[Nonviolenza] Telegrammi. 2480
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- Date: Fri, 23 Sep 2016 00:23:30 +0200 (CEST)
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TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2480 del 23 settembre 2016
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com
Sommario di questo numero:
1. "Anche per il suo bene". Una lettera aperta alla ministra per le riforme costituzionali ed i rapporti con il Parlamento che domani sara' a Viterbo
2. Raniero La Valle: La verita' sul referendum
3. "Studi postcoloniali, teorie della traduzione, lotta antirazzista". Un incontro di studio a Viterbo
4. Alcuni testi del mese di gennaio 2016 (parte quarta e conclusiva)
5. Il compleanno di Osvaldo Ercoli
6. L'anniversario della morte di Gandhi
7. Sei minime considerazioni sulle unioni civili
8. Commemorato Gandhi a Viterbo
9. La civilta' dell'amore
10. Segnalazioni librarie
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'
1. LETTERE. "ANCHE PER IL SUO BENE". UNA LETTERA APERTA ALLA MINISTRA PER LE RIFORME COSTITUZIONALI ED I RAPPORTI CON IL PARLAMENTO CHE DOMANI SARA' A VITERBO
Gentilissima Ministra per le riforme costituzionali ed i rapporti con il Parlamento,
ho appreso dai giornali che domani Lei sara' a Viterbo e che parlera' della riforma costituzionale sulla quale tutti gli elettori italiani saranno chiamati a pronunciarsi nell'imminente referendum.
Quella riforma, cosi' come quella elettorale nota come "Italicum" che con essa fa corpo, e' semplicemente scandalosa e scellerata: e non solo per quanto reca di caotico e fin sgangherato (ed e' molto), ma proprio per le sue esplicite primarie finalita', che a me sembrano essere due: l'umiliazione e l'asservimento del parlamento da parte dell'esecutivo, e la rottura della divisione e dell'equilibrio dei poteri. Perseguendo queste due finalita' si abbatte la democrazia e lo stato di diritto, ovvero si instaura un regime autoritario e tendenzialmente anomico. Si tratta insomma di un vero e proprio golpe, che fa strame dell'ordinamento democratico fondato sulla Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista.
In un appello promosso da persone amiche della nonviolenza per il No alla riforma costituzionale e' stato scritto: "Il Parlamento, l'istituzione democratica che fa le leggi, deve essere eletto dal popolo, e deve rappresentare tutti i cittadini con criterio proporzionale. Ma con la sua riforma costituzionale il governo vorrebbe ridurre il senato a una comitiva in gita aziendale, e con la sua legge elettorale (il cosiddetto Italicum) vorrebbe consentire a un solo partito di prendersi la maggioranza assoluta dei membri della camera dei deputati anche se ha il consenso di una risibile minoranza degli elettori, e con il combinato disposto della riforma costituzionale e della legge elettorale il governo, che e' gia' detentore del potere esecutivo, vorrebbe appropriarsi di fatto anche del potere legislativo, rompendo cosi' quella separazione e quell'equilibrio dei poteri che e' la base dello stato di diritto. Se prevalessero le riforme volute dal governo sarebbe massacrata la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista, sarebbe rovesciata la democrazia, sarebbe negata la separazione dei poteri e quindi lo stato di diritto".
Mi creda se Le dico che anche per il suo bene spero che al referendum prevalga il No, affinche' Lei negli anni avvenire non debba portare sulla coscienza il peso insostenibile di aver contribuito a un golpe. Lei e' giovane, e puo' aver fallato in questo frangente per insufficiente considerazione dei fondamentali valori in gioco e dei concreti, tragici effetti del suo agire.
Non mi illudo che queste poche parole possano contribuire a persuaderLa a cambiare idea e tornare almeno a quel sano principio di precauzione che sempre dovrebbe ispirare chi governa la cosa pubblica: "in dubio, contra projectum"; volevo solo che Lei sapesse che tra quanti si battono contro la riforma voluta dal suo governo almeno una parte - tra cui mi annovero - lo fa anche per il suo bene, come del resto per il bene comune, che e' unico e indivisibile.
Certo, sarebbe auspicabile una sua resispiscenza quantunque tarda, ma credo e confido che a fermare il disastro verso cui il governo in carica ci sta tutti precipitando provvedera' il popolo italiano votando No al referendum, e votando No cosi' come voto' No al referendum del 1988 il popolo cileno: "senza odio, senza violenza, senza paura".
Augurandole sinceramente ogni bene,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani"
Viterbo, 22 settembre 2016
2. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: LA VERITA' SUL REFERENDUM
[Riceviamo e diffondiamo il testo del discorso di Raniero La Valle tenuto il 16 settembre 2016 a Messina nel Salone delle bandiere del Comune in un'assemblea sul referendum costituzionale promossa dall'Anpi e dai Cattolici del No e il 17 settebre 2016 a Siracusa in un dibattito con il professor Salvo Adorno del Partito Democratico, sostenitore delle ragioni del Si'.
Raniero La Valle e' nato a Roma nel 1931, prestigioso intellettuale, giornalista, gia' direttore de "L'avvenire d'Italia", direttore di "Vasti - scuola di ricerca e critica delle antropologie", presidente del Comitato per la democrazia internazionale, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura della pace; autore, fra l'altro, di: Dalla parte di Abele, Mondadori, Milano 1971; Fuori dal campo, Mondadori, Milano 1978; Dossier Vietnam-Cambogia, 1981; (con Linda Bimbi), Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983; Pacem in terris, l'enciclica della liberazione, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1987; Prima che l'amore finisca, Ponte alle grazie, Milano 2003; Chi e' dunque l'uomo?, Servitium, 2004; Agonia e vocazione dell'Occidente, Terre di mezzo, 2005; Se questo e' un Dio, Ponte alle grazie, Milano 2008; Paradiso e liberta', Ponte alle grazie, Milano 2010; Quel nostro Novecento, Ponte alle Grazie, Milano 2011; Un Concilio per credere, Emi, Bologna 2013; Chi sono io, Francesco?, Ponte alle Grazie, Milano 2015]
Cari amici,
poiche' ho 85 anni devo dirvi come sono andate le cose. Non sarebbe necessario essere qui per dirvi come sono andate le cose, se noi ci trovassimo in una situazione normale. Ma se guardiamo quello che accade intorno a noi, vediamo che la situazione non e' affatto normale. Che cosa infatti sta succedendo?
Succede che undici persone al giorno muoiono annegate o asfissiate nelle stive dei barconi nel Mediterraneo, davanti alle meravigliose coste di Lampedusa, di Pozzallo o di Siracusa dove noi facciamo bagni e pesca subacquea. Sessantadue milioni di profughi, di scartati, di perseguitati sono fuggiaschi, gettati nel mondo alla ricerca di una nuova vita, che molti non troveranno. Qualcuno dice che nel 2050 i trasmigranti saranno 250 milioni.
E l'Italia che fa? Sfoltisce il Senato.
E' in corso una terza guerra mondiale non dichiarata, ma che fa vittime in tutto il mondo. Aleppo e' rasa al suolo, la Siria e' dilaniata, l'Iraq e' distrutto, l'Afganistan devastato, i palestinesi sono prigionieri da cinquant'anni nella loro terra, Gaza e' assediata, la Libia e' in guerra, in Africa, in Medio Oriente e anche in Europa si tagliano teste e si allestiscono stragi in nome di Dio.
E l'Italia che fa? Toglie lo stipendio ai senatori.
Fallisce il G20 ad Hangzhou in Cina. I grandi della terra, che accumulano armi di distruzione di massa e si combattono nei mercati in tutto il mondo, non sanno che pesci pigliare e il vertice fallisce. Non sanno che fare per i profughi, non sanno che fare per le guerre, non sanno che fare per evitare la catastrofe ambientale, non sanno che fare per promuovere un'economia che tenga in vita sette miliardi e mezzo di abitanti della terra, e l'unica cosa che decidono e' di disarmare la politica e di armare i mercati, di abbattere le residue restrizioni del commercio e delle speculazioni finanziarie, di legittimare la repressione politica e la reazione anticurda di Erdogan in Turchia e di commiserare la Merkel che ha perso le elezioni amministrative in Germania.
E in tutto questo l'Italia che fa? Fa eleggere i senatori dai consigli regionali.
E ancora: l'Italia e' a crescita zero, la disoccupazione giovanile a luglio e' al 39 per cento, il lavoro e' precario, i licenziamenti nel secondo trimestre sono aumentati del 7,4 % rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, raggiungendo 221.186 persone, i poveri assoluti sono quattro milioni e mezzo, la poverta' relativa coinvolge tre milioni di famiglie e otto milioni e mezzo di persone.
E l'Italia che fa? Fa una legge elettorale che esclude dal Parlamento il pluralismo ideologico e sociale, neutralizza la rappresentanza e concentra il potere in un solo partito e una sola persona.
Ma si dice: ce lo chiede l'Europa. Ma se e' questo che ci chiede l'Europa vuol dire proprio che l'istituzione europea ha completamente perduto non solo ogni residuo del sogno delle origini ma anche ogni senso della realta' e dei suoi stessi interessi vitali.
Ma se questa e' la distanza tra la riforma costituzionale e i bisogni reali del mondo, dell'Europa, del Mediterraneo e dell'Italia, la domanda e' perche' ci venga proposta una riforma cosi'.
*
La verita' e' rivoluzionaria, ma se si viene a sapere
E' venuto dunque il momento di dire la verita' sul referendum. La verita' e' rivoluzionaria nel senso che interrompe il corso delle cose esistenti e crea una situazione nuova.
Il guaio della verita' e' che essa si viene a sapere troppo tardi, quando il tempo e' passato, il kairos non e' stato afferrato al volo e la verita' non e' piu' utile a salvarci.
Se si fosse saputa in tempo la bugia sul mai avvenuto incidente del Golfo del Tonchino, la guerra del Vietnam non ci sarebbe stata, l'America non sarebbe diventata incapace di seguire la via di Roosevelt, di Truman, di Kennedy, e avrebbe potuto guidare l'edificazione democratica e pacifica del nuovo ordine mondiale inaugurato venti anni prima con la Carta di San Francisco.
Se si fosse conosciuta prima la bugia di Bush e di Blair, e saputo che le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein non c'erano, non sarebbe stato devastato il Medio Oriente, il terrorismo non avrebbe preso le forme totali dei combattenti suicidi in tutto il mondo e oggi non rischieremmo l'elezione di Trump in America.
Se si fosse saputa la verita' sul delitto e sui mandanti dell'uccisione di Moro, l'Italia si sarebbe salvata dalla decadenza in cui e' stata precipitata.
Dunque la verita' del referendum va conosciuta finche' si e' in tempo.
Ma la verita' del referendum non e' quella che ci viene raccontata. Ci dicono per esempio che la sua prima virtu' sarebbe il risparmio sui costi della politica, e che i soldi cosi' ottenuti si darebbero ai poveri. Ma cosi' non e': secondo la Ragioneria Generale dello Stato, il cui compito e' di verificare la certezza e l'affidabilita' dei conti pubblici, il risparmio si ridurrebbe a cinquantotto milioni che si otterrebbero togliendo la paga ai senatori, mentre resterebbe il costo del Senato, e i poveri non c'entrano niente.
L'altra virtu' del referendum sarebbe il risparmio sui tempi della politica. Ci dicono infatti di voler abolire la navetta delle leggi tra Camera e Senato. Ma cosi' non e'. In realta' si allungano i tempi della produzione legislativa; infatti si introducono sei diversi tipi di leggi e di procedure che ricadono su ambedue le Camere: 1) le leggi sempre bicamerali, Camera e Senato, come le leggi costituzionali, elettorali e di interesse europeo; 2) le leggi fatte dalla sola Camera che entro dieci giorni possono essere richiamate dal Senato; 3) le leggi che invadono la competenza regionale che il Senato deve entro dieci giorni prendere in esame; 4) le leggi di bilancio che devono sempre essere esaminate dal Senato che ha quindici giorni per proporre delle modifiche; 5) le leggi che il Senato puo' chiedere alla Camera di esaminare entro sei mesi; 6) le leggi di conversione dei decreti legge che hanno scadenze e tempi convulsi se richiamate e discusse anche dal Senato. Cio' crea un intrico di passaggi tra Camera e Senato e un groviglio di competenze il cui conflitto dovrebbe essere risolto d'intesa tra gli stessi presidenti delle due Camere che configgono tra loro.
Ci dicono poi che col referendum si assicura la stabilita' politica, e almeno fino a ieri ci dicevano che al contrario se perde il referendum Renzi se ne va. Ma queste non sono le verita' del referendum. Finche' si resta a questo la verita' del referendum non viene fuori.
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Non e' la legge Boschi il vero oggetto del referendum
La verita' del referendum sta dietro di esso, e' la verita' nascosta che esso rivela: il referendum infatti non e' solo un fatto produttore di effetti politici, e' un evento di rivelazione che squarcia il velo sulla situazione com'e'. E' uno svelamento della vera lotta che si sta svolgendo nel mondo e della posta che e' in gioco. Il referendum come cunto de li cunti, potremmo dire in Sicilia, il racconto dei racconti, come togliere il velo del tempio per vedere quello che ci sta dietro, se ci sta Dio o l'idolo. Il referendum come rivelatore dello stato del mondo.
Ora, per trovare la verita' nascosta del referendum, il suo vero movente, la sua vera premeditazione, bisogna ricorrere a degli indizi, come si fa per ogni giallo.
Il primo indizio e' che Renzi ha cambiato strategia, all'inizio aveva detto che questa era la sua vera impresa, che su questo si giocava il suo destino politico. Ora invece dice che il punto non e' lui, che lui non e' la vera causa della riforma, ha detto di aver fatto questa riforma su suggerimento di altri e ha nominato esplicitamente Napolitano; ma e' chiaro che non c'e' solo Napolitano. Prima ancora di Napolitano c'era la banca J. P. Morgan che in un documento del 2013, in nome del capitalismo vincente, aveva indicato quattro difetti delle Costituzioni (da lei ritenute socialiste) adottate in Europa nel dopoguerra: a) una debolezza degli esecutivi nei confronti dei Parlamenti; b) un'eccessiva capacita' di decisione delle Regioni nei confronti dello Stato; c) la tutela costituzionale del diritto del lavoro; d) la liberta' di protestare contro le scelte non gradite del potere.
Prima ancora c'era stato il programma avanzato dalla Commissione Trilaterale, formata da esponenti di Stati Uniti, Europa e Giappone e fondata da Rockefeller, che aveva chiesto un'attenuazione della democrazia ai fini di quella che era allora la lotta al comunismo. E la stessa cosa vogliono ora i grandi poteri economici e finanziari mondiali, tanto e' vero che sono scesi in campo i grandi giornali che li rappresentano, il Financial Times ed il Wall Street Journal, i quali dicono che il No al referendum sarebbe una catastrofe come il Brexit inglese. E alla fine e' intervenuto lo stesso ambasciatore americano che a nome di tutto il cocuzzaro ha detto che se in Italia viene il No, gli investimenti se ne vanno.
Ebbene quelle richieste avanzate da questi centri di potere sono state accolte e incorporate nella riforma sottoposta ora al voto del popolo italiano. Infatti con la riforma voluta da Renzi il Parlamento e' stato drasticamente indebolito per dare piu' poteri all'esecutivo. Delle due Camere di fatto e' rimasta una sola, come a dire: cominciamo con una, poi si vedra'. Il Senato lo hanno fatto cosi' brutto deforme e improbabile, che hanno costretto anche i fautori del Senato a dire che se deve essere cosi', e' meglio toglierlo. Inoltre il potere esecutivo sara' anche padrone del calendario dei lavori parlamentari. Il rapporto di fiducia tra il Parlamento ed il governo viene poi vanificato non solo perche' l'esecutivo non avra' piu' bisogno di fare i conti con quello che resta del Senato, ma perche' dovra' ottenere la fiducia da un solo partito. La legge elettorale Italicum prevede infatti che un solo partito avra' - quale che sia la percentuale dei suoi voti, al primo turno o al ballottaggio - la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera (340 deputati su 615). Il problema della fiducia si riduce cosi' ad un rapporto tra il capo del governo e il suo partito e percio' ricadra' sotto la legge della disciplina di partito. Quindi non sara' piu' una fiducia libera, non sara' una vera fiducia, sara' per cosi' dire un atto interno di partito, che addirittura puo' ridursi al rapporto tra un partito e il suo segretario.
Per quanto riguarda le altre richieste dei poteri economici, i diritti del lavoro sono stati gia' compromessi dal Jobs act, il rapporto tra Stato e Regioni ha subito un rovesciamento, perche' dall'ubriacatura regionalista si ritorna a un centralismo illimitato, mentre, assieme alla riduzione del pluralismo politico, ci sono delle procedure che renderanno piu' difficili le forme di democrazia diretta come i referendum o le leggi di iniziativa popolare, e quindi ci sara' una diminuzione della possibilita' per i cittadini di intervenire nei confronti del potere.
Questo e' il disegno di un'altra Costituzione. La storia delle Costituzioni e' la storia di una progressiva limitazione del potere perche' le liberta' dipendono dal fatto che chi ha il potere non abbia un potere assoluto e incontrollato, ma convalidato dalla fiducia dei Parlamenti e garantito dal costante controllo democratico dei cittadini. E' questo che ora viene smontato, per cui possiamo dire che la democrazia in Italia diventa ad alto rischio.
Ma a questo punto e' chiaro che quello che conta non e' piu' Renzi, ed e' chiaro che quanti sono interessati a questa riforma gli hanno detto di tirarsi indietro, perche' a loro non interessa il si' a Renzi, interessa che non vinca il no alla riforma.
Il secondo indizio e' il ritardo della data della convocazione, che non e' stata ancora fissata dal governo; cio' vuol dire che la partita e' troppo importante per farne un gioco d'azzardo, come ne voleva fare Renzi, mentre i sondaggi e le sconfitte alle amministrative sono stati inquietanti. Percio' occorreva meno baldanza da Miles Gloriosus e piu' preparazione. E occorreva alzare il livello dello scontro, e soprattutto ci voleva il riarmo prima che si giungesse allo scontro finale. Il riarmo per acquisire la superiorita' sul terreno era l'acquisto del controllo totale dell'informazione, non solo i giornali, di fatto gia' posseduti, ma radio e tv, cio' che e' stato fatto in piena estate con le nomine alla Rai.
Se davvero si trattava di scorciare i tempi e distribuire un po' di sussidi ai poveri, non c'era bisogno del controllo totale dell'informazione.
Inoltre bisognava distruggere il principale avversario e fautore politico del No, il Movimento 5 Stelle. Questo spiega l'attacco spietato e incessante alla Raggi. E poi ci volevano i tempi supplementari per distribuire un po' di soldi con la legge finanziaria.
C'e' poi un terzo indizio. Interrogato sul suo voto Prodi dice: non mi pronunzio perche' se no turbo i mercati e destabilizzo l'Italia in Europa. Dunque non e' una questione italiana, e' una questione che riguarda l'Europa, e' una questione che potrebbe turbare i mercati. Insomma e' qualcosa che ha a che fare con l'assetto del mondo.
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Lo spartiacque non e' stato l'11 settembre
A questo punto e' necessario sapere come sono andate le cose.
Partiamo dall'11 settembre di cui si e' tanto parlato ricorrendone l'anniversario in questi giorni.
Il mondo e' cambiato l'11 settembre 2001? Tutti hanno detto cosi'. Ma il mondo non e' cambiato quel giorno: quello e' stato il sintomo spaventoso della malattia che gia' avevamo contratto. L'11 settembre ha mostrato invece il suo volto il mondo che noi stessi avevamo deciso di costruire dieci anni prima.
Nel 1991 con dieci anni di anticipo sulla sua fine fu da noi chiuso il Novecento, tanto che uno storico famoso lo soprannomino' "Il secolo breve" e cosi' fu dato inizio a un nuovo secolo, a un nuovo millennio e a un nuovo regime che nella follia delle classi dirigenti di allora doveva essere quello definitivo, tanto e' vero che un economista famoso lo defini' come la "fine della storia".
Quello che avevamo fatto dieci anni prima dell'11 settembre e' che avevamo deciso di rispondere alla fine del comunismo portando un capitalismo aggressivo fino agli estremi confini della terra; avevamo deciso di rispondere alla cosiddetta fine delle ideologie trasformando il capitalismo da cultura a natura, promuovendolo da ideologia a legge universale, da storicita' a trascendenza; avevamo preteso di superare il conflitto di classe smontando i sindacati, avevamo deciso di sfruttare la fine della contrapposizione militare tra i blocchi facendo del Terzo Mondo un teatro di conquista.
La scelta decisiva, che non si puo' chiamare rivoluzionaria perche' non fu una rivoluzione ma un rovesciamento, e dunque fu una scelta restauratrice e totalmente reazionaria, fu quella di disarmare la politica e armare l'economia ma non in un solo Paese, bensi' in tutto il mondo. Non essendoci piu' l'ostacolo di un mondo diviso in due blocchi politici e militari, eguali e contrari, l'orizzonte di questo regime fu la globalita', la mondialisation come dicono i francesi, si stabili' un regime di globalita' esteso a tutta la terra.
Quale e' stato l'evento in cui ha preso forma e si e' promulgata, per cosi' dire questa scelta?
C'e' una teoria molto attendibile secondo cui all'inizio di un'intera epoca storica, all'inizio di ogni nuovo regime, c'e' un delitto fondatore. Secondo Rene' Girard all'inizio della storia stessa della civilta' c'e' il delitto fondatore dell'uccisione della vittima innocente, ossia c'e' un sacrificio, grazie al quale viene ricomposta l'unita' della societa' dilaniata dalle lotte primordiali.
Secondo Hobbes lo Stato stesso viene fondato dall'atto di violenza con cui il Leviatano assume il monopolio della forza ponendo fine alla lotta di tutti contro tutti e assicurando ai sudditi la vita in cambio della liberta'.
Secondo Freud all'origine della societa' civile c'e' il delitto fondatore dell'uccisione del padre.
Se poi si va a guardare la storia si trovano molti delitti fondatori. Cesare molte volte viene ucciso, il delitto Matteotti e' il delitto fondatore del fascismo, l'assassinio di Kennedy apre la strada al disegno di dominio globale della destra americana che si prepara a sognare, per il Duemila, "il nuovo secolo americano", l'uccisione di Moro e' il delitto fondatore dell'Italia che si pente delle sue conquiste democratiche e popolari.
Ebbene il delitto fondatore dell'attuale regime del capitalismo globale fondato, come dice il papa, sul governo del denaro e un'economia che uccide, e' la prima guerra del Golfo del 1991.
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La guerra come delitto fondatore e il nuovo Modello di Difesa
E' a partire da quella svolta che e' stato costruito il nuovo ordine mondiale.
E noi possiamo ricordare come sono andate le cose a partire dal nostro osservatorio italiano Non e' un punto di osservazione periferico, perche' l'Italia era una componente essenziale del sistema atlantico e dell'Occidente, ma era anche il Paese piu' ingenuo e piu' loquace, sicche' spifferava alla luce del sole quello che gli altri architettavano in segreto.
Questa e' la ragione per cui posso raccontarvi come sono andate le cose, a partire da una data precisa. E questa data precisa e' quella del 26 novembre 1991, quando il ministro della Difesa Rognoni viene alla Commissione Difesa della Camera e presenta il Nuovo Modello di Difesa.
Perche' c'era bisogno di un nuovo Modello di Difesa? Perche' la difesa com'era stata organizzata in funzione del nemico sovietico, che non c'era piu', era ormai superata. Ci voleva un nuovo modello. Il modello di difesa che era scritto nella Costituzione era molto semplice e stava in poche righe: la guerra era ripudiata, la difesa della Patria, intesa come territorio e come popolo, era un sacro dovere dei cittadini. A questo fine era stabilito il servizio militare obbligatorio che dava luogo a un esercito di leva permanente, diviso nelle tre Forze Armate tradizionali. Le norme di principio sulla disciplina militare dell'11 luglio 1978, definivano poi i tre compiti delle Forze Armate. Il primo era la difesa dell'integrita' del territorio, il secondo la difesa delle istituzioni democratiche e il terzo l'intervento di supporto nelle calamita' naturali. Non c'erano altri compiti per le FF.AA. La difesa del territorio comportava soprattutto lo schieramento dell'esercito sulla soglia di Gorizia, da cui si supponeva venisse la minaccia dell'invasione sovietica, e la sicurezza globale stava nella partecipazione alla Nato, che prevedeva anche l'impiego dall'Italia delle armi nucleari.
Con la soppressione del muro di Berlino e la fine della guerra fredda tutto cambia: non c'e' piu' bisogno della difesa sul confine orientale, la minaccia e' finita e anche la deterrenza nucleare viene meno. Ci sarebbe la grande occasione per costruire un mondo nuovo, si parla di un dividendo della pace che sono tutti i soldi risparmiati dagli Stati per le armi, con cui si puo' provvedere allo sviluppo e al progresso di tutti i popoli del mondo; servono meno soldati e anche la durata della ferma di leva puo' diventare piu' breve.
Ma l'Occidente fa un'altra scelta; si riappropria della guerra e la esibisce a tutto il mondo nella spettacolare rappresentazione della prima guerra del Golfo del 1991, cambia la natura della Nato, individua il Sud e non piu' l'Est come nemico, cambia la visione strategica dell'alleanza e ne fa la guardia armata dell'ordine mondiale cercando di sostituirla all'Onu e anche di cambiare gli ideali della comunita' internazionale che erano la sicurezza e la pace. Viene scelto un altro obiettivo: finita la guerra fredda, c'e' un altro scopo adottato dalle societa' industrializzate, spieghera' il nuovo "modello" italiano, ed e' quello di "mantenere e accrescere il loro progresso sociale e il benessere materiale perseguendo nuovi e piu' promettenti obiettivi economici, basati anche sulla certezza della disponibilita' di materie prime". Di conseguenza, si afferma, si aprira' sempre piu' la forbice tra Nord e Sud del mondo, anche perche' il Sud sara' il teatro e l'oggetto della nuova concorrenza tra l'Occidente e i Paesi dell'Est. Alla contrapposizione Est-Ovest si sostituisce quella Nord-Sud.
Tutto questo precipita nel nuovo modello di difesa italiano, e' scritto in un documento di duecentocinquanta pagine e il ministro Rognoni, papale papale, lo viene a raccontare alla Commissione Difesa della Camera, di cui allora facevo parte.
E' un dramma, una rottura con tutto il passato. Cambia il concetto di difesa, il problema, dice il ministro, non e' piu' "da chi difendersi" (cioe' da un eventuale aggressore) ma "che cosa difendere e come". E cambia il che cosa difendere: non piu' la Patria, cioe' il popolo e il territorio, ma "gli interessi nazionali nell'accezione piu' vasta di tali termini" ovunque sia necessario; tra questi sono preminenti gli interessi economici e produttivi e quelli relativi alle materie prime, a cominciare dal petrolio. Il teatro operativo non e' piu' ai confini, ma dovunque sono in gioco i cosiddetti "interessi esterni", e in particolare nel Mediterraneo, in Africa (fino al Corno d'Africa) e in Medio Oriente (fino al Golfo Persico); la nuova contrapposizione e' con l'Islam e il modello, anzi la chiave interpretativa emblematica del nuovo rapporto conflittuale tra Islam e Occidente, dice il Modello, e' quella del conflitto tra Israele da un lato e mondo arabo e palestinesi dall'altro. Chi ha detto che non abbiamo dichiarato guerra all'Islam? Noi l'abbiamo dichiarata nel 1991. L'ho dichiarata anch'io, in quanto membro di quel Parlamento, anche se mi sono opposto.
I compiti della Difesa non sono piu' solo quei tre fissati nella legge di principio del 1978 ma si articolano in tre nuove funzioni strategiche, quella di "Presenza e Sorveglianza" che e' "permanente e continuativa in tutta l'area di interesse strategico" e comprende la Presenza Avanzata che sostituisce la vecchia Difesa Avanzata della Nato, quella di "Difesa degli interessi esterni e contributo alla sicurezza internazionale", che e' ad "elevata probabilita' di occorrenza" (e sono le missioni all'estero che richiedono l'allestimento di Forze di Reazione Rapida), e quella di "Difesa Strategica degli spazi nazionali", che e' quella tradizionale di difesa del territorio, considerata pero' ormai "a bassa probabilita' di occorrenza".
A seguito di tutto cio' lo strumento non potra' piu' essere l'esercito di leva, ci vuole un esercito professionale ben pagato. Non serviranno piu' i militari di leva; gia' succedeva che i generali non facessero salire gli arruolati come avieri sugli aeroplani, e i marinai sulle navi; ma d'ora in poi i militari di leva saranno impiegati solo come cuochi, camerieri, sentinelle, attendenti, uscieri e addetti ai servizi logistici, sicche' ci saranno centomila giovani in esubero e ben presto la leva sara' abolita.
E' un cambiamento totale. Non cambia solo la politica militare ma cambia la Costituzione, l'idea della politica, la ragion di Stato, le alleanze, i rapporti con l'Onu, viene istituzionalizzata la guerra e annunciato un periodo di conflitti ad alta probabilita' di occorrenza che avranno l'Islam come nemico. Ci vorrebbe un dibattito in Parlamento, non si dovrebbe parlare d'altro. Pero' nessuno se ne accorge, il Modello di Difesa non giungera' mai in aula e non sara' mai discusso dal Parlamento; forse ci si accorse che quelle cose non si dovevano dire, che non erano politicamente corrette, i documenti e le risoluzioni strategiche dei Consigli Atlantici di Londra e di Roma, che avevano preceduto di poco il documento italiano, erano stati molto piu' cauti e reticenti, sicche' fini' che del Nuovo Modello di Difesa per vari anni si discusse solo nei circoli militari e in qualche convegno di studio; ma intanto lo si attuava, e tutto quello che e' avvenuto in seguito, dalla guerra nei Balcani alle Torri Gemelle all'invasione dell'Iraq, alla Siria, fino alla terza guerra mondiale a pezzi che oggi, come dice il papa, e' in corso, ne e' stato la conseguenza e lo svolgimento.
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Il perche' della nuova Costituzione
E allora questa e' la verita' del referendum. La nuova Costituzione e' la quadratura del cerchio. Gli istituti della democrazia non sono compatibili con la competizione globale, con la guerra permanente, chi vuole mantenerli e' considerato un conservatore. Il mondo e' il mercato; il mercato non sopporta altre leggi che quelle del mercato. Se qualcuno minaccia di fare di testa sua, i mercati si turbano. La politica non deve interferire sulla competizione e i conflitti di mercato. Se la gente muore di fame, e il mercato non la mantiene in vita, la politica non puo' intervenire, perche' sono proibiti gli aiuti di Stato. Se lo Stato ci prova, o introduce leggi a difesa del lavoro o dell'ambiente, le imprese lo portano in tribunale e vincono la causa. Questo dicono i nuovi trattati del commercio globale. La guerra e' lo strumento supremo per difendere il mercato e far vincere nel mercato.
Le Costituzioni non hanno piu' niente a che fare con una tale concezione della politica e della guerra. Percio' si cambiano. Ci vogliono poteri spicci e sbrigativi, tanto meglio se loquaci.
E allora questa e' la ragione per cui la Costituzione si deve difendere. Non perche' oggi sia operante, perche' e' stata gia' cambiata nel '91, e il mondo del costituzionalismo democratico e' stato licenziato tra l'89 e il '91 (si ricordi Cossiga, il picconatore venuto prima del rottamatore). Ma difenderla e' l'unica speranza di tenere aperta l'alternativa, di non dare per compiuto e irreversibile il passaggio dalla liberta' della democrazia costituzionale alla schiavitu' del mercato globale, e' la condizione necessaria perche' non siano la Costituzione e il diritto che vengono messi in pari con la societa' selvaggia, ma sia la societa' selvaggia che con il No sia dichiarata in difetto e attraverso la lotta sia rimessa in pari con la Costituzione, la giustizia e il diritto.
3. INCONTRI. "STUDI POSTCOLONIALI, TEORIE DELLA TRADUZIONE, LOTTA ANTIRAZZISTA". UN INCONTRO DI STUDIO A VITERBO
Si e' svolto la sera di giovedi' 22 settembre 2016 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di studio sul tema: "Studi postcoloniali, teorie della traduzione, lotta antirazzista: alcuni percorsi di studio".
All'incontro ha preso parte Paolo Arena.
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Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato tre cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta. Cura il sito www.letterestrane.it
4. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI GENNAIO 2016 (PARTE QUARTA E CONCLUSIVA)
Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di gennaio 2016.
5. IL COMPLEANNO DI OSVALDO ERCOLI
Ricorre oggi il compleanno del professor Osvaldo Ercoli, che nacque il 30 gennaio 1930.
L'intera citta' di Viterbo gli e' grata e lo festeggia.
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Osvaldo Ercoli, gia' professore amatissimo da generazioni di allievi, gia' consigliere comunale e provinciale, impegnato nel volontariato, nella difesa dell'ambiente, per la pace e i diritti di tutti, e' per unanime consenso nel viterbese una delle piu' prestigiose autorita' morali. Il suo rigore etico e la sua limpida generosita' a Viterbo sono proverbiali. E' stato tra gli animatori del comitato che ha salvato l'area archeologica, naturalistica e termale del Bulicame dalla devastazione. E' stato scritto di lui: "Il professor Osvaldo Ercoli e' stato per decenni docente di matematica e fisica a Viterbo, citta' in cui e' da sempre un simbolo di rigore morale e civile, di impegno educativo, di sollecitudine per il pubblico bene, di sconfinata generosita'. Gia' pubblico amministratore comunale e provinciale di adamantina virtu', sono innumerevoli le iniziative in difesa dei diritti umani e dell'ambiente di cui e' stato protagonista; tuttora impegnato nel volontariato a sostegno di chi ha piu' bisogno di aiuto, e' altresi' impegnato in prima persona ovunque vi sia necessita' di smascherare e contrastare menzogne, ingiustizie, violenze... Avendo avuto il privilegio immenso di averlo come amico, come maestro di impegno civile, come compagno di tante lotte nonviolente, vorremmo cogliere questa occasione per esprimergli ancora una volta il nostro affetto, la nostra ammirazione, la nostra gratitudine; affetto, ammirazione e gratitudine che sappiamo essere condivise da tutte le persone di Viterbo e dell'Alto Lazio, da tutte le persone che hanno avuto l'onore di conoscerlo e che hanno a cuore la dignita' umana di tutti e di ognuno, la civilta' come legame comune e comune impegno dell'intero genere umano, la biosfera casa comune dell'umanita' intera". Ed e' stato scritto anche: "Ascoltare il professor Ercoli e' sempre straordinariamente educativo, e di grande conforto: poiche' significa mettersi alla scuola di una persona che unisce il rigore del ragionamento logico all'affermazione del dovere morale e all'intransigenza dell'impegno civile, con una sobrieta', una mitezza ed una saggezza che rendono ogni sua parola, ogni sua argomentazione, non solo un dono prezioso per il pensiero e per l'azione, ma anche un autentico gesto di amicizia che nel suo stesso darsi - in squisita cortesia ed insieme in assoluta chiarezza e onesta' - degnifica gli interlocutori tutti invitandoli ad esser parte del bene, del giusto, del vero". Il 2 ottobre 2014, in occasione della Giornata internazionale della nonviolenza, la Citta' di Viterbo, nella solenne cornice della Sala Regia di Palazzo dei Priori, sede del Comune, gli ha tributato un riconoscimento in segno della gratitudine dell'intera popolazione viterbese per il suo magistero di uomo di pace: dinanzi a un uditorio commosso che aveva gremito la storica sala, il sindaco ha consegnato al professor Ercoli un attestato della riconoscenza della citta' tutta; nella motivazione del riconoscimento di cui e' stata data lettura era scritto: "Al professor Osvaldo Ercoli, gia' professore amatissimo da generazioni di allievi, gia' pubblico amministratore di adamantino rigore morale e di strenua dedizione al bene comune, impegnato nel volontariato e nella difesa dell'ambiente e dei diritti di tutti gli esseri umani, animatore di molteplici iniziative di pace e di solidarieta', generoso educatore attraverso la parola e l'esempio al ragionamento logico come al dovere morale e all'impegno civile, di saggezza e mitezza maestro, testimone fedele dell'amore per il vero ed il giusto, amico della nonviolenza, sollecito sempre nel recare aiuto a chiunque ne avesse bisogno come nel contrastare menzogne e violenze, sempre avendo a cuore la dignita' umana di tutti e di ognuno, la civilta' come legame comune e comune impegno dell'intero genere umano, la biosfera casa comune dell'umanita' intera, la citta' di Viterbo grata per il suo impegno di pace".
6. L'ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI GANDHI
Ricorre oggi l'anniversario della morte di Gandhi.
Anche a Viterbo lo ricorderemo, come ogni anno.
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Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento (traduzione del fondamentale libro di Gandhi: Hind Swaraj; ora disponibile anche in nuova traduzione col titolo Vi spiego i mali della civilta' moderna, Gandhi Edizioni); La cura della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recente libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori, e quello di Christine Jordis, Gandhi, Feltrinelli. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999. Tra le piu' recenti pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il pensiero nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini, L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Fulvio Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006; Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006.
7. SEI MINIME CONSIDERAZIONI SULLE UNIONI CIVILI
Preferisco le unioni civili ai barbari conflitti.
Preferisco le unioni civili alle brutali persecuzioni.
Preferisco le unioni civili alle incivili divisioni.
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Mi perdoni chi crede che tra le istituzioni umane ve ne siano di "naturali" anziche' culturali: tutte le ideologie naturalistiche (che in quanto ideologie sono esse stesse quanto di meno "naturale" possa esserci) denegano alla radice il senso e il fine degli umani istituti.
Mi perdoni chi crede che la famiglia patriarcale sia il luogo del bene assoluto: e' invece sempre il luogo dell'oppressione e dell'umiliazione, e sovente della schiavitu' e dell'orrore.
Mi perdoni chi crede che la famiglia nucleare sia la forma storica principe della convivenza e della solidarieta': e' invece la meno consistente nella storia della cultura umana.
*
Non mi appassiona ricordare cose ovvie, ma le relazioni d'amore sono un fiore cosi' delicato che ogni cura deve essere posta affinche' non subiscano offesa.
Non mi appassiona ricordare cose ovvie, ma so bene che una legge, anche se non puo' garantire la felicita', puo' almeno proteggere da molte violenze.
Non mi appassiona ricordare cose ovvie, ma trovo oscena e abominevole la pretesa che alcune relazioni d'amore valgano meno di altre, che alcune persone abbiano meno diritto di altre ad amare e ad essere amate.
*
Dal modesto mio punto di vista una legge civile sulle unioni civili che renda meno precarie e piu' serene le vite di tante persone, e' una cosa buona.
Dal modesto mio punto di vista ogni riconoscimento di diritti e di doveri che promuove rispetto e solidarieta' e garantisce dignita' e sicurezza per tutte le persone e' una cosa giusta.
Dal modesto mio punto di vista la protezione giuridica della vita, delle dignita' e dei diritti di tutte le persone e' veramente cosa buona e giusta.
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Tutto mi ha insegnato il femminismo, ed in primo luogo ad oppormi alla violenza che e' in me.
Tutto mi ha insegnato il femminismo, ed in primo luogo ad oppormi alla violenza che e' intorno a me.
Tutto mi ha insegnato il femminismo, ed in primo luogo a rispettare gli esseri umani in quanto esseri umani; a riconoscere che tutte le persone sono allo stesso tempo diverse l'una dall'altra ed eguali in dignita' e diritti; a cogliere nelle ideologie e nelle pratiche del maschilismo e del patriarcato la prima radice di ogni altra violenza; a sapere quindi che occorre opporsi al maschilismo e al patriarcato ed a tutte le oppressioni, cosi' come occorre opporsi al razzismo e ai totalitarismi ed a tutte le persecuzioni, cosi' come occorre opporsi alla guerra e al terrorismo ed a tutte le uccisioni.
*
E per concludere: trovo speciosi e intrinsecamente contraddittori gli argomenti di chi vuole impedire una legge civile sulle unioni civili, e sento che in taluni atteggiamenti sprezzanti e in taluni apodittici proclami vi e' in ultima analisi una volonta' punitiva nei confronti di chi non si conforma a norme e strutture e condotte violente lungamente dominanti che tanto dolore hanno imposto a innumerevoli innocenti.
E per concludere: a chi cita a sproposito l'articolo 29 della Costituzione della Repubblica suggerirei di leggere con la dovuta attenzione quell'articolo come anche i due successivi, come anche gli articoli 2 e 3 della Carta: nulla vi e' in essi che si opponga a una legge civile sulle unioni civili, ed anzi un'adeguata comprensione di quegli articoli a una legge civile sulle unioni civili persuade ed esorta.
E per concludere: mi associo pertanto anch'io all'invito da piu' parti rivolto al Parlamento ad approvare al piu' presto una legge civile che le unioni civili riconosca e tuteli: piu' diritti e doveri, meno abusi e umiliazioni; piu' rispetto e protezione, meno violenza e solitudine; piu' amore e solidarieta', meno odio e persecuzioni; piu' civilta', meno barbarie.
8. COMMEMORATO GANDHI A VITERBO
La mattina di sabato 30 gennaio 2016 presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo si e' svolta una commemorazione di Mohandas Gandhi nell'anniversario della scomparsa.
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L'incontro si e' aperto con un minuto di silenzio per le vittime della strage dei migranti che tuttora continua nel Mediterraneo, una strage abominevole che potrebbe agevolmente essere evitata se i governi europei riconoscessero finalmente che ogni essere umano ha diritto alla vita e consentissero quindi a chi e' in fuga da fame e guerre, dittature e terrore, di muoversi sull'intero pianeta casa comune dell'umanita' intera e giungere in modo legale e sicuro nei luoghi in cui la sua vita non sia minacciata.
La successiva commemorazione di Gandhi e' stata tenuta dal responsabile della struttura nonviolenta viterbese, Peppe Sini, che ha concluso il ricordo ribadendo che "ricordare Gandhi significa proseguirne la lotta: contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni; in difesa dei diritti umani e della biosfera, per la liberazione di tutte le oppresse e tutti gli oppressi, contro tutte le menzogne e tutte le violenze; solo facendo il bene si contrasta il male, solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'".
Nel corso dell'incontro sono stati letti e commentati alcuni testi gandhiani.
Al termine dell'incontro e' stato rinnovato l'appello al governo italiano affinche' receda dalla decisione insensata, immorale e illegale di inviare centinaia di soldati italiani incontro alla morte alla diga di Mosul in Iraq.
Le persone partecipanti all'incontro hanno rivolto un pensiero di gratitudine, di omaggio e di augurio al professor Osvaldo Ercoli, di cui ricorre in questa stessa giornata il compleanno.
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Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Soccorrere, accogliere, assistere tutte le persone bisognose di aiuto.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
9. LA CIVILTA' DELL'AMORE
La sera di sabato 30 gennaio 2016 in piazza della Repubblica a Viterbo su invito di "Uni Pride", de "L'altro circolo" e di "Solidarieta' cittadina", molte persone si sono riunite per rendere visibile il loro sostegno all'approvazione di una legge civile per il riconoscimento delle unioni civili.
Io che scrivo queste righe ero tra loro, e sono assai grato a chi quell'occasione di incontro, di riflessione, di testimonianza e di amicizia ha promosso: perche' con cuore sincero e generoso e chiara intelligenza e comprensione ha dato voce all'impegno di ogni persona di volonta' buona affinche' ad ogni persona sia riconosciuta e garantita l'inalienabile pienezza dei suoi diritti e della sua dignita' di essere umano.
Nelle testimonianze gentili e luminose delle persone che hanno preso la parola, e che ho ascoltato con le lacrime agli occhi, ho colto lo splendore delle ragioni della verita' e della solidarieta', le ragioni dell'amore che si oppone alla violenza e alla menzogna. L'amore di Socrate di Atene, l'amore di Gesu' di Nazareth, l'amore di Rosa Luxemburg, l'amore di Virginia Woolf. Ho colto lo stesso impegno, la stessa empatia, la stessa scaturigine e la stessa finalita' che animano ogni lotta nonviolenta contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni, in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani, in difesa del mondo vivente.
*
E mi ha commosso che questa mattina il pontefice cattolico, nel linguaggio suo proprio, abbia espresso lo stesso pensiero con nitide e ferme parole: "che nessuna condizione umana puo' costituire motivo di esclusione - nessuna condizione umana puo' essere motivo di esclusione! - dal cuore del Padre, e che l'unico privilegio agli occhi di Dio e' quello di non avere privilegi".
*
Siano riconosciuti tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.
Solo il bene puo' sconfiggere il male.
Solo la forza dell'amore puo' sconfiggere la violenza.
Solo la civilta' si oppone alla barbarie.
*
Il parlamento italiano approvi finalmente una legge civile sulle unioni civili.
10. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Hans Kung, Dio esiste?, Mondadori, Milano 1979, pp. 958.
11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
12. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2480 del 23 settembre 2016
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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