
contare e nominare le stelle,
impastare e cuocere il pane,
fare l'amore come amore e non come foia,
gli scacchi e i film di Woody Allen,
la ragione serena di Diderot, mio padre
che mi recitava Carducci tra le lacrime,
l'esistenza di persone dolci come te.
Tutto questo deve dunque finire in un cratere?
Tutto questo deve essere dunque annichilito?

"Sarebbe dunque loro speme vana?"

12. D'IMPROVVISO

L'uomo solo che d'improvviso la pioggia
coglie furiosa in un giorno scolorito
di freddo, nel fango che subito stende
il suo tappeto di botole e l'ombrello
non vale a ripararlo.

L'uomo solo che ha molto camminato
soffiandosi parole smozzicate
per allentare la fatica, la presa
a morsi nel petto della fatica, e la pioggia
come un'ombra infinita.

L'uomo solo che sente di lontano
il brontolio degli uccelli alto lucenti
che sul capo gli defecano la morte
e si chiede qualcosa che anch'io sento
ma non so dire se non come urlo e strazio.

L'uomo solo, le bombe dal cielo
il grande gioco delle folgori e del nulla
che odora di carne, di carne bruciata e la pioggia
la pioggia che stende quest'ombra infinita.

13. UNA MEDITAZIONE DEL GIORNO DOPO

Udii una voce che mi comandava:
che nessun uomo resti solo.

Lunga e fredda e' la notte, nessuno
sia abbandonato al freddo e all'orco.

Lungo e' il cammino e poche le provviste:
nessuno osi rubare la borraccia.

Chi abbandonera' il ferito verra' abbandonato,
chi irridera' lo zoppo sara' umiliato,
chi osera' colpire uno dei piccoli
sciagura a lui, mai sara' perdonato.

L'ombra, la fonte, i frutti del mondo
sono di tutti. Sappia l'ingordo
che cio' che lui di troppo
ha preso, a qualcun altro manchera'.

Udii una voce che mi domandava:
tu cosa hai fatto dinanzi al dolore?

14. VIAGGIANDO IN TRENO

Un ragazzino in canottiera nera
e sulla canottiera una scritta
che non riesco a leggere, e una croce
celtica.

E' biondo, roseo, ha gli occhiali
lo sguardo da miope, gentili
i lineamenti del volto.

Lo guardo e mi chiedo se sa
che quella maglietta che indossa mi dice
che mi destinerebbe ai forni ancora.

Suadente la voce che risuona
dall'alto per tutto il vagone
(voce da commesso di grandi magazzini)
ci avverte della prossima fermata.

15. NELL'ANNIVERSARIO DELLA NOTTE DEI CRISTALLI

Nella notte tra il nove ed il dieci novembre
dell'anno millenovecentotrentotto, nella Germania
che fu di Goethe e di Heine, di Hegel e di Beethoven
caduta in pugno alla ciurma hitleriana
fu scatenata la strage che reca
questo nome orribile di notte dei cristalli.

E tu che leggi queste spente righe
fermati a considerare
e accendi una lampada ancora
a fare luce, a far memoria delle vittime,
a tener sveglia l'umanita' sempre.

16. TRA IL SETTEMBRE E IL NOVEMBRE DEL '38

Tra il settembre e il novembre del '38 la barbarie
razzista fu eretta a legge in Italia
dall'infame regime fascista e con l'avallo
di scienziati, ma non sapienti,
che la parte di loro oltracotata
al servizio del male miseri misero.

Oggi che su quell'orrore si pretende
l'oblio, e che nuove leggi razziste
deturpano il nostro paese e la vita di tutti minacciano,
ricordati tu di quell'infamia, e ricorda
le vittime di allora e di oggi, e chi allora
disse di no, e oggi.

Tra esse vittime, tra essi resistenti,
anche la tua tenda decidi di piantare.

17. VECCHI VOLANTINI DEGLI ANNI NOVANTA

Quando verranno le aquile a dirti che e' il momento
tu digli di no, che hai ancora da fare
che c'e' il caffe' sul gas, il rubinetto da aggiustare
che hai promesso a Maria che domani la portavi al cinema.

Quando verranno le aquile, tu digli di no.

*

Qualcuno ancora grida "viva le catene"? qualcuno
ancora s'agita a mazzate nel rigagnolo, Crono
ancora disquatra, divora, vomita esserini?
l'uomo s'arrovescia dunque in scimmia, in drago, in sasso?

"Agli uomini che conservano una certa lucidita'
e un certo senso dell'onesta', noi diciamo:
e' falso che si possa difendere la liberta' qui
imponendo la servitu' altrove".

Diciamo anche: che e' falso
si possa difendere la liberta' altrove
imponendo qui la servitu'.

*

Notizie della depressione

Dalla televisione
parlano gli assassini.

Miei cari, io sto bene
non fossero questi draghi che nuotano sui muri
mi tengono sveglio, un po' m'infastidiscono
mi fissano, mi ridono
spariscono se entra qualcuno.

*

Sotto le bombe intelligenti, stupidi
uomini tirano
le cuoia, vacui
guardano il cielo gli occhi dei superstiti.

*

Da un tazebao

Il dito coltello del padrone
trancia il cuore in petto ai contadini
col solo crescere dell'unghia. C'e' modo
di uccidere senza un sussulto.

"Come potrebbe esservi un uomo ricco
se non vi fossero migliaia di poveri?"

*

I morti del Cermis

I morti del Cermis dormono male
murati nelle fosse senza luce
carne che fu di uomo e fu straziata.

I morti del Cermis non hanno voce
nei tribunali americani, loro
non fanno parte della razza eletta.

I morti del Cermis dal fondovalle
guardano i falchi che vanno in Jugoslavia
dicono cose che non posso scrivere.

I morti del Cermis guardano attoniti
ci chiedono un'offerta di pieta'
che cessi il gioco alato della morte.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 870 del 17 aprile 2018

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