[Nonviolenza] Archivi. 272



 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVIII)

Numero 272 del 10 settembre 2017

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di agosto 2017 (parte decima)

2. Omero Delli Storti: Il delitto della principessa di Ebla. Frammenti da un fogliettone postmoderno e rasciomonico (parte sesta)

3. Ancora una litania delle stragi

4. La risposta

5. Omero Delli Storti: Il delitto della principessa di Ebla. Frammenti da un fogliettone postmoderno e rasciomonico (parte settima e conclusiva)

6. Sconfiggere ogni terrorismo con la democrazia

7. Carogno Mozzarecchi: Lunga vita all'amicizia italo-libica. Un brindisi

8. Ancora di questo

9. Ancora una cantata delle vittime

10. Jerry Lewis

11. Carogno Mozzarecchi: Lo ius soli spiegato ar popolo

12. La terra trema

13. Brian Aldiss

14. Carogno Mozzarecchi: N'antra penzata su lo iusse soli

15. Rileggendo Solzenicyn

16. Omero Delli Storti: Favola del principe e della principessa

17. Omero Delli Storti: Tutti i libri del mondo

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI AGOSTO 2017 (PARTE DECIMA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di agosto 2017.

 

2. RACCONTI ESTIVI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLI STORTI: IL DELITTO DELLA PRINCIPESSA DI EBLA. FRAMMENTI DA UN FOGLIETTONE POSTMODERNO E RASCIOMONICO (PARTE SESTA)

 

6. Dove tutto si chiarisce

Il racconto di F.

In arte sono Frou Frou e lavoro al Gatto Selvaggio di quello scannapupazzi e sparapanzane di Grufolone. Ma quello e' solo un hobby, o una copertura, mi piace l'arte ma di lavoro vero faccio l'agente segreto. Ci avete fatto caso che quando uno dice che di lavoro vero fa l'agente segreto gli viene a tutti da ridere? Delle due l'una: o vi viene pensato a qualcuno che conoscete che fa 'sto lavoro e sapete quanto e' imbranato, e allora avete ragione; oppure vi credete che lo spionaggio e' tutta una pagliacciata, tipo Segretissimo. E qui vi sbagliate di grosso. Quelli che scrivono quei libracci un agente segreto vero non l'hanno visto mai. Gli agenti segreti veri sono solo quelli oltrecortina, date retta a me. Col fisico dell'infernale Quinlan, e non solo il fisico.

Oppure, mi viene in mente adesso, vi fa ridere che possa essere definito vero un lavoro fondato sul falso. Ma ci puo' essere un falso vero come ci puo' essere anche un vero falso. Io per esempio mi travesto per lavoro, per il mio lavoro falso, ma quando faccio il lavoro falso lo faccio come se fosse un lavoro vero, altrimenti non sarei credibile e se non fossi credibile il lavoro non funzionerebbe perche' lo spettacolo en travesti si basa proprio su questo: sulla sospensione dell'incredulita' riguardo al fatto che l'incredulita' si possa sospendere, che poi in verita' ce lo sanno tutti che non c'e' mai nessuna sospensione dell'incredulita' perche' la verita' e' che gli esseri umani sono tutti e solo e sempre creduloni e questo e' vero come e' vero che il falso e' vero e il vero e' falso, e quanto al resto chiedetelo alle streghe di Macbeth, o a Wittgenstein.

Sono un free lance, non mi piace stare sotto padrone, ho un cervello e una coscienza io. E ho studiato con Queneau. Gli ho dato pure l'idea per un romanzo che poi lui l'ha scritto in una lingua che lo leggevano solo lui e Joyce. E quando dico che ho una coscienza intendo dire che ho pure una coscienza sociale: ogni mese mando una mina d'argento a Save the children. Anche all'Associazione amici del Marchese de Sade. Di cosa si occupino 'ste associazioni proprio non lo so, ma mi piace la pubblicita' che fanno in televisione, specialmente la De Sade, che oltretutto e' pure una cosa aristocratica che fa sempre chic.

Con Vidocco siamo vecchi amici: una volta era un mio informatore, poi ha fatto carriera e adesso sono io che faccio l'informatore per lui, vedi come va il mondo che nulla e' stabile ma tutto prima o poi si rovescia nel suo contrario. Aufhebung, come diceva il mio vecchio professore di retorica. Adesso e' in auge, ma se il colonnello ci mette la zampa non lo so quanto dura. Io non interferisco, ma fossi in Vidocco farei una telefonatina al padre Mersenne o a quelli di Port-Royal, prima che sia troppo tardi. E magari pure al vecchio Wilhelm Steinitz o a Moritz Schlick, la' a Vienna.

*

La principessa Leila? Se l'e' cercata, direi. Ma che l'abbiano ligneotrafitta quei due buscaroni di Tristaccio e Baruccone, non diciamo corbellerie, quelli non centrerebbero un pallone aerostatico con una freccetta a due metri, figurarsi il cuoricino della principessa cuorinfranto con un paletto che per sfondare lo sterno lo dovresti martellare per mezz'ora e invece pretendono che lo abbiano scagliato con destrezza da dieci metri che neanche l'incredibile Hulk.

Ma Adamino Trucione detto Madamino-il-catalogo-e'-questo che c'entra? Si e' sempre occupato solo di grassazioni al minuto, non di politica dinastica e internazionale, figuriamoci di prassi successorie nelle famiglie reali.

E il Pezzentone? Che neppure sapeva se Ebla ci ha un re oppure un consiglio d'amministrazione. O e' stato qualche cliente che non ha gradito le sue sperimentazioni culinarie? Ma quella non e' una morte da vendetta del consumatore deluso, che al piu' fa una class action. Inchiodato al muro con due pugnaloni da sub attraverso gli occhi non e' roba da dilettanti, e' roba da studiosi di semiotica o da amici degli amici di Oreste Ciccio Bronx.

E Calimero? Uno come lui doveva finire accoltellato in una rissa, non in mille pezzettini dimensione francobollo con cratere di cinque metri di diametro e le finestre da rifare in un intero popoloso rione e proprio il giorno del mercato del pesce.

E il fiuto mi dice che anche sul povero Grufolone ci hanno messo le mani gli amici degli amici di Dell'Atridi: l'idea di cucirgli occhi e bocca col fil di ferro, al di la' dell'ineleganza della cosa, pare proprio il modus operandi dei bravi ragazzi venuti dal vicolo, o dalla Scuola delle Americhe di Fort Benning.

Qualcosa mi dice che e' il momento di cambiare aria, quant'e' vero che mi chiamo Aristocle Barbato Severo, in arte Frou-Frou.

*

Il racconto di S.

Tutti mi cercano, tutti mi vogliono. Strummarone! Son qua. Strummarone! Son qua. Hey, Strummo'. So' qua, sso' cqua, e 'n momento, no?

E chi mi cercava quella sera? Si presentano quei tre con quei cappellacci che sembravano i messicani degli spaghetti-western, e sotto tre gessati che di sicuro li aveva confezionati su misura quel sartore italiano, che poi l'hanno trovato morto, c'era sul giornale stamattina. Umberto Farinelli, o Cavalcone Cavalconi? 'Sti nomi italiani s'assomigliano tutti. O li hanno trovati lessi tutti e due?

Comunque si presentano 'sti tre col sombrero di paglia. Mi pareva di conoscerli, non faccio per dire ma sono un buon fisionomista, pero' sotto il sombrero non si puo' mai dire.

Caro il nostro buon Strummer, avremmo bisogno dei suoi servigi, dice il primo. Ben lieto, a qual proposito? Documenti. Ah no, non mi occupo di queste cose, eh? Ma non tema, ma non tema, caro il nostro buon signor Stramonio. Intanto non mi chiamo Stramonio, ma Strummonio Nicolao per servirla. Mi perdoni, la prego, non intendevo. Non bisogna, non bisogna. Ma si deve, ma si deve. Bene, lei e' scusato. Questo e' parlar da galantuomini. Ma quanto ai documenti non se ne parla. Ma parliamone, ma parliamone un attimo solo. Non saprei che dirvi, io faccio il barbiere e gia' ho tante di quelle grane, poi sto pure per sposarmi... Vivissime, vivissime congratulazioni, anche da parte dei miei amici. Grazie, grazie, ecco, servisse una spuntatina si puo' fare, ma altro no, proprio no, mi spiace. Le fa onore, o giurabbacco se le fa onore, lei e' proprio un barbiere ammodo; sara' mica anche cerusico? A tempo perso. Vede, vede? Lo dicevo a questi miei amici che lei e' uomo d'ingegno e di risorse, eh? Con la donnetta, col cavaliere, eh? Non so di cosa parli, buon uomo, e adesso voglia compatire, sono richiesto all'universita' ove tengo un seminario sulla prosa spagnola dopo il siglo de oro. Congratulazioni, congratulazioni vivissime. Grazie, grazie ancora, e adesso vogliate scusarmi. Ma cinquemila euro in biglietti di piccolo taglio per un quarto d'ora del suo tempo, preziosissimo tempo, beninteso. Eh? Vede? Cosa? Ho catturato la sua attenzione. La mia curiosita', tanto bizzarro e' quel che dite. Cinquemila euro in biglietti di piccolo taglio non sono una bizzarria, sono un mucchio di soldarelli per un lavoretto da niente. Buon per voi, maresciallo. Maresciallo lei dice? Ma ci avra' mica scambiati per gendarmi? Oh il buffissimo equivoco, il piu' inverisimile dei qui pro quo! Sara', maresciallo, ma adesso vogliate avere la compiacenza. Ma guardi qua, guardi qua che mazzetta, eh? E tutta per lei. Se pensa che mi faccio fregare cosi', egregio signore, lei non mi conosce. Ma si' che la conosco, e l'ammiro, e l'ammirano altresi' questi miei due amici che abbisognano come me dei suoi servigi, un quarto d'ora ed e' tutto fatto, lei intasca il guiderdone, noi intaschiamo i nostri documenti da onesti cittadini nuovi di zecca, e tutto e' fatto. Apprezzo il suo umorismo, maresciallo, ma adesso devo proprio andare. Come devo dirglielo che non siamo quel che lei sospetta? Non me lo dica che tanto non attacca. Ma io ho la prova regina. La prova regina? Si avvicini un po' e guardi queste facce, non mi dica che non le ha viste alla tivu'. Ma... ma... sono loro, i due drogati assassini della principessa. Lo vede che non siamo sbirri? Ah, io non voglio entrarci. Lei e' un negoziatore straordinario, stra-or-di-na-ri-o, ma anch'io non sono un pivellino, a questa mazzettina aggiungo quest'altro mazzettone, e adesso siamo a cinquantamila, che ne dice? Passaporto? Meglio patente. Bene, avete gia' le foto? Pensavamo potesse provvedere lei. Certo che si', ma non qui, ci si vede tra un quarto d'ora al mio studio, nel retrobottega della barberia in piazza Stranamore. Stravagante toponomastica. Ogbi toonomastica e' stravagante, la parola stessa toponomastica lo e'. Ma sa che lei ha proprio ragione, non si finisce mai di imparare. Allora ci si vede li' tra quindici minuti, intesi? Intesi. Frattanto un acconto, please. E' piu' che giusto, tenga il mazzettino e per il mazzettone a dopo. Servo vostro. Obbligatissimi.

*

Un quarto d'ora dopo.

- Ci vorra' un quarto d'ora.

- Ecco a lei il conquibus.

- Mettetevi comodi, li' ci sono delle riviste, qualche libro.

- Ma vedo che qui c'e' una prima edizione dei "Sonetti in lode e ad ammaestramento dell'umanita'" curati da Annibale Scarpante, gloria delle patrie lettere.

- C'e' anche Histoire d'O, l'Ulisse, L'amante di Lady Chatterley, i Detti dei padri del deserto, tutte le interviste di Oriana Fallaci e Indro Montanelli...

- Vedo, vedo, una bella bibliotechina. Mentre aspettiamo leggero' qualche sonetto, e' dai tempi del liceo... Vedo qui la sezione degli Inni alla pace... (A parte: Vediamo un po' se c'e' qualcosa di sovversivo). Caspiterina, una sottosezione sulla marcia Perugia-Assisi, e chi se la perde? (A parte: Me lo ricordo quel Capitini li', nell'Archivio centrale dello stato ci abbiamo un dossier delle dimensioni di un'enciclopedia, un teppista incendiario di prima forza, lui e i suoi amichetti, quel Bobbio, quel Calogero, quel Binni, tutti nemici della patria, tutti comunisti infettivi al massimo grado). E poi, cari amici, una bella storia come la nostra senza neppure un sonetto, suvvia, non sia mai. Il pubblico oggi vuole il prosimetro, si sa, e la messa in abisso, e l'osmosi tra universo diegetico ed extradiegetico, e la partecipazione di tutti al gran teatro del mondo, o dell'Oklahoma. Volete che legga ad alta voce? Sentite, sentite questa. E' di Corinzio Piegapini.

*

La marcia pure 'st'anno e' 'nnata bbene.

La gente era pasciuta e benvestita

strillava "no a la morte e ssi' a la vita",

"volemo tutte ave' le panze piene".

 

Vedessi tu cche sciccherie e cche scene

pareva de trovasse a la partita:

"Evviva Santa Rosa e Ssanta Rita",

"s'ha da fa' ssolo quer che ce convene".

 

E io co' Cencio semo ite 'n giro

a 'mbraccica' la ggente e 'lleggerilla

de' pesi de la vita ar giorno d'oggi.

 

Emo ricorto n' sacco de reloggi,

de portafoji e pure quarche spilla,

tre catenine d'oro e 'n par de bbiro.

*

- Non male, eh? Lo dico sempre che la pace ispira i piu' saggi pensieri ed e' scuola del mondo. E quella marcia Perugia-Assisi, una volta ci sono stato, sembrava di essere a Rio. (A parte: Mi ricordo che ci fu una retata di comunisti che ci volle un treno speciale per portarli a Bolzaneto). Ma non vorrei annoiarvi con i miei prosaici ricordi quando qui - su queste fragranti pagine - si scioglie il canto al suono della lira. Ecco, qui ce n'e' una di Giacomo Dervicanto. Sentite un po'.

*

Me piace fa' la marcia de la pace

me porto la merenna ne la sacca

er fiasco e tutta quanta l'artra cacca

la marcia de la pace a mme mme piace.

 

Cio' 'r pane, l'ova, l'ajo, le spinace

la robba che s'affetta e che se 'nsacca

la ciccia o sia de porco o sia de vacca

lessa bbollita a rosto o a la brace.

 

E ppe' llubbrificasse 'r gargarozzo

mentre che lemme lemme camminamo

je damo ggiu' a scolasse 'n ber barlozzo

 

e 'ntanto "A li mortacci" je strillamo

"de li zzozzoni de 'sto monno zzozzo".

L'umanita' mo' ssi' che la sarvamo.

*

- E un'altra di Orangio Macacchi; ma questa e' una vera scuola poetica, e un certame dell'ingegno e delle muse, no? (A parte: E la Digos che non si accorge mai di niente).

*

Deretro a 'sto lenzolo arcobbaleno

diceveno 'sta marcia ade' 'no sballo

'na passeggiata, 'n giocherello, 'n ballo

serv'a sarva' la pace, gnentemeno!

 

Piu' ciaripenzo e ppiu' me ciavveleno.

Primo: faceva propio troppo callo.

Seconno: n'ze potrebbe fa' a ccavallo?

se riva prima e sse fatica meno.

 

Pe' tterzo: 'nvece d'esse 'na spianata

l'urtimo pezzo t'ha' d'arrampica'

e que' ade' propio 'na gran carognata.

 

Te ggiuro, si mme capita a 'ncontra'

a quello che cia' avuto 'sta penzata

je meno, che lo possin' ammazza'.

*

- E' proprio vero che la poesia ingentilisce gli animi ed alle opere buone e grandi sprona. E poteva mancare Bricchio Birocchi, il vate eblaita per eccellenza? Eccovelo.

*

La marcia da Peruggia fin'a Assisi

ade' 'na cosa, fiji mii, gajarda

se parte co' li bbotti de bombarda

se riva che ce vo' 'na flebboclisi.

 

Ar via 'ndo te ggiri so' ssorrisi:

nun ce se crede come che sse barda

la ggente: ce se mette la coccarda

se tignono de 'mpiastri su li visi

 

e vvia de gran galoppo pe' la scesa

che dda Peruggia esce a la campagna.

E ppoi se 'ntosta subbito l'impresa

 

se suda e nun se bbeve e nun se magna

se strilla e sse smadonna a la distesa:

a 'ffa la pace e' 'na fatica cagna.

*

- Oh amici miei pregiati ed ottimi compagni, leggendo simili sublimi delizie ed assaggini di superna belta', e sentendomene molcere l'animo, non esito, no, non esito affatto a confessarvi che se non fossi gia' liutaio e re, vorrei esser poeta anch'io, e crepuscolare.

*

Un quarto d'ora dopo

- Ho quasi finito, due minuti e sono da voi.

- Senza fretta, senza fretta, ci siamo ritemprati lo spirito con l'arte delle alate parole e adesso ci stiamo ritemprando gli occhi con questa elegante rivista americana, e' quella di quel Larry Flint, dico bene? Dove si puo' comprare, all'edicola dell'aeroporto? Mica si trova pure qualcosa sado-maso?

*

Dopo un altro quarto d'ora.

- Che nomi metto?

- Per il mio amico Spinny direi Giuseppe Bessarione Giugasvili, che ne dice? Suona bene.

- Sia. Giugasvili c'e' qualche acca?

- Meglio di no, sarebbe cacofonico. Ottimo. Per l'altro mio egregio amico, il signor Roccabbilli, direi Leone Davidovici Bronsteini. Ma dove li trovo, dove li trovo certi nomi, eh?

- Non male, non male. E lei?

- Mah, metta pure Sua Maesta' Carlo Primo, non ci sono gia' stati dei Carli sul trono di Ebla, dico bene?

- Non c'e' paese al mondo in cui non abbia regnato qualche Carlo, ma nello specifico bisognerebbe chiederlo al professor Matthiae o al professor Pettinato. Nel dubbio io proporrei un nome diverso.

- Allora facciamo Ermenegildo, mi e' sempre piaciuto Ermenegildo. Anche Prassitele.

- Ermenegildo o Prassitele?

- Meglio Ermenegildo, Prassitele fa tanto artigiano.

- Ecco a voi. Serve anche una spuntatina ai capelli? Uno sciampo? manicure? Con un piccolo supplemento ho anche certi calendarietti.

- Ah si', i calendarietti si'. Ecco a lei mille euretti in piu'. E, non c'e' bisogno di dirlo, acqua in bocca.

- Non c'e' bisogno di dirlo.

*

Non ho detto niente ma l'ho riconosciuto. Se non era Vidocco quello, io sono il conte d'Almaviva. Speriamo che i soldi siano veri. E adesso occhi aperti, la vedo pure io la serie di Vidocco in tivu'.

E bussano, bussano sempre pure quando il negozio e' chiuso. Come se un artigiano non avesse diritto al riposo, allo svago, al tempo libero. Secondo loro solo gli strozzini ci hanno diritto all'ozio, come quel romano che poi era spagnolo, che s'atteggiava tanto a magister vitae e hai visto che bel risultato col suo allievo imperiale. E intanto quei libracci che ha scritto continuano a vendere, piu' di Spillane, piu' di Apuleio.

Arrivo, arrivo! Ma chi e'? Ah, e' Ballard, ma guarda un po' chi si rivede. Bisogna aprirgli, brutta bestia. Guarda guarda chi si rivede, entra, entra, che ti serve? E Canino come sta?

(segue)

 

3. ANCORA UNA LITANIA DELLE STRAGI

 

Me le ricordo le stragi in Italia.

Le stragi fasciste, le stragi di stato.

La lunga di omicidi catena degli anni di piombo.

Le stragi mafiose che non sono mai cessate.

Me le ricordo bene. Me le ricordo tutte.

*

Mi chiedo a ogni strage non solo cui prodest

mi chiedo a ogni strage la costellazione

di poteri e di ideologie, di violenza gia' dispiegata

di rapporti di proprieta' e di produzione

di distribuzione e consumo

che si riflette nell'ultimo adepto

del club degli assassini.

*

E mi chiedo a ogni strage che cosa

quel concreto essere umano ha portato

alla decisione di togliere la vita

ad esseri umani a lui del tutto simili

e a lui del tutto estranei

estraniato egli stesso a se stesso

forza-lavoro della fabbrica della morte.

*

Mi chiedo cosa abbiamo mancato di fare

per tenerlo unito alla sua umanita'

e all'umanita' tutta

e cosa abbiamo fatto di cosi' orrido e infame

da indurlo a pensare che la salvezza fosse

nell'uccidere, nell'ucciderci, nell'uccidersi.

*

Non e' solo questione di economia politica

(e' anche questione di economia politica, lo sappiamo tutti)

e non e' solo questione di ideologie

(ideologie dell'alienazione, certo, falsa coscienza, certo,

ma anche risposta - cosi' semplice, cosi' facile -

alla ben coltivata disperazione,

alla ben coltivata stupidita', al frivolo vuoto

della societa' dello spettacolo e della schiavitu'

che rimette in circolo gli dei degli eserciti

sempiternamente assetati di sangue)

e' anche questione di sviluppo tecnologico

che alla barbarie appresta addestramento

letale casalingo e pronti all'uso

strumenti che in un lampo tutto colmano

ed estinguono, sviluppo tecnologico

che a chiunque consente di procurarsi

un carroarmato, un bombardiere, un'atomica

sotto forma di un suv o di un tir

sotto forma di un coltello da cucina di una bombola di gas

del mitra del martello dei cocci di vetro

del pugno serrato che rompe la faccia a tua moglie che dice di no

ed e' anche questione di crisi ecologica

prodotta dalle economie di scala del capitale astratto

incompatibili con i concreti limiti del mondo vivente

(e qui si torna all'economia politica

ed alla critica della ragion pratica).

*

Nel mondo militarizzato della globalizzazione

della televisione che tutto spia e nasconde

e della crudelta' che tutto esibisce e divora

chi non ha una divisa si dipinge da solo una maglietta

si addestra al passo dell'oca imitando cio' che vede su youtube

si arma di artigli o di tubercolosi

scende in strada a spargere il terrore

e solo cosi' sente finalmente di esistere

solo cosi' raggiunge il quarto d'ora

di celebrita' promessogli ex alto.

*

Ma ancora una cosa e' da dire ed e' quella che piu' conta:

e' il maschilismo la prima radice

e' il maschilismo il primo paradigma

di ogni violenza e di ogni schiavitu'

di ogni tortura e di ogni massacro.

Se non si comincia da qui

se non si contrasta il maschilismo

nessuna strage sara' mai fermata.

*

Il mondo e' fuori sesto

dal cielo piove sangue

da se stesse le armi uccidono le persone

e nell'ordine gerarchico del mondo

ogni oggetto e' un'arma

ogni relazione un rapporto di forza

ogni bene e' trasformato in merce

ed ogni merce e' un veleno e un sicario

si accendono luci potentissime

solo per accecare chi guarda

ovunque giunge il canto delle sirene

e piu' non s'ode voce umana alcuna

all'ufficio personale della grande azienda del mondo

si arruolano solo schiavi e carnefici

alle pecore crescono denti da lupo

i lupi sputano uranio impoverito

con venti dollari compri il tuo kit da orco.

*

Solo la nonviolenza puo' fermare la catastrofe

solo l'umanita' puo' salvare l'umanita'

solo la tua bonta' piu' fermare le stragi

sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.

Non e' alle mie parole che devi dare ascolto

e' al silenzio delle vittime

alla verita' che e' in te.

Oppresse e oppressi di tutti i paesi

unitevi nella lotta per la comune liberazione

unitevi nella lotta per la salvezza comune

dell'umanita' e del mondo vivente.

Ogni essere umano ha diritto alla vita

Salvare le vite e' il primo dovere.

 

4. LA RISPOSTA

 

La sola risposta a chi uccide: non uccidere.

La sola risposta a chi predica l'odio: non odiare.

La sola risposta a chi non sa ascoltare: ascoltalo.

La sola risposta all'escluso: accoglilo.

La sola risposta al disperato: soccorrilo.

La sola risposta al ferito: soccorrilo.

La sola risposta all'impaurito: soccorrilo.

La sola risposta all'abbrutito: soccorrilo.

Di tutti gli esseri umani tu prenditi cura.

Ogni tua azione sia di buon esempio.

*

La sola risposta ad ogni potere assassino: contrastalo.

Contrastalo con la forza della verita'.

Contrastalo con la scelta del bene.

Contrastalo con la lotta nonviolenta che ad ogni violenza si oppone.

Ad ogni potere che opprime tu nega il consenso

ad ogni potere che sfrutta e violenta resisti.

Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.

*

Salvare le vite.

Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.

Abolire la guerra, gli eserciti, le armi.

Sapere che una e' l'umanita'

e unico il mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

*

Non dimenticartene mai: tu sei quello.

Qualunque persona che sofffre

qualunque persona che teme

qualunque persona che piange

qualunque persona che fugge e si nasconde

qualunque persona che grida e ammutolisce

qualunque qualunque persona

non dimenticartene mai: tu sei quello.

*

Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

5. RACCONTI ESTIVI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLI STORTI: IL DELITTO DELLA PRINCIPESSA DI EBLA. FRAMMENTI DA UN FOGLIETTONE POSTMODERNO E RASCIOMONICO (PARTE SETTIMA E CONCLUSIVA)

 

7. Postilla conclusiva non scientifica

Il racconto di Z.

Provateci voi a chiamarvi Zi' Zazzeo. Con tutti ma proprio tutti che come metti il naso fuori di casa ti apostrofano "Zazzezzizzozzu'". Che devo ringraziare quel riformatore religioso cubano-ginevrino per questa leziosa spiritosaggine.

Dice: te li potresti scegliere meglio i nomi d'arte, no? Ma questo e' l'arte, l'arte e' la contrainte, il vincolo che ti obbliga ad aguzzar l'ingegno. Oracolo manuale ed arte di prudenza. Grammatica generativa trasformazionale. Falsificazionismo e complessita'. Scienza normale e rivoluzione scientifica. Tensione essenziale, totalita' e infinito, essere e tempo, essere e nulla. Che ve lo dico a fare? A voi vi piace guardare la pallavolo in televisione, e Canzonissima. Poco vedete e parvi veder molto.

*

E' che la gente e' sempre distratta, non si concentra. E non mette a fuoco, e' tutto li', la messa a fuoco. Vede, ma non guarda. Guarda, ma non vede. Alla fine del film ti chiede: chi era quello? E quello era John Wayne che faceva Ringo. Pero' tutti a voler sedere a scranna per giudicar di lungi mille miglia con la veduta corta d'una spanna. Se studiassero qualcosa, ma cosa, dove, come? I buoni maestri: te li raccomando. Sanno solo torturare e condannare, bisognerebbe che qualcuno organizzasse una Squadra eliminazione maestri professori e rubatempo (in sigla: Semper). Mi devo ricordare di scriverlo a Robertaccio Ciampicone, al paese.

*

Tutte le storie finiscono, pure il Don Chisciotte. Pure L'assassinio di Roger Ackroyd. E nessuno si accorge di niente. Si', qualcuno ci va al funerale, due lacrimucce per i fotografi e poi via di corsa che comincia la partita, che ci aspettano al ristorante, che dobbiamo arrivare in orario all'appuntamento sotto casa nostra col sicario che ci deve sbudellare.

La gente muore, e a nessuno gliene frega niente.

I sentimenti, dicono, ma quali sentimenti? L'aspirazione alla liberta', dicono, ma quale liberta'? Tutto e' rigorosamente predeterminato. Non c'e' nessun libero arbitrio, il trenino corre sempre sugli stessi binari, fa sempre lo stesso giro, e solo un bambino potrebbe divertircisi, e per quanto, poi? Pensare che esista il grande scacchista, il grande ingegnere, il grande orologiaio, basta dirlo e ti accorgi di quanto e' ridicolo. Non c'e' niente se non questo trenino a molla. Lo sapeva Lucrezio, lo sapeva Pessoa. E lo sapeva Pico, che sapeva tutto. Macrocosmo e microcosmo, Pietro il lettone, la biblioteca di Babele, Eros e civilta'. Cosi' d'affanno e di temenza e' sciolto.

*

Mai e poi mai fidarsi del narratore che dice io. Crede di sapere e non sa. Inventa e non se ne accorge. Attesta ed e' cattivo teste. E il piu' delle volte mente: per il gusto di narrare, per il piacere della simmetria, per orgoglio, per paura, per incutere paura, affinche' dove era l'es vi sia l'io. Pensa di descrivere, e invece interpreta. Dice che tramanda e invece tradisce. Protesta il vero e tende tranelli, trama trame, ordisce inganni, infine cade nella sua stessa botola trascinando con se la tovaglia e tutta l'imbandigione, e cosa resta? Tabula rasa. Il deserto dei Tartari. La storia dei due re e dei due labirinti. Edipo senza sfinge. La gabbia di ferro del mondo del disincanto. Quello che sembrava un rivolgimento era un raggiro. La rivoluzione? Ve la raccomando la rivoluzione. E la compiuta forma circolare nient'altro che un circolo vizioso. La fine e l'inizio della terra desolata. La vocazione a uccidere, sparare per primi.

Che bisogna fare per campare la vita.

E mai nessuno che capisca un colpo, ma forse e' meglio cosi', forse e' meglio cosi'. Mio buon Rameau, mio buon Rieux.

*

Proviamo a ricostruire l'epidemia dal giorno delle nozze del re fino ad oggi.

La prima a lasciarci e' stata la principessa Leila, che s'era messa in testa di prendere il posto del fratellino e gli aveva gia' prenotato un volo charter con quei due, Rosencrantz e Guildenstern. Ma non conosceva la regola d'oro: prima fallo, poi - se proprio non puoi farne a meno - dillo; non il contrario. Se uno non ha letto neanche Machiavelli che ci e' andato a fare tutti quegli anni a scuola, solo per fumare nei cessi?

Poi ci ha lasciato Amedeo detto Adamello che s'era messo in testa di ricattare la Nerina: ma vi pare possibile? Uno che a sessant'anni suonati faceva la guardia notturna. E dire che da giovane era professore al liceo, poi ebbe una storia con una certa Lola-Lola e fu la fine: precipito' nel vizio e nella degradazione fino ad entrare in polizia; e naturamente ebbe una storia pure li' e fu la fine della fine. Erano anni che tirava avanti sniffando il vinavil.

Poi Calimero, che mi dispiace perche' se non moriva cosi' io dico che gli dava del filo da torcere a quell'altro, quello del Globe.

Poi il Pezzentone che l'osteria anche se ha mantenuto il nome non sara' mai piu' come quando c'era lui in carne ed ossa, con le sue ricette segrete a base di fluidi organici.

E poi pure Grufolone, che non meritava di morire cosi' presto, prima avrebbe dovuto essere torturato per trent'anni almeno.

E poi Farinacci & Cavalcozzi, gli stilisti piu' affermati di Ebla, con show room di qua e di la' del Mediterraneo, del Nero, del Caspio e del Persico, e processi in corso per evasione fiscale e prostituzione minorile in quattro continenti.

Poi e' stata la volta di Nerina Struzzica, che il nome vero era Silvia Rimembri, che di lei mi dispiace proprio perche' le volevo un bene dell'anima e una volta ero stato li' li' per chiederla in moglie.

Poi di quei due fessi di Scaramuccio e Svertone, che erano cosi' ignoranti che non lo sapevano che chi viene usato per le basse opere poi deve sparire nella spazzatura.

Poi e' toccato a Frou Frou, che chi se lo sarebbe creduto che si chiamava veramente Aristocle Barbato Severo. Ai funerali c'erano le corone di settantasette ambasciate diverse e di trentatre multinazionali, oltre a quelle di amici personali come Marilyn Manson, Cristiano Rosacroce, Raymond Queneau e Umberto Eco. Ogni corona due addetti delle pompe funebri in alta uniforme. Ma di gente che non fosse li' in veste professionale non c'era nessuno, dico proprio nessuno, neppure la nipote che dicono abbia ereditato una fortuna. Giunti al tempio crematorio due stentate parole d'orazione funebre le disse un vespillone, poi le fiamme e l'urna che fu spedita fermo posta alla nipote che sembra adesso abiti a Beverly Hills, mentre prima faceva la guardarobiera al Gatto selvaggio qui a Ebla.

Poi fu la volta di Strummarone, che pareva immortale ed era amico di tutti, ma un ficcanaso, un ficcanaso della malora e si sa che fine fanno i ficcanaso qui nella citta' bassa.

E poi tocco' a Ballard, che tutti si credevano che era il numero uno e aveva finito per crederci pure lui. E invece con tutta la prosopopea e con tutta l'aura che era? Era solo un flatus vocis, una di quelle false piste che gli scrittori disonesti disseminano nei romanzetti da quattro soldi per far credere al lettore che chissa' che c'e' dietro e invece dietro che volete che ci sia? Voltate pagina, voltate pagina, e alla fine non c'e' niente, cioe' c'e' il mondo reale fuori del libro, della rivista, del giornale; che pero' pure il libro, la rivista, il giornale sono un pezzo del mondo reale, tutto e' un pezzo del mondo reale, ma cio' non toglie che le storie raccontate nel libro, nella rivista, nel giornale sono un pezzo del mondo reale ma sono anche storie inventate, no? Tutte le storie sono inventate. Inventio, dispositio, elocutio, memoria, actio. E allora sono insieme vere e false, mondo e nulla. Apparenza. Che poi, a ben vedere, cos'altro e' mai il mondo se non apparenza, rappresentazione? E volonta', certo, che e' anche peggio.

Oggi il generale Scardanelli ha fatto arrestare Vidocco con l'accusa di doppio gioco e abigeato: pare che facesse la spia per il regno di Mari. Appena messo piede in cella gli hanno iniettato nelle vene un caffe' al cianuro. Chi lo sa se adesso la serie televisiva continua.

Quel fesso di Tristaccione ancora non lo hanno trovato, ma e' in un sacco nel canale dietro il parco dei divertimenti, aperto come un cocomero neanche fosse la lezione di anatomia del dottor Pinco Panco.

Intanto il re imperatore ha nominato la moglie (la regina Ismene, che era gia' reginetta di bellezza a Tebe) consulente per l'immagine, e la regina ha rimosso il primo ministro che tutti ce lo sapevano che faceva sesso estremo con la defunta principessa, ed ha nominato nuovo premier indovinate chi? Proprio lui, Orestaccio Dell'Atridi che ha subito preparato un provvedimento d'amnistia per festeggiare le nozze imperial-regie e il re ha firmato al volo, figurarsi, quello che dice la regina e' legge adesso.

Il generale Scardanelli e' stato nominato ministro dell'interno e degli esteri, della difesa, della spettacolo e delle riforme istituzionali.

Io ho cucito nel giustacuore, come Pascal, un provvedimento d'amnistia ad personam valido urbi et orbi, e comunque sotto ci ho anche il giubbotto antiproiettile, non si sa mai; non e' stato uno scherzetto far fuori tutti quei capponi e quelle due gallinelle.

Il paletto, dite? Lo sapevo che me lo chiedevate. Con una balestra, che era nascosta sotto il pastrano di Tristano e poi la buttammo nel focarone della cucina nel momento della massima distrazione (il rolex, vi ricordate?), cosi' quel corpo del reato fu arso e fu redutto in polve, non ne remase cica.

*

Ho il mio bel valigione pronto, il chopper col motore truccato, un conto in banca alle Cayman, e venti biglietti d'aereo per altrettante diverse destinazioni, ma non intendo andare all'aeroporto, mi faccio portare a Lecco da un amico nottetempo col biroccio, poi a Milano e poi chi s'e' visto s'e' visto.

E' fatto cosi' lo Zi' Zazzeo, fa il lavoro suo e poi sparisce. Mi dispiace solo di dover chiudere la bottega di ottico, ma tanto nei prossimi anni non potro' esercitare il commercio che devo scrivere quest'opera sugli scacchi spiegati attraverso il commento dell'Antico Testamento (Lasker mi scrive la prefazione e Duchamp mi fa la litografia allegata su pelle umana per le copie numerate da I a CCCXXXIII, e per altrettante copie fino al numero 666 su pelle di coccodrillo sfilabile e piegabile fino a farne una borsetta per la squinzia, litografie tutte firmate con inchiostro all'essenza di vera urina, altro che le scatolette di Manzoni) e pure quel trattato di geometria e morale che il povero Vidocco ci teneva tanto. Magari glielo dedico in memoriam. Che tempi.

(fine)

 

6. SCONFIGGERE OGNI TERRORISMO CON LA DEMOCRAZIA

 

Sconfiggere il terrorismo con la democrazia.

Sconfiggere la violenza con la nonviolenza.

Sconfiggere l'odio con la generosita'.

Sconfiggere la paura con la solidarieta'.

Una persona, un voto.

Condividere i beni.

Abolire la guerra, gli eserciti, le armi.

Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa d'aiuto.

Dare l'esempio.

Alla morte opporre la vita.

Alla barbarie opporre la civilta'.

Ad ogni ideologia suprematista opporre l'eguaglianza di diritti e l'infinita diversita' di tutti gli esseri umani.

Ad ogni struttura gerarchica opporre la deliberazione in comune che tutte le persone include.

Ad ogni economia dell'arricchimento, dello sfruttamento, della rapina opporre il rispetto per il mondo vivente che e' uno, limitato, fragile.

Ad ogni delirio sacrificale opporre la ragione umana che ad ogni essere umano riconosce il diritto alla vita, alla felicita', alla condivisione.

*

Nessun male puo' renderti malvagio se tu non lo vuoi.

Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.

Il compito primo di ogni persona e di ogni umano istituto e' salvare le vite.

Vi e' una sola umanita' e tutti gli esseri umani ne fanno parte con gli stessi diritti e doveri.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ogni pensiero profondamente pensato chiama al riconoscimento dell'umanita' di tutti gli esseri umani, convoca alla responsabilita' dinanzi al dolore degli altri, persuade alla regola aurea dell'agire verso le altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.

*

Oppresse e oppressi di tutti i paesi unitevi nella lotta per la liberazione comune, in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di ogni essere umano, in difesa della biosfera casa comune dell'umanita'.

Cessare di uccidere, salvare le vite, condividere i beni.

Scegliere la nonviolenza.

Aprire gli occhi: scegliere la nonviolenza.

Disarmare i cuori e le menti: scegliere la nonviolenza.

Abolire il maschilismo e il patriarcato, prima radice e primo modello di ogni violenza: scegliere la nonviolenza.

La nonviolenza e' l'umanita' in cammino.

La nonviolenza e' in cammino sulle tue gambe.

La nonviolenza sei tu che fai la cosa giusta qui e adesso.

 

7. CAROGNO MOZZARECCHI: LUNGA VITA ALL'AMICIZIA ITALO-LIBICA. UN BRINDISI

 

'Sta rogna de' migranti ade' risorta

mo' che tra Itaja e Llibbia so' dd'accordo:

noi je pagamo ll'armi, ceppi e scorta

esse le ficcheno ne' lager. Sordo

tanto ade' 'r monno se cchi ppiagne e mmore

ade' lontano da ll'occhie e dar core.

 

Che cce voleva? 'Nvece de lassalle

mori' dda sole 'mmezzo de le onne

le famo ammazza' nnue que' rompipalle

dentro le carcere buie e profonne.

Semo tutte contente, meno ch'esse

cosi' ss'empareno da esse fesse.

 

Fuggi' a cche sserve? si nun ce la cava

er compaesano tuo a tiratte 'r collo

ce penza quela ggente bbona e bbrava

che ppe' fatte fa' la fine der pollo

se fa' ppure paga'. E' ll'economia

che tte condanna a mmorte e ccosi' ssia.

 

Viva ll'Itaja e vviva ll'amicizzia

co' la Libbia, l'ha ddetto da Brusselle

pure ll'Europa: tutta 'sta sporcizzia

de clannestine daje du' pornelle

e vegghi tu ssi la fanno finita

d'anna' cercanno a ffa' la dorce vita.

 

Sara' contento mo' Sarvino e Ccrillo

e Belluscaccio che r' governo ha ffatto

quer che voleveno e a fforza de dillo

ecchelo cqua, servito sopra 'n piatto.

Quante perzone creperanno 'n Libbia?

Nun ce ne frega 'n cavolo e 'na fibbia.

 

Que' ade' 'r monno che cce piace a nnue

chi e' fforte campa e cchi e' ddebbole pippa

e a ll'elezzioni er popolaccio bbue

je piace chi ccia' 'r pelo su la trippa

e 'st'africane e' mmejo daje foco

a ccasa loro e e' ssempre troppo poco.

 

8. ANCORA DI QUESTO

 

Questo nazionalismo, questo militarismo, questo razzismo che dilagano

questo ritorno in pompa magna del "fardello

dell'uomo bianco", questa cecita'

dinanzi al dolore degli altri, questa

paura fabbricata e spacciata

come articolo pret-a-porter, questo

ossessivo ripetere che i terroristi sono loro

e loro sono tutti quelli che non sono noi

noi maschi bianchi adulti cristiani

noi del bar dello sport

noi del branco che stanotte

nella notte infinita del mondo.

 

Trovare le parole piu' semplici

vestire le vesti piu' povere

rinunciare a tutti i propri beni

porsi all'ascolto del piu' vile e piu' piagato

cessare di fingere che tutto sia finto

usare ancora le lenti e le pinze

della scienza della lotta di classe.

 

Disertare tutti gli eserciti

rifiutarsi di avvelenare i pozzi

spegnere la televisione, il telefonino.

Ogni luogo e' il centro del mondo

ogni luogo e' Madonna del Colletto.

 

9. ANCORA UNA CANTATA DELLE VITTIME

 

Tacciono, tacciono tutte le vittime

solo chi e' vivo parla e quando parla

non sa cosa dice, il dolore

non conosce parole.

 

Muoiono, muoiono, infinitamente muoiono

tutte le vittime, e chi resta non sente

che il suo proprio dolore

che il solo suo vuoto.

 

Incessantemente le stragi continuano

ma diventano stragi solo quando

lo dice la televisione. Chi resta

guarda l'orologio e si chiede

a che ora c'e' oggi il funerale.

 

Queste parole di vetro

e questi corpi di piombo

questi cavalli di frisia

e questi carri senza postiglione

appena l'alba ed e' gia' il tramonto.

 

Tu non uccidere

tu salva le vite

tu abolisci la guerra gli eserciti le armi

tu soccorri accogli assisti ogni persona bisognosa d'aiuto

sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.

 

10. JERRY LEWIS

 

E' deceduto Jerry Lewis.

Chissa' se il mondo potra' sorridere ancora.

 

11. CAROGNO MOZZARECCHI: LO IUS SOLI SPIEGATO AR POPOLO

 

Gia' 'r nome se capisce e' mussurmano

s'era 'nteso di' mmae de 'sto Yussoli?

ve pare ch'ade' rrobba da itajano?

ve pare com'a ddi' ppasta e facioli?

 

Riveno cqui che n'cianno un zeppo 'mmano

e ssubbit'a stracca' letti e lenzoli

pur' i coniji ce vanno piu' ppiano

a ddaje ggiu' a sforna' fije e fijoli.

 

Eppoi 'na vorta che sso' nnate cquine

'ste ggenti calabbrese e ccispadane

dice ch'hanno da essa cittadine

 

ugguale a nnue sacrimperoromane.

Io so' dd'accordo co' Mmatteosarvine

da dalle tutte da magna' a le cane.

 

12. LA TERRA TREMA

 

Trema la terra, la scuote il dolore

parla la terra a noi che l'abitiamo

ci chiede di svegliarci da un troppo lungo sonno

da una troppo lunga ignavia

da una brutalita' e una stoltezza

che non possiamo piu' permetterci.

 

Trema le terra e ci dice

che aspettate a unirvi, a darvi aiuto

l'un l'altro, che aspettate

a prendervi cura dell'unico mondo vivente

di cui siete parte, quest'unica casa

comune, che aspettate a cessare

di uccidere, che aspettate

a decidervi a salvare le vite?

 

13. BRIAN ALDISS

 

E' deceduto Brian Aldiss, scrittore e critico di narrativa d'anticipazione.

Suoi antichi lettori lo ricordiamo.

 

14. CAROGNO MOZZARECCHI: N'ANTRA PENZATA SU LO IUSSE SOLI

 

A mme dde 'sto Yussoli e 'sto Yutubbe

propio nu' mme ne po' ffrega' dde meno:

che nnasciono me cqui, mme lla', su 'n treno

vestite de lenzoli o cco' le ggiubbe

 

che magneno le fiche o le carrubbe

ade' llo stesso: cqui cce vo' 'r veleno

er cappio er mitra pe' mmettece 'n freno

che nun cc'e' pposto ppiu' drento der clubbe.

 

Dice: "pero' sso' nnate qui 'n Itaja",

E cche mme frega, mica so' rrazzista,

s'ha dd'ammazzalla a ttutta 'sta canaja

 

o bbianche o nnere o ggialle o ppellemista

che parla, che sta zzitta, strilla o raja,

qui ha dda regna' la civirta' ffascista.

 

15. RILEGGENDO SOLZENICYN

 

Rileggo ancora una volta Solgenitsin

col medesimo strazio ancora una volta.

 

E ancora una volta penso

che questa lotta per la verita'

questa lotta per tutte le vittime

questa lotta per salvare le vite

tu la devi proseguire.

 

16. RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLI STORTI: FAVOLA DEL PRINCIPE E DELLA PRINCIPESSA

 

Devo arrampicarmi lungo questa torre altissima di cui non vedo la cima che e' al di sopra delle nuvole, e per arrampicarmi posso aggrapparmi solo a questi lunghissimi capelli d'oro uniti in treccia, ma quanto potra' essere lunga l'ascesa? e quanto reggeranno i capelli? Se penso al fatto che la treccia e' soltanto un insieme di capelli che singolarmente presi non reggerebbero il peso di un grillo, questa mia impresa mi sembra una follia.

E poi non ho idea di cio' che trovero' nella cella in cima alla torre. Ci sara' la principessa? Sara' quella principessa che sogno ogni notte? O magari sara' una strega, un demone, un arciere beffardo, un tribunale del re? O forse non c'e' nessuna cella, forse la torre non ha fine, forse anche questa treccia e' solo un'illusione ed io aggrappato all'illusione penso di sollevarmi da questa terra al cielo.

Tremo a pensare questi pensieri. L'unica cosa che devo fare e' salire e non pensare ad altro che alla principessa dei miei sogni. Potrebbe anche essere una salita infinita: e questo sarebbe il mio inferno, o il mio paradiso.

*

Quanto ancora i miei capelli potranno sostenere il peso? gia' sento che qualche capello si strappa e la mia testa appoggiata al davanzale quasi si spacca per la tensione e credo che se solo mi alzassi in piedi mi rovescerei fuori e finirei in questo abisso il cui fondo non vedo, e con me il mio amato che alla mia treccia si afferra.

E se non resistessi al dolore, alla trazione che sento rompermi il cranio, e con queste mie forbici recidessi la treccia quando il dolore si facesse insostenibile, o la paura, ebbene, quale sorte attenderebbe il principe coraggioso che sogno ogni notte e che sta adesso scalando la mia altissima prigione? Si schianterebbe al suolo, avrei ucciso chi amo, nessuno piu' verrebbe a liberarmi.

E poi, sono sicura che sia un principe che sale, e non un orco? O un soldato che il re manda a tagliarmi la treccia o la gola? O che appeso ai miei capelli non vi sia alcun principe ma solo un sacco di terra e di pietre, una gabbia di ferro, una roccia a strapiombo sul mare, ed io sto sostenendo un peso inerte e fino a quando, fino a quando potro' resistere, e non vi e' altro oltre questa attesa, questo sforzo, questo dolore infinito: e questo sarebbe il mio paradiso, o il mio inferno.

 

17. RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLI STORTI: TUTTI I LIBRI DEL MONDO

 

Il mio obiettivo originario era leggere tutti i libri del mondo. Ambizioso, non dico di no.

Ma per farlo mi serviva un bel po' di tempo libero, e per avere il tempo libero come si fa? Lo sanno tutti come si fa: bisogna avere un sacco di soldi. Ma tanti. E io non ce li avevo.

Per questo ho deciso che il primo passo per poter leggere tutti i libri del mondo era fare i soldi.

Ci sono diversi modi per fare i soldi: ereditare, lavorare sodo, giocare al gioco del lotto o al gratta e vinci, oppure prenderli dove gia' stanno. Di tutti questi ce n'e' uno solo che e' sicuro. Avete indovinato. Indovinai pure io.

Pero' quello che non sapevo e' che difficilmente con un colpo solo raggiungi la quota necessaria. Perche' hai pure un sacco di spese, e l'incasso certe volte e' miserevole.

*

Ricordo ancora il primo colpo. Non avevo nessuna esperienza se non i film visti in televisione. Comprai una pistola giocattolo che a me sembrava una pistola vera. Quando la tirai fuori il cassiere scoppio' a ridere, e rideva e rideva e io ripetevo "Mani in alto o sparo" ma quella maledetta risata era cosi' fragorosa, e penetrante, e contagiosa che tutti, tutti, impiegati e clienti, si misero a ridere e io non capivo neppure perche', finche' quello aciugandosi le lacrime che a forza di ridere gli erano usciti i lucciconi e pareva che quasi si soffocasse, disse singhiozzando: "Mi scusi, mi scusi, ma e' una pistola giocattolo, l'ho regalata una uguale a mio figlio per il compleanno, ha sei anni e e' un amore", s'inteneri' al pensiero della prole e sorrise malinconico, poi di nuovo a ridere a crepapelle e io uscivo di corsa con tutti che si piegavano in due dalle risate. Quello fu il primo colpo e uno meno tenace, meno motivato di me, avrebbe smesso per sempre: certe cocenti umiliazioni stroncherebbero un toro. Ma io no, non mollai, perche' ero motivato: volevo leggere tutti i libri, e mi servivano i soldi, e mi servivano subito perche' i libri da leggere sono tanti e si sa che a una certa eta' la vista si abbassa.

*

Il secondo colpo lo feci a un distributore di benzina: c'era meno gente, e se dovevo fare un'altra figuraccia almeno non ci sarebbe stato un grosso pubblico. Non avevo idea di dove procurarmi una pistola vera, di riprovare con una finta non me la sentivo, un uomo ha il suo amor proprio; cosi' usai un coltello, un coltello da cucina bello grosso. Arrivai al distributore e l'inserviente prima che io facessi una mossa mi disse: "Scusi un attimo, devo prendere una cosa", e prima che io potessi rispondere alcunche' entro' nel baracchino e usci' fuori con un fucile a pompa. Me lo punto' addosso e disse: "Fila via se ci tieni alla pelle". Io ancora non avevo detto niente, e il coltello era infilato sotto la cintura e non si vedeva niente perche' avevo il cappotto. Restai interdetto, da che si capiva che ero un rapinatore? Dissi soltanto: "Ma cosa fa?". E quello: "Ti sparo, imbecille. Fila via finche' sei in tempo". E io: "Ma perche'?". E quello: "Perche' sei il piu' cretino dei rapinatori". E io: "Ma lei si sbaglia". E lui: "No, no, fidati, sei il piu' cretino". E io: "Ma perche'?". E lui: "Solo un rapinatore cretino viene a un distributore di benzina a piedi, no?". Non mi resto' che chiedere scusa e andarmene. Il fatto e' che la macchina non ce l'ho, e non ho neppure la patente. Pensai per un attimo di comprare una bicicletta, ma subito realizzai che anche con la bicicletta non funzionava.

Pero' se non altro adesso non ero piu' un novellino; avevo fatto i miei primi due colpi, ed anche se non erano andati a buon fine, erano tuttavia esperienza. Il prossimo colpo sarebbe stato gia' il terzo. Ero ormai un veterano.

*

Il terzo colpo lo ritentai col coltello, ma non in un distributore di benzina, in una trattoria. Arrivai che gli ultimi avventori stavano finendo di mangiare, e tutto era desolazione. Mi sedetti a un tavolo e chiesi se c'era qualcosa di pronto. Un donnone alto tre metri mi rispose che non c'era piu' niente e stavano per chiudere. Allora chiesi se c'era un po' d'affettato, di formaggio, un po' di pane, dissi che ero un commesso viaggiatore, non avevo mangiato niente tutto il giorno, e avevo il treno a mezzanotte. La signora Golia disse che alla stazione c'era il bar. "Ma io vorrei mangiare qualcosa". E Giunone: "Abbiamo finito tutto, qui si mangia solo roba fresca di giornata. E adesso se non le dispiace stiamo per chiudere". Oltre a me c'era solo un altro avventore che si stava alzando per uscire. Ebbi un colpo di genio: "Mi porti mezzo litro e una gazzosa, tanto per non essere venuto per niente". Bofonchio' qualche cosa che non capii, ando' al bancone e mi porto' la bevanda. "Grazie", dissi, e cominciai a centellinare. L'altro avventore era uscito. Dalla cucina non venivano rumori. M'avvicinai alla cassa e dissi alla virago: "Il conto, per favore". Mentre lei batteva sui tasti tirai fuori la lama, gliela avvicinai al collo e dissi con voce stentorea: "Dammi tutti i soldi che ci sono in cassa, vecchia strega". Lei alzo' la testa, mi guardo' sprezzante e disse: "Adesso vengo dall'altra parte del bancone e vedi tu dove te lo ficco il coltellino, brutto lazzarone screanzato", e comincio' la manovra. Ebbi il sangue freddo sufficiente a fare un balzo indietro, in cinque passi da leone guadagnai la porta e via di corsa nella notte. Avevo imparato un'altra cosa: occorre tenere sempre conto delle reazioni altrui. Ero ormai un rapinatore che le sapeva tutte.

*

Naturalmente mentre proseguivo il mio apprendistato nel mondo del crimine continuavo la mattina ad andare al lavoro. Faccio l'usciere al catasto. Non e' come vi credete voi, che uno ci ha un sacco di tempo libero. Perche' c'e' sempre qualcuno che ti scoccia, dov'e' l'ufficio ics, dov'e' l'ufficio ipsilon, mi scusi non so se mi puo' aiutare, eccetera eccetera. Ti scocciano in continuazione al punto che non riesci neppure a finire le parole crociate in pace. E' un lavoro incompatibile col piano di leggere tutti i libri del mondo. Lo so che ci sono colleghi che se non altro ci tirano su un bel mucchietto di soldarelli promettendo agevolazioni e incamerando tangentine. Ma e' una fatica pure quella, perche' devi parlare con un esercito di imbecilli, fargli credere chissa' che, contrattare la tariffa, e poi c'e' sempre il rischio che ti registrano, escono e ti denunciano. Non fa per me. A me piace stare tranquillo. E' per questo che di solito timbro il cartellino, sto li' cinque minuti, dico a Rodolfo - che fa la guardia giurata e sta nel gabbiotto dieci metri piu' giu' - che devo fare il solito giro per gli uffici, e me la svigno nella stanzetta vuota che ho scoperto nel piano interrato, e fu un colpo di fortuna magistrale, perche' c'era la chiave nella toppa quel giorno che esplorai il seminterrato, dentro era vuota, cosi' acquisii la chiave. Dopo un po' di giorni feci un cartellino con scritto "Riservato", ma piccolo e poco appariscente, e lo attaccai sulla porta con l'attaccatutto. E qualche giorno dopo quello era il mio piccolo regno. Col tempo ci ho portato una sedia presa da un ufficio, e una sdraia che mi sono portato da casa mimetizzata dentro un sacco dell'immondizia. E adesso ci passo tutti i giorni un paio d'ore prima della pausa caffe' delle dieci, poi torno alla mia postazione di usciere una mezz'ora, e secondo come mi gira torno giu' fino all'una. Dall'una alle due torno a fare l'usciere, mi piace guadagnarmi lo stipendio. Certe volte faccio pure gli straordinari fino alle cinque. E quando capita faccio un favore ai colleghi: piccole commissioni, andare a fare la spesa, cose cosi', che mi vogliono tutti bene e se non sono al mio posto pensano che sto facendo un piacere a qualcuno.

Nella stanzetta mia pero' non leggo, dormo e basta oppure penso, di solito penso alle cose che ho sognato. O do' uno sguardo al giornale. Con tutto cio' il pomeriggio e la sera sono sempre stanco. E' che e' una vita stressante. Per questo non mi piace questo lavoro, e ho deciso di dedicarmi alla lettura integrale della biblioteca mondiale. Pero' se prima non faccio i soldi il lavoro al catasto non lo posso lasciare. Sto in affitto, ci sono le bollette dell'acqua, del gas e della luce, e qualche cosa devo pure mangiare per tenermi in vita, no?

*

La quarta rapina fu un successo. Era una cartoleria e la gestiva una vecchietta tutta rinsecchita che con un soffio la stendevi, la sora Amalia. Ci passavo davanti tutti i giorni. Organizzai il colpo meticolosamente. Al'ora di chiusura era gia' buio per le strade. Il negozio era vuoto (era sempre vuoto) e la sora Amalia aveva gia' messo gli scuri di legno sulle vetrine, entro' per prendere l'ultima tavola per la parte superiore della porta (la parte bassa era gia' di legno) ed io che ero nascosto in attesa proprio dietro la cantonata entro alle sue spalle svelto come un lampo. Lei neppure capisce che succede, le metto una busta del pane sulla testa e le dico: "E' una rapina, non dica una parola o e' un uomo morto". E lei: "Veramente sono una signorina". E io: "Non dica una parola o e' una signorina morta". E la spingo verso la cassa, attento a non inciampare. Apro la cassa e c'erano seimila lire di carta e un po' di spiccioli. M'avvicino alla busta del pane dove doveva essere un orecchio e sottovoce ruggisco: "Dove stanno i soldi?". E quella: "Come?". "Come come? I soldi, dove stanno i soldi?". E lei: "Nella cassa". E io: "Ma nella cassa non ci stanno neanche diecimila lire". E lei: "Come?". Le tolgo il sacchetto di carta che con tutto che prima di usarlo lo avevo spolverato un po' di farina e di briciole di pane c'erano rimaste e adesso erano sui capelli e sulla faccia della sora Amalia, e ripeto: "Dove sono i soldi?". E quella: "Nella cassa, gliel'ho detto". Io ero veramente esasperato, uno spera in un po' di collaborazione, di umana comprensione, una rapina e' un lavoro duro. "Nella cassa non ci sono neanche diecimila lire". E quella: "Forse si', se conta le monete da cento, da cinquanta e da venti lire". Mi venne un'idea: "Dov'e' il borsellino?". "Come dov'e', nella borsa spero". L'avrei morsa e poi sputata: "Dov'e' la borsa, porcaccia della miseria". E lei, pensa un po': "Ah no, eh? La parolacce nel mio negozio no, eh?". "Mi scusi". "Le parolacce no". "Ho chiesto scusa, mi pare". "Io capisco, sa, che una persona spinta dalla fame puo' anche fare uno sproposito come venire a derubare una persona onesta, ma le parolacce no". Tirai fuori il coltello (ne avevo comprato uno di quelli che si chiudono e si aprono a scatto, e' piu' professionale), lo feci scattare e la lama venne fuori: "Dov'e' la borsa, non me lo faccia ripetere". "Ma e' li', sulla sedia". "Quale sedia?". "Ma se ce n'e' una sola, dietro il banco, dove volete che sia?". Certo, ci sarei dovuto arrivare da solo. E a tracolla dello schienale della sedia c'era la borsa, logora, nera, rattrappita. Spinsi la sora Amalia dietro il banco: "Non una mossa, ne va della vita". "Eh?". "O la borsa o la vita, dannazione". "Ah no, non ricominciamo con le parolacce". "Non e' una parolaccia". "Si' che lo e'". "Non e'". "E', e'". "Ho detto di no e poi lei deve stare zitta, non lo vede che ho il coltello?". "E allora?". "E allora se lei non tace le taglio la gola e chi s'e' visto s'e' visto". "Lei e' proprio un cafone, lo sa?". Mentre con la mano destra sventolavo il coltello per aria (e dove senno'?) con la sinistra frugavo nella borsetta sperando di  non trovarci un serpente a sonagli o una tagliola. Trovai il borsellino. Lo estrassi, era minuscolo, nero, liso, floscio. Lo aprii, c'era qualche gettone del telefono, un biglietto del lotto e due o tre monete. "E i soldi?", dissi. "Quali soldi?". "Come quali soldi? L'incasso della giornata". "Nella cassa, dove vuole che sia?". "Quelle seimila lire?". "Con le monete saranno dieci". "E in tutta la giornata ha incassato solo diecimila lire?". "No, lascio sempre un fondo cassa di tremila lire, l'incasso sara' di settemila, ma ancora non ho potuto contare le monete peche' lei ha fatto questa irruzione...". "Non e' un'irruzione, e' una rapina". "Per il momento e' solo un'irruzione, non ha mica preso nulla". "Non avro' ancora preso nulla pero' l'ho sequestrata". "Nel mio negozio? Andiamo, giovanotto". "E l'ho anche minacciata di morte, a mano armata". "Ah si'?"."Si'". "Sara'". "No sara', e'". "Sara'". Era proprio esasperante, e non so come ma ormai mi aveva invaso una stanchezza, una stanchezza infinita. Dissi: "Insomma lei ha incassato meno di diecimila lire in tutta la giornata". "L'ha capita, finalmente". "E di profitto netto quanto sara'?". "Non lo so, sara' cinquecento, settecento lire". "Che non ci copre neppure il costo della corrente". "Eh, c'e' la crisi, speriamo che adesso che si passa all'euro migliora". Non dissi piu' una parola, non presi niente, uscii, non mi misi neppure a correre, mi allontanai lemme lemme. Sentii, ma ovattata, come in lontananza, la voce della sora Amalia che diceva: "Gliel'avevo detto che non era una rapina". Ero triste e stanco. Pero' ero pure felice: era la prima rapina perfettamente riuscita; dal punto di vista tecnico, intendo.

*

Fu quella sera mentre camminavo verso casa, al buio, nel vento, che pensai che leggere tutti i libri del mondo era un'impresa impossibile. E che anche fare le rapine era una cosa triste e noiosa, non era quell'avventura che si vede in televisione. E alla fine il lavoro al catasto non era proprio una fatica d'Ercole, tutto sommato volendo potevo avere tutti i pomeriggi liberi, anche se e' vero che avere i pomeriggi liberi significa solo che per mezza giornata non sai che fare, e allora e' meglio fare gli straordinari. Dovevo trovarmi una distrazione. Fu cosi' che decisi di diventare un omicida seriale.

 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Numero 272 del 10 settembre 2017

 

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