[Nonviolenza] Archivi. 261



 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVIII)

Numero 261 del 3 agosto 2017

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di luglio 2017 (parte terza e conclusiva)

2. Associazione "Respirare": La nuova legge elettorale non sia un vile ed infame compromesso con i razzisti, ma inveri la democrazia

3. La democrazia contro il razzismo

4. L'Italia non sia subalterna a un'Europa razzista, ma si ponga alla guida dell'Europa antirazzista. Un appello a tutti i parlamentari

5. La fissazione

6. Vladimiro Oglianovi: Zombie

7. Vladimiro Oglianovi: D'accordo

8. Vladimiro Oglianovi: Fidelio

9. Il governo si fermi e rifletta

10. Ogni arma sempre uccide

11. Vladimiro Oglianovi: Animali domestici

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI LUGLIO 2017 (PARTE TERZA E CONCLUSIVA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di luglio 2017.

 

2. ASSOCIAZIONE "RESPIRARE": LA NUOVA LEGGE ELETTORALE NON SIA UN VILE ED INFAME COMPROMESSO CON I RAZZISTI, MA INVERI LA DEMOCRAZIA

 

La nuova legge elettorale non sia un vile ed infame compromesso con i razzisti.

La nuova legge elettorale sia coerente con i principii e i valori della Costituzione repubblicana.

In Italia oggi vivono oltre cinque milioni di persone cui e' proditoriamente negato il diritto democratico fondamentale: il diritto di voto.

Se quasi a una persona su dieci di quelle che vivono nel nostro paese e' negato il diritto di voto, l'Italia cessa di essere una repubblica democratica, dal momento che la democrazia si fonda sul principio "una persona, un voto". Ma l'Italia e' una repubblica democratica, quindi la nuova legge elettorale ha questo compito prima di ogni altro: riconoscere il diritto di voto ad oltre cinque milioni di nostri effettivi conterranei cui esso e' tuttora assurdamente negato.

La nuova legge elettorale inveri la democrazia.

Una persona, un voto. Il momento e' adesso.

*

Chiediamo a tutti i parlamentari non razzisti di unirsi ai centoquaranta deputati e senatori di diverse forze politiche che hanno gia' sottoscritto l'appello promosso da padre Alex Zanotelli e dalla partigiana e senatrice emerita Lidia Menapace (e da innumerevoli altre personalita' della societa' civile e delle istituzioni) che appunto chiede il riconoscimento del diritto di voto per tutte le persone che vivono in Italia.

Chiediamo a tutte le persone di volonta' buona che vivono in Italia di scrivere lettere ai parlamentari affinche' questa proposta venga legiferata.

Contrastiamo il razzismo con la democrazia.

Una persona, un voto. Il momento e' adesso.

*

Recita quell'appello: Il fondamento della democrazia e' il principio "una persona, un voto"; l'Italia essendo una repubblica democratica non puo' continuare a negare il primo diritto democratico a milioni di persone che vivono stabilmente qui.

Vivono stabilmente in Italia oltre cinque milioni di persone non native, che qui risiedono, qui lavorano, qui pagano le tasse, qui mandano a scuola i loro figli che crescono nella lingua e nella cultura del nostro paese; queste persone rispettano le nostre leggi, contribuiscono intensamente alla nostra economia, contribuiscono in misura determinante a sostenere il nostro sistema pensionistico, contribuiscono in modo decisivo ad impedire il declino demografico del nostro paese; sono insomma milioni di nostri effettivi conterranei che arrecano all'Italia ingenti benefici ma che tuttora sono privi del diritto di contribuire alle decisioni pubbliche che anche le loro vite riguardano.

Una persona, un voto. Il momento e' ora.

*

L'Italia non diventi un regime di apartheid.

L'Italia sia di guida all'Europa nel riconoscimento dei diritti di tutte le persone che realmente ci vivono; innanzitutto il primo diritto democratico: il diritto a partecipare alle decisioni comuni nel luogo in cui si vive.

Una persona, un voto. Il momento e' adesso.

*

Per aderire all'appello: centropacevt at gmail.com, crpviterbo at yahoo.it

Per dare notizia delle adesioni ai presidenti del Parlamento:

- on. Laura Boldrini, Presidente della Camera: laura.boldrini at camera.it

- on. Pietro Grasso, Presidente del Senato: pietro.grasso at senato.it

Una persona, un voto. Il momento e' adesso.

L'associazione "Respirare"

Viterbo, 25 luglio 2017

L'associazione "Respirare" e' stata promossa da associazioni e movimenti ecopacifisti e nonviolenti, per il diritto alla salute e la difesa dell'ambiente.

 

3. LA DEMOCRAZIA CONTRO IL RAZZISMO

 

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente.

Salvare le vite e' il primo dovere.

Una persona, un voto.

 

4. L'ITALIA NON SIA SUBALTERNA A UN'EUROPA RAZZISTA, MA SI PONGA ALLA GUIDA DELL'EUROPA ANTIRAZZISTA. UN APPELLO A TUTTI I PARLAMENTARI

 

Il Gruppo di lavoro su "La nonviolenza in Italia oggi", aderendo all'iniziativa "Una persona, un voto", invita tutti i parlamentari italiani ad aderire all'appello per il riconoscimento del diritto di voto per tutte le persone che vivono stabilmente in Italia.

*

l'Italia non sia subalterna a un'Europa razzista, ma si ponga alla guida dell'Europa antirazzista: l'azione necessaria e' il riconoscimento del diritto di voto per tutte le persone che vivono in Italia.

Perche' e' col riconoscimento del diritto di voto che s'invera la democrazia.

Perche' e' col riconoscimento del diritto di voto che si passa dalla sfera dell'arbitrio e della sopraffazione all'ambito dei diritti e della legalita' che salva le vite e rispetta la dignita' delle persone.

Perche' e' col riconoscimento del diritto di voto che si riconosce che il modo adeguato di prendere le decisioni non e' l'imposizione violenta del primato del piu' forte e del piu' malvagio bensi' il consentire ad ogni persona di esprimersi e di contribuire alla deliberazione in comune in condizioni di eguaglianza.

Perche' e' col riconoscimento del diritto di voto che l'Italia adempie la promessa e la premessa fondamentale della Costituzione repubblicana.

Perche' e' col riconoscimento del diritto di voto che l'Europa dei diritti umani prevale finalmente sull'Europa del colonialismo e del razzismo.

Perche' e' col riconoscimento del diritto di voto che tutti possiamo tornare umani.

*

Ci associamo pertanto alla richiesta a tutti i parlamentari di unirsi ai centoquaranta deputati e senatori di diverse forze politiche che hanno gia' sottoscritto l'appello "Una persona, un voto" promosso da padre Alessandro Zanotelli e dalla partigiana e senatrice emerita Lidia Menapace (e da innumerevoli altre personalita' della societa' civile e delle istituzioni) che appunto chiede il riconoscimento del diritto di voto per tutte le persone che vivono in Italia.

Recita quell'appello: Il fondamento della democrazia e' il principio "una persona, un voto"; l'Italia essendo una repubblica democratica non puo' continuare a negare il primo diritto democratico a milioni di persone che vivono stabilmente qui.

Vivono stabilmente in Italia oltre cinque milioni di persone non native, che qui risiedono, qui lavorano, qui pagano le tasse, qui mandano a scuola i loro figli che crescono nella lingua e nella cultura del nostro paese; queste persone rispettano le nostre leggi, contribuiscono intensamente alla nostra economia, contribuiscono in misura determinante a sostenere il nostro sistema pensionistico, contribuiscono in modo decisivo ad impedire il declino demografico del nostro paese; sono insomma milioni di nostri effettivi conterranei che arrecano all'Italia ingenti benefici ma che tuttora sono privi del diritto di contribuire alle decisioni pubbliche che anche le loro vite riguardano.

Una persona, un voto. Il momento e' ora.

*

Segnaliamo altresi' che il fondamento giuridico della proposta e' adeguatamente argomentato nella premessa del progetto di legge formulato anni fa dall'Anci (l'Associazione Nazionale dei Comuni d'Italia, che rappresenta tutti i Comuni italiani) recante "Norme per la partecipazione politica ed amministrativa e per il diritto di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e di nazionalita'" (progetto riferito alle sole elezioni amministrative, ma agevolmente estensibile anche alle elezioni politiche).

*

Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Salvare le vite e' il primo dovere.

Sconfiggiamo la violenza con il diritto.

Contrastiamo la barbarie con la democrazia.

Una persona, un voto.

Il gruppo di lavoro su "La nonviolenza in Italia oggi"

Viterbo, 27 luglio 2017

 

5. LA FISSAZIONE

 

Sanno pensare soltanto alla guerra

politica e' sinonimo di cannoniere

sicurezza e' fare i lager sotto casa

vendere bombe agli stragisti e' senso degli affari

chiamano modernizzazione l'universale apartheid

la carne umana e' il piatto forte del banchetto.

 

Che la loro rapina prosegua

e' l'unico bene l'unica legge

per chi pronuncia la parola uguaglianza

e' pronto il plotone d'esecuzione

a chi rivendica i diritti calpestati

e' gia' stato inviato il sicario

per mezzo euro non esiterebbero

a scatenare la fine del mondo.

 

6. RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. VLADIMIRO OGLIANOVI: ZOMBIE

 

D'accordo, che siamo brutti, sporchi e cattivi lo vede chiunque. Vorrei vedere voi, se foste morti, semiputrefatti, e con questa disgustosa e insopprimibile voglia di mangiare carne umana cruda.

Siamo ebeti, d'accordo. E voi la sera stravaccati davanti alla tv vi pare di essere tanto meglio?

Non sto cercando di ritorcere un bel niente, dico solo che e' facile il giochetto di disumanizzarci, e con la scusa che siamo gia' morti ammazzarci di nuovo.

Lo conosco l'argomento "o noi, o loro". Lo conosciamo tutti. Sarebbe ora di fare un passo avanti dal "mors tua, vita mea", no? E che diamine.

*

Per esempio i vampiri: coi vampiri vi ci siete messi d'accordo, no? E adesso sono gli eroi delle serie televisive. La vedo pur'io la televisione, mica vivo nelle caverne. Li' e' stato facile, si comprano in farmacia le sacche di plasma, e tutti contenti. Pero' coi vampiri e' facile: intanto sono tutti ricchi che i soldi gli escono dalle orecchie, poi vengono tutti da famiglie aristocratiche con un albero genealogico lungo una quaresima e con piu' titoli del Real Madrid, per non dire che papino e mammina li hanno fatti educare nei migliori collegi svizzeri, e hanno certi abiti da sera che se li comprano alle passerelle di Parigi come minimo. E fanno sport, si vede che fanno sport, si tengono in forma. E poi possono permettersi di dormire tutto il giorno, quando si hanno certe rendite, per questo la notte in discoteca sono cosi' vispi. Invece noi siamo sempre stanchi morti, non chiudiamo mai occhio, lavoro non te lo da' nessuno, non ci fanno neppure salire sugli autobus, tiriamo avanti con gli stracci che troviamo nelle discariche e qualche volta se ci aiuta la Caritas che pure li' mica sempre. E' chiaro che facciamo una pessima figura, sembriamo proprio degli zombi, che poi e' quello che siamo.

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Non si capisce niente quando parliamo? E' vero. Ma vorrei vedere voi con la meta' dei denti e che se ti viene un colpo di tosse sputi fuori le tonsille. E poi dove studiamo, eh? Per corrispondenza? Su Youtube? Se proviamo ad avvicinarci a qualche supermercato cominciate subito a spararci addosso e a farci scoppiare le teste come cocomeri, figurarsi se ci avvicinassimo a una scuola. Non dico che non abbiamo le nostre responsabilita', certo che le abbiamo, pero' pure voi: insomma, dovremmo riconoscere da una parte e dall'altra che qualche torto ce l'abbiamo tutti.

Io dico che tanto prima o poi conviene a tutti metterci d'accordo, tanto vale cominciare subito, no? Come coi vampiri. E magari poi pure coi lupi mannari, che mi fanno tanta pena, poveracci.

 

7. RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. VLADIMIRO OGLIANOVI: D'ACCORDO

 

D'accordo, d'accordo. Supponiamo pure che io abbia frequentato le persone sbagliate. Ammetterete che per un giovane appena arrivato in citta' non era facile distinguere. E supponiamo pure che i miei modi siano rozzi, che io non sia particolarmente intelligente, che lasci a desiderare la mia educazione e che le mie maniere siano volgari e violente. Supponiamo. Basta questo per tirarmi la croce addosso? Non la volete neppure sentire la mia campana? Io dico che avete proprio una bella faccia tosta, proprio una bella faccia tosta.

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D'accordo. E come si potrebbe non essere d'accordo. Se le cose fossero andate cosi'. Ma le cose sono andate cosi'? Siete proprio sicuri sicuri? Io dico che proprio sicuri sicuri non siete, altrimenti non stareste qui a chiedermelo, no? E allora lo vogliamo sentire quello che ha da dire il mostro, il cattivone, il nemico pubblico numero uno? Perche' se vi va di sentire la verita' vera io non aspetto altro che di dirvela, signori cari. La verita' vera, che si sa e' sempre un tantino piu' complicata, e magari alla fine mi dovete pure chiedere scusa, chi lo sa?

No, no, no. Non ci provate nemmeno. Non e' quello il mio campo, sono tutte calunnie. Il mio business e' tutt'altro. Lo sapete gia': intermediazione, procacciatore di affari, broker. Ne avete mai sentito parlare? Automobili usate, certo. Appartamenti. Ma anche molte altre cose. Tutto legale. E' chiaro che non compare, questa e' bella, se dovessi mettere tutto nero su bianco non sarebbe piu' una cosa basata sulla fiducia. Ma trovatemi un solo cliente che si e' lamentato. Tutti soddisfatti, e l'economia gira. Si', le tasse, te li raccomando quei ladroni del governo; e poi non le pago gia' quando metto la benzina? quando compro le sigarette? Non puoi neppure andare al cesso che gia' hai pagato la tassa, solo che neppure lo sai. E il canone della televisione, eh? Lasciate perdere, che pago piu' tasse io che tutti voi messi insieme.

No, proprio non ci siamo. No, no, siete proprio fuori strada. Addirittura. Sfruttamento? Ma come ve lo devo dire che mi occupo di tutt'altro? E' naturale che qualche ragazza la conosco anch'io. Vivo qui, si vede che ho qualche soldarello, e in piu' sono single. Che e' reato essere single? No, chiedevo. Se la conoscevo quella? Neanche per sogno. Puo' darsi pure che qualche volta una botta sara' capitata; perche', voi avete tutti fatto voto di castita'? Ma andiamo, per favore. Ce ne saranno dieci milioni di coltelli in questa citta', e chi ve lo dice che e' proprio il mio? Appunto, dopo quella volta non ho piu' voluto avere un coltello, la lezione mi era bastata, e poi all'epoca lo tenevo solo per difesa personale. Poi mai piu', anche perche' e' piu' comodo il telefonino: se mi sento in pericolo chiamo voi, no? E' naturale che non vi ho chiamato mai, non sono mai stato in pericolo. Sono una persona perbene, io, un uomo d'affari.

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D'accordo, d'accordo. Andiamo per ordine, allora.

 

8. RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. VLADIMIRO OGLIANOVI: FIDELIO

 

Si chiamava Fidelio ed eravamo cugini alla lontana. Era piu' giovane di me di qualche anno, cosi' da bambini e da ragazzi non ci siamo mai frequentati. Al paese sembra di conoscere tutti, ma prima dei vent'anni frequenti solo quelli che hanno piu' o meno la tua eta' o quelli che ci lavori insieme. Gli avevano messo nome Fidelio in onore di Fidel Castro, il padre era comunista ed era stato al confino al tempo del duce. Aveva una sorella piu' grande di nome Onorina. Era piu' grande anche di me e da ragazzo me ne ero innamorato, ma non le dissi mai niente, e penso che lei non se ne accorse mai. A quei tempi da noi tra ragazzi e ragazze si facevano vite separate. Poi lei si era sposata ed era andata ad abitare credo in Umbria o in Toscana, non l'ho vista piu' fino a ieri, al funerale di Fidelio. Io a lei l'ho riconosciuta, lei a me credo di no, comunque le ho stretto la mano e basta. Era imbruttita. Forse era brutta anche allora, ed ero io che non me ne accorgevo.

Con Fidelio cominciammo a frequentarci dopo che uscii di galera, che mi ero fatto diciassette anni. Ero entrato con una condanna per due, poi c'erano state le rivolte e io partecipavo sempre. Prima non avevo studiato, ho studiato in galera, non e' che ho letto parecchi libri ma ho sentito un sacco di discorsi: in quel periodo in galera entravano e uscivano un sacco di studenti, mi piaceva starli a sentire, ho imparato un mucchio di cose. Certo, dicevano pure delle scemenze grosse come una casa, pero' dicevano pure parecchie cose giuste.

Quando uscii di galera tornai al paese a dare uno sguardo, ma gia' avevo deciso di andarmene. A casa dei miei neppure ci passai. Arrivai che saranno state le dieci di mattina, scesi dal pullman in piazza ed entrai nel bar con l'intenzione di vedere se riconoscevo qualcuno e magari di chiedere qualche notizia, erano almeno dieci anni che non avevo piu' nessun contatto con nessuno, contavo sul fatto che non mi avrebbe riconosciuto nessuno, ero partito capellone e adesso avevo i capelli a spazzola e i baffi alla tartara. Ma nel bar non riconobbi nessuno, lo avevano pure ristrutturato e credo che avesse cambiato gestione ed era gente di fuori. Visto che c'ero mi feci un camparino e intanto pensavo di prendere il primo autobus che passava e andarmene per sempre.

Invece uno s'avvicina, dice "Posso?" e senza aspettare risposta si mette seduto dall'altro lato del tavolino, ci appoggia sopra i gomiti, avvicina il muso e fa: "Che te serve 'n posto pe' dormi'?". Io lo guardo interrogativo, e lui: "So' Fidelio, Fidelio del zi' Nenne. Da quant'e' che sei uscito?".

Sorrisi, gli dissi che ero solo di passaggio, comunque grazie. Lui annui' e riprese: "Se vede, se vede che se' de passaggio, comunque se te va de fermatte 'n letto e 'n piatto de pasta a casa mia c'e' sempre". "Grazie". "De gnente". S'alzo' e aggiunse: "C'e' 'n pulma tra cinque minuti, te convene d'anna' a 'spettallo a la fermata senno' manco se ferma". Cosi' feci.

*

Tre o quattro anni dopo ero a Milano per un lavoro e c'era una manifestazione dei metalmeccanici, siccome il lavoro era di sera tardi e adesso era mattina pensai di andare a vedere la manifestazione. Sono sempre un compagno. Ero li' che guardavo dal marciapiedi quando da un cordone del corteo uno col fischetto comincia a farmi segno con la mano, io non ero sicuro che ce l'avesse con me e restai indifferente. Allora usci' dal corteo, levo' il fischietto dalla bocca, mi si mise davanti e disse: "Ma propio nun me riconosci mai? So' Fidelio, Fidelio del poro Nenne". "Fidelio?", dissi io. "Fidelio", disse lui. "E che ci fai qui?". "E tu che dichi, sto a la manifestazione, no?". "Gia'". "Gia'". Poi aggiunse: "E tu?". "Di passaggio". "Come sempre". "Come sempre". Sembro' avere un'esitazione, poi disse: "Magari sarebbe da fa' du' chiacchiere". "Adesso?". "Adesso no, ma presto". "Magari". "Magari". Si giro' e a grandi passi riguadagno' il suo cordone. Aveva una tuta blu, il fischietto legato a una cordicella e sulla testa un cappello alla muratora fatto col giornale.

Col lavoro che faccio si diventa superstiziosi. Tutti i colleghi che conosco lo sono. Una delle cose che aborriamo come la peste e' incontrare qualcuno che conosciamo quando dobbiamo andare a fare un lavoro. Porta male.

La volta che mi presero e che poi tra una cosa e l'altra mi feci diciassette anni al fresco, mi ricordero' sempre che il giorno prima mentre facevo il sopralluogo passo' un prete che mi chiese l'ora, io gli dissi che non avevo l'orologio (che invece ce lo avevo ma non volevo perder tempo e correre il rischio di restare incastrato in una conversazione di cortesia e farmi ricordare da qualcuno) e quel corvaccio disse allora: "grazie comunque, e poi sa come si dice?". Io scossi la testa per far segno di no, e quello, sorridendo beatamente come se dicesse chissa' quale gran spiritosaggine: "E' sempre l'ora giusta per ripensarci". Me lo ricordo come se fosse adesso, mi parve di sentire una freccia che mi trapassava. Quella notte mi presero.

Quel giorno a Milano restai indeciso tutto il pomeriggio se fare il lavoro o lasciar perdere. Poi lo feci. Ando' bene, ma non benissimo. Dovetti ammazzare uno, e io odio la violenza e tutto il dannato clamore e tutte le dannate complicazioni che si porta dietro. La notte stessa sul treno con cui me ne andavo dalla dannata Lombardia giurai a me stesso che se rivedevo Fidelio lo menavo per avermi fatto ammazzare quello. Sono stupidaggini che si pensano per la rabbia, e' chiaro che quando lo rividi non gli feci niente. Che c'entrava lui, ero io che dovevo rinviare il lavoro.

*

Lo rividi qualche anno dopo e stavolta fui io a riconoscerlo. Non ci voleva molto, ero andato a cercarlo al paese e lo aspettai a casa sua. Dissi alla moglie che ero suo cugino e lei mi fece entrare che sarebbe tornato presto, erano le sette di sera. Mi chiese se mi fermavo a cena, dissi di no, che dovevo ripartire subito. Ero venuto apposta con l'automobile. Aspettai. Quando arrivo' gli dissi: "E allora, ci si rivede". Ma lui non mi riconobbe stavolta. Era smarrito, confuso, lo sguardo acquoso, quello che mi aveva detto Pitello era vero. Sua moglie gli disse chi ero, allora lui sorrise un sorriso stanco e disse: "Ti fermi a cena, si'?". Tremava.

Pitello lo avevo incontrato a Roma qualche settimana prima, era pure lui del paese, ed era un amico. Quando mi avevano preso quella volta c'era pure lui, ma io feci una scazzottata con gli sbirri e cosi' lui riusci' a fuggire, con la roba. E siccome eravamo distanti dal'appartamento che avevamo fatto, e io non avevo addosso niente, fini' che passo' la mia versione che ero ubriaco e mi diedero oltraggio, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Non dissi mai una parola. Restai dentro diciassette anni, ma ero stato condannato a due, il resto fu per le rivolte. Il lavoretto era stato una bella chiappata e se la godette tutta Pitello. Quando uscii non andai neppure a cercarlo, dopo cosi' tanti anni che volevi fare, niente.

Invece mi trovo' lui qualche anno dopo. Faceva ancora lo stesso lavoro, e io lo stesso. Mi propose di rimetterci a lavorare insieme ma a me non mi andava piu', preferivo lavorare da solo. Mi chiese se mi doveva dare qualcosa. Gli dissi di lasciar perdere. Pitello. Poi l'ho rivisto diverse volte, a un bar vicino alla stazione Termini. Lui abitava a Roma da quelle parti, casa non l'ho mai saputa. Ma quando passavo da Roma col treno mi fermavo sempre qualche ora a quel bar e una volta su tre prima o poi spuntava Pitello che li' ovviamente si chiamava in un altro modo.

A farla breve, fu Pitello che una di quelle volte mi disse che Fidelio se la passava male. Non stavamo parlando di Fidelio, quando ci vedevamo parlavamo prima di lavoro e poi in genere della gente che conoscevamo al paese, io non ci ero piu' stato ma Pitello ci passava spesso perche' ci aveva ancora i parenti. E cosi' mi teneva aggiornato di questo e di quello. E scappo' fuori il nome di Fidelio. Aveva avuto un incidente in fabbrica e aveva perso una mano; pero' gli avevano dato la colpa, e poi l'avevano cacciato perche' senza una mano li' non poteva piu' lavorare. Adesso campava di lavoretti quando capitava, qualche giornata come uomo di fatica. Sentiva sempre un dolore ai nervi del braccio monco e aveva cominciato a farsi, e poi a spacciare per potersi comprare la roba. La moglie poi era la Ninettaccia "che magari te la sarai ripassata pure tu ai bei tempi, eh?", e che la Ninettaccia ci aveva l'epatite lo sapevano tutti, e chissa' che altro; e con tutto questo avevano messo al mondo tre ragazzini che bastava guardarli per capire che a vent'anni non ci sarebbe arrivato nessuno.

Non lo so perche', ma dopo quella chiacchierata con Pitello mi venne in mente di fare un salto al paese a trovare Fidelio, per vedere come stava e se potevo fare qualcosa per lui. Io non sono per la beneficenza, sia chiaro: io sono per la lotta di classe. E col lavoro che faccio non posso permettermi di farmi notare. Non ho amici ne' parenti. La gente con cui ho rapporti d'affari, chi mi commissiona i lavori, chi piazza la roba che gli porto, e' tutta gentaglia che se trovasse un compratore venderebbe i propri figli seza esitare. Dove abito non lo deve sapere nessuno, cambio casa e paese piu' spesso delle scarpe. Non ho il telefono. Non vado neppure nell'ufficio di Sarastro a sentire se c'e' qualche lavoretto da fare, ne' nel retrobottega di Alibbabba' a consegnare la merce e ritirare la grana: mando sempre un regazzetto che recluto per la bisogna alla stazione, ogni volta diverso, e quando lo incontro prima mi travesto, e una volta uno di quelli si credeva di essere furbo e mi tocco' ammazzarlo, che e' una cosa che odio.

Pero' Fidelio lo volevo aiutare. Intanto per rispetto del suo defunto padre, che era stato il segretario della sezione del partito comunista del paese e lo avevano sempre perseguitato e si era sempre fatto in quattro per aiutare tutti. Ed era morto povero in canna come era vissuto. E poi pure per Fidelio, che da quanto mi aveva raccontato Pitello era sempre stato uno bravo, fino all'incidente. E sarebbe stato bravo pure dopo se non fosse stato per il dolore e il bisogno della roba per calmarlo.

*

Cosi' quando Fidelio entro' gli dissi che ero di passaggio e avevo fretta pero' mi faceva piacere se facevamo un salto al bar. Chiesi scusa alla signora e uscimmo. Era inverno, era buio. "Ho saputo che te la passi male", dissi. "Peggio di quanto t'immagini", disse. "Non lo so se peggio", dissi. "Peggio", disse. "Magari ti possa dare una mano". "Magari si'". "Quanto ti potrebbe servire?". "No, non e' questo". "E che allora?". "Liberami". "Liberarti?". "Liberarmi". "E tua moglie, e i bambini?". "Pure loro". "E che c'entrano loro?". "Sono malati, tutti, e' grave, senza scampo". "E allora?". "La miseria da sola si regge. Pure la sofferenza da sola si regge. Ma la miseria e la sofferenza insieme no. Ti aspettavo". "Mi aspettavi?". "Ero sicuro che saresti venuto". "Sicuro?". "Sicuro". "Fammi capire, che vorresti?". "Hai capito". "Ho capito?". "Hai capito. Avevi gia' capito, apposta sei venuto di sera, d'inverno, al buio, con la macchina". "E come te lo immagini?". "Prima a me. Poi a loro. Dentro casa, come fosse una rapina, o una spedizione punitiva. Se sei qui lo sai gia' che sono diventato uno spacciatore, che ho un sacco di debiti con gli strozzini, e qualche scoppiato sulla coscienza, e l'aids che mi raspa le viscere e l'anima con certi artigli che non ci si crede finche' non ti tocca. Lo fai, metti la casa un po' in disordine. Di roba di valore non c'e' niente, mi dispiace, ma vorrei che prendessi il fazzoletto rosso di mio padre, per ricordo, lo so che sei un compagno pure tu, lo so quello che hai fatto quando eri in galera". "Non lo posso fare". "Sei l'unico che conosco a cui posso chiederlo, l'unico che conosco che so che lo puoi fare". Poi aggiunse: "Un'altra cosa: ho lasciato una lettera - ce l'ha Ruggero del bar, da parecchio tempo - con cui chiedo un funerale laico e la cremazione". Poi aggiunse: "Pero' preferirei che non ci fossero le bandiere rosse, non ne sono piu' degno". Aveva la faccia di uno che cerca di trattenere le lacrime. Faceva pena e schifo insieme. Io tacevo, lui disse: "Adesso rientriamo, ce l'hai il coltello?". Non dissi niente.

*

Il funerale la sorella volle che fosse in chiesa, non so se Ruggero tiro' mai fuori la lettera, forse neppure c'era quella lettera. I compagni della sezione, che era intitolata a suo padre, concordarono col prete che le bandiere rosse in chiesa no, ma poi nel corteo funebre fino al camposanto si', e cantarono l'Internazionale. Io ero confuso tra i forestieri, c'erano diversi operai della fabbrica dove aveva lavorato e nessuno di loro era del paese (la fabbrica si trovava in un altro comune, distante una cinquantina di chilometri), e un po' di ragazzotti cogli occhi cerchiati che ridevano sempre e tremavano tutti. Pitello non c'era. Dietro la bara di fianco alla sorella, giunonica, la Ninettaccia e i tre figli sembravano fantasmi, si vedeva che sarebbero morti presto.

Il fazzoletto rosso del zi' Nenne ce l'ho io.

 

9. IL GOVERNO SI FERMI E RIFLETTA

 

Il governo italiano, subalterno alla delirante propaganda della destra razzista e fascista ed a grotteschi sofismi nazionalisti e sciovinisti, sta commettendo un ennesimo tragico errore.

Si fermi, e rifletta.

*

Ascolti un breve ragionamento che da anni vanno svolgendo tante persone sollecite del pubblico bene, le persone che sanno che il mondo e' ormai interconnesso; che vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera; che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'; che l'unica politica adeguata alle drammatiche questioni presenti e' la scelta concreta e coerente della nonviolenza, ovvero della condivisa responsabilita' accudente per l'umanita' tutta e per tutto il mondo vivente. Le persone che sanno che le frontiere sono obsolete; che le guerre e gli eserciti e le armi sono nemici dell'umanita'; che nessuno puo' salvarsi da solo ma tutte e tutti siamo uniti da un unico destino di vita o di morte, quelle che l'indimenticabile Ernesto Balducci chiamava "le tre verita' di Hiroshima".

*

C'e' un solo modo per far cessare il barbaro e sanguinario mercato illegale di esseri umani, c'e' un solo modo per annientare le mafie schiaviste e assassine dei trafficanti: riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di muoversi sull'intero pianeta casa comune dell'umanita'; consentire a tutti di giungere nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro.

Ripetiamolo: riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di muoversi sull'intero pianeta casa comune dell'umanita'; consentire a tutti di giungere nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro.

Per tre volte diciamolo: riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di muoversi sull'intero pianeta casa comune dell'umanita'; consentire a tutti di giungere nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro.

*

Perche' solo cosi' si riconoscera' a tutti gli esseri umani il diritto a salvare e migliorare la propria vita.

E solo questo indurra' i governi del Nord ricco del mondo (e ricco perche' lungamente rapinatore), ed in particolare quelli dell'Europa del benessere, a cessare di fare le guerre; solo questo indurra' quei governi a leggi che fermino la catastrofe climatica; solo questo indurra' quei governi a rompere ogni complicita' con i poteri economici e finanziari rapinatori e schiavisti; solo questo indurra' quei governi a rompere ogni complicita' con i poteri politici e militari mafiosi e assassini; solo questo indurra' quei governi a una politica di cooperazione internazionale che in tutto il mondo consenta condizioni di vita degne.

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E solo questo rendera' democratici i governi dei paesi democratici dell'Europa del benessere.

Ma per ottenere questo occorre inverare la democrazia riconoscendo subito il diritto di voto a tutte le persone residenti nei nostri paesi, quale che sia il loro paese d'origine.

Per ottenere questo occorre far valere subito e per tutte e tutti il principio fondamentale della democrazia: una persona, un voto.

Come e' scritto nell'appello promosso da padre Alessandro Zanotelli e dalla partigiana e senatrice emerita Lidia Menapace, e sottoscritto gia' anche da centoquaranta parlamentari, "Vivono stabilmente in Italia oltre cinque milioni di persone non native, che qui risiedono, qui lavorano, qui pagano le tasse, qui mandano a scuola i loro figli che crescono nella lingua e nella cultura del nostro paese; queste persone rispettano le nostre leggi, contribuiscono intensamente alla nostra economia, contribuiscono in misura determinante a sostenere il nostro sistema pensionistico, contribuiscono in modo decisivo ad impedire il declino demografico del nostro paese; sono insomma milioni di nostri effettivi conterranei che arrecano all'Italia ingenti benefici ma che tuttora sono privi del diritto di contribuire alle decisioni pubbliche che anche le loro vite riguardano. Una persona, un voto. Il momento e' ora".

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Il primo diritto e' il diritto alla vita.

Il primo dovere e' salvare le vite.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo con la democrazia si sconfigge il terrore e la barbarie.

Solo con la nonviolenza l'umanita' e la biosfera potranno essere salvate.

Il governo non commetta un tragico errore.

Il Parlamento sancisca nella nuova legge elettorale il concreto riconoscimento del fondamento della democrazia: una persona, un voto.

L'Italia faccia cessare il barbaro e sanguinario mercato illegale di esseri umani e sconfigga le mafie schiaviste e assassine dei trafficanti con l'unico provvedimento adeguato: riconoscendo a tutti gli esseri umani il diritto di muoversi sull'intero pianeta casa comune dell'umanita', consentendo a tutti di giungere nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro.

La regola aurea dell'umano condursi e': agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero nei tuoi confronti.

 

10. OGNI ARMA SEMPRE UCCIDE

 

Ogni arma sempre uccide.

Solo il disarmo salva le vite.

 

11. RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. VLADIMIRO OGLIANOVI: ANIMALI DOMESTICI

 

L'unico animale domestico che la mia casa possa vantare e' un geco. Oltre me, s'intende.

Passiamo le ore a guardarci: lui appiccicato al soffitto e io sotto a chiedermi come fa a non cadere. Magari lui si chiede come faccio a stare seduto. Credo che ci siamo simpatici a causa della nostra comune bruttezza e del nostro comune piacere per l'immobilita'. Non l'ho mai visto muoversi. Ma ogni volta lo trovo in un posto diverso. Quando lo trovo, perche' per giorni non si vede.

Chissa' dove va.

E chissa' perche' io resto sempre qui.

 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVIII)

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Numero 261 del 3 agosto 2017

 

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