[Nonviolenza] Nonviolenza. Femminile plurale. n. 690



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento del notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Numero 690 del 3 febbraio 2018
In questo numero:
1. Ida Dominijanni: Parlano le donne parlano
2. One Billion Rising 2018
3. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"
4. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
5. L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari
6. In Italia Bernice Albertine King, figlia di Martin Luther King
7. Centoventiquattro donne: Dissenso comune
8. Segnalazioni librarie
1. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: PARLANO LE DONNE PARLANO
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo e diffondiamo il seguente intervento apparso su "Via Dogana" n. 3 del 30 gennaio 2018, che costituiva l'introduzione all'incontro di Via Dogana 3: "Parlano le donne parlano" di domenica 14 gennaio 2018]
1. Il movimento #metoo - slogan inventato dieci anni fa da una donna nera, Tamara Burke - esplode negli Stati uniti il 15 ottobre dell'anno scorso, a seguito dello scandalo Weinstein, e si diffonde a macchia d'olio su scala pressoche' planetaria: due settimane dopo, a inizio novembre, il Newsweek conta due milioni e trecentomila tweet in 28 paesi - ai primi posti Usa, Canada, Brasile, Messico, Gran Bretagna, Svezia, Francia, Italia, Germania, Australia, India, Giappone, Sudafrica (1). L'11 gennaio il New York Times elenca 78 uomini "high profile" - appartenenti ai circuiti della politica, dei media, dell'intrattenimento, dell'accademia - accusati dalle loro vittime di molestie o "cattiva condotta sessuale" (sexual misconduct) e licenziati, o sospesi, o costretti a dimettersi: tra loro sei esponenti politici, parlamentari o uomini di partito, e tra questi l'ex comico democratico Al Franken, il caso forse piu' controverso e Roy Moore, candidato repubblicano al Senato, cha ha perso le elezioni in Alabama anche in seguito alle denunce femminili di sexual harassment e pedofilia (2). Parzialmente diverso il quadro in altri paesi. In India ad esempio - uno dei casi di #metoo piu' interessanti - il campo piu' colpito e' quello accademico; sotto accusa, in particolare, alcuni tra gli esponenti piu' amati dei post-colonial studies, da cui un dibattito incentrato soprattutto sullo scarto fra ideologie rivoluzionarie professate in pubblico e comportamenti privati (3). In Francia invece - altro esempio - il dibattito sul caso piu' esplosivo, le accuse di molestie e stupro a Tariq Ramadan, e' "deragliato" su quello sui rapporti fra cultura occidentale e cultura islamica (4).
Come sempre accade, un movimento femminile transnazionale con contenuti sostanzialmente omogenei acquista pieghe e accentuazioni diverse a seconda dei contesti nazionali, e domanda percio' uno sguardo comparativo. Il mio si posera' soprattutto sulla comparazione fra Stati Uniti e Italia, per una ragione precisa: molto di quanto sta accadendo nell'America trumpiana - compresa la scoperta, grazie alla presa di parola pubblica femminile, di un sistema diffuso di scambio fra sesso e potere - e' stato anticipato nell'Italia berlusconiana; ma con effetti in parte simili, in parte - sembra - assai diversi. Da qui la strana sensazione di stare assistendo a un deja' vu da una parte, a qualcosa di inedito dall'altra.
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2. Negli Stati uniti il #metoo e' stato/e' un enorme e contagioso movimento femminile di presa di parola pubblica, potentemente aiutato dai social network, appoggiato dalla stampa illuminata, sostenuto sia dall'autorizzazione reciproca delle donne coinvolte sia da una forte autorizzazione dell'opinione pubblica, che e' riuscito a ribaltare una congiuntura che pareva svantaggiosa per le donne - l'elezione di Trump e la sconfitta di Hillary Clinton - in una situazione di protagonismo femminile socialmente riconosciuto e supportato. La congiuntura politica e' di estrema rilevanza e da' risposta alla domanda che e' imperversata sui media italiani: "Perche' parlano adesso e non hanno parlato prima?".
Le donne, lo sappiamo, parlano quando possono parlare: quando si puo' aprire una crepa nel regime del dicibile e dell'indicibile, e l'autorizzazione a dire la verita' soggettiva prevale sul silenzio-assenso femminile necessario al mantenimento dell'ordine patriarcale. Dopo la vittoria di Trump e la sconfitta di Hillary - una candidata che il femminismo radicale riteneva non idonea perche' moderata e neoliberale, ma che tutto il femminismo ha difeso dagli attacchi misogini del suo avversario - negli Stati Uniti le donne hanno reagito con un salto di prospettiva politica, ben visibile fin nella women's march del 21 gennaio 2017, che con i suoi due slogan principali, inclusivita' e intersezionalita', gia' annunciava un femminismo determinato a prendere in mano le redini di un movimento di opposizione piu' vasto. A distanza di un anno scrive infatti il NYT: "Allora non era chiaro se si trattasse di un momento o di un movimento, ma ora e' chiaro che le donne sono diventate le leader emergenti di una doppia scommessa: sostenere l'opposizione a Trump e lanciare una sfida culturale piu' ampia al potere maschile, com'e' accaduto con il #metoo" (5).
La presa di parola individuale che ha fatto esplodere il caso Weinstein non sarebbe stata possibile, dunque, senza l'autorizzazione simbolica del movimento gia' sceso in campo contro il Presidente che si vanta di "prendere le donne per le parti intime". Vale la pena di notare che questa congiuntura politica conquista al femminismo la generazione di donne nata e cresciuta sotto le insegne dell'individualismo neoliberale che ne era rimasta fin qui piu' estranea, come fanno notare nelle loro testimonianze molte protagoniste del #metoo che raccontano la loro scoperta della dimensione collettiva dell'agire politico (6). Di questa congiuntura, infine, fa parte il "divenire minoranza" degli uomini (bianchi), sotto i colpi della globalizzazione, della crisi economica, dei cambiamenti demografici e della perdita di privilegi innescata mezzo secolo fa dal femminismo storico: una condizione declinante del tutto compatibile tanto con i colpi di coda del suprematismo bianco che ha portato Trump alla presidenza quanto con i colpi di coda dell'aggressivita' sessuale "virile" disvelata dal #metoo.
A fronte di questo "divenire minoranza" degli uomini bianchi, c'e' il "divenire maggioranza" delle donne: per la prima volta, in una societa' come quella americana abituata a rappresentarsi per segmenti, le donne non sono percepite come una minoranza da tutelare ma come una potenziale maggioranza vincente, una forza di cambiamento da sostenere e di cui fidarsi. All'autorizzazione femminile si aggiunge quindi un'autorizzazione sociale piu' vasta, ben percepibile attraverso il racconto incoraggiante e positivo che del #metoo hanno fatto i media mainstream liberal: il New York Times, il New Yorker, il Guardian, il Washington Post, The Nation - per citare solo quelli che ho cercato di seguire da qui.
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3. Questo sostegno dell'opinione pubblica americana e' il dato che stride di piu' con l'esperienza italiana. L'Italia non avrebbe dovuto restare sorpresa daI #metoo, avendo sperimentato, solo pochi anni fa, l'analogo fenomeno di una imprevista presa di parola pubblica femminile contro il "dispositivo di sessualita'" dominante. Mi riferisco, ovviamente, all'esplosione del Berlusconi-gate, dovuta alla denuncia, da parte di Veronica Lario e Patrizia D'Addario (e altre dopo di loro, tra le quali Ambra Battilana, che ritroviamo oggi fra le donne che negli Usa hanno denunciato Weinstein), del sistema di scambio fra sesso, danaro e potere che vigeva nelle residenze dell'ex premier e decideva la distribuzione di lavori e di candidature alle donne nelle sue televisioni e nelle sue liste elettorali. Anche allora questa presa di parola si avvalse di una parte dei media, o perche' contrassegnati dalla sensibilita' di opinioniste femministe o perche', piu' semplicemente e strumentalmente, anti-berlusconiani. Ma subi' anche e soprattutto una fortissima dose di incredulita', discredito e ostracismo, non solo da parte dei media berlusconiani (oggi in prima fila anche contro il #metoo, e con gli stessi argomenti di allora) ma anche negli ambienti della sinistra, e perfino in quella parte del femminismo che considerava "poco degne" le donne che si erano ribellate al sistema berlusconiano dal suo interno. Che fosse in atto, anche allora, una scossa tellurica che investiva verticalmente i rapporti fra donne e uomini, dalla sessualita' al mercato del lavoro alle istituzioni della rappresentanza, lo si capi' forse solo di fronte alla manifestazione del febbraio 2011 - le manifestazioni di piazza essendo la sola forma in cui l'esistenza del femminismo viene tuttora registrata. La risposta del circuito politico e mediatico mainstream fu tuttavia, anche nel campo della sinistra, momentanea, strumentale all'abbattimento di Berlusconi e inadeguata (7). Soprattutto, non pare abbia seminato consapevolezza alcuna della crisi e della domanda di trasformazione di cui quei fatti erano il segno: lo si vede benissimo oggi che Berlusconi torna in campo come simulacro di se stesso, per ironia della storia contemporaneamente all'esplosione del #metoo, e nessuno, nei circuito mediatico, ricorda che a farlo cadere nel 2011 furono le donne prima dello spread, ne' associa la rivolta femminile italiana di allora a quella planetaria di oggi. Si potrebbe anzi sostenere, io sostengo, che la scarsa considerazione di cui il #metoo ha goduto in Italia e' figlia diretta della rimozione della vicenda del 2009-2011.
A commento dei fatti di allora e di oggi, resta vero quello che Luisa Muraro aveva scritto ben prima, in tempi non sospetti: "Ci sono numerosi indizi che il regime di verita' abbia fin qui funzionato, nelle sue succcessive forme storiche, sulla mutezza femminile. Se una donna si mette a dire la verita', diventa una minaccia per l'altro sesso e per la civilta', insieme. 'Virilita'' e' un nome, o forse il nome, di questo insieme". La verita' soggettiva femminile detta in pubblico ha una forza dirompente della quale noi stesse non siamo forse abbastanza consapevoli. La comparazione fra le due vicende dimostra pero' anche che questa dirompenza, per essere efficace, ha bisogno di una qualche risonanza, e deve dunque dotarsi di una strategia mediatica. La differenza fra l'Italia e gli Usa si sta rivelando, da questo punto di vista, abissale, fin nell'uso del linguaggio e negli stili che connotano il racconto giornalistico, e non puo' essere attribuita solo al diverso valore che nella cultura americana e nella nostra ha il "dire la verita' al potere": attiene anche alla peculiare misoginia dell'establishment intellettuale e giornalistico italiano, e alla capacita' o all'incapacita' di associare mutamento femminile e mutamento sociale, e di fidarsene. Dedicando la copertina della "persona dell'anno" alle silence breakers, il Time ha acutamente osservato che il #metoo ha mostrato che i due principali obiettivi polemici di Trump, le donne e il giornalismo, hanno reagito, e sono in qualche modo "risorti", insieme. Si puo' ragionevolmente sostenere che finche' non avra' imparato a trattare sensatamente di donne e di femminismo, il giornalismo italiano continuera' a precipitare nell'abisso di ignoranza, pressapochismo, autoreferenzialita' in cui vivacchia da anni.
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4. La rimozione dei fatti del 2009-2011 spiega anche la ripetizione, in Italia, di molti argomenti contro le silence breakers di allora e di oggi. Riassumo qui brevemente i principali, maschili ma anche femminili, talvolta presenti in modo ben piu' pacato anche nel dibattito americano, proponendo per ciascuno di essi un rovesciamento di prospettiva.
a) L'(auto)vittimizzazione. Si va dal "fanno le vittime, ma sono state conniventi per anni", scagliato contro Asia Argento soprattutto ma non solo da uomini, al timore, soprattutto femminile e femminista, che il #metoo possa risolversi in un processo regressivo di vittimizzazione e infantilizzazione delle donne. Alla prima obiezione ho gia' risposto: le donne parlano quando possono parlare. La seconda e' piu' comprensibile, ma a mio avviso e' infondata. E' vero che il #metoo condivide con il femminismo di ultima generazione la tendenza a una soggettivazione basata sulla denuncia della violenza subita piuttosto che sull'affermazione di un desiderio positivo, com'e' stato invece per il femminismo degli anni Settanta; ed e' vero che questa accentuazione della condizione di vittima rischia di riprodurla, nonche' di riportare indietro il discorso, dal paradigma della liberta' a quello dell'oppressione femminile. Ma nel caso del #metoo a me pare che il rischio di un attaccamento alla condizione di vittima sia decisamente inferiore alla spinta collettiva a uscirne, anche con una buona dose di allegria. Faccio inoltre notare che in Italia il fronte che accusa di vittimismo ritardato le attrici oggi, e' lo stesso che ieri accusava le escort e le olgettine di non rappresentarsi come vittime e di rivendicare il loro lavoro come una scelta: a dimostrazione che il victim blaming e' sempre attivo, nell'un caso e nell'altro.
b) Il fantasma della "caccia alle streghe", ovvero il panico da rischio di reazione "maccartista" contro i maschi sospettati di "comportamenti inappropriati, a Hollywood e altrove. Il ricorso alla evocazione della caccia alle streghe per esprimere il terrore di una caccia agli orchi ha qualcosa di comico, e dice quanto sia radicata la fantasia di una simmetria fra i sessi e di una vocazione ritorsiva della rivoluzione femminista. Storicamente, la caccia alle streghe (donne) l'hanno fatta gli uomini, e oggi, casomai, sono di nuovo uomini a farla su altri uomini. Con modalita' talvolta violente e discutibili, come la cancellazione dai titoli dei film di attori fino a ieri osannati, o la "maledizione" di opere d'arte che dovrebbero sopravvivere ai comportamenti sessuali dei loro autori. Queste modalita' pero' segnalano che una crepa si e' davvero aperta nell'omerta' maschile, e questo e' un fatto positivo.
c) Invocazione/scongiuro della legge e delle regole. Vasta e contraddittoria gamma di posizioni. Da una parte il #metoo viene attaccato perche' agisce sulla base di una denuncia pubblica ma non giudiziaria dei comportamenti maschili, impedendo cosi' l'esercizio del diritto di difesa: si invocano insomma i tribunali, temendo - come di recente Margareth Atwood (8) - la sostituzione dello stato di diritto con una giustizia "immediata" o con quello che in Italia chiamiamo "giustizialismo". Oltre a non tener conto della storica - e giustificata - diffidenza femminile per l'esercizio maschile della giustizia, questo tipo di obiezioni occulta quello che e' il pregio, non il limite del #metoo: il suo carattere eminentemente politico, basato sulla presa di parola e sulla solidarieta' collettiva, e non sull'uso dei tribunali. La questione che il #metoo pone e' politica, non penale.
Dall'altra parte pero', e contraddittoriamente, lo stesso fronte paventa che l'esito del #metoo possa essere quello di una regolamentazione forzata e di un controllo moralista e normativo dei comportamenti sessuali (9) - esito peraltro da non escludere, data la tendenza alla codificazione dei comportamenti propria della societa' americana. Va detto pero' che questa regolamentazione, talvolta fin troppo rigida, negli Usa vigeva gia' prima del #metoo, ad esempio nelle universita'; il #metoo, casomai, ne segnala l'inutilita'. C'e' un eccesso della sessualita' maschile che sfugge, evidentemente, a ogni regola e a ogni codice di comportamento: merito del #metoo e' l'averlo messo in luce, riportando il fuoco del discorso dalle forme del politicamente corretto alla sostanza delle cose.
Piu' in generale, l'altalena fra invocazione e scongiuro delle norme e' sintomatica di una condizione tutta maschile, che sembra non poter fare a meno delle norme per regolamentare le pulsioni: le invoca mentre le scongiura, e le scongiura mentre le invoca. Vale sulla sessualita', dove gli uomini sembrano voler delegare a un codice di comportamento quello che non riescono a regolare relazionalmente, come vale, lo sappiamo bene, per tutti i campi della vita associata, la politica in primis.
d) Il fantasma della fine della seduzione e della morte della sessualita', con la correlata confusione fra seduzione e violenza, "avance" e molestia. Su questa confusione, impugnata come una bandiera in Italia dal Foglio e dalla stampa di destra e fatta propria in Francia dal testo firmato da Catherine Deneuve di cui tanto si e' parlato, ho poco da dire: a differenza di Deneuve non conosco donna alcuna che non sappia distinguere fra l'una e l'altra cosa, mentre mi arrendo alla constatazione che tale confusione c'e' davvero nella testa di molti uomini, che infatti la rivendicano come se il confine fra sesso e violenza fosse effettivamente poroso e facilmente valicabile.
Il punto tuttavia a me non pare questo, palesemente strumentale, ma un altro. Rebecca Traister ha sostenuto, con buoni argomenti, che puntare il discorso sul terreno della sessualita' significa evadere la questione principale posta dal #metoo, che a suo avviso riguarda la ricattabilita' delle donne nel lavoro piu' che il sesso (10). Si tratta a mio avviso di una falsa alternativa: la questione riguarda, direi, la ricattabilita' delle donne nel lavoro attraverso il sesso, ovvero l'uso della sessualita' come moneta di scambio nel mercato del lavoro. E dunque il #metoo, esattamente come in Italia gli "scandali sessuali" di qualche anno fa, dice qualcosa del "dispositivo di sessualita'" della nostra epoca. Esattamente come allora, anche stavolta colpisce la miseria della sessualita' maschile che risulta dalle testimonianze femminili: uomini che scambiano potere con briciole di sesso come un massaggio sotto un accappatoio o una masturbazione all'aperto. Se e' cosi', il #metoo non annuncia la fine della seduzione e della sessualita', ma la registra, per aprire, si spera, una pagina piu' ricca e piu' felice. Nella ricontrattazione dei rapporti fra i sessi che la presa di parola femminile domanda, io credo che ci sia anche la rivolta contro questa miseria dello scambio eterosessuale.
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Note
1. www.newsweek.com/how-metoo-has-spread-wildfire-around-world
2. www.nytimes.com/interactive/2017/11/10/us/men-accused-sexual-misconduct-weinstein
3. www.dinamopress.it/news/abusi-silenzi-nellaccademia-postcoloniale-la-necessita-lettura-femminista-dei-saperi
4. www.newyorker.com/news/news-desk/how-the-tariq-ramadan-scandal-derailed-the-balancetonporc-movement-in-france?
5. www.nytimes.com/newsletters/2018/01/21/gender-metoo-moment
6. www.nytimes.com/2017/12/12/magazine/the-conversation-seven-women-discuss-work-fairness-sex-and-ambition.html
7. Per la ricostruzione dell'intera vicenda e dei suoi effetti rimando al mio Il trucco. Sessualita' e biopolitica nella fine di Berlusconi, Ediesse, Roma 2014.
8. www.theguardian.com/books/2018/jan/15/margaret-atwood-feminist-backlash-metoo
9. www.newyorker.com/news/our-columnists/sex-consent-dangers-of-misplaced-scale
10. www.thecut.com/2017/12/rebecca-traister-this-moment-isnt-just-about-sex.html
2. INIZIATIVE. ONE BILLION RISING 2018
[Dal Coordinamento Italia One Billion Rising (per contatti: obritalia at gmail.com) riceviamo e diffondiamo]
Carissime,
prima di tutto buon anno! Vi scriviamo perche' anche quest'anno One Billion Rising vuole far sentire la propria voce contro la violenza. Il 14 febbraio saremo insieme nelle strade, nelle piazze, nei teatri, nelle scuole d'Italia e del mondo per manifestare contro ogni violenza e discriminazione, con ogni espressione artistica: danza, musica, teatro, lettura, proiezioni, ecc.
Un evento mondiale che si svolge in 200 paesi del pianeta, mobilitando un miliardo di persone unite nell'affermare una cultura del rispetto e della solidarieta'. Il messaggio One Billion Rising 2018 e' proprio quello dell'importanza della solidarieta' come linfa vitale per una rivoluzione pacifica e arma contro ogni violenza.
Per questo vi chiediamo di partecipare a One Billion Rising 2018 con evento, un momento di incontro da organizzare nella vostra citta', diffondendo la notizia e coinvolgendo piu' persone possibili. Poiche' il 14 febbraio 2018 sara' mercoledi', gli eventi potranno essere organizzati anche nei giorni precedenti e successivi (weekend del 10/2 o del 17/2).
Per facilitare l'organizzazione dell'evento vi inviamo alcune semplici indicazioni da seguire:
- Iscrizione al sito per segnalare il tuo evento: clicca su http://bit.ly/Registra_il_tuo_evento_sulla_pagina_internazionale_OBR e invita altre associazioni, gruppi, persone a partecipare... piu' siamo, meglio e'!
- I nostri riferimenti: vi chiediamo di seguirci sui social, condividere i contenuti e invitare i propri contatti a fare lo stesso, cosi' da diffondere anche li' il nostro messaggio. Inviateci foto, video dell'organizzazione e dell'evento.
Sito ufficiale https://www.onebillionrising.org
Facebook https://www.facebook.com/obritalia
Instagram https://www.instagram.com/onebillionrisingitalia/
Twitter @OBRItalia
Email obritalia at gmail.com
Hashtag ufficiali: #RiseInSolidarity #1billionrising #UntilTheViolenceStops
- Loghi ufficiali, immagine del profilo e la foto di copertina su Facebook, Twitter, Youtube che potete scaricare cliccando sul link qui sotto:
loghi 2018: http://bit.ly/1billionloghi2018
foto profilo/cover social: http://bit.ly/1billioncoversocial
- Si puo' organizzare un flash mob durante l'evento del 14 febbraio, seguendo la canzone Break the chain e il tutorial ufficiale http://youtu.be/_U5CZfPydVA o creando una nuova coreografia. L'evento One Billion Rising puo' essere caratterizzato da performance artistiche di ogni genere e da momenti di lettura. In particolare quest'anno, in occasione dei 20 anni de I Monologhi della Vagina di Eve Ensler, opera diventata con i Vday il manifesto delle rivoluzione femminile in atto, vi invitiamo a leggerne qualche brano dell'opera durante l'evento.
Per quanto riguarda le autorizzazioni, bisogna affiggere un avviso pubblico di ripresa video nei luoghi in cui viene organizzata la manifestazione e, se si vogliono riprendere e/o intervistare le persone presenti, suggeriamo di chiedere loro di firmare una liberatoria cosi' da poter usare i video sui siti web, social e per eventuali montaggi.
Al seguente link http://bit.ly/OBR_autorizzazioni2018 puoi scaricare:
- Autorizzazione riprese, liberatorie per l'utilizzo delle riprese di persone;
- Avviso Pubblico riprese;
- Autorizzazione copyright per utilizzo materiali e brani musicali One Billion Rising.
Per quanto riguarda le letture, oltre a I Monologhi della Vagina di seguito troverete, come suggerimento:
- alcuni testi della fondatrice di One Billion Rising, Eve Ensler:
"L'Ufficio della schiavitu' sessuale" http://bit.ly/ufficio_della_schiavitu_sessuale
"L'insurrezione" http://bit.ly/insurrezione
"La mia rivoluzione" http://bit.ly/la_mia_rivoluzione
"Preghiera di un uomo" http://bit.ly/preghiera_di_un_uomo
"Fino a quando" http://bit.ly/fino_a_quando
"E poi saltavamo" http://bit.ly/e_poi_saltavamo
-la traduzione del brano musicale "Break the chain" credits Tena Clark-Musiche Tena Clark/Tim Heintz di M.G.Di Rienzo
http://bit.ly/traduzione_testo_BreakTheChain
- qui se volete potete trovare altre idee:
https://www.onebillionrising.org  
Per dichiarare l'adesione e ricevere maggiori informazioni vi chiediamo di scriverci al seguente indirizzo: obritalia at gmail.com
Grazie per tutto quello che potrete fare! #RiseInSolidarity
Un abbraccio
Coordinamento Italia One Billion Rising, Nicoletta Billi, Anna Vezzoli, Silvia Palermo
3. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"
[L'associazione e centro antiviolenza "Erinna" e' un luogo di comunicazione, solidarieta' e iniziativa tra donne per far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza fisica e psichica e lo stupro, reati specifici contro la persona perche' ledono l'inviolabilita' del corpo femminile (art. 1 dello Statuto). Fa progettazione e realizzazione di percorsi formativi ed informativi delle operatrici e di quanti/e, per ruolo professionale e/o istituzionale, vengono a contatto con il fenomeno della violenza. E' un luogo di elaborazione culturale sul genere femminile, di organizzazione di seminari, gruppi di studio, eventi e di interventi nelle scuole. Offre una struttura di riferimento alle donne in stato di disagio per cause di violenze e/o maltrattamenti in famiglia. Erinna e' un'associazione di donne contro la violenza alle donne. Ha come scopo principale la lotta alla violenza di genere per costruire cultura e spazi di liberta' per le donne. Il centro mette a disposizione: segreteria attiva 24 ore su 24; colloqui; consulenza legale e possibilita' di assistenza legale in gratuito patrocinio; attivita' culturali, formazione e percorsi di autodeterminazione. La violenza contro le donne e' ancora oggi un problema sociale di proporzioni mondiali e le donne che si impegnano perche' in Italia e in ogni Paese la violenza venga sconfitta lo fanno nella convinzione che le donne rappresentano una grande risorsa sociale allorquando vengono rispettati i loro diritti e la loro dignita': solo i Paesi che combattono la violenza contro le donne figurano di diritto tra le societa' piu' avanzate. L'intento e' di fare di ogni donna una persona valorizzata, autorevole, economicamente indipendente, ricca di dignita' e saggezza. Una donna che conosca il valore della differenza di genere e operi in solidarieta' con altre donne. La solidarieta' fra donne e' fondamentale per contrastare la violenza]
Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.
O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.
Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo@gmail.com, facebook: associazioneerinna1998
Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.
4. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA
Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.
5. REPETITA IUVANT. L'ITALIA SOTTOSCRIVA E RATIFICHI IL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI
L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017.
Salvare le vite e' il primo dovere.
6. INCONTRI. IN ITALIA BERNICE ALBERTINE KING, FIGLIA DI MARTIN LUTHER KING
[Dal "Centro Gandhi" di Pisa (sito: www.gandhiedizioni.com) riceviamo e diffondiamo]
Lunedi' 5 febbraio, alle ore 11 presso la Sala Valdese di Via Marianna Dionigi 59 a Roma, si terra' a cura degli organizzatori una conferenza stampa di presentazione dell'arrivo in Italia per la prima volta di Bernice King.
Il rilievo dell'evento, che coincide con il cinquantesimo anniversario della morte del Reverendo Martin Luther King Jr. e con il settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, merita la massima attenzione.
Il 10 marzo 2018 Bernice Albertine King sara' ospite del Comune di Monteleone di Puglia (Fg) per ricevere il Premio di donna impegnata per la nonviolenza e la pace.
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Programma del Convegno del 10 marzo 2018
Inizio ore 9 (presso l'auditorium dell'edificio scolastico di Monteleone di Puglia).
Accoglienza degli invitati e degli ospiti.
Arrivo delle scolaresche dai quattro plessi.
Saluti delle autorita': Sindaco, Presidente Regione, Presidente Unesco, rappresentante del Parlamento europeo on. Elena Gentile, Min. Plen. Fabrizio Petri (Presidente Cidu - Comitato Interministeriale per i Diritti Umani), Rappresentante della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia.
Ore 10 Recital di canzoni dei bambini e delle bambine delle scuole in omaggio della famiglia King.
Ore 11 Interventi dei relatori l'impegno delle donne per la pace: Marinetta Cannito, Angela Dogliotti Marasso, Erika De Gortes, Gabriella Falcicchio, Giovanna Pagani, Giulia Zurlini.
Premiazione.
Intervento finale di Bernice King.
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Saranno presenti alla conferenza stampa del 5 febbraio a Roma: il Sindaco di Monteleone, signor Giovanni Campese; il Vicesindaco di Monteleone, signor Pasquale Rigillo; il Centro Gandhi di Pisa; l'"Osservatorio sulle minoranze religiose nel mondo e sul rispetto della liberta' religiosa" presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale; il Ministro Plenipotenziario Fabrizio Petri, presidente del Cidu (Comitato Interministeriale per i Diritti Umani); Giovanna Pagani, Presidente Onoraria WILPF Italia (Women's International League for Peace and Freedom - Lega Internazionale Donne per la Pace e la Liberta'); la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia.
7. DOCUMENTI. CENTOVENTIQUATTRO DONNE: DISSENSO COMUNE
[Dal sito wwww.larepubblica.it riprendiamo e diffondiamo il seguente appello]
Dalle donne dello spettacolo a tutte le donne. Unite per una riscrittura degli spazi di lavoro e per una societa' che rifletta un  nuovo equilibrio tra donne e uomini.
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Da qualche mese a questa parte, a partire dal caso Weinstein, in molti paesi le attrici, le operatrici dello spettacolo hanno preso parola e hanno iniziato a rivelare una verita' cosi' ordinaria da essere agghiacciante. Questo documento non e' solo un atto di solidarieta' nei confronti di tutte le attrici che hanno avuto il coraggio di parlare in Italia e che per questo sono state attaccate, vessate, querelate, ma un atto dovuto di testimonianza. Noi vi ringraziamo perche' sappiamo che quello che ognuna di voi dice e' vero e lo sappiamo perche' e' successo a tutte noi con modi e forme diverse. Noi vi sosteniamo e sosterremo in futuro voi e quante sceglieranno di raccontare la loro esperienza. Quando si parla di molestie quello che si tenta di fare e', in primo luogo, circoscrivere il problema a un singolo molestatore che viene patologizzato e funge da capro espiatorio. Si crea una momentanea ondata di sdegno che riguarda un singolo regista, produttore, magistrato, medico, un singolo uomo di potere insomma. Non appena l'ondata di sdegno si placa, il buonsenso comune inizia a interrogarsi sulla veridicita' di quanto hanno detto le "molestate" e inizia a farsi delle domande su chi siano, come si comportino, che interesse le abbia portate a parlare. Il buon senso comune inizia a interrogarsi sul libero e sano gioco della seduzione e sui chiari meriti artistici, professionali o commerciali del molestatore che alla lunga verra' reinserito nel sistema. Cosi' facendo questa macchina della rimozione vorrebbe zittirci e farci pensare due volte prima di aprire bocca, specialmente se certe cose sono accadute in passato e quindi non valgono piu'.
Insomma, che non si perda altro tempo a domandarci della veridicita' delle parole delle molestate: mettiamole subito in galera, se non in galera al confino, se non al confino in convento, se non in convento almeno teniamole chiuse in casa. Questo e solo questo le fara' smettere di parlare! Ma parlare e' svelare come la molestia sessuale sia riprodotta da un'istituzione. Come questa diventi cultura, buonsenso, un insieme di pratiche che noi dovremmo accettare perche' questo e' il modo in cui le cose sono sempre state, e sempre saranno.
La scelta davanti alla quale ogni donna e' posta sul luogo di lavoro e': "Abituati o esci dal sistema".
Non e' la gogna mediatica che ci interessa. Il nostro non e' e non sara' mai un discorso moralista. La molestia sessuale non ha niente a che fare con il "gioco della seduzione". Noi conosciamo il nostro piacere, il confine tra desiderio e abuso, liberta' e violenza.
Perche' il cinema? Perche' le attrici? Per due ragioni. La prima e' che il corpo dell'attrice e' un corpo che incarna il desiderio collettivo, e poiche' in questo sistema il desiderio collettivo e' il desiderio maschile, il buonsenso comune vede in loro creature narcisiste, volubili e vanesie, disposte a usare il loro corpo come merce di scambio pur di apparire. Le attrici in quanto corpi pubblicamente esposti smascherano un sistema che va oltre il nostro specifico mondo ma riguarda tutte le donne negli spazi di lavoro e non.
La seconda ragione per cui questo atto di accusa parte dalle attrici e' perche' loro hanno la forza di poter parlare, la loro visibilita' e' la nostra cassa di risonanza. Le attrici hanno il merito e il dovere di farsi portavoce di questa battaglia per tutte quelle donne che vivono la medesima condizione sui posti di lavoro la cui parola non ha la stessa voce o forza.
La molestia sessuale e' fenomeno trasversale. E' sistema appunto. E' parte di un assetto sotto gli occhi di tutti, quello che contempla l'assoluta maggioranza maschile nei luoghi di potere, la differenza di compenso a parita' di incarico, la sessualizzazione costante e permanente degli spazi lavorativi. La disuguaglianza di genere negli spazi di lavoro rende le donne, tutte le donne, a rischio di molestia poiche' sottoposte sempre a un implicito ricatto. Succede alla segretaria, all'operaia, all'immigrata, alla studentessa, alla specializzanda, alla collaboratrice domestica. Succede a tutte.
Nominare la molestia sessuale come un sistema, e non come la patologia di un singolo, significa minacciare la reputazione di questa cultura.
Noi non siamo le vittime di questo sistema ma siamo quelle che adesso hanno la forza per smascherarlo e ribaltarlo.
Noi non puntiamo il dito solo contro un singolo "molestatore". Noi contestiamo l'intero sistema.
Questo e' il tempo in cui noi abbiamo smesso di avere paura.
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Alessandra Acciai, Elisa Amoruso, Francesca Andreoli, Michela Andreozzi, Ambra Angiolini, Alessia Barela, Chiara Barzini, Valentina Belle', Sonia Bergamasco, Ilaria Bernardini, Giulia Bevilacqua, Nicoletta Billi, Laura Bispuri, Barbora Bobulova, Anna Bonaiuto, Donatella Botti, Laura Buffoni, Giulia Calenda, Francesca Calvelli, Maria Pia Calzone, Antonella Cannarozzi, Cristiana Capotondi, Anita Caprioli, Valentina Carnelutti, Sara Casani, Manuela Cavallari, Michela Cescon, Carlotta Cerquetti, Valentina Cervi, Cristina Comencini, Francesca Comencini, Paola Cortellesi, Geppi Cucciari, Francesca D'Aloja, Caterina D'Amico, Piera De Tassis, Cecilia Dazzi, Matilda De angelis, Orsetta De Rossi, Cristina Donadio, Marta Donzelli, Ginevra Elkann, Esther Elisha, Nicoletta Ercole, Tea Falco, Giorgia Farina, Sarah Felberbaum, Isabella Ferrari, Anna Ferzetti, Francesca Figus, Camilla Filippi, Liliana Fiorelli, Anna Foglietta, Iaia Forte, Ilaria Fraioli, Elisa Fuksas, Valeria Golino, Lucrezia Guidone, Sabrina Impacciatore, Lorenza Indovina, Wilma Labate, Rosabell Laurenti, Antonella Lattanzi, Doriana Leondeff, Miriam Leone, Carolina Levi, Francesca Lo Schiavo, Valentina Lodovini, Ivana Lotito, Federica Lucisano, Gloria Malatesta, Francesca Manieri, Francesca Marciano, Alina Marazzi, Cristiana Massaro, Lucia Mascino, Giovanna Mezzogiorno, Paola Minaccioni, Laura Muccino, Laura Muscardin, Olivia Musini, Carlotta Natoli, Anna Negri, Camilla Nesbitt, Susanna Nicchiarelli, Laura Paolucci, Valeria Parrella, Camilla Paterno', Valentina Pedicini, Gabriella Pescucci, Vanessa Picciarelli, Federica Pontremoli, Benedetta Porcaroli, Daniela Piperno, Vittoria Puccini, Ondina Quadri, Costanza Quatriglio, Isabella Ragonese, Monica Rametta, Paola Randi, Maddalena Ravagli, Rita Rognoni, Alba Rohrwacher, Alice Rohrwacher, Federica Rosellini, Fabrizia Sacchi, Maya Sansa, Valia Santella, Lunetta Savino, Greta Scarano, Daphne Scoccia, Kasia Smutniak, Valeria Solarino, Serena Sostegni, Daniela Staffa, Giulia Steigerwalt, Fiorenza Tessari, Sole Tognazzi, Chiara Tomarelli, Roberta Torre, Tiziana Triana, Jasmine Trinca, Adele Tulli, Alessandra Vanzi
8. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Diego Sileo (a cura di), From Frida with love. Lettere di Frida Kahlo, 24 Ore Cultura, Milano 2018, pp. 96, euro 9,90.
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Riletture
- Gitta Sereny, Bambini invisibili, Mondadori, Milano 1986, pp. 358.
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Riedizioni
- Claudia Pineiro, Le vedove del giovedi', Feltrinelli, Milano 2008, 2016, Gedi, Roma 2018, pp. 304, euro 7,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica" e al settimanale "L'Espresso").
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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento del notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
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Numero 690 del 3 febbraio 2018
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