[Nonviolenza] La domenica della nonviolenza. 461
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- Date: Sun, 25 Mar 2018 13:30:18 +0200
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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 461 del 25 marzo 2018
In questo numero:
1. Adesione alla giornata di digiuno del 30 marzo 2018 per l'abolizione dell'ergastolo
2. Adesione alla giornata di digiuno del 10 dicembre 2017 per l'abrogazione dell'ergastolo
3. In digiuno nella Giornata internazionale per i diritti umani
4. Per informazioni e adesioni
1. INIZIATIVE. ADESIONE ALLA GIORNATA DI DIGIUNO DEL 30 MARZO 2018 PER L'ABOLIZIONE DELL'ERGASTOLO
Care amiche e cari amici dell'associazione "Liberarsi",
aderiamo con tutto il cuore alla giornata di digiuno del 30 marzo 2018 per l'abolizione dell'ergastolo, come gia' abbiamo aderito alla prima giornata di digiuno lo scorso 10 dicembre 2017.
Un cordiale saluto,
Peppe Sini, per il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo
Viterbo, 25 marzo 2018
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Riproduciamo di seguito due comunicati che abbiamo diffuso in occasione della precedente giornata di digiuno.
2. REPETITA IUVANT. ADESIONE ALLA GIORNATA DI DIGIUNO DEL 10 DICEMBRE 2017 PER L'ABROGAZIONE DELL'ERGASTOLO
Aderisco alla giornata di digiuno del 10 dicembre 2017 per l'abrogazione dell'ergastolo.
Mi e' sempre sembrato evidente che condannare una persona alla detenzione fino alla morte - con cio' privandola per sempre della quasi totalita' delle liberta' personali e delle relazioni sociali al di fuori delle quali l'umanita' e' pressoche' annichilita - costituisce quasi una sorta di condanna a morte in forma differita attraverso una segregazione senza speranza che si configura come una tortura senza scampo.
La Costituzione della Repubblica Italiana, che all'articolo 13, comma quarto, stabilisce che "e' punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di liberta'", e che all'articolo 27, comma terzo, stabilisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita' e devono tendere alla rieducazione del condannato", ed al comma quarto del medesimo articolo ribadisce che "non e' ammessa la pena di morte", ebbene, inequivocabilmente dichiara la flagrante illiceita' della pena dell'ergastolo.
Ogni essere umano ha diritto alla vita e alla dignita'; e cosi' come e' inammissibile l'omicidio, e' altresi' inammissibile la perpetua segregazione di una persona dall'umanita' e l'imposizione dell'incessante tortura del sapersi per sempre privati di tantissima parte di cio' che rende umana l'umana esistenza.
3. REPETITA IUVANT. IN DIGIUNO NELLA GIORNATA INTERNAZIONALE PER I DIRITTI UMANI
Domenica 10 dicembre 2017, nell'anniversario della proclamazione da parte dell'Onu della "Dichiarazione universale dei diritti umani", molte persone nel nostro paese digiuneranno per chiedere che sia abrogato l'ergastolo. E tra loro anche chi dagli anni '70 del secolo scorso anima l'esperienza del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo.
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Noi crediamo che ogni essere umano abbia diritto alla vita e alla dignita'.
Chi commette un crimine, anche gravissimo, non cessa di essere un essere umano. E tutta la cultura penale moderna sostiene che la pena debba avere come fine non la distruzione della persona che il crimine ha commesso, ma il suo recupero al patto fondamentale di solidarieta' con gli altri esseri umani che col suo crimine ha rotto.
La riflessione giuridica mondiale da anni muove verso il concetto di giustizia riparativa, e molte sono le esperienze gia' in corso che alla mera segregazione in un tempo svuotato di significati e aperture e nella compressione dei corpi in spazi astratti e cubicolari, sostituiscono invece attivita' pratiche socialmente utili in luoghi e strutture e relazioni orientate al bene comune, ad un'operosa fraternita' e sororita', in cui sia realmente possibile riconoscere e fare il bene, tornare a sentirsi ed essere realmente umani tra umani.
Ed esperienze luminose come quella sudafricana della "Commissione per la verita' e la riconciliazione" indicano la via a un diritto penale fondato sul veritiero pieno riconoscimento di responsabilita' e sul dono del persuaso perdono da parte delle vittime, sull'autentica conversione e reintegrazione del reo all'umanita'.
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Nel nostro paese in anni che oggi sembrano appartenere ad un'altra era geologica, e che invece sono appena alle nostre spalle e ancora di fronte a noi, persone che venivano dalla lotta allora infine vittoriosa contro le istituzioni della violenza asilare per i sofferenti psichici e per i diversamente abili promossero il fine civile e il concreto programma di "liberarsi dalla necessita' del carcere". Di questa proposta noi siamo ancora convinti.
Cosi' come l'umanita' nel corso del tempo ha riconosciuto l'illiceita' della vendetta privata e della faida familiare delegando ai pubblici poteri il monopolio dell'uso lecito della violenza, ha sostituito lo strazio dei corpi con la detenzione, ha riconosciuto l'orrore e l'infamia della barbara spettacolarizzazione della sofferenza inflitta dai poteri giurisdizionali, ha abolito nei paesi civili l'assurda e scellerata pena di morte, cosi' ancora e ancor piu' sapra' progredire, e sapra' quindi anche liberarsi dalla necessita' del carcere: gia' oggi - lo ricordavamo sopra - sono in corso molte esperienze che alla detenzione sostituiscono un programma costruttivo di impegno reale di chi ha commesso un reato a riparare concretamente al male fatto - nella residua misura del possibile - impegnandosi in attivita' socialmente utili in pro delle vittime del male, in pro del bene comune, e soprattutto a sostegno delle persone piu' fragili e piu' bisognose di aiuto, come della natura la cui difesa e il cui risanamento sono indispensabili alla vita dell'umanita'.
E per muovere in questa direzione, per proseguire questo cammino dalla notte della violenza al giorno della nonviolenza occorre estendere ed intensificare le esperienze alternative alla segregazione e perseverare nell'impegno di civilta' per il superamento di tutte le istituzioni totali.
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Nell'ambito della normativa penale vigente in Italia abolire l'ergastolo e' un passo iniziale e indispensabile. Esso prosegue e sviluppa in modo concreto e coerente quell'immenso progresso dell'umanita' che consiste nell'abolizione della pena di morte, ovvero nel riconoscimento che il primo diritto di ogni essere umano e' il diritto alla vita, e quindi che nessuno ha il diritto di togliere la vita a un essere umano.
Ha detto nitidamente papa Bergoglio: "L'ergastolo e' una pena di morte nascosta".
Con l'ergastolo infatti si toglie alla persona che lo subisce tanta parte di cio' che sostanzia e degnifica un'umana esistenza. Gli si lascia la vita, ma gli si toglie per sempre ogni speranza di liberazione, di reinserimento sociale, di riscatto e ritorno al consorzio civile, alla pienezza del mondo delle relazioni e degli affetti, del sapere e del fare, del riconoscimento e della riconoscenza.
Con l'ergastolo si impone alla persona che lo subisce una perpetua afflizione e una perpetua tortura.
E' del tutto evidente che l'ergastolo e' incompatibile con quanto la Costituzione della Repubblica Italiana afferma; la Costituzione infatti proibisce e punisce "ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di liberta'" (art. 13), e sancisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita' e devono tendere alla rieducazione del condannato" (art. 27).
Una pena che si pretende "per sempre" confligge con la lettera stessa della legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico.
Una pena che si pretende "per sempre" confligge con le radici stesse di un'etica condivisa, con qualunque tavola dei valori morali.
Una pena che si pretende "per sempre" confligge con lo stesso statuto antropologico.
E' proprio dell'essere umano, di ogni riflessione morale e di ogni sistema giuridico il presupposto fondamentale che a nessun essere umano possa essere negata da un qualsivoglia umano potere la vita e la dignita', che a nessun essere umano possa essere imposta da un qualsivoglia umano potere una sofferenza infinita.
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Il digiuno e' una forma di intervento sociale caratteristica della tradizione nonviolenta: con esso si denuncia un'ingiustizia e si assume la propria parte di responsabilita' per essa. Chi digiuna assume volontariamente una parte di sofferenza per smascherare un'iniquita', suscitare un'attenzione, testimoniare una condivisione, invitare a una conversione al bene comune, affermare l'umanita' dell'umanita'.
Come persone amiche della nonviolenza noi affermiamo che fare il male e' sempre un male; noi affermiamo che il primo dovere di ogni essere umano e' salvare le vite; noi affermiamo che ad ogni violenza occorre opporsi senza riprodurla; noi affermiamo che la difesa della vita, della dignita' e dei diritti di ogni essere umano e dell'intero mondo vivente e' il compito primo e il fine ultimo della civilta' umana.
Siamo una sola umanita'.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Giustizia e misericordia, non violenza e vendetta.
La nonviolenza e' la civilta' umana in cammino verso la piena autocoscienza, verso l'universale mutuo soccorso e la piena condivisione dei beni, verso la comune liberazione.
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L'ergastolo e' contrario a un ordinamento giuridico democratico.
L'ergastolo e' contrario al fondamento stesso di tutti i diritti umani.
L'ergastolo va abrogato.
Per questo digiuniamo il 10 dicembre, anniversario della proclamazione da parte dell'Onu della "Dichiarazione universale dei diritti umani".
4. RIFERIMENTI. PER INFORMAZIONI E ADESIONI
Associazione Liberarsi onlus, casella postale 30, 50012 Grassina (Fi), sede legale: via A. Manzoni 21, 50121 Firenze, tel. 0550733042, e-mail: associazioneliberarsi at gmail.com, sito: www.liberarsi.net
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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Numero 461 del 25 marzo 2018
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