[Nonviolenza] Telegrammi. 2924
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 2924
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- Date: Fri, 22 Dec 2017 20:23:13 +0100 (CET)
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TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2924 del 23 dicembre 2017
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com
Sommario di questo numero:
1. La Casa siamo tutte. Un appello
2. Discorso di papa Francesco ai partecipanti al convegno "Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per in disarmo integrale"
3. Joseph Rotblat: Discorso di accettazione del Premio Nobel per la Pace 1995
4. Il Senato approvi la legge sullo "ius soli / ius culturae"
5. "Una persona, un voto". Un appello all'Italia civile
6. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
7. La Camera dei Deputati ricorda Massimo Paolicelli
8. Segnalazioni librarie
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'
1. SOLIDARIETA'. LA CASA SIAMO TUTTE. UN APPELLO
[Dalla Casa Internazionale delle Donne riceviamo e diffondiamo]
Sostegno alla Casa
lacasasiamotutte (lacasasiamotutte at gmail.com)
#lacasasiamotutte
A tutte le amiche e gli amici,
come avrai saputo dalla stampa o dalla televisione, la Casa Internazionale delle Donne ha bisogno di aiuto.
Abbiamo ricevuto moltissime dimostrazioni di affetto e vicinanza che ci hanno molto commosso, e ve ne siamo grate, ma anche siamo state sollecitate a richiedere un aiuto economico a quante, come te, ci conosce, ha lavorato nella Casa e con la Casa.
Essere luogo di riflessione politica delle donne, ospitare in modo sostenibile tante associazioni e tante attivita', costruire, produrre attivita' culturali, tenere aperto il piu' grande archivio della storia e della produzione femminista, mantenere decorosamente un edificio storico, farlo restare aperto, fruibile a disposizione delle donne e di tutta la citta', fornire servizi di assistenza, consulenza, sostegno al lavoro e alla vita delle donne e dei bambini, promuovere formazione, costa e costa molto.
Per questo ti chiediamo di contribuire alla sopravvivenza della Casa, per farla essere sempre di piu' e sempre meglio quel luogo unico a Roma, in Italia, in Europa che e' la nostra Casa Internazionale delle donne.
Ringraziandoti fin d'ora e ricordandoti che la Casa si sostiene solo con l'autofinanziamento, ti chiediamo anche di far partecipare le persone a te vicine al sostegno della Casa.
Per la donazione:
http://www.casainternazionaledelledonne.org/index.php/it/sostienici-support-us
IBAN IT38H0103003273000001384280
causale: "Donazione per la Casa Internazionale delle Donne"
2. DOCUMENTAZIONE. DISCORSO DI PAPA FRANCESCO AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO "PROSPETTIVE PER UN MONDO LIBERO DALLE ARMI NUCLEARI E PER UN DISARMO INTEGRALE"
[Dal sito internet del Vaticano riportiamo il testo del discorso di papa Francesco ai partecipanti al convegno "Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per in disarmo integrale", Roma, Sala Clementina, venerdi' 10 novembre 2017]
Cari amici,
porgo a ciascuno di voi il mio cordiale saluto ed esprimo viva gratitudine per la vostra presenza e per la vostra attivita' al servizio del bene comune. Ringrazio il Cardinale Turkson per le parole di saluto e di introduzione.
Siete convenuti a questo Simposio per affrontare argomenti cruciali, sia in se stessi, sia in considerazione della complessita' delle sfide politiche dell'attuale scenario internazionale, caratterizzato da un clima instabile di conflittualita'. Un fosco pessimismo potrebbe spingerci a ritenere che le "prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale", come recita il titolo del vostro incontro, appaiano sempre piu' remote. E' un dato di fatto che la spirale della corsa agli armamenti non conosce sosta e che i costi di ammodernamento e sviluppo delle armi, non solo nucleari, rappresentano una considerevole voce di spesa per le nazioni, al punto da dover mettere in secondo piano le priorita' reali dell'umanita' sofferente: la lotta contro la poverta', la promozione della pace, la realizzazione di progetti educativi, ecologici e sanitari e lo sviluppo dei diritti umani (1).
Non possiamo poi non provare un vivo senso di inquietudine se consideriamo le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari. Pertanto, anche considerando il rischio di una detonazione accidentale di tali armi per un errore di qualsiasi genere, e' da condannare con fermezza la minaccia del loro uso, nonche' il loro stesso possesso, proprio perche' la loro esistenza e' funzionale a una logica di paura che non riguarda solo le parti in conflitto, ma l'intero genere umano. Le relazioni internazionali non possono essere dominate dalla forza militare, dalle intimidazioni reciproche, dall'ostentazione degli arsenali bellici. Le armi di distruzione di massa, in particolare quelle atomiche, altro non generano che un ingannevole senso di sicurezza e non possono costituire la base della pacifica convivenza fra i membri della famiglia umana, che deve invece ispirarsi ad un'etica di solidarieta' (2). Insostituibile da questo punto di vista e' la testimonianza degli Hibakusha, cioe' le persone colpite dalle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki, come pure quella delle altre vittime degli esperimenti delle armi nucleari: che la loro voce profetica sia un monito soprattutto per le nuove generazioni!
Inoltre, gli armamenti che hanno come effetto la distruzione del genere umano sono persino illogici sul piano militare. Del resto, la vera scienza e' sempre a servizio dell'uomo, mentre la societa' contemporanea appare come stordita dalle deviazioni dei progetti concepiti in seno ad essa, magari per una buona causa originaria. Basti pensare che le tecnologie nucleari si diffondono ormai anche attraverso le comunicazioni telematiche e che gli strumenti di diritto internazionale non hanno impedito che nuovi Stati si aggiungessero alla cerchia dei possessori di armi atomiche. Si tratta di scenari angoscianti se si pensa alle sfide della geopolitica contemporanea come il terrorismo o i conflitti asimmetrici.
Eppure, un sano realismo non cessa di accendere sul nostro mondo disordinato le luci della speranza. Recentemente, ad esempio, attraverso una storica votazione in sede Onu, la maggior parte dei Membri della Comunita' Internazionale ha stabilito che le armi nucleari non sono solamente immorali ma devono anche considerarsi un illegittimo strumento di guerra. E' stato cosi' colmato un vuoto giuridico importante, giacche' le armi chimiche, quelle biologiche, le mine antiuomo e le bombe a grappolo sono tutti armamenti espressamente proibiti attraverso Convenzioni internazionali. Ancora piu' significativo e' il fatto che questi risultati si debbano principalmente ad una "iniziativa umanitaria" promossa da una valida alleanza tra societa' civile, Stati, Organizzazioni internazionali, Chiese, Accademie e gruppi di esperti. In tale contesto si colloca anche il documento che voi, insigniti del Premio Nobel per la Pace, mi avete consegnato e per il quale esprimo il mio grato apprezzamento.
Proprio in questo 2017 ricorre il cinquantesimo anniversario della Lettera Enciclica Populorum progressio di Paolo VI. Essa, sviluppando la visione cristiana della persona, ha posto in risalto la nozione di sviluppo umano integrale e l'ha proposta come nuovo nome della pace. In questo memorabile e attualissimo Documento il Papa ha offerto la sintetica e felice formula per cui "lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l'uomo" (n. 14).
Occorre dunque innanzitutto rigettare la cultura dello scarto e avere cura delle persone e dei popoli che soffrono le piu' dolorose disuguaglianze, attraverso un'opera che sappia privilegiare con pazienza i processi solidali rispetto all'egoismo degli interessi contingenti. Si tratta al tempo stesso di integrare la dimensione individuale e quella sociale mediante il dispiegamento del principio di sussidiarieta', favorendo l'apporto di tutti come singoli e come gruppi. Bisogna infine promuovere l'umano nella sua unita' inscindibile di anima e corpo, di contemplazione e di azione.
Ecco dunque come un progresso effettivo ed inclusivo puo' rendere attuabile l'utopia di un mondo privo di micidiali strumenti di offesa, nonostante la critica di coloro che ritengono idealistici i processi di smantellamento degli arsenali. Resta sempre valido il magistero di Giovanni XXIII, che ha indicato con chiarezza l'obiettivo di un disarmo integrale affermando: "L'arresto agli armamenti a scopi bellici, la loro effettiva riduzione, e, a maggior ragione, la loro eliminazione sono impossibili o quasi, se nello stesso tempo non si procedesse ad un disarmo integrale; se cioe' non si smontano anche gli spiriti, adoprandosi sinceramente a dissolvere, in essi, la psicosi bellica" (Lett. enc. Pacem in terris, 11 aprile 1963, 61).
La Chiesa non si stanca di offrire al mondo questa sapienza e le opere che essa ispira, nella consapevolezza che lo sviluppo integrale e' la strada del bene che la famiglia umana e' chiamata a percorrere. Vi incoraggio a portare avanti questa azione con pazienza e costanza, nella fiducia che il Signore ci accompagna. Egli benedica ciascuno di voi e il lavoro che compie al servizio della giustizia e della pace. Grazie.
*
Note
1. Cfr Messaggio alla III Conferenza sull'impatto umanitario delle armi nucleari, 7 dicembre 2014.
2. Cfr Messaggio alla Conferenza dell'Onu finalizzata a negoziare uno strumento giuridicamente vincolante per proibire le armi nucleari, 27 marzo 2017.
3. DOCUMENTAZIONE. JOSEPH ROTBLAT: DISCORSO DI ACCETTAZIONE DEL PREMIO NOBEL PER LA PACE 1995
[Dal sito www.senzatomica.it riprendiamo e diffondiamo il testo del discorso pronunciato a Oslo il 10 dicembre del 1995 dal professor Joseph Rotblat al momento dell'accettazione del Premio Nobel per la Pace che gli fu conferito, insieme all'associazione "Pugwash Conferences on Science and World Affairs" della quale fu uno dei fondatori, per la lotta contro le armi nucleari]
Ricordate la vostra umanita'.
In questo solenne momento della mia vita - l'accettazione del Premio Nobel per la Pace - intendo parlare come scienziato, ma anche come essere umano. Fin dai miei giorni piu' lontani, sono stato appassionato di scienza, ma la scienza, esercizio del potere supremo dell'intelletto umano, nella mia mente e' sempre stata collegata ai benefici che doveva portare alle persone. Pensavo che la scienza fosse in armonia con l'umanita', non immaginavo che avrei speso meta' della mia vita nel tentativo di sventare un pericolo mortale per l'umanita', creato proprio dalla scienza.
L'uso concreto dell'energia nucleare era il risultato di anni di ricerca sperimentale e teorica, e presentava un grande potenziale benefico per il bene comune. Ma l'opinione pubblica seppe della scoperta solo nel momento in cui ebbe notizia della distruzione di Hiroshima con la bomba atomica. Uno splendido risultato della scienza e della tecnologia era diventato nefasto. La scienza venne associata alla morte e alla distruzione.
Mi addolora ammettere che questa immagine della scienza e' meritata. La decisione di usare la bomba atomica sulle citta' giapponesi, e la conseguente creazione di enormi arsenali nucleari, venne presa dai governi sulla base di percezioni politiche e militari, ma sono stati gli scienziati di entrambi i lati della cortina di ferro a svolgere una parte molto significativa nel dare continuo incremento alla rincorsa alle armi nucleari per tutti i quaranta anni della guerra fredda.
Il ruolo degli scienziati nella corsa alle armi nucleari venne espresso con schiettezza da lord Zuckerman, per parecchi anni consigliere scientifico del governo inglese: "Per quanto riguarda le armi nucleari [...] e' l'uomo nel laboratorio che fin dal principio suggerisce che, per questa o quell'altra arcana ragione, sarebbe utile migliorare una vecchia testata nucleare o inventarne una nuova. E' lui, il tecnico, non il comandante sul campo, che sta nel cuore della corsa agli armamenti".
Molto prima che il terrificante potenziale della corsa agli armamenti fosse riconosciuto, era largamente diffusa un'istintiva avversione per le armi nucleari e un forte desiderio di eliminarle. A questo proposito, la primissima risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite - adottata all'unanimita' - chiedeva l'eliminazione delle armi nucleari. Tuttavia, il mondo era allora diviso dall'aspra lotta ideologica tra Est e Ovest e questo appello non aveva alcuna possibilita' di essere accolto. Il primo obiettivo era di fermare la corsa agli armamenti prima che portasse a un completo disastro. Tuttavia, dopo la caduta del comunismo e la disintegrazione dell'Unione Sovietica, ogni motivazione per il possesso di armi nucleari e' scomparsa. Si poteva ricominciare la lotta per la loro completa distruzione, ma le potenze nucleari sono tenacemente attaccate alle loro armi.
Lasciate che vi ricordi che il disarmo nucleare non e' solo un ardente desiderio dei popoli, cosi' come e' espresso in numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, ma che si tratta di un impegno che i cinque Paesi che detengono ufficialmente le armi nucleari si sono assunti formalmente, con il Trattato di Non Proliferazione. Solo pochi mesi fa, quando ne e' stata decisa l'estensione a tempo indeterminato, le potenze nucleari si sono nuovamente impegnate al disarmo nucleare completo. Questo e' ancora il loro traguardo ufficiale, ma le dichiarazioni formali non collimano con le loro politiche a livello pratico e la divergenza sembra essere intrinseca.
Dalla fine della guerra fredda, le due principali potenze nucleari hanno iniziato a ridurre significativamente i loro arsenali nucleari. Ognuna sta smantellando circa 2000 testate nucleari all'anno. Se questo programma continuasse, tutte le testate nucleari potrebbero essere smantellate nel giro di poco piu' di dieci anni. Siamo tecnicamente in grado di creare un mondo libero da armi nucleari in dieci anni circa. Purtroppo il programma attuale non fa in modo che cio' accada: quando il trattato Start II e' stato siglato - e ricordiamoci che non e' stato ancora ratificato - esistevano la bellezza di 15.000 armi nucleari, attive e in riserva. Quindicimila armi con una potenza media di 20 bombe di Hiroshima.
Se non interviene subito un cambiamento fondamentale nel modo di pensare, non vedremo ancora per molto tempo, e forse non vedremo mai, l'azzeramento degli arsenali nucleari. E la base di questo modo di pensare attualmente e' rappresentata dalla deterrenza nucleare.
Cio' si legge chiaramente nella Nuclear Posture Review americana che si concludeva con l'affermazione, poi ripresa da altre potenze nucleari, "L'ambiente del dopo-guerra fredda richiede la deterrenza nucleare". Le armi nucleari sono conservate come baluardo contro pericoli non specificati.
Questa politica e' semplicemente la continuazione inerziale dell'era della guerra fredda. La guerra fredda e' finita, ma il modo di pensare della guerra fredda rimane. Allora ci dicevano che la terza guerra mondiale era stata sventata grazie all'esistenza delle armi nucleari. Oggi ci dicono che le armi nucleari servono a impedire qualsiasi tipo di guerra. Questi sono argomenti che hanno la pretesa di fornire delle prove in negativo. Mi torna in mente la storiella che si raccontava quando ero ragazzo, ai tempi dell'introduzione delle comunicazioni via radio.
Due uomini anziani e saggi stano discutendo riguardo al passato splendore della civilta' delle rispettive nazioni. Uno dice: "Il mio paese ha una grande tradizione di sviluppo tecnologico. Abbiamo fatto degli scavi e trovato un cavo; il che dimostra come gia' in tempi remoti avessimo il telegrafo". L'altro uomo ribatte: "Anche noi abbiamo fatto degli scavi e non abbiamo trovato assolutamente niente; il che dimostra che gia' allora avevamo la comunicazione senza fili!".
Non c'e' alcun elemento che provi direttamente che le armi nucleari abbiano impedito una terza guerra mondiale. Al contrario e' risaputo che ne hanno quasi provocata una. Il piu' terrificante periodo della mia vita fu l'ottobre del 1962, durante la crisi dei missili di Cuba. Non ero a conoscenza di tutti i fatti - solo di recente abbiamo appreso quanto siamo andati vicino alla guerra -, ma quello che sapevo era sufficiente a farmi venire i brividi. Milioni di vite all'improvviso potevano finire; milioni di altre sarebbero state condannate a una lenta agonia; gran parte della nostra civilta' sarebbe andata distrutta. Tutto dipendeva dalla decisione di un solo uomo, Nikita Krusciov: si sarebbe piegato all'ultimatum degli Stati Uniti oppure no? Il vero volto delle armi nucleari e' questo: possono dare inizio a una guerra mondiale, una guerra che, a differenza di quelle combattute in precedenza, distrugge l'intera civilta'.
Quanto all'asserzione che le armi nucleari possano servire da deterrente preventivo delle guerre, quante altre guerre sono necessarie per delegittimare questo argomento? Dieci milioni di persone sono morte nei numerosi conflitti che hanno avuto luogo dal 1945 in poi. Alcuni di questi videro coinvolte delle potenze nucleari e, in piu', in due occasioni potenze nucleari coinvolte furono sconfitte e il possesso di armi nucleari non fu loro di alcun aiuto.
Insomma, non c'e' alcune prova che un mondo senza armi nucleari sarebbe pericoloso. Al contrario, sarebbe un mondo piu' sicuro, come illustrero' in seguito.
Si dice che il possesso di armi nucleari, e in alcuni casi persino condurre dei test sui loro effetti, e' indispensabile per la sicurezza nazionale. Ma a questo argomento potrebbero ricorrere anche altre nazioni: se le nazioni piu' potenti, e quindi meno a rischio, dal punto di vista militare hanno bisogno delle armi nucleari per la propria sicurezza, come si puo' negare la stessa sicurezza a quelle che sono davvero in una situazione piu' instabile? L'attuale politica sul nucleare bellico e' una ricetta per la sua proliferazione. Una politica per il disastro.
Per prevenire questo disastro, per il bene dell'umanita', dobbiamo sbarazzarci delle armi nucleari.
Per realizzare questo obiettivo ci vorra' del tempo, ma se non iniziamo a lavorare non ci arriveremo mai. Alcuni passi essenziali possono essere compiuti anche subito. Diversi studi e numerose dichiarazioni rese da importanti esponenti militari e da personalita' della politica testimoniano che, a eccezione delle dispute tra le attuali potenze nucleari, tutti i conflitti bellici, nonche' le situazioni che minacciano di degenerare in guerra aperta, possono essere risolti ricorrendo alle armi convenzionali. Questo significa che l'unica funzione delle armi nucleari e' la dissuasione di aggressioni nucleari.
Sarebbe ora che tutte le potenze nucleari riconoscessero che la situazione e' questa e che dichiarassero, sotto forma di trattato, che non useranno per prime le armi nucleari. Questo sgombrerebbe la via a una riduzione graduale e reciproca degli arsenali nucleari, fino ad arrivare al loro azzeramento. Inoltre si creerebbero le condizioni per una Convenzione sulle Armi Nucleari: una convenzione di applicazione universale che proibirebbe in assoluto il possesso di armi nucleari. A salvaguardia della convenzione, si dovra' elaborare un necessario sistema di controllo. Uno studio dell'organizzazione di Pugwash ha prodotto diverse ipotesi di lavoro su questi argomenti. Il meccanismo per negoziare una convenzione di questo genere esiste gia'. Aderire al negoziato non impegna le parti. Non c'e' ragione per non cominciare subito. Se non ora, quando?
Pertanto chiedo alle potenze nucleari di abbandonare le sorpassate dottrine della guerra fredda e di iniziare a pensare in modo nuovo. Soprattutto, rivolgo loro un appello affinche' tengano bene in mente il pericolo cui, nel lungo periodo, le armi nucleari espongono l'umanita' e agiscano per la loro eliminazione. Un secondo appello va ai miei colleghi scienziati. Ho gia' descritto la parte sciagurata che un esiguo numero di scienziati , alla stregua di altrettanti "dottor Stranamore" ha avuto nella corsa agli armamenti. Costoro hanno inferto un grave danno all'immagine della scienza.
D'altro canto ci sono scienziati, nell'organizzazione di Pugwash come in altre organizzazioni, che dedicano gran parte del proprio tempo e ingegno a scongiurare i pericoli creati dai progressi della scienza e della tecnologia. Tuttavia questo gruppo costituisce solo una piccola parte della comunita' scientifica. Io voglio rivolgermi all'intera comunita'.
Voi svolgete un'opera fondamentale che estende le frontiere della conoscenza, ma spesso lo fate senza preoccuparvi molto dell'impatto del vostro lavoro sulla societa'. Affermazioni dogmatiche come "la scienza e' neutrale" o "la scienza non ha nulla che fare con la politica" sono ancora prevalenti, ma in realta' non sono che la vestigia di una torre d'avorio che e' stata definitivamente demolita dalla bomba di Hiroshima.
Ecco, per esempio, un interrogativo: e' giusto che uno scienziato partecipi allo sviluppo di un'arma di distruzione di massa? Un secco "no" e' stata la risposta data recentemente da Hans Bethe. Il profesor Bethe, un premio Nobel, e' il piu' anziano tra coloro che parteciparono al Progetto Manhattan e sono ancora in vita. In occasione del cinquantesimo anniversario del bombardamento di Hiroshima, ha rilasciato una dichiarazione che citero' per intero:
"Come direttore della divisione teorica di Los Alamos, ho partecipato al piu' alto livello accademico al Progetto Manhattan durante la seconda guerra mondiale che ha prodotto la prima arma nucleare. Oggi, all'eta' di 88 anni, sono uno dei pochi anziani superstiti. Ripensando ai cinquant'anni trascorsi da quel giorno, provo a un tempo un intenso sollievo, perche' queste armi non sono state piu' usate dai tempi della seconda guerra mondiale, che si mescola all'orrore al pensiero che da allora sono state costruite decine di migliaia di altre bombe: centinaia di volte di piu' di quelle che chiunque di noi a Los Alamos avrebbe potuto immaginare.
Oggi giustamente viviamo in un''epoca di disarmo e smantellamento degli armamenti nucleari. Ma in alcuni Paesi lo sviluppo di armi nucleari continua tuttora. Se e quando le varie nazioni del mondo potranno trovare un accordo per fermare questo processo, nessuno lo sa. Ma i singoli scienziati possono comunque incidere su quello che succede, rifiutandosi di prestare il proprio talento in questo processo.
Pertanto rivolgo a tutti gli scienziati di ogni parte del mondo la richiesta di rinunciare a intraprendere o di interrompere qualsiasi lavoro di creazione, sviluppo, miglioramento e fabbricazione di altre armi nucleari e anche di ogni altra possibile arma di distruzione di massa come quelle chimiche o biologiche".
Se gli scienziati prestassero ascolto a questa invocazione, non ci sarebbero nuove testate nucleari; non ci sarebbero scienziati francesi a Mururoa; nessuna nuova arma chimica o biologica. La corsa agli armamenti sarebbe davvero finita.
Ma ci sono anche altri rami della ricerca scientifica che possono direttamente o indirettamente arrecare un danno alla societa'. Per questa ragione la vigilanza deve essere costante. I governi e la ricerca scientifica talvolta possono avere degli scopi occulti e il pubblico puo' essere tratto in inganno da un'informazione tendenziosa. Gli scienziati dovrebbero assumersi il compito di denunciare questi fatti incresciosi. Le "soffiate" di questo tipo dovrebbero diventare parte del codice etico degli scienziati. Potrebbero certamente esserci delle rappresaglie; un prezzo da pagare per seguire le proprio convinzioni. Il prezzo potrebbe essere anche molto alto, come dimostra la sproporzionata severita' della pena inflitta a Mordechai Vanunu.
Personalmente ritengo che Vanunu a questo punto abbia sofferto abbastanza.
E' venuto il momento di formulare delle linee guida per la condotta etica degli scienziati, forse nella forma di un giuramento volontario come quello ippocratico. Cio' potrebbe mostrarsi particolarmente importante per i giovani che intraprendono una carriera scientifica. La sezione statunitense del gruppo studentesco di Pugwash ha scelto di raccogliere questa idea e cio' e' molto confortante.
In un momento storico in cui la scienza ha un ruolo tanto importante nella vita della societa', quando il destino dell'intera umanita' potrebbe dipendere dai risultati della ricerca scientifica, su tutti gli scienziati grava il dovere di essere pienamente consapevoli del proprio ruolo e di comportarsi di conseguenza. Faccio appello ai miei colleghi scienziati perche' si ricordino della loro responsabilita' nei confronti dell'umanita'.
Il terzo appello e' rivolto ai miei concittadini di tutto il mondo: aiutateci a stabilire una pace duratura.
Mi vedo costretto a portare alla vostra attenzione una realta' terrificante: con lo sviluppo delle armi nucleari l'uomo ha acquisito, per la prima volta nella sua storia, gli strumenti per distruggere l'intera civilta' con un singolo atto. Invero l'intera specie umana e' a rischio di estinzione, a causa delle armi nucleari o di altri strumenti di distruzione indiscriminata che i futuri sviluppi scientifici verosimilmente renderanno possibili.
Fin qui ho sostenuto che dobbiamo eliminare le armi nucleari, ma pur rimuovendo la minaccia immediata, cio' non ci garantirebbe una sicurezza permanente. Le armi nucleari non possono essere "disinventate". Non possiamo cancellare la conoscenza di come costruirle. Persino in un mondo libero dalle armi nucleari, se una delle grandi potenze militari dovesse essere coinvolta in un conflitto militare, sarebbe tentata di ricostituire il proprio arsenale nucleare. Si tratterebbe comunque di una situazione migliore di quella attuale, perche' la ricostruzione delle armi richiederebbe un tempo considerevole e nel frattempo i conflitti potrebbero essere risolti. Un mondo senza armi nucleari sarebbe piu' sicuro del mondo attuale, ma il pericolo della catastrofe definitiva continuerebbe a esistere.
L'unico modo di prevenirla alla radice e' di abolire la guerra. La guerra non deve piu' essere considerata un istituto sociale ammissibile. Dobbiamo imparare a risolvere le nostre dispute con strumenti diversi da quelli dello scontro militare.
Questa esigenza e' stata riconosciuta gia' quarant'anni fa, quando nel Manifesto Russell-Einstein dicemmo: "Ecco dunque il problema che vi sottoponiamo, brutale, spaventoso e ineludibile: consegneremo la razza umana alla sua fine, o sapremo rinunciare alla guerra?".
Anche l'abolizione della guerra rientra in un impegno sottoscritto dalle potenze nucleari: l'articolo 6 del Trattato di Non Proliferazione rinvia alla futura conclusione di un trattato di generale e completo disarmo, sottoposto a un puntuale ed effettivo controllo internazionale.
Qualsiasi trattato comporta che in una certa misura venga compromessa la sovranita' nazionale e questo e' generalmente impopolare. Come abbiamo detto nel Manifesto Russell-Einstein: "L'abolizione della guerra comportera' sgradevoli limitazioni della sovranita' nazionale". Qualsiasi sistema di governo venga alla fine adottato, e' importante che abbia il sostegno della gente. Dobbiamo riuscire a trasmettere il messaggio che la salvaguardia del nostro bene comune, l'umanita', esige che in ognuno di noi si sviluppi una nuova lealta': la lealta' verso il genere umano. Bisogna alimentare un sentimento di appartenenza alla razza umana.
Dobbiamo diventare cittadini del mondo.
Nonostante la frammentazione che ha avuto luogo dalla fine della guerra fredda e le numerose guerre per il riconoscimento di identita' nazionali ed etniche, io credo che oggi le condizioni perche' questa nuova lealta' attecchisca siano migliori che non ai tempi del Manifesto Russel-Einstein. Cio' anche in virtu' degli enormi progressi scientifici e tecnologici degli ultimi quarant'anni. I fantastici passi in avanti compiuti nei settori delle comunicazioni e dei trasporti hanno letteralmente rimpicciolito il nostro mondo. Oggi tutte le nazioni del mondo sono diventate vicine di casa.
Le moderne tecnologie dell'informazione ci permettono di venire istantaneamente a conoscenza di tutto quello che succede in qualsiasi parte del mondo. Possiamo parlare tra noi attraverso le diverse reti di comunicazione. Con il tempo queste capacita' miglioreranno ancora enormemente, perche' quello che si e' raggiunto finora intacca appena la superficie del possibile. La tecnologia ci unisce. In piu' di un senso stiamo diventando un'unica grande famiglia.
Nel farmi portavoce della necessita' di una nuova lealta' al genere umano, non voglio dire che dobbiamo sconfessare le rispettive lealta' nazionali. Ognuno di noi e' leale a diversi gruppi, dall'ambito ristretto della famiglia a quello, finora il piu' ampio, della nazione. Molti di questi gruppi garantiscono protezione ai propri membri. Con i rischi globali derivanti dalla scienza e dalla tecnologia, oggi l'intera umanita' ha bisogno di protezione. Dobbiamo estendere la nostra lealta' all'intera umanita'.
Quello di cui noi dell'organizzazione di Pugwash ci facciamo promotori, un mondo senza guerre, sara' certamente considerato da molti un sogno utopistico. Non e' un'utopia. Esiste gia' in ampie regioni del mondo, per esempio nell'Unione Europea, al cui interno e' impensabile una guerra. Bisogna estendere questi ambiti fino a includervi tutte le principali potenze del mondo.
In ogni caso non abbiamo scelta. L'alternativa e' inaccettabile. Permettetemi di citare il passaggio conclusivo del Manifesto Russell-Einstein: "Come esseri umani ci rivolgiamo agli esseri umani: ricordate la vostra umanita' e dimenticate il resto. Se potete farlo, vi si apre davanti la strada verso un nuovo paradiso; se non potete, dinanzi a voi si spalanca il rischio della morte universale". La ricerca di un mondo libero dalla guerra ha uno scopo fondamentale: la sopravvivenza, ma se nel corso dell'impresa impareremo come assicurarci la sopravvivenza per mezzo dell'amore, invece che con la paura, con la gentilezza invece che con la costrizione; se impareremo a combinare l'utile e il dilettevole, l'opportuno e il caritatevole, il pratico e il bello, questo sara' un ulteriore premio per avere intrapreso questa missione.
E soprattutto, ricordate la vostra umanita'.
4. APPELLI. IL SENATO APPROVI LA LEGGE SULLO "IUS SOLI / IUS CULTURAE"
Non e' possibile che un bambino ovvero una bambina, un ragazzo ovvero una ragazza, nati in Italia, cresciuti in Italia, che studiano in Italia, che vivono nella comunita', nella lingua e nella cultura italiane, possano essere ritenuti alieni: sono con tutta evidenza cittadine e cittadini italiani ancor prima di aver compiuto i diciotto anni, quando la legge vigente gia' riconosce loro il diritto di decidere di essere cittadini italiani con una semplice dichiarazione personale.
Perche' quindi continuare a umiliare e perseguitare dei bambini?
Perche' quindi continuare a negare la flagrante realta' che chi nasce e vive in Italia e' un cittadino italiano?
Ad eccezione di un'infima minoranza di pervertiti, nessuno in Italia vuole essere un persecutore di bambini.
Ad eccezione di un'infima minoranza di razzisti, nessun senatore potrebbe in scienza e coscienza negare il suo voto a una legge che prende atto della realta' e riconosce a bambine e bambini, ragazze e ragazzi, un diritto che loro appartiene: il riconoscimento giuridico del fatto inconfutabile che sono parte del popolo italiano, che sono cittadini italiani.
5. INIZIATIVE. "UNA PERSONA, UN VOTO". UN APPELLO ALL'ITALIA CIVILE
Un appello all'Italia civile: sia riconosciuto il diritto di voto a tutte le persone che vivono in Italia.
Il fondamento della democrazia e' il principio "una persona, un voto"; l'Italia essendo una repubblica democratica non puo' continuare a negare il primo diritto democratico a milioni di persone che vivono stabilmente qui.
Vivono stabilmente in Italia oltre cinque milioni di persone non native, che qui risiedono, qui lavorano, qui pagano le tasse, qui mandano a scuola i loro figli che crescono nella lingua e nella cultura del nostro paese; queste persone rispettano le nostre leggi, contribuiscono intensamente alla nostra economia, contribuiscono in misura determinante a sostenere il nostro sistema pensionistico, contribuiscono in modo decisivo ad impedire il declino demografico del nostro paese; sono insomma milioni di nostri effettivi conterranei che arrecano all'Italia ingenti benefici ma che tuttora sono privi del diritto di contribuire alle decisioni pubbliche che anche le loro vite riguardano.
Una persona, un voto. Il momento e' ora.
6. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA
Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.
7. MEMORIA. LA CAMERA DEI DEPUTATI RICORDA MASSIMO PAOLICELLI
[Dal sito della Rete italiana per il disarmo (www.disarmo.org) riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo originariamente apparso sull'agenzia "Redattore sociale" il 28 ottobre 2015]
"Una vita spesa per la pace": dedicata a Paolicelli una stanza della Camera.
Per la prima volta una sala della Camera dei Deputati portera' il nome di uno storico esponente del pacifismo italiano, Massimo Paolicelli, morto due anni fa. Giulio Marcon: "Ha saputo vivere gli ideali che professava".
Una stanza della Camera dei Deputati sara' intitolata a Massimo Paolicelli, storico esponente del movimento pacifista morto due anni fa dopo una lunga malattia. L'inaugurazione si terra' questa mattina alla presenza di Simone Baldelli, vicepresidente della Camera, e Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Disarmo. "Un riconoscimento importante per uomo che si e' sempre battuto per la pace", commenta Giulio Marcon, amico di Paolicelli e deputato di Sinistra Ecologia e Liberta'.
Massimo Paolicelli ha militato per 25 anni nei Verdi per poi approdare a Sel, ma soprattutto e' stato l'anima del movimento pacifista italiano: e' stato obiettore alla Caritas diocesana di Roma a meta' degli anni Ottanta, svolgendo anche due mandati nella Consulta nazionale per il servizio civile, ed e' stato membro di primo piano dell'Aon, Associazione obiettori nonviolenti e della Lega Obiettori di Coscienza. Negli ultimi anni della sua vita si e' dedicato alla campagna "Sbilanciamoci" della Rete Disarmo. Si e' battuto personalmente contro l'acquisto degli F35, scrivendo una mozione parlamentare e organizzando numerosi sit in a Piazza Montecitorio. Ha sempre partecipato a iniziative disarmiste ed ecologiste, in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
"Massimo ha saputo coniugare la dimensione politica con quella etica: era l'esempio di come la nonviolenza potesse essere vissuta tutti i giorni", racconta Marcon. "E' stato una figura fondamentale e un punto di riferimento per gli obiettori di coscienza e per chi era contrario al riarmo del nostro Paese. Sentiva di avere una missione pedagogica ed educativa nel promuovere la pace. Ogni volta che c'era da affermare con forza i temi del pacifismo, Massimo si spendeva in prima persona".
Sulla giacca aveva sempre appuntata la spilla della nonviolenza, un fucile spezzato da due mani: "Di fronte agli ultimi conflitti mondiali, lui non avrebbe avuto alcun dubbio nel mettere al centro della nostra azione una mobilitazione dal basso per ribadire l'insindacabilita' dei principi della nonviolenza. Per lui la guerra non si combatteva con la guerra ma con la pace", afferma Marcon. "Il ricordo personale che ho di lui e' quello di un amico che, pur lavorando in Parlamento, ha sempre mantenuto una sensibilita' particolare per il lavoro sociale. Ha saputo vivere gli ideali che professava ed era l'esempio piu' cristallino di come l'impegno individuale puo' rigenerarsi e diventare collettivo. Questa e' la cosa migliore che Massimo ci ha lasciato".
Nella sua ultima lettera, indirizzata a parenti e amici, Paolicelli ha scritto il suo testamento morale: "Tante gocce possono scalfire la roccia, cerchiamo di scalfire la roccia dell'indifferenza e dell'egoismo e costruiamo, in nome di Dio, un mondo di giustizia, pace e solidarieta'".
8. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Gianni Brera, Di tutto un Po..., Societa' Europea di Edizioni, Milano 2017, pp. 64, euro 3,50 (in supplemento al quotidiano "Il Giornale").
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Riletture
- William Styron, Le confessioni di Nat Turner, Einaudi, Torino 1968, pp. 354.
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Riedizioni
- Dino Buzzati, Il colombre, Mondadori, Milano 1966, 2015, Rcs, Milano 2017, pp. 320, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera).
9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
10. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2924 del 23 dicembre 2017
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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