[Nonviolenza] Voci e volti della nonviolenza. n. 857



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVIII)
Numero 857 del 29 dicembre 2017
In questo numero:
1. Vandana Shiva: Sfida all'esibizione del potere tossico
2. Vandana Shiva: Solo il carbonio vivo salvera' la Terra
3. Vandana Shiva: Dopo gli Ogm ci nutriranno i big data
4. Rosita Copioli presenta due recenti libri su Ildegarda di Bingen
5. Claudia Giussani presenta "Sentimenti per un'autobiografia. Nascita, morte, pieta'" di Maria Zambrano
6. Giuseppe Moscati presenta "Poco meno che gli angeli. Lettere sull'eguaglianza dei sessi" di Sarah Moore Grimke'
7. Alessandra Pigliaru presenta "Donna di parola. Etty Hillesum e la scrittura che da' origine al mondo" di Antonella Fimiani
1. RIFLESSIONE. VANDANA SHIVA: SFIDA ALL'ESIBIZIONE DEL POTERE TOSSICO
[Dal sito di "Comune-info" (comune-info.net) riprendiamo e diffondiamo]
Il 5 giugno era la Giornata Internazionale dell''Ambiente. Una giornata in cui ricordare che siamo tutti parte della Terra e che tutti abbiamo il compito di prendercene cura. Due secoli di sviluppo economico basato sui combustibili fossili hanno condotto l'umanita' sull'orlo del precipizio. E' percio' necessario cambiare direzione. La Giornata dell'Ambiente e' quest'anno dominata dalla uscita degli Usa dagli accordi di Parigi, annunciata dal presidente Trump. Quali sono ora le implicazioni di questo voltafaccia rispetto alla protezione della Terra e al cammino verso un futuro basato invece su una giustizia ecologica, sulla diffusione dei "semi per la democrazia della Terra"?
Le normative ambientali dei vari stati nazionali sono state create negli anni '70 alla scopo di proteggere la Terra e i suoi abitanti dalla distruzione, e per proteggere anche noi esseri umani, in quanto parte della terra. Al Vertice della Terra di Rio del 1992, la comunita' internazionale ha adottato due principi ecologici molto importanti: il principio di precauzione e il principio "chi inquina paga". Oltre a firmare due accordi giuridicamente vincolanti: la convenzione Onu sulla diversita' biologica (Cbd) e la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfcc). Entrambi i trattati sono stati concepiti sulla base della scienza dell'ecologia emergente e grazie al rafforzamento del movimento per l'ecologia. Il primo rappresenta la risposta scientifica all'impatto ecologico dell'inquinamento da combustibili fossili nell'atmosfera mentre il secondo delinea la risposta scientifica all''inquinamento genetico causato dagli Ogm e all'erosione della biodiversita' causata dalla diffusione di monocolture industriali basate sull'uso di sostanze chimiche.
Tre anni dopo Rio, la Conferenza di Lipsia delle Nazioni Unite sulle risorse genetiche vegetali ha determinato che il 75% della biodiversita' presente sul pianeta e' scomparsa a causa della Rivoluzione Verde e del modello agricolo industriale. L'approccio scientifico multidisciplinare e i movimenti democratici hanno dato l'impulso alla definizione del "diritto ambientale internazionale". Scienza e democrazia continuano a essere le forze che sfidano e affrontano le minacce per la sopravvivenza del pianeta, perpetrate dall'avidita' delle multinazionali. Riguardo il cambiamento climatico, le questioni fondamentali sono: la riduzione delle emissioni e le strategie di adattamento, mentre le questioni chiave della biodiversita' sono la sicurezza biologica e la promozione di pratiche finalizzate alla conservazione della biodiversita'.
Entrambi i trattati si collegano all'agricoltura, al nostro pane quotidiano. Il modo in cui coltiviamo il nostro cibo ha un enorme impatto sulla salute del pianeta e dell'umanita'. Il modello agricolo industriale e' basato sull'uso di combustibili fossili, comprese le sostanze chimiche ivi utilizzate. Il 50% dell'inquinamento atmosferico, legato all'eccesso di biossido di carbonio, ossidi di azoto e metano, deriva dal sistema alimentare globale industrializzato. Lo stesso modello di agricoltura industriale, basato sull'utilizzo intensivo di combustibili fossili e veleni, sta anche distruggendo la biodiversita' dei nostri semi e delle nostre colture, la biodiversita' degli organismi del suolo; sta inoltre causando l'estinzione degli insetti impollinatori e distruggendo le risorse idriche. Questo stesso modello e' anche responsabile del 75% dell'epidemia di malattie legate alla produzione di cibo di scarsa qualita'.
Al contrario un'agricoltura focalizzata sulla intensificazione della biodiversita', un'agricoltura ecologica, inserita in un contesto di sistemi alimentari locali, rigenera la salute del pianeta e la nostra. La biodiversita' delle piante rimuove l'eccesso di emissioni fissando il carbonio e l'azoto presenti nell'atmosfera e riconsegnandolo al suolo che lo immagazzina per rigenerare la fertilita' e produrre cibo piu' sano e in quantita' maggiore. Il modello agro-alimentare agroecologico e rigenerativo conserva la biodiversita' e produce un importante effetto positivo nella mitigazione del cambiamento climatico, contribuendo allo stesso tempo ad un modello alimentare piu' salutare ed un modello economico rigenerativo e vitale che favorisce la prosperita' delle comunita' umane.
Individui e comunita' di ogni paese del mondo stanno abbandonando l'utilizzo di veleni in agricoltura e adottando l'agroecologia. Stanno operando una transizione da un modello agricolo che distrugge l'integrita' del pianeta e la nostra salute ad un modello di agricoltura rigenerativa e risanatrice. Obbediscono alle leggi di Gaia e rispettano i diritti della Madre Terra, migliorando al contempo le condizioni di vita delle persone. Non stanno ad aspettare le decisioni dei governi. Alcuni governi hanno iniziato a comprende i propri doveri nei confronti della conservazione della biodiversita' e della mitigazione del cambiamento climatico, ivi inclusa la possibilita' di creare un'economia nuova, post petrolio, attraverso l'agricoltura rigenerativa e le energie rinnovabili. La piu' grande sfida dei nostri tempi si delinea tra, da un lato, le leggi della terra e, dall'altro, la mancanza di leggi e l'irresponsabilita' dell'avidita' unita all'ignoranza. Ritirandosi dall'accordo di Parigi, il Presidente Trump ha agito contro il pianeta e contro la nostra comune umanita' e ha invece supportato l'irresponsabilita', l'avidita' e l'assenza di regole.
Ovviamente Trump non e' il primo presidente degli Stati Uniti ad aver tentato di compromettere i trattati delle Nazioni Unite: il Presidente Bush Senior, nel periodo precedente gli incontri di Rio aveva dichiarato che "il nostro stile di vita non e' negoziabile" e, al fine di proteggere l'industria degli Ogm e il Cartello dei Veleni, si rifiuto' di firmare il protocollo di Biosicurezza per regolamentare gli Ogm. Il Presidente Obama ha continuato a mettere pressione all'India perche' emendasse la legge sui brevetti e autorizzasse i brevetti sui semi. Il Presidente Obama, al suo arrivo a Copenhagen, ha fatto in modo di sciogliere il vincolo giuridico del trattato Unfcc, sostituendolo con un "impegno volontario".
Per questo motivo il Presidente Morales diede inizio al procedimento che ha portato alla stesura della Dichiarazione Universale dei Diritti della Terra, nel quale ho preso parte personalmente. Ci sono dunque due visioni in corso in quest'epoca: una che si dirige oltre l'industrializzazione basata sui combustibili fossili, oltre l'antropocentrismo, volta a creare una Democrazia della Terra basata sui diritti di tutti gli esseri viventi. Una seconda visione invece si dirige verso l'intensificazione dei processi di distruzione basati sull'avidita' di una piccola minoranza di uomini potenti. C'e' bisogno di leggi piu' elevate che governino la nostra vita e ci permettano di continuare a vivere: le leggi di Gaia e dell'ecologia.
Come membri della Comunita' della Terra, i nostri diritti ad utilizzare i suoi semi e la sua biodiversita', il suo suolo e i suoi territori, la sua acqua e la sua aria, derivano dalla responsabilita' che ci prendiamo nel proteggerla e nel rinnovare le sue risorse. E i diritti di tutti gli esseri viventi, compresi gli esseri umani, sono definiti dai diritti degli altri esseri viventi. Come espresso nell'Upanishad Indiana, in particolare nell'Isha Upanishad: "tutti gli esseri viventi hanno diritto alle risorse terrestri e ogni persona che si appropria di piu' di quanto le sia concesso, commette un furto". La questione della giustizia ambientale e' percio' intrinsecamente connessa alle questioni della giustizia economica e sociale, e tutte insieme sono connesse ai diritti delle generazioni future.
Le azioni di Trump ci mostrano come il secondo piu' grande inquinatore del pianeta si rifiuti di prendere la sua parte di responsabilita' per i danni causati dai decenni di inquinamento che ha provocato e che, inoltre, si rifiuta di porre alcun limite alle proprie pratiche inquinanti in futuro. In definitiva Trump vuole semplicemente difendere il diritto ad inquinare, il diritto a rubare lo spazio ecologico degli altri, di provocare danni alla terra e alle popolazioni di ogni paese. Questo genere di dichiarazioni in cui si reclamano diritti illimitati sono dichiarazioni di guerra nei confronti del pianeta e della gente.
Cio' che il Presidente Trump ha fatto relativamente al problema del cambiamento climatico, corrisponde a cio' che Monsanto, Bayer e il Cartello dei Veleni hanno sempre fatto continuando a diffondere il glifosato sui campi, propagandando gli Ogm, smantellando i protocolli di biosicurezza e manipolando le normative sui Diritti di Proprieta' Intellettuale, avvelenando cosi' i nostri campi, il nostro cibo, la nostra scienza e i nostri governi. L'esibizione del "potere tossico", il reclamare diritti senza assumersi responsabilita', l'espressione della volonta' di agire contro la terra e contro le persone, sono esempi di crimini contro la natura e l'umanita'. Le popolazioni e i governi di tutto il mondo devono diventare consapevoli di questa realta' e trovare risposte creative a questi comportamenti criminali da parte di multinazionali canaglia e dei governi canaglia che esse controllano. Per questi motivi lo scorso ottobre, insieme a molteplici movimenti della societa' civile, abbiamo organizzato un tribunale per giudicare Monsanto e abbiamo chiesto ai governi di riconoscere i crimini contro la natura e il crimine di ecocidio. E per gli stessi motivi abbiamo appena pubblicato in Italia un rapporto, "Il Veleno e' Servito", in cui sveliamo gli interessi delle multinazionali e dei governi a venderci cibo sempre piu' contaminato da agro-tossici.
Una manciata di uomini molto ricchi, organizzati tramite l'American Legislative Exchange Council, specializzato nel riunire lobbisti, stati e legislatori federali per sviluppare "progetti di legge modello" e accomunati dalla pratica del Dark Money (il termine utilizzato negli Stati Uniti per i finanziamenti elargiti a organizzazioni coinvolte in azioni di sensibilizzazione politica, le quali non sono obbligate a divulgare da dove viene il denaro), diventano sempre piu' ricchi derubando i propri concittadini, i cittadini della terra e la terra stessa.
Questo non e' "Rendere di nuovo grande l'America". E' invece aggravare le crisi dell'ecologia, dell'ineguaglianza economica, della vulnerabilita' sociale e politica e della precarieta'. Siamo tutti membri di un solo pianeta. Il nostro benessere e la nostra liberta' sono interconnessi e si ottengono agendo capillarmente a livello locale, nazionale ed internazionale per "rendere", parafrasando lo stesso Trump, "di nuovo grande il pianeta", come ha dichiarato il presidente francese Macron in risposta all'annuncio di Trump di ritirarsi dagli accordi di Parigi.
2. RIFLESSIONE. VANDANA SHIVA: SOLO IL CARBONIO VIVO SALVERA' LA TERRA
[Dal sito di "Comune-info" (comune-info.net) riprendiamo e diffondiamo]
Disastri climatici, resilienza climatica. Fra l'estinzione e la fuga su altri pianeti abbiamo una terza via: sopravvivere prendendoci cura di Madre Terra. Negli Stati indiani di Assam, Bihar e Uttar Pradesh le inondazioni hanno provocato 41 milioni di sfollati e ucciso circa cinquecento persone; a Houston e Mumbai hanno paralizzato ogni attivita'. E' sempre piu' evidente che non stiamo vivendo all'interno dei limiti ecologici del nostro pianeta, e che per le nostre continue violazioni delle leggi della Terra, essere vivente, subiamo pesanti conseguenze.
Quest'anno si susseguono immagini di inondazioni estreme; l'anno scorso e' stata la siccita' a essere estrema ed estesa. Quando distruggiamo i sistemi climatici della Terra, che si autoregolano, arriviamo al caos, all'incertezza climatica, a cambiamenti imprevedibili ai quali pensiamo di sfuggire con la geo-ingegneria e l'ingegneria genetica.
I sistemi viventi evolvono, si adattano, si rigenerano. Non sono ingegnerizzati. Il dominio del paradigma ingegneristico inizia con l'era dei combustibili fossili, l'era dell'industrialismo e del meccanicismo. E la dottrina secondo la quale ogni fenomeno naturale, compresi la vita e il pensiero, possono essere spiegati sulla base di processi meccanici e chimici. Negli ultimi duecento anni una piccola parte dell'umanita' ha inquinato il pianeta, a causa di un'economia alimentata da carbone, petrolio e gas, e di un sistema di conoscenza fondato su un paradigma meccanicistico, riduzionista e materialistico.
L'inquinamento dell'atmosfera ha sconvolto i sistemi e l'equilibrio climatico. La distruzione degli habitat e la diffusione delle monocolture hanno contribuito a quello che gli scienziati chiamano la Sesta estinzione, la sparizione della biodiversita' a un ritmo che e' mille volte quello naturale.
Mangiamo, beviamo, respiriamo petrolio. L'estrazione di combustibili fossili (carbonio morto) dal suolo, la loro combustione e le emissioni incontrollabili in atmosfera portano alla rottura del ciclo del carbonio e in questo modo alla destabilizzazione dei sistemi climatici.
Come sottolineano Steve McKevitt e Tony Ryan (in Project Sunshine), tutto il carbone, il petrolio e il gas naturale che estraiamo e bruciamo si sono formati oltre seicento milioni di anni fa. Bruciamo ogni anno venti milioni di anni di natura. Il ciclo del carbonio e' spezzato. Noi lo abbiamo spezzato.
La dipendenza dal carbonio fossile, morto, induce anche scarsita' di carbonio vivo, con la conseguente diminuzione della disponibilita' di cibo per gli umani e per gli organismi del suolo. Una scarsita' che si traduce in malnutrizione e fame da una parte e desertificazione del suolo dall'altra. L'agricoltura chimica intensifica gli input di sintesi e il capitale, riducendo la biodiversita', la biomassa e il nutrimento che i semi, il suolo e il sole possono produrre.
Per fissare piu' carbonio vitale, abbiamo bisogno di intensificare biologicamente le nostre fattorie e le nostre foreste, in termini di biodiversita' e biomassa. La biodiversita' e la densita' di biomassa producono piu' nutrimento e piu' cibo per ettaro (come abbiamo mostrato nel rapporto di Navdanya intitolato Health per Acre - Salute per ettaro), affrontando cosi' il problema della fame e della malnutrizione. Ma aumentano anche (e non solo) il carbonio vitale nel suolo, e tutti gli altri nutrienti, insieme alla densita' degli organismi benefici.
Piu' facciamo crescere la diversita' e la biomassa, piu' le piante fissano il carbonio e l''azoto atmosferici, e riducono sia le emissioni che la quantita' di sostanze inquinanti in atmosfera. Il carbonio viene restituito al suolo attraverso le piante. Ecco perche' e' davvero stretto il legame fra biodiversita' e cambiamenti climatici.
Piu' si intensificano la biodiversita' e la biomassa delle foreste e delle fattorie, piu' materia organica e' in grado di ritornare al suolo, invertendo il trend verso la desertificazione che e' la prima causa degli spostamenti di popolazione e dello sradicamento delle persone, con la creazione di ondate di rifugiati (si veda il manifesto di Navdanya Terra viva: Our Soils, Our Commons, Our Future).
Per riparare il ciclo del carbonio che abbiamo spezzato dobbiamo tornare ai semi, al suolo, al sole, aumentare il carbonio vivo nelle piante e nei suoli. Dobbiamo ricordare che il carbonio vivo da' vita, mentre il carbonio morto distrugge i processi della vita. Cosi', con le nostre cure e la nostra consapevolezza, possiamo accrescere il carbonio vivo sul pianeta e il benessere di tutti. Invece, piu' sfruttiamo e usiamo carbonio morto, piu' inquinamento produciamo e meno avremo per il futuro. Il carbonio morto deve essere lasciato sottoterra. E' un obbligo etico e un imperativo ecologico.
Ecco perche' il termine "decarbonizzazione" - senza distinzione fra il carbonio vivo e quello morto - e' scientificamente ed ecologicamente inappropriato. Se decarbonizziamo l'economia, non avremo piante, che sono carbonio vivo, non avremo vita sulla Terra. Vita che crea carbonio vivo e ne e' alimentata. Un pianeta decarbonizzato sarebbe un pianeta morto.
Dobbiamo ricarbonizzare il mondo con carbonio vivo. Dobbiamo decarbonizzare il mondo relativamente al carbonio morto. Quando creiamo piu' carbonio vivo attraverso l'agroecologia e l'agricoltura organica, abbiamo piu' suoli fertili che producono piu' cibo e trattengono piu' acqua, aumentando dunque la resilienza di fronte a siccita' e inondazioni. L'agricoltura biologica ad alta intensita' di biodiversita' produce piu' cibo e piu' nutrienti per ettaro. Garantendo servizi ecologici e il controllo degli agenti infestanti, permette di fare a meno degli input di sintesi, dei veleni, evitando anche i debiti contratti per acquistarli, la principale causa di suicidio fra gli agricoltori. I redditi agricoli possono aumentare di dieci volte se si abbandona la dipendenza da input chimici costosi e dalla coltivazione di derrate i cui prezzi continuano a scendere.
Far crescere cibo vero a zero costi e' la strada verso il secondo degli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile (Sdg) dell'Onu: fame zero. I combustibili fossili, la strada verso la conquista, ci hanno portati alla crisi che l'umanita' e' ora costretta ad affrontare.
Crediamo di essere al di fuori e al di sopra della Terra, crediamo di controllarla, di esserne i padroni. Lo crediamo. I combustibili fossili ci hanno consentito l'illusione di non dover vivere entro i limiti, le frontiere e i processi ecologici del nostro pianeta. Ma ecco che i cambiamenti climatici, gli eventi estremi, i disastri ci ricordano con sempre maggiore frequenza che siamo parte della Terra. Ogni atto di violenza che distrugge i sistemi ecologici minaccia anche le nostre vite.
Ormai la minaccia alla stessa sopravvivenza umana e' riconosciuta, ma continua a non essere messa in relazione con la violenza contro la Terra, e non giunge alla conclusione che dobbiamo trasformarci da specie predatrice e incurante a specie che si prende cura, che lavora in co-creazione e co-evoluzione con la Terra.
Stephen Hawking ha lanciato l'allarme: entro cento anni, per sopravvivere dovremo lasciare la Terra e trovare altri pianeti. Non ci sarebbero che due opzioni: l'estinzione o la fuga.
Questo escapismo e' al tempo stesso una dichiarazione di irresponsabilita' (rispetto al prendersi cura della Terra) e di tracotanza tecnologica. E' un'arroganza cieca rispetto al fatto che alcuni umani hanno spezzato i fragili processi ecologici che mantengono e riproducono la vita sulla Terra. E' il rifiuto di riconoscere il dovere ecologico di chiedere scusa alla nostra Madre, smettere di danneggiarla, dedicare il nostro amore e la nostra intelligenza a lenirne le ferite, un seme alla volta, un giardino alla volta. Se abbandoniamo l'arroganza tecnologica antropocentrica, di Padroni e Conquistatori, riconoscendo con umilta' che siamo membri della famiglia della Terra, possiamo, con i semi, il suolo, il sole, rigenerare il pianeta e il nostro futuro.
A differenza di Hawking, fra l'estinzione e la fuga vedo una terza possibilità: rimanere, curare, difendere la nostra casa. Rimanere a casa, proteggere e rigenerare i sistemi viventi e i processi vitali della Terra, e' un dovere etico ed ecologico.
3. RIFLESSIONE. VANDANA SHIVA: DOPO GLI OGM CI NUTRIRANNO I BIG DATA
[Dal sito di "Comune-info" (comune-info.net) riprendiamo e diffondiamo]
In materia di cibo e agricoltura, il futuro puo' prendere due strade opposte. Una porta a un pianeta morto: spargimento di veleni e diffusione di monocolture chimiche; indebitamento per l'acquisto di sementi e fitofarmaci, causa di suicidi di massa fra gli agricoltori; bambini che muoiono per mancanza di cibo; aumento delle malattie croniche e dei decessi dovuti alle carenze nutrizionali e alle sostanze avvelenate vendute come cibo; devastazione climatica che mina le condizioni stesse della vita sulla Terra. La seconda strada e' quella del rinnovamento del pianeta grazie all'agroecologia, al ripristino della biodiversita', al rispetto del suolo, dell'acqua e delle piccole unita' agricole, affinche' tutti nel mondo possano avere accesso a un'alimentazione sana.
La prima strada e' quella industriale, ed e' stata tracciata dal cartello dei veleni. Dopo le due guerre mondiali, le compagnie trasformarono le loro armi chimiche in sostanze agrochimiche, come pesticidi e fertilizzanti. E convinsero il mondo che senza questi veleni non era possibile ottenere raccolti e produrre cibo.
Nel 1990 ci dicevano che gli Ogm avrebbero annullato tutti i limiti imposti dall'ambiente, permettendo la crescita di cibo dovunque, compresi i deserti e le discariche di materiali tossici. Oggi ci sono solo due applicazioni degli Ogm: la resistenza agli erbicidi e le colture Bt. La prima applicazione e' stata decantata come metodo per il controllo delle erbe infestanti - in realta' ne ha create di super resistenti; quanto alle colture Bt, si supponeva che sarebbero riuscite a tenere a bada i parassiti, quando in realta' ne hanno sviluppati di super-resistenti.
L'ultima grande notizia e' che i "big data" ci nutriranno. Monsanto parla di "agricoltura digitale" basata sui "big data" e sull'"intelligenza artificiale". Prefigura anche un'agricoltura senza agricoltori. Non sorprende che l'epidemia di suicidi fra i contadini indiani e in generale la crisi degli agricoltori in tutto il mondo non abbiano suscitato le dovute risposte da parte dei governi: questi ultimi sono cosi' tenacemente e ciecamente intenti a costruire il prossimo tratto dell'autostrada verso la morte da ignorare l'intelligenza dei semi viventi, delle piante, degli organismi del suolo, dei batteri del nostro intestino, dei contadini e delle montagne di esperienza e saggezza costruite nei millenni. I piccoli contadini producono il 70 per cento del cibo globale usando il 30 per cento delle risorse totali destinate all'agricoltura.
L'agricoltura industriale invece usa il 70 per cento delle risorse, generando il 40 per cento delle emissioni di gas serra, per produrre il 30 per cento soltanto del cibo che mangiamo. Climate Corporation, la piu' grande compagnia al mondo per i dati sul clima, e Solum Inc., la piu' grande compagnia al mondo per i dati sul suolo, sono oggi di proprieta' di Monsanto. Queste due compagnie vendono solo dati. Ma i dati non sono conoscenza. Sono solo un'altra merce destinata a rendere l'agricoltore ancora piu' dipendente.
Non possiamo affrontare i cambiamenti climatici e le loro reali ed effettive conseguenze senza riconoscere il ruolo centrale del sistema alimentare industrializzato e globalizzato, che genera fino al 40 per cento delle emissioni di gas climalteranti a causa dei seguenti fattori: deforestazione, allevamenti intensivi, imballaggi per alimentari in plastica e alluminio, trasporti su lunghe distanze e spreco di cibo.
Non possiamo risolvere i cambiamenti climatici senza l'agricoltura ecologica e su piccola scala, basata sulla biodiversita', sui semi viventi, sui suoli vitali e sui sistemi alimentari locali, riducendo al minimo i trasporti di derrate alimentari ed eliminando gli imballaggi in plastica.
4. LIBRI. ROSITA COPIOLI PRESENTA DUE RECENTI LIBRI SU ILDEGARDA DI BINGEN
[Dal quotidiano "Avvenire" del 25 aprile 2017 col titolo "Ildegarda, l'universo e' femmina" e il sommario "Due volumi ricostruiscono la complessita' del pensiero di santa Ildegarda di Bingen (1098-1179), una delle figure piu' straordinarie non solo del Medioevo"]
Escono da Pistoia due ottimi libri su santa Ildegarda di Bingen (1098-1179), una delle figure piu' straordinarie non solo del Medioevo, dichiarata Dottore della Chiesa nel 2012. Ildegarda si distingue per complessita' e bellezza della sua opera tra poesia, teologia, arte, per la sua fisionomia personale e storica d'immenso fascino e rilievo. Il libro di Michela Pereira (Ildegarda di Bingen, Gabrielli, pagine 176, euro 15) e' fondamentale per la sua conoscenza, anche sul versante dell'innovazione teologica dell'esperienza femminile; l'altro di Giordano Frosini (Ildegarda di Bingen, Edb, pagine 268, euro 23,80) lo e' per il suo inquadramento negli ambiti storici della teologia, anche postconciliare.
Nata a Bermesheim sul Reno da una famiglia feudale, entrata a otto anni nel monastero benedettino di Disibodenberg, Ildegarda possedeva dall'infanzia il dono della lucida visione, all'"ombra della luce vivente"; ma solo a quarantadue anni, divenuta badessa, ubbidi' alla voce che le imponeva di scrivere al modo dei profeti, manifestando un'autorita' indiscussa anche presso papi e sovrani, da Eugenio III a Federico I Barbarossa, che fustigo' quando insisteva con i suoi antipapi.
Era sempre fragile e malata. Eppure affronto' continui viaggi per predicare, e vincendo dure opposizioni, fondo' un grande monastero sul Ruperstberg. Verso la fine della vita manifesto' ancora la sua natura di Antigone fedele solo alla legge divina, quando disubbidi' ai prelati di Magonza che le intimavano di disseppellire dal Rupertsberg il cadavere di un gentiluomo scomunicato.
Illustrati da miniature meravigliose lo Scivias ("Conosci le vie", 1147-1151), il Liber vitae meritorum ("Il libro dei meriti della vita", 1158-1163), il Liber divinorum operum ("Il libro delle opere divine", 1163-1174) si intrecciano alle opere naturalistiche e mediche, al Liber subtilitatum diversarum naturarum creaturarum ("Le sottili differenze delle diverse nature delle creature"), alla rappresentazione sacra Ordo virtutum ("L''ordine delle virtu'", 1141-1151), alle liriche musicate, la Symphonia harmoniae caelestium revelationum ("La sinfonia dell'armonia delle rivelazioni celesti", 1151-1158), a esegesi e agiografie, alle splendide epistole in un sistema che corrisponde alla concezione unitaria dell'universo creato dall'Amore di Dio-Trinita': uovo cosmico, poi ruota mossa dallo Spirito infuocato, con al centro l'uomo nella sua duplice forma maschile e femminile.
Sebbene protesti di essere "paupercula" e conoscere solo i Salmi e i Vangeli, Ildegarda fonde tutta la teologia platonico-cristiana: gli stoici, Plotino, Agostino, Dionigi l'Areopagita, Giovanni Scoto (dal Libro sulle nature dell'universo Ildegarda mutua l'homo-omnis, unita' ontologica tra uomo e universo, il microcosmo descritto nel Libro delle opere divine), la scuola di Chartres con Guglielmo di Conches, Ugo di San Vittore con De archa Noe, fonte del "pensare visivo" del XII secolo.
Ildegarda si fa specchio ed eco della bellezza sinfonica dell'incarnazione trinitaria di Amore, regolata da Discrezione: vuole combaciare con Carita'-Chiarita' che e' sposa di Dio e Sapienza, lo Spirito Santo che per la verde forza di vita germinante (viriditas) e' anima del mondo, e dal seno della Vergine Aurora, trae la luce di zaffiro del Cristo che riconduce all'unita' dell'Eden, luogo della prima e ultima intimita' con lui.
Michela Pereira e' tra i maggiori studiosi di filosofia medievale e alchimia, nonche' tra i massimi di Ildegarda, e ne curo' con Marta Cristiani Il libro delle opere divine (Mondadori 2002). La sua profonda competenza matura dal 1980, prima dell'exploit storiografico della badessa, sicche' il suo saggio e' aggiornato ed esaustivo. Espone per quadri il pensiero e le opere con grande ricchezza di documenti, fra cui stralci degli scritti di diversa tipologia, lettere rilevanti a san Bernardo da Chiaravalle e ad altri religiosi, per la prima volta tradotte. Ildegarda, scrive, riconosce la trascendenza nell'esperienza femminile: "l'aspetto femminile del principio divino (...) si esprime nel creato, manifestandosi nella bellezza luminosa della materia vivificata dallo spirito, che in essa si cela e attraverso essa si lascia intravedere".
Nella sua ricca esposizione, monsignor Frosini dispiega la vasta conoscenza teologica di studioso e insegnante, di pastore al cuore della ricerca ecclesiale odierna, perfezionata in anni di opere e pubblicazioni considerevoli, anche nell'ambito della comunicazione. Dalla dotta esegesi storiografica che illustra anche l'eccezionale contesto del XII secolo, emerge la passione per un rinnovamento spirituale che fonde la sostanza delle origini con il messaggio del pensiero simbolico di Ildegarda, basato sulla "concezione integrale dell'uomo". La sua teologia della creazione parla di un Dio che crea per amore: genera come la donna desidera il figlio, ed e' un padre "che parla, che ascolta, che ama": un Dio Persona, immanente e trascendente. Sebbene condivida della propria epoca apocalissi e severita' (si veda la condanna dei catari esposta da Pereira), crede in un Dio di misericordia: il rapporto con la morte non e' solo punitivo. Anticipa il panenteismo, l'ecologia che santifica la materia vivente; sa che il peccato dell'uomo si ritorce su di lui e il castigo e' un'autodistruzione inerente all'atto stesso. Indica la cooperazione dell'uomo nel progetto di Dio, la Chiesa come mistero nella storia, il giusto rapporto fra la Chiesa e il Regno.
Prima mistica a personificare l'Amore divino in una creatura femminile, Ildegarda da' alla luce germi vitali nel linguaggio simbolico della conoscenza profetica, che Pereira accosta alla conoscenza carnale femminile: il calore di gioia nelle viscere "quando ogni sinfonia del cielo" risuona di Maria. La vergine madre, prima materia lucente della creazione, anticipa la "quintessenza" (il paragone, ricorda Pereira, e' di Mary Daly) che nutrira' il sogno alchemico di riportare la terra alla purezza del "Fiat": virgo/viriditas ha "radici nel sole / e, luminosa e serena / risplende nella ruota / che nessuna altezza sulla terra / racchiude".
5. LIBRI. CLAUDIA GIUSSANI PRESENTA "SENTIMENTI PER Un'AUTOBIOGRAFIA. NASCITA, MORTE,PIETA'" DI MARIA ZAMBRANO
[Dal sito wwww.recensionifilosofiche.info riprendiamo il seguente articolo]
Maria Zambrano, Sentimenti per un'autobiografia. Nascita, morte, pieta'. A cura di S. Maruzzella, Mimesis, Milano-Udine 2012, pp. 77, euro 10.
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I tre saggi che compongono questa raccolta hanno come filo conduttore il tempo e il racconto nell'intreccio autobiografico di filosofia e poesia.
Sullo sfondo del tempo e del racconto, tra nascita e morte, i sentimenti: l'amore e la pieta'.
Il lavoro di Maria Zambrano e' interamente teso a far entrare nella filosofia la dimensione del sentire, anche oscuro, dando vita ad un pensiero tra il mistico e il poetico.
In "Filosofia e poesia" (1939) Zambrano accenna ad un modus philosophandi altro rispetto a quello tradizionale occidentale definendolo "ragione poetica": "Prima ancora che di leggi, di ragioni e di altre cose pratiche, abbiamo bisogno della poesia che sa capire le cose schiave, ascoltare la loro voce e avvicinare la loro immagine fuggevole" (p. 11).
Nelle pagine di Maria Zambrano riecheggia il genere letterario della confessione. Non a caso Agostino fu un autore caro alla filosofa spagnola, per aver intrapreso "un viaggio cosi' diverso da quello che solevano intraprendere i filosofi" (p. 17) a testimonianza di una filosofia che ha abbandonato la via della sola speculazione per lasciar scorrere il logos delle viscere.
La prima parte (La Nascita) e' costituita da due scritti: Adsum e La molteplicita' dei tempi.
In "Adsum" Zambrano enuncia il concetto di dis-nascere, intimamente legato a quello di memoria. Cenni autobiografici che riportano fuggevolmente alle sensazioni di un'infanzia solitaria seppur non infelice, introducono la narrazione dell'esperienza del dis-nascere: il voler "disfarsi del fatto di essere nata, di essere li', qui" (p. 29). Ma non e' solo il sentimento di un'oscura disperazione che pervade queste pagine. Il dis-nascere e' un viaggio alla ricerca dell'origine del sogno della nostra esistenza. Cervantes e Pindaro, Sofocle e Calderon abitano queste pagine che interrogano l'abisso del cominciamento primo dell'esperienza biografica. "La vita e' sogno", "Siamo ombre del sogno", "ombre del sogno di Dio" (p. 24): per accogliere questa verita' dobbiamo andare oltre la nascita, rinnegare in qualche modo l'inganno iniziale e dis-nascere. "Ricordare e' allora un dis-nascere del soggetto per andare a raccogliere cio' che in lui e attorno a lui e' nato. E, nel raccoglierlo, restituirlo, se possibile, al nulla, per riscattarlo dalle oscurita' iniziali e dargli occasione di rinascere, perche' nasca in altro modo" (p. 24). Il dis-nascere e' un incessante ritornare al nocciolo della nostra esistenza raccogliendo nella memoria tutto cio' che e' accaduto, vedendo la vita rinascere con una consapevolezza nuova. Solo cosi' e' pensabile il superamento della disperazione iniziale (nascere e' essere espulsi, essere qui, nella nudita' muta dell'essere, senza protezione come se fossimo soli, scartati perche' "lui" "egli" "chi" non ci vuole) (p. 30) per rinascere, ritrovare il tempo ed accettarlo: si', sto qui (p. 35).
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La molteplicita' dei tempi
"Come giunse sull'orlo del dis-nascere, le si rivelarono, rinascendo, le varie vesti temporali che formano la trama della vita umana. Stava "qui" in questo tempo. Ma in quale?" (p. 37). Strettamente legato ad "Adsum", il secondo saggio della raccolta sviluppa la tematica classica del tempo ponendola in chiave strettamente esistenziale. Le varie epoche della vita sono presenti alla memoria come una realta', potremmo dire, "contemporanea": questa intuizione genera una molteplicita' di sensazioni, dalla confusione, alla perplessita', all'angoscia. L'intuizione che libera dall'angoscia e' quella che accomuna la Musica e la Filosofia: il tempo superficiale della coscienza che lega la successione del prima, dell'adesso e del dopo e' un tempo che incatena e che condanna. Forse la felicita' prende la forma dell'istante che e' l'unita' di tempi multipli..." (p. 40). L'esperienza dei grandi mistici, che vivono l'istante nell'estasi, (Zambrano cita Teresa d'Avila) testimonia una capacita' di astrazione dal tempo superficiale della coscienza.
"Solo l'estasi in qualsiasi delle sue forme sembra esaurire l'anelito, l'attesa della vita umana, quell'attesa che ogni istante del tempo successivo ci porta" (p. 41).
Il saggio "Due frammenti sull'amore" riconduce la questione dell'amore a quella dell'assenza di Dio nel pensiero contemporaneo. L'amore, apparentemente onnipresente nel nostro mondo, e' in realta' assente. Sia l'idealismo che il positivismo hanno escluso dall'orizzonte l'idea di Dio e senza trascendenza non c'e' amore. La liberta', tutte le liberta' non sembrano essere servite a nulla, "come se la liberta' non fosse altro che quella possibilita', l'essere possibile che non puo' realizzarsi, privo dell'amore che lo genera" (p. 51). L'uomo contemporaneo sembra essere condannato a vivere nel segno di una liberta' negativa e "la vita nella negazione e' quella che si vive nell'assenza dell'amore" (p. 52). L'amore e' trascendenza, apre il futuro inteso non come il domani che si presuppone certo in base a leggi note ma come l'apertura senza limite ad un'altra vita. Se una certa tradizione occidentale ha concepito la filosofia come un apprendere a morire, l'ha fatto in virtu' dell'amore, agente del divino nell'uomo.
"Per una storia della pieta'" si ricollega al saggio precedente per la continuita' della tematica (i sentimenti) ma si concentra sulla Pieta' che costituisce per Zambrano il genere supremo dei sentimenti amorosi o positivi: "non e' l'amore propriamente detto in nessuna delle sue forme o accezioni; non e' neanche la carita', forma determinata della pieta' scoperta dal Cristianesimo; non e' neppure la compassione, passione si', ma generica e diffusa. La pieta' viene ad essere la preistoria di tutti i sentimenti positivi. E, tuttavia, li conduce nella sua storia dove intende arrivare essa stessa" (p. 63).
Il tema della Pieta' e' sviluppato sullo sfondo della questione dell'accadere storico dei sentimenti.
L'idea comune del "tempo distruttore" non e' adeguata per una storia della Pieta'. Il riferimento a Bergson colloca la riflessione in una concezione del tempo come crescita non lineare ma multiforme in cui ogni istante penetra ed e' penetrato dagli altri: il tempo invece di distruggere, crea.
Sulla base di questa concezione, i sentimenti, nella loro storia, non si distruggono l'un l'altro ma si compenetrano e si potenziano. La Pieta' puo' quindi essere madre di tutti i sentimenti positivi senza annullarsi in essi.
6. LIBRI. GIUSEPPE MOSCATI PRESENTA "POCO MENO CHE GLI ANGELI. LETTERE SULL'EGUAGLIANZA DEI SESSI" DI SARAH MOORE GRIMKE'
[Dal sito wwww.recensionifilosofiche.info riprendiamo il seguente articolo]
Sarah Moore Grimke', Poco meno che gli angeli. Lettere sull'eguaglianza dei sessi. A cura di Thomas Casadei, trad. it. di Ingrid Heindorf, con una nota bibliografica di Serena Vantin, Roma, Castelvecchi, 2016, pp. 126, euro 14,50.
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Uno degli aspetti piu' interessanti che emergono con maggiore evidenza dalla lettura di questo testo cosi' intenso e anche cosi' fortemente militante dell'autrice statunitense Sarah Moore Grimke' (1792-1873) e' la radice solidamente "religiosa" di una organica rivendicazione dei diritti delle donne.
Grimke', infatti, risale a quel nucleo fondamentale di rispetto verso l'esistenza e la liberta' (e il diritto alla felicita') di ogni individuo che ha basi (anche) evangeliche. La rivendicazione "religiosa" da lei qui articolata, peraltro, ben si accorda con una qualsiasi posizione di laica etica della responsabilita', che ha gia' per sua stessa costituzione filosofica - verrebbe da dire ontologica - nell'egualitarismo e nel riconoscimento della parita' dei sessi due pilastri fondamentali.
Quacchera come l'altrettanto energica sorella Angelina (1805-1879), Sarah Moore Grimke' incarna dunque la lotta per l'affermazione di una parita' dei diritti che, al contempo, fa da perno per la promozione di una sensibilita' che sia finalmente capace di accordare abolizionismo e femminismo (cfr. pp. 59, 63, 66). E lo fa lavorando su due registri paralleli: confrontandosi con l'ambiente particolarmente ostile quale quello della Carolina del Sud da cui proviene e, piu' in generale, affrontando a testa alta gli esponenti piu' coriacei della mentalita' chiusa del clero sudista del suo tempo (cfr. pp. 29-37).
I due grandi muri, quello della schiavitu' e quello della discriminazione sessuale, le appaiono un tutt'uno, essendo la loro edificazione riconducibile alla logica di fondo del dominio, della sopraffazione e dello sfruttamento. Alienato e' lo schiavo, alienata e' la donna privata dell'accesso al "sacrosanto" suffragio universale, privata del diritto di partecipazione alla cosa pubblica (e di parlare in pubblico) e, come nel caso biografico dell'autrice stessa, privata dell'opportunita' di conseguire studi accademici. Gli schiavi e le donne, insomma, in questo contesto sono visti come compagni di alienazione gia' in quanto repressi nella loro aspirazione ad avere una voce.
C'e' una sorta di amara confessione nel cuore di queste Letters on the Equality of the Sexes and the Condition of Woman del 1838 e da' molto da pensare sulla condizione della donna ma, in senso lato, anche sulla condizione della vittima all'interno di una prassi reiterata, e quasi normalizzata, di violenza. Scrivendo all'amata sorella nel settembre del '37, Sarah ammette: "A volte sono stata sorpresa e addolorata a causa della servitu' involontaria delle donne e della modesta idea che tante di esse sembrano avere della loro propria esistenza morale e delle loro responsabilita'" (p. 70). Grimke' sembra cogliere quasi il peso enorme che puo' avere la disistima della vittima nella dinamica di affermazione del carnefice (prefigurando alcune delle traiettorie degli studi del filosofo e antropologo francese Rene' Girard).
Ma la rivendicazione di Grimke' del diritto per tutti e tutte di espressione e di voto - come pure di liberta' di coscienza, di partecipazione politica e di cooperazione alla ricostruzione di un'autentica giustizia sociale - rimanda di fatto ad una interpretazione limpidamente alternativa e diversa delle sacre scritture. Non a caso Thomas Casadei, nella sua Nota introduttiva (pp. 5-15), sottolinea le radici bibliche del femminismo di Grimke'. A partire da questo elemento di sostanziale importanza egli insiste opportunamente sull'elemento della dignita' femminile nei termini non di una rivendicazione astratta di diritti naturali e di giustizia, ma in quelli piu' forti e netti di una sua natura morale (cfr. p. 9). Si potrebbe in tal senso parlare di un orizzonte etico-religioso dei diritti umani, che orienta quello piu' strettamente giuridico.
7. LIBRI. ALESSANDRA PIGLIARU PRESENTA "DONNA DI PAROLA. ETTY HILLESUM E LA SCRITURA CHE DA' ORIGINE AL MONDO" DI ANTONELLA FIMIANI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 agosto 2017 col titolo "Etty Hillesum e l'audacia di pensare il bene del mondo" e il sommario "A partire da Donna di parola, un saggio di Antonella Fimiani sulla scrittrice olandese"]
"Sono affidata a me stessa e dovro' cavarmela da sola. L'unica norma che hai sei tu stessa, lo ripeto sempre. E l'unica responsabilita' che puoi assumerti nella vita e' la tua. Ma devi assumertela pienamente". Quel 21 di ottobre del 1941 Etty Hillesum annotava in poche righe una delle grandi lezioni che avrebbe consegnato al Novecento, nell'Europa flagellata dal nazismo che da li' a poco piu' di due anni l'avrebbe condotta alla morte in un campo di sterminio. Di quell'affidamento a se stessa, lei che se n'e' andata sulla soglia dei trent'anni, conosceva ogni singolo interstizio insieme a tutti i pericoli. Nonostante la solitudine sperimentata nei recessi materiali e spirituali di cui la condizione umana e' provvista, sono state grandi e nitide le genealogie della scrittrice olandese, ebrea e poeta rara, che ha vissuto e perlustrato l'umano fin dentro la profondita' del suo guscio fragile e sensuale, di bene e male.
Molto era il male, conosciuto prima nell'anno a Westerbork e poi ad Auschwitz, esiziale l'odio e la furia assassina con cui - ne aveva piena contezza - da li' a poco si sarebbe consumata l'ecatombe. Eppure a leggere i suoi Diari (insieme alle Lettere sono editi da Adelphi), scritti nei tre anni precedenti il congedo definitivo dalla desolazione terrestre, a sollevarsi e' una parabola del bene. Per niente paradossale, ne' un'apologia della bonta', questa fame di bene poggia su una forza instancabile di parole luminose, sull'istante abbacinante dell'aver pacificato il tormento di se', a scansare il lutto di un "mondo inospitale". Senza riparo per il disastro, il compito a cui si autorizza Etty Hillesum e' di raccontarne la realta' fenomenica per arrivare alla parte umbratile, meno visibile. Questo il centro della scrittura come tentativo supremo di mettere ordine anzitutto in se stessa e nel mondo che la frastornava.
Un'ostinazione lancinante, la sua; poi il corpo a corpo con la pratica della preghiera su un tappeto di cocco, insieme ai baci e alla breve nausea che la coglieva quando non riusciva a esprimere cio' che intendeva fermare sul foglio. Donna di parola. Etty Hillesum e la scrittura che da' origine al mondo (Apeiron, pp. 159, euro 12) di Antonella Fimiani e' un interessante modo per fare ritorno a quel potente apprendistato. Con ferma dedizione, Fimiani consegna in cinque agili capitoli i temi principali della parabola di Hillesum.
L'amore, l'audacia di pensare il proprio tempo, la cova silenziosa di un indicibile che va tuttavia registrato e testimoniato. Da Dostoevskij a Rilke e Hannah Arendt, il corredo di colloqui era architettura di chi accetta il dolore eppure non vi si sa rassegnare. E' in questo solco che incontriamo "la scoperta di un dio non relegato nella solitudine ma tracciato dalla relazione concreta con l'umano".
Cosi' la scrittura "e' un altro modo di possedere, di attirare le cose a se' con parole e immagini". Una questione di insaziabilita', non di altruismo, in cui arriva l'assunzione piena della responsabilita'. Magistero semplice, dettato dall'intuizione formidabile che senza sporgersi verso gli altri e le altre si rimane nella cecita' di un io autocentrato, drammaticamente inutile. E' fame di bene il divenire "un cuore pensante" in un'epoca scellerata, complessa traiettoria resa da un'altura - prima ontologica che etica - per molte e molti irraggiungibile.
Scoprirsi vedenti nella ineluttabilita' di una sorte, svettarne i confini materiali, toccarli tutti per tenere l'umano con se' e ammettere uno statuto ulteriore che quella realta' sia in grado di espandere; si potrebbero chiamare strategie di sopravvivenza, per Etty Hillesum erano la stoffa stessa del suo stare nel mondo.
Non c'e' bisogno di superare se stessi, basterebbe accogliere cio' che si e', con grazia spiega anche questo Antonella Fimiani, seguendo il tragitto della scrittrice.
L'attaccamento primordiale alla relazione e' il primo tassello ineludibile.
Prima di capire l'impossibilita' di amare un solo uomo, la mano di Julius Spier era cio' che le sosteneva le giornate. Grande e generosa, la sua mano non era solo un secondo volto - come prometteva la chirologia di cui si occupava il bizzarro psicologo junghiano - quando le carezzava i capelli o la stringeva a se', era l'abbraccio di chi aveva deciso di crederle, certo meno ipnotico della bocca indisponente eppure esperta nel tessere i sogni di una donna della meta' dei suoi anni. Come dalla mano di Dio da cui Etty immaginava di "rotolare melodiosamente", anche la mano dell'amante era sapientemente mobile. Disegnava giravolte e proiezioni, infinite e perturbanti; Spier (S., cosi' nominato nei Diari), era in fondo l'altra parte di Dio, perfetto congiungimento in un mondo altrettanto vulnerabile.
"E ora che non voglio piu' possedere nulla e che sono libera - ammette, risoluta - ora possiedo tutto e la mia ricchezza interiore e' immensa". Un'interiorita' cosi' carnale che e' difficile non cadere innamorati o perlomeno commossi, dalla prima all'ultima parola della giovane scrittrice olandese, stando davanti allo specchio in frantumi di un Novecento che custodisce tra i nomi piu' scintillanti quello di Etty Hillesum.
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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVIII)
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Numero 857 del 29 dicembre 2017
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