[Nonviolenza] Archivi. 288



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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Numero 288 del 14 marzo 2018

In questo numero:
1. Alcuni testi del mese di dicembre 2017 (parte seconda)
2. Nell'interesse dell'umanita'
3. In digiuno nella Giornata internazionale per i diritti umani
4. Don Antonio Riboldi
5. Una lettera al Prefetto di Viterbo
6. Nessun luogo
7. Annibale Scarpante: Un ricordo di Nanni Salio
8. Severino Vardacampi: Una lettera a un'amica ricordando Nanni Salio
9. Disarmare
10. Ringraziando le donne che hanno promosso e animato la Carovana per il disarmo nucleare
11. Omero Delli Storti: Fortunato Fortunale
12. Vladimiro Oglianovi: Un'avventura di Braciolone
13. Lucio Emilio Piegapini: Tutti i mestieri
14. Una lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri: l'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato per la proibizione delle armi nucleari

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI DICEMBRE 2017 (PARTE SECONDA)

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di dicembre 2017.

2. NELL'INTERESSE DELL'UMANITA'

Nell'interesse dell'umanita': sia destituito il Presidente degli Stati Uniti d'America.
Torni ad essere un privato cittadino e non perseguiti piu' tanti innocenti, non provochi altri disastri, non metta piu' in pericolo l'umanita' intera.
Nell'interesse dell'umanita': sia destituito il Presidente degli Stati Uniti d'America.

3. IN DIGIUNO NELLA GIORNATA INTERNAZIONALE PER I DIRITTI UMANI

Domenica 10 dicembre 2017, nell'anniversario della proclamazione da parte dell'Onu della "Dichiarazione universale dei diritti umani", molte persone nel nostro paese digiuneranno per chiedere che sia abrogato l'ergastolo. E tra loro anche chi dagli anni '70 del secolo scorso anima l'esperienza del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo.
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Noi crediamo che ogni essere umano abbia diritto alla vita e alla dignita'.
Chi commette un crimine, anche gravissimo, non cessa di essere un essere umano. E tutta la cultura penale moderna sostiene che la pena debba avere come fine non la distruzione della persona che il crimine ha commesso, ma il suo recupero al patto fondamentale di solidarieta' con gli altri esseri umani che col suo crimine ha rotto.
La riflessione giuridica mondiale da anni muove verso il concetto di giustizia riparativa, e molte sono le esperienze gia' in corso che alla mera segregazione in un tempo svuotato di significati e aperture e nella compressione dei corpi in spazi astratti e cubicolari, sostituiscono invece attivita' pratiche socialmente utili in luoghi e strutture e relazioni orientate al bene comune, ad un'operosa fraternita' e sororita', in cui sia realmente possibile riconoscere e fare il bene, tornare a sentirsi ed essere realmente umani tra umani.
Ed esperienze luminose come quella sudafricana della "Commissione per la verita' e la riconciliazione" indicano la via a un diritto penale fondato sul veritiero pieno riconoscimento di responsabilita' e sul dono del persuaso perdono da parte delle vittime, sull'autentica conversione e reintegrazione del reo all'umanita'.
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Nel nostro paese in anni che oggi sembrano appartenere ad un'altra era geologica, e che invece sono appena alle nostre spalle e ancora di fronte a noi, persone che venivano dalla lotta allora infine vittoriosa contro le istituzioni della violenza asilare per i sofferenti psichici e per i diversamente abili promossero il fine civile e il concreto programma di "liberarsi dalla necessita' del carcere". Di questa proposta noi siamo ancora convinti.
Cosi' come l'umanita' nel corso del tempo ha riconosciuto l'illiceita' della vendetta privata e della faida familiare delegando ai pubblici poteri il monopolio dell'uso lecito della violenza, ha sostituito lo strazio dei corpi con la detenzione, ha riconosciuto l'orrore e l'infamia della barbara spettacolarizzazione della sofferenza inflitta dai poteri giurisdizionali, ha abolito nei paesi civili l'assurda e scellerata pena di morte, cosi' ancora e ancor piu' sapra' progredire, e sapra' quindi anche liberarsi dalla necessita' del carcere: gia' oggi - lo ricordavamo sopra - sono in corso molte esperienze che alla detenzione sostituiscono un programma costruttivo di impegno reale di chi ha commesso un reato a riparare concretamente al male fatto - nella residua misura del possibile - impegnandosi in attivita' socialmente utili in pro delle vittime del male, in pro del bene comune, e soprattutto a sostegno delle persone piu' fragili e piu' bisognose di aiuto, come della natura la cui difesa e il cui risanamento sono indispensabili alla vita dell'umanita'.
E per muovere in questa direzione, per proseguire questo cammino dalla notte della violenza al giorno della nonviolenza occorre estendere ed intensificare le esperienze alternative alla segregazione e perseverare nell'impegno di civilta' per il superamento di tutte le istituzioni totali.
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Nell'ambito della normativa penale vigente in Italia abolire l'ergastolo e' un passo iniziale e indispensabile. Esso prosegue e sviluppa in modo concreto e coerente quell'immenso progresso dell'umanita' che consiste nell'abolizione della pena di morte, ovvero nel riconoscimento che il primo diritto di ogni essere umano e' il diritto alla vita, e quindi che nessuno ha il diritto di togliere la vita a un essere umano.
Ha detto nitidamente papa Bergoglio: "L'ergastolo e' una pena di morte nascosta".
Con l'ergastolo infatti si toglie alla persona che lo subisce tanta parte di cio' che sostanzia e degnifica un'umana esistenza. Gli si lascia la vita, ma gli si toglie per sempre ogni speranza di liberazione, di reinserimento sociale, di riscatto e ritorno al consorzio civile, alla pienezza del mondo delle relazioni e degli affetti, del sapere e del fare, del riconoscimento e della riconoscenza.
Con l'ergastolo si impone alla persona che lo subisce una perpetua afflizione e una perpetua tortura.
E' del tutto evidente che l'ergastolo e' incompatibile con quanto la Costituzione della Repubblica Italiana afferma; la Costituzione infatti proibisce e punisce "ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di liberta'" (art. 13), e sancisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita' e devono tendere alla rieducazione del condannato" (art. 27).
Una pena che si pretende "per sempre" confligge con la lettera stessa della legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico.
Una pena che si pretende "per sempre" confligge con le radici stesse di un'etica condivisa, con qualunque tavola dei valori morali.
Una pena che si pretende "per sempre" confligge con lo stesso statuto antropologico.
E' proprio dell'essere umano, di ogni riflessione morale e di ogni sistema giuridico il presupposto fondamentale che a nessun essere umano possa essere negata da un qualsivoglia umano potere la vita e la dignita', che a nessun essere umano possa essere imposta da un qualsivoglia umano potere una sofferenza infinita.
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Il digiuno e' una forma di intervento sociale caratteristica della tradizione nonviolenta: con esso si denuncia un'ingiustizia e si assume la propria parte di responsabilita' per essa. Chi digiuna assume volontariamente una parte di sofferenza per smascherare un'iniquita', suscitare un'attenzione, testimoniare una condivisione, invitare a una conversione al bene comune, affermare l'umanita' dell'umanita'.
Come persone amiche della nonviolenza noi affermiamo che fare il male e' sempre un male; noi affermiamo che il primo dovere di ogni essere umano e' salvare le vite; noi affermiamo che ad ogni violenza occorre opporsi senza riprodurla; noi affermiamo che la difesa della vita, della dignita' e dei diritti di ogni essere umano e dell'intero mondo vivente e' il compito primo e il fine ultimo della civilta' umana.
Siamo una sola umanita'.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Giustizia e misericordia, non violenza e vendetta.
La nonviolenza e' la civilta' umana in cammino verso la piena autocoscienza, verso l'universale mutuo soccorso e la piena condivisione dei beni, verso la comune liberazione.
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L'ergastolo e' contrario a un ordinamento giuridico democratico.
L'ergastolo e' contrario al fondamento stesso di tutti i diritti umani.
L'ergastolo va abrogato.
Per questo digiuniamo il 10 dicembre, anniversario della proclamazione da parte dell'Onu della "Dichiarazione universale dei diritti umani".

4. DON ANTONIO RIBOLDI

E' deceduto don Antonio Riboldi.
Compagno di vita, di lotte e di speranze di tutte le oppresse e tutti gli oppressi, maestro di nonviolenza.
Con gratitudine che non si estingue lo ricordiamo.

5. UNA LETTERA AL PREFETTO DI VITERBO

Al Prefetto di Viterbo
Oggetto: Richiesta che la Prefettura di Viterbo trasmetta al Governo notizia delle iniziative viterbesi a sostegno dell'appello affinche' l'Italia ratifichi il Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpnw) adottato il 7 luglio 2017 dall'Onu
Egregio Prefetto di Viterbo,
come sicuramente gia' sapra', si concludera' domani l'iniziativa della "Carovana delle donne per il disarmo nucleare", che ha attraversato l'Italia per chiedere che anche il nostro paese ratifichi il Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpnw) adottato il 7 luglio 2017 dall'Onu. L'iniziativa e' stata promossa dalla "Lega internazionale delle donne per la pace e la liberta'" (Wilpf), la piu' antica e prestigiosa associazione pacifista internazionale, ed in collegamento con essa in molte citta' si sono realizzati incontri di informazione, documentazione e coscientizzazione sul gravissimo pericolo che le armi atomiche costituiscono per l'umanita' intera.
In queste settimane ripetutamente il pontefice cattolico ha dato voce alla preoccupazione dell'intera umanita' ed invitato a un impegno corale per l'eliminazione delle armi atomiche prima che esse distruggano innumerevoli vite e la stessa civilta' umana.
E mesi fa l'attribuzione del Premio Nobel per la Pace all'Ican - la rete delle campagne, delle associazioni e dei movimenti impegnati per il disarmo nucleare - ha evidenziato come ovunque si avverta che questo impegno e' improcrastinabile.
E non vi e' persona assennata che non tremi dinanzi alla minacciosa escalation della crisi coreana.
In queste settimane anche a Viterbo si sono realizzate iniziative di studio, di riflessione e di testimonianza, nel corso delle quali sono stati letti e commentati autorevoli appelli di illustri personalita', dalla celebre lettera aperta promossa da Albert Einstein e Bertrand Russell, agli interventi di Svetlana Aleksievic, di Hannah Arendt, di Guenther Anders, di Ernesto Balducci, di Franco Fornari, di Mohandas Gandhi, di Alberto L'Abate, di Primo Levi, di Lorenzo Milani, di Elsa Morante, di Nanni Salio, di Vandana Shiva, di altre pensatrici e pensatori ancora.
Con la presente lettera vorremmo pregare la Prefettura di Viterbo di trasmettere al Governo notizia delle citate iniziative svoltesi nelle ultime settimane a Viterbo nell'ambito della "Carovana delle donne per il disarmo nucleare" a sostegno dell'appello che anche il nostro paese ratifichi il Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpnw) adottato il 7 luglio 2017 dall'Onu.
Voglia gradire un cordiale saluto

6. NESSUN LUOGO

Nessun luogo e' al sicuro dal terrore.
Ogni luogo e' Samarcanda, dove la morte in agguato gia' ti attende.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
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Sia la tua scelta salvare le vite.
Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.
Sii tu la nonviolenza in cammino.
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Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Ogni vittima ha il volto di Abele.

7. ANNIBALE SCARPANTE: UN RICORDO DI NANNI SALIO

Nanni Salio era uno scienziato e un saggio: cioe' una persona che non ha ne' vergogna ne' paura di riconoscere l'ignoranza propria e comune, cosi' come i propri e comuni limiti e ombre che sono la stoffa della vita e il disegno del mondo; una persona che non teme ne' disdegna di porsi all'ascolto in silenzio, di fare le domande semplici e oneste, di cercare le vie e le risposte, di opporsi sempre alla menzogna e alla violenza, di riconoscersi essere umano tra esseri umani, parte viva del mondo vivente; e di gioire della meraviglia che ci circonda e che rechiamo, e di soffrire della sofferenza altrui e di tutti.
Ed era un amico della nonviolenza: che quindi conobbe anche il carcere per difendere il diritto di ogni essere umano ad avere una coscienza, ovvero ad essere un essere umano, ed in quanto essere umano non disponibile ad imbracciare un'arma per uccidere altri esseri umani; poiche' questo e' la nonviolenza: la lotta contro ogni violenza, la testimonianza del vero, del bene, del giusto, la scelta di fare tu quello che occorre fare per denunciare e contrastare il male, per recare reale soccorso a chi di soccorso reale ha bisogno, la scelta di salvare le vite.
Ed era una persona che sapeva camminare: perche' e' solo quando cammini che incontri le persone e ti vengono le idee, che non piovono dal cielo ma risalgono dalla terra alle scarpe e su su fino a quella infaticabile spugna che portiamo dentro tra la pancia e la testa e a quel ribollente gomitolo che sta sotto i capelli, spugna e gomitolo che sanno cose che talora tu stesso non sai di sapere; si pensa coi piedi: a Torino come a Koenigsberg, tra Perugia ed Assisi, e sull'Himalaya.
Ed era un amico: ed e' proprio vero che chi trova un amico trova un tesoro - non so se si diano altri beni a questo mondo.
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Non ricordo piu' se sono mai stato a Torino, e mi sembra di no (ma potrei sbagliarmi, sono vecchio e la memoria spesso mi gioca dei brutti scherzi), ma a Torino so che c'e' il Centro studi intitolato a Domenico Sereno Regis (Domenico, Sereno: nomen omen) ed e' un luogo che anche senza che io ci sia mai stato mi sembra come se lo frequentassi da sempre e fosse un po' anche casa mia. Del "Centro studi Sereno Regis" Nanni e' stato inesausto alito di vento e raggio di luce e foglia e radice, il suo respiro e la sua voce e il suo volto li' ancora vivono nel lavoro di pace delle persone buone che in colloquio corale gli sono state compagne di cammino, di riflessione, di lotte, e che le lotte, le riflessioni, il cammino di pace di Nanni proseguono.
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Non frequento intellettuali o altri prominenti, che mi mettono a disagio con i loro privilegi e la loro cecita' dinanzi al dolore degli altri su cui sovente con scarponi chiodati si sono arrampicati, e non condivido (una litote che e' un eufemismo) il modo di vivere, di pensare, di parlare e di agire di tante persone che dicono di essere impegnate per la pace e la giustizia eppure in nulla sembrano essere diverse da chi ogni giorno ci calpesta e ci sbrana.
Sara' perche', per quanto io non ne parli volentieri, sono ancora un militante della prima internazionale, e il mio programma e' ancora il discorso della montagna, la ginestra, le tre ghinee. Frequento quasi solo persone molto povere e dall'aria assai poco raccomandabile, e sono gli unici amici a cui mi affiderei.
Ma Nanni ho sempre sentito che era uno dei nostri, uno di quelli che non esitano a condividere il pane e per questo si chiamano compagni, che non esitano a chiamare le oppresse e gli oppressi alla lotta per la vita, la dignita' e i diritti di tutti, per il bene comune dell'umanita' e dell'intero mondo vivente; che con Socrate e Gesu', e la Rosa rossa e la Rosa bianca, e Virginia e Simone, e Gandhi e Hannah Arendt, contro ogni violenza si battono, e giunti al bivio in cui non si puo' rendere altro che una nuda testimonianza preferiscono essere le vittime anziche' i carnefici; che sanno che la nonviolenza e' piu' forte di ogni violenza e che quindi sono invincibili perche' non si arrendono mai.
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Quando penso a Nanni Salio anch'io vedo in cristallo e in figura l'umanita' come dovrebbe essere.
Quando penso a Nanni Salio sento nel cuore la gioia che questa persona sia esistita.
Quando penso a Nanni Salio non solo mi sento meglio, ma mi sento diventare migliore.
Siamo tutti gente strana.

8. SEVERINO VARDACAMPI: UNA LETTERA A UN'AMICA RICORDANDO NANNI SALIO

Elena carissima,
ti devo chiedere due volte scusa: per il ritardo enorme di questa mia lettera, e per il fatto che essa serve solo a dirti che non sono riuscito a scrivere il contributo che con squisita cortesia mi avevi chiesto e che ahime' incautamente ti avevo promesso per il collettivo omaggio al nostro comune maestro e compagno ed amico Nanni Salio.
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Ho conosciuto troppo poco Nanni per poter rendere una testimonianza significativa sulla sua persona; pochi gli incontri, poche le lettere (e questa pochezza e' tutta colpa mia: che mentre lui generosamente era sempre disponibile a recarsi ovunque ne fosse richiesto ed a promuovere incontri e scambi d'idee e messa in comune delle riflessioni, io invece sempre piu' mi sono anchilosato nel mio abituale mutismo e nel mio guscio - dipendera' dal mio carattere di paesano: a differenza dei cittadini siamo sempre tristi e taciturni, inetti alla gioia degli incontri, della festa, dei viaggi, del conversare stesso).
Mi sovviene ora di un incontro a Gubbio, e del suo volto gli occhi ed il sorriso. Le parole che scambiammo le ho dimenticate, gli occhi e il sorriso no. Era il volto fraterno dell'umanita' come dovrebbe essere, figura dell'innocenza agente, della nonviolenza sentita e praticata come verita' accudente e liberatrice.
E mi sovviene di un suo invito ad articolare ed argomentare una mia rastremata opinione, invito che declinai, come faccio pressoche' sempre - questa lettera la scrivo per scusarmi con te del fatto di non averti inviato il ricordo di lui che mi avevi richiesto e che avevo promesso, ma gia' mentre lo promettevo sentivo che con tutta probabilita' non sarei stato in grado di adempiere all'impegno.
Lui invece sempre rispose solerte ad ogni mia richiesta, e con una pienezza, una chiarezza, una generosita' che ogni volta mi lasciava commosso. Credo che tutte le persone che lo hanno conosciuto abbiano provato questa felicita' dell'incontro con una persona cosi' disposta all'ascolto e al dono.
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Ne' puo' essere granche' utile una mia testimonianza sul suo valore di studioso, di militante, di organizzatore e di amico della nonviolenza, valore che tutti sanno essere grande. Le cose di lui che ho letto - e con vivo consentimento, e nutrendomene - altri ha letto e discusso con piu' profonda cognizione e nel vivo di una consuetudine con lui calda e aggettante, come quella di tutti voi che proseguite l'avventura del Centro studi "Sereno Regis", cosicche' io ben poco potrei aggiungere.
Semmai potrei tentare di ricavare da questo mio disagio, da questa mia inadeguatezza, qualche stilla di ragionamento sulla nonviolenza che forse meriterebbe di essere discussa anche alla luce della sua testimonianza, della sua opera teorica e pratica. Ma allora avrei dovuto scriverne a lui quando era in vita, e ahime' non l'ho fatto. Come dicevo, sono un pessimo epistolografo (e un assai peggiore conversatore, e del tutto refrattario all'uso del telefono).
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Con Nanni avrei voluto ragionare di come la nonviolenza possa e debba uscire dalla subalternita' e dalla marginalita' in cui mi pare che sovente si trovi schiacciata non solo per la violenza dei potenti e la narcosi dei piu', ma anche per una sorta di intima timidezza e quasi sudditanza di tante persone della nonviolenza amiche. Nanni era uno dei pochi che la nonviolenza viveva e proponeva senza alcuna subalternita', senza alcuna timidezza, cosciente del fatto che solo la nonviolenza - come anch'io fermamente credo - puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
E magari discutere anche di quale contributo effettivo i luoghi istituzionali del sapere possono dare alla nonviolenza; ma forse anche in questo ero ostacolato dalla mia inveterata sfiducia (ed ingiusta, lo so) nelle accademie tutte, anche in quelle che svolgono un lavoro eccellente nel campo della Peace Research.
E discutere anche del disagio di vivere comunque nella ferita dei troppi privilegi di chi fa comunque un lavoro prevalentemente intellettuale, e nella contraddizione della scelta della "semplicita' volontaria", nella costante straziante percezione della poverta' abissale dei dannati della terra, la condizione ad essi imposta da un ordine iniquo, il "disordine costituito" dell'universale rapina e saccheggio e asservimento e devastazione, un orrore contro cui la nostra lotta fin qui e' ancora troppo insufficiente.
Ma so che le mie opinioni - di persona la cui formazione leopardiana e marxista si e' data in una fase del Novecento che sembra oggi lontana quanto i tempi delle guerre puniche - sono di quelle che il nuovo millennio condanna alla "damnatio memoriae", e che la nonviolenza deve ogni giorno reinventare un linguaggio condiviso e forme adeguate di comunicazione e di intervento. Mi sembra che voi a Torino ci riusciate, ed io no, legato come sono alla mia diversa esperienza che sento impormi un dovere di fedelta' a modi di azione ed espressione che l'ipertecnologica e neocoloniale epoca presente ha preteso di rendere (e per piu' versi ha effettualmente reso) obsoleti e sterili e indecifrabili ai piu' come glifi di civilta' scomparse.
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Non sto qui a tediarti sulla nozione di nonviolenza (dialettica e dialogica, contestuale e aperta, fallibilista e processuale, storico-concreta e utopico-concreta, ed "insieme di insiemi") che personalmente piu' sento e propongo (ed in cui molto agiscono anche Bloch ed Anders e Jonas, i francofortesi e Basaglia, e soprattutto il pensiero e le esperienze del movimento femminista); penso che ogni persona amica della nonviolenza ad essa si sia accostata e l'abbia scelta muovendo dalla propria personale esperienza, approfondendo - e per cosi' dire illimpidendo alla propria coscienza e capacita' di giudizio, e inverando nella propria prassi - le proprie radici ed i propri riferimenti culturali ed i propri convincimenti morali e politici.
Per quel poco che so della visione del mondo di Nanni mi pare di capire che lui fosse assai piu' vicino di me alla visione capitiniana ad esempio sulla cruciale questione della compresenza - di cui nel mio sentire io do' una lettura materialistica che so essere altra da quella originaria di Capitini -; e che nell'esperienza del mondo dell'impermanenza molto meglio di me abbia saputo accostarsi alla sapienza orientale e particolarmente alla tradizione buddhista (io forse ho sentito di piu' un tratto confuciano, quello del "ren", e il fascino della visione dialettica e della nozione di "wu wei" dei maestri maggiori del taoismo). Ma non faccio grandi differenze tra le grandi culture dell'umanita' - credo come Gandhi che tutte le tradizioni orientate al bene comune, con logica e linguaggio vuoi narrativo, vuoi formalizzato, dicano sempre in sostanza le stesse verita' ineludibili. E tuttavia la mia weltanschauung e' quella di Lucrezio e di Leopardi, di Feuerbach e Marx, di Rosa Luxemburg e Hannah Arendt, e di Franco Fortini e Renato Solmi (e mi si perdoni se li elenco cosi' alla rinfusa), insieme ovviamente a Virginia Woolf e Primo Levi, Capitini e Dolci, Gandhi e King, e tra le persone viventi Luce Irigaray e Vandana Shiva.
Molto ho imparato leggendo gli scritti di Nanni; e molto imparo ogni giorno da quanto leggo nel sito del Centro studi "Domenico Sereno Regis". E molto sono grato a Nanni per quanto ha fatto e seminato, e molto sono grato a voi che ne proseguite l'opera: non c'e' bisogno che aggiunga quanto essa sia luminosa ed ispiratrice non solo per tutte le persone amiche della nonviolenza, ma per ogni persona di volonta' buona.
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Auspicherei che gli scritti di Nanni venissero al piu' presto raccolti (immagino che molte siano le cose inedite o che hanno avuto limitata circolazione, ma anche non pochi lavori pubblicati in rivista e volume temo siano ormai di difficile reperibilita') e quindi messi a disposizione di studiosi e militanti, in forma sia cartacea che - e mi sembra ancora piu' necessario ed urgente - nel web. Suppongo ci stiate gia' lavorando e fin d'ora ve ne sono grato.
Credo infatti che tanto i lavori piu' specificamente scientifici che quelli per cosi' dire pedagogici e formativi, cosi' come i vari parerga e paralipomena pubblicistici e la corrispondenza di Nanni, possano sia singolarmente che nel loro insieme costituire non solo una documentazione di grande interesse e valore per studiosi di diversi campi, ma anche e soprattutto un prezioso e frugifero materiale di studio e di orientamento, strumenti di lavoro e "cassetta degli attrezzi", vademecum e conforto, per tutte le persone impegnate nell'azione nonviolenta per la pace, i diritti umani, la difesa del mondo vivente e della civilta'.
E credo anche che nel raccogliere e ridiffondere le "disiecta membra" della vasta e disseminata opera di Nanni riemergeranno e si riattiveranno molteplici materiali preziosi e variegate indicazioni illuminanti in plurimi ambiti e direzioni di ricerca; segnalo a mero titolo d'esempio - tra certo innumerevoli altri suoi interventi - quanto Nanni scrisse su Keith Haring come contributo a un lavoro sull'artista nuovayorchese di una collaboratrice del nostro centro nonviolento viterbese, Giselle Dian. Era cosi' Nanni: continuamente donava pensieri e proposte di ricerca e d'azione, alimentando ovunque esperienze e riflessioni, in una pratica della nonviolenza come accostamento e solidarieta', scienza e condivisione della verita' riconoscente e liberatrice, sapienza d'amore e rivolgimento amoroso verso l'umanita' intera, passata, presente e ventura, verso l'intero mondo vivente.
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Elena carissima,
concludo qui questo frettoloso sproloquio senza costrutto e senza pretese. Potrai scusarmi per la mia defezione?
Allego comunque in calce due piccoli ricordi, gia' apparsi sul nostro notiziario: l'uno in forma di prosa a firma di Giobbe Santabarbara, e l'altro in forma di sonetto a firma di Benito D'Ippolito; testi che a me non sembrano granche' (troppo retorico l'uno nel suo movimento, troppo meccanico l'altro e di scarso respiro) ma che se vuoi puoi eventualmente far circolare tra le persone amiche se non ti sembrano troppo banali, ridicoli o fuori luogo.
Grazie ancora di tutto, di tutto ancora scusandomi; un forte abbraccio a te e a tutte e tutti gli amici torinesi dal tuo e vostro
Viterbo, 18 novembre 2017
*
In guisa di postilla: ho ricordato Nanni piu' volte in incontri tra amici della nonviolenza a Viterbo (l'ultima volta l'altroieri), ma in queste circostante parlo sempre a braccio e poi non trovo mai il tempo di mettere per iscritto quel che ho detto. Dell'incontro di giovedi' ho poi redatto un telegrafico resoconto in un comunicato che oltre a riportare la preziosa voce di Wikipedia stesa da Paolo Macina cosi' sintetizzava la conversazione viterbese:
"Si e' svolto giovedi' 16 novembre 2017 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di riflessione in memoria di Nanni Salio, l'illustre studioso ed attivista nonviolento deceduto nel 2016.
L'incontro e' stato aperto dal responsabile della struttura nonviolenta viterbese, che ha rievocato alcuni tratti della personalita' e dell'opera dello scienziato e militante nonviolento torinese, ripercorrendone esperienze e riflessioni ed evidenziando alcune vicende salienti della sua attivita' di militante, di studioso, di organizzatore di cultura e di iniziative di pace e di solidarieta'; infine recando testimonianza personale di alcuni episodi particolari in cui - come per sineddoche - flagrante veniva in piena luce la figura di Nanni Salio persona saggia e sapiente, empatica e sollecita, gentile e generosa, esempio di semplicita' volontaria, maestro di ascolto e di condivisione, compagno di tutte le oppresse e gli oppressi in lotta per la liberazione dell'umanita' da ogni violenza, in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di ogni essere umano, per il rispetto, la difesa e l'accudimento del mondo vivente tutto.
Sono stati poi letti e commentati alcuni brani dalle opere di Nanni Salio.
Le persone partecipanti all'incontro hanno espresso ancora una volta il loro sostegno all'appello "Una persona, un voto" per il riconoscimento del diritto di voto a tutte le persone residenti in Italia, ed all'appello affinche' sia riconosciuto a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro. Hanno espresso altresi' il loro sostegno agli appelli affinche' il Senato deliberi in via definitiva la legge sullo "Ius soli". Ugualmente hanno espresso il loro sostegno all'appello affinche' l'Italia ratifichi al piu' presto il trattato Onu di interdizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017, ed alla Carovana delle donne per il disarmo nucleare che da lunedi' 20 novembre a domenica 10 dicembre 2017 attraversera' l'Italia per chiedere appunto che anche il nostro paese ratifichi il citato Trattato".
Mi rendo conto che e' povera cosa, ma chi ha partecipato a quell'incontro credo abbia colto almeno un riverbero della luce irradiata da Nanni, ed abbia pensato a lui con viva gratitudine; mi faceva piacere fartelo sapere.
*
Allegato primo: Giobbe Santabarbara ricorda Nanni Salio
Delle molte virtu' di Nanni Salio, uomo sapiente e gentile, studioso e amico della nonviolenza, ricordo innanzitutto la qualita' dell'empatia: sapeva ascoltare, sapeva comprendere, sapeva donare.
Ricordo come lo vidi una volta sorridere: un sorriso timido, quasi solo con gli occhi; e ricordo che pensai: cosi' sorride una persona buona.
Mi capito' di chiedergli di aiutare persone che non conosceva: e sempre lo fece con una generosita' senza attese e senza riserve, semplice e piena, doni preziosi donando; la generosita' dell'umanita' come dovrebbe essere, dell'umanita' come sara' quando uscira' da questa fornace di guerre e di orrori.
Ed allora nell'accampamento finalmente liberato, fra cento o fra cento milioni di anni, seduti intorno al fuoco si ricorderanno delle persone che nei tempi bui seppero recare una fiaccola e condividere il pane, e non contera' che ricordino i loro nomi; diranno soltanto "le nostre compagne ed i nostri compagni di allora", e penseranno alle persone come Nanni, e sorrideranno commossi e felici.
*
Allegato secondo: Benito D'Ippolito: Un ricordo di Nanni Salio

Di Nanni Salio gli occhi calmi e buoni
ricordo, ed il sorriso lieve e mite;
era un sapiente che recava doni
preziosi e che guariva le ferite.

Tesseva nessi, incontri, comunioni,
lottava per salvar tutte le vite;
e all'odio, alle menzogne, alle oppressioni
si opponeva con forze infinite.

Anch'io ne sento grave la mancanza
della parola saggia e generosa
e dell'azione, forte e lieve danza.

In questa breve vita e dolorosa
nella fugacita' di nostra stanza
resta il ricordo, rosa luminosa.

9. DISARMARE

Poiche' le armi uccidono gli esseri umani
e' il disarmo che salva le vite.

10. RINGRAZIANDO LE DONNE CHE HANNO PROMOSSO E ANIMATO LA CAROVANA PER IL DISARMO NUCLEARE

Si e' conclusa lunedi' 11 dicembre a Roma la Carovana delle donne per il disarmo nucleare che ha attraversato l'Italia per chiedere che anche il nostro paese ratifichi il Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpnw) adottato il 7 luglio 2017 dall'Onu.
Alle donne della "Lega internazionale delle donne per la pace e la liberta'" (Wilpf) che hanno promosso e animato questa straordinaria iniziativa vogliamo esprimere ancora una volta la nostra gratitudine, ed insieme a loro vogliamo perseverare nella richiesta che anche l'Italia al piu' presto ratifichi il Trattato.
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Il primo dovere e' salvare le vite.
Tutte le armi sono nemiche dell'umanita' poiche' la loro funzione e' di uccidere gli esseri umani; le armi atomiche, in particolare, possono provocare non solo stragi immani, ma la distruzione della stessa civilta' umana.
Abolire le armi atomiche e' la piu' urgente ed ineludibile necessita' dell'intera umanita'.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Vi e' una sola umanita'.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
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Allegato: Una breve notizia sulla Carovana delle donne per il disarmo nucleare
Si e' svolta tra il 20 novembre e il 10 dicembre 2017 la Carovana delle donne per il disarmo nucleare che ha attraversato l'Italia per chiedere che anche il nostro paese ratifichi il Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpnw) adottato il 7 luglio 2017 dall'Onu.
Molte le iniziative realizzate in varie citta' d'Italia: la Carovana, promossa dalla "Lega internazionale delle donne per la pace e la liberta'" (Wilpf), la piu' antica e prestigiosa associazione pacifista internazionale, ha infatti saputo suscitare l'adesione e l'impegno del vasto e variegato arcipelago del "popolo della pace", associazioni, movimenti, istituzioni e persone impegnate in difesa dell'umanita' e della biosfera, per la pace e il disarmo, contro tutte le violenze, per la liberazione comune e per la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano e dell'intero mondo vivente.
La carovana ha preso avvio il 20 novembre, "Giornata internazionale dei diritti dell'infanzia", e si e' conclusa il 10 dicembre, "Giornata internazionale dei diritti umani"; al suo centro, cuore pulsante, il 25 novembre, "Giornata internazionale contro la violenza sulle donne", con la partecipazione alla manifestazione nazionale promossa dal movimento "Non una di meno" a Roma.
Invitiamo tutte le persone di volonta' buona, tutte le associazioni impegnate per la pace, i diritti umani, la difesa della natura e della civilta' umana, tutte le istituzioni democratiche, a sostenere le ulteriori iniziative della Wilpf.
Per contattare le donne della "Lega internazionale delle donne per la pace e la liberta'" (Wilpf-Italia): Antonia Sani: cell. 3497865685, e-mail: antonia.sani.baraldi at gmail.com e Giovanna Pagani: cell. 3201883333, e-mail: gioxblu24 at gmail.com

11. RACCONTI. OMERO DELLI STORTI: FORTUNATO FORTUNALE

Gia' che ciavemo 'sto cognome da guitti, come si nun bastasse 'l mi' bba' m'ha voluto metta pure 'sto nome da scemo. 'Na vorta je l'ho cchiesto, e mm'ha ddetto: pe' portatte fortuna, bacherozzo.
Chiamava sempre a tutti bacherozzo, finche' 'na sera al barre uno la prese male e lo stese a cortellate. Si', si', er famoso fatto de sangue, era 'l mi' bba'.
Poi a me e ar mi' fratello ce tocco' de vennicallo, se sa. Come se chiamava 'r mi' fratello? Se chiamava Menelao. Propio. Senza la vvu. Che magara co' la vvu era pure 'n nome gajardo. 'Nvece senza la vvu sarebbe 'r nome de 'n cornutaccio de' tempi antichi, che 'l mi' bba' je piaceveno le storie de' tempi antichi. Che nomi, eh? Fortunato e Menelao. E la mi' sorella? Filomena. Che solo a ddillo ggia' ffa rrida. Lo possino ammaillo. Che poi l'hanno ammazzato davero. Ar barre, a cortellate, ve l'ho ggia' detto?
La mi' pora ma' era ggia' mmorta quanno mori' esso. Se chiamava Maria, Maria la Sbudellona je diceveno. Perche' da giovene eva sbudellato ma uno, uno de fora. Dice che dda ggiovene era bbella come 'n fiore. Io me la ricordo quanno mori' che nun ceva manco trent'anne e pareva che ce nn'eva novanta la pavura. Lavora' 'n campagna e' tosto. Apposta io nun ce so' vvoluto resta' e ho ffatto bbene. A proposito, esso se chiamava Peppe. Propio. Esso se chiamava Peppe e a nnue cia' mmesso nome Fortunato, Menelao e Filomena. Solo pe' cque' se lo meritava ggia' d'esse 'nfirzato cor cortello.
Pero' le regole so' le regole e la regola diceva che a quer cojone che nun j'annava d'esse chiamato bacherozzo e ll'eva mannato ar creatore mo' je' dovemme restitui' 'r piacere io e Menelao. Esso nu' lo sapeva, che nun era de cqui, era de passaggio. Pero' sur giornale ce metterono 'r nome che je fecero 'r processo e 'nzomma io e 'r mi' fratello trovassimo l'innirizzo su l'elenco der telefono, no? Abbitava a Rroma, 'r puzzone. Che poi c'eva pure fatto 'n favore, che 'r mi' bba' era sempre 'mbriaco, lavora' nu' llavorava e ce toccava da mantenello nue. Pero' le regole so' rregole. 'Nzomma ce tocco' anna' a Rroma. Io volevo pija' 'r treno, ma Menelao fa 'na lagna che cor pulma se fa prima. E allora 'nnamo cor pulma. Un viaggio. Un viaggio che nun ve dico, me veniva da vomita'. Quer bamboccio der mi' fratello.
Comunque arrivamo a piazzale Flamigno, e chiedemo ar giornalaro 'ndo' sta la via tardetali. E cquello dice ch'emo da pija 'r 52. E ch'ade'? 'R 52, no? Ma ch'ade'? Come ch'ade', nu' la vedete la fermata? E ce la 'nzegna. Ma nue volessimo d'anna' appiedi si cce dice la strada. Se vede propio che sete du' bburini. Mo' a mme si c'e' 'na cosa che me fa rrabbia e' quanno uno m'offenne. E a Mmenelao pure. Cosi' Menelao je dice: Vo' veda che tte damo foco a tutti li ggiornali? E tira fora 'r zerramanico. E quello: E tu vo' veda che tte do' 'na schioppettata. Vorre' propio da veda, dico io. E quel fregnone nun te tira su da sotto li giornali 'r quintone? E' mmejo che ve n'annate, regazzi'. E' mmejo che posi 'sto ferraccio, bachero' (pure 'r mi' fratello chiama bacherozzo man tutte, io quarche vorta solo). Mo' tte fo 'n bucio che sse vede che era tutto voto 'ndo ce sta 'r ciarvello. Mo' zzompo di lla' de 'sto banco e te strozzo. E provece. Volemo veda? E provece. Lo ripeterono cinque o sei volte volemo veda e provece. Poi parti' 'l colpo e prese Menelao in pieno petto. Io c'evo la bajaffa che m'eva prestato Stuzzichino e senza manco pija' la mira je l'ho scaricata ne la capa che pareva propio 'n palloncino bucato che se sgonfiava tutta e li pezzi d'osso zompaveno da tutte le parte. Poi j'ho dato foco ali ggiornali. Poi e' 'rriva la madama.
E eccome cqui. Mejo, cosi' m'ariposo.

12. RACCONTI. VLADIMIRO OGLIANOVI: UN'AVVENTURA DI BRACIOLONE

Me fanno ride a mme, me fanno ride tutti 'sti fregnoni che te vonno spiega' come s'ha dda campa'. Tu je chiedi du' sordi e essi te vonno fa' 'n commizzio. Ma ddamme li du' sordi che tt'ho cchiesto morammazzato. So' ttutti bbravi, tutti capiscioni, pero' quann'e' 'r momento, sangue de Ggiuda, ve lo dico io che se la fanno sotto.
Sentite que'.
Era de domenica pomeriggio e stamme ar barre a ggrattasse. Giggi Veleno fa: "Che stam'a ffa' qui a fasselo magna' da le mosche? 'Nnamo da quarche parte a ffa' quarche mmovimento". "De domenica?", j'arisponne Miccetto, "De domenica pure Ggiesucristo s'ariposa". "E che ttu mmo' saresti Ggiesucristo? Annamo, va'". E 'nnamo. Giggi cia' la Cinquecento truccata, pianamo su tutt'e tre e via. "'Ndo' se va?", dico io. "'Ntanto famo 'n giro, poi vedemo". E via. "Perche' nun annamo allago a veda si ciade' quarche coppietta? eh?", dice Miccetto che ggia' je rideno ll'occhi. "E 'nnamo", dice Giggi.
Nun era piu' propio estate, pero' nun faceva freddo e su la spiaggia libbera quarche coppietta c'era. Tre quattro. "So' ttroppe", fa Giggi, "Tocca aripassa' quanno so' dde meno". Ma Miccetto: "E vabbe', uno le distrae e l'antri due appozzeno, no?". "Ce credo che fai entra e esce dar gabbio, Micce'", dico io, "Che nu' lo capisceno che quello che le distrae e' 'r compare?". "E allora che famo? Aspettamo che se fa notte? Fra 'n par d'ora e' bbuio e le coppiette qui nun ce so' ppiu'". "Nun dico d'aspetta' du' ora, dico che famo 'n giretto e ripassamo". E vvia.
Quanno arivenimo de coppiette c'ereno solo due, e tutt'e ddue lontane da 'ndo' eveno fermato le machine. Evvai. Pero' aprimo la prima e dentro nun c'era gnente de bono, manco lo stereo, manco 'n pacchetto de sigherette. Gnente. Io me ce 'npatasso quann'e' ccosi'. Quell'artra c'era 'na cesta co'n po' dde robba da magna', mejo de gnente ma era sempre 'na micragna. Staveme li' lli' ppe' daje foco, quanno da la spiaggia 'n'oca strilla: "Ggino, Ggino, ce so' li ladri lli' a la machina". E Ggino: "Aho', cche ffate? 'Nnate via che cchiamo 'r 113". E quell'artra coppietta se ggira pur'essa e comincia' a strilla' pur'essa "Aho', aho'". "Ma che sse strilleno 'sti cafoni", dico io. E Giggi: "Mo' cce tocca gastigalli, 'sti burini, che sse strilleno, 'n corpo che je pija". E Miccetto: "Lo sapevo, lo sapevo". "Che ssapeve?". "Che ffiniva ccosi'". "Pare che tte dispiace". "Perche', ttu sse' contento? Qui sse rifinisce ospiti de lo stato". "Mica e' ddetto, li potemo pure convince a stasse zzitte, no?". "E ccome?". "Ce lo sai come". "So' qquattro". "Ma nnue semo piu' ccattive". "Ah, ccosi'?". "Ccosi', e cce scajamo pure li portafoji". "Che mmagara so' vvoti". "O mmagara so' ppieni, chi lo sa?". "Allora 'nnamo". "'Nnamo?". "'Nnamo, 'nnamo".
Nun e' cche le volessimo ammazza', solo 'mpaurille. E visto che c'ereme, e ch'ereme pure scocciati che ne le machine 'n c'era gnente, se sa ccome vanno 'ste cose.

13. RACCONTI. LUCIO EMILIO PIEGAPINI: TUTTI I MESTIERI

Ho fatto tutti i mestieri io.
Ho fatto il muratore e l'autista, il cameriere e il parrucchiere per signore. Proprio. Non te l'aspettavi, eh? Invece si'.
Ho lavorato a Milano e a Siracusa. Ho raccolto le mele in Trentino. E i pomodori a Tarquinia. Ho dato lezioni private, sissignore, lezioni private. E ho fatto il dj in una radio libera, ai tempi delle radio libere che tu ancora non eri neppure nato. Ero li' li' per fare un disco a quei tempi, poi ho lasciato perdere. Ho fatto il garzone, come no, e ho guidato il furgone che prima che faccia mattina porta le paste ai bar. Ho giocato a rugby e a scacchi.
Le ho fatte tutte, le ho fatte. Sono stato pure in Francia una volta, ma quando non capisci la lingua e' sempre una rogna.
Com'e' che mi trovo qui? Un errore giudiziario, no?
*
Eccome se me la ricordo la famosa rapina al Banco della Scimmia. Per puro caso mi trovavo da quelle parti quella mattina, stavo al bar proprio di fronte quando sono cominciati i botti, che all'inizio tutto il bar si svuoto' perche' tutti volevano vedere che succedeva ma quando venne giu' la prima vetrata allora tutti rientrarono nel bar e tutti giu' per terra dietro i tavolini i cuordileone. Io invece uscii per dare una mano. Una mano alla giustizia, s'intende. E quelli che hanno fatto? M'hanno arrestato. A me, che non avevo neppure finito il caffe'.
*
Il processo fu una buffonata, ma proprio una buffonata. Non si poteva ridere perche' c'erano stati tutti quei morti e a ridere s'indisponeva il pubblico televisivo che c'erano le telecamere. Allora eravamo li' tutti con le facce serie serie che sentivamo quei cretini di avvocati che dicevano tutte quelle frescacce. Risultato? M'hanno condannato a me che non c'entravo niente. La pistola non era la mia. Nella confusione uno di quelli accucciati per terra disse che m'aveva visto, ma che poteva vedere che stava li' a leccare il pavimento con la lingua? Io ero un cliente, e m'hanno fatto passare per rapinatore.
*
E' mentre ero in galera che mi sono invelenito. L'avvocato m'aveva mollato, e io ogni giorno masticavo amaro e mi dicevo che questa porca societa' non si meritava altro che quello che si meritava e che quando uscivo mi ci volevo proprio impegnare a fare la rivoluzione. La rivoluzione, si', avete presente?
In galera c'era uno ch'era anarchico e che insegnava un sacco di cose, e la prima cosa che insegnava e' che la proprieta' e' un furto. Proprio cosi', l'ho imparato a memoria: la proprieta' e' un furto. Io non me n'ero mai reso conto prima. E lo spiegava bene, solo che la spiegazione adesso non me la ricordo piu', con tutto il tempo che e' passato, pero' che la proprieta' e' un furto non me lo sono scordato piu'.
*
Poi uscii, insieme a altri due che ci facemmo strada a revolverate che gli amici erano riusciti a farci avere i ferri del mestiere da un secondino corrotto che durante la fuga ammazzammo pure lui cosi' sei sicuro che si sta zitto.
E una volta fuori andai da Romoletto a chiedere la mia parte del bottino della famosa rapina al Banco della Scimmia. Ma Romoletto mi disse che aveva speso pure la parte mia che pensava che tanto a me non mi serviva visto che ci pensava lo stato a mantenermi. Non dico che l'ho ammazzato perche' non sono un fesso. E poi il cadavere non l'hanno mai ritrovato.
Poi ho ripreso a lavorare, ma ormai lo sapevo che la proprieta' e' un furto, ed avevo deciso di passare alla lotta per la liberazione dell'umanita', a cominciare dalla mia modesta persona, l'ho detto che non sono un fesso. Il mio programma? Espropriare gli espropriatori.
Mentre che lavoravo mi sono rimesso a studiare. Avevo preso la terza media mentre ero al fresco. Io sono uno che studiare gli piace. Mi e' sempre piaciuto. Pero' non e' che mi potevo iscrivere a una scuola, perche' avevo i documenti falsi. L'idea mi e' venuta di colpo una mattina mentre leggevo il giornale davanti a una bottega che aspettavo il momento buono per espropriarla (il momento buono e' l'una, quando chiudono per il pranzo: tu entri, raggiungi il commesso e gli fai vedere il giocattolo, poi gli fai tirare giu' la saracinesca da dentro, poi procedi. Pochi minuti, arraffi quel che trovi, ti fai dare le chiavi della saracinesca dal fesso, gli pianti in testa due palle, tiri su la saracineca, esci fuori, tiri giu' la saracinesca, giri la chiave, butti la chiave in un tombino e fine). Li' mi venne quest'idea: che invece di girare coi documenti falsi era meglio girare coi documenti veri, ma di un'altro, di uno che tu ne prendi il posto, non so se mi spiego.
*
Per fortuna che hanno inventato internet. Io sono a favore della tecnologia, e' una cosa ottima, basta saperla usare. Ed e' pure rivoluzionaria.
Insomma, a farla breve, ti trovo questo professore universitario di medicina in pensione vedovo senza figli che vive solo e non vede nessuno. Non e' che gli assomigliassi parecchio, ma una volta che faccio crescere la barba e mi tingo barba e capelli di bianco ci si assomiglia un po' tutti. Bella casa, bella villa, governante in citta' e giardiniere in campagna.
Una bella sera lo vado a trovare. E gli faccio un'offerta che non puo' rifiutare. Cosi' lui licenzia la governante e il giardiniere facendogli un bel regalo perche' non rompano i cosiddetti. Idem il commercialista. Poi lo invaligio e lo porto allo sfascio di Rubicante che e' il pozzo nero dell'universo: quello che porti li' sparisce per sempre, chiedetelo a Romoletto. Poi metto una nuova governante (cinquant'anni di meno, non so se mi spiego), un nuovo giardiniere, un nuovo commercialista, poi vendo la villa, compro un'altra casa, vendo la casa di prima, compro una villa in Svizzera e mi trasferisco li'. Vendo la seconda casa e ne compro un'altra, sempre in Svizzera. Ho sempre voluto essere un docente universitario e un medico. E la pensione non e' male. Oltretutto il sor dottore aveva messo da parte una fortuna ed era proprietario di un po' di appartamenti che rendevano mica male.
*
Lavorare, pero', lavoravo ancora, anche se solo cosi', per sfizio. E sempre in Italia. E' che sono un patriota. E i proventi li metto in banca in Italia, perche' se uno e' un patriota e' un patriota pure finanziario. Ma mica e' vero che sono un patriota, non me ne frega niente di queste sciocchezze, e' che non mi va di attirare l'attenzione. E poi sono un internazionalista.
Dice: ma chi te lo fa fare a lavorare ancora, adesso che ti sei sistemato? Non lo so. Perche' mi piace lavorare, alla fine appartengo sempre alla classe lavoratrice, no?
Poi e' successo l'incidente.
Stavo espropriando un espropriatore quando ho avuto un infarto. Uno non ci pensa mai, ma queste cose succedono sempre quando meno te lo aspetti. Quel cretino invece di lasciarmi agonizzare e godersi lo spettacolo chiama un'ambulanza e mi fa salvare. Figurarsi i giornali alla notizia che l'illustre professore stava facendo una rapina eccetera eccetera.
Poi mi sono rimesso abbastanza presto, per fortuna. Certo, ci devo stare attento adesso. Se dopo un infarto ancora la racconti vuol dire che sei proprio nato con la camicia.
Dopo qualche mese dalla clinica mi hanno portato direttamente qui alla casa circondariale. E' che mentre ero in clinica vennero a trovarmi certi ex-allievi del professore e non mi riconobbero, cioe' riconobbero che non ero il professore. Un putiferio, che mi dispiace soprattutto che non stavo bene, perche' me la sarei proprio goduta.
Poi mi hanno preso le impronte digitali, hanno fatto due piu' due ed eccomi qua.
Di che mi si accusa? Io per prudenza dico a tutti che dopo l'infarto mi e' restata un'amnesia che non mi ricordo niente di niente. Se il processo va come deve andare (e stavolta ho un avvocatone di quelli coi controfiocchi, e' l'effetto dell'odore dei soldi) finisco in una Rems, e appena sto un po' meglio me ne vado per i fatti miei. In Svizzera ho imparato un po' di francese e di tedesco. Soldi, ormai ne ho piu' di quanti possa spenderne in una vita.
E poi quella rapina la stava facendo il professore, l'ha detto pure la televisione, io che c'entro? E' un errore giudiziario.
Penso di scrivere pure un libro: lo voglio intitolare "Che cos'e' la proprieta'". Mi piace l'idea di fare pure il mestiere dello scrittore, ho fatto tutti i mestieri io.

14. UNA LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI: L'ITALIA SOTTOSCRIVA E RATIFICHI IL TRATTATO PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,
come lei certamente ricordera', il 7 luglio 2017 una conferenza delle Nazioni Unite ha adottato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari; hanno votato a favore 122 paesi su 124 partecipanti al voto (dei 195 stati che compongono l'Onu hanno partecipato ai negoziati che hanno messo capo al trattato 129 paesi, mentre non hanno partecipato 66); il trattato entrera' in vigore dopo la ratifica da parte di almeno 50 stati.
Proibire le armi nucleari e' una urgente - la piu' urgente - necessita' per l'umanita' intera, poiche' le armi nucleari l'intera umanita' minacciano di distruzione.
Voci autorevolissime come il pontefice cattolico hanno ripetutamente sottolineato questa improcrastinabile esigenza; e cosi' tutte le altre maggiori autorita' morali del mondo e pressoche' l'intera comunita' scientifica internazionale.
L'attribuzione del Premio Nobel per la Pace di quest'anno all'Ican (la rete delle associazioni impegnate in tutto il mondo per il disarmo atomico) conferma questa consapevolezza.
Gia' centinaia di parlamentari italiani si sono espressi affinche' l'Italia sottoscriva e ratifichi al piu' presto il Trattato; ed e' ragionevole supporre che nessun parlamentare, come nessun ministro, vorra' sottrarsi a un impegno che ogni essere umano sente giusto e necessario: abolire le armi atomiche prima che esse annichiliscano la civilta' umana.
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Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,
la sua storia personale attesta che anche lei da molti anni condivide l'impegno per il disarmo nucleare.
Prima che si concluda la legislatura in corso si adoperi affinche' l'Italia sottoscriva e ratifichi al piu' presto il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari.
Augurandole ogni bene

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 288 del 14 marzo 2018

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