[Nonviolenza] Archivi. 213
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- Date: Thu, 17 Nov 2016 18:34:01 +0100 (CET)
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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVII)
Numero 213 del 17 novembre 2016
In questo numero:
1. Alcuni testi del mese di settembre 2016 (parte terza)
2. Una sola umanita'
3. Lazzaro Casusceri: Il professor Dracula
4. Un'equivalenza
5. Commemorato Steve Biko a Viterbo
6. Il primo principio
7. Lucio Emilio Piegapini: Come i Blues Brothers?
8. Lazzaro Casusceri: La grande pioggia
9. Esattamente come in Cile nel 1988
10. E' arrivato l'ambasciatore
11. Se lo dice l'ambasciatore
12. No al folle invio di centinaia di soldati italiani nel carnaio libico
13. Lo stupro infinito
14. Nuove furberie di Scapino
15. Lucio Emilio Piegapini: Un'avventura di Ercolino Semprimpiedi
16. Lazzaro Casusceri: Io e il Corsaro Nero
1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI SETTEMBRE 2016 (PARTE TERZA)
Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di settembre 2016.
2. UNA SOLA UMANITA'
Cessare di uccidere.
Salvare le vite.
Tu sei l'altro dell'altro.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
3. LAZZARO CASUSCERI: IL PROFESSOR DRACULA
Il professor Dracula, che adesso si fa chiamare Humbert Humbert, insegna francese al liceo della citta'.
E' stimato da tutti per le sue capacita' didattiche ed anche per quel certo non so che, per quello charme (voici le mot juste) del suo tratto aristocratico e della sua pronuncia mitteleuropea. Nonostante lo svantaggio di quel nome, diciamolo francamente, un po' ridicolo con la sua reduplicazione buffa e inquietante (quale e' il nome, quale il cognome?), da doppio, da sosia, da specchio. Ma anche il professor Asor Rosa ha un cognome palindromo, no? Il che non gli ha impedito una brillante carriera accademica. Anzi, vi e' chi sostiene che quel nome incrementi il suo fascino proprio perche' cosi' piccolo borghese: poi quando incontri il professore ti fa ancora piu' impressione.
Assomiglia a Bela Lugosi, quell'attore dei film horror quando a Hollywood sapevano ancora fare il cinema. Non so se lo imiti consapevolmente, o se e' soltanto per la comune origine in quel pezzo d'Europa che e' Europa due volte ed insieme e' l'Europa del mondo di ieri, quando tutti eravamo viennesi, e polacchi e magiari. La classe non e' acqua.
A scuola ha fatto subito colpo sulle colleghe e sulle allieve, con la sua dolcezza, la sua mitezza, e quel retrogusto di nostalgia, di segreto dolore, di letture kafkiane. Ma strano a dirsi non suscita invidia tra noi colleghi maschi (che invece per solito ci odiamo con anima e corpo e non perdiamo occasione per esercitare l'un contro l'altro l'arte sottile e divoratrice della maldicenza, specialmente nei confronti di chi sembra avere un qualche successo mondano con l'altra meta' del cielo). Pallido ed emaciato, non posa a Byron o a Keats, a Baudelaire o a Rimbaud, come fa la maggior parte dei docenti di letteratura; e non si mette orecchini e non si fa tatuaggi, come invece quasi tutto il corpo insegnante di sesso maschile, che cercano di ringiovanirsi con grevi espedienti masochistici e poi finiscono sempre per tradire la loro tarda eta' parlando di Lou Reed o di Iggy Pop. No, il professore veste con taglio classico e classico e' il suo portamento, il suo aspetto, guanti e monocolo compresi, da compito gentiluomo.
E le sue lezioni, bisogna ammetterlo, sono capolavori di buon gusto. Riesce a parlare a bassa voce in un silenzio che definirei sepolcrale, mentre tutti noi dobbiamo usare la frusta per riuscire a far tacere quelle belve ululanti e affamate solo di sesso e violenza, che mentre ci sforziamo di dispensar loro il pane degli angeli sotto il banco sbirciano i porno su youtube o giocano a Dungeon and Dragons.
Per quel che se ne sappia non fa vita sociale. Arriva a scuola praticamente prima dell'alba che nessuno la mattina e' mai riuscito a metter piede in sala professori senza gia' trovarcelo, ed esce dopo il tramonto, perche' il pomeriggio fa i corsi di recupero fino a sera e tanto di cappello perche' io con quegli zucconi i miei pomeriggi non ce li spreco di sicuro, e invece lui si'. Ed e' l'eroe dei bidelli, degli inservienti di mensa, degli applicati di segreteria: quando esce dall'aula puoi star tranquillo che non c'e' una cartaccia o una lattina per terra o sotto i banchi, e non e' che dica niente, e' che gli studenti sanno che ci tiene alla pulizia e al decoro e si adeguano spontaneamente (con me, invece, meglio che non vi dica niente, sono dei barbari, dei barbari); a mensa non mangia nulla ma siede tra gli studenti e nei tavoli intorno a lui cessano le battaglie di molliche di pane, non s'ode schiamazzo alcuno, e quando i commensali si alzano sembra il refettorio di un monastero benedettino, mentre di solito e' il risveglio dal baccanale; e quando un amministrativo ha un problema di interpretazione di una circolare ministeriale, o ha una rogna con qualche genitore - e i genitori dei nostri allievi, non so com'e', ma sono tutti lottatori di sumo e pendagli da forca -, ebbene, gli chiede un consiglio, o di interporre i suoi buoni uffici, e di colpo ogni nodo si scioglie, ogni ringhio si fa festoso uggiolio, il giorno s'illumina.
Tutti noi che facciamo questo mestiere quando abbiamo cominciato eravamo animati da sacro furore, Barbiana o morte; e' bastato un trimestre per convincerci alla misantropia piu' nera e a dedicare ogni nostro sforzo in orario scolastico alla lettura del Corriere dello sport. Invece lui sembra la vocazione del pedagogo fatta persona, l'imperativo categorico in marsina, il magister vitae asceso in cattedra. E proprio qui nel nostro istituto, che i teppisti del Seme della violenza in confronto sembrano il circolo Pickwick, o Tre uomini in barca (per non parlar del cane).
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Siamo restati tutti stupefatti quando abbiamo saputo.
4. UN'EQUIVALENZA
Nonviolenza, convivenza.
Salvare le vite, il primo dovere.
5. COMMEMORATO STEVE BIKO A VITERBO
Il 12 settembre 2016 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani", e' stato commemorato il martire della lotta antirazzista Steve Biko, nell'anniversario della morte avvenuta il 12 settembre 1977 a Pretoria in Sudafrica per mano dei sicari del regime dell'apartheid.
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Le persone partecipanti all'incontro hanno ancora una volta rivolto un appello al parlamento italiano per due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia: riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro; riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.
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Steve Biko, intellettuale sudafricano, nato nel 1946, fondatore del movimento della Black Consciousness, fu assassinato nel 1977 dalla polizia politica del regime razzista. Tra le opere su Steve Biko fondamentale e' la testimonianza biografica di Donald Woods, Biko, Sperling & Kupfer, Milano 1988.
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Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Vi e' una sola umanita' composta di persone tutte diverse l'una dall'altra e tutte eguali in dignita' e diritti, in un unico pianeta casa comune dell'umanita' intera.
Cessare di uccidere, salvare le vite.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Abolire la guerra, il razzismo, il maschilismo.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
6. IL PRIMO PRINCIPIO
Tu non uccidere.
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Il primo diritto e' non essere uccisi.
Il primo dovere e' salvare le vite.
Solo la nonviolenza si oppone alla violenza.
Solo facendo il bene si puo' sconfiggere il male.
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Tu non uccidere: e' il primo principio, il primo passo per la salvezza comune.
7. LUCIO EMILIO PIEGAPINI: COME I BLUES BROTHERS?
"Siamo in missione per conto di Dio". "Come i Blues Brothers?". "Come i Blues Brothers". Li' per li' non gli diedi peso, se ne dicono tante.
Io faccio questo di mestiere, ho l'armeria. Se fossi un pasticciere avrei una pasticceria e venderei torte e paste e biscottini, e' naturale, ma io ho un'armeria, e che volete che venda?
No che non mi piace Rambo, sono una persona normale, voglio vivere tranquillo e non cerco rogne. Se fosse illegale non farei questo lavoro. I miei clienti sono cacciatori e sportivi. Anche pescatori, si'. Se vi dicessi quanti controlli, neppure ci credereste. Si fa tutto il possibile per evitare che le armi finiscano nelle mani sbagliate. Lo so, lo so quello che dice quello, che sono sbagliate tutte. Ma quello e' per l'abolizione di tutte le armi. Io potrei pure essere d'accordo, ma allora cominciasse il governo a proibire le industrie che le fabbricano, no? Invece che fa il governo? Va in giro per il mondo a venderle, va a fare il piazzista per l'industria armiera, questa e' la verita', non mi fate parlare. Perche', ci sono andato io in Arabia Saudita? Allora. Se comincia il governo a me sta benissimo, non e' che questo lavoro io me lo sono sposato, eh. E' chiaro. E' chiaro. Finche' ce l'ho me lo tengo, anzi: se a mio figlio gli va io poi il negozio glielo lascio. Di questi tempi. No che non si guadagna, ma insomma ci si campa. Adesso mio figlio studia, ma un domani e' sempre meglio avere un negozio che dover andare in giro a bussare a tutte le porte, no? Io almeno la vedo cosi'. C'e' qualcosa di strano? C'e' qualcosa di male?
Ah, si'. Insomma si presentano quelli. Io pensavo che erano cacciatori visto come si vestivano. Oppure militari. Certo, a ripensarci adesso poteva sembrare strano, non dico di no, ma se sentiste i discorsi che si fanno al bar o dal barbiere. Da quale barbiere vado? Ma che c'entra? Era per modo di dire. No che non ve lo dico da quale barbiere vado. E neppure il bar. Ma chi siete? Ma quale libera stampa, ma lasciatemi in pace.
Hai visto? E' tutti i giorni cosi'. Ma che ne sapevo io? Quello che so l'ho gia' detto in Procura, certo, quando mi hanno convocato. No, una cosa civile, m'hanno offerto un caffe' e mi hanno fatto chiacchierare. Io gli ho detto tutto, che non avevo proprio niente da nascondere. E poi che avevo da dire? Niente. Solo quello che avevamo detto con quelli li'. Ma saranno stati cinque minuti, dieci minuti in tutto. Certo, l'ordinazione era bella grossa, ma se aprivano un tirassegno e' chiaro che di materiale gliene serviva. E non e' che capita tutti i giorni. A me non era capitato mai. Avevano tutti i documenti, tutti. Con quell'affare incassavo in un colpo solo piu' che in sei mesi di lavoro. E che dovevo fare, come quello che per far dispetto alla moglie? Io ho l'armeria, vendo proprio quella merce.
Ho fotocopiato tutto, ho mandato tutto pure ai fornitori, potevano controllare pure loro, no?
Che dicevano? Oltre che erano in missione per conto di Dio? Ma io pensavo che si scherzava, anzi, coi cacciatori se ne dicono di peggio. Comunque. Questo dicevano: che la societa' stava decadendo ed era colpa del neopaganesimo, si', dicevano neopaganesimo, che nessuno credeva piu' nei valori, nell'onesta', nel rispetto. Le cose che diciamo tutti cento volte al giorno. E che era ora di punire i malfattori che stavano distruggendo le fondamenta stesse della civile convivenza, e che a certa gentaglia che rubava dalla mattina alla sera bisognava tagliargli le mani, e a chi non si stignava bisognava tagliargli pure la capoccia, si'. E che davanti a quello schifo di quelli che violentavano i ragazzini ci voleva la pena di morte. Che l'occidente aveva perso il senso morale, il rispetto della verita', che invece di fare la volonta' di Dio ogni imbecille voleva decidere lui cos'e' bene e cos'e' male e poi si vede dove si va a finire. Cose cosi'. C'era qualcosa di male?
Terroristi, si', certo, adesso che hanno fatto quello che hanno fatto lo so pur'io che erano terroristi, ma quel giorno che si chiacchierava non mi pareva che dicessero cose tanto strane. Mi sbaglio?
8. LAZZARO CASUSCERI: LA GRANDE PIOGGIA
Pioveva, pioveva, pioveva.
Erano giorni, settimane che pioveva. Ininterrottamente.
Lo zio decise che bisognava fare qualcosa. Lo sapete anche voi com'e fatto, quando si mette in testa una cosa non c'e' verso di fargli cambiare idea.
"Bisogna fare una barca". "Una barca?". "Si', una barca per poterci muovere e portare la roba al mercato, visto che le strade sono tutte un fiume di fango allora noi usiamo il torrente, che ormai si e' bello ingrossato, mi pare".
"Secondo me e' meglio aspettare che spiove", disse mio cugino Sammy. Ma lo sapete com'e' lo zio: "E da quando in qua decidono i ragazzini? Ho detto che si fa la barca e si fa la barca".
Il problema e' che nessuno di noi aveva la benche' minima idea di come si costruiva una barca, ma lo zio era irremovibile: "Una barca e' un cassone bello grosso, che ci vuole?". Per esperimento prendemmo un tavolino malandato, inchiodammo delle tavole alle zampe e provammo a vedere se si reggeva a galla, ma l'acqua entrava dalle scommessure, e poi entrava pure da sopra perche' continuava a piovere e finche' lavoravamo nel garage tutto bene, ma quando la portammo al torrente fu un fallimento.
Figurarsi mio zio: "Non siete buoni a fare un cavolo di niente. E potevamo vincere la guerra?". Che io e i miei cugini ci chiedevamo che c'entrava la guerra.
A Jeff gli venne un'idea: "La botte grossa. Secondo me la botte grossa funziona". Bella idea, e il vino dove lo mettevamo? Si spremette le meningi pure Sammy: "Magari la vasca da bagno, io dico che per la navigazione lo zinco funziona meglio del legno". Adesso, e' vero che pioveva da settimane, ma quando smetteva la vasca da bagno tornava a servire, no? Pure Cam - che e' l'altro figlio dello zio, sono tre fratelli - voleva dire la sua, ma lo zio appena vide che stava per aprire bocca gli disse: "Tu sta' zitto che gia' hanno chiacchierato troppo questi due. Quando sono presenti i vecchi i giovani devono stare zitti, ascoltare e imparare. E' chiaro? Lo sapete voi quando dovete parlare?". Rispondemmo in coro: "Quando pisciano le galline". Lo diceva sempre.
Intanto non si lavorava e stavamo tutto il giorno a casa a guardare la televisione. Il telegiornale diceva che pioveva dappertutto e faceva vedere tutti posti allagati. Era una cosa gagliarda. Cosi' si poteva fare una nuotata senza dover andare al mare. Intervistavano pure gli esperti, ma noi cambiavamo subito canale per cercare le partite.
A dire il vero tutta 'st'acqua adesso faceva un un bel po' di danni. Lo zio era sempre nervoso e maltrattava tutti quanti. Maltrattava sempre tutti quanti, da quando era morto il nonno si sentiva addosso la responsabilita' di tutta la famiglia, ed eravamo una famiglia bella grossa, i nonni ai tempi loro sfornavano un figlio all'anno. A quei tempi non c'erano tutte le distrazioni di oggi, e allora dopo cena che facevano? Non e' che uno si addormenta subito. Lo zio voleva studiare, ma era finita che essendo il fratello piu' grande quando il nonno mori' dovette fare il capofamiglia e allora giu' a lavorare e a far rigar dritto tutti i fratelli, le sorelle, e poi i cognati, le cognate, e la moglie, che di tutti i fratelli fu l'ultimo a sposarsi proprio lui che era il piu' grande, e poi col tempo anche i figli e i nipoti, e le nuore, e i figli dei figli e dei nipoti, che eravamo ormai una masnada e all'ora di pranzo e di cena tutti avevamo una fame da lupi. Povero zio.
E intanto pioveva, pioveva.
"Ci sono arrivato", disse lo zio una sera, "non dobbiamo fare solo una barca, dobbiamo fare un'arca". "Un'arca, e che e'?". "Una barca grossa, ma grossa parecchio, che c'entriamo tutti quanti". "Come un rifugio antiatomico?", chiese Sammy. "Piu' grossa ancora, ci mettiamo pure le bestie". "Pure le bestie?". "Non tutte, una coppia per razza". "Una coppia per razza?". "Ma che c'e' l'eco in questa casa? Non sapete dire una parola vostra, solo ripetere le mie?". Lo zio s'arrabbiava subito, s'arrabbiava sempre: se dicevi le cose che diceva lui s'arrabbiava perche' ripetevi le cose gia' dette, se dicevi il contrario s'arrabbiava perche' non voleva essere contraddetto, se non dicevi niente allora eri muto e "testa che non parla si chiama cucuzza", se dicevi una cosa che non c'entrava rischiavi che ti rifilava un ceffone, era fatto cosi', s'arrabbiava sempre.
"E come la chiamiamo 'sta barca?", disse Jeff. "Arca, ho detto, no barca, arca, porca miseria". "Arca, arca, e come la chiamiamo?". "Perche', bisogna per forza dargli un nome?". "Per forza no, ma visto che e' una cosa che facciamo noi e' meglio se gli diamo un nome, per non farci fregare l'idea, no?". Certe volte Jeff non era mica stupido. Pure lo zio dovette dire di si', che un nome era meglio darglielo.
Ebbi un'illuminazione: "E come volete che la chiamiamo? col nome dello zio, no? La chiamiamo l'arca di Noe'".
La faccenda ando' cosi'.
9. ESATTAMENTE COME IN CILE NEL 1988
Ahime', sono la persona che da tempo sostiene che al prossimo referendum costituzionale occorre votare No esattamente come in Cile nel 1988, "senza odio, senza violenza, senza paura".
Il paragone con il Cile del 1988 e' tutto li', e mi sembra che sia difficile negare l'analogia: in Cile nel 1988 votando No la popolazione abbatte' la dittatura di Pinochet; in Italia votando No al prossimo referendum si difendera' la Costituzione democratica e antifascista da un vero e proprio golpe che ne distrugge le fondamenta stesse.
Non sono certo io, povero vecchierello (anzi: vecchierello povero), che ho voluto trasformare il referendum in un plebiscito sul Presidente del Consiglio dei Ministri, ma il Presidente stesso, e tardi si e' accorto dell'errore commesso.
Ma occorre votare No alla riforma costituzionale non (non solo) per la torsione plebiscitaria voluta dal Presidente del Consiglio, ma precisamente per respingere la sostanza della riforma.
E se posso riprodurre il testo di un "appello nonviolento per il No" che con alcune persone amiche abbiamo elaborato e diffuso nelle scorse settimane, i motivi sono i seguenti.
"Il Parlamento, l'istituzione democratica che fa le leggi, deve essere eletto dal popolo, e deve rappresentare tutti i cittadini con criterio proporzionale.
Ma con la sua riforma costituzionale il governo vorrebbe ridurre il senato a una comitiva in gita aziendale, e con la sua legge elettorale (il cosiddetto Italicum) vorrebbe consentire a un solo partito di prendersi la maggioranza assoluta dei membri della camera dei deputati anche se ha il consenso di una risibile minoranza degli elettori, e con il "combinato disposto" della riforma costituzionale e della legge elettorale il governo, che e' gia' detentore del potere esecutivo, vorrebbe appropriarsi di fatto anche del potere legislativo, rompendo cosi' quella separazione e quell'equilibrio dei poteri che e' la base dello stato di diritto.
Se prevalessero le riforme volute dal governo sarebbe massacrata la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista, sarebbe rovesciata la democrazia, sarebbe negata la separazione dei poteri e quindi lo stato di diritto".
*
E' tutto qui. Per questo al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.
Senza odio, senza violenza, senza paura.
*
Dimenticavo: io me lo ricordo bene il golpe cileno, ero gia' un militante politico della sinistra italiana allora, e naturalmente prendevo parte alle iniziative del movimento che cercava di aiutare le vittime. Continuo ancora oggi, cercando di aiutare le vittime delle dittature e delle guerre, di tutte le dittature e di tutte le guerre, anche quelle di cui il governo italiano e' criminale complice.
10. E' ARRIVATO L'AMBASCIATORE
Per fortuna che c'e' l'ambasciatore americano a dirci come dobbiamo votare.
Dovessimo decidere da soli, chissa' che disastro combineremmo.
11. SE LO DICE L'AMBASCIATORE
Se lo dice l'ambasciatore americano, lui lo sa cosa e' meglio per noi.
E sara' meglio obbedire, dovessero decidere di bombardare il Quirinale, o il Colosseo, o casa mia (e chi glielo dice poi ai coinquilini?).
*
Dopo l'ambasciatore, per chi ancora non avesse capito, ci pensa la prestigiosa agenzia di rating Fitch a ribadire il concetto.
Cos'e' un'agenzia di rating? Avete presente quando Marlon Brando nel "Padrino" vi fa un'offerta che non si puo' rifiutare? La stessa cosa, senza Marlon Brando.
*
E adesso? Chi altri si schierera' a favore del si' al colpo di stato? Rintintin? Fortunello? la Nato? Erdogan? i tre moschettieri? Banca Etruria? Fannie Mae e Freddie Mac? le Winx? Scarpia? Kissinger? Il dottor Stranamore? il Manchester United? Perry Como?
*
E ancora: e se nonostante tanti amichevoli consigli, onesti avvertimenti, gentili raccomandazioni, la maggioranza del popolo italiano reproba come chi scrive queste righe decidesse di perseverare nell'errore e votare no al colpo di stato, no al fascismo, no alla barbarie? Poi che succede?
L'eruzione del Vesuvio? La marcia su Roma? Ci deportano tutti a Capo Marrargiu? Sbarcano i marines e ci liberano da noi stessi? Ce la fanno pagare una volta per tutte per quante ne abbiamo combinate noi vecchi bolscevichi magnaregazzini come Dossetti e La Pira, come Capitini e Calamandrei?
Piacerebbe saperlo.
*
Al referendum noi votiamo No: per respingere la folle ed ignobile riforma costituzionale degli apprendisti stregoni.
No al golpe, no al fascismo, no alla barbarie.
Senza odio, senza violenza, senza paura.
12. NO AL FOLLE INVIO DI CENTINAIA DI SOLDATI ITALIANI NEL CARNAIO LIBICO
Ricorrendo a uno squallido, infame escamotage la ministra della Difesa e il Ministro degli Esteri annunciano il prossimo invio di centinaia di soldati italiani in Libia, follia delle follie.
La Libia e' ridotta nelle attuali tremende condizioni di guerra civile a causa della scellerata guerra mossa contro quel paese dall'Italia e da altri stati terroristi, veteroimperialisti e neocolonialisti nel 2011; inviare oggi soldati italiani in Libia in nessun modo puo' contribuire a salvare le vite, a far cessare la guerra, a ripristinare un ordinamento giuridico che possa far cessare i massacri e gli orrori e che possa evolvere in uno stato di diritto.
Inviare oggi soldati italiani in Libia e' un ennesimo scellerato e insensato atto di guerra da parte di un paese che e' tragicamente tra i primi responsabili della guerra e delle innumerevoli vittime che dal 2011 ad oggi essa ha mietuto e tuttora miete.
Inviare soldati italiani in Libia significa esporli con certezza all'elevatissimo pericolo di essere uccisi come a quello di uccidere, significa contribuire vieppiu' alla guerra e alle stragi, significa favoreggiare di fatto un ulteriore avvitarsi di quel conflitto, significa promuovere nuovi orrori.
Altro occorre: pace ed aiuti umanitari, sostegno diplomatico e supporto tecnico ad una soluzione negoziale dei conflitti tra gli attori politico-militari locali non terroristici che ripristini un'organizzazione statuale con piena giuridisdizione sull'intero territorio che ponga fine a tutte le uccisioni e ricostruisca le infrastrutture civili del paese a beneficio della popolazione e non di milizie stragiste e di potentati economici colonialisti e schiavisti.
L'Italia torni al rispetto dell'articolo 11 della Costituzione che ripudia la guerra.
L'Italia torni al rispetto del diritto alla vita di ogni essere umano.
*
Aiuti umanitari si'. Interventi armati no.
Strutture mediche si'. Armi assassine no.
Aiuto alla ricostruzione delle infrastrutture civili si'. Strumenti di guerra no.
La pace si costruisce con la pace, con il disarmo, con la smilitarizzazione.
La legalita' e la democrazia sono incompatibili con le guerre e le stragi, sono incompatibili con le occupazioni militari straniere, sono incompatibili con la fin spudorata complicita' con i mercanti di morte e le organizzazioni assassine.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
13. LO STUPRO INFINITO
La ripetizione infinita della violenza subita.
Il web come stanza della tortura per il sadico piacere di ogni voyer del mondo.
Cosa sta diventando l'umanita', in possesso di (e posseduta da) tecnologie che non sa dominare e gestire, che non puo' pensare, che stritolano la nostra compassione, che eccedono la nostra responsabilita' e la revocano in dubbio, come gia' Guenther Anders seppe cogliere all'indomani di Hiroshima?
Il maschilismo e' la prima radice di ogni violenza. Il maschilismo che anche solo con lo sguardo violenta e disumanizza, reifica e uccide. Se non riusciamo a contrastare ed estinguere la violenza maschilista essa ci divorera' tutte e tutti, essa annientera' l'umanita'.
*
Tu scrivi queste righe e il dolore ti vela la vista e ti mozza il respiro, e ancora una volta questo senti di dover dire: che occorre innanzitutto sostenere i centri antiviolenza del movimento delle donne, che occorre innanzitutto contrastare il maschilismo, prima radice e primo paradigma di ogni violenza, il maschilismo che ancora una giovane donna come innumerevoli altre ha preteso mercificare, ha vampirizzato e ridotto a fantasma e spettacolo, e quindi ucciso.
*
Ad ogni violenza occorre opporsi.
Ad ogni essere umano recare aiuto.
Soccorrere, accogliere, assistere, risanare le ferite.
Sconfiggere il male facendo il bene.
Opporsi alla guerre e a tutte le uccisioni, opporsi al razzismo e a tutte le persecuzioni, opporsi al maschilismo e a tutte le oppressioni.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
14. NUOVE FURBERIE DI SCAPINO
Invio in Vietnam una tela di Sebastiano del Piombo, e per garantirne la protezione tremila soldati, venti carrarmati, tre blindati Lince, dieci elicotteri Apache e cinque Tornado, e pure coso, Sgarbi, che gliela spiega lui la pittura a quei selvaggi communisti. La so lunga io, apposta mi hanno fatto ministro.
E poi spedisco la Juve in Patagonia con due pullman di tifosi, e per la necessaria security ti ci schiaffo al seguito trentacinquemila lancieri di Montebello e la portaerei Principe di Metternich. Li frego io, li frego.
E poi mando Raffaella Carra' a fare un servizio fotografico sulla Grande Muraglia e per l'incolumita' sua e della macchinetta fotografica ci faccio atterrare sedici F-35 e una divisione della Nato con gli ausiliari ucraini e un battaglione di volontari delle Croci frecciate e seicentosessantasei bivacchi di manipoli della MVSN. E che c'e' che non ti quadra?
Poi rappezzo 'na diga in Iraq, fo 'n'ospedaletto in Libia, apro una pizzeria in Venezuela, e zitto zitto, niente niente, in quattro e quattr'otto ti restauro l'impero romano. Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza...
15. LUCIO EMILIO PIEGAPINI: UN'AVVENTURA DI ERCOLINO SEMPRIMPIEDI
Mi hanno messo 'sto soprannome da cretino quando eravamo ragazzini.
Capito' che una volta tre ragazzi piu' grandi di me mi avevano preso di mira, e me le davano di santa ragione. Ma io ogni volta che finivo per terra mi rialzavo e invece di darmela a gambe tornavo a caricare a testa bassa. Mi ridussero la faccia una frittella, una maschera di sangue, i vestiti stracciati, le braccia e le gambe tutti lividi e sbucciature.
A casa poi le presi di nuovo, prima da mia madre e poi da mio padre. Da mia madre per il vestito che noi non eravamo mica la famiglia Agnelli e i vestiti dovevamo tenerli da conto che dovevano durare, da mio padre perche' non avevo lasciato a loro stesi per terra (ma ci pensai qualche anno dopo: li andai a cercare uno per uno, a distanza di mesi, e con me avevo solo una saccocciata di sabbia e il coltello a serramanico, e con tutti e tre fu facile, eccome se fu facile, di sera sotto casa gli chiedi l'ora o se hanno da accendere e quando alzano gli occhi per guardarti li accechi con la sabbia, e subito gli molli un calcio dove si sentono meglio, e poi e' fatta, devi sono calpestarli, e alla fine sfregiarli sulla faccia per lasciargli un ricordino e per farlo vedere a tutti che si deve rigare dritto e portare rispetto a quelli come me).
Ma quella volta da ragazzino le buscai e di che tinta. Prima da quei tre e poi a casa. Ma mi guadagnai quel soprannome. Era un pupazzo di quei tempi, di gomma o di plastica non lo so, con una base semisferica pesante - sara' stata piena di sabbia, o d'acqua - e il resto vuoto che si gonfiava. Tu lo prendevi a cazzotti e quello andava giu' e poi si rialzava. Mi chiamarono cosi' e il nome mi e' restato. Adesso sono vecchio, ma al paese sono restato sempre Ercolino Semprimpiedi, nessuno mi ha mai chiamato col mio nome vero, che poi sarebbe Gelsomino, che io di solito abbrevio in Mino. Si', come Mino Reitano. Era il nome di mio nonno, allora si usava cosi', non come adesso che ai figli gli danno tutti nomi americani.
Quando ti danno un soprannome c'e' poco da fare, quel soprannome ti trasforma. E' per questo che quando si fanno gli incantesimi la cosa che conta di piu' sono le parole. Le parole sono magiche. Ti danno un nome e tu diventi quel nome. Ci penso sempre. Io Ercolino Semprimpiedi lo trovo ridicolo, ma e' sempre meglio di Gelsomino. E infatti lungo tutta la mia vita ho sempre voluto essere Ercolino Semprimpiedi, non Gelsomino.
E' chiaro che col tempo ho anche cercato di farmi furbo, non e' che ogni volta faccio come quella volta con quei tre. Pero' sono uno che non si arrende. Ne ho prese tante, ma non mi sono mai arreso.
Non e' che la vita sia stata tutta rose e fiori, no. Pero' non mi lamento, a che serve lamentarsi? Ti danno una fregatura? Sveglia, tirati su e dalla pure tu una fregatura a qualcun altro. Metti che hai il portafoglio pieno e vai al bar del sor Augusto e com'e' come non e' arriva tutto il paese a trincare alla tua salute, e tu lasci li' fino all'ultima lira, no? Bene, non farla tanto lunga. Smaltita la sbornia fatti un appartamento, castiga qualcuno per strada, insomma: ricostituisci il capitale. E poi la sera dopo offri da bere un'altra volta a chi capita. Cosi' si fa.
Diceva mia nonna che io ero una natura malinconica. Che mi piaceva stare da solo a pensare. A dire il vero come ero da piccolo neppure me lo ricordo piu', pero' mi ricordo che mi piaceva leggere i libri. Sara' perche' a casa non avevamo la televisione. Ma allora ero solo Gelsomino. Certe volte penso che potevo fare tutta un'altra vita. Ma ormai ero Ercolino Semprimpiedi.
La prima volta che finii in galera fu proprio buffa, ma buffa buffa. Mi vennero a prendere a casa con l'accusa di tentato omicidio. Che tutto era, meno che tentato omicidio. Se lo volevo sbudellare lo sbudellavo, no? Invece io volevo solo i soldi, e siccome quel morto di fame ne aveva cosi' pochi che quasi quasi gli lasciavo io la mancia, cosi', per non dover pensare che ci avevo perso tempo per niente gli diedi una ripassata. E che ne sapevo che era il cognato del prefetto? L'ho capito dopo, in galera, che qui tutti sono parenti di qualcuno. In galera ho capito un sacco di cose, per esempio la politica. Che e' la politica? Che se rubo io e magari ammazzo qualcuno a me mi mettono in galera, se ne ammazzi parecchi e rubi a piu' non posso ti fanno sindaco, ministro, vescovo, presidente della Cassa di risparmio, quello del telegiornale, generale comandante in capo dell'America. In galera si imparano le cose che al paese neppure ce le immaginavamo. C'era uno che lo chiamavano Gramsci, che pero' non era Gramsci quello vero, quello era morto, ammazzato dai fascisti; questo Gramsci che dico io, che pero' veramente si chiamava Rossi Odoacre fu Angelantonio, era comunista, che a quel tempo ce n'erano parecchi e non e' che stessero tutti in galera; e 'sto Gramsci che dico io all'ora d'aria ci spiegava un sacco di cose, e pure un po' di francese, che quando uscii per un po' di tempo io pure sono stato in Francia e riuscivo pure a farmi capire, pure; non ci si crede, eh? e invece si'. Da lui ho saputo di Che Guevara e del pensiero di Mao-Tze-Tung, che poi quando sono uscito ho comprato il libretto rosso, che e' l'unico libro che ho letto, giuro. Insomma, sono diventato comunista pure io. Non e' che faccio granche', pero' votavo per il partito comunista e quando c'erano le elezioni strappavo i manifesti dei forchettoni. Non lo sapete chi sono i forchettoni? Beati voi che siete giovani. Poi il partito comunista, quello vero, l'hanno abolito. E io ho smesso di votare. Pero' sono sempre comunista.
Lo so che un vero comunista non le fa le rapine e le estorsioni. O almeno non le fa a fini personali. Ma io non ho mai preteso di essere un comunista modello. Ho i miei limiti, le mie contraddizioni, i miei difetti. Come Claudio Villa, che era comunista pure lui pure se faceva il cantante. D'accordo, ci ho pure le mie colpe, vabbe'. Non le nascondo le mie colpe. Se vivevo di rendita non le facevo le rapine. Ma se vivevo di rendita non ero un porco affamatore del popolo? Allora e' meglio le rapine. Le rapine poi mi piacciono perche' c'e' l'impegno personale. La dialettica servo-padrone come diceva Gramsci quello che dico io (cioe' Rossi Odoacre fu Angelantonio). Pure le estorsioni. C'e' l'aspetto sportivo, come nel wrestling. A me mi piace il wrestling anche se lo so che e' tutta una finta. E che c'e' che non e' una finta? Pero' anche se non sono un comunista modello, almeno sono un proletario. E quello di sicuro. Volete ridere? Saranno cinquant'anni che campo di rapine e non ho messo da parte una lira, non dico per comprarmi un bar, ma neppure la macchina, neppure la casa. Sto ancora in affitto (va bene, l'affitto non lo pago perche' il padrone di casa l'ha capita che e' meglio non provarci a chiedermelo, pero' le bollette le pago eccome).
Quando uscii di galera mi trasferii in citta'. Da allora ho sempre vissuto in citta', perche' ci si lavora meglio. Ma seguo questa regola: ogni volta che esco di galera cambio citta'. Cosi' faccio anche un po' di turismo, viaggio, vedo gente, mi faccio pure una cultura. Ho abitato a Viterbo, a Orvieto, a Terni, a Orte scalo, a Roma, a Firenze, a Falconara, a Udine, a Sabaudia, a Latina, a Frosinone e pure a Milano. Pero' al nord non mi piace perche' fa sempre freddo, piove, la nebbia. Ogni volta non e' che cambio solo citta', cambio pure nome. Una volta sapete che nome m'ero messo? Paolo Rossi. Cosi', per ridere. Era l'anno dei mondiali, si', quelli che ci allenava Pertini. A me Pertini mi piaceva parecchio. E era pure un compagno, uno di quelli veri, lo diceva pure la canzone di Toto Cotugno. Al paese ci torno di rado, ormai e' cambiato tutto, la maggior parte delle persone neppure le conosco piu'. A me poi non mi riconosce nessuno, perche' ho cambiato aspetto, anche per esigenze di lavoro, si capisce. Pero' se vado al bar del sor Augusto (che ormai e' morto, e ce l'ha in gestione uno che viene dalla Nigeria, figurarsi, che pero' il caffe' lo fa buono, piu' buono del sor Augusto) qualcuno dei vecchi amici lo trovo sempre e non lo so com'e', sara' l'odore, che ne so, ma mi guarda, gli s'illluminano gli occhi e mi fa: "Va' chi se vede, Ercolino Semprimpiedi, m'ero creso ch'eri morto". Sara' una stupidaggine, ma e' una cosa che a me mi piace, e mi ci commuovo tutte le volte quasi quasi. E' che solo al paese lo sanno che mi chiamo Ercolino Semprimpiedi. E' commovente, non lo so, e' per via delle radici, dicono. Sara', io non mi sento una pianta che mette le radici, a me mi e' sempre piaciuto di piu' il regno animale che quello vegetale: i cavalli, i leoni, l'aquile, ma un po' tutti gli animali, apposta non la sopporto la gente che maltratta gli animali. Se per strada vedo uno che maltratta un gatto o un cane, se tanto tanto capita che non c'e' nessuno che ci vede lo sbatto addosso al muro e gli faccio lo stesso a lui, e pure peggio, e mentre lo meno glielo spiego che gli animali vanno rispettati pure loro, che pure loro ci hanno diritto de campa'.
Certe volte penso pure che dovrei diventare vegetariano, perche' mi sembra una cosa giusta. E' che mi piace troppo il prosciutto, il salame, pure la mortadella, la pizza rossa con le alici, e' per questo che ancora non sono diventato vegetariano, ma ci penso sempre.
Ma voi volevate sentire che vi raccontavo di quella volta che ho salvato quei poveracci sul precipizio. Si' che e' tutto vero. Quella si' che e' stata un'avventura. Non ci credeva nessuno che ci si potesse riuscire, eh? E invece si'. No, macche' coraggio, e' che certe volte ti ci trovi e se ti ci trovi bisogna che fai quello che devi fare. Non si direbbe, eh, che un avanzo di galera come me, e invece hai visto? Io lo dico sempre. Aspettate per giudicare, non si sa mai. Pero' la storia e' lunga e per raccontarla bene ci vuole un po' di tempo, perche' un conto e' quando le cose le fai e allora e' un attimo, ma quando invece le racconti ci vuole un mucchio di tempo, ci avete fatto caso? Io ci penso sempre. Ah, la storia, si', raccontarla mi fa piacere, che e' pure una bella storia e c'e' pure il lieto fine, no? mo' pero' nun posso, me dispiace. No, bella la storia e' bella, solo che adesso proprio non ci ho tempo. No, non e' per cattiveria, e' che a quest'ora devo andare in caserma per la firma, e li' lo sapete, si sa che si entra e non si sa se si esce. Magari un'altra volta, tanto qui al bar mi ci trovate tutti i giorni, e dove volete che vada?
16. LAZZARO CASUSCERI: IO E IL CORSARO NERO
Quando l'ho conosciuto era gia' vecchio. Aveva smesso di correre per i sette mari e si era ritirato a vita privata.
Tutte le ricchezze accumulate in tanti anni di avventure le aveva dissipate neppure lui sapeva come: un po' al gioco (giocava al lotto, al gratta e vinci, a tombola, a rubamazzo, a chi sputava piu' lontano, scommetteva su tutto, come quello li', Dostoevskij), un po' gli avvocati, un po' le tasse ("In confronto alle esattorie la filibusta era un educandato, corpo di mille fulmini"), un po' qualche atto di generosita' e un po' svanivano da se'.
Al tempo che l'ho conosciuto faceva il portiere in un palazzone barocco di gente ricca, studi di dottori, di notai, c'era pure un'attrice del cinema.
Ci vedevamo tutti i giorni e giocavamo a dama.
Io a quel tempo non avevo molto da fare, ero appena uscito di galera e mi sorvegliavano e quindi non potevo tornare al lavoro finche' non riprendevo i contatti, ma dovevo aspettare perche' nessuno dei miei colleghi di lavoro voleva essere visto insieme a me dalla madama che mi stava dietro.
Cosi' passavamo parecchio tempo assieme mentre giocavamo a dama e sentivamo la radio e mangiavamo pane e salame o pane e pomodoro schiacciato sopra con sale e olio, e ci scolavamo quelle bottigliette di liquore - si chiamavano mignon, non lo so se ci sono ancora, sono state la gioia della mia gioventu'. E lui mi raccontava le sue avventure.
Mi diceva che a Salgari gliene aveva raccontate parecchie altre di storie oltre a quelle che aveva pubblicato, ma quello era lento a scrivere, voleva sempre documentarsi, cercare le fonti, consultare gli atlanti, e lui le storie gliele raccontava come se le ricordava, che mentre fai un arrembaggio non e' che stai li' con il registratore a segnarti tutto. Ma Salgari poi era un pignolo della malora e andava nelle biblioteche a fare le verifiche sui giornali dell'epoca e ogni volta tornava con un elenco di domande e gli chiedeva cose che lui non se le ricordava piu', per non dire che i giornali e pure i libri di storia erano pieni di fesserie e si vedeva lontano un chilometro che tutti quei gran bacalari che scrivevano i rapporti ufficiali o si facevano intervistare dai giornalisti o dicevano agli storici che cavolo dovevano raccontare ci facevano sempre un figurone mentre invece dovevi vedere come se la facevano sotto quando arrivavamo noi.
Con Salgari erano diventati amici e compagni di bevute; gli era dispiaciuto come era morto. Glielo aveva detto diecimila volte che doveva tenere duro che prima o poi dai libri suoi ci tiravano fuori qualche film e allora si' che si facevano i soldi. Dopo il decesso per un po' aiuto' la famiglia, mandandogli anonimamente qualche gioiello da rivendere, qualche doblone che gli era avanzato.
A parte Salgari di gente famosa non ne aveva conosciuta molta, perche' quando fai quel lavoro non e' che ti puoi fermare a fare le presentazioni. Si', un po' di gente la conosceva, perche' quando nell'ambiente sei qualcuno e' naturale che ci si conosce un po' tutti. Una volta lo era andato a intervistare un giornalista del "New York Times", quello che aveva intervistato Fidel Castro sulla Sierra, e gli aveva detto che i barbudos erano tutti tifosi suoi, e pure di Luisito Suarez e di Jair, e quelli che avevano studiato pure di Marx, ma erano di piu' i tifosi suoi che quelli di Marx, sono soddisfazioni pure queste. Lui veramente era piu' per Bakunin, ma pure Marx non gli dispiaceva, e pure Mazzini, e' naturale; con Mazzini si erano anche scritti qualche lettera (Mazzini era uno forte, tu gli mandavi una cartolina con scritto "Saluti dai Caraibi" e lui ti mandava una lettera di sessantotto pagine fitte fitte con allegati trenta o quaranta opuscoli che dicevano sempre le stesse cose e che gli doveva costare un occhio della testa farli stampare); pure con Garibaldi si erano scritti, anzi, a un certo punto Garibaldi era indeciso se andare a fare il corsaro insieme a lui, poi preferi' fare l'eroe dei due mondi. Pure a Garibaldi gli voleve bene, mi diceva sempre: "Quello si' che era un bravo giovane, e un bravo compagno". (Ma le lettere non ce le aveva piu', quando navighi a lungo e magari passi tre anni senza poter fare scalo dove c'e' qualche emporio prima o poi la carta ti serve per le operazioni igieniche connesse alle necessita' fisiologiche. Lo so che e' brutto dirlo). E poi il fatto e' che non e' che poteva dedicare tanto tempo alla corrispondenza, e poi era sempre in giro con la nave cosi' gli dovevano scrivere fermo posta a Ventimiglia che ci passava si' e no una volta ogni cinque anni; a quel tempo non c'era internet.
Corsaro c'era diventato per caso, poi aveva continuato, ma quando aveva conosciuto Salgari e era diventato famoso aveva gia' smesso. E' come lo sport, non e' un mestiere che puoi fare per sempre. Anzi, rispetto allo sport e' peggio perche' non e' che dopo essere stato corsaro potevi diventare direttore sportivo, o cronista televisivo, o dirigente della federazione, no?
Come era diventato corsaro? Da giovane gli piacevano le biciclette e le macchine da corsa, appena aveva diciott'anni voleva prendere la patente, no? Gli dicono che non so quale regina dava "la patente da corsa" e lui si credeva che era la patente per guidare le macchine da corsa, cosi' fece domanda e divento' corsaro. La regina doveva essere Elisabetta, non si ricordava piu' se Elisabetta I o Elisabetta II, secondo me le confondeva. A lui pero' gli piaceva di piu' Maria la sanguinaria, che era pure cattolica, invece Vittoria non la sopportava, che poi aveva sposato quel calciatore e non era una cosa seria che una regina sposava un giocatore.
Insomma comincio' a fare quel lavoro praticamente per sbaglio, poi con l'abitudine ci prese gusto. All'inizio che ne sapeva lui come si comandava una nave? Allora copiava dall'Isola del tesoro e da Moby Dick, e ripeteva le frasi che c'erano su quei libri, le imparava a memoria e le provava davanti allo specchio nella cabina senza farsene accorgere, poi andava sul cassero e giu' con "Quindici uomini sulla cassa del morto", "Dov'e' Cane Nero?", "Pezzi da otto", "Armate la lancia", "Avete veduto la balena bianca?", eccetera. Funzionava. Poi una volta in un arrembaggio conobbe Conrad. Quello era uno forte. Gli regalo' tre o quattro libri e lui ordino' alla ciurma di non toccarlo, ma gli consiglio' di smetterla di fare il capitano e di dedicarsi del tutto alla scrittura, come Salgari. Conrad era il suo autore preferito, insieme a Salgari, e' naturale. Con Salgari erano veramente amici.
Pero' a lui quello che veramente gli piaceva erano le corse in bicicletta. Binda, Guerra, quelli erano i suoi eroi. E pensava di avere la stoffa per correre pure lui, voleva fare il corridore o in bicletta o sulle macchine da corsa - come Nuvolari, Fangio, Ascari - ed era finito a fare il corsaro, era andata come era andata. Pero' alla radio voleva sentire sempre il Giro e il Tour.
Magari non ve lo aspettate ma a nuotare non era granche', e gli arrembaggi pure non erano proprio il suo forte ("mica ero Tarzan"), e a dirsela tutta anche con la spada non era che se la cavava proprio bene, ma aveva il suo trucco, e quello funzionava sempre: era il vestito. Che tutti capivano subito che era il Corsaro Nero, e allora si arrendevano senza combattere. Poi dice che l'abito non fa il monaco.
*
Una mattina lo trovai che gli era preso un colpo ed era morto. Io ero andato a trovarlo per giocare a dama e m'ero portato dietro una saccocciata di bottigliette di liquore che fregavo al bar del roscio che mi lasciava fare perche' lo sapeva che io lo sapevo che l'infame che m'aveva venduto alla pula era stato lui, ma a me non me ne fregava niente, tanto lo sapevo che prima o poi in galera dovevo finirci. Comunque approfittavo per far rifornimento di quelle bottigliette che ce le bevevamo poi con il Corsaro Nero mentre giocavamo a dama nel gabbiotto della portineria. Ma quella mattina nel gabbiotto non c'era. Ho aspettato un po' e intanto mi ciucciavo due o tre di quelle bottigliette, poi siccome non si vedeva e m'ero stufato di bussare sul bancone e di chiamarlo, siccome sapevo come s'apriva lo sportello (e che ci voleva...) insomma ero entrato, e poi avevo aperto la porta che dal gabbiotto dava sulla stanza dove ci campava che c'era una puzza che non vi dico, non aveva neppure il gabinetto, aveva un bugliolo, e cucinava su un fornello elettrico, neppure il frigorifero ci aveva, una puzza che non vi dico. Lui era steso sulla branda (aveva pure un'amaca ma non c'era lo spazio per appenderla e allora la teneva in uno zaino che era il suo armadio), era fermo, freddo, bianco che pareva una statua, lo chiamai e lo scossi diverse volte ma non si muoveva, allora gli ho sentito il polso e non batteva, allora ho capito che era morto.
*
Adesso il portiere lo faccio io. Da quel giorno, e ormai saranno passati quanti? Quaranta? Cinquant'anni? Pero' col tempo, piano piano, ho pure ripreso il lavoro di prima, ma piu' prudente e infatti non mi hanno piu' beccato, poi ho smesso per sopraggiunti limiti di eta', arrampicarmi sui muri, aprire le finestre, muovermi agile e svelto al buio, trovare a naso la roba buona, decidere al volo che mettere nel sacco e che lasciare, sono cose che si fanno da giovani, a una certa eta' non sei piu' un atleta, e ho smesso anche con le risse e le coltellate, che magari mi piacerebbe ancora ma e' che non ci sono piu' le osterie, e ormai ogni balordo del quartiere gira con una rivoltella e prima spara e poi ti chiede perche' gli hai detto buonasera. La droga ha rovinato tutto, la droga e i telefonini, la gente e' ammattita. Qui in portineria mi ci trovo bene e gli inquilini sono contenti di me - le malelingue dicano pure quel che gli pare, senno' che malelingue sarebbero? Basta che se ne stiano alla larga -; ho tramezzato la stanza dietro il gabbiotto e fatto un gabinetto vero, e un cucinino col gas, e ho comprato pure uno scaffaletto per metterci i libri: li ho conservati tutti i libri che ci aveva, quelli di Salgari e quelli di Conrad, e L'isola del tesoro e Moby Dick, e Pinocchio e i Manoscritti economico-filosofici del '44. Ogni tanto li leggo (a parte i Manoscritti economico-filosofici del '44, che sono in tedesco che non lo capisco), ma a me leggere mi piace poco, mi piace di piu' il cinema, o sentire la radio quando fanno le partite.
Una volta mi sono venuti a intervistare perche' la televisione faceva un programma sul Corsaro Nero e si credevano che ero io. Io mica glielo ho detto che non ero io, e gli ho raccontato un po' delle storie che m'aveva raccontato quando giocavamo a dama. Pero' poi se quel programma l'hanno trasmesso non lo so, perche' non ce l'ho la televisione. Adesso non so se dirlo o no, ma lo dico lo stesso: dopo che mi avevano intervistato mi e' venuto in mente che forse neppure lui era il Corsaro Nero, e magari era solo quello che aveva giocato a dama col Corsaro Nero quando il Corsaro Nero era gia' vecchio e lui era ancora giovane, parecchi anni prima che io giocassi a dama con lui, e che mi raccontava le storie che aveva sentito come ho fatto io con quel cretino di giornalista della televisione. Non lo so, secondo me era proprio lui, ma anche se non era lui le storie quelle erano vere di sicuro, e comunque secondo me era proprio lui, si vedeva dalla naturalezza. Pero' e vero che pur'io ero naturale quando m'ha intervistato quello della televisione. Che ne so. Pero' sarebbe triste se non era lui, doveva essere lui, se dovessi dire come la vedo io, per me era lui, sono sicuro.
Comunque poi il portierato l'ho preso io e sto ancora qui. Non e' una gran vita, no. Pero' e' tranquilla. Come diceva quello? "Lieta no, ma sicura dall'antico dolor". Deve essere Giuseppe Verdi, o Pascoli, o Mazzini, o Carducci - ci avete fatto caso che si chiamano tutti Giuseppe o giu' di li'? Mi chiamo Giuseppe pure io, certe volte mi chiedo se significa qualcosa. E tutti i soldi della refurtiva, direte voi? Li ho spesi in un sacco di stupidaggini e di sbruffonate e non m'e' restato niente neppure a me. E sapete come campo adesso? No, ma quale pensione, quella basta si' e no per le sigarette. Colle mance degli inquilini campo, si', colle mance. E' una calunnia che faccio le estorsioni. Sollecito solo le mance, ecco. Con una certa veemenza, e' vero, ma gli inquilini se le possono permettere, e poi chi le fa le riparazioni? chi la ritira la posta? chi tiene lontano i malintenzionati? Fare il portiere e' un lavorone, altro che storie.
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Numero 213 del 17 novembre 2016
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