[Nonviolenza] Archivi. 268



 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVIII)

Numero 268 del 6 settembre 2017

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di agosto 2017 (parte sesta)

2. Fermare la deriva razzista e schiavista con il riconoscimento del diritto di voto. Una lettera aperta a tutti i parlamentari

3. Omero Delli Storti: Il delitto della principessa di Ebla. Frammenti da un fogliettone postmoderno e rasciomonico (parte prima)

4. Luciano Guerzoni

5. Rileggendo "Nei labirinti della fantascienza". Un incontro di studio e di riflessione a Viterbo

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI AGOSTO 2017 (PARTE SESTA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di agosto 2017.

 

2. FERMARE LA DERIVA RAZZISTA E SCHIAVISTA CON IL RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO DI VOTO. UNA LETTERA APERTA A TUTTI I PARLAMENTARI

 

Egregie ed egregi parlamentari,

ci rivolgiamo a tutti voi per formularvi un ringraziamento e una richiesta: un ringraziamento ai centoquaranta parlamentari che hanno gia' aderito all'appello "Una persona, un voto", ed a tutti gli altri la richiesta che aderiscano anch'essi.

Quell'appello, che ha come primi firmatari padre Alessandro Zanotelli e la partigiana e senatrice emerita Lidia Menapace, e cui hanno aderito numerosissime personalita' della cultura, della riflessione morale, dell'impegno civile, delle istituzioni, chiede semplicemente che sia riconosciuto il diritto di voto a tutte le persone che vivono in Italia.

In esso si evidenzia che il fondamento della democrazia e' il principio "una persona, un voto", e l'Italia essendo una repubblica democratica non puo' continuare a negare il primo diritto democratico a milioni di persone che vivono stabilmente qui. Poiche' in effetti vivono stabilmente in Italia oltre cinque milioni di persone non native, che qui risiedono, qui lavorano, qui pagano le tasse, qui mandano a scuola i loro figli che crescono nella lingua e nella cultura del nostro paese; queste persone rispettano le nostre leggi, contribuiscono intensamente alla nostra economia, contribuiscono in misura determinante a sostenere il nostro sistema pensionistico, contribuiscono in modo decisivo ad impedire il declino demografico del nostro paese; sono insomma milioni di nostri effettivi conterranei che arrecano all'Italia ingenti benefici ma che tuttora sono privi del diritto di contribuire alle decisioni pubbliche che anche le loro vite riguardano.

*

Egregie ed egregi parlamentari,

da anni l'Associazione Nazionale dei Comuni d'Italia ha predisposto un progetto di legge per il riconoscimento del diritto di voto per tutti i residenti nelle elezioni amministrative: su di esso vi e' gia' il consenso della generalita' delle amministrazioni locali e di ogni persona di buon senso, e nulla osta alla sua legiferazione; ma questo ragionevole progetto di legge giace da anni in Parlamento, senza esser mai stato preso in considerazione: potreste approvarlo in pochi giorni. Sarebbe una cosa buona e giusta. Vi preghiamo di farlo.

Ma noi proponiamo anche un'altra cosa: noi proponiamo che oltre il riconoscimento del diritto di voto per tutti i residenti nelle elezioni amministrative, vi sia anche il riconoscimento del diritto di voto nelle elezioni politiche. Anni fa, e con modifica costituzionale, si riconobbe il diritto di voto per le elezioni politiche agli italiani che vivono all'estero; non e' ragionevole che questo diritto sia riconosciuto anche a chi vive in Italia, sovente da molti anni, e sulla cui vita le leggi italiane hanno un effetto immediato?

*

Egregie ed egregi parlamentari,

Voi sedete in Parlamento, voi fate le leggi; e sapete che avete un solo vincolo nella vostra attivita' legislativa: che le leggi siano conformi al dettame della Costituzione della Repubblica Italiana, siano coerenti con la sua lettera e con il suo spirito, che e' lo spirito della Resistenza antifascista; siano inveratrici dei suoi valori: che sono i valori del rispetto e della difesa attiva della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.

Non puo' sfuggirvi il fatto che una propaganda insensata e scellerata vorrebbe aggredire la nostra democrazia imponendo una deriva razzista e schiavista.

Non puo' sfuggirvi il fatto che tragicamente a piu' riprese nel corso degli ultimi decenni a questa deriva razzista e schiavista i governi sono stati corrivi.

Noi crediamo che la democrazia si difenda con la democrazia; che il diritto si difenda col diritto; che a tutti poteri criminali ci si debba opporre con la legalita' che salva le vite, con la legalita' che difende i diritti umani di tutti gli esseri umani, con la legalita' che afferma che la sovranita' appartiene al popolo, e che del popolo di un territorio retto da un medesimo ordinamento giuridico fanno parte tutte le persone che in quel territorio vivono, che vi siano nate o meno.

*

Egregie ed egregi parlamentari,

nelle prossime settimane voi elaborerete la nuova legge elettorale, sulla base della quale entro pochi mesi si andra' al voto per il rinnovo del Parlamento.

Due cose noi vi chiediamo:

1. approvate il progetto di legge dell'Associazione Nazionale dei Comuni d'Italia recante "Norme per la partecipazione politica ed amministrativa e per il diritto di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e di nazionalita'";

2. inserite nella legge elettorale per il Parlamento il riconoscimento del diritto di voto per tutte le persone che vivono in Italia.

*

Fermare la deriva razzista e schiavista e' possibile e necessario.

Il fine della politica e' che gli esseri umani convivano.

Una persona, un voto: il momento e' ora.

Con la forza della verita', con la forza della democrazia inveriamo i diritti umani di tutti gli esseri umani.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ringraziandovi per l'attenzione,

Il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo, che cordina l'iniziativa dell'appello "Una persona, un voto"

Viterbo, 10 agosto 2017

 

3. RACCONTI ESTIVI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLI STORTI: IL DELITTO DELLA PRINCIPESSA DI EBLA. FRAMMENTI DA UN FOGLIETTONE POSTMODERNO E RASCIOMONICO (PARTE PRIMA)

 

1. Fattaccio alla festa per le nozze del re di Ebla

Il racconto di T.

Allora, eravamo io e il mio amico Barucco che ci eravamo intrufolati tra gli invitati alla festa per il matrimonio del re di Ebla, che poi era un ragazzetto e decideva tutto il primo ministro.

Non vi dico il bendidio.

Il piano era di mangiare a crepapelle e di riempirci le saccocce con tutto quello che si poteva portar via senza destar sospetti. Barucco voleva addirittura farsi incartare gli avanzi, ma gli spiegai che se facevamo vedere che pezzenti eravamo di sicuro ci smascheravano e ci buttavano fuori, meglio agire d'astuzia.

Il fatto e' che agire d'astuzia con Barucco e' peggio che andar di notte: mi ero raccomandato in tute le salse che non si facesse notare, che chiacchierasse il meno possibile e pensasse a mangiare a piu' non posso che queste occasioni capitano ben di rado nella vita, insomma di tenere un profilo basso. E invece quello neppure aveva messo piede nella sala del banchetto che comincia a pontificare di etica geometricamente dimostrata, della differenza tra i modi e gli attributi e di tutte quelle altre scempiaggini che finche' le dice al bar tra amici per ridere nessuno ci fa caso, ma se ti sente uno sbirro come minimo ti becchi un processo per ateismo, e dio solo lo sa che vuol dire un processo per ateismo qui: come niente ti ritrovi sul rogo, mannaggia alla malamorte.

Io comincio a dargli di gomito, a trascinarlo via dai capannelli, ad accennare che e' ubriaco e volessero lorsignori compatire, ma cosi' attiro ancora di piu' l'attenzione, che sembriamo il gatto e la volpe nel campo dei miracoli. Riesco a portarlo al gabinetto per fargli una bella lavata di capo, ma figurarsi: e' pieno di gente che sta li' a fumarsi una sigaretta (nella sala del banchetto non si puo' fumare; e io mi chiedo dove ci porteranno queste smanie salutiste, certo a fare tutti una brutta fine), e allora gli faccio un discorsetto in codice del tipo: mi stupisco di lei signor conte che pure ha scritto quel bellissimo commento al galateo; vorrei pregarla egregio amico di dar prova anche quest'oggi dell'esimia sua qualita' di persona di qualita' nonche' grande di Spagna; e roba simile, voi mi capite.

Poi rientriamo nella sala del banchetto e io lo tengo per un polso e lo porto al buffet per dare il via alla demolizione mandibolare della montagna di cosciotti d'agnello e zuppa inglese, ma lui con tutta la bocca piena continua a cianciare, e prima vorrebbe vendere un paio d'occhiali all'inserviente - che era una bella figliuola, e forse cercava soltanto di sedurla -; poi si offre di dare lezioni di latino e di ebraico a un vigilante: che quello ha pensato che gli proponesse qualche porcheria; poi si mette a raccontare della sfida tra Alekhine e Capablanca che non gliene fregava niente a nessuno ma lui s'infervorava e diceva che era uno schifo che non la trasmettessero in televisione e invece facessero la diretta della guerra con Mari; insomma un disastro. Io intanto riempivo le saccocce del pastrano di quel che capitava a portata di mano, e quando mi parve che fosse abbastanza lo presi per il colletto e cominciai a tirarlo verso l'uscita mentre l'imbecille si era messo a cantare La societa' dei magnaccioni, poi il Dies irae, poi addirittura Una lacrima sul viso, e insomma le guardie all'ingresso principale ci guardavano storto cosi' pensai che occorreva un piano b. Mi e' sempre piaciuto di poter dire "piano b", da' un'idea di professionalita', e siccome di lavoro io faccio il parcheggiatore non autorizzato ho bisogno di qualcosa che rafforzi l'autostima. Il piano b era di trovare un'altra uscita. Il fatto e' che questi palazzi sono cosi' grossi che uno che non ci e' abituato gli pare un labirinto, e ti aspetti sempre che apri una porta e ti salta addosso uno con la testa di toro.

Alle corte, imbuco un corridoio tirandomi dietro Barucco, poi un altro corridoio, poi un altro e finiamo in una stanzetta. E in quella stanzetta, scalogna delle scalogne, chi ti ci troviamo, eh? Ti ci troviamo la principessa stesa sul letto, e piantato nel cuore della principessa un paletto di legno. Io dico sempre che quando ci scappa il morto e' ora di darsela a gambe, cosi' ce la diamo a gambe levate e finalmente Barucco la smette di concionare. E di corridoio in corridoio dove finiamo? Finiamo nella cucina, naturalmente, che e' piena di gente piu' che la sala del banchetto e allora rallento il passo, sorrido, faccio l'indifferente e adocchio l'uscita che da' sul vicolo dove si butta l'immondizia. Passo dopo passo sto per guadagnare la salvezza sempre trascinandomi dietro quel sarchiapone di Barucco, quando una servetta di Tracia gli chiede l'ora, e l'imbecille invece di dirgli che ha scordato il cipollone a casa che fa? Tira fuori un rolex arraffato non so dove (ma certo doveva aver allungato le mani nella sala del banchetto mentre chiacchierava a perdifiato e faceva i giochi con le carte) e comincia a metterlo in mostra tra tutti quei morti di fame, e vero o finto che fosse luccicava davvero, e accese su di noi anche tutti gli occhi dei cambusieri. Altro che passare inosservati. Io poi ero appesantito da tutta la roba che avevo intascato nel cappotto che avevo un girovita spropositato e si vedeva lontano un miglio che avevo uncinato a destra e a manca. E se c'e' una cosa che ho imparato in tanti anni di mestiere e' che la gente e' cattiva. Insomma per arrivare al vicolo ormai non c'era altro modo che farsi largo alla brava, del resto erano solo pochi metri, cosi' tiro fuori il pezzo e dico la parola magica: "Fermi tutti o qui finisce a mezzogiorno di fuoco" (che invece era mezzanotte passata da un pezzo) e quel branco puzzolente per un attimo si ferma e in quattro passi sono nel vicolo sempre trascinando quel disgraziato che un giorno di questi gli cavo la pelle gli cavo.

Ci credereste? nel vicolo oltre i bidoni della spazzatura, io e Barucco ci saranno state come minimo duecento guardie, roba da guinnes dei primati. Anche cominciando a sparacchiare a piu' non posso era sigillato ermeticamente. Bisogno' arrendersi, che potevamo fare?

*

Siccome le sventure non vengono mai da sole, fummo accusati di averla ammazzata noi la principessa. Adesso, per le altre imputazioni - il furto con destrezza, le bestemmie (che poi bestemmie non erano, insisteva Barucco, ma vaglielo a spiegare che secondo lui era tutta filosofia), la violenza privata (e solo per aver tirato fuori la baiaffa e averla sventolata un po' per aria), l'ingresso senza invito alla festa e le presunte proposte oscene - erano reati minori per i quali ce la potevamo cavare col taglio di una mano e della lingua, un po' di piombo fuso nelle orecchie o nelle narici, l'ergastolo e qualche altra quisquilia, ma la morte della principessa era un reato grave e qui ad Ebla con i reati gravi non si scherza, saltano subito le teste.

Riuscii a far telefonare a mio cugino Oreste che e' avvocato. Quando ci venne a trovare in prigione ci spiego' che con qualche robusta bustarella - Barucco aveva un negozio di ottica ben avviato, mio cugino aveva gia' trovato un possibile acquirente, che di sicuro era un suo prestanome - si poteva ottenere la seminfermita' mentale per tutti i reati minori e sfangarla come quell'altra volta che rapinammo la Standa e ci beccarono per via dei selfie con le cassiere; ma per l'assassinio della principessa non c'era scampo. Ma non siamo stati noi, gli dissi. E lui: Certo, certo. E io: Guarda che veramente non siamo stati noi. E lui: Guarda che sono il tuo avvocato. E io: Oreste, dico sul serio. E lui: Figurati io. Gia' da quando eravamo ragazzini ci fosse stata una volta che Oreste mi credesse; vero e' che le ho sempre sparate grosse. Cosi' conclusi: Insomma, che bisogna fare per sfangarla? E lui: Trovare un capro espiatorio. E io: Cioe' il vero assassino. E lui: Se vuoi dirla cosi'. E io: Ma stando qui in galera come faccio a trovare l'assassino? E lui: Infatti. E io: Allora? E lui: Allora niente. E io: Come niente? E lui: Siete morti. E io: E allora? E lui: E allora e allora, non sai dire altro? E io: E che devo dire? E lui: E svegliati, no? E io: Guarda che non ho capito. E lui: Devo sempre spiegarti tutto, eh? e guardo' in alto. So cosa significa quel cenno, e guardai in alto anch'io, lui annui' ed io annuii. Poi mi fece firmare la procura a vendere i mei beni, e lo stesso fece con Barucco. Non ci restava che aspettare.

*

A dire il vero io non e' che di Oreste mi fido troppo. Quindi pensai che la cosa piu' probabile era che adesso che si era impadronito dei nostri averi se ne stesse buonino buonino ad aspettare che ci impiccassero. C'era anche la possibilita' che una parte del bottino la usasse per organizzare la nostra evasione, ma io la penso come quel proverbio che dice aiutati che il ciel ti aiuta. Il sistema carcerario qui a Ebla e' come in tutto il mondo: poroso. Si tratta solo di saperci fare e di darsi da fare. Con Barucco stavamo nella stessa cella, e questo semplificava le cose.

Le storie che girano su mio cugino le so meglio di voi, e' mio cugino. Certe sono chiacchiere e certe sono fatti veri. Non lo so quali sono peggio. Ma sono faccende di famiglia. E non mi va di starle a raccontare. Certo, la storia di suo padre e dello zio la sanno tutti, che mossero mezzo mondo per andare a fare quella guerra che non finiva piu' che alla fine nessuno si ricordava piu' per che diavolo si combatteva e decisero d'inventare che era per la bellezza di una donna. Dico, ve lo immaginate? Una guerra che dura dieci anni per gli occhi belli di una squinzia, ma andiamo. Io non lo so chi l'ha inventata questa storia, ma secondo me vedeva troppe scemenze alla televisione. Pero' quando torno' a casa il fattaccio c'e' stato veramente, e vorrei vedere. Il resto e' stato una catena, ci sono i parenti che pretendono, l'opinione pubblica che se lo aspetta, la pressione dei mass-media, e poi anche i soldi, e' chiaro che contano pure quelli, a nessuno piace vedere che ti soffiano l'eredita' da sotto il naso e tu a fare il giramondo senza il becco di un quattrino. L'avete visto l'Amleto? Insomma fece quello che doveva fare. Che pero' poi gli era dispiaciuto, e dove che andava gli rompevano le scatole. Cosi' decise di studiare legge, poi da cosa nasce cosa, una ciliegia tira l'altra, ed e' finito a fare l'avvocato, un signor avvocato, secondo me. Questa lagna che fa l'avvocato della mafia l'hanno messa in giro gli avvocati che lo invidiano, se erano bravi come lui lo facevano pure loro l'avvocato della mafia, che sui soldi non ci sputa nessuno, dico io; ma siccome lui e' bravo e loro no, allora "l'avvocato della mafia, l'avvocato della mafia", ma vedo che quando c'e' un processo grosso chiamano sempre a lui, a lui chiamano, e sta in televisione una sera si' e quell'altra pure. Se c'e' uno che ci tira fuori e' lui. Il punto e' sapere se ci vuole tirare fuori. E mi sa che avergli firmato tutte quelle carte prima, insomma, non e' stata una grande idea.

Nel dubbio, serve un altro piano b, dico io.

*

Il racconto di B.

Non fatemi dire niente che e' meglio. Con Tristano - che tutti lo chiamano Tristaccio -  ci conosciamo da una vita, da ragazzi facevamo coppia a biliardino. E' un poco di buono ma ha pure un cuore d'oro. Gli esseri umani sono tutti doppi. E poi la fame e' la fame, vorrei vedere voi. Ando' cosi', che il re si sposava e naturalmente era festa grande. Tristano mi vede al bar e mi dice, ti posso invitare a cena? E io, dipende da quel che c'e' in tavola. E lui, le delizie delle delizie. E io, mi pare poco probabile. E lui, e invece no perche' e' il banchetto per le nozze del re. E io, come no. E lui, invece si' perche' conosco uno che mi fa entrare, entriamo, ci strafoghiamo, ci riempiamo le tasche di quel che riusciamo ad arraffare e via. Pareva una buona idea, io non avevo niente da fare quella sera, e a una bella sbafata solo un fesso direbbe di no. Cosi' gli ho detto che ci stavo, e siamo andati.

Lui si era messo un cappottone che faceva ridere solo a guardarlo, e strada facendo mi diceva che non dovevamo dare nell'occhio ma con quel pastrano sembrava un reduce della prima guerra mondiale. Gli invitati erano tutti in ghingheri e lui sembrava uno spaventapasseri. E chi volevi che si avvicinasse? Allora pensai di mollarlo al buffet (e non vi dico che figura) e di darmi da fare con un po' di stile, che - modestia a parte - non posso dire che mi manchi. Mi ero portato il mazzo delle carte per fare qualche trucchetto, ma si sa che il trucco vero e' nella parlantina, e' con le chiacchiere che stordisci il cliente. Avevo appena cominciato a lavorare che quel buzzurro mi si mette tra i piedi, mi tira per la manica, insomma mi guasta tutto il lavoro. E aveva tutta la faccia impiastrata di sugo, di unto, di salse, e si era riempito le tasche di pezzi di carne, di frutta secca, di focacce, di bigne' alla crema, una cosa disgustosa. E c'e' di peggio: aveva cominciato a tirarmi di qua e di la' e intanto cicalava alternando le frasi rivolte solo a me ai pubblici proclami, ma urlando tanto le une quanto gli altri, per fortuna che il dj faceva un tale chiasso che non si sentiva niente (una volta le feste palaziali erano un'altra cosa, si sentiva buona musica e si conversava civilmente, adesso pare un rave di punkabbestia che se qualcuno chiamasse i carabinieri si dovrebbero portare via dignitari e consorti per disturbo della quiete pubblica). A un certo punto si rese conto pure lui che a forza di schiamazzare la security stava per intervenire e allora con la grazia di un elefante si mette a correre tirandomi per il colletto della camicia che mi toccava seguirlo per forza per non farmelo strappare, era l'unico farsetto che avevo e al negozio la prima cosa che i clienti guardano (saranno pure miopi ma non sono fessi) e' se il commesso e' ben vestito, e nel mio negozio io faccio tutto: il padrone, il tecnico, il commesso, il cassiere, quello che scopa per terra e quello che - ahime' - deva andare poi a fare la riscossione crediti esibendo lo stocco.

Quel bufalo impazzito mi trascina per un corridoio, poi per un altro, poi per un altro ancora, finche' ci ritroviamo al punto di partenza, ma lo sapete com'e' fatto Tristano, non c'e' verso di farsi ascoltare finche' un adeguato shock non ferma la routine ossessivo-compulsiva. E lo shock arrivo': apre la porta di una camera e dentro c'e' un letto, e nel letto una principessa, e nella principessa un paletto di legno conficcato nel cuore. Fine della corsa, evviva San Firmino. Porca miseria, dice lui. Adesso hai detto bene, dico io. Sara' morta?, dice lui. Con quel paletto nel cuore e tutto quel sangue direi proprio di si', dico io. E se provassimo a rianimarla?, dice lui. Per lasciare le nostre impronte sul cadavere?, dico io. E allora via, dice lui. E allora via, dico io, ma stavolta guido io. Non so se lo conoscete il palazzo reale di Ebla, me e' come tutti gli alberghi: tutti i corridoi alla fine portano alle cucine. E li' arrivammo. E tutte le cucine hanno una porticina che da' sul vicoletto dei cassonetti. E li' dovevamo arrivare, ed arrivati li' uccel di bosco. Ma occorreva attraversare tutta la cucina, che pullulava di gente, tra cuochi ed inservienti sembrava un quadro di Jeronimus Bosch. M'inoltro cercando di nascondere Tristano dietro le mie spalle, e mentre passo dopo passo m'approssimo alla salvezza distribuisco sorrisi e inchini a destra e a manca. Ma far spostare quella muraglia umana per aprirsi un varco era come separare le acque del Mar Rosso, una fatica della malora, e insomma qualche spintone era inevitabile darlo. E una serva brutta come la morte a un certo punto fa: Quello m'ha toccata. Lei si sbaglia gentile signorina, dico io. M'ha toccata, ripete l'arpia. E io: Ma no davvero, e comunque voglia accettare le mie scuse, siamo ospiti della festa, siamo venuti a visitare le cucine di cui ci han detto meraviglie. Ma quella: M'ha toccata, m'ha toccata il porcone, e guardate quell'altro dietro a lui. Ed io: Ma siamo ospiti del re, siamo in visita ufficiale... E intanto a spallate e gomitate gli ultimi metri. Ma uno aveva afferrato Tristone e aveva cominciato a strillare: Ne ho preso uno, ne ho preso uno, sotto, sotto, bloccate pure quell'altro che parla come 'no scemo. Mancavano tre metri all'uscita sul vicolo, e ce la potevo pure fare, ma non potevo certo mollare il campione del mondo degli imbecilli nelle mani della plebaglia, come minimo finiva nel pentolone. Usai un vecchio trucco che funziona sempre: per avventura durante il banchetto un orologio da polso marca rolex in oro massiccio s'era staccato dal braccio altrui ed era finito per mero effetto della legge di gravita' nella tasca dei pantaloni miei, occorreva sacrificarlo. Lo estrassi e lo sventolai ben in alto affinche' lo vedessero tutti. Guardate qua che roba, dissi. E lo tirai oltre la testa di Tristano. Fu un movimento corale e tellurico, prima tutti gli occhi e poi tutti i corpi animati ne furono attratti irresistibilmente, come risucchiati, e tra essi anche il bellimbusto che aveva afferrato le braccia del tristo mio amico. Quello lascio' il mio amico, e Tristaccio non so come riusci' a pescare in una tasca tra pezzi di pollo fritto, melanzane, viluppi di spaghetti e chissa' che altro, riusci' a pescare, dico, la pistola che si era portato dietro, l'incosciente, che se me lo avesse detto col cavolo che sarei entrato nel palazzo insieme a lui, e per fortuna che il metal detector non aveva funzionato, altrimenti gia' eravamo nutrimento per i passeri. Alza la mano col ferro e ruggisce: Guardate qui e fate largo, popolaccio poltrone e paltroniere. Mi chiedo sempre come gli vengono. Allungo il braccio verso di lui, lo afferro per il bavero del pastrano, lo tiro a me e intanto con tutto il peso del mio e del suo corpo sfondo la barriera degli ultimi imbecilli che si frapponevano tra noi e il vicolo, e finalmente all'aria aperta, che poi puzzava come un lazzaretto perche' i cassonetti erano stracolmi e il vicolo era stracolmo di cassonetti. Pero' era stracolmo pure di sbirri. Non si poteva muovere un mezzo passo, pareva di stare sulla metropolitana. Cosi' ci tocco' arrenderci. Quando arrivammo alla centrale ci dissero che eravamo accusati dell'omicidio della principessa. Nella stanza del cadavere avevano trovato un po' di avanzi di cibarie caduti dalle tasche del cappottaccio di Tristano. Qui saltano le teste, disse il questurino, se avete un buon avvocato chiamatelo di corsa. Oreste, pensammo all'unisono io e Tristaccio.

*

La mattina dopo Oreste venne, ci avevano gia' trasferto in carcere. Innanzitutto ci consiglio' di confessere tutto e subito. Confessare che? dissi io. Qualunque cosa vi chiedano di confessare, disse lui. Chi non confessa lo trasferiscono subito alla stanza della tortura. Non ci tenete all'integrita' psicofisica? Certo che ci tenevamo. Ma qui ci accusano di avere ammazzato la principessa, dissi io. E lui: Lo so. E saltano le teste, dissi io. E lui: Lo so. E io: Salta la mia, mica la tua. E lui: Lo so, io mica m'intrufolo nelle feste altrui, e comunque se anche lo facessi non mi metto a fare l'ammazzavampiri, e soprattutto non pianto il paletto nel petto alla principessa che oltretutto non e' neppure un vampiro. E io: Tutti i padroni sono vampiri. E lui: Ecco perche' nessuna persona perbene ti frequenta, perche' sei comunista. E io: Ma quando mai? E lui: Sei ateo, quindi sei comunista. E io: E questo secondo te sarebbe un sillogismo? E lui: Ma possibile che con te non si possa mai parlare da persone civili, neppure quando e' in gioco la pellaccia tua? E io: E allora fa' l'avvocato. E lui: E allora fa' il cliente. E io: Sicuro. E lui: Sicuro. E io: Che speranze ci stanno? E lui: Spendendo... E io: E che vuoi che spendo, ci ho solo il negozio. E lui: Ho giustappunto qui con me la procura a vendere, basta una firmetta. E io: Cosa? E lui: Come cosa? E io: Cosa? E Tristano: E metti 'sta firma e falla finita, qui rischiamo di non arrivare a domani. Firmai.

Prima d'andarsene Oreste disse: Io vedo di fare quel che posso, e non sara' facile. Se vi viene qualche idea... Tristano: Che idea? Oreste: Qualche idea. Io: Se ci viene? Oreste: Seguite l'ispirazione, no? Aiutati che il ciel t'aiuta. E per ora distintamente vi saluto, fate i bravi.

Quando Oreste fu uscito chiesi a Tristaccione: E' tuo cugino, lo conosci meglio di me, che intendeva dire? E Tristano: Quello che ha detto, aiutati che il ciel t'aiuta. Io: E sarebbe? Lui: Che cerchi quando ti sei proprio annoiato? Io: Non lo so, che cerco? Lui: Un po' di... Io: Un po' di che? E lui: Ma sei proprio un tontolone, un po' di che? Io: Di che? Lui: Evasione. Io: Ah. Lui: Eh.

(segue)

 

4. LUCIANO GUERZONI

 

E' deceduto Luciano Guerzoni, militante del movimento operaio, pubblico amministratore e parlamentare costantemente impegnato per la democrazia. l'eguaglianza di diritti, la dignita' umana.

Un vecchio compagno, un maestro e un amico. Lo ricordiamo con gratitudine.

 

5. RILEGGENDO "NEI LABIRINTI DELLA FANTASCIENZA". UN INCONTRO DI STUDIO E DI RIFLESSIONE A VITERBO

 

Si e' svolto la mattina di venerdi' 11 agosto 2017 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di studio e di riflessione sul libro "Nei labirinti della fantascienza. Guida critica a cura del collettivo Un'Ambigua Utopia", pubblicato da Feltrinelli nel 1979.

*

L'incontro e' stato occasione per una riflessione sociologica e politica sul genere letterario della narrativa d'anticipazione e su alcuni autori ed alcune autrici di particolare rilevanza, cosi' come su alcuni libri che vanno ben oltre i limiti della letteratura di genere e della cultura di massa ma costituiscono opere il cui valore estetico, conoscitivo e finanche educativo - di smascheramento e denuncia dell'orrore del presente e del crinale apocalittico cui i poteri dominanti hanno tratto l'intera umanita' - e' oggi universalmente riconosciuto.

*

Le persone partecipanti all'incontro hanno espresso ancora una volta il loro sostegno all'appello "Una persona, un voto" per il riconoscimento del diritto di voto a tutte le persone residenti in Italia, ed all'appello affinche' sia riconosciuto a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.

 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVIII)

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Numero 268 del 6 settembre 2017

 

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