[Nonviolenza] Telegrammi. 2441



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2441 del 15 agosto 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. "I diritti umani dei migranti". Una conversazione a Viterbo

2. La nostra responsabilita'

3. No al golpe

4. Malvolio Straccani: Orso

5. Segnalazioni librarie

6. La "Carta" del Movimento Nonviolento

7. Per saperne di piu'

 

1. INCONTRI. "I DIRITTI UMANI DEI MIGRANTI". UNA CONVERSAZIONE A VITERBO

 

Si e' svolto domenica 14 agosto 2016 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un colloquio sul tema: "I diritti umani dei migranti". All'incontro ha preso parte il responsabile della struttura nonviolenta viterbese, Peppe Sini.

*

Nel corso dell'incontro sono state ampiamente argomentate le due proposte che la storica struttura pacifista viterbese ha presentato a tutti i parlamentari italiani, per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia: la prima, riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro; la seconda, riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

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Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona che ha bisogno di aiuto.

Vi e' una sola umanita'.

 

2. LE ULTIME COSE. LA NOSTRA RESPONSABILITA'

 

Non possiamo assistere inerti mentre continua il massacro.

Non possiamo assistere inerti mentre e' in corso la terza guerra mondiale a pezzi.

Non possiamo assistere inerti mentre chi ci governa ci precipita nella fornace della guerra terrorista e stragista.

*

Pace, disarmo, smilitarizzazione.

Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

3. QUID AGENDUM. NO AL GOLPE

 

Al referendum sulla riforma costituzionale voteremo no.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

Al referendum sulla riforma costituzionale voteremo no.

*

Difendiamo la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza.

Difendiamo la democrazia e lo stato di diritto.

Difendiamo la separazione e l'equilibrio dei poteri.

*

Al referendum sulla riforma costituzionale voteremo no.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

Al referendum sulla riforma costituzionale voteremo no.

 

4. RACCONTI PER L'ESTATE. MALVOLIO STRACCANI: ORSO

[Dall'amico Malvolio Straccani riceviamo e pubblichiamo questo nuovo racconto]

 

Lo posso dire? Ho odiato per tutta la vita il mio povero padre per avermi messo questo nome da bestione: Orso.

Mio fratello piu' grande si chiama Attanasio, che era il nome del padre di mio padre, e si capisce. Mia sorella, che e' piu' piccola e che quando si e' sposata e' andata a vivere a Cesena, si chiama Margherita, che e' un nome cristiano, da persona normale. Ma io perche' Orso?

Una volta mio padre buonanima mi ha detto che era perche' c'era un cow-boy che si chiamava cosi', e lui lo aveva visto alla televisione al bar.

Adesso, ditemi voi se io devo avere questo nome da disgraziato perche' quell'ubriacone al bar ha visto in televisione un vaccaro americano che si chiamava Orso, che manco ci credo.

Sono nomi che ti rovinano la vita.

Per esempio, sei in trattativa per un lavoro, che ti serve come il pane, il padrone pare che ti vuole prendere, poi ti chiede: come si chiama lei? E tu: Cortellazzi Orso. E lui: Orso? e gia' gli viene da ridere e non ti assume piu'. E' un nome da fiera, da baraccone.

A scuola da ragazzino dovevo fare a cazzotti tutte le volte, c'era sempre quello che cominciava la litania "Orso, balla! Orso, balla!" e dopo due minuti era un coro come quello dell'Armata Rossa, e lo ripetevano cento, duecento volte, e qualcuno pretendeva pure di prendermi a frustate con la bacchetta che stava dietro la lavagna, finche' non gli piallavo il naso e allora si scatenava la rissa e me le davano di santa ragione, cento contro uno. Poi il maestro se la prendeva con me. Durai poco a scuola, vorrei vedere voi.

Le ragazze hanno paura. Hanno paura di quel nome. Io sono sempre gentile, parlo a bassa voce, dico cose carine, mai una parolaccia, pago sempre io, poi mi chiedono come mi chiamo - o se lo dicono all'orecchio sottovoce, e io me ne accorgo, non sono fesso fino a questo punto - e tutto finisce. Non e' che scappano, ma non si fidano piu', e diventano fredde. Uno se ne accorge, e ci resti male, ci resti.

Sono anche un buon lavoratore, potete chiedere a tutti quelli con cui ho lavorato: c'e' da raccogliere i pomodori? faccio piu' cassette di tutti; c'e' da tirare giu' un pezzo di macchia, segare la legna preciso e accatastarla come si deve? sono svelto e preciso come la morte; c'e' un bel muro da tirare su presto e bene? eccomi; non ho la destrezza dell'orefice o del calzolaio, no, e non ho studiato, lo so, ma a lavorare non mi tiro mai indietro. Eppero' non c'e' verso che mi assumono fisso, sempre solo lavori stagionali nelle campagne e cantieri che bene che va durano qualche mese. In officina mi chiamano quando hanno lavori grossi da finire presto, si lavora a cottimo e poi arrivederci e grazie. Perche'? Io penso che dipende dal nome che mi ha dato mio padre che Dio l'abbia in gloria. Una volta ho sentito il principale che diceva al regazzetto che stava sdraiato sotto la macchina a riparare non so che, "Te lo immagini se si sparge la voce che c'e' un Orso nell'officina mia? E che voglio perdere tutti i clienti? Pussa via". Io ero per caso li', che riverniciavo un'altra macchina, ma lui non mi ha visto. Ogni tanto mi chiama, si', ma mi fa lavorare di notte, a forfait, e sempre in nero. Intanto assume gli albanesi, i polacchi, i rumeni, gli africani, che il lavoro neanche lo sanno fare (li assume in nero pure a loro, e' vero, pero' li fa lavorare fissi, e a me no. Come se ci avessi la rogna, e invece e' solo per quel nome).

Pensate, una volta il partito mi voleva candidare alle elezioni comunali. In sezione mi stimano tutti, se posso aiutare qualcuno lo faccio sempre, se c'e' da andare alle manifestazioni nazionali a Roma o a Milano non manco mai, e poi per la festa dell'Unita' qui al paese sono il primo a presentarmi e l'ultimo a smettere di faticare; ci sono sempre a montare i tubi innocenti, a fare la notte, a smontare tutto e a ripulire i giardinetti lustri come uno specchio quando la festa finisce. Il segretario della sezione, che e' mio zio per parte di madre, lo dice sempre: "Orso e' un vero bolscevico" (bolscevico sarebbe un comunista che da' l'esempio agli altri comunisti, che tutti dovrebbero dare l'esempio, ma un bolscevico di piu'; dice pure un'altra parola, "staccolavista", o una specie di cosi', ma non la so dire bene, e' una parola sovietica, della patria dei lavoratori). Insomma mi volevano mettere nella lista del partito per l'elezione del Comune e la sezione era unanime, che vuol dire che tutti mi ci volevano nella lista, poi pero' arriva il compagno della federazione e dice che non si puo', e perche'? per via del nome. A me e agli altri della sezione ci e' dispiaciuto, ma se il partito ha deciso cosi' va bene, il partito e' milioni di mani strette in un unico pugno (mi piace questa frase, mio zio la dice sempre), la federazione vede piu' lontano di noi paesani e sa cosa e' meglio per noi e per la causa del proletariato mondiale.

*

Sentite questa che e' bella. Una volta arriva al paese un circo. E le attrazioni erano tre: la cavallerizza che stava in piedi sul cavallo in corsa nella pista pure a occhi chiusi, il pagliaccio che faceva gli scherzi alla gente (per esempio faceva finta di tirarti una secchiata d'acqua che invece all'ultimo momento avevano cambiato il secchio e c'erano i coriandoli) e il domatore indovinate con chi? coll'orso. Un orso vero, dico. C'era pure l'uomo piu' forte del mondo e il dottore ipnotizzatore (che poi era il pagliaccio che s'era cambiato e levato il bianco dalla faccia, e sempre il pagliaccio suonava il mandolino ed era pure bravo). Adesso se il dottore ipnotizzatore fosse stato un vero dottore ipnotizzatore allora perche' faceva pure il pagliaccio? Avrebbe dovuto trovare un lavoro serio e aprire uno studio da dottore in qualche citta', no? Infatti m'ha detto Giggiotto che quando l'ha ipnotizzato invece s'erano messi d'accordo prima e gli offriva la cena. Pero' la gente ci aveva paura lo stesso e infatti nessuno si voleva fare ipnotizzare cosi' quello ipnotizzava sempre la cavallerizza e un altro del circo che era quello che puliva la pista e faceva il rullo di tamburi durante lo spettacolo. Neanche l'uomo piu' forte del mondo era veramente l'uomo piu' forte del mondo; grosso era grosso, ma le sbarre di ferro che piegava non erano proprio di ferro e la sera che Omero il figlio di Giorgione che taglia pure lui la legna per il Comune l'ha sfidato a fare a cazzotti per vedere chi era piu' forte non c'e' stato verso, secondo me ci aveva paura; Omero e' stato pure in galera per aver menato uno cosi' forte che gli aveva rotto le ossa della faccia, non solo i denti, proprio le ossa della faccia.

Il circo ci aveva anche due cartelloni, su uno c'era una regazzetta coi capelli biondi a riccioloni lunghi lunghi vestita solo colle mutande e il reggipetto e gli stivali e tutta ingioiellata che c'era uno che le tirava i coltelli e infatti lei era davanti a una specie di porta di legno e ci aveva almeno almeno dieci cortelli piantati tutti intorno; pero' c'era solo nel cartellone, nel circo vero non c'era, e la terza sera io e gli altri che c'eravamo tornati (io ci andavo tutte le sere) abbiamo cominciato a fischiare e a dire che volevamo vedere la bionda spogliata che le tiravano i coltelli, e allora il padrone del circo, che poi era pure il domatore e quello che stava in mezzo alla pista e diceva "un bell'applauso" a ogni giro del cavallo colla cavallerizza in piedi sopra (era bionda pure lei, ma sembrava solo che era mezza gnuda, invece ci aveva le calze, pero' del colore della pelle che uno non se ne accorgeva bene che c'erano, te ne accorgevi solo quando saltava giu' da cavallo e stava ferma, ma te ne accorgevi solo se eri proprio vicino), il padrone del circo mentre noi fischiavamo viene in mezzo alla pista, s'arriccia i baffi all'insu', e prima dice tutte quelle parole che se ne capiva una su tre, e poi spiega che "il numero" (tutte le cose quello le chiamava "Il numero", non lo so perche') del lanciatore di coltelli del selvaggio west e della bellissima Calamita Gina (che sarebbe stata la ragazza, che forse la chiamavano cosi' per via che i coltelli sono di ferro, ma a me mi pareva sbagliato, perche' la calamita lo attira il ferro e se era di calamita ogni tiro era una ferita, no?) sarebbe stato presentato una delle prossime serate perche' "gli artisti" (diceva sempre "gli artisti" per dire le persone, per quello li' tutte le persone erano "gli artisti", forse veniva da un paese dove artista vuole dire cristiano, non come qui da noi che artista lo chiamiamo quello che fa le opere d'arte, come le statue, i candelabri, le pitture) erano stati trattenuti presso la corte di uno che chiamava "sua grazia eccellenzissima l'arciluca e gran mariscallo" di un paese col nome straniero ed erano attesi da un giorno all'altro. Ma il circo resto' tutta la settimana e quelli delle coltellate non vennero, poi il circo spari' e col circo sparirono pure almeno almeno una cinquantina di galline. Io pero' Calamita Gina me la sono sognata diverse volte, pure quando il circo se ne era gia' andato. Ma sono sogni che non si possono raccontare, un po' perche' non me li ricordo bene, un po' perche' succedevano cose che non si devono raccontare se uno e' un gentiluomo (si dice gentiluomo per dire che tratti bene le donne e non le meni e non le offendi - e' come dire che uno e' un bolscevico quando ci sono le donne).

Su quell'altro cartellone c'era una tigre grossa come una cinquecento, e davanti un domatore coi baffi (un altro, non il padrone del circo) che la frustava e rideva, e dietro il domatore un'altra ragazzina, questa moretta, colla corona d'oro, la collana, e vestita tutta di veli che si vedeva quasi tutto sotto, e pareva che ci aveva paura e apposta stava dietro il baffone colla frusta che rideva. Pero' pure la tigre e la moretta e quell'altro domatore c'erano solo sul cartellone. E so che uno glielo ha chiesto quando arrivavano e il padrone del circo gli ha detto che erano in viaggio e ci voleva tanto perche' avevano dovuto tornare nella giungla nera perche' un parente della moretta s'era sentito male, ma che arrivavano a giorni.

V'ho detto del circo solo per via dell'orso, cioe' che c'era l'orso. Il domatore lo teneva dentro una gabbia con le rotelle sotto che mettevano in mezzo alla pista, poi con una catena attaccata al collo lo tirava da dietro e lo faceva alzare in piedi, e lo spettacolo veramente era tutto qui, ma il domatore ci aveva la lingua sciolta e raccontava di quella volta che l'orso era fuggito dalla gabbia spezzando le sbarre con una zampata e nella fuga aveva schiacciato un'automobile, una lancia fulvia, con una zampata, la famosa zampata assassina dell'orso Rolando (Rolando era il nome di quell'orso; non era meglio se mi ci avevano messo nome a me, Rolando?), poi raccontava di quell'altra volta che l'orso Rolando aveva fronteggiato un leone e mentre il leone gli saltava sopra - e i leoni fanno salti di dodici metri di lunghezza e due, due metri e mezzo d'altezza, e quando ti cascano addosso da sopra sei morto spacciato - e invece l'orso Rolando con la zampata assassina gli aveva segato il collo con un colpo solo. Un leone di duecento chili, e per il circo fu una perdita di sedici milioni di lire sterline. E mentre raccontava queste storie continuava a ripetere "Attenzione signori, nessuno faccia un gesto, che l'orso Rolando si arrabbia se pensa che si manchi di rispetto e se si arrabbia con una sola zampata assassina spezza le sbarre della gabbia e si precipita sull'incosciente e solo io con la mia pistola da caccia grossa posso fermarlo prima che faccia una strage, una strage dico, una strage nel mio circo internazionale e in questo illustrissimo paese. Attenzione signori, non una parola, non un gesto, non uno sguardo equivoco". Ma intanto lui l'orso lo tirava con la catena per farlo alzare, e allora dico io perche' l'orso lo lasciava fare e non rompeva le sbarre e poi con la zampata assassina lo faceva smettere di tirare la catena?

Io ci andavo tutte le sere al circo, e lo giuro sul mio povero padre che tutte le sere, quando tiravano in mezzo alla pista la gabbia con l'orso tutto il pubblico (a parte me) cominciava a ridere e a dire stupidaggini come "Ce so' du' orzi, ma 'na gabbia sola", "Aho', cammiamoje posto all'orzi, quello peloso tiramolo fora e quello communista ficcamolo dentro", "Sor  mae', qui 'n prima fila ciade' 'n antro da pija' a frustate e metteje la cavezza", e insomma era un continuo di offese. Tutti ridevano fino a che gli uscivano le lacrime. E solo dopo cinque minuti finalmente il domatore poteva cominciare a raccontare le imprese dell'orso Rolando.

Una sera all'uscita dal circo il padrone mi mando' a chiamare e mi disse che forse mi sarebbe piaciuto cambiare lavoro, e io gli dissi che in quel momento ero disoccupato, e lui allora disse che magari ci aveva una proposta di lavoro per me. E io gli risposi che se ne poteva parlare. E lui allora disse che nel mondo dello spettacolo si fanno cose che sembrano strane, "e' per divertire il pubblico pagante", aggiunse. Io gli dissi di dirmi che lavoro era. E lui disse che nel mondo del circo ci sono belle occasioni di trovare belle ragazze. Io gli dissi che avevo visto i cartelloni. Allora lui disse che si girava il mondo e se si aveva talento si facevano i gran soldi e si finiva pure in televisione. Io gli dissi di dirmi del lavoro. E lui insisteva a dirmi che se ne era accorto subito che ero uno sveglio e che di sicuro avrei fatto carriera. Ma a me mi pareva che la tirava troppo per le lunghe e gli dissi che dovevo andare a casa che ci avevo da fare. E lui: ma che casa, ma che da fare, qui lei e' al bivio di Ercole, ha trovato l'Eldorado, puo' dare una svolta alla sua vita. Era bravo con le chiacchiere. Alla fine era questa la proposta: che la sera dopo, dopo "il numero" - come diceva lui - dell'orso Rolando, legavano l'orso da qualche parte, io entravo nella gabbia e riportavano la gabbia nella pista con me dentro. "Sara' un successo mondiale", diceva, "il teatro verra' giu' dagli applausi" (quale teatro poi? eravamo in un tendone). Io li' per li' mi limitai a dirgli di no, ma poi a casa ripensandoci mi venne voglia di spaccargli il muso. Invece non feci niente, la sera dopo ero di nuovo in prima fila. Sono fatto cosi', non cerco rogne. Pero' quella volta mi sono offeso. E' vero che io ho detto di no, e quindi non e' successo niente, pero' mi ha scocciato che me l'abbia detto, non sono cose da dirsi a un cristiano, e a un bolscevico oltretutto.

*

Uno si offende, se ti trattano male. E' naturale, siamo esseri umani, abbiamo la nostra dignita'. Le ingiustizie le sopportiamo fino a un certo punto, poi viene la volta che dici basta. Per esempio e' per questo che Giancazzone e' finito in galera quella volta. Ve lo racconto? Io e Giancazzone siamo sempre stati amici, lui non si chiamava cosi', si chiamava Giancarlo, ma siccome era uno che quando ha bevuto ed e' un po' allegrotto le spara grosse allora lo chiamavano tutti cosi'. Non e' come pensavate. Allora, ecco il fatto: era il tempo dei pomodori, e cercavano gente. Non lo so come funziona dalle altre parti, ma da noi e' cosi': chi cerca lavoro verso le quattro, quattro e mezza, si fa trovare in piazza, quando arriva il caporale col furgone sceglie quelli che gli sembrano meglio e li porta via, poi li riporta la sera, e la mattina dopo si ricomincia. Giancazzone e' uno che lavora, io lo so. E e' pure uno del partito, e' un compagno. Quella volta c'ero pur'io. Saranno state le tre del pomeriggio e faceva un caldo che si crepava, quando uno che non conoscevo ma che stava abbastanza vicino a noi casca per terra come una pera cotta. Giancazzone e' il primo che se ne accorge e chiama Romoletto, il caporale, che arriva e per vedere se quello e' vivo o morto gli da' un calcio. E quello non si muove. "E' morto", dice, "lasciatelo li' e poi stasera lo portiamo via", e si gira per andarsene. Adesso io non lo so che gli e' preso a Giancazzone, ma lui dice "E mo' basta", si tira su, si pulisce le mani sulla camicia, si passa un fazzoletto sulla fronte, e va dove sta il morto e gli tasta il polso e poi dice "Secondo me e' ancora vivo, chiamate un'ambulanza". Il caporale che si era gia' allontanato di dieci o venti passi si volta inviperito: "Lo decido io chi e' vivo e chi e' morto, e quello e' morto, e e' pure straniero e clandestino, e l'ambulanza qui non ci deve venire ne' adesso ne' mai". Allora Giancazzone parte a testa bassa e quello tira fuori la rivoltella e gli spara un colpo dopo l'altro ma Giancarlo gli arriva addosso lo stesso e lo afferra per la gola e fa quello che deve fare. Quando si rialza e' tutto sporco di sangue, perche' quel verme di Romoletto prima di morire gliene aveva piantate almeno quattro di palle di piombo tra le costole. Al processo a Giancarlo l'hanno condannato per omicidio. Il partito ha aiutato la famiglia. Lui in carcere s'e' impiccato, almeno dicono cosi', ma io non ci credo, un comunista non si arrende, secondo me lo hanno ammazzato perche' si era ribellato al latifondo e al caporalato, lo hanno ammazzato per dare un esempio e metterci paura e tenerci sotto.

*

Adesso ve ne racconto un'altra.

Vi ricordate di Paolo detto 'l Bacherozzo, perche' una volta per fargli uno scherzo gli avevano fatto mangiare un bacherozzo nascosto dentro un suppli' che per scommessa se l'era mangiato intero? No? Si vede che non siete di qui. Comunque quella volta Paolo e io venivamo a piedi da Montappiccio e saranno state le due di notte. Alticci, eravamo alticci. Ma stavamo scherzando tra noi. Allora s'avvicina la macchina della polizia e ci chiede i documenti. A noi! E chi ce li aveva i documenti? Insomma ci prese a ridere. Com'e', come non e', ci portano in questura e ci separano, io finisco in una stanzetta vuota. Appena mi trovo solo arrivano due con un bastone di gomma per uno e prima fanno gl'indifferenti, poi d'improvviso giu' bastonate, e io allora strillo: "Ma che state a fa'? Ma che state a fa'? Fermateve, fermateve". E quelli niente, continuano finche' mi lasciano per terra tramortito. E' verita', che possa morire folgorato in quest'istante. Passa qualche ora, mi chiama uno e mi dice che mi fanno uscire se la smetto di fare lo spiritoso. Io dico di si'. Quello mi da' una pacca sulla schiena e mi dice "Balla, Orso, balla!", che se c'e' una cosa che non sopporto e' sentire 'sta cantilena. Ma sara' perche' le avevo gia' prese tante e ero pieno di lividi, sara' perche' la sbornia era passata e la testa mi scoppiava, me ne sto buono buono e mi avvio all'uscita. Fuori del cancello mi viene in mente che m'avevano arrestato insieme al Bacherozzo. Allora mi giro e chiedo gentilmente se il mio amico e' gia' andato via. E il piantone si mette a ridere e mi risponde: "Da mo' che e' partito, ma mica co' le zampe sue, e' toccato portallo all'ospedale". "All'ospedale?", dico io. "Si'", dice lui, "E' cascato dalle scale e s'e' fatto male". Io lo so che vuol dire, e allora non dissi niente. Sono andato prima al bar, poi all'ospedale per vedere se Paolo stava ancora li'. Stava ancora li'. Come l'avevano ridotto, poveraccio. Poi e' restato sulla carrozzina che gli avevano rotto la spina dorsale. E' restato sulla carrozzina finche' ha deciso di farla finita e s'e' tagliato la gola. Stavamo solo a scherza' tra noi quella notte pe' strada da Montappiccio verso casa.

*

Che dicevo? Ah, di mio padre, anima santa del paradiso, e del nome da assassino che m'ha messo, quella carogna.

Pero' ci tengo a dire che non l'ho ammazzato per questo, l'ho ammazzato perche' m'aveva rubato i soldi che mi servivano per comprare la motocicletta.

 

5. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Letture

- Raymond Carver, Se hai bisogno, chiama, Einaudi, Torino 2010, 2014, pp. XVIII + 148, euro 12.

*

Riletture

- Fredric Brown, Cosmolinea B-1, Mondadori, Milano 1982, pp. XII + 540.

- Fredric Brown, Cosmolinea B-1, Mondadori, Milano 1983, pp. XII + 360.

 

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

7. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2441 del 15 agosto 2016

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